Conclusioni dell'avvocato generale Karl Roemer
del 16 giugno 1965 ( 1 )
Sommario
Antefatti; conclusioni delle parti |
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Valutazione giuridica |
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I — La ricevibilità dei ricorsi |
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1. Causa 27-64 |
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2. Causa 30-64 |
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II — Nel merito |
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1. Causa 27-64 |
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a) Violazione dell'articolo 110 dello Statuto del personale |
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b) Se il ricorrente sia stato escluso dallo scrutinio per merito comparativo dei candidati alla promozione |
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c) Se l'esame dei meriti del ricorrente sia stato incompleto |
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d) Sulla pretesa equivalenza dei ineriti del ricorrente rispetto a quelli dei dipendenti promossi |
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e) Difetto di motivazione |
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f) Riassunto e conclusioni |
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2. Causa 30-04 — Conclusione n. 2 |
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a) Se le norme del procedimento disciplinare siano state osservate |
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b) Se la motivazione della decisione disciplinare sia contradittoria |
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e) Sulla giustizia sostanziale della decisione disciplinare |
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d) Riassunto |
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3. Causa 30-64 — Conclusione n. 3 |
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Osservazioni preliminari sulla qualifica della decisione impugnata I singoli mezzi di ricorso : |
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a) Omessa notificazione della decisione impugnata |
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b) Se sia stata pregiudicata la collaborazione del ricorrente nel Comitato del personale |
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c) Se sia ravvisabile un interesse del servizio nell'ordine di presentarsi a Bruxelles dato al ricorrente |
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III — Riassunto e conclusioni |
Signor Presidente, Signori giudici,
Il ricorrente in entrambe le cause di cui oggi dobbiamo occuparci è dal 1o novembre 1960 al servizio dell'Euratom. Egli fu anzitutto addetto al Centro europeo di trattamento delle informazioni scientifiche (CETIS) di Bruxelles con una retribuzione che corrispondeva all'inquadramento in A 5-2 della tabella degli stipendi prevista dallo Statuto del personale C.E.C.A. Successivamente egli passò come funzionario scientifico al Centro comune di ricerche di Ispra. Colà egli era collocato — per lo meno al momento della presentazione del ricorso — nel grado A 5-4 dello Statuto del personale dell'Euratom.
Tale inquadramento lo indusse a presentare ripetutamente dei reclami. Nella persuasione di essere stato ingiustamente escluso dalle promozioni, deliberate a favore dei dipendenti di Ispra per l'anno 1963 e pubblicate mediante affissione negli uffici di Ispra il 9 gennaio 1964, il ricorrente presentò infine, il 12 febbraio 1964, un ricorso alla Commissione a norma dell'articolo 90 dello Statuto del personale. La Commissione con lettera del 7 aprile 1964 gli rispose che, secondo i risultati dei propri accertamenti, egli non era stato escluso dallo scrutinio per merito comparativo dei candidati promovibili che il procedimento si era svolto per il resto in maniera corretta e che la Commissione, dopo rinnovato esame della fattispecie, non vedeva alcun motivo per tornare sulle proprie decisioni di promozione.
Contro tale decisione, notificata all'interessato l'8 aprile 1964, è diretto il ricorso 27-64.
Poco dopo la presentazione del succitato ricorso gerarchico, il ricorrente propose alla Commissione un ulteriore reclamo, in data 21 febbraio 1964. Con esso egli chiedeva l'intervento della Commissione contro certe scorrettezze che si sarebbero verificate a Ispra nei mesi precedenti e che sarebbero state lesive della sua dignità professionale e della sua onorabilità. Su questo reclamo non fu presa una decisione entro il termine di due mesi di cui all'articolo 91 dello Statuto del personale. Ciò indusse il ricorrente a introdurre un secondo ricorso (30-64), il 13 luglio 1964. Nelle more del giudizio, avendo la Commissione respinto il reclamo con decisione espressa del 24 giugno 1964, il ricorrente impugnò con il secondo ricorso anche tale decisione.
Con esso viene inoltre impugnata una decisione della Commissione del 26 marzo 1964, notificata al ricorrente il 24 aprile 1964, con la quale gli veniva inflitta la sanzione disciplinare della censura, come pure una decisione della Commissione in data 24 giugno 1964, con la quale si ordinava al ricorrente di recarsi immediatamente a Bruxelles.
Dal momento che la Corte di Giustizia, con ordinanza del 12 novembre 1964, ha deciso la riunione delle cause, debbo complessivamente occuparmi delle seguenti conclusioni :
Nella causa 27-64 :
Voglia la Corte annullare le decisioni di promozione adottate dalla Commissione per l'anno 1963, per lo meno quelle che si riferiscono agli avanzamenti dal grado A 5 al grado A 4; in via subordinata voglia la Corte, a seguito della dichiarazione della illegittimità delle decisioni di promozione, annullare la decisione della Commissione del 26 marzo 1964 con la quale fu risposto al ricorso gerarchico del ricorrente;
Voglia la Corte dichiarare che la Commissione è obbligata a sottoporre a nuovo scrutinio per merito comparativo i dipendenti che nel 1963 avevano una aspettativa di promozione;
Nella causa 30-64 :
Voglia la Corte annullare la decisione della Commissione in data 24 giugno 1964, con la quale fu respinto il ricorso del 21 febbraio 1964, e, in via subordinata, la decisione implicita di rigetto che si deve ritenere acquisita dopo due mesi dalla presentazione del suddetto ricorso;
Voglia la Corte annullare il provvedimento disciplinare della Commissione del 26 marzo 1964, con il quale fu inflitta una censura al ricorrente;
Voglia la Corte annullare la decisione della Commissione del 24 giugno 1964 che comandava il ricorrente a Bruxelles;
Voglia la Corte condannare la Commissione a pagare un risarcimento nella somma di 1 franco belga per il danno subito dal ricorrente a causa della suddetta decisione.
