21.7.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 257/6


Parere del Comitato europeo delle regioni sul tema «Prepararsi alle crisi e gestirle: rafforzare la resilienza dell'Unione e delle sue regioni e città»

(2023/C 257/02)

Relatore:

Christophe CLERGEAU (PSE/FR), membro del consiglio regionale dei Paesi della Loira

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI (CdR)

Preparazione della società: un nuovo approccio alla preparazione ai rischi e alle crisi

1.

ritiene che, anche se non sappiamo ancora quali saranno le crisi che in futuro colpiranno l'Europa, le sue città, le sue province e le sue regioni, possiamo già prevedere quali saranno le vittime di tali crisi. Le crisi ignorano i confini amministrativi e richiedono quindi un approccio multilivello, che coinvolga tutte le amministrazioni comunali, gli enti territoriali intermedi (province, dipartimenti ecc.) e il livello regionale. Per evitare queste vittime, dobbiamo sviluppare una cultura dei rischi e delle crisi, un nuovo approccio alla sicurezza, alla salute e al benessere delle persone, basato sulla preparazione della società. Questa è appunto l'idea sulla quale si basa il presente parere;

2.

osserva che la principale caratteristica delle crisi degli ultimi anni è stata la loro natura brutale e imprevedibile. Le catastrofi e gli eventi estremi collegati ai cambiamenti climatici potrebbero e dovrebbero essere immaginati e anticipati, ma la loro violenza e la loro regolarità superano ogni aspettativa. La crisi della COVID-19 o la guerra in Ucraina e le conseguenti sofferenze per le popolazioni dimostrano l'esistenza di un nuovo modello di crisi, imprevedibili e su vasta scala. Di fronte a questi fenomeni, non bastano né gli approcci globali in materia di prevenzione (agire per evitare rischi noti e valutabili in termini di probabilità), né il principio di precauzione (agire per evitare l'insorgere di nuovi rischi gravi e irreversibili per la salute umana o per l'ambiente);

3.

ritiene che l'Europa debba investire in una nuova direzione, ovvero nella preparazione della società, che può essere definita come la capacità collettiva di preparare le società ad affrontare, in uno spirito di coesione e solidarietà, le sfide del futuro e in particolare le crisi e le catastrofi. La preparazione della società significa porre soprattutto l'accento sulla dimensione civica, sociale e umana, sull'accesso ai servizi e sulla qualità del sostegno alle persone. Le crisi e le catastrofi colpiscono infatti principalmente le categorie più vulnerabili. È questo è uno degli insegnamenti tratti dalla crisi della pandemia di COVID-19;

4.

ritiene che l'approccio globale alla resilienza debba basarsi sulla combinazione di due elementi: lo sviluppo della capacità delle società di guidare le trasformazioni necessarie di fronte alle sfide delle disuguaglianze economiche, sociali e territoriali, dei cambiamenti climatici e della transizione verde, ma anche lo sviluppo della capacità di affrontare le vulnerabilità delle società di fronte ai rischi, alle crisi e alle catastrofi, in particolare attraverso la realizzazione di attività di preparazione della società;

5.

propone di introdurre una distinzione tra le vulnerabilità collegate ai rischi noti, principalmente ambientali, demografici e industriali, e le vulnerabilità collegate a rischi non noti, siano essi una conseguenza dei cambiamenti climatici, delle emergenze sanitarie o delle attività umane. Tali vulnerabilità non possono essere scongiurate dall'adozione di piani di gestione, per quanto sofisticati essi possano essere; affrontare queste vulnerabilità, soprattutto quelle del secondo tipo, significa dare priorità allo sviluppo di una cultura delle crisi e dei rischi e di una capacità collettiva di far fronte alle incertezze e alle catastrofi;

6.

