Conclusioni dell'avvocato generale Karl Roemer

del 4 novembre 1965 ( 1 )

Indice

Pagina
 

Introduzione (esposizione dei fatti, conclusioni delle parti)

 

Valutazione giuridica

 

I — Sul ricorso per annullamento

 

1. Note preliminari sulle clausole di riserva di proprietà

 

a) Espérance-Longdoz

 

b) Hainaut-Sambre

 

2. Sulla validità della riserva di proprietà del rottame di caduta nel diritto belga

 

3. Sull'ammissibilità di una riserva di proprietà sul rottame di caduta nel diritto comunitario

 

4. Sulla rilevanza della riserva di proprietà inclusa nelle condizioni generali di vendita della società Hainaut-Sambre

 

5. Se le decisioni generali relative al rottame, presupposto dell'ingiunzione di pagamento dell'Alta Autorità, siano compatibili con le norme del Trattato

 

a) Violazione degli articoli 5 e 83 del Trattato

 

b) Violazione del divieto di discriminazione

 

6. Violazione dell'obbligo di motivazione

 

7. Il regime degli interessi della decisione 7-61

 

8. Conclusioni

 

II — Sull'azione di risarcimento

 

1. Intempestiva informazione delle ditte interessate

 

2. Sulle assicurazioni circa l'esenzione dai contributi

 

3. Sull'onere degli interessi

 

4. Riepilogo

 

III — Conclusioni finali

Signor Presidente, signori Giudici,

Due acciaierie belghe sono le ricorrenti nelle cause 3 e 4-65, riunite ai fini della fase orale e di conseguenza anche per la presentazione delle conclusioni. La Hainaut-Sambre produce coils, mentre l'Espérance-Longdoz produce lamiere e coils, vale a dire prodotti semilavorati, una parte dei quali serve per le successive lavorazioni nei rispettivi stabilimenti, mentre il resto viene utilizzato dalla Phenix-Works (per entrambe le ricorrenti) e dalla Laminoirs de la Rochette (solo per quanto riguarda l'Espérance-Longdoz). Le imprese di cui sopra e le ricorrenti non si sono limitate a stipulare contratti durante il periodo precomunitario, ma hanno continuato anche dopo l'instaurazione del sistema perequativo; mi riservo di esaminare più a fondo in un secondo tempo gli accordi conclusi. Le convenzioni erano così congegnate da assicurare, mediante un sistema di clausole di riserva della proprietà, la restituzione alle ricorrenti del rottame ottenuto dalla trasformazione dei semilavorati. Il rottame così ottenuto non venne quindi denunciato alla Cassa di perequazione perché ritenuto risorse proprie, e come tale notoriamente escluso dal consorzio. Anche in occasione del primo controllo svolto nel 1956 negli stabilimenti dell'Espérance-Longdoz dalla Società fiduciaria svizzera, che agiva per incarico della Cassa di perequazione, non vennero sollevate obiezioni, anzi, gli ispettori pare abbiano confermato alla ricorrente che il rottame oggetto della clausola di riserva della proprietà non doveva essere denunciato. Il problema dell'assoggettamento di detto rottame al sistema perequativo si delineo con precisione solo in occasione dei controlli svolti nel 1959 e nel 1960. L'Alta Autorità giunse comunque alla conclusione che il rottame derivante dalla lavorazione dei semilavorati litigiosi da parte della Phenix-Works o della Laminoirs de la Rochette costituiva rottame d'acquisto soggetto a contributo malgrado la clausola di riserva della proprietà. I conteggi perequativi furono dunque elaborati in questo senso e comunicati alle ricorrenti l'8 aprile 1963, mediante lettera che non aveva carattere di provvedimento impugnabile. L'Alta Autorità respinse i reclami a suo tempo presentati dalle ricorrenti ed il 13 novembre 1964 adottò una decisione esecutiva nella quale s'ingiungeva alle ricorrenti di versare determinati contributi poiché si era stabilito che il rottame litigioso era soggetto alla perequazione.

I ricorsi che esaminerò oggi si dirigono appunto contro tali provvedimenti. Le ricorrenti chiedono innanzi tutto l'annullamento delle decisioni in quanto relative a rottame di risorse proprie; quindi le domande si fondano su motivi tratti essenzialmente dalla rilevanza giuridica delle clausole di riserva della proprietà. Per l'ipotesi in cui le decisioni impugnate vengano dichiarate legittime, le ricorrenti hanno esperito un'azione di risarcimento, invocando la faute de service dell'Alta Autorità, che non si è pronunciata tempestivamente sulla legittimità di una riserva di proprietà e si è quindi resa responsabile del pregiudizio subito dalle ricorrenti, le quali — se esattamente informate — lo avrebbero evitato mediante adozione di altre formule atte a sottrarle all'onere contributivo. Quindi l'Alta Autorità dovrebbe essere condannata al risarcimento del danno ed inoltre al pagamento del tasso d'interesse che essa applica nell'ambito del sistema perequativo.

L'Alta Autorità oppone l'irricevibilità delle conclusioni e comunque la loro infondatezza. Essa chiede quindi la reiezione dei ricorsi.

Valutazione giuridica

I — Sul ricorso per annullamento

1. Note preliminari

Posto che le conclusioni si fondano essenzialmente su argomentazioni giuridiche relative alla legittimità e alla rilevanza della clausola di riserva della proprietà, mi pare opportuno stabilire a priori come si presenti formalmente tale clausola nella fattispecie.