La Commissione ritiene irricevibili le domande formulate nel ricorso 27-64 e, per quanto riguarda il ricorso 30-64, quelle indirizzate contro la decisione emanata in seguito al ricorso gerarchico del ricorrente del 21 febbraio 1964. Per il resto essa chiede il rigetto dei ricorsi in quanto infondati.
Infine, bisogna ricordare che con il secondo ricorso fu chiesto di sospendere l'esecuzione della decisione 21 giugno 1964 in quanto essa parlava di comando del ricorrente a Bruxelles. Tale domanda fu respinta con ordinanza del Presidente del 7 agosto 1964 perché irricevibile, in considerazione del fatto che in quel momento il ricorrente aveva già ottemperato all'ordine della Commissione. Delle spese relative a tale domanda bisognerà quindi occuparsi in connessione con la decisione sul merito.
Valutazione giuridica
Passando ora ad esaminare nei particolari l'insieme della controversia, vengono naturalmente in primo piano le eccezioni della Commissione relative alla ricevibilità dei ricorsi.
I — Sulla ricevibilità dei ricorsi
1. Causa 27-64
Secondo la Commissione, il ricorso 27-64 è irricevibile per inosservanza del termine per ricorrere. Infatti, con esso sono impugnate decisioni espresse pubblicate il 9 febbraio 1964. Essendo trascorsi da quel momento fino alla presentazione del ricorso (29 giugno 1964) più di tre mesi, a norma dell'articolo 91, paragrafo 2 dello Statuto del personale l'impugnazione dovrebbe essere considerata tardiva. E nulla protrebbe mutare la circostanza che il ricorrente ha prima presentato (in data 12 febbraio 1964) un ricorso in via amministrativa a norma dell'articolo 90 dello Statuto del personale e che il suo ricorso in sede giurisdizionale è indirizzato contro la decisione di risposta emanata dalla Commissione (in data 26 marzo 1964 e notificata l'8 aprile 1964).
Se si considera soltanto il tenore letterale dello Statuto del personale, si potrebbe essere indotti a dar ragione alla Commissione, perché ivi è chiaramente detto che i ricorsi di cui all'articolo 91 devono essere presentati entro un termine di tre mesi a decorrere dal giorno della pubblicazione di un provvedimento generale o da quello della comunicazione di un provvedimento individuale, e in nessun luogo è prevista una interruzione del termine in virtù della presentazione di un ricorso in via amministrativa.
Tuttavia, ritengo l'opinione della Commissione insoddisfacente e giuridicamente infondata.. Già nelle mie conclusioni relative alla causa Elz contro Alta Autorità (cause 22 e 23-60, Raccolta, Vol. VII, p. 370) ho sostenuto la tesi secondo la quale rientra nel dovere di lealtà dei dipendenti il tutelare i propri interessi per via amministrativa prima di far pubblicamente valere pretesi diritti davanti all'autorità giurisdizionale. Questo criterio ritorna in alcune recenti sentenze della Corte di Giustizia le quali, sebbene non in relazione all'odierna questione di ricevibilità, sottolineano egualmente che il ricorso amministrativo precede necessariamente quello giurisdizionale (causa 18-63, Raccolta, Vol. X, p. 187; causa 27-63, Raccolta, Vol. X, p. 264) o affermano che la presentazione del primo è opportuna e desiderabile prima che si adisca la Corte di Giustizia (cause 79 e 82-63, Raccolta, Vol. X, p. 523). In particolare va ricordata a questo proposito la causa 69-63 (Raccolta, Vol. X, p. 493) nella quale fu ritenuta ricevibile l'impugnazione di una decisione del 1961, ancora nel 1963 (dopo l'entrata in vigore dello Statuto del personale e la nomina in ruolo della ricorrente), in quanto la presentazione del ricorso, calcolando il termine dalla introduzione del procedimento amministrativo, era avvenuta tempestivamente. Come giustificazione di questi principi possono valere le stesse considerazioni da me svolte nella causa Elz contro Alta Autorità.
Se dovessero sussistere ancora dei dubbi sulla esattezza di tale concezione relativa al rapporto tra procedimento amministrativo e decorrenza del termine per la presentazione di un ricorso in via giurisdizionale, essi dovrebbero essere chiaramente eliminati nel presente processo. Per completezza posso richiamarmi, a questo proposito, al diritto amministrativo tedesco nel quale, certo in base a una espressa disposizione legislativa (§ 191 della Verwaltungsgerichtsordnung in connessione con i § § 68 e seguenti, soprattutto col § 74) vale il principio che, nelle questioni relative ai pubblici dipendenti, prima del ricorso deve essere esperito un procedimento amministrativo e in cui, di conseguenza, il termine per il ricorso decorre solo dalla notifica della decisione amministrativa sfavorevole all'interessato. In particolare ci si può richiamare anche al diritto francese per il quale, pur senza una base legislativa, la giurisprudenza del Conseil d'État ha elaborato principi analoghi e ciò non soltanto per i casi di presentazione di un recours hiérarchique, ma anche per la presentazione di un recours gracieux (Sentenza del Conseil d'État del 13 aprile 1881, Recueil Sirey 82, III 29; Sentenza del 12 gennaio 1917, Recueil des décisions du Conseil d'État, p. 42), in ogni caso ove il procedimento amministrativo porti a un nuovo esame della fattispecie (Sentenza del Conseil d'État del 22 agosto 1918, Recueil, p. 190; Sentenza del 26 aprile 1944 Recueil, p. 123).
