CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE JEAN-PIERRE WARNER

DEL 7 GIUGNO 1973 ( 1 )

Signor Presidente,

Signori Giudici,

Come sapete, uno degli aspetti della politica agricola comune è il sostegno fornito al mercato all'ingrosso di determinati prodotti, mediante la pratica della «denaturazione».

La presente causa, rinviata dallo Hessischer Verwaltungsgerichtshof per una pronuncia in via pregiudiziale, concerne l'interpretazione di alcuni regolamenti comunitari relativi alla denaturazione del frumento.

In sostanza, la denaturazione del frumento consiste nel sottoporlo ad un trattamento tale da renderlo adatto soltanto per l'alimentazione animale, in modo da sottrarlo al mercato del frumento da panificazione e mantenere alto il livello dei prezzi nell'ambito dello stesso mercato.

Questo sistema è considerato preferibile a quello una volta adottato in certi paesi, e consistente nel buttare in mare grandi quantità di frumento.

I regolamenti comunitari che c'interessano prendono in considerazione tre procedimenti di denaturazione del frumento da panificazione:

1.

mediante mescolanza con chicchi colorati;

2.

mediante mescolanza con olio di pesce o con olio di fegato di persce;

3.

mediante incorporazione in certi tipi di mangimi miscelati.

In ciascun caso i regolamenti prescrivono con una certa precisione le norme tecniche da osservare nel procedimento di denaturazione, ad esempio il tipo e le quantità di colorante o di olio da usarsi per la miscela, e (con riferimento ad un capitolo della tariffa doganale comune) le charatteristiche richieste per i mangimi risultanti dall'incorporazione del predetto grano.

L'osservanza di queste norme e ovviamente necessaria, da una parte per garantire che il cereale denaturato sia in effetti utilizzabile solo per l'alimentazione animale, dall'altra per garantire ch'esso non possa più essere messo, sul mercato per il consumo umano, sia nel suo stato originale sia come prodotto lavorato. Com'è naturale, i regolamenti specificano pure un livello minimo di qualità, che deve essere raggiunto da ogni partita di frumento destinata alla denaturazione, in quanto il procedimento di denaturazione comporta una spesa per i fondi comunitari e non si può pretendere che tali fondi debbano sopportare le spese di denaturazione di un frumento che, per la sua qualità scadente, sarebbe stato in ogni caso utilizzabile soltanto come foraggio. Inoltre i regolamenti richiedono, com'è ovvio, che il frumento da denaturare sia stato prodotto nell'ambito della Comunità.

Questo frumento può essere posseduto da un ente d'intervento oppure appartenere ad un privato, persona fisica o giuridica.

Se appartiene ad un privato, costui ha diritto, ricorrendo determinate condizioni, al pagamento di un premio, il cui ammontare è fissato periodicamente dai regolamenti comunitari. In questo premio si tiene conto di due fattori, l'uno inteso a colmare la differenza tra il prezzo ottenibile prima della denaturazione ed il prezzo del foraggio, l'altro inteso a coprire i costi del procedimento di denaturazione. Tra le condizioni, cui occorre soddisfare, per ottenere il pagamento del premio di denaturazione, ci sono quelle enunciate nell'art. 7 del regolamento n. 172/67 del Consiglio (CEE) che recita:

«Per dare diritto al premio le operazioni di denaturazione devono essere realizzate previo accordo e sotto controllo dell' ente d'intervento».

Questa è la principale disposizione che la Corte è chiamata ad interpretare nel presente caso. La condizione del controllo da parte dell'ente d'intervento viene ripetuta (ma non meglio definita) nell'art. 4 n. 3 del regolamento n. 1403/69 della, Commissione (CEE).

Così, in questo campo, i regolamenti comunitari hanno lasciato completamente nel vago i concetti di «accordo» con l'ente d'intervento e di «controllo» da parte del medesimo. Essi hanno lasciato, in altre parole, a ciascuno degli Stati membri il compito di definire in quale modo l'art. 17 possa ricevere attuazione nel proprio territorio.

In sostanza, nel presente caso si richiede alla Corte di statuire sulla portata del potere discrezionale così attribuito agli Stati membri.

La legislazione tedesca in materia è riassunta nella prima parte della motivazione dell'ordinanza con cui lo Hessischer Verwaltungsgerichtshof ha deferito la questione a questa Corte.

In breve, tale legislazione prevede che la denaturazione, per cui si può richiedere un premio, può essere effettuata soltanto in uno stabilimento di denaturazione autorizzato e in un periodo che sia stato notificato alla Einfuhr- und Vorratsstelle für Getreide und Futtermittel (l'ente d'intervento tedesco, qui convenuto) e nel quale quest'ultimo possa inviare nello stabilimento propri ispettori.

