CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE GERHARD REISCHL

DEL 28 MAGGIO 1975 ( 1 )

Signor presidente,

signori giudici,

Recentemente ho presentato le mie conclusioni in una causa promossa dai vari sindacati, rappresentanti i pubblici impiegati europei contro il Consiglio (causa 72-74, Union Syndicale — Service public européen ed altri contro il Consiglio, sentenza del 18 marzo 1975). In questa occasione ho esposto chiaramente le cause della controversia tra il Consiglio e le organizzazioni dei dipendenti europei, cui si era affiancata la Commissione, controversia vertente sull'adeguamento annuale degli stipendi e delle pensioni versate dalla Comunità. Potrò quindi limitarmi oggi alle osservazioni strettamente attinenti alla causa in esame, che vede la Commissione contro il Consiglio.

Il parametro fondamentale per risolvere la controversia è l'art. 65 dello statuto del personale, in virtù del quale il Consiglio controlla l'entità delle retribuzioni dei dipendenti e degli altri agenti delle Comunità tenendo conto — per limitarci semplicemente a questa parte della norma — degli eventuali aumenti di stipendio dei dipendenti pubblici nei singoli Stati membri.

Nell'applicazione di questa disposizione è ormai divenuto tradizionale da anni — la Commissione sostiene che questa prassi risale al 1966 — tener conto dell'aumento medio del potere d'acquisto degli stipendi versati ai pubblici dipendenti negli Stati membri. Sulle prime il coefficiente era costituito soltanto dal cosiddetto indice specifico comune che veniva calcolato in base all'aumento degli stipendi di determinate categorie di dipendenti pubblici delle amministrazioni nazionali ed all'andamento del costo della vita.

Però, sia il metodo, sia i risultati così ottenuti, hanno provocato continui dissensi tra le organizzazioni del personale ed il Consiglio. I sindacati obiettavano che, secondo questo sistema, non vi era alcuna garanzia che gli stipendi comunitari — almeno sotto l'aspetto dell'aumento del potere d'acquisto — presentassero una corrispondenza perfetta con il livello degli stipendi dei pubblici dipendenti nazionali. Per questo motivo nel dicembre del 1970, prendendo spunto da una richiesta del Consiglio rivolta alla Commissione, i sindacati chiesero ufficialmente che l'art. 65 dello statuto del personale venisse applicato secondo un criterio più razionale. Per effetto di tale iniziativa il Consiglio, su proposta della Commissione, il 20 e 21 marzo 1972 decideva, a titolo sperimentale per il periodo di tre anni, di ricorrere ad un sistema diverso per determinare l'effettivo potere d'acquisto degli stipendi versati nelle singole nazioni. Il sistema si fonda, come ho già sottolineato nelle conclusioni della causa 72-74, su due indici, cioè sull'indice specifico modificato e sull'indice che. riflette l'evoluzione della massa salariale pro capite corrisposta dalle amministrazioni nazionali.

Questo metodo è stato impiegato per la prima volta nel periodo luglio 1971 — giugno 1972, per il quale è stato calcolato un indice specifico del 3,6 % ed un indice della massa salariale pari 3,9 %. Poiché in quell'occasione il Consiglio decise di scostarsi dalla proposta della Commissione di portare il coefficiente correttore lordo al 3,75 %, limitandosi anzi, per il periodo successivo al 1o luglio 1972 ad aumentare gli stipendi del 2,5 % invocando le statistiche relative all'aumento del potere d'acquisto (cfr. regolamento 12. 12. 1972), la Commissione citò per la prima volta in giudizio il Consiglio (causa 81-72). La sentenza del 5 giugno 1973 (Racc. 1973, pag. 575) stabiliva che il Consiglio, nell'emanare la decisione 20 e 21 marzo 1972 era vincolato all'osservanza di determinati criteri, il suo potere discrezionale poteva esercitarsi solo entro i limiti costituiti dall'indice specifico comune e dall'indice della massa salariale. Il Consiglio quindi, con decisione 9 agosto 1973 decideva un adeguamento salariale con effetto dal 1o luglio 1972 nella misura del 3,65 %. Poco tempo dopo emersero i problemi che hanno portato alla presente controversia.