chiede che l'analisi delle vulnerabilità sociali e territoriali diventi una priorità politica per l'UE, in quanto senza queste informazioni sarà difficile preparare le società. Solo mettendo in evidenza tali vulnerabilità e comprendendo pienamente la loro natura, sarà possibile fornire risposte efficaci a livello europeo e nazionale, ma soprattutto in ciascuna delle nostre città, province e regioni. È infatti opportuno usare cautela rispetto a un approccio eccessivamente globale a vulnerabilità considerate su una scala geografica troppo ampia e privilegiare invece un approccio locale che consenta di affrontare in maniera più accurata le realtà che vive concretamente la popolazione;

7.

pur riconoscendo che le politiche in materia di protezione civile rientrano in primo luogo tra le competenze degli Stati membri, osserva che poiché le attività di prevenzione, previsione/preparazione della società e soccorso sono molto spesso svolte dagli attori locali, dalle città e dalle province (o dai dipartimenti, ecc.), che sono in genere competenti per tali compiti, con il sostegno delle regioni. Questi enti devono quindi essere strettamente coinvolti negli interventi di progettazione, attuazione e monitoraggio di tali attività ed essere dotati dei mezzi — in particolare giuridici e finanziari — necessari a questo scopo, conformemente al principio di sussidiarietà attiva e secondo un approccio di governance multilivello che coinvolga e includa tutti i livelli territoriali;

8.

sottolinea l'esigenza di rafforzare la capacità delle città e delle regioni di fornire, anche in tempi di crisi, i servizi necessari ai cittadini. Una misura essenziale per raggiungere tale obiettivo consiste nel rafforzare la sicurezza comune dell'approvvigionamento in tutta Europa. Ciò richiede l'individuazione delle dipendenze critiche, la produzione sul territorio europeo della maggior parte dei prodotti e servizi essenziali e la garanzia di meccanismi del mercato unico che permettano di rafforzare la sicurezza dell'approvvigionamento di materie prime, materiali e derrate alimentari. Anche le infrastrutture critiche devono essere rafforzate per garantire il mantenimento delle condizioni di vita in caso di crisi.

Porre l'analisi della vulnerabilità al centro della futura politica di coesione

Un indice e un quadro di valutazione per comprendere meglio i rischi connessi alle vulnerabilità territoriali e demografiche e tenere conto di tali rischi

9.

accoglie con favore la mobilitazione del Centro comune di ricerca (JRC) e della sua unità di gestione dei rischi, allo scopo di introdurre un «indice» di vulnerabilità (1) che combini le dimensioni ambientale, territoriale, economica e sociale. Auspica che il JRC disponga di tutto il sostegno politico e finanziario necessario per compiere progressi in questo processo;

10.

sottolinea l'importanza della dimensione sociale della vulnerabilità, troppo spesso dimenticata o trascurata, ma che rappresenta invece un elemento chiave della resilienza. Qualsiasi analisi della vulnerabilità dovrebbe integrare pienamente i concetti di accesso alle persone, sostegno sociale e accesso delle persone vulnerabili al sistema sanitario e ai servizi sociali, oltre che di riduzione del divario digitale e di una migliore accessibilità del digitale. Il CdR insiste in particolare sui seguenti aspetti: la vulnerabilità delle minoranze, delle donne, delle persone indigenti, degli anziani e dei disabili, nonché delle persone con malattie croniche, e l'importanza delle vulnerabilità sociali nelle regioni ultraperiferiche e nei territori insulari e isolati, che sono in prima linea nella lotta contro i cambiamenti climatici;

11.

appoggia gli sforzi compiuti dal JRC per migliorare la qualità dei dati e dell'«indice di vulnerabilità», sostiene la volontà di una maggiore collaborazione a tal fine tra il JRC, le altre direzioni generali (DG) della Commissione e gli Stati membri, conferma l'utilità di applicare tale indice a tutti i livelli territoriali (NUTS 2, NUTS 3 e soprattutto a livello locale), e ribadisce la sua richiesta di pubblicare un quadro di valutazione delle vulnerabilità che consenta di visualizzare la realtà concreta in ciascun territorio; a tal fine, raccomanda agli Stati membri e agli enti territoriali di investire nella valutazione dei rischi, in particolare da un'ottica incentrata sulla vulnerabilità, e di pubblicare i risultati di questi lavori per consolidare la cultura del rischio nell'Unione europea;