Il diritto al premio non dipende tuttavia dal fatto che un ispettore abbia controllato il procedimento di denaturazione.

I formulari preparati dalla convenuta prevedono tre differenti tipi di controllo, e precisamente:

1.

completo controllo in loco;

2.

controllo in loco a mezzo di prelevamento di campioni;

3.

ispezione dei libri.

In casi nei quali con c'è stato alcun effettivo controllo oppure il controllo è stato incompleto, il premio di denaturazione viene concesso unicamente in base ad un «certificato di denaturazione» compilato dallo stabilimento di denaturazione.

Per ottenere l'autorizzazione, uno stabilimento di denaturazione deve possedere gli impianti necessari e personale qualificato. In più, chi richiede l'autorizzazione e, nel caso in cui costui non sia il responsabile dello stabilimento, la persona responsabile dello stabilimento, deve essere ritenuto sufficientemente «degno di fiducia» per eseguire la denaturazione in ottemperanza alla legge. Nel presente caso la richiesta della ditta attrice, volta ad ottenere la licenza di stabilimento di denaturazione, veniva respinta dalla convenuta con la motivazione che il socio accomandatario della suddetta ditta non poteva essere ritenuto «degno di fiducia», avendo già subito numerose condanne per frode nel commercio di cereali e farina.

Il 12 agosto 1970 l'attrice si costituiva in giudizio dinanzi al Verwaltungsgericht di Francoforte sul Meno per ottenere la revoca del provvedimento della convenuta. La domanda veniva respinta da quel tribunale in base a motivi procedurali di diritto tedesco, non riguardanti il merito della controversia.

L'attrice ha ora interposto appello dinanzi allo Hessischer Verwaltungsgerichtshof, il quale ha sottoposto a questa Corte la questione del se l'art. 7 del regolamento n. 172/67 del Consiglio (CEE) e l'art. 4 n. 3 del regolamento n. 1403/69 della Commissione (CEE)

«Vadano interpretati nel senso che la denaturazione dev'essere effettuata dal principio alla fine — e cioè dalla determinazione della quantità e della qualità del cereale da denaturare fino alla conclusione delle operazioni di colorazione o di aggiunta di olio di pesce, ecc. — sotto il personale controllo di un mandatario dell'ente d'intervento;

ovvero questo possa realizzare il fine del controllo anche riservandosi semplicemente la facoltà di procedere in qualsiasi momento ad un'indagine sullo svolgimento delle operazioni di denaturazione, purché la persona preposta alla denaturazione sia “degna di fiducia”».

L'argomentazione dello Hessischer Verwaltungsgerichtshof relativa a questi problemi è esposta nel seguente passaggio, reperibile nella Parte II della motivazione dell'ordinanza:

«L'esigenza della … “fidatezza” è essenziale ai fini dell'attuazione delle norme comunitarie relative al premio di denaturazione, qualora il controllo della denaturazione venga effettuato dal convenuto così elasticamente com'è ammesso dal decreto stesso e come avviene in realtà.

La condizione del “dare affidamento” sarebbe invece superflua e ingiustificata, se la prassi seguita dal convenuto fosse incompatibile con le disposizioni del Consiglio e della Commissione CEE richiamate nella questione sottoposta alla Corte, ed ogni operazione di denaturazione dovesse quindi essere controllata dall'inizio alla fine. In tal caso, infatti, sarebbero automaticamente escluse le frodi nella determinazione della quantità e qualità dei cereali da denaturare e nello stesso procedimento di denaturazione, né i dati analitici dei certificati avrebbero più alcuna importanza.

Per risolvere la presente controversia è quindi necessario interpretare la nozione di “controllo” nei regolamenti del Consiglio e della Commissione CEE …».

Signori, con tutto il rispetto dovuto allo Hessischer Verwaltungsgerichtshof io dubito che questa argomentazione sia valida.

In primo luogo non è affatto sicuro che la presenza di un ispettore durante tutto il procedimento di denaturazione sia atta ad escludere completamente la possibilità di manipolazioni.

Tanto il governo tedesco, nelle sue memorie scritte, quanto la Commissione, nelle sue osservazioni presentate oralmente, hanno posto l'accento sul fatto che non è così — che un esperto deciso a frodare può bene ingannare un ispettore. Aggiungo che, in quegli Stati membri dove la presenza di un ispettore è prescritta durante l'intero procedimento di denaturazione, cioè nel Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Italia e Regno Unito, in tutti i casi in cui la denaturazione avviene per mescolanza, vengono imposti ulteriori controlli, mediante prelevamento di campioni o ispezione dei libri e dei documenti o mediante entrambi i metodi.