A propositio dei dati calcolati in base al periodo di riferimento luglio 1972 — giugno 1973, la Commissione ha ritenuto in un primo tempo che la cifra indicata come indice specifico italiano non potesse considerarsi esatta, in quanto non si era tenuto conto di tutti gli emolumenti effettivamente versati, quindi tale cifra non rispecchiava esattamente l'evoluzione del potere d'acquisto degli stipendi dei pubblici dipendenti italiani. Per questo motivo nella relazione 7 novembre 1973, per quanto riguardava l'Italia, veniva prescelto non già l'indice specifico, bensì l'indice della massa salariale. Ne risultava un indice specifico comune pari all'1,6 % per i sei vecchi paesi membri e dell'1,2 % per tutto il complesso della nuova Comunità europea. Tenuto conto dell'indice della massa salariale (3,6 % per i sei, 3,2 % per i nove Stati) la Commissione ritenne a suo tempo di dover proporre un aumento di stipendio del 2,8 % dal 1o luglio 1973.

Poco dopo, però, da parte italiana venivano fornite ulteriori informazioni, in base alle quali l'indice specifico italiano — tenuto conto di tutte íe voci — per il periodo di riferimento in questione arrivava al 30,4 %. Tale informazione faceva salire il nuovo indice specifico comune al 7,3 % per i nove Stati membri e al 9,8 % per i sei paesi; la nuova proposta veniva quindi orientata verso un adeguamento degli stipendi pari al 3,5 %.

Dopo aver esaminato alcune note emanate dal Ministero del tesoro italiano e alcuni regolamenti e leggi italiani, la Commissione si persuadeva che l'adeguamento salariale nel passato non era stato effettuato su basi esatte. Dai documenti di cui sopra risultava effettivamente che prima del dicembre 1972 — gennaio 1973 alcune indennità erano state versate ai dipendenti pubblici italiani sulla base dell'indice della massa salariale, ma non erano state adeguate in base all' indice specifico. Il calcolo in base all'indice specifico è stato effettuato solo dopo questo periodo, poiché da quel momento le indennità di cui trattasi erano state conglobate nello stipendio base oppure incluse in un'indennità generica di conguaglio. La Commissione ne informava il Consiglio con lettera 10 dicembre 1973. Contemporaneamente, poiché riteneva che la proposta di aumento di stipendio del 3,5 % non avrebbe compensato completamente il difetto riscontrato, riteneva equo proporre l'istituzione di un'indennità compensativa.

Nella decisione 18 dicembre 1973 il Consiglio procedeva ad un adeguamento degli stipendi in ragione del 3,3 % con effetto dal 1o luglio 1973; esso dichiarava però anche espressamente di essere disposto ad esaminare le proposte che la Commissione intendeva sottoporgli.

La proposta veniva elaborata nella relazione presentata il 14 febbraio 1974: a titolo di indennizzo per gli errori commessi nell'adeguamento degli stipendi, si proponeva un aumento dello stipendio pari al 5,4 % con effetto dal 1o luglio 1972. Nel contempo era stato elaborato il relativo progetto di regolamento, trasmesso dalla Commissione al Consiglio il 21 marzo 1974. Il Consiglio, però, dopo aver consultato due esperti neutrali, cioè l'ex presidente della Commissione Rey e l'ex membro della Commissione Barre, decideva di non accogliere tale proposta. Anzi, nella riunione 21-23 luglio 1974 deliberava di continuare ad attenersi ai criteri di cui alla decisione 18 dicembre 1973, vale a dire di non prevedere affatto un adeguamento di stipendio retroattivo.

Tale atteggiamento ha indotto non solo i sindacati dei pubblici dipendenti europei, ma anche la Commissione ad adire la Corte di giustizia onde far annullare la decisione del luglio 1974 per violazione dell'art. 65 dello statuto del personale della decisione del Consiglio del 21 marzo 1972.

Ed ecco il mio parere:

1.

Premetto alcune osservazioni:

Il procedimento verte sull'esplicito rifiuto contenuto nella decisione del luglio 1974 emanata dal Consiglio di concedere un adeguamento di stipendio con effetto retroattivo.

