CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE HENRI MAYRAS
DEL 12 FEBBRAIO 1974 ( 1 )
Signor Presidente,
Signori Giudici,
Nella sentenza del 30 gennaio, pronunciandovi sulla competenza della Corte, avete disatteso le eccezioni sollevate da una delle parti nel procedimento di merito e mi avete invitato ad esporre le conclusioni relativamente alle questioni pregiudiziali deferite dal Tribunale di Bruxelles.
I — Impostazione del problema
Le due prime questioni vertono sull'interpretazione dell'art. 86 del trattato. Onde statuire se sia stato fatto abuso di posizione dominante, il giudice a quo chiede:
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se vi sia abuso nel caso in cui una società, che in pratica ha monopolizzato la gestione dei diritti d'autore, impone agli autori, compositori ed editori musicali ad essa affiliati la cessione globale di tutti i loro diritti, senza fare alcuna distinzione; |
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se vi sia parimenti abuso di posizione dominante nel caso in cui la società imponga agli autori di cedere ogni diritto — presente o futuro — e si riservi di esercitare i diritti così acquisiti in modo esclusivo per i cinque anni successivi alle dimissioni di un aderente all'associazione. |
Anzitutto è opportuno scegliere il metodo da seguire, optando tra due orientamenti.
Nell'ambito dell'art. 177 del trattato si deve dare un'interpretazione astratta e fornire quindi una risposta redatta in termini generici dai quali il giudice proponente possa trarre i principi cui ispirarsi per decidere sul merito?
Non sarebbe invece più indicato dare un'interpretazione più circostanziata, che sia veramente utile al giudice a quo, interpretazione data tenendo debito conto degli elementi specifici della motivazione del provvedimento di rinvio, delle osservazioni scritte ed orali presentate dai partecipanti, cioè dalle parti della controversia di merito e dalla Commissione?
La vostra giurisprudenza è incline a seguire questo secondo orientamento, come si desume dalla sentenza 30 giugno 1966 (Société technique Minière/Maschinenbau Ulm, causa 56-65, Racc. 1966, pag. 279), nella quale avete specificato che «la necessità d'interpretare correttamente i testi litigiosi giustifica l'esposizione, da parte del giudice nazionale, dell'ambito giuridico entro il quale va collocata l'interpretazione richiesta; la Corte può quindi trarre… i particolari necessari per la comprensione delle questioni deferitele e per l'elaborazione di una soluzione adeguata».
Analogamente, nella sentenza 1o dicembre 1965 (Decker, causa 31-65, Racc. 1965, pag. 940) avete rilevato che la questione deferita verteva su problemi di interpretazione del diritto comunitario che era opportuno risolvere senza perdere di vista gli elementi riferiti dal giudice proponente.
Anche nella fattispecie è quindi inevitabile attenersi agli elementi di fatto e di diritto emersi nel corso del procedimento di merito, nonché prendere in considerazione le osservazioni esposte in questa sede dai partecipanti al procedimento.
Si tratta di esaminare le norme che disciplinano i rapporti tra la Società belga degli autori ed editori e gli aderenti all' ente stesso.
Non possiamo dimenticare che la stessa Commissione ha promosso nei confronti di questo ente un procedimento a norma dell'art. 86 del trattato, come già aveva fatto nei confronti di enti similari di altri paesi.
I servizi prestati dagli enti che gestiscono i diritti d'autore a tutela delle composizioni musicali nell'ambito della Comunità costituiscono un mercato a sé, con speciali caratteristiche e la Commissione ha ritenuto necessario indagare sull'attività delle società che gestiscono i diritti d'autore onde accertare se il loro comportamento è conforme alle norme comunitarie in materia di concorrenza.
Il monopolio di fatto di cui godono tali enti nei rispettivi paesi, gli accordi per limitare reciprocamente le rispettive prestazioni al territorio nazionale e le convenzioni per lo sfruttamento reciproco dei rispettivi repertori sono apparsi alla Commissione elementi che costringono i vari autori, compositori ed editori residenti negli Stati membri — che sono nell'impossibilità materiale di tutelare personalmente i loro diritti — ad avvalersi dei servizi della società nazionale per i diritti d'autore.