12.

richiama l'attenzione sulla necessità di disporre di dati che consentano di tracciare effettivamente un quadro delle popolazioni più vulnerabili, il che significa disporre di dati non aggregati ed effettuare controlli incrociati su di essi per mettere in evidenza realtà specifiche (ad esempio le donne in condizioni di indigenza); insiste inoltre sulla necessità di disporre di dati che attestino i problemi di accesso ai servizi;

13.

ritiene che, anziché cercare di sviluppare un indicatore perfetto, sia prioritario sperimentare tale indicatore come strumento utile per prendere decisioni; accoglie con favore il fatto che diverse organizzazioni comunitarie abbiano intrapreso questo percorso e auspica l'avvio di un programma pilota che riunisca le città, le province e le regioni che desiderano sperimentare l'impiego dell'indicatore di vulnerabilità al fine di confrontarlo con la percezione locale delle realtà e di orientare le loro politiche e i loro investimenti;

14.

suggerisce che il JRC potrebbe avviare un processo per la creazione di una piattaforma europea di scambio basata su un approccio globale in materia di vulnerabilità, anticipazione, preparazione e gestione dei rischi e delle crisi, coinvolgendo le istituzioni europee, gli Stati membri, gli enti locali e regionali e le parti interessate; la piattaforma potrebbe basarsi sull'esperienza delle piattaforme di specializzazione intelligente e ricevere finanziamenti dal programma Interreg Europa. La nuova piattaforma si baserebbe in particolare sulla rete europea della conoscenza in materia di protezione civile (2), che dovrebbe anch'essa essere sostenuta e sviluppata;

15.

propone di mobilitare le città, le province e le regioni affinché partecipino a tutte queste iniziative;

16.

incoraggia la creazione di una rete europea di movimenti civici e associazioni non governative che si impegnino nella prevenzione e gestione dei rischi e delle crisi e nella preparazione delle società ad affrontarle; invita la Commissione a manifestare un interesse in tal senso e a favorirne la nascita. È quindi disposto a contribuire, unitamente alla rete europea della conoscenza in materia di protezione civile, a tale creazione organizzando ogni anno, in collaborazione con l'Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio di catastrofi — UNDRR e la Commissione europea, un evento con la partecipazione di tutti questi attori.

Affrontare le vulnerabilità: una nuova priorità per la politica di coesione

17.

desidera sottolineare come le recenti crisi abbiano dimostrato che le vulnerabilità dei territori e delle popolazioni possono tradursi in profonde e nuove disuguaglianze in termini di salute e benessere; sottolinea pertanto che affrontare le vulnerabilità sociali e territoriali dovrebbe diventare una priorità politica della politica di coesione; in quest'ottica, si dovrebbe quindi rafforzare la dimensione sociale della politica di coesione al di là delle questioni dell'occupazione e della formazione, concentrandosi sulle sfide in materia di inclusione e di accesso ai servizi sanitari e sociali. Questo rafforzamento consentirebbe anche di avvicinare la politica di coesione ai cittadini;

18.

ritiene che lo sviluppo di un «indice» e di un quadro di valutazione delle vulnerabilità dei territori sia essenziale per avviare il dibattito politico sulle risposte da fornire al riguardo nel contesto della futura politica di coesione: questa dovrebbe anche tenere conto, in tutte le sue componenti, dei dati a livello NUTS 3 al fine di garantire un approccio più mirato, comprensibile ed efficiente;

19.

rimane cauto quanto all'utilizzo di un «indice» di vulnerabilità come strumento di aiuto per le decisioni da adottare sulla distribuzione dei fondi della politica di coesione, ma sottolinea che occorre un'azione più intensa di tale politica nelle regioni più vulnerabili;