Dobbiamo distinguere tra :

a)

Espérance-Longdoz

aa)

Premetto che tra la ricorrente e la Phenix-Works il 28 dicembre 1950 era stato stipulato un contratto a lungo termine, riguardante la fornitura di prodotti semilavorati alla Phenix-Works, che sarebbe entrato in vigore il 1o gennaio 1951 per una durata di cinque anni. Il punto V contiene la seguente clausola : «Fourniture de mitrailles… La formule de prix établie à l'article III suppose que Phenix-Works livrera à Espérance-Longdoz, sous forme de bottes pressées et balles, une quantité de mitrailles égale à 25 % (vingt-cinq pour cent) du tonnage mensuel de largets et, en ce qui concerne les coils, un pourcentage à déterminer de commun accorci après six mois de fonctionnement du contrat, du tonnage mensuel de coils fournis par Espérance-Longdoz.»

Nelle conferme d'ordine relative ai contratti stipulati nell'ambito di detto accordo, risulta sia stata apposta la seguente riserva a favore della Espérance-Longdoz : «Nous ne vous cédons que la matière nécessaire à votre produit fini et nous restons propriétaires de la mitraille qui résultera de votre travail.»

bb)

Detto contratto a lungo termine fu sostituito da una nuova convenzione in data 6 settembre 1956, valida per dieci anni ed entrata in vigore il 1o gennaio 1956. Al punto VII si legge : «Espérance-Longdoz désirant conserver la propriété des mitrailles résultant de la mise en oeuvre par Phenix-Works des coils livrés, Phenix-Works s'engage à restituer mensuellement à Espérance-Longdoz un tonnage de mitrailles fixé forfaitairement à 10 % du poids des coils livrés par Espérance-Longdoz le mois précédent».

cc)

Ai contratti con la Laminoirs de la Rochette pare invece sia stata apposta la seguente clausola che si desume da alcune conferme d'ordine prodotte in giudizio : «En ce qui concerne les mitrailles à provenir du traitement de notre acier, nous en conservons l'entière propriété».

b)

Hainaut-Sambre

aa)

Questa ricorrente non ha stipulato alcun contratto a lungo termine con la Phenix-Works. La proprietà del rottame ottenuto dalla lavorazione dei prodotti risulta esser stata disciplinata di volta in volta mediante la seguente clausola apposta ad ogni conferma d'ordine dalla Hainaut-Sambre : «Nous nous réservons, dès la livraison, la propriété des déchets de fabrication».

bb)

La Hainaut-Sambre ha inoltre fatto rilevare che nelle sue condizioni generali di vendita, valide per ogni contratto indistintamente, era inclusa la seguente clausola : «Jusqu'à paiement effectif et intégral, la marchandise reste notre propriété».

Onde sfrondare la causa di questioni interpretative e di latto che probabilmente non hanno alcuna importanza per la decisione della controversia, non approfondirò il mio esame, limitandomi ad esporre il mio punto di vista sulle clausole di riserva :

Parto dal presupposto che ognuno dei contratti di cui trattasi è stato condizionato da clausole — pur se in forma diversa, vale a dire apposte alle conferme d'ordine o mediante altri riferimenti — miranti a conservare al venditore la proprietà del rottame derivante dalla lavorazione. Per quanto riguarda i rapporti tra Espérance-Longdoz e Phenix-Works predecenti al 1956, non bisogna fondarsi esclusivamente sul primo contratto a lungo termine, nel quale l'intenzione di riservarsi la proprietà del rottame che si sarebbe ricavato viene espressa in modo alquanto nebuloso.

Per la ricorrente Hainaut-Sambre si deve inoltre ammettere che in ogni contratto è stata ulteriormente riconosciuta — o mediante rinvio o mediante accordo tacito ricorrente in ogni contratto — l'efficacia della riserva contenuta nelle condizioni generali di vendita, che subordina l'acquisto della piena proprietà della merce da parte dell'acquirente al pagamento totale del prezzo pattuito.

Si può infine presumere che le parti contraenti, opponendo le clausole di riserva sopra citate, abbiano effettivamente inteso disciplinare giuridicamente il regime di proprietà e non esprimere semplicemente una volontà mirante a costituire l'obbligo di restituire determinate quantità di rottame.

Alla luce di questo chiarimenti, che per la loro indole ho esposto in parte a mo' di supposizioni, vedrò ora di esaminare le questioni processuali fondamentali.

2. Sulla validità della riserva di proprietà del rottame di caduta nel diritto belga

Le parti hanno esaminato sotto il profilo del diritto civile belga la questione del se clausole di riserva relative al rottame di caduta (mi occuperò più tardi della riserva di proprietà lino al momento della corresponsione del prezzo) possano avere effetti giuridici tali da conferire alle ricorrenti un diritto esclusivo di proprietà sul rottame dal momento stesso in cui questo veniva in essere. Mi avventuro su questo terreno con la stessa apprensione provata dal mio ex-collega Lagrange nell'esaminare analoghe questioni giuridiche nel diritto tedesco, in occasione delle cause Mannesmann AG e Hoesch AG (conclusioni 19 e 20-61). La mia perplessità è rimasta anche dopo la lettura dei pareri di eminenti giuristi belgi prodotti dalla Hainaut-Sambre; i risultati sono gli stessi, ma gli autori vi giungono per vie alquanto diverse.