La Commissione ritiene illecito tale rifiuto, in quanto la determinazione degli stipendi per gli anni 1972 e 1973 è stata erronea. Ciò risulta dal fatto che l'indice specifico comune per i periodi di riferimento delle due annate di cui sopra è stato calcolato per difetto in quanto l'indice italiano comunicato era carente. Per di più l'indice specifico italiano non rispecchiava affatto l'andamento del potere d'acquisto degli stipendi versati ai pubblici dipendenti italiani durante il periodo di riferimento 1971/72, in quanto non erano state tenute in considerazione molte delle indennità percepite dai dipendenti. È vero che tali indennità nel periodo di riferimento 1972/73 sono state tutte conglobate, però non si può dimenticare che l'indice specifico così ottenuto non solo rappresenta l'aumento del potere d'acquisto del periodo di riferimento 1972/73, ma rispecchia in parteanche quello degli anni passati.

Partendo da quest'argomentazione e dai dati emersi nel corso del procedimento, si deve osservare anzitutto che, anche giudicando fondata la critica mossa dalla Commissione, gli effetti si sono registrati al massimo sulla decisione in materia di stipendi relativa all'anno 1972 ma non su quella relativa all'anno 1973.

Nell'anno 1972 la decisione è stata scrupolosamente imperniata sull'indice specifico (3,6 %) mentre l'indice della massa salariale (3,9 %) non è stato tenuto in considerazione. Se quindi è chiaro che per i relativi periodi di riferimento bisogna basarsi su un indice specifico italiano più alto e quindi su un indice specifico comune più alto (l'incidenza dell'indice italiano giunge circa al 28 %) non resta che concludere che la decisione relativa agli stipendi concernente detto periodo non era esatta.

Nel 1973 la decisione relativa agli stipendi è stata adottata in base all'indice specifico del 7,3 % e ad un indice della massa salariale del 3,2 %. Il coefficiente applicato è stato il 3,3 %, cifra che non si discosta molto dall'indice della massa salariale. Se quindi per questo periodo è necessario, tenuto conto della diminuzione dell'indice specifico italiano (che parzialmente rispecchiava l'andamento degli stipendi negli anni passati), ridurre l'indice specifico comune, ciò evidentemente sarebbe irrilevante nei confronti della decisione adottata in materia di stipendi, che si è imperniata sull'indice della massa salariale.

Alla luce delle critiche mosse dalla Commissione si può quindi sostanzialmente solo esaminare se la determinazione degli stipendi relativa al periodo di riferimento 1971/72 va modificata.

2.

Quanto sopra esposto ha già dimostrato chiaramente che la controversia verte sul se, nell'adozione della decisione relativa agli stipendi per l'anno 1972, si è tenuto debito conto dell'andamento degli stipendi in uno Stato membro, cioè l'Italia, nel periodo di riferimento 1971/72. La Commissione lo nega e sostiene che il Consiglio:

ha violato l'art. 65 dello statuto del personale e

ha erroneamente applicato la decisione del marzo 1972, cioè ha violato il principio della tutela delle legittime aspettative delle persone danneggiate.

a)

Circa la prima critica osserverò quanto segue:

L'art. 65 stabilisce che:

«Il Consiglio procede ogni anno ad un esame del livello delle retribuzioni dei funzionari e degli altri agenti delle Comunità … Nel corso di tale esame, il Consiglio valuta se, nel quadro della politica economica sociale delle Comunità, sia opportuno procedere ad un adeguamento delle retribuzioni. Si tiene conto in particolare dell'eventuale aumento degli stipendi del settore pubblico e delle necessità di assunzione.»

A mio avviso il tenore di tale articolo, specie nell'ultima frase, che secondo la Commissione costituisce la chiave di volta della disposizione, mette in risalto che semplicemente in base all'art. 65 il problema specifico non può essere risolto, quindi tale articolo non offre particolari argomenti a sostegno della tesi della Commissione.

È evidente che tale norma è troppo vaga per consentire di rispondere alla questione del se nell'adeguamento degli stipendi si debba tener conto anche delle indennità e dei conguagli che i pubblici dipendenti nazionali percepiscono.