Ritengo quindi che, nelle controversie relative ai funzionari delle Comunità, debba valere il principio che la tutela giuridica va anzitutto ricercata per la via del ricorso gerarchico — naturalmente entro il termine normale per ricorrere — e che nel calcolo del termine per il ricorso giurisdizionale si debba partire dalla presentazione del ricorso gerarchico (ciò comporta un termine di quattro mesi, se l'Amministrazione è rimasta inattiva, e di tre mesi dall'emanazione della decisione, se questa viene adottata entro due mesi dalla presentazione del ricorso). Per lo meno si dovrebbe parlare sotto questo profilo di un diritto dei dipendenti e si dovrebbe comunque escludere la necessità di un procedimento amministrativo preliminare, con tutte le conseguenze per il decorso del termine, qualora venga impugnato un atto emanato a seguito di un completo procedimento amministrativo e previa audizione dell'interessato. Solo così a mio giudizio, dalle indicazioni contenute nella giurisprudenza sull'utilità del procedimento amministrativo, si ricava un sistema logico, mentre non se ne ricaverebbe nulla se si esigesse dal dipendente interessato la presentazione di un ricorso giurisdizionale a fini conservativi, malgrado l'introduzione di un procedimento amministrativo. A sostegno di questa tesi si può non da ultimo ricordare il fatto che, nelle Comunità, la tutela giurisdizionale è limitata a un'unica istanza, e che un rafforzamento della tutela giuridica che può forse portare ad un alleggerimento di lavoro per la Corte, è ottenibile soltanto estendendo nella misura più ampia possibile l'ambito d'applicazione del ricorso amministrativo.
Dal momento che nella presente fattispecie il ricorrente ha presentato alla Commissione un ricorso gerarchico, entro il termine di cui all'articolo 91; poiché inoltre questo ricorso ha dato luogo a un nuovo esame del suo caso (così espressamente nella decisione della Commissione) il quale, entro il termine di due mesi di cui all'articolo 91, è sfociato in un nuovo atto non puramente confermativo; e poiché infine, calcolando il tempo dall'emanazione di tale decisione, il ricorso è stato presentato alla Corte prima che fossero trascorsi tre mesi, sotto il profilo dell'osservanza dei termini non si può eccepire nulla circa la ricevibilità.
2. Causa 30-64
Per quanto riguarda il secondo ricorso, la Commissione avanza delle eccezioni solo in rapporto alla prima domanda. Anche per essa la Commissione ritiene che non sia stato rispettato il termine prescritto, in quanto il ricorso è stato presentato alla Corte solo dopo decorsi due mesi, calcolati dal momento in cui si deve ritenere acquisita una decisione implicita di rigetto sul ricorso gerarchico del ricorrente. La decisione espressa del 24 giugno non sarebbe invece idonea a far decorrere un nuovo termine; rispetto alla suddetta decisione implicita, questa seconda rappresenterebbe semplicemente un atto confermativo.
In effetti, non possono sussistere dubbi sul fatto che, anche considerando il termine supplementare previsto in ragione della distanza (allegato 2 del regolamento di procedura) e alcuni giorni festivi durante i quali non corrono i termini processuali, il ricorso, presentato il 13 luglio 1964, fu introdotto tardivamente rispetto al ricorso gerarchico (21 febbraio 1964), poiché in ogni caso il termine scadeva il 4 luglio 1964.
Non vorrei neppure assecondare il tentativo del ricorrente di dimostrare un nesso oggettivo tra il contenuto del suo ricorso gerarchico e quello della decisione emanata il 24 giugno e relativa a un preteso comando a Bruxelles, decisione che fu parimenti e tempestivamente impugnata nella causa 30-64. Come giustamente sottolinea la Commissione, non si può considerare ammissibile, nell'esame relativo all'osservanza dei requisiti formali tra i quali rientra anche il termine per decorrere, la presa in considerazione delle questioni di diritto sostanziale riguardanti il processo. Del resto, a mio giudizio, è certo che i problemi trattati nel ricorso gerarchico del 21 febbraio 1964 e quindi nella decisione implicita di rigetto della Commissione si possono, dal punto di vista del contenuto, ben distinguere dalla pretesa decisione di trasferimento del 24 giugno 1964, cosicché non si prospetta alcuna possibilità di trattare in sede d'impugnazione di quest'ultima l'argomento proprio del ricorso gerarchico.
Più difficile da risolvere, invece, è la questione del come influisca sul diritto di ricorso la decisione della Commissione del 24 giugno 1964, in quanto in essa viene esplicitamente trattato il reclamo del 21 febbraio 1964. E ciò non in rapporto al mutamento delle conclusioni in sede di replica (passaggio dal ricorso per carenza all'impugnazione di una decisione espressa), poiché esso fu chiaramente determinato dalla produzione da parte della Commissione di documenti che prima non erano noti al ricorrente. Sotto questo profilo si dovrebbe per lo meno pensare all'applicazione analogica dell'articolo 42 del regolamento di procedura e ad un ricorso ai suoi criteri fondamentali.