La prima impressione ricavata dallo studio del diritto di proprietà nel diritto belga è stata che le norme relative al diritto di accessione, le quali disciplinano non solo l'unione di più cose indipendenti, ma anche i beni ricavati mediante separazione, norme peraltro che dovrebbero servirci a trovare la soluzione del problema, lasciano ampia autonomia alla volontà delle parti (articoli 553 e 565 del codice civile belga). Evidentemente l'autonomia conosce solo i limiti determinati dalla natura dell'oggetto, dall' «équité naturelle», così che si può ammettere — dal punto di vista tecnico — la stipulazione di diritti di proprietà separati su parti di una cosa scindibili e determinabili in base all'esperienza economica.

D'altro canto, è pur necessario ammettere che determinati limiti obiettivi sono anche posti dalla natura del diritto di proprietà come diritto esclusivo ed assoluto e tali limiti escludono certamente la possibilità di costituire diritti di proprietà separati su parti costitutive essenziali o su parti indeterminabili di una cosa. Quindi le ricorrenti ed i loro consulenti in sostanza non contestano la tesi secondo cui la riserva di proprietà sul rottame ottenuto conferirebbe ai venditori delle lamiere e dei coils diritti di proprietà su una parte di questi prodotti, malgrado la consegna agli acquirenti. Si cercano piuttosto altre vie, affermando che il diritto di proprietà sulle lamiere e sui coils rimane attributo del venditore fino alla lavorazione, mentre oggetto della vendita è solo il bene futuro, vale a dire il prodotto finito; oppure si parte dal presupposto che si costituisce un diritto di comproprietà a favore dell'acquirente del semilavorato, la cui separazione non serve a trasmettere la proprietà ovvero si assume che la proprietà sulle lamiere e sui coils viene trasmessa direttamente all'acquirente il quale però avrebbe rinunciato a priori ad acquisire un diritto sui prodotti «secondari» (nel nostro caso il rottame), il che parrebbe ammissibile in virtù delle norme disciplinanti lo «jus fruendi».

Senza voler mancare di rispetto ai giuristi belgi, devo notare che i loro elaborati appaiono almeno artificiosi e non possono essere considerati come un'obiettiva interpretazione della volontà delle parti. È anche indiscusso che gli esempi addotti onde illustrare gli argomenti delle parti non coincidono con i fatti particolari di cui ci occupiamo. Mi riferisco ai tentativi di esemplificazione mediante casi di costituzione di diritti di proprietà separati su parti di un oggetto qualitativamente diverse, mentre il rottame, che nella fattispecie costituisce oggetto della riserva, rappresenta una parte essenziale dei beni consegnati, omogenea e determinabile solo forfettariamente in base alla loro quantità. È comunque singolare che né le ricorrenti, né i loro consulenti giuridici abbiano potuto trarre dalla giurisprudenza belga un solo caso nel quale fossero riunite esattamente tutte le caratteristiche del nostro problema. Il modo in cui l'amministrazione fiscale belga ha considerato il rottame in questione ai fini della «taxe de transmission» non dovrebbe comunque avere un peso determinante in quanto è noto che in tutti gli ordinamenti giuridici le nozioni di diritto tributario sono strettamente connesse alle esigenze economiche e questa loro flessibilità le differenzia notevolmente dai corrispondenti concetti di diritto civile.

In conclusione, rilevo che se pur non mi e possibile valutare esattamente la situazione sulla base del diritto belga, rimangono tuttavia ancora notevoli dubbi circa l'ammissibilità del punto di vista delle ricorrenti in materia di legittimità delle riserve di proprietà sul rottame di caduta. Non sarebbe comunque compito della nostra Corte risolvere definitivamente tali questioni.

3. Sull'ammissibilità di una riserva di proprietà sul rottame di caduta nel diritto comunitario

La giurisprudenza è concorde nell'affermare che non si deve tener conto esclusivamente o prevalentemente della disciplina nazionale dei diritti reali, bensì dei principi desumibili dalle decisioni fondamentali in materia di rottame. Questo è il senso da attribuire alle sentenze della Corte nelle cause 19-61 e 20-61.

Sia chiaro che anche sotto questo profilo si devono innanzi tutto applicare concetti giuridici. Non sono solo i precedenti oggettivi che devono determinare i limiti dell'obbligo contributivo (come ad esempio il trasferimento del rottame da un'impresa all'altra), anche se l'Alta Autorità nell'attuale procedimento lascia intravvedere una certa fondatezza di questa tesi che per di più potrebbe essere confortata da alcuni passi della motivazione della sentenza Clabecq contro Alta Autorità.

Dalle sentenze 19 e 20-61 si desume che la definizione del concetto di risorse proprie si informa ai principi generali che disciplinano il diritto di proprietà nei sei Stati membri (il che implica l'applicazione dei criteri di cui al 2o comma dell'articolo 215 del Trattato C.E.E.). La disposizione non può certo essere intesa nel senso che si debbano sommare le caratteristiche dei sei ordinamenti, bensì in quello che si trascurino certe particolari differenze e sfumature riscontrabili nell'istituto della proprietà come configurato in questo o quell'ordinamento. Non è difficile individuare le considerazioni cui si deve ispirare questo modo di procedere: nell'ambito di un istituto comune a tutti i sei Stati membri e mirante alla perfetta perequazione tra le imprese consorziate, nell'interesse del trattamento paritario di tutti i membri, la raccolta dei fondi necessari al consorzio perequativo dev'essere connessa a nozioni comuni. In secondo luogo, hanno avuto forse anche importanza alcune considerazioni di ordine pratico, considerazioni che, già in altre sentenze in materia di rottame, mettono in risalto la necessità (nell'interesse della certezza del diritto) di ricollegare l'onere perequativo a concetti chiari e semplici. Ciò ha avuto la sua importanza nella trattazione del problema del rottame di gruppo.

