CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE KARL ROEMER

DEL 28 APRILE 1971 ( 1 )

Signor Presidente,

Signori Giudici,

Ecco i fatti:

La Deutsche Grammophon GmbH di Amburgo è una filiale della Philips Gloeilampen-Fabrieken di Eindhoven e della Siemens AG di Berlino e di Monaco e incide dischi (per alcuni interpreti si è assicurata l'esclusiva), che vende sotto marchi diversi. In Germania il prodotto è fornito direttamente ai rivenditori e a due grossisti che riforniscono le librerie. Quasi tutti sono vincolati a praticare un prezzo imposto, politica che non conosce eccezioni per la marca Polydor. I rivenditori devono impegnarsi a rispettare queste condizioni anche per quanto riguarda i dischi della Deutsche Grammophon acquistati presso terzi; l'eventuale importazione dall'estero deve essere autorizzata dalla Deutsche Grammophon, che impone anche in questo caso l'osservanza dei prezzi imposti.

A sua volta la Deutsche Grammophon s'impegna a vendere solo a coloro che esplicitamente accettano queste condizioni, a far rispettare da qualsiasi venditore la politica dei prezzi e, in ogni caso d'inosservanza, la casa discografica s'impegna ad intervenire direttamente ed eventualmente ed esperire l'azione in giudizio. All'estero la distribuzione dei prodotti è affidata alle filiali della Deutsche Grammophon oppure della Philips: in Francia la SA Polydor di Parigi (il cui pacchetto azionario è nelle mani della Deutsche Grammophon Gesellschaft per il 99,55 %) ha sedi a Parigi e a Strasburgo. La società francese è contrattualmente vincolata dalla Deutsche Grammophon Gesellschaft e, tramite i suoi rivenditori, distribuisce con gli stessi marchi le registrazioni della Deutsche Grammophon Gesellschaft. La ditta tedesca fornisce le matrici, ma talvolta invia le riproduzioni già pronte per la vendita.

La Metro SB Großmärkte GmbH di Amburgo tra l'aprile e l'ottobre 1969 acquistava dalla filiale francese dischi Polydor, mettendoli poi in vendita ad un prezzo inferiore a quello imposto. Poiché per di più questa società non voleva impegnarsi a rispettare il prezzo imposto dalla Deutsche Grammophon Gesellschaft, le relazioni commerciali vennero interrotte alla fine dell'ottobre 1969. Nel gennaio e nel febbraio 1970, la Metro riusciva a procurarsi dischi della Deutsche Grammophon Gesellschaft da un grossista di Amburgo, che li aveva acquistati da una ditta svizzera, cliente della filiale di Strasburgo, cui erano stati forniti già pronti per la vendita dalla Deutsche Grammophon Gesellschaft tedesca. Nonostante la laboriosità del cammino, i dischi erano stati posti in vendita ad un prezzo ancora inferiore a quello imposto.

La Deutsche Grammophon Gesellschaft chiedeva al tribunale di Amburgo un provvedimento d'urgenza con cui si vietasse alla Metro di mettere in vendita dischi Polydor elencati nel catalogo ufficiale tedesco, giacché la pratica violava la legge 9 settembre 1965, entrata in vigore il 1o gennaio 1966, con cui, in virtù dell'accordo sulla tutela delle professioni artistiche, delle case discografiche e delle emittenti radiofoniche, si riconosceva a queste categorie un diritto originario, analogo a quello d'autore (una disciplina simile nell'ambito della Comunità esiste solo ancora in Italia — art. 72 della legge 22 aprile 1941). Negli altri Stati membri tale tutela è garantita dalle norme sulla concorrenza sleale oppure i diritti dell'interprete o dell'autore sono stati trasferiti al titolare dei diritti di registrazione). Il tribunale di Amburgo si è richiamato agli artt. 85 e 97 della legge tedesca che stabiliscono quanto segue:

art. 85

«Chi effettua una registrazione ha unicamente il diritto di riprodurla e di distribuirla».

art. 97

«Chiunque viola il diritto d'autore o altro diritto tutelato da detta legge è tenuto a por fine alla turbativa; si dovrà astenere da ogni ulteriore violazione e, in caso di dolo o colpa nei confronti del danneggiato, risponde del danno arrecato».

