CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE KARL ROEMER

DEL 4 GIUGNO 1969 ( 1 )

Signor Presidente,

Signori Giudici,

La ricorrente nel procedimento odierno, cittadina francese, è stata assunta dalla CEE il 1o ottobre 1958, inquadrata in B 2 e destinata alla direzione generale XI (commercio estero), direzione A (politica commerciale), servizio II (questioni GATT).

Nel maggio 1967 la Commissione indiceva un concorso per occupare un posto di amministratore principale resosi vacante a seguito di una promozione. Il posto era previsto al grado B 1 presso la direzione generale III, direzione B, sezione III. La ricorrente presentava la propria candidatura e, nella riunione del 3 luglio 1967, la commissione esaminatrice la collocava al primo posto nell'elenco degli idonei e ne dava notizia all'interessata con lettera 12 luglio 1967. La nomina rimaneva in sospeso e la ricorrente, dopo varie richieste, veniva informata il 20 giugno 1968 che l'occupazione del posto era stata rinviata finché non fosse stato approvato il nuovo organico. Il 20 giugno 1968 la Commissione unica approvava l'organico dei posti di grado B, nel quale non compariva più il posto già messo a concorso. Questa soppressione veniva resa nota alla ricorrente con lettera della direzione generale amministrazione 13 agosto 1968.

Alla ricorrente veniva attribuito, con provvedimento 25 luglio 1968, un altro posto di grado B 2. L'interessata, non intendendo accettare questa soluzione, promuoverà ricorso giurisdizionale il 13 novembre 1968, concludendo per :

l'annullamento della decisione comunicata alla ricorrente con lettera 13 agosto 1968,

la condanna della Commissione al risarcimento dei danni materiali e morali, in ragione di 250000 FB,

in subordine : la condanna in ogni caso della Commissione al versamento di detta somma.

La Commissione sostiene invece che il ricorso è irricevibile o comunque infondato.

Ed ecco il mio parere in merito.

Valutazione giuridica

I — Sulla ricevibilità

Riferendomi all'eccezione della Commissione, mi soffermerò sui limiti della legittimazione ad agire. La fattispecie verte sulla sostituzione dell'organico dell'ex Commissione CEE con l'organico della nuova Commissione unica, il quale non prevede più il posto messo a concorso. La Commissione ritiene che la soppressione rientri nelle competenze amministrative dell'istituzione. Nessuno ha il diritto di occupare un determinato posto e la partecipazione ad un concorso può al massimo creare un'aspettativa, o una speranza, di occupare il posto. Quindi il provvedimento di soppressione del posto non è impugnabile.

Questo modo di vedere e certo ineccepibile. Esso è basato sui diritti nazionali che disciplinano il pubblico impiego (cui, nel controricorso, la Commissione ha fatto ampio richiamo e che — almeno per quanto riguarda il diritto tedesco — sono ampiamente illustrati dal commento alla legge sul pubblico impiego di Plog-Wiedow, nota 11 al paragrafo 172). L'opinione della Commissione trova inoltre fondamento nella giurisprudenza della Corte (cause 1-55, 1-56, 109-63, 13-64), dalla quale risulta che gli atti amministrativi di carattere organizzativo non sono, in linea di principio, impugnabili.

Vi sono pero delle eccezioni, come dimostrano i diritti nazionali e la nostra giurisprudenza, cioè i casi in cui vengano lesi i diritti che lo statuto conferisce ai dipendenti o ai candidati di un concorso (il che però non equivale alla violazione del diritto oggettivo dei dipendenti pubblici) : in questi casi l'atto è impugnabile. Un esempio lo si è avuto nella causa 16-67, nella quale era questione della separazione di un'unità amministrativa dal servizio del ricorrente. Pur se in questo caso si trattava di un atto di carattere organizzativo, la Corte ha ammesso la ricevibilità del ricorso in quanto ha ritenuto che ogni dipendente abbia diritto «di esigere che le mansioni affidategli siano, nel loro complesso, conformi all'impiego corrispondente al suo grado» (Raccolta XIV-1968, pag. 400).

Tale giustificazione è valida anche nel nostro caso? Non è tanto rilevante la considerazione che in genere non si ha diritto all'attribuzione di un determinato posto, quanto lo stabilire se la ricorrente si trovi in una situazione giuridicamente protetta che la legittima a promuovere il ricorso. Questo punto di vista è stato ammesso in cause che vertevano sull'impugnazione di decisioni di promozione da parte di candidati non promossi. Lo stesso atteggiamento è stato assunto dalla Corte a favore di un candidato ad un concorso generale, là dove ha affermato che l'amministrazione, salvo fondate ragioni, non può discostarsi sostanzialmente dalla graduatoria (causa 62-65, Raccolta XII-1966, pag. 770).