Per i motivi sopra esposti, le sentenza 19 e 20-61 hanno dichiarato irrilevante la riserva di proprietà sul rottame di caduta, indipendentemente dalla sua ammissibilità in diritto tedesco; infatti, una siffatta riserva si rivela illegittima alla luce degli altri ordinamenti giuridici. Queste sentenze sono anche state invocate per controbattere il tentativo di elaborare dottrine fondate sulla considerazione che la riserva di proprietà manifesta l'intenzione delle parti contraenti di trasferire al compratore la proprietà solo del prodotto finito, perché altrimenti il compratore, a norma del paragrafo 950 del codice civile, avrebbe effettuato la lavorazione per conto del venditore.

Ci troviamo di fronte alla medesima situazione e non dobbiamo lasciarci trarre in inganno da alcune varianti formali delle riserve, quali il tentativo di determinare già nel contratto di compravendita le quantità di rottame che, secondo l'esperienza, si sarebbero presumibilmente ottenute dalla trasformazione delle lamiere e dei coils venduti. Una simile determinazione empirica dell'oggetto della riserva di proprietà sarebbe senz'altro stata ammissibile anche nelle cause 19 e 20-61.

Mi pare quindi necessario applicare integralmente al caso in esame la giurisprudenza summenzionata, prescindento dall'ammissibilità per il diritto belga della costituzione di una riserva di proprietà. In altre parole, il consorzio di perequazione deve ignorare le clausole con cui i venditori di semilavorati intendono riservarsi la proprietà del rottame di caduta. Se si ha alienazione dei coils e delle lamiere, lavorati a spese e a rischio del compratore, si aliena conseguentemente anche il rottame di caduta, cosicché la sua restituzione al venditore del semilavorato assume logicamente il carattere di contratto di compravendita, e come tale è soggetta ai contributi.

4. Sulla rilevanza della riserva di proprietà inclusa nelle condizioni generali di vendita della società Hainaut-Sambre

Quanto precede non serve ad illustrare la riserva di altro genere, contenuta nelle condizioni generali di vendita della Hainaut-Sambre, in base alla quale la ricorrente si riserva la proprietà delle merci vendute fino a che non sia stato interamente corrisposto il prezzo pattuito. Poiché la clausola si riferisce a tutta la merce venduta, non si pongono i problemi, testé esaminati, relativi alla definizione di parti di un bene unico oppure al sorgere di diritti particolari di proprietà su parti di. un bene dopo la loro separazione. Si può anche presumere che l'efficacia della clausola sia concordemente riconosciuta dagli ordinamenti giuridici degli Stati membri.

Tuttavia, nell'ambito del consorzio di perequazione essa dà luogo ad altri problemi.

In sostanza, l'argomento della ricorrente si fonda sul combinato disposto della riserva di proprietà sul rottame di. caduta e della riserva particolare che stiamo esaminando, nonché sull'asserzione che il pagamento del prezzo pattuito è sempre avvenuto posteriormente alla lavorazione del prodotto venduto, cosicché nel momento del trasferimento di proprietà era sempre chiaro quale fosse l'oggetto del diritto.

Si può sempre obiettare che non vi è alcuna difficoltà nel determinare il momento del pagamento; mentre notevolmente più difficile è lo stabilire esattamente quando sia avvenuta la lavorazione. Se la determinazione dei due momenti è essenziale per la tesi della ricorrente, si potrebbe ritenere che anche la riserva speciale di proprietà, già per i motivi di ordine pratico sopra menzionati, non deve trovar posto nell'ambito della perequazione del rottame.

Un'altra considerazione è ancora più significativa. Abbiamo già analizzato come una riserva di proprietà sul rottame di caduta sia incompatibile con le esigenze del consorzio di perequazione. Poiché però la convenuta assume che la riserva speciale contenuta nelle condizioni generali di vendita può essere considerata solo in rapporto alla riserva di proprietà sul rottame di caduta, l'irrilevanza di quest'ultima non può non ripercuotersi sul complesso delle due clausole. In altre parole: nella perequazione del rottame, l'inosservanza della clausola ultima menzionata non ha altra conseguenza che quella di far considerare trasferiti all'acquirente i diritti di proprietà relativi al complesso delle merci alienate (prodotti finiti e rottame) non appena venga pagato il prezzo pattuito. La restituzione del rottame quindi, anche se fatta in virtù di una clausola di riserva, come nel caso della Hainaut-Sambre, è solo concepibile come esecuzione di un contratto analogo alla compravendita, quindi indubbiamente soggetto ai contributi.

Per le ragioni sopra esposte, nessuna delle clausole oggetto della presente controversia può inficiare le decisioni impugnate e renderle annullabili per violazione dei principi di tassabilità sanciti dalle decisioni generali relative al rottame, che decretano l'esenzione per le risorse proprie.