Anzi, il problema veramente delicato è costituito dalla qualifica dell'atto del 24 giugno 1964 e dalla valutazione del suo rapporto col silenzio-rifiuto che deve considerarsi acquisito il 22 aprile 1964.
A mio giudizio, si potrebbe pensare di considerare la decisione del 24 giugno 1964 come atto puramente interno, cioè come atto non suscettibile d'impugnazione in via giurisdizionale. Significativa è sempre la circostanza che essa non fu comunicata né notificata, e che anzi venne conosciuta nell'odierno processo in maniera del tutto casuale, poiché fu adottata nella stessa seduta nella quale fu deliberato sul preteso comando del ricorrente a Bruxelles. Si potrebbe quindi dire che non era intenzione della Commissione disciplinare con tale atto una situazione giuridica; il suo solo scopo sarebbe consistito nell'accertare, per fini interni di servizio, che un determinato caso — in particolare il ricorso gerarchico del ricorrente — era già risolto per altra via (decorso del termine di cui all'articolo 91 dello Statuto del personale).
Se non si ritiene esatta questa concezione, si deve ciononostante dar ragione alla Commissione in quanto essa ravvisa nella decisione del 24 giugno 1964 un atto puramente confermativo del silenzio-rifiuto del 22 aprile 1964, il quale non ha prodotto un mutamento della situazione giuridica e che perciò non fa decorrere un autonomo termine d'impugnazione. In particolare, sotto questo profilo non sono utilizzabili le considerazioni sviluppate a proposito della prima eccezione della Commissione, in quanto in quella situazione — emanazione di un atto amministrativo con successivo ricorso gerarchico — lo stesso interessato può porre in luce nuovi aspetti della questione, che devono essere esaminati dall'Autorità amministrativa e che tolgono alla decisione implicita di rigetto il carattere di atto puramente confermativo. Viceversa nel presente caso bisogna se mai constatare che, ancora dopo l'acquisizione del silenzio-rifiuto, furono esaminate in sede amministrativa certe questioni che erano state sollevate dal ricorso (vedi la nota della Direzione generale dell'amministrazione dell'11 giugno 1964). Tuttavia, proprio questo esame provocato dal ricorso gerarchico, in base al sistema inderogabile dell'articolo 91 dello Statuto del personale, deve ritenersi concluso col silenzio-rifiuto e perciò non può costituire un elemento atto ad attribuire a un successivo rifiuto esplicito il carattere di atto autonomamente impugnabile.
Pertanto dovrebbe, in definitiva, essere valida la tesi della Commissione secondo cui la prima domanda del ricorso 30-64 va respinta come irricevibile per decorso del termine.
Nel seguito della presente indagine debbono essere sottoposte ad esame sotto il profilo del merito solo le conclusioni del primo ricorso e quelle dal n. 2 al n. 4 del ricorso 30-64. A tale esame procederò immediatamente.
II — Nel merito
1. Causa 27-64
Nella causa 27-64, come sappiamo, si discute su decisioni di promozione che si riferiscono all'anno 1963 e che furono rese note al personale di Ispra mediante affissione negli uffici. Esse sarebbero illegittime per una serie di motivi e soprattutto perché il ricorrente sarebbe stato escluso dallo scrutinio per merito comparativo o, per lo meno, perché il procedimento di scrutinio si sarebbe svolto, sotto diversi aspetti, in modo irrituale
In considerazione di queste deduzioni processuali, mi sembra logico premettere all'indagine una breve descrizione del procedimento di promozione adottato dalla Commissione. Questa ci ha spiegato che, dato il gran numero dei suoi dipendenti e il fatto che essi lavorano in luoghi diversi, essa ritenne giusto far preparare in modo opportuno le decisioni di promozione da adottare ogni anno. A tale scopo essa emanò una istruzione generale comunicata al personale con circolare 11-63 del 23 aprile 1963. In virtù di questa furono nominati ovunque, e quindi anche a Ispra, Comitati locali di avanzamento nei quali, tra l'altro, è rappresentato il personale e dei quali, ove si tratti della categoria A, fa parte anche il Direttore generale del Centro di ricerche. Il loro compito è quello di esaminare preliminarmente i candidati alla promozione per formare una liste d'avancement con relative proposte di promozione. Un Comitato centrale di avanzamento, a Bruxelles, ripete questo esame preliminare. Le sue proposte vengono presentate dalla Direzione generale dell'amministrazione alla Commissione, la quale forma e pubblica una liste d'aptitude in cui sono indicati i candidati alla promozione, in numero superiore ai posti vacanti resisi disponibili nel corso di un anno. Infine la Commissione, in base a tale liste d'aptitude, adotta le singole decisioni di promozione.
