CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE KARL ROEMER
DEL 31 OTTOBRE 1972 ( 1 )
Signor Presidente,
Signori Giudici,
Con sentenza 2 maggio 1972, il College van Beroep voor het Bedrijfsleven ha deferito in via pregiudiziale due questioni sorte nella controversia di merito tra la Granaria e la Produktschap voor Veevoeder (ente olandese che amministra il settore cerealicolo secondo il sistema comunitario dell'ordinamento di mercato).
La prima questione è la seguente:
Se l'art. 14 del regolamento n. 120/67/CEE e la voce 23.02 che figura nell'allegato A detto regolamento e che ripete la definizione della tariffa doganale comune «crusche, stacciature ed altri residui della vagliatura, della molitura o di altre lavorazioni dei cereali», si debbano intendere nel senso che in questa voce rientra un prodotto il quale, in base al procedimento di preparazione, alla sua composizione ed alle sue caratteristiche corrisponde all'hominy chop specified.
Se la risposta sarà affermativa, il giudice proponente desidera sapere se una norma del trattato CEE oppure un regolamento che da questo deriva, specie, quelli citati nella sentenza di rinvio, autorizzi le autorità nazionali di uno Stato membro ad applicare una norma come l'art. 12, 1o comma del decreto olandese del 1963 sull'importazione e sull'esportazione dei prodotti agricoli in rapporto all' art. 2, lettera g), del regolamento emanato dalla Produktschap nel 1963 in materia di importazioni e di esportazioni oppure ad applicare una norma come l'articolo 15, 1o comma, lettera d), del regolamento del 1968 con cui è stato istituito il sistema di prelievi e di restituzioni sui prodotti agricoli, allo scopo di esentare dall'obbligo dei prelievi all'importazione un prodotto classificabile sotto la voce 23.02, come previsto dall'art. 14 del regolamento n. 120/67/CEE.
Per meglio comprendere la questione, premetterò che l'attrice, tra il 18 luglio 1968 e il 13 luglio 1970, ha regolarmente importato dal Sud Africa l'hominy chop specified, prodotto derivante dal granoturco. In base alle dichiarazioni dell'attrice ed ai campioni prelevati, si decise di classificare il prodotto sotto la voce 23.02 che, com'è noto, comprende «crusche, stacciature ed altri residui della vagliatura, della molitura o di altre lavorazioni dei cereali e dei legumi». Poiché questa voce è ripresa nell'allegato A del regolamento n. 120 sull'organizzazione comune del mercato dei cereali, vennero applicati i prelievi contemplati dallo stesso regolamento e dai relativi regolamenti d'esecuzione. Nello stesso periodo, come ha constatato l'attrice alla fine del 1969, l'hominy chop specified e prodotti similari importati in Belgio e in Germania venivano classificati sotto la voce 23.04 B, che è una sottospecie della voce nella quale rientrano «panelli, sansa di olive ed altri residui dell'estrazione degli oli vegetali, escluse le morchie». Poiché questa voce non è soggetta a prelievi, le importazioni non venivano gravate da alcun onere. Lo stesso criterio era anche stato seguito in Olanda per prodotti analoghi importati dagli Stati Uniti.
Comunque stiano le cose, le autorità olandesi, dal 17 luglio 1970 hanno deciso di classificare l'hominy chop specified sotto la voce 23.04 B, che comprende prodotti che possono venir importati in esenzione da prelievo.
La Granaria scriveva allora alla Produktschap voor Veevoeder il 10 settembre 1970 chiedendo il rimborso dei prelievi pagati per le precedenti operazioni, però il rimborso veniva negato per le importazioni anteriori al 10 agosto 1970, in quanto non si riteneva che l'applicazione del prelievo in questo caso fosse irregolare e la decisione di classificare diversamente il prodotto non costituiva un provvedimento con efficacia retroativva. La Granaria riteneva ingiustificato il rifiuto, quindi adiva il College van Beroep voor het Bedrijfsleven.
Il giudice proponente ritiene che le due questioni deferite abbiano importanza capitale ai fini della decisione, poiché la definizione del prodotto fornita dalle parti (che non è stata contestata), non lascia intendere con chiarezza se la classificazione sotto la voce 23.02 sia effettivamente quella giusta. Il giudice proponente inoltre ritiene che, pur considerando esatta la classificazione sotto la voce 23.02, il rimborso dei prelievi può venire effettuato solo applicando le norme olandesi sull'esenzione dai prelievi, come esposto nella seconda questione. Sotto questo aspetto, però, il giudice proponente desidera ancora sapere se l'applicazione delle norme interne o nella fattispecie sia compatibile con il diritto comunitario.