D'altronde, in allegato alle sue osservazioni, la Commissione ha prodotto l'elenco dei capi d'accusa notificati alla SABAM: nel documento si sottolineano le clausole dello statuto sociale e le disposizioni del regolamento generale di detta società, la cui applicazione è stata considerata come abuso della posizione dominante acquisita dall'ente sul territorio belga.
Se, malauguratamente, la Commissione non ha ancora adottato decisioni nei confronti della SABAM, è noto che durante le trattative svoltesi nell'ambito del procedimento amministrativo, nel 1971 e nel 1973, tale società ha acconsentito a modificare alcune disposizioni dei propri statuti.
D'altra parte, allorché ha promosso un' azione contro la società tedesca GEMA, nella decisione 2 giugno 1971 la Commissione ha espressamente elencato le norme dello statuto di quell'ente incompatibili con l'art. 86. Quella decisione individuale è del tutto estranea alla controversia odierna, però ci può servire come base per analizzare la dottrina della Commissione circa le società per i diritti d'autore e circa i criteri di valutazione della loro attività alla luce dell'art. 86.
Questo, signori, è lo sfondo su cui va condotto l'esame delle questioni pregiudiziali sottoposte dal Tribunale di Bruxelles. Dal canto mio, penso di inquadrare i relativi elementi nella loro cornice di diritto e di fatto, in modo da proporvi una soluzione che consenta — almeno lo spero — al giudice belga di pronunciarsi su una base che dia pieno affidamento.
Nel caso specifico si deve stabilire se — allorché fu promossa l'azione — i contratti stipulati tra la SABAM ed i sigg. Rozenstraten e Davis, secondo le modalità prescritte dagli statuti della SABAM, hanno una causa illecita, in quanto una delle parti contraenti sfruttava abusivamente la posizione dominante di cui godeva.
È perciò opportuno analizzare le disposizioni degli statuti e del regolamento che disciplinano i contratti litigiosi, per valutare, secondo questo parametro, il comportamento della SABAM, al fine di stabilire se sussistano i presupposti per far scattare il divieto di cui all'art. 86.
II — Presupposti per l'applicazione dell' art. 86
Quali sono detti presuposti?
A — |
L'abuso vietato dall'art. 86 deve anzitutto essere imputabile
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1. |
Pur se il giudice a quo pare non nutra dubbi circa il fatto che la SABAM costituisca un'impresa ai sensi dell'art. 86, non sarà fuori luogo ricordare che gli autori del trattato hanno inteso porre l'accento sull'aspetto economico della nozione d'impresa, che il Goldman definisce «un complesso coordinato di persone e di beni, costituito con una determinata finalità, la cui attività è svolta in funzione del perseguimento di detta finalità». Nella vostra sentenza 13 luglio 1962 (Mannesmann AG/Alta Autorità, causa 19-61, Racc. 1962, pag. 683) che si impronta — è vero — ai principi del trattato CECA, avete adottato una formula analoga, cioè «l'impresa consiste in un complesso unitario di elementi personali, materiali ed immateriali facente capo ad un soggetto giuridico autonomo e diretto in modo durevole al perseguimento di un determinato scopo economico». L'elemento complementare che scaturisce da tale definizione consiste nell'esistenza di una personalità giuridica autonoma. La conformazione giuridica dell'impresa non ha alcuna rilevanza per l'applicazione delle norme sulla concorrenza. Se la gestione è condotta tramite una persona giuridica, non può costituire motivo di addebito la formula adottata, sia nel caso delle società commerciali, sia nel caso di società cooperative che di società di diritto privato, od anche di un'associazione. L'art. 86, come l'art. 85, si applica dunque ad ogni impresa che svolga attività economiche, cioè si occupi degli scambi di beni e di servizi a titolo oneroso. Una società avente il compito di gestire ed amministrare — a titolo oneroso — i diritti d'autore «svolge un'attività come impresa, consistente in prestazioni di