A mio giudizio questo sistema è senz'altro razionale e pratico; e tutto fa ritenere che la sua applicazione sia favorevole tra l'altro agli interessi dei dipendenti. D'altro lato, è incontestabile ch'esso possa dare origine ad errori. Consideriamo perciò quali censure il ricorrente abbia avanzato per quanto riguarda il suo caso.
a) |
Una prima censura ha natura formale. Il ricorrente sostiene che la Commissione, con le succitate istruzioni, ha emanato delle norme di attuazione dell'articolo 45, omettendo però di osservare il procedimento prescritto dall'articolo 110 dello Statuto del personale. Non condividerei questa critica. La Corte di Giustizia ha ripetutamente dichiarato che l'articolo 45 dello Statuto non abbisogna di norme di attuazione e che nella sua attuale formulazione esso è immediatamente applicabile (sentenze 94/96-63; 27-63). Lo stesso principio vale anche in caso di applicazione da parte della Commissione dell'Euratom. Dalle succitate istruzioni si ricava infatti l'impressione che in realtà, come assicura la Commissione, le decisioni di promozione vengono adottate esclusivamente da essa e che, dunque, non c'è stata alcuna delega ad altra autorità. I Comitati di avanzamento, d'altro canto, hanno soltanto funzioni preparatorie e ausiliarie; la loro attività rappresenta un fatto puramente interno dell'Amministrazione, per la cui disciplina non sono quindi necessarie apposite norme. Pertanto si rivela superfluo un parere del Comitato dello Statuto a norma dell'articolo 110 dello Statuto del personale (quello del Comitato del personale è stato dato, stando alle indicazioni fornite dalla Commissione). |
b) |
Il procedimento di promozione sarebbe viziato perché nello scrutinio per merito comparativo si sarebbe trascurato il ricorrente, e ciò benché egli possedesse i requisiti di anzianità richiesti dall'articolo 45 (inquadramento in A 5 dal 1959). Anche questa censura mi sembra insostenibile, per quanto riguarda l'inclusione del ricorrente nello scrutinio preliminare effettuato dal Comitato d'avanzamento di Ispra. Infatti, dall'allegato n. 2 al controricorso si ricava che il nome del ricorrente è compreso nell'elenco dei dipendenti che possedevano i requisiti di anzianità per una promozione nell'anno 1963 e che furono presi in esame dal Comitato di avanzamento di Ispra sotto il profilo della loro promovibilità. Al Comitato di avanzamento di Bruxelles dovrebbe essere stato sottoposto il medesimo elenco; in ogni caso, dagli atti non potrebbe essere ricavato alcun indizio in senso contrario. Sussistono dei dubbi soltanto in relazione all'esame compiuto dalla Commissione. Certo, ci è stato assicurato che questa non si sente vincolata alle proposte dei Comitati di avanzamento, e tale circonstanza ci è stata provata con la produzione di un verbale (allegato 1 alla controreplica), dal quale si ricava che la Commissione non ha promosso dipendenti inclusi nell'elenco delle proposte. D'altra parte, dal verbale relativo alla 219a seduta del 25 settembre 1963 (allegato 1 alla controreplica) deduciamo che la Commissione ha esaminato soltanto le proposte di promozione sottopostele dalla Direzione dell'amministrazione e del personale; ivi si dice testualmente : «La commission examine ensuite les propositions soumises par la direction administration et personnel et arrête les promotions reprises à l'annexe 3 au présent procès-verbal». Questa formulazione potrebbe suggerire l'idea che la Commissione, nell'esame comparativo dei meriti, non ha considerato tutti i dipendenti che avevano i requisiti obiettivi per una promozione nel 1963, ma soltanto quelli che le furono presentati come meritevoli dai Comitati di avanzamento. In definitiva, questo sospetto è pero senza rilievo per il presente giudizio poiché, in seguito al ricorso gerarchico del 21 febbraio 1964, il caso del ricorrente, come risulta dalla decisione della Commissione del 7 aprile 1964, fu sottoposto a un nuovo ed accurato esame. Ciò dovrebbe essere sufficiente agli effetti dell'articolo 45. In particolare non sembra criticabile che la Commissione abbia rinunciato all'annullamento preliminare delle decisioni di promozione adottate per l'anno 1963, perché anche senza tale atto si può ripetere una corretta valutazione comparativa dei meriti di tutti i candidati alla promozione. |
c) |
Pure nei confronti della preparazione delle decisioni di promozione viene avanzata la censura secondo cui il Comitato d'avanzamento di Ispra non avrebbe avuto a disposizione il fascicolo personale del ricorrente e questi, prima della conclusione dei lavori del Comitato, non avrebbe avuto la possibilità di presentare delle osservazioni sul rapporto informativo per l'anno 1963. Per quanto riguarda anzitutto la conoscenza del fascicolo personale del ricorrente, che è rilevante a mio giudizio quando esistono i rapporti informativi di cui all'articolo 43, la Commissione ci ha espressamente assicurato che esso era a disposizione sia del Comitato di avanzamento di Ispra sia di quello centrale di Bruxelles. E il ricorrente non potrebbe fornirci altro che delle affermazioni in senso contrario e delle congetture circa il luogo in cui in quel momento si sarebbe trovato detto fascicolo. Tuttavia, su questo punto dovrebbe, in definitiva, essere decisivo il fatto che la Commissione poté prendere conoscenza del fascicolo in questione per lo meno in occasione dell'esame seguito alla presentazione del reclamo in via amministrativa. Analogamente stanno le cose per le osservazioni del ricorrente relative al rapporto informativo del 15 giugno 1964, le quali portano la