Inoltre il giudice proponente ritiene che la fornitura di dischi Polydor alla filiale di Parigi non esaurisce il diritto esclusivo di distribuzione di cui gode in Germania la Deutsche Grammophon Gesellschaft per i propri dischi. Ha quindi negato che tale diritto sia esaurito ai sensi dell'art. 17 della legge sul diritto d'autore che recita: «Se l'originale o le copie dell'opera sono stati messi in circolazione col consenso del titolare del diritto di porre in commercio l'opera nella sfera di applicazione della presente legge, è ammessa ogni ulteriore utilizzazione commerciale». Il giudice proponente ritiene che la norma sarebbe stata applicabile se l'opera fosse stata messa in commercio in Germania. Poiché però i dischi erano stati ceduti all'estero, poteva considerarsi illecita la vendita in Germania di dischi reimportati.

Con sentenza 22 maggio 1970 sono stati disattesi tutti gli argomenti invocati dalla Metro per opporsi all'emanazione del provvedimento d'urgenza. La Metro si è appellata dinanzi all'Oberlandesgericht invocando la decadenza della Deutsche Grammophon Gesellschaft dal diritto esclusivo di distribuire i dischi in questione, anzi la fornitura di dischi alla filiale francese avrebbe esaurito detto diritto. Per di più gli accordi tra la Deutsche Grammophon Gesellschaft e la filiale francese avrebbero avuto l'effetto di dividere il mercato ostacolando gli scambi, il che consente di arguire — alla luce della politica dei prezzi imposti praticata in Germania — che vi è stata violazione degli artt. 85 e 86 del trattato CEE.

L'Oberlandesgericht ha sospeso il procedimento e, con ordinanza 8 ottobre 1970, ha deferito alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

1.

Se sia in contrasto con l'art. 5, 2o comma, o con l'art. 85, n. 1, del trattato CEE l'interpretare i SS 97 e 85 della legge tedesca 9 settembre 1965 (relativa al diritto d'autore e diritti connessi; BGB1 I, pag. 1273) nel senso che un produttore tedesco di riproduzioni sonore può vietare, in base al suo diritto di mettere in commercio, la messa in circolazione nella Repubblica federale di Germania di tali riproduzioni da esso stesso precedentemente vendute ad una affiliata francese, giuridicamente autonoma, ma assolutamente dipendente sul piano economico.

2.

Se l'esercizio del diritto di mettere in commercio da parte del produttore di riproduzioni sonore possa essere considerato abusivo, qualora il prezzo di vendita imposto sia più elevato del prezzo del prodotto originale reimportato da un altro Stato membro, se al tempo stesso i principali interpreti sono vincolati al produttore mediante contratti di esclusiva (art. 86 del trattato CEE).

Hanno presentato osservazioni scritte e orali le parti nel processo di merito, il governo della Repubblica federale di Germania e la Commissione delle Comunità europee.

Valutazione giuridica

I — Sulla ricevibilità

1.

La questione pregiudiziale è stata posta nell'ambito di un procedimento d'urgenza, prassi lecita ed implicitamente approvata dalla Corte.

Trascuriamo il problema dell'obbligo dei giudici nazionali di ricorrere a deferimento nei casi urgenti.

2.

Dal tenore della seconda questione si desume che il giudice a quo vuol chiedere alla Corte di pronunciarsi sulla conciliabilità delle norme nazionali o dell'interpretazione delle norme nazionali con il diritto comunitario. I dubbi sulla ricevibilità della domanda possono essere giustificati, poiché l'art. 177 non conferisce alla Corte questa facoltà: la Corte può interpretare solo il diritto comunitario e vagliare la legittimità degli atti degli organi comunitari, ma non può pronunciarsi sull'applicazione del diritto comunitario alla fattispecie e non può esaminare la validità dei provvedimenti interni, né interpretarli.