servizi nei confronti sia dei compositori, autori ed editori, che degli utenti della musica», come sottolinea la Commissione nella sua decisione relativa alla GEMA. Condivido questo punto di vista, specie dal momento che nella sentenza 8 giugno 1971 (Deutsche Grammophon, causa 78-70, Racc. 1971, pag. 487) non avete esitato ad applicare l'art. 86 ad un «fabbricante di riproduzioni sonore titolare di un diritto connesso con il diritto d'autore». Per di più, il fatto che la SABAM sia una società cooperativa che rappresenta i propri membri nell'esercizio dei loro diritti d'autore non esclude il suo carattere di impresa, giacché essa fa valere, in nome proprio, diritti che le sono stati ceduti; essa si accolla le spese di esercizio e stabilisce autonomamente l'ammontare delle quote sociali. L'ente non può quindi venir considerato come «mandatario» dei propri membri, giacché esso non dipende giuridicamente da essi. Nella SABAM sono riuniti autori e compositori che esercitano libere professioni, però nemmeno questo elemento può far venir meno il suo carattere di impresa, giacché la sua attività consiste nello sfruttamento economico dei diritti d'autore dei rispettivi membri. |
2. |
La nozione di posizione dominante, non definita dall'art. 86, va interpretata alla luce del principio sancito dall'art. 3, f) del trattato, in virtù del quale l'azione della Comunità implica l'istituzione di un regime che garantisce che la concorrenza non venga falsata nel mercato comune. Come avete rilevato nella sentenza 21 febbraio 1973 (Europemballage e Continental Can, causa 6-72, Racc. 1973, pag. 244) il principio implica «a maggior ragione, che la concorrenza non venga eliminata». Se una notevole riduzione della concorrenza effettiva può essere sufficiente per caratterizzare la sussistenza di una posizione dominante su un determinato mercato, l'esercizio di un monopolio, che si risolve nella totale eliminazione della concorrenza, comprende e va anche oltre la nozione di posizione dominante. Con l'espressione «monopolio di fatto» il Tribunale di Bruxelles ha definito la posizione della SABAM sul mercato belga. È pacifico che, dal 1940, questo ente è l'unica impresa che in Belgio possa esercitare i diritti d'autore, specie per quanto riguarda le opere musicali. Parallelamente alla GEMA tedesca, l'ente non ha concorrenti. Da questa situazione consegue che nessun compositore, autore od editore di musica può praticamente sottrarsi all' obbligo di ricorrere alla SABAM per esercitare i propri diritti. Infatti è materialmente impossibile garantirne la tutela personalmente, giacché ciò richiederebbe mezzi eccezionali e comporterebbe spese altissime. D'altro canto è teoricamente possibile che un autore o un editore belga incarichi una società avente sede in un altro Stato di gestire i propri diritti, tuttavia l'interessato dovrebbe aderire a detta società senza poter fruire appieno dei vantaggi che essa offre, d'altro canto le varie società — per accordo reciproco — limitano la tutela diretta degli affiliati al territorio dello Stato in cui esse hanno sede. Di conseguenza la tutela in Belgio dei diritti di un autore o di un editore verrebbe comunque esercitata dalla SABAM nell'ambito del suo monopolio. La posizione dominante di questo ente è dunque fuori discussione. |
3. |
Si deve però porte tale posizione dominante in relazione ad un determinato mercato: si tratta del «mercato in questione», nozione tratta dalla disciplina anticartellistica americana, in base alla quale la giurisprudenza federale ha sviluppato il concetto di «relevant market». Il problema che si pone normalmente parlando dei mercati dei prodotti industriali, cioè l'accertare se esistano o meno prodotti sostitutivi, cade nel caso dei diritti d'autore dei compositori o degli editori musicali. Però il «mercato di cui trattasi» non va determinato soltanto in relazione ai prodotti o alle prestazioni di servizi, esso va anche determinato sul piano geografico ed in funzione della sua entità