Ed ecco il mio giudizio.
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1. |
La voce doganale 23.02 riportata nell'allegato A del regolamento n. 120 (GU 1967, pag. 2269) va interpretata nel senso che comprende anche prodotti i quali, in virtù della loro preparazione, della loro composizione e delle loro caratteristiche corrispondono all'hominy chop specified? A questo proposito il giudice a quo ha tentato di dare una definizione più precisa delle caratteristiche del prodotto con l'ausilio delle dichiarazioni processuali delle parti, che non sono state contestate. Secondo il giudice si tratterebbe, per la Produktschap, di «farina di granoturco proveniente dal Sud Africa, inadatta all' estrazione dell'olio, mescolata o meno a crusca (coarse bran) con una percentuale di amido non superiore al 50 % allo stato anidro». L'attrice ha denunciato una composizione comprendente almeno il 19 % di albumine e grassi, un massimo di 8 % di fibre grezze e un massimo di 35 % di amido. Il procedimento di preparazione è stato così descritto: Il granoturco viene trattato con una degermatrice che opera il pre-riscaldamento a vapore dei chicchi. Il procedimento implica inevitabilmente la perdita di crusca e di una parte dell'endosperma tenero del chicco. Da questo procedimento si ottengono:
inoltre:
La farina di germi di granoturco serve per l'estrazione dell'olio e se ne ricava farina di germi di granoturco priva di oli e sgrassata. La farina giudicata inadatta all'estrazione dell'olio, mescolata a crusca o meno viene pressata in panelli e costituisce l'hominy chop specified. Alla luce di questi chiarimenti, è evidente che non spetta alla Corte determinare in quale voce vada classificato il prodotto, giacché una simile statuizione costituirebbe un'applicazione del diritto. Nel nostro caso, invece, si tratta soltanto d'interpretare le voci doganali e di stabilire criteri di suddivisione in base ai quali il giudice di merito possa pronunciarsi sulla classificazione. Questo è il significato della domanda pregiudiziale. È quindi evidente che, pur se formulata con evidenti richiami alla fattispecie, la domanda non è irricevibile. Come in altre cause (12-71, 14-71), si deve invece partire dal presupposto che la descrizione dei fatti non è superflua e serve a determinare esattamente il punto di partenza della nostra interpretazione. Ciò premesso, posso passare all'esame concreto delle questioni deferite. Com'è noto, l'attrice sottolinea anzitutto che la voce 23.02 comprende evidentemente solo residuati di determinate lavorazioni, come vagliatura, molitura e procedimenti analoghi, si limita cioè a prodotti della macinazione a secco. Però l'hominy chop specified si ottiene con un procedimento idrato, quindi è impossibile includerlo nei prodotti di cui alla voce23.02. La voce 23.04 è invece più indicata, poiché il prodotto litigioso si ricava con lo stesso procedimento con cui si estrae l'olio e poiché costituisce un parametro fondamentale l'intera struttura del procedimento produttivo. Da un esame più attento, si nota che il significato che attribuisce l'attrice alla voce 23.04 suscita vari dubbi. Un primo elemento sfavorevole è il tenore della voce doganale, che è il primo punto di riferimento per la vostra risposta. L'espressione «residui dell'estrazione degli oli vegetali», se interpretata correttamente, comprende solo i residuati che rimangono una volta estratto l'olio dalla materia prima, quindi è difficilmente conciliabile con l'intenzione di includervi tutti i prodotti collaterali ottenuti contemporaneamente all'olio. Possiamo poi richiamarci alle note esplicative della nomenclatura di Bruxelles che usa l'espressione «résidus solides de l'extraction par pressage, par solvant ou par centrifugation de l'huile contenu dans les graines», la quale conferma la mia versione, classificando i panelli come prodotti tipici della voce 23.04. È poi significativo quanto stabilisce la giurisprudenza (sentenza 36-71 — Racc. 1972, pag. 198) sulla nozione di residuati ai sensi delle voci 23.03 e 23.04: sono residuati sotto questo aspetto solo i prodotti dai quali sono state estratte le percentuali massime di amido o di olio ricavabili con i mezzi della tecnica moderna. Mi pare che l'interpretazione dell' attrice sia difficilmente conciliabile con il modo di vedere della Corte. Vi è infine il principio generale che i procedimenti di fabbricazione non hanno di regola