Altro punto essenziale è il fatto che l'art. 65 sancisce solo un obbligo di tener conto degli aumenti di stipendio sul piano nazionale. Non è però possibile sostenere che il Consiglio abbia violato quest' obbligo, che d'altronde è piuttosto relativo, anche per quanto riguarda le indennità versate ai pubblici dipendenti in Italia. Come abbiamo visto, tali indennità sono state incluse nell'indice della massa salariale, cioè il Consiglio ne era al corrente allorché ha determinato l'entità degli stipendi per l'anno 1972. D'altro canto questa circostanza era nota al Consiglio, perché nell'autunno 1973 si è saputo come era stato calcolato l'indice specifico italiano e nel dicembre 1973 è stata adottata la decisione relativa all'adeguamento degli stipendi. Inoltre va ancora rilevato che l'art. 65 conferisce al Consiglio un certo potere discrezionale, in virtù del quale esso può decidere se, nell'ambito della politica economica e sociale delle Comunità, è opportuno allineare gli stipendi e quindi, come risulta dal termine «specialmente», un eventuale aumento degli stipendi dei pubblici dipendenti nazionali costituisce soltanto uno dei vari elementi di cui bisogna tener conto.

Sono del parere che solo sotto il profilo dell'art. 65 dello statuto del personale il ricorso della Commissione ha scarse possibilità di venire accolto.

b)

Più importante è invece la seconda censura della Commissione. Essa chiede di stabilire se il Consiglio ha tenuto in debito conto la decisione emanata nel marzo 1972, onde facilitare l'applicazione all'art. 65 dello statuto, in quanto tale decisione può avere importanza per il calcolo dell'indice comune specifico e quindi anche dei corrispondenti indici nazionali.

aa)

Prima di iniziare questo difficile esame vorrei chiarire due punti.

Anzitutto ricorderete che il Consiglio ha insistito, sia nelle sue memorie scritte che in quelle presentate oralmente, sull'indiscutibile inattendibilità degli indici statistici, ed ha dichiarato che la critica vertente sul grado di rappresentatività degli indici di cui ha tenuto conto ha poca attinenza con la materia del contendere. Ha inoltre fatto cenno alle difficoltà provocate nei nuovi Stati membri dall'applicazione della decisione del marzo 1972. D'altro canto il Consiglio, nella fase scritta, si è richiamato alle dichiarazioni rilasciate dagli enti italiani, in base alle quali l'entità dell'indice specifico italiano comunicato nell'autunno 1973 (30,4 %), è dovuta in parte alla riorganizzazione dell'amministrazione italiana e quindi non esprime semplicemente un aumento del potere d'acquisto.

A mio avviso è opportuno sottolineare che questi richiami non hanno alcuna rilevanza per la soluzione della controversia.

Nessuno dubiterà, tanto per cominciare, che gli indici statistici, comprendenti una miscellanea di valori, non sono tutti del pari rappresentativi, e quindi costituiscono sempre dati approssimativi. La nostra ricerca però non deve limitarsi al grado di rappresentatività degli indici assunti come base, dobbiamo invece occuparci della questione del se nel passato il grado di rappresentatività ha raggiunto il minimo prescritto dalle rigide norme che lo disciplinano. In altre parole la patente inattendibilità dei dati non giustifica che si tollerino deroghe a norme cogenti in materia di determinazione del valore di un indice comune.

Per quel che riguarda la difficoltà provocata dal fatto che per i nuovi Stati membri si è stati costretti ad assumere dei valori approssimativi, basterà rilevare che l'inconveniente, se non erro, non è connesso con il periodo 1971/72 di cui ci stiamo interessando, ma con il periodo 1972/73. Logicamente si deve aggiungere che tali considerazioni non autorizzano affatto a scostarsi dal metodo inderogabilmente applicato negli Stati membri per il calcolo degli indici su cui impernia l'adeguamento degli stipendi.