quantitativa, come prescritto dall'art. 86 allorché contempla la sussistenza di una posizione dominante su una «parte sostanziale del mercato comune». A questo proposito non è necessario che il predominio si eserciti su un mercato che comprenda i territori di due o più Stati membri. La superficie del mercato è altrettanto poco rilevante. L'elemento essenziale consiste nella determinazione quantitativa del mercato in relazione al complesso del mercato comune, dunque nella sua relativa entità economica. A questo proposito si deve tener conto anzitutto della densità della popolazione, dell'entità delle risorse locali, del livello del potere d'acquisto della moneta. È pacifico che tali criteri consentono di definire il Belgio «parte sostanziale del mercato comune». |
B — |
Il divieto sancito dall'art. 86 non riguarda tanto la sussistenza di una posizione dominante, quanto il suo abuso, con il conseguente pregiudizio agli scambi tra gli Stati membri. |
1. |
Se la nozione di abuso ha un carattere oggettivo e non implica necessariamente un comportamento intenzionalmente illecito, come avete riconosciuto nella sentenza 18 febbraio 1971 (Sirena, causa 40-70, Racc. 1971, pag. 69), essa non è nemmeno definita dall'art. 86, che si limita a citare alcuni esempi. Essa va dunque valutata di volta in volta. Il Tribunale di Bruxelles ha ritenuto opportuno tener conto, nelle questioni che vi sottopone, di due soli esempi del comportamento abusivo della SABAM nei confronti dei propri affiliati e degli utenti della musica. Il primo consiste nel fatto che, in forza dell'art. 10 dello statuto sociale, nella versione vigente nel 1968, si richiede la cessione esclusiva, a favore dell'ente, di qualsiasi diritto d'autore, senza fare distinzioni. Il secondo è tratto dal fatto che la cessione vale sia per i diritti esistenti che per i diritti futuri; inoltre la società si è arrogata l'esclusiva d'uso di tali diritti per i cinque anni susseguenti alle dimissioni eventuali dell'affiliato. Questa è solo una parte degli addebiti — comunque incontestabili — mossi alla SABAM dalla Commissione, che ritiene che non sia sempre indispensabile affiliarsi ad una società di questo genere per ottenere una valida tutela dei propri diritti d'autore: sarebbe più opportuno far sì che gli interessati richiedano l'intervento della SABAM soltanto se sono sottoposti ad una pressione economica eccessiva da parte degli utenti delle opere musicali. Anzitutto resta da vedere se tale affermazione non contrasti con la situazione reale, con i dati economici obiettivi. Infatti l'autore o il compositore, talvolta anche l'editore di opere musicali — a meno che quest'ultimo non disponga di una strapotenza — non riescono, di regola, ad esercitare personalmente tali diritti. Queste persone normalmente non dispongono dei mezzi necessari per controllare quale uso venga fatto delle loro opere. A maggior ragione, alcuni utilizzatori della musica (case discografiche, uffici pubblici, trasmittenti radiotelevisive private) hanno sovente sul mercato una posizione di tale importanza che potrebbero accaparrarsi autori e compositori imponendo loro la cessione dei diritti relativi ad alcune opere, specie quelle destinate ad avere grande successo, che possono offrire ottime prospettive finanziarie. La Commissione ha ammesso che la situazione è critica ed in pratica solo con l'adesione alla SABAM è possibile assicurarsi una protezione adeguata. Il problema odierno non verte però sull'adesione ad una società di diritti d'autore, bensì sull'estensione e sull'asssolutismo dell'obbligo di cessione dei diritti imposti dall'art. 10 degli statuti e ribadito dall'art. 11 dei contratti-tipo. Altro punto cruciale sono le clausole che vietano sostanzialmente agli affiliati ogni rapporto diretto con le società straniere per i diritti d'autore. L'abuso che la Commissione ha ravvisato in queste formule consiste nel fatto che la SABAM, con questo sistema, riesce a vincolare i propri affiliati con condizioni che non