data del 5 luglio 1964, mentre i lavori del Comitato di avanzamento furono conclusi il 17-18 giugno 1964. Certo, io non mi accontenterei dell'affermazione della Commissione secondo la quale il rapporto informativo sottoposto al Comitato sarebbe stato favorevole al ricorrente, le cui osservazioni non avrebbero quindi potuto aprire nuove prospettive (il ricorrente parla sempre di determinati lavori e di determinati meriti personali). Decisivo è però il fatto che la Commissione, nel formare la sua liste d'aptitude del 25 luglio 1963, o per lo meno in sede di esame del caso del ricorrente nel marzo 1964, poté prendere conoscenza delle sue osservazioni riguardo al sopramenzionato rapporto informativo. Poiché non si può prendere in considerazione la censura, avanzata per la prima volta nel dibattito orale, circa la violazione dell'articolo 4 dello Statuto del personale, in quanto si tratta di una deduzione processuale tardiva (articolo 42 del regolamento di procedura), vengo in sintesi a concludere che, nella preparazione delle decisioni di promozione impugnate, non è ravvisabile la violazione di norme procedurali essenziali. |
d) |
Per quanto riguarda il rilievo del ricorrente secondo cui, stando ai rapporti informativi esistenti, i suoi meriti sarebbero stati per lo meno eguali a quelli dei candidati promossi e quindi egli avrebbe avuto lo stesso diritto alla promozione di quest'ultimi, sarò molto breve. Il ricorrente trascura anzitutto il fatto che, secondo la giurisprudenza della Corte, ai fini della promozione si deve tener conto non soltanto del rendimento in servizio, ma anche di altri elementi soggettivi che si riferiscono al carattere e alla personalità dei dipendenti. La Corte si è inoltre ripetutamente e giustamente rifiutata di sostituire la propria decisione alle valutazioni soggettive' dell'amministrazione in materia di promozioni. In linea di principio, censure del genere di quella in esame non possono pertanto venire in considerazione nei giudizi relativi a detta materia. |
e) |
Anche a un'ultima censura di natura formale si può rapidamente replicare con un richiamo all'attuale giurisprudenza. Se la Corte di Giustizia non ritiene necessario che le decisioni di promozione siano provviste di motivazione per quanto riguarda i candidati non promossi, non si può ravvisare un vizio rilevante nel fatto che il Comitato di avanzamento di Ispra, che eseguiva un lavoro preparatorio, non abbia motivato l'esclusione del ricorrente dall'elenco delle proposte di promozione. |
f) |
Concludendo, nessuna delle censure avanzate nella causa 27-63 è valida. Il ricorso deve essere pertanto respinto in quanto infondato. |
2. Causa 30-64, 2a conclusione
Poiché nella causa 30-64 la prima domanda, a mio giudizio, dev'essere ritenuta irricevibile, mi occuperò subito dell'esame della seconda conclusione. Essa si riferisce alla decisione disciplinare della Commissione del 26 marzo 1964, e precisamente alla censura inflitta al ricorrente a norma dell'articolo 86, comma secondo, b, dello Statuto del personale, per il fatto che egli per settimane aveva svolto una sistematica campagna di denigrazione, con ricorso a mezzi sleali, nei confronti di altri dipendenti del Centro di Ispra, ledendo così la dignità del suo ufficio e pregiudicando il clima di collaborazione.
Per quanto riguarda questa decisione devono essere esaminate le seguenti censure :
a) |
In primo luogo, il ricorrente avanza delle critiche di natura procedurale sotto un duplice profilo: egli si duole della mancata partecipazione della Commissione di disciplina allo svolgimento del procedimento disciplinare, come pure delle modalità della propria audizione. Per quanto riguarda il primo punto, la censura avanzata sembra ingiustificata. Secondo ih chiaro disposto dell'articolo 87 dello Statuto, sanzioni disciplinari lievi (ammonizione scritta e censura) possono essere inflitte dalla autorità che ha il potere di nomina senza il parere della Commissione di disciplina. Come sostiene la Commissione, per l'osservanza delle competenze disciplinari ha importanza soltanto la sanzione inflitta, non la gravità dell'accusa. In tal modo è attribuito all'autorità che ha il potere di nomina una specie di potere discrezionale; vale a dire che detta autorità, nell'introdurre un procedimento disciplinare, può a priori mirare all'applicazione di sanzioni lievi, il che certamente non equivale alla predeterminazione della pena, che il ricorrente ritiene appunto inammissibile. Per quanto riguarda la corretta audizione del ricorrente nel procedimento disciplinare, si potrebbe anzitutto eccepire che si tratta di un mezzo di ricorso nuovo, dedotto per la prima volta in sede di replica e perciò inammissibile. Se non si vuol procedere con criteri così rigidi, dal momento che il ricorrente nell'atto introduttivo ha già avanzato critiche procedurali, anche se di altra natura, bisognerà chiedersi se la sua audizione da parte del solo vice-direttore del Centro di Ispra, possa essere ritenuta sufficiente. Io inclino verso questa opinione, in quanto nell'articolo 87 dello Statuto non è espressamente stabilito che il dipendente interessato debba essere sentito dall'autorità che ha il potere di nomina; Tale audizione appare indubbiamente desiderabile nell'interesse del principio dell'immediatezza. Essa però, proprio nel caso della categoria A in cui la Commissione come collegio è l'autorità che ha il potere di nomina, porterebbe ad eccessive complicazioni. Per ragioni pratiche, nel procedimento disciplinare non si dovrebbe quindi eccepire nulla contro l'audizione preparatoria da parte di un alto funzionario. A ben vedere non si può parlare di una vera delega di poteri (come invece avverrebbe in caso di applicazione della sanzione), cosicché può rimanere impregiudicata la questione del se, al momento dell'audizione dell'interessato (febbraio 1964), vi fosse già stata una delega di poteri disciplinali al Direttore del Centro nucleare di Ispra, o se ciò sia avvenuto solo in un momento successivo (con circolare 7-64 del 1964). La censura secondo cui sarebbero state violate le norme del procedimento disciplinare non può pertanto portare all'annullamento della decisione impugnata. |