Per quel che riguarda poi le dichiarazioni italiane circa l'entità dell'indice specifico italiano del periodo di riferimento 1972/73, osserverò quanto segue: a mio avviso è inutile cercare di stabilire se procedimenti come l'asserita ristrutturazione dell'amministrazione italiana, tenuto conto del fatto che l'indice specifico è stato calcolato solo per determinate categorie di dipendenti, è stata rilevante in questo senso, giacché tutt'al più ha avuto ripercussioni sull'indice della massa salariale, come giustamente ritiene la Commissione. Per quel che ci riguarda, l'elemento fondamentale dev'essere il fatto che il valore in questione (30,4 %) è stato comunicato dagli enti ufficiali italiani in relazione all'indice specifico comune e quindi ne è stato tenuto conto appieno. Se il Consiglio, allorché ha stabilito l'entità degli stipendi per il 1973, imperniantisi sul dato di cui sopra, non ha ritenuto necessario ripartire detto valore secondo l'aumento del potere d'acquisto degli stipendi in funzione della ristrutturazione amministrativa, non è ora possibile limitare l'attendibilità di questo valore nell'ambito della presente controversia.

bb)

Vediamo ora l'oggetto principale della controversia, cioè la questione del se l'inosservanza di determinati conguagli e di determinate indennità spettanti in Italia ai pubblici impiegati nel periodo di riferimento 1971/72, implica un vizio sostanziale dell'indice relativo per inosservanza di norme inequivocabili, quindi ne consegue l'annullabilità dell'indice stesso. Il parametro di giudizio in questo caso è la decisione del Consiglio del marzo 1972, di cui vi risparmio la lettura. Esaminerò per contro alcuni punti di tale decisione alla luce degli argomenti svolti in proposito dalle parti nel corso del procedimento.

Il Consiglio sottolinea soprattutto che nella decisione con cui è stato calcolato l'indice specifico si sottolinea che l'indice dell'andamento degli stipendi dei pubblici dipendenti negli Stati membri viene calcolato secondo il metodo seguito finora. A questo proposito si fa richiamo ad una nota sui criteri da seguire nell'applicazione dell'art. 65 dello statuto, nota che risale al 1966. Da tale nota risulta che nella nozione di stipendio rientrano essenzialmente le somme corrisposte genericamente e regolarmente, quindi non è necessario tener conto di tutte le altre possibili indennità e conguagli.

È indubbio che tale argomento è molto persuasivo giacché in detta nota del 1966, sotto il titolo «nozione di stipendio» si legge: «Il y a lieu de tenir compte de tous les émoluments ayant le caractère de rémunération et qui sont payés de façon générale et permanente sur une base réglementaire».

Il primo impulso di condividere l'atteggiamento del Consiglio viene immediatamente soffocato allorché si esamina a fondo l'argomento svolto dalla Commissione.

A questo proposito non mi riferisco particolarmente all'assunto della Commissione secondo cui l'espressione «payés de façon générale» non significa categoricamente l'effettiva remunerazione versata a tutti i dipendenti, come invece si potrebbe intendere con un'espressione che alludesse esplicitamente ad ogni importo percepito dai dipendenti. La Commissione giunge alla conclusione che è logico interpretare questa espressione nel senso che il termine «generale» va inteso come «ampio» e quindi sarebbe opportuno, eventualmente, calcolare una media fittizia che possa applicarsi a tutti i dipendenti.