Soprattutto con riguardo a quest'ultimo caso, ritengo che la riccorrente si trovi in una posizione giuridicamente protetta. Partecipando al concorso, essa ha acquistato il diritto a che il posto venga occupato secondo la prassi prescritta e quindi il potere discrezionale non sia viziato da sviamento, e particolarmente che il procedimento di nomina non venga interrotto se non per gravi ragioni di servizio.

Non ha alcuna importanza che l'interruzione del procedimento sia avvenuta in forza di un provvedimento dell'amministrazione con cui si sopprime il posto da occupare.

Se ammettiamo la posizione giuridicamente protetta della ricorrente, non si può più mettere in dubbio la ricevibilità del ricorso, anche perché la ricorrente — com'è prescritto in una vostra sentenza — deduce lo sviamento di potere invocando a sostegno argomenti non manifestamente infondati (tornerò su questo punto). La Commissione teme a torto che ciò implichi che la Corte, ove accogliesse il ricorso, le imporrebbe anche la struttura amministrativa da adottare. Spetta inceve alla Commissione trarre dalla vostra sentenza le conclusioni che ritiene più consone al suo assetto amministrativo.

II — Nel merito

1— La domanda d'annullamento

a) Violazione dello statuto

In primo luogo la ricorrente fonda la sua domanda di annullamento sugli articoli 4, 2o comma, 29 e 30 dello statuto del personale. Essa sostiene che, se è stata adottata una decisione con cui si dichiara vacante un posto, dopo lo svolgimento del concorso l'amministrazione non ha più la facoltà di sopprimere il posto vacante.

Esaminando il tenore delle norme invocate, si hanno dubbi circa l'ammissibilità delle conclusioni che ne trae la ricorrente. L'articolo 4, 2o comma, stabilisce in sostanza che l'autorità che ha il potere di nomina, non appena ha deciso di occupare un posto vacante, deve rendere nota ai dipendenti tale vacanza.

L'articolo 29 stabilisce che l'occupazione del posto deve avvenire secondo una determinata prassi e i candidati devono essere sottoposti a determinate prove. L'articolo 30, infine, prevede che l'autorità che ha il potere di nomina fa la sua scelta in base alla graduatoria elaborata dalla Commissione esaminatrice. Mai è questione di un vincolo assoluto in tutta la procedura per la copertura dei posti vacanti.

Si può al massimo affermare che le norme summenzionate miravano a rendere imparziale il procedimento di nomina e a garantire ai dipendenti determinate possibilità di carriera.

D'altro canto, non bisogna dimenticare che il risultato del concorso si potrebbe facilmente eludere, se si ammettesse che l'autorità che ha il potere di nomina è libera di non occupare il posto dopo lo svolgimento del concorso. Questo modo di procedere pare altrettanto inconciliabile con lo spirito dello statuto del personale quanto il sensibile scostamento dalla graduatoria di idoneità di cui si è discusso nella causa 62-65.

È quindi logico che in questo campo l'amministrazione non sia assolutamente libera di determinare la propria organizzazione, ma si debba partire dal presupposto — che si ricollega alle considerazioni fatte in materia di ricevibilità — che l'amministrazione è tenuta a non interrompere il procedimento di nomina. Il principio però non implica che i concorrenti abbiano un vero e proprio diritto soggettivo: criteri così rigidi non possono venire applicati nel settore dell'organizzazione amministrativa, caratterizzato da un ampio potere discrezionale. È logico quindi che l'amministrazione non sia nemmeno vincolata dai principi validi per la revoca degli atti amministrativi che arrecano vantaggi, cioè essa può interrompere il procedimento di nomina non solo se è illecita la decisione con cui viene bandito il concorso, ma anche se il provvedimento è giustificato da seri motivi inerenti al servizio.

Applicando questi principi al caso in esame, la soluzione è facile. Evidentemente il mutamento amministrativo che ha portato alla soppressione del posto cui aspirava la ricorrente non è stato arbitrario, ma conseguente alla fusione degli esecutivi ed alla necessaria razionalizzazione e ristrutturazione dei servizi.