alcuna rilevanza per la classificazione, anzi l'elemento determinante è rappresentato dalle caratteristiche del prodotto e dalla sua composizione. Se ne conclude che le voci doganali, che eccezionalmente si fondano sui procedimenti produttivi, assunti perciò come parametro, vanno interpretate con un certo rigore. Per interpretare la voce 23.04, si dovrà perciò solo tener conto dell'estrazione dell'olio o, in altre parole, il prodotto deve essere caratterizzato dal pro cedimento produttivo. Un'interpretazione estensiva, come propone l'attrice, implicherebbe notevoli difficoltà per l'amministrazione delle dogane e complicherebbe la classificazione del prodotto. Rientrano quindi nella voce 23.04 solo i prodotti che costituiscono effettivi residuati della produzione dell'olio. Nello stesso tempo si può affermare che non rientra in questa categoria l'hominy chop specified, giacché la stessa attrice ammette che è un prodotto composto di farina di germi di granoturco e giudicato inutilizzabile per la produzione dell'olio. D'altro canto si deve notare che il tenore della voce 23.02 (crusche, stacciature ed altri residuati della vagliatura, della molitura o di altre lavorazioni dei cereali) nella quale compare l'espressione comulativa «altre lavorazioni di cereali» mal si concilia con l'affermazione che la voce comprende solo prodotti derivati da un procedimento molitorio anidro. L'espressione si estende invede ad ogni genere di procedimento usato nella lavorazione dei cereali. È vero d'altro canto che nelle note esplicative della nomenclatura di Bruxelles, nelle considerazioni generali relative ai capitolo 11 per i «résidus de monture» si faccia richiamo alla voce 23.02 e questo elemento potrebbe rappresentare un punto forse a favore dell'attrice. Tuttavia si deve rilevare che l'art. 3 del regolamento del Consiglio n. 302/69 del 18 febbraio 1969 (GU 1969, n. L 43) recita: «I germi di cereali, anche sfarinati, rientrano comunque nella voce 11.02». Questi prodotti rientrano quindi nel capitolo dei prodotti macinati, indipendentemente dal sistema (idrato o anidro) impiegato per la degermazione. Non dimentichiamo inoltre quanto stabilisce il regolamento n. 1052/68 del 23 luglio 1968 (GU n. L 179), circa la suddivisione tra le voci 11.01 e 11.02 (che non hanno importanza per il procedimento di merito) e la voce 23.03. Una nota a pie di pagina relativa alla voce 11.01 (farine di cereali) recita: «L'ammissione a questa voce è subordinata alla condizione che il prodotto in questione abbia un tenore in amido superiore al 45 % e un tenore in ceneri inferiore o pari al 2 % per i prodotti a base di granoturco … Se una delle condizioni di cui sopra non è rispettata, il prodotto in questione viene classificato nella sottovoce 23.02 A». Se ne può concludere che la classificazione nella voce 23.02 si opera in via di massima, cioè si può ritenere che la voce 23.02 sotto questo aspetto vada considerata una voce generica, valida per tutti i prodotti. La Commissione ritiene giustamente che un prodotto si possa classificare sotto la voce 23.02 se è paragonabile alla crusca o se in genere costituisce un residuato della lavorazione dei cereali, o del granoturco e se per di più — dal momento che non si può parlare di residuati dell' estrazione dell'olio — non è possibile includere il prodotto sotto la voce 23.04, che comprende analoghi residuati. Contrariamente a quanto sostiene l'attrice, questa è la risposta da fornire alla prima questione e — come ha proposto la Commissione — si dovrebbe forse ancora aggiungere che il principio vale anche se il prodotto in questione è stato ottenuto in una fase di lavorazione precedente all'effettiva estrazione dell'olio. |
2. Sulla seconda questione
La seconda questione e subordinata ad una risposta positiva alla prima (risposta impossibile in quanto implicherebbe un' applicazione del diritto). Mi pare di capire che il giudice proponente ha posto la seconda questione prevedendo l'ipotesi che la Corte ritenga che non è esclusa una classificazione del prodotto nella voce 23.02. Poiché in sostanza non ho escluso tale possibilità, devo portare a termine la mia analisi.
Il giudice a quo vuol sapere se vi sono norme del trattato o di un regolamento comunitario che autorizzino le autorità nazionali ad applicare disposizioni che concedono un'esenzione come avviene nel diritto olandese, il che paralizza la riscossione dei prelievi.