Ritengo piuttosto che la Commissione, allorché si richiama al sistema complessivo della nota 1966, intenda criticare il Consiglio in quanto esso, ingiustamente, si è limitato a tener conto di uno solo degli elementi elencati in detta nota. In effetti la Commissione può giustamente rilevare che il sistema di valutazione dell' andamento degli stipendi versati ai pubblici dipendenti citato nel documento del 1966 dalla pagina 4, punto b) è suddiviso in vari capitoli e nulla può lasciar intendere che tali capitoli abbiano una subordinazione gerarchica e quindi la loro interpretazione sia reciprocamente condizionata. Si deve quindi ritenere che la stessa importanza testé attribuita alla nozione di retribuzione vada attribuita pure alle disposizioni di cui al quarto trattino del paragrafo eloquentemente intitolato «Prise en compte d'autres éléments», nel quale ricorrono espressioni corrispondenti a quelle che si incontrano sotto il titolo «Notion des traitements». La norma recita: «La fixation en commun d'une méthode de travail en vue de l'examen de l'évolution des traitements publics dans les Etats membres n'empêche pas les commissions de faire valoir, le cas échéant, d'autres éléments que ceux visés par ladite méthode». Vi è quindi buon motivo di concludere che, già secondo il sistema instaurato nel 1966, oltre che degli stipendi, si doveva tener conto anche di altri elementi del sistema retributivo. D'altro canto questa era evidentemente anche una prassi molto diffusa, cioè si cercava in questo modo di rispecchiare con la maggior fedeltà possibile l'effettiva situazione delle remunerazioni nei vari Stati membri. A sostegno di questa ipotesi si può citare quanto ha esposto ad abundantiam la Commissione nella fase orale circa le diverse indennità non corrisposte indistintamente a tutti i pubblici dipendenti in Francia. Un quadro analogo ne è risultato pure per le remunerazioni in Belgio, in Germania, in Danimarca, in Irlanda, perfino per l'Italia e si constata che detta prassi era ancora seguita anche dopo l'adozione della decisione del marzo 1972.

A mio avviso è logico sostenere, come fa la Commissione, che il sistema in vigore nell'anno 1966 non consentiva di trascurare un aumento del potere d'acquisto degli stipendi nazionali in ragione del 30 %, come si è verificato nella determinazione dell'indice specifico italiano per il periodo di riferimento 1971-1972.

Se tali considerazioni suscitano perplessità sull'interpretazione restrittiva del Consiglio, l'incertezza si consolida con lo studio di altri elementi della decisione del marzo 1972, della sua cronistoria e delle funzioni che il legislatore ha inteso attribuirgli e analizzando lo spirito del provvedimento stesso che traspare chiaramente alla luce di altri atti del Consiglio.

Sta di fatto che dopo la nota del 1966, il metodo di calcolo degli stipendi ha provocato sempre maggiori attriti tra il Consiglio ed il personale, e le conseguenze ci sono note. Una delle cause di tali attriti è il fatto che il Consiglio teneva sempre meno conto degli elementi integrativi del sistema di retribuzione, come ad esempio delle indennità che formano oggetto della presente controversia. Le lamentele del personale in sostanza si appuntavano più sulla struttura dell'indice comune che sulla sua applicazione. Questo insoddisfacente stato di cose avrebbe dovuto risolversi con la decisione del marzo 1972, adottata di comune accordo con il personale per comporre la vertenza. La logica impone però di interpretare il provvedimento tenendo conto di determinati emolumenti che si affiancano allo stipendio vero e proprio.

Se poi si considera la decisione del marzo 1972 in tutto il suo complesso, si può giustamente arguire che essa va interpretata estensivamente.

Non dimentichiamo che la decisione non si limita a richiamarsi al metodo seguito finora per la determinazione dell'indice degli stipendi dei pubblici dipendenti negli Stati membri, poiché è chiara l'intenzione di apportare miglioramenti al sistema. Contrariamente a quanto ritiene il Consiglio, la novità non è costituita da un secondo indice, cioè dall'indice della massa salariale con funzione di controllo. In sostanza — date le circostanze — esso non rappresenta una miglioria essenziale, poiché il Consiglio — come abbiamo visto — nell'ambito del proprio potere discrezionale può anche non tener conto di detto indice. Inoltre il testo della decisione rivela chiaramente che i miglioramenti consistono nell'indice specifico e cioè — come ha dichiarato la Commissione in una accurata analisi — nell'obbligo di tenere conto.

Nella decisione del marzo 1972 sotto il titolo «Indicateur spécifique» e sotto la voce «améliorations» si parla tra l'altro di:

maggior armonizzazione dei sistemi di calcolo applicati dalle diverse amministrazioni nazionali;

informazione della Commissione circa gli elementi dei sistemi retributivi dei pubblici impiegati e circa ogni modifica di tali elementi;

informazione della Commissione circa tutti i particolari del calcolo degli indici annuali degli stipendi dei pubblici dipendenti;

contatti con le delegazioni nazionali ogniqualvolta la Commissione nutra dubbi circa alcuni elementi di cui bisogna tener conto nel calcolo dell'indice degli stipendi dei pubblici dipendenti, onde ottenere direttamente i chiarimenti necessari.