b) |
In connessione con la prima censura ce n'è una seconda di natura formale: la motivazione della decisione disciplinare sarebbe contradittoria e perciò insufficiente perché, mentre fu rimproverata al ricorrente una grave violazione dei propri doveri d'ufficio, gli venne invece applicata solo una sanzione lieve. Anche questo mezzo, a mio giudizio, dev'essere respinto. È logico che l'autorità che ha il potere di nomina, in base al ricordato criterio di opportunità (certamente, salva l'osservanza del principio della parità di trattamento), possa non soltanto rinunziare al procedimento disciplinare, ma anche infliggere una sanzione lieve, ad esempio per motivi che non hanno nulla a che fare con l'infrazione (ineccepibile adempimento dei propri doveri d'ufficio per lunghi anni) senza con ciò toccare la questione della gravità degli addebiti mossi. In questa luce la contraddizione rilevata dal ricorrente è solo apparente, e la motivazione dell'atto impugnato può essere quindi ritenuta corretta. |
c) |
Per quanto riguarda la fondatezza della decisione disciplinare e l'esattezza degli addebiti in essa contenuti, bisogna distinguere vari aspetti :
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d) |
In sintesi il ricorrente non è riuscito a dimostrare vizi o scorrettezze nell'emanazione della decisione disciplinare che lo concerne il che m'induce a respingere anche la seconda conclusione del ricorso. |
3. Causa 30-64 — 3a conclusione
Resta perciò da esaminare soltanto la domanda diretta contro la decisione della Commissione in data 24 giugno 1964 decisione relativa al preteso comando o trasferimento del ricorrente a Bruxelles o a Jülich.
In proposito, le parti contrastano anzitutto sul problema del se la citata decisione abbia effettivamente ad oggetto un comando o trasferimento, oppure semplicemente una missione temporanea.
Questo punto, a mio giudizio, è importante perché dalla sua decisione potrebbe non soltanto dipendere la fondatezza del ricorso, ma anche la sua ricevibilità. A ben vedere, infatti, non tutte le disposizioni che vengono prese nell'ambito di un rapporto d'impiego sono atti impugnabili ai sensi dell'articolo 25 dello Statuto; mi richiamo qui alle mie conclusioni nelle cause riunite 109-63 e 13-64 (Raccolta, Vol. X, p. 1322 e segg.) nelle quali ho indicato quali criteri valgano, ai fini di tale delimitazione, nel diritto nazionale. Il punto decisivo sta nel vedere se la decisione presa tocchi lo status di un dipendente. Ora, per quanto riguarda le decisioni sui viaggi di servizio, non c'è alcun dubbio che esse, alla luce dei criteri ricordati, non possono in generale essere annoverate fra gli atti impugnabili, in quanto riguardano questioni di servizio o puramente interne ( 2 ).
Di conseguenza, se risultasse che nella fattispecie l'atto impugnato dispose solo una missione, se ne dovrebbe concludere che è impossibile prenderlo in esame in sede giurisdizionale, e che pertanto la domanda è irricevibile.
Considerandolo a posteriori, il nostro caso non dà luogo a difficoltà. Per quanto concerne Jülich, il ricorrente vi si trattenne solo poco tempo: un giorno o poco più. A Bruxelles rimase, in un primo tempo, tre o quattro giorni, poi iniziò le vacanze annuali e ritornò colà, per ordine orale del Direttore generale dell'amministrazione, sino alla fine di settembre. Solo con la decisione del 10 ottobre 1964, notificata al ricorrente il 15 ottobre 1964, avvenne il trasferimento definitivo a Bruxelles, annunciato come possibile in una lettera del Direttore generale dell'amministrazione del 16 settembre 1964. In relazione a ciò si procedette alla liquidazione delle spese del ricorrente in base alle norme relative alle spese di missione. Il carattere di viaggio di servizio non può essere messo in dubbio neppure con l'argomento che non sono state osservate le disposizioni della circolare n. 36-63 sull'autorizzazione delle missioni, perché questa circolare viene in considerazione soltanto qualora non sia la Commissione stessa, com'è invece avvenuto nel presente caso, a decidere il viaggio in questione.
Il giudizio è più difficile se ci si basa sui documenti che furono comunicati al ricorrente prima dell'inizio del suo viaggio, e ciò anche a prescindere da certi documenti prodotti dal ricorrente, i quali appaiono irrilevanti in quanto o si riferiscono a una vicenda precedente ormai risolta, e in particolare alle considerazioni su un trasferimento connesso con una candidatura presentata dal ricorrente stesso (decisioni della Commissione del 26 marzo 1964 e del 15 aprile 1964; nota della Direzione generale dell'amministrazione del 25 marzo 1964; lettera della Direzione generale dell'amministrazione del 25 marzo 1964; lettera della Direzione generale dell'amministrazione del 9 giugno 1964; nota della Direzione generale dell'amministrazione dell'11 giugno 1964) o provengono da dipendenti che non avevano potere di decisione in tale materia (lettera Gazzano del 26 agosto 1964).