Ciò lascia presumere che pure le autorità di quegli Stati non ritengono la presenza di un ispettore come un'assoluta garanzia.

In secondo luogo, il requisito del «dare affidamento» che si trova nella legislazione tedesca, non rientra in alcun modo nello svolgimento del «controllo». Semmai esso è un aspetto dell'altra disposizione dell'art. 7, cioè che la denaturazione deve essere eseguita d'intesa con l'ente d'intervento.

Come ha rilevato la Commissione, si deve distinguere in questo contesto fra il «denaturatore» che è anche proprietario del grano da sottoporre al trattamento e il «denaturatore» che è il proprietario dello stabilimento di denaturazione. (Signori, uso il termine «stabilimento» ad indicare ciò che nella legislazione dei vari Stati membri viene indicato con termini diversi aventi più o meno lo stesso significato, ad esempio «installation» in Belgio, «centre (de dénaturation)» in Francia, «premises» in Irlanda, «installation» nel Regno Unito).

Il proprietario di imo stabilimento di denaturazione può denaturare grano di sua proprietà, nel qual caso egli è «denaturatore» in entrambi i sensi e, una volta soddisfatte tutte le condizioni previste, riceverà il premio di denaturazione; oppure può denaturare, per contratto, grano di proprietà di un altro, che allora è «denaturatore» solo nel primo senso.

In questo secondo caso è il proprietario del frumento a ricevere, una volta soddisfatte tutte le condizioni, il premio di denaturazione; il proprietario dello stabilimento di denaturazione riceve solo, dal proprietario del grano, un compenso contrattuale presumibilmente pari al costo del procedimento di denaturazione più un certo margine di profitto.

La maggior parte degli Stati membri (cioè Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Italia, Olanda e Regno Unito) richiedono, al pari della Repubblica Federale, che la denaturazione, se intrapresa allo scopo di riscuotere il premio, venga eseguita in uno stabilimento «riconosciuto» o «approvato» o «autorizzato».

Le autorità di tutti questi Stati richiedono, prima di concedere il «riconoscimento» o l'«approvazione» o l'«autorizzazione», la dimostrazione che lo stabilimento possiede gli impianti necessari e personale qualificato.

Tali condizioni sono in pieno accordo con la legislazione comunitaria. Dal mio punto di vista, il «riconoscimento» o l'«approvazione» o l'«autorizzazione» di uno stabilimento rientra nel concetto di ottenere il consenso dell'ente d'intervento per le operazioni di denaturazione da eseguire in detto stabilimento.

Ciò è utile a garantire, in quanto possibile, che i premi siano pagati solo per operazioni di denaturazione condotte secondo le norme tecniche enunciate nei regolamenti comunitari. In Germania, e soltanto là, si trova questa ulteriore condizione dell'«affidamento» che deve dare la persona responsabile dello stabilimento. È importante, credo, capire la natura di questa condizione. Da parte mia, non avrei difficoltà ad accettare la validità di una disposizione che desse agli enti d'intervento di ciascuno Stato membro il pottere di respingere la richiesta di autorizzazione di uno stabilimento di denaturazione, quando risulti che il responsabile dello stabilimento è già stato condannato per frode.

Le occasioni di commettere frodi in questo campo sono così numerose e l'esigenza di proteggere dalle frodi i fondi comunitari così manifesta che una simile disposizione sarebbe, a mio parere, giustificata.

Ci si imbatte ad ogni passo in disposizioni di questo genere in altri settori, dove è necessaria una licenza per esercitare una certa attività. Tanto più, ritengo, una simile disposizione si adatterebbe al concetto di consenso dell'ente d'intervento di cui all'art. 7.

Ma il punto determinante ai nostri fini è rappresentato dal fatto che sarebbe necessario un criterio oggettivo, quello delle precedenti condanne. La legislazione tedesca rilevante per questa causa consente, invece, all'ente d'intervento un giudizio soggettivo.

Ciò è ben chiaro nella causa 39-70 Fleischkontor contro Hauptzollamt Hamburg (Racc. 1971, pag. 49), dove la legge tedesca imponeva la stessa condizione per la richiesta di speciali licenze d'importazione di carne, da sottoporre a determinate lavorazioni; licenze che comportavano, a norma dei regolamenti comunitari, l'esenzione da dazi doganali. Sebbene i tribunali tedeschi avessero assolto la ditta attrice da tutte le imputazioni, la normativa tedesca qui in discussione permetteva ancora alle autorità doganali tedesche di rifiutare la licenza a quella ditta, sulla base di un apprezzamento soggettivo di sfiducia.