Ricordiamo anzitutto che il regolamento olandese sull'importazione ed esportazione dei prodotti agricoli del 1963, emanato in virtù della legge olandese sull' import e export, all'art. 12 contempla la possibilità che il ministro competente esenti coloro che ne fanno richiesta dall' osservanza delle disposizioni dell'art. 7 (quindi esenti anche dal versamento del prelievo sui prodotti della voce 23.02) senza precisare come vada intesa l'esenzione, e tale facoltà è stata delegata all' ente olandese competente mediante il decreto sull'esportazione e sull'importazione del 1963. Ricorderò ancora che, dopo l'abrogazione di questo regolamento, avvenuta il 31 ottobre 1968, in virtù dell' art. 15 del regolamento olandese sui prelievi e sulle restituzioni per i prodotti agricoli del 1968, l'ente olandese dal 1o novembre 1968 ha facoltà di esentare da prelievo le operazioni di import e export se il prelievo è stato riscosso irregolarmente (nella fattispecie il presupposto non sussiste), nonché in casi speciali «per motivi di equità».
La seconda questione va risolta ispirandosi a queste disposizioni.
Il tenore della seconda questione consente di fornire facilmente la risposta. Come ha sottolineato la Commissione, il trattato o il diritto comunitario derivato non contengono norme che autorizzino le autorità nazionali a concedere esenzioni dai prelievi. Anzi i rispettivi enti devono inderogabilmente riscuotere i prelievi se sussistono i presupposti previsti dalla legge. Gli artt. 14 e 15 del regolamento n. 120 e i regolamenti della Commissione con cui si determinano i prelievi sono molto chiari. Altrettanto eloquente è l'art. 17 del regolamento n. 120, relativo alla possibilità di escludere il «traffico di perfezionamento attivo».
A rigor di termini è quindi necessaria una risposta negativa.
La domanda però può esser anche intesa in un altro senso, vale a dire se eccezioni alla disciplina dei prelievi come quella in esame siano conciliabili col diritto comunitario.
La Commissione si richiama alla copiosa giurisprudenza in merito, che ha ripetutamente ribadito il principio che la portata del diritto comunitario non può venir modificata da norme interne. Il diritto comunitario può venire applicato in virtù di norme interne che disciplinano però solo la forma e la procedura e queste norme devono rigidamente rispettare i limiti imposti dalla portata sostanziale del diritto da applicarsi. La Commissione ha diligentemente elencato tutte le sentenze finora pronunciate in materia. Sotto questo profilo si deve rilevare che, nell'ipotesi di norme derogatorie, come quelle su cui deve pronunciarsi il giudice olandese, non si tratta solo di disposizioni formali o procedurali, ma di norme che, decretando un'esenzione dal prelievo, vengono ad inferire sul contenuto sostanziale del diritto comunitario.
Si deve poi ancora tener conto di un'altra osservazione della Commissione.
Gli ordinamenti di mercato hanno lo scopo di orientare i prezzi in modo da garantire alla popolazione agricola un adeguato tenore di vita. Non è quindi logico far scendere i prezzi al di sotto del livello previsto esentando da prelievo i prodotti importati, che — immessi sul mercato — avrebbero gravi ripercussioni sul livello dei prezzi. Non basta invocare il precedente che altre importazioni sono state esentate dal prelievo, vale a dire vi sia stata discriminazione a favore di alcune operazioni, quindi vi sarebbero partite di merce che potrebbero pericolosamente influire sul livello dei prezzi.
Pur se in alcuni casi vi è stato un errore di classificazione che ha implicato l'esenzione dal prelievo, la generalizzazione della prassi potrebbe solo risolversi in un più grave pregiudizio per i prezzi sul mercato interno. Inoltre in questi casi non si può pretendere che l'iniziativa di uno Stato membro debba costituire un precedente per tutta la Comunità, anzi è necessario un intervento degli organi comunitari affinché gli uffici competenti armonizzino al più presto le loro prassi.
Senza approfondire ulteriormente il problema della sporadica esenzione dai prelievi, si può rilevare che il diritto comunitario, qualora sussistano i presupposti specificati dalla Commissione, esclude ogni possibilità di applicare il diritto olandese che sancisce le esenzioni.
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3. |
In definitiva propongo le seguenti risposte:
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( 1 ) Traduzione dal tedesco