Sta di fatto che, in vari promemoria inviati al ricorrente dal Direttore generale del Centro di ricerche di Ispra in data 25 e 26 giugno 1964, è detto che il ricorrente deve presentarsi il 29 giugno a Bruxelles onde prendervi servizio, formula che viene certo attenuata dall'aggettivo «provvisoriamente» e dall'aggiunta che una presentazione a Jülich era prevista per la settimana seguente, ma che, obiettivamente considerata, fa pensare a un comando o a un trasferimento piuttosto che a un viaggio di servizio. In definitiva, è decisivo il testo della disposizione adottata dalla Commissione, in cui è detto : «Si l'intéressé ne peut prendre effectivement ses fonctions à Jülich dans les meilleurs délais, il sera invité à se présenter aussitôt pour y recevoir toutes instructions utiles.» Esso non lascia a mio giudizio alcun dubbio sul fatto che non veniva disposto un comando a Jülich e che il ricorrente doveva invece recarsi a Bruxelles per una visita preliminare.
Di conseguenza, in base all'effettiva attuazione dell'ordine, si deve constatare che ci troviamo semplicemente di fronte a un ordine relativo a un viaggio di servizio, cioè a un atto di carattere interno e come tale sottratto all'esame della Corte. Una domanda in tal senso sarebbe quindi irricevibile. Tutt'al più, nel provvedere sulle spese si protrebbe tener conto del fatto che le circostanze che accompagnarono l'atto creavano una quantità di dubbi e perplessità e perciò potevano dare obbiettivamente motivo alla presentazione di un ricorso.
Se non voleste accogliere questa delimitazione del diritto di ricorso in materia di rapporti d'impiego, in considerazione del fatto che le decisioni sui viaggi di servizio — in ispecie se comportano una lunga assenza o incidono sui diritti individuali (vacanze) — possono gravare sensibilmente sulla vita privata di un dipendente, si dovrà esaminare se i mezzi di ricorso dedotti contro la decisione impugnata siano fondati.
a) |
Questo non è certamente il caso per quanto riguarda lacensura secondo cui il testo della decisione non venne notificato al ricorrente. Dal momento che l'articolo 25 dello Statuto prescrive la comunicazione in forma scritta, tale requisito fu nella fattispecie sufficientemente osservato mediante la comunicazione del contenuto essenziale della decisione controversa nei ricordati promemoria del Direttore del Centro di ricerche di Ispra. Inoltre, si deve notare che l'omessa comunicazione non rende illegittimo l'atto emanato. Come sottolinea la Commissione e come ho già rilevato in altri procedimenti, essa ha soltanto la funzione di determinare l'efficacia dell'atto nei confronti del destinatario e di far decorrere per lui il termine d'impugnazione. |
b) |
La decisione della Commissione non può neppure essere criticata in relazione al fatto che il ricorrente era membro del locale Comitato del personale. Per quanto egli deduca che il trasferimento a Bruxelles rientrava negli sforzi sistematici per allontanarlo dal Comitato del personale, resta da considerare che la decisione qui impugnata portava ad un allontanamento solo 'provvisorio. Del resto, non è stato dimostrato che l'attività del Comitato del personale sia stata pregiudicata anche da un'assenza provvisoria del ricorrente, il che avrebbe potuto avvenire solo se, durante quel periodo, il ricorrente avesse dovuto svolgere compiti importanti e la sua sostituzione da parte di altri membri del Comitato fosse stata impossibile. |
c) |
A gravi dubbi potrebbe invece dar luogo la brevità del preavviso, il fatto che l'ordine di presentazione a Bruxelles pregiudicava le vacanze annuali del ricorrente, fissate da molto tempo, e portava ad una assenza di considerevole durata. Certamente, gli interessi del servizio possono in determinate circostanze esigere tali sacrifici. In proposito, tuttavia, l'autorità amministrativa deve fornire un'adeguata giustificazione. Nella fattispecie, invece, alla luce di tutti gli elementi a noi noti, sorge piuttosto l'impressione che il precipitoso provvedimento della Commissione non fosse assolutamente necessario e ciò sia per quanto concerne la preparazione di un diverso impiego del ricorrente che fu trovato solo nell'ottobre 1964, sia per quanto riguarda l'eliminazione della tensione esistente negli organismi di Ispra; Si potrebbe pertanto parlare di una violazione dei doveri incombenti alla Commissione nei confronti dei suoi dipendenti. Tale violazione ci porta a dichiarare illegittimo il suo provvedimento e fondata la richiesta di risarcimento formulata dal ricorrente. Per lo meno, su questo punto sarebbe indispensabile un'ulteriore indagine prima di poter respingere la censura del ricorrente, sempre naturalmente presupponendo che essa sia ricevibile, il che io non credo. |
III — Riassunto
Riassumendo le precedenti considerazioni, e senza che sia necessario occuparsi delle prove offerte, giungo al seguente risultato.
Sono irricevibili le conclusioni del ricorso 30-64 dirette all'annullamento della decisione con cui fu respinto il ricorso gerarchico del ricorrente in data 21 febbraio 1964, come pure della decisione relativa al preteso comando a Bruxelles. Le restanti domande dei ricorsi 27 e 30-64 vanno pure rigettate perché infondate. Per quanto riguarda le spese del giudizio, ivi comprese quelle relative all'istanza di sospensione dell'esecuzione, a norma dell'articolo 70 del regolamento di procedura, la Commissione deve in ogni caso sopportare le proprie spese. Inoltre mi sembra opportuno farle sopportare una parte di quelle del ricorrente, in considerazione delle oscurità che caratterizzano l'impugnata decisione di trasferimento, mentre le rimanenti spese restano a carico del ricorrente stesso.
( 1 ) Traduzione dal tedesco
( 2 ) V. Plog-Wiedow, Kommentar zum Bundesbeamlengesetz, note 8 e 11 al paragrafo 172.