5. Se le decisioni generali relative al rottame, presupposto dell'ingiunzione di pagamento dell'Alta Autorità, siano compatibili con le norme del Trattato

Posto che il giudizio dato finora si basa su una corretta interpretazione delle decisioni generali relative al rottame, ci si deve ora chiedere se dette decisioni violino alcune norme del Trattato. Le ricorrenti assumono che la violazione sussiste sotto vari aspetti.

a) Violazione degli articoli 5 e 83 del Trattato — inosservanza del regime di proprietà di uno Stato membro.

Innanzi tutto le ricorrenti assumono che l'Alta Autorità è vincolata dai principi vigenti nei vari Stati membri nel caso in cui essa, nelle sue decisioni, connetta effetti giuridici a nozioni tratte dal diritto nazionale. Nell'ipotesi in cui ne prescinda (com'è avvenuto nel caso in esame per il concetto di proprietà) essa commette una violazione del regime della proprietà vigente in quel determinato Stato. L'Alta Autorità, se per salvaguardare gli scopi di speciali istituti è obbligata a praticare un trattamento paritario a tutti gli interessati, deve elaborare proprie nozioni oppure far sì che gli effetti giuridici che essa intende perseguire siano conseguenza della mera situazione di fatto.

Mi pare però che tale concezione sia errata. Ritengo che, adottando decisioni generali, l'Alta Autorità dimostri di voler loro conferire efficacia erga omnes, in contrasto con l'assunto che l'impiego di determinati concetti giuridici implichi un riferimento ai concetti di diritto interno. Inoltre rimane da chiarire a quale settore giuridico si è fatto rinvio, ad esempio al diritto fiscale o al diritto civile. Non è per me sufficiente l'invocare, come fanno le ricorrenti, una sentenza tratta dalla giurisprudenza americana, ove si afferma che certe questioni di diritto fiscale devono essere risolte esclusivamente in base ai principi accolti dai singoli ordinamenti giuridici nazionali anche se applicati da un'autorità federale; nemmeno è determinante il fatto che il Trattato C.E.E. non coordini le conseguenze di diritto civile derivanti da una violazione della disciplina delle intese, poiché ci troviamo di fronte ad un istituto giuridico speciale, un consorzio di perequazione che ha dato origine ad una compatta comunità di imprese e nel quale s'impone particolarmente l'imperativo della parità di trattamento. In tale situazione si deve escludere a priori ogni possibilità di tener conto di particolari istituti propri dei vari diritti nazionali che potrebbero provocare diminuzioni o aumenti dell'onere contributivo. L'ammissione della speciale natura giuridica del consorzio di perequazione comporta che si interpretino le sue norme introducendo nozióni giuridiche sostanzialmente autonome, anche se plasmate sulla falsariga dei concetti accolti nei diritti nazionali.

Passando ora alla definizione del concetto di «risorse proprie» al quale, come ho detto, mal convengono le sfumature del diritto nazionale, escludo che sia stato violato l'istituto della proprietà di uno Stato membro, innanzi tutto perché in effètti i rapporti di diritto civile in materia di proprietà sul rottame di caduta rimangono impregiudicati (come potrebbe avvenire in caso di fallimento). Una violazione dell'articolo 83 potrebbe sussistere solo in quanto si tentasse di modificare o influire sull'istituto, mentre il trascurare la possibilità di ricorrere a speciali figure giuridiche nell'ambito della perequazione, malgrado l'integrazione parziale, rientra in quanto è contemplato dall'articolo 53, a meno che non si voglia sminuire notevolmente la funzionalità e lo scopo delle istituzioni comunitarie.

Quindi le decisioni generali relative al rottame testè esaminate non possono venire dichiarate illegittime sotto il profilo dell'articolo 83.

b) Violazione del divieto di discriminazione.

Sempre a proposito delle decisioni generali relative al rottame, le ricorrenti denunciano la violazione dell'articolo 3, a), b), d), e dell'articolo 4, b), del Trattato, per il motivo che le decisioni avrebbero ammesso una disparità di trattamento per situazioni simili in quanto, mentre per il rottame di caduta oggetto della riserva della ricorrente si escluse la natura di «risorsa propria» esente da oneri, questa fu ammessa per il rottame ottenuto dalla lavorazione dell'acciaio per conto di terzi. Dal punto di vista economico e ai fini del consorzio di perequazione, tale trattamento differenziato sarebbe stato ingiustificato, poiché in entrambi i casi venivano reimmessi nel ciclo produttivo sottoprodotti di prodotti d'acciaio.

Ritengo che anche questa tesi della ricorrente sia solo apparentemente fondata. Già nella causa Mannesmann è stato rilevato che notevoli differenze economiche e giuridiche intercorrono fra la lavorazione per conto di terzi e la consegna di prodotti accompagnata da una riserva di proprietà sul rottame di caduta. L'impresa che lavora per conto di terzi è vincolata a fabbricare prodotti finiti (vincolo che evidentemente non sussiste per i clienti della ricorrente) e il rischio commerciale della produzione e del collocamento del prodotto finito è interamente a carico del committente, mentre nel caso della ricorrente il rischio è sopportato dalla controparte, in quanto acquirente. Quindi pare lecito considerare come reparto produttivo del committente un'impresa che lavora per conto terzi, poiché questa è la sua funzione economica. Tenuto conto di questi aspetti essenziali ed oggettivi (quindi non tanto per l'influenza sulla produttività esercitata dalla reimmissione di rottame nella produzione del committente), è dunque logico sottoporla ad un regime speciale nell'ambito della perequazione. Si dovrà poi notare che la riserva di proprietà nell'ambito della perequazione del rottame non ha alcuna rilevanza, soprattutto perché pare indispensabile, vuoi in considerazione del principio della parità di trattamento di tutti i consorziati, vuoi per motivi di praticità, ignorare complesse e specifiche figure giuridiche proprie dei singoli Stati membri.