20.

suggerisce di dedicare alla resilienza alle crisi e alla gestione delle vulnerabilità sociali e territoriali un asse di programmazione della politica di coesione, nonché di introdurre finanziamenti integrativi (top up) per le regioni e le province che sono particolarmente vulnerabili e che scelgono di mobilitare, in maniera molto incisiva, la politica di coesione intorno a tale asse;

21.

ritiene, tuttavia, che la politica di coesione, pur potendo e dovendo rappresentare uno strumento al servizio di una strategia di preparazione della società, non possa assumersi l'onere del risarcimento dei danni provocati da catastrofi gravi; è altresì dell'avviso che il nuovo dispositivo «riserva di solidarietà e per gli aiuti d'urgenza» continui ad essere incentrato soprattutto sulla risposta immediata alle catastrofi e alle pandemie piuttosto che sulla riparazione delle loro conseguenze; invita pertanto a prendere in considerazione la possibilità di introdurre un meccanismo di intervento permanente per riparare i danni gravi causati da catastrofi in un determinato territorio;

22.

propone di favorire, nel quadro di programmi di finanziamento europei quali Interreg, Orizzonte Europa o Erasmus+, la diffusione di progetti di cooperazione interregionale, che dovranno essere elaborati in funzione della situazione geografica che caratterizza i vari territori e che potranno così dar luogo a una cooperazione con paesi terzi. Tali progetti saranno incentrati sulla resilienza alle crisi e la gestione delle vulnerabilità, in particolare per quanto riguarda l'approccio transfrontaliero ai rischi e alle crisi, che rappresenta una potente leva per avvicinare le diverse pratiche degli Stati membri riguardo a specifiche tematiche. A questo proposito, una componente specifica di Interreg e lo strumento del GECT sono probabilmente indispensabili;

23.

riconosce che, anche se gli strumenti a livello dell'UE si sono dimostrati molto utili, si può comunque fare di più per superare le sfide in materia di cooperazione transfrontaliera sul piano giuridico e amministrativo, il che garantirebbe anche una maggiore solidarietà europea qualora gli ostacoli a tale cooperazione fossero eliminati; a tale proposito, chiede alla Commissione europea di rilanciare l'adozione del meccanismo per eliminare gli ostacoli giuridici e amministrativi o «meccanismo transfrontaliero europeo» (European Cross-Border Mechanism — ECBM).

Passare dalla gestione dei rischi a una cultura condivisa dei rischi: preparare l'Europa e i suoi territori alle crisi e alle catastrofi

24.

constata che, dalla crisi della COVID-19, le politiche europee in materia di protezione civile e sanità pubblica si sono moltiplicate. Sono infatti numerose le iniziative finora promosse, tra le quali RescEU e l'Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA). La risposta europea alla guerra in Ucraina ha innescato una risposta globale in termini di sostegno delle popolazioni, che ha posto in evidenza la dimensione umana e sociale della gestione delle crisi. Oltre che alla gestione delle crisi, tema imprescindibile e ancora di piena attualità, il CdR auspica che sia ormai data priorità alla preparazione della società, vale a dire alla prevenzione dei rischi, alla preparazione alle crisi e alla diffusione in Europa di una cultura condivisa dei rischi e delle crisi;

25.

sottolinea il ruolo importante che svolge il Centro di coordinamento della risposta alle emergenze (ERCC) quale punto focale per il coordinamento delle risposte europee alle crisi, in particolare per quel che riguarda la guerra in Ucraina o il terremoto in Turchia. La gestione di queste ultime due emergenze ha messo in luce la dimensione umana e sociale della gestione delle crisi. Per questo motivo, oltre alla gestione delle crisi, tema imprescindibile e ancora di piena attualità, il CdR auspica che sia ormai data priorità anche alla preparazione della società, vale a dire alla prevenzione dei rischi, alla preparazione alle crisi e alla diffusione in Europa di una cultura condivisa dei rischi e delle crisi.