Non per questo la domanda è nel complesso irricevibile, anzi la Corte, come ha già fatto altre volte, dovrebbe enuclearne la sostanza e pronunciarsi a norma dell'art. 177. Dovrò quindi dare un'interpretazione degli artt. 5 e 85, prendendo spunto dal divieto di vendere dischi reimportati, che una casa discografica tedesca intenderebbe imporre ai rivenditori in Germania. Questa è la sostanza della questione, tornerò sui problemi di ricevibilità imperniati sull'art. 85 del trattato sollevati dal governo della Repubblica federale e sull'art. 86 sollevati dalla Deutsche Grammophon Gesellschaft.

II — Sulle questioni deferite

1.

La questione verte sull'esaurimento di un diritto interno di carattere economico affine al diritto d'autore, di cui al § 17 della legge tedesca sul diritto d'autore. Il giudice proponente ha sottolineato che dal tenore della norma summenzionata non si può desumere se la vendita all'estero del prodotto con il consenso del titolare del diritto privi quest'ultimo dello stesso diritto sul prodotto reimportato nel territorio nazionale. Tenuto conto del principio della territorialità, che per molti in questo settore rappresenta un criterio basilare, il giudice proponente pare propenda per la negativa. La nebulosità e la vaghezza dei testi, posteriori all'entrata in vigore del trattato, ha però indotto il giudice proponente a chiedere chiarimenti circa i principi fondamentali cui s'ispira il trattato in questa materia. Mi pare che il tribunale tedesco più che di applicare correttamente il principio della territorialità, si preoccupi piuttosto d'interpretare la legge interna secondo i dettami del diritto comunitario.

In questo caso non è necessario stabilire se abbiano efficacia diretta o meno le norme del trattato cui si richiama il giudice proponente, cioè siano norme che possono essere invocate dai privati dinanzi ai propri tribunali nazionali. Si deve unicamente mettere in chiaro a quali principi s'ispira la disciplina comunitaria in materia, poiché — anche in considerazione dell'imperativo di cui all'art. 5, secondo comma — si deve presumere che il legislatore nazionale non ha inteso procedere in spregio di questi principi e quindi il contenuto della norma vada interpretato sotto questa luce.

Il libero scambio delle merci è una delle prime mete del mercato comune. Nella causa Sirena si è inoltre ribadito il principio dell'unità del mercato comune e della disciplina della concorrenza; la concorrenza né deve essere falsata, né deve sparire nel commercio internazionale. Fondamentali in merito sono gli artt. 3 a) e f), gli artt. 30 e seguenti e gli artt. 85 e seguenti del trattato, la cui funzione è quella d'impedire che atti degli Stati o dei privati ostacolino gli scambi o provochino l'isolamento del mercato. È chiaro che i diritti interni miranti alla tutela di interessi economici, se congegnati o interpretati «ad usum delphini», possono paralizzare il diritto comunitario, giacché talvolta (come dimostrano le tesi della Deutsche Grammophon Gesellschaft) consentono di isolare il mercato a tutti i livelli, cioè di bloccare nel modo più assoluto gli scambi internazionali. Si cerca di giustificare questo fenomeno con richiami agli artt. 36 e 222 del trattato CEE; il primo impone agli scambi intemazionali limitazioni nell'interesse della tutela della proprietà industriale, il secondo invece stabilisce che il trattato CEE lascia impregiudicato il regime della proprietà negli Stati membri (art. 222). Questi richiami possono aver importanza all'inizio della discussione. La giurisprudenza ha però dimostrato nel frattempo l'opportunità di non esser troppo formalisti, giacché lo stesso art. 36 dispone che i divieti ch'esso contiene «non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri».

Il primo indizio di quest orientamento si trova nella sentenza Grundig-Consten, che ha fissato alcuni principi in materia di marchi, poi si è avuta la sentenza Parke-Davis — riguardante invece i brevetti — la conferma è venuta con la sentenza Sirena in materia di marchi. Si è sancito che il diritto esiste e nella sostanza deve rimanere impregiudicato (la materia è disciplinata dal legislatore nazionale), però l'esercizio del diritto è condizionato dalle norme comunitarie.