Questa Corte affermò, ovviamente, che una tale facoltà era incompatibile con la legislazione comunitaria.

Signori, la Commissione nelle sue memorie scritte e l'avvocato dell'attrice nelle sue conclusioni orali hanno fatto presente che una tale condizione è richiesta non solo nella Repubblica federale, ma altresì in Francia, dove è stabilito che la denaturazione può essere effettuata dai «collecteurs de céréales» e dove una persona, per ottenere la licenza di «collecteur de céréales», deve soddisfare a certi requisiti di moralità e di solvibilità. Questa affermazione, in realtà, è infondata. In primo luogo, la legge francese non limita il diritto di denaturare ai «collecteurs» muniti di licenza; essa semplicemente li include fra coloro che possono denaturare (cfr. i punti 1 e 7 della Circolare S.T.E. 4 13 agosto 1971 n. 23.237 dell'Office National Interprofessionel des Céréales).

Inoltre, le condizioni di moralità e di solvibilità, cui devono soddisfare i «collecteurs» muniti di licenza, sono di natura assolutamente oggettiva. Esse sono enunciate nel secondo paragrafo dell'art. 6 del decreto legge del 23 novembre 1937, che recita:

«In ogni caso il Comitato dipartimentale dovrà cancellare dal registro delle dichiarazioni i commercianti che saranno stati condannati a pene detentive e infamanti o a pene da infliggersi da un tribunale per furto, truffa, appropriazione indebita o per altri fatti di disonestà, o ancora, che saranno stati condannati per violazione delle leggi sul grano, o che sono in stato di fallimento o di liquidazione giudiziaria».

Nulla potrebbe essere più oggettivo di questo.

La questione decisiva è perciò — e su questo sono d'accordo tutti quanti — se il potere discrezionale concesso a ciascuno Stato membro dall'art. 7 autorizzi tale Stato a consentire al porprio ente d'intervento di rifiutare l'autorizzazione ad uno stabilimento il cui responsabile sia, a giudizio soggettivo dell'ente, persona non meritevole di fiducia.

L'attrice, richiamandosi al caso del Fleischkontor, non accetta questa interpretazione.

Il governo tedesco e la Commissione sostengono che questo caso è differente, in quanto i regolamenti comunitari allora in esame prescrivevano dettagliatamente le misure preventive da adottare contro le frodi, cosicché sarebbe stato incompatibile con il principio dell'uniformità di applicazione del diritto comunitario permettere ad uno Stato membro di imporre ulteriori o diverse misure di prevenzione.

Qui, al contrario, i regolamenti lasciano ciascuno Stato completamente libero di adottare le misure che ritenga più appropriate alla stregua delle circostanze. La Commissione sottolinea che una persona, la quale si sia vista rifiutare il riconoscimento del suo stabilimento come stabilimento di denaturazione, può pur sempre ottenere il premio di denaturazione, in quanto può sempre far denaturare, dietro compenso, il proprio frumento in uno stabilimento altrui; mentre invece nel caso del Fleischkontor il rifiuto della licenza significava senz'altro che l'importatore veniva privato di ogni possibilità di fruire delle agevolazioni previste dalle norme comunitarie.

Signori, questi sono argomenti di pregio e, se il requisito dell'«affidamento» richiesto dalla legge tedesca fosse stato di natura oggettiva, avrei dato loro la prevalenza. Ma qui si tratta di un apprezzamento soggettivo, per quanto nel caso particolare il criterio di giudizio applicato sia stato oggettivo (precedenti condanne).

Il problema è dunque questo: l'adozione di un tale requisito in applicazione delle norme comunitarie è compatibile con le suddette norme? Risponderei: «No», perché mi sembra che, eccetto forse nei casi in cui non c'è altra possibilità di proteggere la società da gravi pericoli, il far dipendere i diritti di un cittadino dal giudizio che si fa di lui un'autorità amministrativa (in quanto distinta da un'autorità giudiziaria) sia incompatibile proprio col principio dello stato di diritto che, in una formulazione o nell'altra, tutti i nostri paesi ammettono, anzi proclamano, e sul cui fondamento sono state create le Comunità stesse.

A prendere questo orientamento sono incoraggiato da quanto disse l'avocato generale Dutheillet de Lamothe nel caso del Fleischkontor (cfr. pp. 66 e 67 della relazione) e, non per ultimo, dal passaggio (p. 66) in cui egli ricorda che in effetti il principio di permettere ad un'autorità amministrativa di effettuare una valutazione soggettiva dell'«affidamento» di un commerciante non è tradizionale del diritto tedesco, ma fu introdotto verso la fine degli anni trenta, allorché la Germania si trovava sotto il tallone di un autocrate.