Inoltre la frase finale suona come segue: «Il est entendu qu'une information complète des représentants du personnel au sujet des éléments statistiques relatifs à cet indicateur sera assurée par la Commission».

A mio avviso è innegabile che si può trarre la conclusione che l'indice specifico dev'essere determinato non solo in base agli stipendi versati, ma — per definirli così — anche in base agli altri elementi delle retribuzioni. Giustamente la Commissione fa osservare che con la nuova disciplina si è inteso far riesaminare annualmente tutti gli elementi di cui bisogna tener conto nel calcolo dell'indice specifico. In caso contrario il Consiglio avrebbe stabilito espressamente che si deve tener conto soltanto degli stipendi veri e propri. È stata giustamente rilevata l'inutilità di un sistema così macchinoso se si tratta soltanto di recensire gli stipendi versati ai pubblici dipendenti ed accertare l'esattezza delle comunicazioni degli Stati membri. D'altronde è chiaro che si intende informare esaurientemente il personale sulla politica degli stipendi seguita nei vari Stati membri e la decisione del marzo 1972 doveva comporre l'annosa vertenza in materia, quindi è inevitabile che dopo detta decisione si deve tener conto anche degli altri elementi del sistema retributivo nazionale.

L'analisi globale dei metodi per la determinazione dell'indice specifico porta alla conclusione che, nella decisione del marzo 1972, specie nella parte in cui si tratta dell'indice specifico, è stato posto l'accento — come ho testé detto — sugli altri elementi del sistema retributivo. È quindi logico che per il titolo generale sia stato scelto il termine «potere d'acquisto» per indicare che si aspira ad avere un quadro quanto più possibile reale dell'andamento degli stipendi negli Stati membri.

Infine non si deve dimenticare lo spirito della decisione, cui si sono richiamati recentemente anche i consiglieri neutrali consultati dal Consiglio, che recentemente si sono pronunciati a favore del personale. Tale spirito assume un ruolo particolare specialmente nell'interpretazione di decisioni scaturite dall'intesa col personale e che hanno lo scopo di conciliare le esigenze delle parti. Come vada inteso questo spirito si capisce chiaramente rileggendo il brano tratto dalla decisione del Consiglio del 18 e 19 dicembre 1972 che recita:

«Le Conseil estime que le règlement du 12 décembre 1972 ne préjuge pas de l'interprétation de sa décision du 21 mars 1972 sur le système d'adjustement pour les rémunérations et confirme que celui-ci s'inscrit dans le cadre d'une politique tendant à garantir, à moyen terme, une évolution des rémunérations des fonctionnaires européens parallèle à celle, relevée en moyenne, pour les traitements des fonctions publiques nationales».

Non resta che concludere che si è inteso far tener in debito conto tutti gli elementi essenziali della politica degli stipendi nazionale, al fine di controbilanciare il potere discrezionale del Consiglio confermato nella sentenza della Corte non solo per quel che riguarda l'indice della massa salariale, ma anche per l'indice specifico.

Per tutti questi motivi si deve desumere che la decisione del marzo 1972 implica l'obbligo di calcolare l'indice specifico tenendo conto non solo degli stipendi netti e delle indennità versate a tutti i dipendenti, ma anche di altri elementi del sistema retributivo se essi sono generali e di notevole importanza. A questo proposito la Commissione ha fatto riferimento più specificamente alle retribuzioni versate ad un gruppo rappresentativo di dipendenti per attività che rientrano nelle normali prestazioni di servizio. Questa specificazione è chiarificatrice, però non è indispensabile nella fattispecie. Ai fini del giudizio basterebbe rilevare che dinanzi al parlamento italiano, in sede di discussione sulla modifica del sistema retributivo italiano, a proposito delle indennità che ci interessano nella fattispecie, è stato dichiarato che si tratta per lo più non già di indennità per prestazioni speciali ma di versamenti effettuati a titolo di conguaglio. Inoltre è noto, ed anche il Consiglio lo ammette, che la maggior parte delle indennità in questione sono state incorporate nello stipendio oppure sono state trasformate in indennità speciali di cui bisogna inevitabilmente tener conto nel colcolo dell'indice specifico, cioè il sistema retributivo italiano è stato corretto, il che consente di far illazioni sull'indole delle indennità e dei conguagli versati in precedenza.