Nella causa odierna si tratta di separare sostanza ed esercizio del diritto. Giustamente la Commissione sottolinea che nella sostanza rientra la facoltà di produrre e di vendere (al primo stadio) il prodotto tutelato che procura al titolare del diritto un legittimo vantaggio economico. È meno certo invece che il principio della territorialità, che è strettamente connesso con la tutela giuridica della proprietà industriale, rientri anche in detta sostanza. La nozione è vaga ed opaca: alcuni affermano che il principio della territorialità (secondo gli accordi di Parigi) sancisce la separazione tra gli ordinamenti giuridici nazionali: la sfera d'applicazione della tutela termina con la frontiera geografica. Per altri gli effetti della tutela giuridica sono limitati al territorio dello Stato che riconosce detta tutela, ma il legislatore può attribuire effetti giuridici a fatti verificatisi all'estero ( 2 )

Lascia perplessi il fatto che, nonostante il principio della territorialità, il titolare di un diritto di marchio, che usa nel suo paese ed all'estero gli stessi marchi, non può vietare l'importazione di un prodotto invocando la tutela del marchio usato in patria se il prodotto importato è stato contrassegnato e posto in commercio con lo stesso marchio all'estero ( 3 ).

Ricordo una sentenza austriaca in materia di diritti d'autore, ove si afferma che il diritto di una casa discografica è esaurito (e quindi non si possono più vietare le importazioni) se il titolare del diritto ha posto in commercio il prodotto oppure se il prodotto è stato esportato da un agente autorizzato oppure è stato posto in commercio all'estero dal titolare di una licenza ( 4 ).

La sentenza «Voran» del 29 febbraio 1968 è l'unica pronuncia di opposto orientamento emessa da un tribunale supremo che considera irrilevante, sia sotto il profilo del diritto di tutela della qualità, analogo al diritto di brevetto, che ai fini dell'esaurimento del diritto, il fatto che il titolare del diritto abbia esportato il prodotto. Non si deve però dimenticare che la legge sulle sementi subordina l'esportazione delle varietà brevettate all'autorizzazione esplicita del titolare del diritto di brevetto e quindi il diritto non si esaurisce con l'immissione in commercio del prodotto.

Vi sono quindi fondati motivi per concludere che il principio della territorialità, i cui contorni sono così vaghi, non rientri nella tutela sostanziale. La constatazione ha particolare valore nella fattispecie: poiché il prodotto è stato messo in circolazione all'estero da una persona giuridica vincolata al titolare del diritto. Nel nostro caso la tutela era garantita dalla prima immissione in commercio, poiché in questa base si poteva pienamente sfruttare il regime monopolistico. Sarebbe invece eccessivo concedere al titolare del diritto la possibilità d'intervenire anche sui successivi passaggi, vietando la reimportazione ed impedendo la libera circolazione del prodotto. Tenuto conto della riserva dell'art. 36, degli scopi essenziali del trattato, dei principi del mercato comune e nonostante la garanzia sostanziale della tutela della proprietà industriale, nella fattispecie si può ritenere che vi è stato esaurimento del diritto.

Vediamo ancora l'obiezione sollevata dal governo federale, che si fonda sull'art. 99, n. 3 del primo progetto preliminare di accordo sui brevetti nel mercato comune che recita: «Trascorso il periodo transitorio di cui al presente articolo (almeno 5 anni dopo l'entrata in vigore dell'accordo) indipendentemente dalle norme di diritto interno vigenti negli Stati contraenti, i diritti derivanti dal conseguimento di brevetti riconosciuti da più Stati a favore di una o più persone giuridiche o di altre persone giuridiche alle prime economicamente vincolate, non possono venir opposti agli atti riguardanti il prodotto brevettato e compiuti nel territorio di uno Stato contraente, se il titolare del brevetto o chi ne gode a giusto titolo ha regolarmente messo in commercio il prodotto in questo Stato». Le frontiere nazionali per un certo periodo possono ancora limitare anche i diritti derivanti dal brevetto, tali limitazioni cadranno solo una volta trascorso il periodo transitorio; il diritto sarà allora esaurito se il titolare del brevetto avrà messo in circolazione in uno Stato membro il prodotto brevettato. Questa norma transitoria non avrebbe senso — afferma il governo federale — se il diritto si esaurisse in virtù delle norme del trattato summenzionate.