sono indispensabili per la realizzazione della finalità sociale e che ostacolano arbitrariamente la transizione degli affiliati da una società all'altra. In altri termini, come la Commissione ha sottolineato nel suo provvedimento relativo alla GEMA, un'impresa che gode di una posizione dominante non deve imporre patti leonini ai propri affiliati e deve perseguire la propria finalità senza ricorrere — nei limiti del possibile — a sistemi coercitivi. Il comportamento in questione si può ricondurre al primo esempio di pratica abusiva ciato dall'art. 86 (2o comma, lettera a), cioè «imporre direttamente o indirettamente … condizioni di transazione non eque». L'indole di «iniquità» si arguisce d'altra parte anche, nella fattispecie, dalla durata della cessione esclusiva, che va di pari passo con l'affiliazione (art. 3 degli statuti), nonché dalla genericità della cessione, che comprende, come abbiamo visto, i diritti presenti e futuri. Infatti non solo pare che tali clausole non siano validamente giustificate dalle necessità pratiche relative all'esercizio dei diritti d'autore, ma pare che abbiano lo scopo di vincolare in modo assoluto gli affiliati, impedendo loro di aderire a qualunque altra società. È evidente che, di fronte a convenzioni che la Commissione riteneva incompatibili con le disposizioni dell'art. 86, senza peraltro dimenticare che un'adeguata tutela può venir garantita agli autori di opere musicali solo dagli enti quali la SABAM, l'istituzione comunitaria cercasse di definire quelli che, a suo giudizio, potevano rappresentare «vincoli accettabili». Questa definizione è il risultato di una distinzione tra le varie categorie di diritti che possono venir gestiti da una società per i diritti d'autore e dell'imposizione di modifiche degli statuti, onde consentire agli affiliati di limitare la cessione dei loro diritti, per il complesso delle loro opere solo per determinate forme di gestione. Questa soluzione di compromesso si arguisce dalla seconda decisione adottata nei confronti della GEMA, sulla quale si è poi anche allineata la SABAM, che nel 1971 ha acconsentito a modificare l'art. 10 dello statuto sociale nel senso auspicato dalla Commissione. È opportuno ricordare che la SACEM (Società francese degli autori e compositori musicali) si è allineata a questo punto di vista durante il procedimento promosso nei suoi confronti e la società olandese BUMA ha preso spontaneamente la stessa decisione. Nelle stesse condizioni la Commissione è riuscita ad ottenere l'emendamento della clausola dello statuto (art. 15 dello statuto SABAM) che stabilisce che una società di gestione ha la prerogativa di avvalersi dei diritti ceduti nei cinque anni successivi alle dimissioni di un affiliato. Nella convinzione che la liquidazione dei contratti in via d'esecuzione non richieda un termine così lungo, e che di conseguenza la clausola risulta di una severità eccessiva e vincola gli affiliati oltre i limiti strettamente necessari, la Commissione ha ritenuto utile far ridurre questo periodo a tre anni, qualora all'autore sia offerta la possibilità di cedere i propri diritti per speciali forme di gestione ed a un solo anno se i diritti sono stati ceduti per speciali tipi di forme di gestione. Senza voler giudicare tali soluzioni, che rientrano nell'ambito dell'apprezzamento discrezionale della Commissione, penso che la SABAM, avendo accettato di trasporre il principio nei propri statuti, ha implicitamente ammesso che la versione precedentemente in vigore conteneva, nei punti modificati, disposizioni incompatibili con l'art. 86 del trattato. Propongo quindi una soluzione affermativa per le due prime questioni sottoposte dal Tribunale di Bruxelles. La mia convinzione è inoltre corroborata da una considerazione che il giudice belga non ha ricordato nel provvedimento di rinvio, ma che mi pare comunque interessante. Uno degli addebiti mossi alla SABAM è tratto dalla discriminazione di cui — per effetto degli statuti vigenti nel 1970 — sono