La lavorazione per conto di terzi non presenta alcuna difficoltà in questo senso. Tutti sono d'accordo nell'ammettere l'universalità dell'istituto è ed indubbio che sotto il profilo del diritto di proprietà, cui le decisioni fondamentali riguardanti il rottame attribuiscono sempre una certa importanza, esso presenta lineamenti molto semplici.

Quindi le decisioni generali sul rottame non violano il divieto di discriminazione né le altre summenzionate norme del Trattato che in sostanza si affermano ugualmente violate.

6. Violazione dell'obbligo di motivazione

A questo proposito esaminerò ancora uno dei motivi di ricorso che a rigore avrebbe dovuto essere esaminato assieme alle critiche mosse direttamente agli atti impugnati, in quanto riguarda la loro motivazione formale. Me ne occupo solo ora giacché con questo motivo si critica l'Alta Autorità per non aver illustrato alle ricorrenti per quali ragioni la lavorazione per conto di terzi — or ora esaminata — nell'ambito della perequazione del rottame potesse venir disciplinata diversamente dalla riserva di proprietà sul rottame di caduta.

Le ricorrenti motivano la critica allegando che la questione sarebbe stata discussa con l'Alta Autorità nel corso del procedimento amministrativo susseguito alla comunicazione del computo in data 8 aprile 1963; per conseguenza esse potevano attendersi una spiegazione.

Se le ricorrenti muovono tali obiezioni, non si può negare che il loro atteggiamento sia stato in certo qual senso giustificato, poiché dev'esser considerato nobile officium dell'Alta Autorità il prendere in esame le questioni essenziali sollevate dalle imprese interessate nel corso di un procedimento amministrativo, onde non suscitare l'impressione di voler intenzionalmente sorvolare su detti punti. Una violazione di forme sostanziali non è però rilevabile da questa censura. La costante giurisprudenza della Corte afferma che una decisione è sufficientemente motivata qualora se ne possano desumere i motivi giuridici ed obiettivi fondamentali per cui è stata adottata. Questo è il nostro caso, poiché l'Alta Autorità illustra diffusamente per quali motivi la riserva di proprietà apposta dalle ricorrenti sia irrilevante, già in base al diritto belga, ai fini della valutazione del loro obbligo perequativo. Inoltre nessuna norma conferisce il diritto di pretendere che l'Alta Autorità motivi esaurientemente anche tutti quei punti di una decisione ritenuti essenziali dall'impresa interessata, mentre hanno importanza solo secondaria agli occhi dell'organo emittente.

Quindi i ricorsi di annullamento non possono essere accolti sotto il profilo dell'articolo 15 del Trattato.

7. Il regime degli interessi della decisione 7-61

Il ricorso della società Hainaut-Sambre si conclude con alcune critiche relative al regime degli interessi per la perequazione del rottame instaurato con la decisione 7-61; il regime ha carattere retroattivo e fa sì che le ricorrenti abbiano dovuto corrispondere interessi moratori su contributi perequativi di cui, all'epoca in cui il consorzio funzionava, esse ignoravano l'esistenza.

Non mi è ben chiaro se si tratti di un nuovo mezzo d'impugnazione oppure solo di un addentellato al ricorso per risarcimento di cui parlerò. L'atto introduttivo non è molto chiaro, cosicché già per questo motivo si potrebbe rinunciare ad esaminare più a fondo la critica del regime degli interessi. Comunque, visto che gli accenni cui si sono limitate le ricorrenti non consentono un ulteriore esame, mi contenterò di richiamarmi alle conclusioni presentate nella causa Mannesmann contro Alta Autorità e nella causa Aciéries du Temple contro Alta Autorità, che trattano diffusamente la questione della disciplina degli interessi instaurata con la decisione 7-61. Non se ne desume alcun motivo per annullare la decisione impugnata.

8. Conclusioni

Riassumo affermando che né i motivi d'impugnazione dedotti nei confronti delle decisioni impugnate, né la critica indiretta delle decisioni generali sul rottame possono venire accolti; la domanda d'annullamento va quindi disattesa.

II — Sull'azione di risarcimento

E ora passiamo all'esame delle conclusioni presentate in subordine e miranti alla condanna dell'Alta Autorità al risarcimento del danno. Tali conclusioni sono state presentate per l'ipotesi che venga affermata la legittimità delle decisioni impugnate.