Il ragionamento è logico in apparenza, ma non in sostanza, giacché nel citato progetto preliminare è questione di diritto dei brevetti, mentre nella fattispecie si tratta di diritti d'autore e di diritti di tutela analoghi; comunque la distinzione è irrilevante, poiché il diritto d'autore è più affine al diritto sui brevetti che non al diritto sui marchi. Stiamo però parlando di un progetto preliminare, preparato dagli esperti, ma che non rispecchia ancora l'effettiva volontà dei governi e quindi non costituisce un'autentica interpretazione del trattato. È poi significativo che si sia reputato necessario menzionare che «gli Stati firmatari, aderendo a questa convenzione, non intendono eludere le norme dei trattati, con cui si sono costituite le Comunità europee». Una corretta interpretazione del trattato CEE comunque, fa concludere che nel caso in esame, la situazione la provocato l'esaurimento del diritto.

2.

Vi è un secondo aspetto dell'art. 85 di cui si deve tener conto, cioè se l'esame condotto finora si rivelasse insufficiente, il comportamento del titolare del diritto dovrebbe venir analizzato sullo sfondo degli altri accordi commerciali stipulati in questo senso e non come fatto a sé stante.

Mi richiamo per semplicità a precedenti sentenze: è chiaro che i marchi non possono venir sfruttati per perseguire scopi illeciti che costituiscono oggetto di accordi illegittimi, cioè il loro sfruttamento non può avvenire in spregio della disciplina comunitaria in materia. Lo stesso principio riaffiora nella sentenza Sirena, ove si conferma che l'esercizio dei diritti di tutela della proprietà industriale può venir colpito dai divieti di cui agli artt. 85 e 86, cioè il diritto in materia di concorrenza scatta se l'esercizio di un diritto mirante a tutelare interessi economici è oggetto, mezzo o conseguenza di una convenzione cartellistica. Nella fattispecie questo principio può costituire un parametro. Poiché l'applicazione dell'art. 85 è funzione della sussistenza di un accordo tra imprese, di una convenzione tra associazioni di imprese oppure di pratiche concordate, il giudice proponente deve anzitutto accertare la sussistenza dei fatti.

Primo elemento è l'accordo tra la Deutsche Grammophon Gesellschaft e la Polydor di Parigi, che presenta vari aspetti: anzitutto è una convenzione tra casa madre e filiale, due imprese che dati i loro rapporti, probabilmente non sono concorrenti; se le due imprese svolgono attività coordinate, non può esservi rischio di pregiudizio alla concorrenza. quindi è esclusa l'applicazione dell'art. 85 (la Commissione si è già pronunciata in questo senso il 18. 6. 1969; GU L 165/15 e il 30 giugno 1970; GU L 147/24). D'altro canto, non si deve dimenticare che, nella cessione di diritto di tutela di interessi economici — per quanto riguarda le limitazioni territoriali imposte all'avente causa — vista l'impossibilità pratica per il titolare del diritto di avvalersi pienamente del diritto d'autore, il trasferimento e il frazionamento del diritto, cioè l'uso da parte di terzi, sono parte integrante del diritto stesso. I limiti territoriali sono quindi una componente dei diritti di tutela di interessi economici; il titolare del diritto agisce nei limiti delle sue facoltà allorché li determina nella stipulazione del contratto.

L'art. 85 nella fattispecie non è applicabile, poiché un accordo in materia di licenze non ha ripercussioni sulla concorrenza. Forse sarebbe applicabile se all'avente causa fossero imposte clausole limitative che egli deve far rispettare anche dai suoi acquirenti, cioè se l'accordo contenesse disposizioni miranti a limitare la concorrenza e che esercitano i loro effetti sui contratti stipulati tra filiale e clientela.

Aggiungerò che, se risultasse che nella fattispecie è stato stipulato un accordo vietato ai sensi dell'art. 85, non è concessa tutela giuridica ed è illecito l'esercizio del diritto se, grazie a questi mezzi, il titolare del diritto riuscisse a perseguire gli scopi per cui ha stipulato gli accordi illegittimi.