Dopo la fusione, i posti B 1 della Commissione unica erano meno numerosi di quelli di cui disponevano in precedenza i tre esecutivi: la situazione autorizzava la Commissione a licenziare addirittura dipendenti di grado B 1, oppure ad attribuire loro gradi inferiori in applicazione del regolamento n. 259/ 68, a noi già ben noto. Stando così le cose, non si può far carico alla Commissione di aver soppresso un posto B 1 già dichiarato vacante, e di aver reso con ciò superfluo il concorso a tal uopo bandito. La situazione sarebbe diversa se si potesse dimostrare che uno sviamento di potere si è concretato nell'eliminazione di questo posto e non di un altro. La ricorrente non lo ha però sostenuto, giacché il mezzo di sviamento di potere ha un contenuto del tutto diverso.

Le conclusioni cui sono giunto non vengono modificate nemmeno dal fatto che al momento in cui è stato indetto il concorso (maggio 1967) si era alle soglie della fusione. Si può affermare che ragioni di buona gestione amministrativa giustificavano che fosse bandito il concorso per l'occupazione dei posti vacanti, cosicché in caso di bisogno le nomine si potessero fare immediatamente e fosse garantito il buon funzionamento dei servizi, senza soluzione di continuità. Poiché però in quel momento le conseguenze della fusione, per quanto riguarda simili particolari, erano ancora imprevedibili, non si può affermare che fosse ingiustificato interrompere in seguito il procedimento di nomina, invocando le conseguenze amministrative della fusione.

Ritengo quindi che il primo motivo nel suo complesso non possa scalfire seriamente il provvedimento impugnato.

b) Sviamento di potere

La ricorrente ravvisa nel provvedimento impugnato anche uno sviamento di potere, in quanto non ritiene ch'esso fosse dettato da seri motivi di servizio: la direzione dogane, unità amministrativa che si occupava esclusivamente di questioni relative al trattato CEE sarebbe rimasta estranea alla ristrutturazione amministrativa. La soppressione avrebbe fatto sì che quest'unità sia l'unica priva di posti B 1. In effetti, l'amministrazione avrebbe inteso sbarrare la strada alla ricorrente, poiché dopo una fittizia soppressione del posto, le mansioni relative sarebbero state affidate ad un dipendente dell'amministrazione finanziaria tedesca che prestava regolarmente la sua opera come esperto presso la Commissione.

La censura è grave e va ponderata. Eliminiamo rapidamente l'argomento secondo cui la direzione dogane sarebbe rimasta estranea alla ristrutturazione. La Commissione afferma che l'asserzione è falsa, in quanto questa direzione è stata privata non solo del posto B 1 cui aspirava la ricorrente, ma anche di un posto A 4 e di tre posti A 5. Contro tale asserzione non si possono muovere obiezioni poiché non si può presumere che la razionalizzazione e la ristrutturazione amministrativa, imposte dalla fusione, avrebbero dovuto lasciare intatte le unità organizzative competenti solo per le materie del trattato CEE, cioè quelle per le quali era escluso un cumulo di competenze derivanti dai tre trattati. Nella ristrutturazione amministrativa, tenuto conto del personale ridotto, era senz'altro possibile che determinate unità amministrative, pur rimanendo immutate le loro funzioni, avessero un organico diverso e fossero organizzate in modo diverso. Quindi non si può sostenere che il motivo del provvedimento impugnato fosse estraneo alla razionalizzazione che doveva venire effettuata. Analogamente, non può essere decisivo di per sé il fatto che dopo la soppressione del posto litigioso solo un servizio della Commissione era sprovviso di posti B 1. I vari settori della struttura amministrativa non devono necessariamente essere paralleli, anzi una diversa impostazione è oggettivamente giustificabile, ad esempio in vista dell'importanza e dell'entità delle competenze e di altri motivi sui quali mi soffermerò più avanti.

Per quanto riguarda infine la censura principale della ricorrente, secondo cui il posto è stato soppresso per danneggiarla e per favorire un dipendente di nazionalità tedesca, che attualmente svolge compiti analoghi, si deve rilevare che è eccessivo sostenere — come fa la ricorrente — che la soppressione del posto sia stata fittizia. Il posto è stato realmente soppresso e cancellato dall'organico e dal bilancio della Commissione.

Sarebbe quindi stato impossibile affidare il posto ad un altro dipendente, e la Commissione ha preferito affidare queste mansioni (o meglio una parte di esse) ad un esperto inviato a Bruxelles per un certo periodo dalla propria amministrazione nazionale. L'esperto continua a dipendere dall'amministrazione tedesca e dalla Commissione percepisce solo il rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno (come si può attendibilmente desumere dai documenti della Commissione).