rimasti vittime i cittadini degli altri Stati membri diversi dal Belgio. Infatti l'art. 6 escludeva tali cittadini dall'affiliazione alla SABAM come collaboratori o membri temporanei. L'affiliazione era consentita solo come membri titolari, situazione che comunque, nonostante la formulazione apparentemente ineccepibile, impediva agli stranieri di acquisire diritti nell'ambito dell'amministrazione della società; essi inoltre non potevano fruire delle prestazioni della cassa di mutua assistenza e di solidarietà, pur se per tale cassa dovevano versare regolarmente i contributi. Sapendo che disposizioni analoghe erano contenute negli statuti di altri enti nazionali per i diritti d'autore e che tali enti si erano accordati per limitare i loro interventi diretti al territorio dello Stato in cui aveva sede il rispettivo ente, si rileva che in effetti l'attività delle varie società si risolveva in un isolamento dei mercati nazionali delle opere musicali, contrario alle finalità del mercato comune e tale da pregiudicare il commercio tra gli Stati membri. |
III — Interpretazione dell'espressione «impresa incaricata della gestione di servizi d'interresse economico generale»
L'esame delle due ultime questioni sarà più breve.
Il Tribunale di Bruxelles ha ravvisato la necessità di prendere in esame l'ipotesi di un abuso di posizione dominante commesso dalla SABAM alla luce delle disposizioni dell'art. 90, n. 2 del trattato e vi chiede quindi d'interpretare l'espressione «impresa incaricata della gestione di servizi d'interesse economico generale» e di stabilire se tale nozione implica che l'impresa deve fruire di alcuni privilegi che sarebbero negati ad altre.
Lo scopo della domanda è chiaro: l'art. 90, n. 2, contempla un regime eccezionale a favore delle imprese che si occupano particolarmente della gestione di servizi d'interesse economico generale; dette imprese sono soggette alle norme sulla concorrenza contemplate dal trattato solo nei limiti in cui l'applicazione di dette norme non ostacola il perseguimento delle finalità specifiche delle imprese stesse.
Quindi, se il compito della SABAM poteva identificarsi in una missione particolare e quindi l'ente godeva di un regime speciale in virtù dell'art. 90, n. 2, del trattato, era logico che il suo comportamento fosse sottratto dalla disciplina instaurata dall'art. 86 almeno nei limiti in cui tale esenzione era giustificata dalle esigenze delle sua missione?
Il problema è stato sollevato indirettamente, ma chiaramente, ispirandosi alla decisione adottata dalla Commissione nel caso GEMA. Nel corso del procedimento la società tedesca aveva sostenuto di essere incaricata della gestione di un servizio economico di interesse generale in forza delle disposizioni della legge federale 9 settembre 1965 sulla gestione dei diritti d'autore.
La Commissione ha disatteso l'argomento osservando che tale missione non è stata affidata né in virtù delle disposizioni di detta legge, né dell'autorizzazione conferita alla GEMA in forza del n. 1 della stessa legge. La legge stabilisce semplicemente che la GEMA deve assolvere alcuni obblighi di garanzia finanziaria, come d'altronde avviene per le banche e le compagnie di assicurazioni.
Gli obblighi supplementari contemplati dal n. 6 della legge (obbligo di gestire i diritti), dal n. 11 (obbligo di stipulare contratti) e dal n. 12 (contratti collettivi) scaturiscono dalla situazione di monopolio di fatto della GEMA e corrispondono alla situazione giuridica in Germania di tutti i monopoli soggetti all'obbligo di stipulazione e al divieto di praticare discriminazioni.
Per la Commissione, nella fattispecie, il motivo della decisione era rappresentato dal fatto che la società tedesca non era stata incaricata — né in virtù della legge, né in virtù di un atto dell'autorità pubblica — di svolgere la missione di interesse generale che essa invece affermava esserle stata conferita.
Questo modo di vedere mi pare conforme ad una esatta interpretazione dell'art. 90, n. 2.