Il giudice a quo non dovrà limitarsi alla convenzione specifica, ma dovrà estendere il suo esame a tutti i contratti stipulati in Germania dalla Deutsche Grammophon Gesellschaft con i vari rivenditori, pur se non vi è alcuna domanda esplicita in questo senso. L'appunto è fatto per amor di completezza.

Non è escluso che tale esame metta in luce la rilevanza dei contratti di distribuzione sotto il profilo concorrenziale. I rivenditori potevano importare solo previa autorizzazione della Deutsche Grammophon Gesellschaft e previo impegno di rispettare i prezzi imposti, il che equivale a bloccare le importazioni.

Inoltre la Deutsche Grammophon Gesellschaft si è obbligata ad esperire azione contro chi non rispetta i prezzi imposti, quindi di riflesso deve impedire anche la vendita di dischi importati, avvalendosi del diritto che le conferisce il § 85 della legge tedesca sul diritto d'autore. Questo genere di vincoli potrebbe costituire una limitazione della concorrenza e degli scambi internazionali.

La giurisprudenza in materia di posizione predominante afferma che il predominio non deriva dal solo fatto che ad un'impresa siano conferiti diritti e mezzi di tutela. Se dall'esame della situazione economica risulta esservi una posizione predominante e se ne viene fatto abuso ai sensi del n. 2 dell'art. 86 ricorrendo ai diritti e ai mezzi di tutela di cui sopra, si potrà ravvisare un uso illecito dei diritti, come ha stabilito la sentenza Sirena. Anche nella sentenza Parke-Davis si legge: «La situazione potrebbe essere diversa solo se lo sfruttamento del brevetto dovesse degenerare in un uso abusivo di detta tutela», (Raccolta XIV 1968, pag. 100). Anche la sentenza Sirena stabilisce criteri per l'accertamento della sussistenza di una posizione dominante. Si deve tener conto della posizione dei produttori e dei distributori di prodotti analoghi. Resta poi da vedere se un'impresa, accusata di sfruttare illecitamente una posizione predominante, ha anche la possibilità di paralizzare la concorrenza in un esteso settore del mercato, cioè se — grazie al peso della sua presenza sul mercato, alle capacità tecniche, alla disponibilità di materie prime, ai propri capitali ed ai diritti di esclusiva — possa determinare i prezzi o controllare produzione e distribuzione in una vasta zona del Mercato comune, se un'impresa disponga di un considerevole spazio vitale sul mercato che le consenta una certa indipendenza, cioè di agire senza tener conto dei concorrenti, della clientela o dei fornitori.

Nel nostro caso si tratta di stabilire se le case discografiche e la loro presenza sul mercato siano apprezzabili con un unico metro oppure se il mercato sia frazionato in funzione del tipo di musica, degli interpreti, ecc. È un'ipotesi da considerare, perché è probabile che l'esclusiva di alcune incisioni possa conferire una posizione predominante sul mercato. Se il giudice proponente giungerà a questa conclusione, dovrà vietare alla Deutsche Grammophon Gesellschaft di avvalersi dei diritti di cui essa gode onde perseguire questo scopo incompatibile con il diritto comunitario.

3.

Il giudice a quo vorrebbe inoltre sapere se costituisca illecito da parte della casa discografica mettere in commercio dischi a prezzo imposto superiore a quello del prodotto originale reimportato da un altro Stato membro, qualora i rispettivi interpreti siano contrattualmente vincolati in esclusiva alla casa discografica.

Premetto un osservazione: la Deutsche Grammophon Gesellschaft obietta che la questione è irricevibile perché il tribunale non ha allegato su quali fatti si possa fondare un'eventuale posizione di predominio della suddetta casa. Sarebbe inoltre arbitrario chiedere alla Corte di stabilire simili parametri nel corso di una causa pregiudiziale. Le eccezioni sono infondate: se una domanda verte solo su determinati aspetti dell'art. 86 non è necessario provare che l'art. 86 è quello su cui si deve basare la pronuncia sul merito. Si tratta di un giudizio sulla rilevanza ai fini della decisione di merito, giudizio per il quale la giurisprudenza non ha mai chiesto motivazione. Nemmeno nella fattispecie si può affermare che il giudice proponente si sia erroneamente richiamato all'art. 86. Se l'osservazione vale per la prima eccezione, per la seconda, anche se non vi è una domanda esplicita in questo senso, nulla osta a che si esamini il problema della posizione predominante e che si stabiliscano parametri. L'esame può rappresentare un utile complemento in questo ed in altri casi; sempre che beninteso la Corte si limiti ad interpretare e non applichi il diritto. Sarà quindi opportuno non limitarsi rigidamente all'interpretazione dell'art. 86, ma tener conto anche delle osservazioni della Commissione.