Le ricorrenti si dolgono della faute de service commessa dall'Alta Autorità sotto vari aspetti :

Il comportamento pregiudizievole sarebbe innanzi tutto costituito dal fatto che l'Alta Autorità non avrebbe tempestivamente resi noti alle imprese consumatrici di rottame né l'esatta definizione del concetto «risorse proprie», né i limiti della riserva di proprietà. Quindi le ricorrenti non si sarebbero provvedute, mediante altre formule, al fine di sottrarsi al gravame perequativo che colpiva il rottame restituito dalla Phenix-Works e dalla Laminoirs de la Rochette (cosa fattibile mediante la stipulazione di contratti di lavorazione per conto terzi; modificando i prezzi dei prodotti nei confronti della Phenix-Works e della Laminoirs de la Rochette; modificando il processo produttivo, mediante rinuncia all'impiego di rottame o procurandosi rottame di caduta nei propri stabilimenti).

Inoltre l'Espérance-Longdoz ritiene di avere una ragione particolare per far valere la laute de service. Essa assume che gli ispettori della Società fiduciaria svizzera nel 1956, in occasione dei controlli svolti nei suoi stabilimenti, avevano preso conoscenza dei contratti contenenti la clausola di riserva ed avevano dichiarato che il rottame restituito non era soggetto a gravame. Oltre a ciò l'Espérance-Longdoz ha apposto la clausola anche al contratto a lungo termine stipulato nel 1956 con la Phenix-Works, mentre se fosse stata tempestivamente avvertita si sarebbe valsa di un'altra formula giuridica che le avrebbe comunque permesso di ottenere la restituzione del rottame.

Si fa infine carico all'Alta Autorità di aver indugiato nell'elaborazione del computo relativo al rottame, oberando così le ricorrenti di notevoli interessi monitori, il che si sarebbe potuto evitare applicando tempestivamente l'onere perequativo cui avrebbe fatto seguito l'immediato pagamento in periodi di migliore congiuntura.

Esaminiamo più particolareggiatamente quale sia l'importanza delle critiche sotto l'aspetto della responsabilità dell'organo comunitario.

1. Intempestiva informazione delle ditte interessale

Effettivamente, dopo l'adozione delle prime decisioni generali relative al rottame, rimasero ancora alcuni punti oscuri che solo l'Alta Autorità poteva chiarire. Per quanto riguarda la riserva di proprietà, un primo avvertimento alla Hainaut-Sambre si può identificare nella relazione sulle operazioni di controllo in data 6 novembre 1957, debitamente inviata a detta ricorrente. L'Espérance-Longdoz invece avrebbe dovuto prendere le sue cautele dopo la lettera (pubblicata il 1o febbraio 1958) diretta dall'Alta Autorità all'Ufficio comune, ove il concetto di risorse proprie è illustrato in senso restrittivo. Sono del resto fermamente convinto che entrambi i documenti avrebbero dovuto scuotere la fiducia forse fino allora nutrita dalle ricorrenti circa l'esenzione del rottame oggetto della clausola, cosicché la questione del se l'Alta Autorità abbia commesso una faute de service può sorgere solo relativamente al periodo anteriore. L'importanza di un chiarimento successivo sarebbe inoltre molto relativa per il nostro processo in quanto esso non avrebbe potuto provocare alcuna tempestiva modifica nelle formule controverse che disciplinavano la restituzione del rottame da parte della Phenix-Works e della Laminoirs de la Rochette durante il rimanente periodo di validità della perequazione.

Esaminando il comportamento dell'Alta Autorità nel periodo 1954-1958, si nota immediatamente che la sola inattività non è sufficiente a giustificare la censura in esame. Rimane piuttosto da provare che sussisteva oggettivamente un motivo di agire, come finora ha ritenuto la Corte nella sua giurisprudenza, ad esempio in caso di difficoltà nel funzionamento del consorzio di perequazione.

Non mi pare che questo motivo si possa ravvisare nel fatto che nel 1953 l'Espérance-Longdoz aveva sottoposto all'Alta Autorità il contratto stipulato a lungo termine con la Phenix-Works. Giustamente l'Alta Autorità rileva che l'esame del documento è anteriore all'entrata in funzione del consorzio di perequazione ed è stato compiuto allo scopo di chiarire questioni giuridiche relative ai cartelli ed ai prezzi. Inoltre, e soprattutto, questo contratto non conteneva evidenti clausole di riserva di proprietà (apposte solo nelle singole conferme d'ordine), cosicché non poteva attirare l'attenzione sui problemi connessi alla riserva di proprietà.

Mi pare che sia inoltre impossibile far carico all'Alta Autorità di aver omesso, nei primi due anni di funzionamento del consorzio di perequazione, di esercitare severi controlli presso i consorziati onde rendersi edotta dei problemi particolari di carattere fiscale (ad esempio sotto il profilo di riserve di proprietà già formulate). Anche sul piano nazionale avviene di frequente che i controlli tributari presso le industrie siano effettuati con vari anni di ritardo, senza che questo comportamento esponga a critiche l'amministrazione.