Quantunque la sentenza della Corte nel caso del Fleischkontor sembri essersi ispirata a considerazioni meno ampie, ritengo che anch'essa riconosca che la valutazione soggettiva dell'«affidamento», ai fini della concessione o del rifiuto di una licenza per l'esercizio di una data attività, è generalmente imcompatibile con le norme comunitarie. L'attrice ha sostenuto, nelle fasi scritta e orale, che l'unico requisito di «affidamento» da imporsi dovrebbe essere quello prescritto dalla legge industriale generale dello Stato membro in cui lo stabilimento è situato. Signori, io sono dell'opinione che questa tesi vada respinta, non foss'altro perché, in alcuni degli Stati membri, essa sarebbe priva di senso. Giunti a questo punto, la questione di quale sia il preciso significato del termine «controllo» nei regolamenti comunitari considerati è probabilmente ormai irrilevante per la decisione di questa controversia. Ma questo problema è stato posto ed io ritengo di doverlo trattare.

A mio parere, l uso del termine «controllo» non significa che un mandatario dell' ente d'intervento debba sempre essere presente durante il processo di denaturazione. Quattro sono le principali considerazioni che mi guidano a tale conclusione:

1.

Come ho già detto, si può desumere tanto dalle osservazioni della Commissione e del governo tedesco, quanto dallo studio delle misure adottate in altri Stati membri, che la presenza di un ispettore non costituisce un'assoluta garanzia contro eventuali frodi.

2.

Un tale esame rivela pure che persino tra gli Stati membri che richiedono la costante presenza di un ispettore quando la denaturazione avviene per mescolanza, alcuni hanno evitato di richiedere tale presenza quando la denaturazione avviene per incorporazione.

Ad esempio in Francia, il punto 20 della circolare da me già citata prevede che, nel caso di denaturazione mediante incorporazione, il metodo di controllo deve essere stabilito separatamente per ciascuno stabilimento. Nel Regno Unito la circolare che regola la materia (MS/CER/6) non impone alle persone autorizzate a denaturare mediante impianti fissi (in quanto distinti da quelli mobili) di incorporazione null'altro se non di tenere determinati registri, di permettere il controllo di tali registri, di permettere, in ogni momento, l'ispezione di qualsiasi parte dei loro impianti, senza previa notifica, e di permettere, parimenti, il prelevamento di campioni. La conclusione è che questi Stati hanno ritenuto impossibile prescrivere la presenza di un ispettore, tutte le volte che la denaturazione avviene per incorporazione.

3.

La Commissione, sia nella fase scritta sia in quella orale, ha posto l'accento sulla varietà di situazioni esistenti nei diversi Stati membri e sulla necessità di non imporre loro prescrizioni che sarebbero o di impossibile attuazione o eccessivamente costose.

4.

Se gli autori dei regolamenti comunitari avessero inteso richiedere la presenza di un ispettore per tutta la durata di ogni singolo procedimento di denaturazione, non avrebbero avuto alcuna difficoltà a dirlo. Il fatto che abbiano omesso di dirlo e che abbiano lasciato nel vago la nozione di «controllo» conduce alla conclusione ch'essi non intendevano imporre una simile prescrizione, bensì lasciare ad ognuno degli Stati membri la facoltà di adottare in ciascun caso i più efficaci mezzi di controllo ragionevolmente suggeriti dalle circostanze.

D'altra parte, non ritengo che la semplice ispezione dei libri accompagnata o no dalla richiesta dell'«affidamento», sia sufficiente. Non si tratta affatto di un controllo completo, ma semplicemente di una verifica contabile.

Sono pertanto dell'opinione che la questione deferita alla Corte dallo Hessischer Verwaltungsgerichtshof vada risolta come segue:

1.

L'art. 7 del regolamento n. 172/67 del Consiglio (CEE) e l'art. 3 del regolamento n. 1403/69 della Commissione (CEE) vanno interpretati non nel senso che la denaturazione deve in ogni caso essere interamente eseguita sotto la personale sorveglianza di un incaricato dell'ente d'intervento, bensì nel senso che deve essere controllata dall'ente d'intervento con i mezzi più efficaci ragionevolmente suggeriti dalle circostanze.

2.

Una disposizione che autorizzi l'ente d'intervento a concedere o meno l'assenso perché la denaturazione venga eseguita in un certo stabilimento sulla base di una valutazione soggettiva circa «l'affidamento» del responsabile dello stabilimento è incompatibile coi regolamenti comunitari.


( 1 ) Traduzione dall'inglese.