Queste devono essere le considerazioni fondamentali, pur se il § 78 della legge sui diritti d'autore non conferisce effetti oggettivi, ma solo obbligatori a questi contratti di esclusiva. (Cfr. Commento Möhring-Nicolini alla legge sul diritto d'autore, 1970, nota 2 al § 78).

È pero raro che un solo artista, cne incide in esclusiva, possa contribuire al raggiungimento di una posizione predominante: questa possibilità sussiste solo se le incisioni sono di una celebrità affermata e la casa si sia assicurata l'esclusiva di vari interpreti famosi.

Se il giudice proponente conclude che vi era posizione predominante, l'abuso non si desume irrefutabilmente dalle sole differenze di prezzo registrate. Comunque tali differenze possono costituire gravi indizi se sono esorbitanti e obiettivamente ingiustificate. Sorvolo sui particolari della fattispecie, mi limito ad osservare che non solo il prezzo praticato dal produttore costituisce un elemento di giudizio, ma anche il prezzo al pubblico, la differente incidenza della TV A (11 % in Germania, 33 1/3 % in Francia), la diversa entità delle spese in relazione al sistema distributivo e l'onere dei diritti d'autore da versare alla GEMA hanno grandissima importanza.

Se il giudice proponente conclude che le differenze di prezzo sono eccessive e ingiustificate, cioè vi è ragione di presumere l'abuso, anche il ricorso ai mezzi giuridici di tutela al fine di bloccare il mercato e di mantenere invariato il livello di prezzi sarebbe illecito e vietato ai sensi dell'art. 86.

III — Conclusione

Propongo quindi di fornire le seguenti risposte :

1.

La facoltà del titolare di un diritto esclusivo d'incisione di vietare all'interno del Paese l'importazione o la messa in commercio delle copie messe in circolazione in un altro Stato membro ad opera del produttore stesso o da un'impresa da questi dipendente, non rientra tra le componenti della proprietà industriale e dei conseguenti interessi economici ai sensi dell'art. 36 del trattato CEE e non è compatibile con i principi fondamentali del trattato desumibili dalle norme sulla libera concorrenza e sul libero scambio di merci.

2.

Se il titolare di un diritto esclusivo d'incisione ha stipulato accordi vietati dall'art. 85, non può avvalersi dei diritti che gli spettano in esclusiva per perseguire gli scopi di detti accordi ed in particolare non può vietare l'importazione delle copie da un altro Stato membro se dette copie sono state esportate o messe in circolazione dal produttore o da un'impresa che da esso dipende.

3.

Se il titolare di un diritto sulle incisioni gode di una posizione di preminenza sul mercato ai sensi dell'art. 86 del trattato (essendosi cioè assicurato l'esclusiva di numerose interpretazioni di artisti celebri), può costituire elemento probante di un abuso di tale posizione il fatto che nello Stato membro, nel quale la posizione è stata raggiunta, egli applichi prezzi decisamente superiori a quelli praticati negli altri Stati membri. Sono quindi anche abusivi i divieti che il produttore impone per impedire l'importazione del prodotto originale dagli altri Stati membri.


( 1 ) Traduzione dal tedesco.

( 2 ) Cfr. Ulmer in Gewerblicher Rechtsschutz und Urheberrecht, Internationaler Teil 1970, pag. 380.

( 3 ) Cfr. sentenza del Bundesgerichtshof nella causa Maja, voi. 41, pag. 84.

( 4 ) Cfr. Gewerblicher Rechtsschutz und Urheber recht, Internationaler Teil 1970, pag. 380.