Si può sostenere che l' impiego da parte della Commissione di funzionari nazionali non sia il sistema più raccomandabile, tra l'altro per ragioni di indipendenza, specie se il fenomeno assume ampie proporzioni ed ha lunga durata. Si dovrà però tenere conto della particolare situazione della Commissione, che si è trovata di fronte al problema di razionalizzare i propri servizi disponendo di un organico più ridotto. Ciò giustifica a mio avviso il ricorso temporaneo ad esperti e mi pare logico che gli esperti siano stati scelti anzitutto in seno all'amministrazione i cui problemi vengono posti sul tappeto.

Del resto non mi pare si possa sostenere che la soluzione prescelta ha leso particolarmente gli interessi della ricorrente, in quanto l'esperto tedesco non ha cominciato a prestare la sua opera sistematica immediatamente dopo la conclusione del concorso, ma solo dal 1o aprile 1968. Questo fatto fa presumere che il provvedimento sia stato conseguenza della necessità di farvi ricorso per superare le difficoltà connesse alla ristrutturazione amministrativa.

Concludendo, quindi, mi pare sussistano indizi di sviamento di potere; al contrario, il provvedimento adottato appare giustificato da motivi di servizio. Anche il secondo motivo si rivela quindi inconsistente, il che m'induce a considerare infondata l'intera domanda di annullamento.

2 — Faute de service

Rimane ancora da esaminare la fondatezza della domanda di risarcimento del danno materiale e morale, stimato in 250000 FB, risarcimento che la ricorrente reclama sia in connessione con la domanda di annullamento, sia in subordine, nell'ipotesi in cui la domanda dovesse essere respinta.

a)

Non mi dilungherò sulla domanda presentata accanto alla domanda d'annullamento, in quanto la ricorrente sostiene che gli elementi che devono portare all'annullamento della decisione impugnata mettono in luce pure una faute de service. Il realtà, la soppressione del posto non si rivela un provvedimento illegittimo. Poiché la responsabilità dell'amministrazione presuppone per lo meno un comportamento illegittimo, essa non può sussistere se la prassi seguita è stata ineccepibile.

b)

Il risarcimento chiesto in subordine si fonda sul fatto che il concorso è stato bandito e si è svolto poco prima della fusione degli esecutivi. Così procedendo, la Commissione non avrebbe tenuto nel debito conto gli eventuali effetti della fusione stessa sulle future nomine ai posti vacanti.

Nella replica la ricorrente ha sottolineato che la Commissione, dal luglio 1967 al giugno 1968, nulla le ha comunicato circa i provvedimenti che intendeva prendere in esito al risultato del concorso, impedendole di presentare la sua candidatura per altri posti.

Sotto questo aspetto, almeno per quanto riguarda il primo punto, ho già espresso il mio punto di vista. Da un lato, appare evidente che due mesi prima dell'entrata in vigore del trattato di fusione non si poteva prevedere quali sarebbero stati gli effetti specifici della fusione sulla struttura amministrativa. D'altro canto, il bandire un concorso nonostante l'imminenza della fusione era perfettamente conciliabile con le esigenze di una sana amministrazione, giacché si creavano i presupposti per un rapido completamento del sistema amministrativo: non vedo quindi alcun motivo che consenta di definire irregolare il comportamento della Commissione.

Per quanto riguarda la censura elevata nella replica, secondo cui la Commissione avrebbe lasciato la ricorrente per lungo tempo nell'incertezza, si deve osservare che, data la complessità e l'ampiezza dei lavori di ristrutturazione amministrativa connessi con la fusione, pare naturale che non si potesse decidere con maggior rapidità circa l'eventuale occupazione del posto messo a concorso. Anche sotto questo profilo non è ravvisabile alcun illecito, anzi si deve imputare alla stessa ricorrente il fatto di aver trascurato altre possibilità di carriera (non meglio specificate) durante il periodo di sospensione del procedimento di nomina.

Per quanto riguarda il presunto danno subito, mi basterà dire che il concorso è stato indetto per titoli, metodo di concorso che non richiede una particolare preparazione da parte dei candidati. Non è poi provato che la ricorrente abbia dovuto sobbarcarsi a particolari oneri finanziari per questa preparazione.

È quindi assodato che anche le domande di risarcimento sono del tutto infondate.

III — Conclusione

Concludo come segue :

Il ricorso è ricevibile, ma nessuna delle pretese che in esso si fanno valere appare fondata. Il ricorso va quindi respinto in tutti i suoi punti e, accogliendo la richiesta della Commissione, le spese vanno poste a carico della ricorrente.


( 1 ) Traduzione dal tedesco.