Il buon senso dice che un primo grave motivo d'intervento può essere reperito solo in concomitanza dei controlli effettuati negli anni 1956 e 1957, in occasione dei quali gli incaricati dell'Alta Autorità avrebbero dovuto rilevare le omesse denunce di rottame di caduta. La mancata constatazione, nel caso dell'Espérance-Longdoz, rivela un'insufficienza amministrativa, in quanto o gli ispettori non hanno esaminato tutti i documenti, oppure, effettuato l'esame, ne avrebbero tratto errate illazioni circa l'esenzione fiscale di determinate quantità di rottame. Mi sembra però diffìcile, partendo da questo presupposto, giungere alla dimostrazione della faute de service. In altre occasioni ho già affermato che la responsabilità dell'Alta Autorità, almeno per quanto riguarda i primi quattro anni di funzionamento del consorzio di perequazione, va commensurata — tenuto conto dei poteri delegati agli organi di Bruxelles — in base ai poteri attribuiti dal diritto nazionale agli organi di controllo, vale a dire dev'essere provata una grave faute de service; mi sembra però che non sia questo il caso nostro. Ciò si deve non solo al fatto che evidentemente si trattava di uno dei primi controlli effettuati nell'ambito della perequazione del rottame, e quindi gli ispettori affrontavano il diffìcile ed intricato argomento della perequazione senza aver una particolare esperienza, ma non si deve nemmeno dimenticare l'influenza avuta dal comportamento delle ricorrenti. Nella causa 36-62 la Corte ha sottolineato che una faute de service è sostanzialmente caratterizzata dal fatto di aver indotto in errore un «amministrato avveduto». Tenuto conto del fatto che la perequazione del rottame è un istituto notevolmente complesso e senza precedenti pratici; della necessità di disciplinarlo in base a norme uniformemente applicabili in tutti i sei Stati membri; delle difficoltà inerenti ai problemi relativi ad una riserva di proprietà già sul piano del diritto nazionale, si deve almeno definire superficiale il comportamento puramente passivo delle ricorrenti nei confronti dell'Alta Autorità, specie poi dal momento che erano in gioco provvedimenti che potevano avere una notevole influenza economica; le ricorrenti avrebbero dovuto rendersi parte diligente e chiedere tempestivamente tutte le informazioni che ritenevano necessarie. La loro non si può certo definire avvedutezza. Questa panoramica porta alla conclusione che non si può far carico all'Alta Autorità di grave faute de service in rapporto al periodo considerato.

2. Sulle assicurazioni circa l'esenzione dai contributi

La faute de service che sarebbe costituita da alcune asserzioni degli ispettori dell'Alta Autorità presuppone che venga preventivamente accertato se tali asserzioni siano effettivamente state fatte. Se, onde evitare un esame dei fatti, lo diamo per dimostrato, è possibile che siano state commesse notevoli irregolarità.

Come ho già detto, però gli ispettori hanno dovuto far fronte a rilevanti difficoltà. D'altro canto le ricorrenti avrebbero dovuto conoscere i limiti dell'incarico ispettivo affidato ai delegati della Società fiduciaria svizzera in quanto erano debitamente state avvertite in precedenza dell'ispezione da parte degli uffici di Bruxelles. Era quindi loro noto che gli ispettori dovevano solo appurare i fatti ed informare l'Alta Autorità, che sulla base di tali constatazioni avrebbe eventualmente potuto adottare una decisione.

In altre parole: gli ispettori non avevano alcun potere di decisione, ma soltanto il compito di elaborare i presupposti per una decisione. Comunque la ricorrente, facendo uso della diligenza in lei presumibile, avrebbe dovuto nutrire forti dubbi circa le competenze degli ispettori a rilasciare dichiarazioni giuridicamente vincolanti, fondate sull'interpretazione delle decisioni relative al rottame. Quindi anche sotto questo profilo particolare, prospettato soltanto dalla Espérance-Longdoz, non si può ammettere una faute de service dell'Alta Autorità.

3. Sull'onere desìi interessi

Rimane da esaminare ancora la critica relativa al ritardo nell'imposizione dei contributi, con i relativi effetti sul servizio degli interessi nell'ambito del consorzio di perequazione. Dopo le premesse fatte, è indubbio che non si possa far carico di tale ritardo all'Alta Autorità, almeno per quanto riguarda i primi anni di funzionamento del consorzio di perequazione. Se le ricorrenti non possedevano alcun elemento che desse loro la certezza che determinate quantità di rottame erano esenti dai contributi, il ritardato assoggettamento alla perequazione con tutte le conseguenze proprie di tale provvedimento non può rappresentare una misura costituente faute o tanto meno implicante la responsabilità dell'organo comunitario. Per quanto riguarda il periodo successivo al 1958, e comunque dopo il 1959, è indubbio che le inequivocabili misure dell'Alta Autorità avrebbero dovuto far definitivamente tramontare eventuali aspettative delle ricorrenti all'esenzione dai contributi di determinate quantità di rottame. Da questo momento si sarebbe dovuta prevedere la possibilità di un assoggettamento a gravame; quindi si sarebbero dovute accantonare le somme relative e gli importi dovuti a titolo di contributi potevano essere impiegati solo come denaro altrui. La richiesta d'interessi, assolutamente necessaria d'altro canto al fine di un completo e giusto equilibrio a tutela delle imprese creditrici, non può rappresentare in alcun modo una faute de service.

4. Riepilogo

Senza esaminare altre complesse e controverse questioni sulla prova del danno nonché sulla causalità del danno, che comunque non potrebbero essere risolte senza l'ausilio di un perito, giungo alla conclusione che debbono essere disattese anche le domande, presentate in subordine, di risarcimento del danno, in quanto la faute de service non sussiste.

III — Conclusioni finali

Concludo come segue :

I ricorsi delle società Espérance-Longdoz e Hainaut-Sambre vanno disattesi in ogni loro capo perché infondati. Le spese del giudizio vanno poste a carico delle ricorrenti, a norma dell'articolo 69, paragrafo 2, del regolamento di procedura.


( 1 ) Traduzione dal tedesco.