In conclusione si deve rilevare che l'inosservanza degli altri elementi del sistema retributivo italiano nel periodo 1971/72 si sono risolti in un erroneo, per difetto, indice specifico italiano e quindi anche l'indice comunitario nel quale l'Italia interviene per il 28 %, risulta viziato. Poiché la determinazione dell'indice specifico dev'essere effettuata secondo i summenzionati criteri, e se esso non risulta esatto, si deve logicamente procedere ad una rettifica. Sarà quindi anche necessario rettificare l'adeguamento degli stipendi relativi a quel periodo in quanto è chiaro che le modifiche apportate dal 1972 sono state calcolate rigidamente in base all'indice specifico, lasciando da parte l'indice superiore della massa salariale. Il rifiuto del Consiglio di effettuare un adeguamento degli stipendi con effetto retroattivo è quindi illegittimo e va annullato.

Non è il caso di dilungarsi sui particolari dell'adeguamento in fieri giacché questo è compito specifico del Consiglio che dovrà venir eseguito nell'ambito dell' eventuale esecuzione della sentenza della Corte.

3.

L'esame della fattispecie potrebbe venir così concluso. Voglio però aggiungere un'osservazione che è pertinente nell'ipotesi in cui non si ravvisi alcuna violazione della decisione del marzo 1972 nel calcolo dell'indice specifico per il periodo di riferimento 1971/72.

Tale osservazione si impone dopo quanto è stato esposto nel procedimento sulla cronistoria e sullo spirito della decisione del marzo 1972. È categoricamente escluso che l'elemento sul quale si impernia la presente controversia, cioè l'aver trascurato gran parte dell'indennità e degli assegni versati ai dipendenti italiani, costituisca un fattore irrilevante sotto il profilo dell'adeguamento dei salari.

Se viene constatato questo vizio, si deve presumere che esso si rifletterà quanto meno sulla decisione discrezionale che adotterà il Consiglio in base alla decisione del marzo 1972 nell'ambito dei due noti indici, e più esattamente: in tal caso non si può presumere che il potere discrezionale si può esercitare senza alcun limite. Se cioè si dimostra che un indice (nel nostro caso quello specifico) non può evidentemente venir considerato rappresentativo, la decisione discrezionale risulta viziata in quanto l'altro indice, cioè l'indice della massa salariale, che comprende tutti gli altri elementi, viene ad assumere maggiore importanza. Si può anche pensare di compensare tale deficienza in quanto nel 1973, periodo nel quale l'indice specifico non è stato più viziato per i motivi suindicati, l'adeguamento degli stipendi è stato imperniato prevalentemente sul secondo indice. Poiché la decisione in materia retributiva relativa al 1972 si è basata essenzialmente sull'indice specifico, mentre quella dell' anno 1973 si è basata fondamentalmente sull'indice della massa salariale, il Consiglio avrebbe l'obbligo di procedere ad un adeguamento retroattivo degli stipendi e quindi il suo rifiuto di adottare una corretta decisione va dichiarato illegittimo.

Voglio ancora sottolineare che queste mie considerazioni hanno semplicemente carattere subordinato; resto sostanzialmente del parere che si debba annullare la decisione del Consiglio del giugno 1974 in quanto il Consiglio si è rifiutato di rettificare l'indice specifico per il periodo di riferimento 1971/72.

4.

Propongo quindi di pronunciarvi come segue:

Il ricorso promosso dalla Commissione contro il Consiglio è fondato. Il rifiuto contenuto nella decisione del Consiglio del 21-23 luglio 1974 di procedere ad un adeguamento degli stipendi va annullato. Non è necessario pronunciarsi sulle spese in quanto le parti non ne hanno fatta espressa richiesta.


( 1 ) Traduzione dal tedesco.