Se infatti la nozione di interesse generale economico è vastissima e supera i limiti di quella di servizio pubblico economico o di servizio pubblico a carattere industriale o commerciale, è altresì d'uopo che la gestione del servizio di cui all'art. 90, n. 2 sia stata affidata ad un'impresa in forza di un atto della pubblica autorità.
Questa concezione mi pare possa desumersi dalla vostra sentenza 14 luglio 1971 (Hein, causa 10-71, pag. 723) nella quale avete sancito che «un'impresa che … fruisce di determinati privilegi per l'adempimento del compito affidatole dalla legge ed intrattiene a tale scopo stretti rapporti con la pubblica amministrazione può costituire una delle imprese contemplate dall'art. 90, n. 2 del trattato CEE».
Nella fattispecie si trattava dell'impresa incaricata di gestire il porto fluviale di Mertert sulla Mosella, il cui traffico interessa l'attività economica generale del Granducato di Lussemburgo. Era quindi indiscutibile il criterio dell'interesse generale economico, ma il secondo presupposto per l'applicazione dell'art. 90, n. 2, era costituito dal fatto che la gestione di tale porto era stata affidata all'impresa in forza di un atto unilaterale della pubblica autorità, vale a dire un legge.
Nella presente causa non vi sono vincoli tra SABAM e Stato. La SABAM non è stata investita della propria missione dalla pubblica autorità, essa è invece una cooperativa sorta ad opera dell'iniziativa privata, disciplinata dalla legge belga ordinaria che regge questo tipo di società. Essa non gode di alcun privilegio legale e speciale.
In queste condizioni mi pare inutile stabilire se, in fatto, le attribuzioni della SABAM corrispondono all'interesse economico generale.
L'ultima questione, con cui il Tribunale di Bruxelles vi chiede se le disposizioni dell'art. 90, n. 2 del trattato possano conferire ai singoli diritti soggettivi, si svuota di contenuto.
Ricorderò tuttavia che, nella stessa sentenza Hein del 14 luglio 1971 avete risolto la questione nel senso che il n. 2 dell' art. 90 non enuncia una norma incondizionata. Infatti l'applicazione di questa disposizione implica la valutazione delle esigenze relative al compimento della missione specifica conferita alle imprese di cui trattasi ed inoltre alla tutela dell' interèsse della Comunità; tale valutazione rientra tra gli obiettivi di politica economica generale perseguiti dagli Stati membri sotto il controllo della Commissione. Di conseguenza, e rimanendo impregiudicato per la Commissione l'esercizio delle facoltà conferitele dal n. 3 dell' art. 90, il n. 2 dello stesso articolo non può, sic stantibus rebus, conferire diritti soggettivi.
La riserva che avete formulato richiamandovi al n. 3 di detto articolo e che giustifica l'uso dell'espressione «nell'attuale fase» implica soltanto che avete inteso riservarvi un'eventuale modifica dell'interpretazione qualora la Commissione illustrasse il contenuto dell'art. 90, n. 2 nelle decisioni d'esecuzione che essa può adottare in virtù del n. 3. A quanto mi risulta ciò non si è finora verificato. La soluzione da voi adottata nel 1971 è tuttora valida.
Propongo quindi che affermiate per diritto:
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Possono essere considerate pratiche abusive vietate dall'art. 86 del trattato, nel caso di un'impresa che in una parte sostanziale del mercato comune goda di una posizione dominante in materia di gestione di diritti d'autore:
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2. |
L'espressione «impresa incaricata della gestione di servizi d'interesse economico generale» di cui all'art. 90, n. 2 del trattato, riguarda soltanto le imprese cui tale missione è stata legittimamente conferita mediante provvedimento delle autorità nazionali. |
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Salvo restando l'esercizio da parte della Commissione delle facoltà di cui al n. 3 dell'art. 90 del trattato CEE, nelle attuali condizioni il n. 2 non può conferire ai singoli diritti soggettivi. |
( 1 ) Traduzione dal francese.