Obiettivi dell'Unione europea in materia di resilienza alle catastrofi

26.

accoglie con favore la presentazione, da parte della Commissione, della raccomandazione e della comunicazione sugli obiettivi dell'UE in materia di resilienza alle catastrofi, ne condivide i principi generali, che tengono conto di molte delle proposte formulate in suoi precedenti pareri, esprime soddisfazione per il fatto che le realtà locali e regionali siano prese maggiormente in considerazione, e sottolinea l'interesse delle loro iniziative faro; è convinto che tale quadro di riferimento, pur non vincolante, consentirà di rafforzare la convergenza delle pratiche negli Stati membri e, di conseguenza, anche la qualità della preparazione alle crisi, e auspica di essere strettamente associato al Forum della protezione civile che si terrà nel 2024 e sarà l'occasione per stilare un primo bilancio e adattare gli obiettivi della comunicazione;

27.

incoraggia le regioni a cogliere le nuove opportunità di partecipazione a iniziative e di finanziamento di progetti, in particolare nell'ambito dell'obiettivo 2 «Prepararsi» e dell'iniziativa faro «PreparEU»; intende contribuire a un maggiore coinvolgimento degli enti locali e regionali nella rete europea della conoscenza in materia di protezione civile;

28.

deplora, tuttavia, che tali documenti rientrino solamente nel quadro del meccanismo di protezione civile dell'UE e non presentino una visione più globale delle questioni della vulnerabilità e della resilienza dell'Europa e delle sue città e regioni rispetto alle crisi;

29.

accoglie con favore l'introduzione di prove di stress sulla resilienza dei centri operativi di emergenza, ma chiede di estendere questa procedura ai dispositivi nazionali, regionali e locali in materia di allerta e di gestione delle crisi, e propone di tenere maggiormente conto, in tali prove di stress, di tutti i fattori di vulnerabilità, compresi quelli sociali e territoriali;

30.

invita le regioni / gli enti locali a effettuare prove di stress sulla base di scenari che corrispondano al quadro dei rischi a livello locale/regionale. Si potrebbero altresì promuovere l'elaborazione di atlanti dei rischi a livello locale/regionale e azioni di sensibilizzazione e preparazione del pubblico in materia di rischi, nonché attività collegate al futuro mese UE di preparazione alle crisi proposto nella comunicazione sugli obiettivi dell'Unione in materia di resilienza alle catastrofi.

Costruire una cultura comune dei rischi e delle crisi in seno alla comunità degli organi decisionali locali, nazionali ed europei

31.

osserva che la maggior parte degli attori incontrati è favorevole all'elaborazione di un quadro strategico europeo in materia di rischi e crisi, per consentire lo sviluppo di un approccio sistemico e coordinato, attualmente considerato assente, e che molti di tali attori fanno riferimento alla prospettiva di creare una DG «Rischi e crisi» competente sia in materia di preparazione delle società, sia in materia di prevenzione e gestione dei rischi e delle crisi derivanti dalle nostre vulnerabilità;

32.

afferma che la sfida principale in materia di rischi e crisi consiste nel cambiare la mentalità dei decisori e dei processi decisionali politici. La stragrande maggioranza dei responsabili politici non riceve alcuna formazione né in materia di anticipazione e gestione delle crisi né in materia di sfide riguardanti la resilienza. I dispositivi dedicati alla gestione di rischi chiaramente identificati si sono moltiplicati, determinando una frammentazione delle politiche pubbliche, a scapito di una visione globale incentrata sulla resilienza, sull'analisi delle vulnerabilità sociali e territoriali e sulla preparazione su come affrontare rischi non noti. Occorre quindi diffondere una nuova cultura collettiva dei rischi e delle crisi, basata sul principio della preparazione della società;

33.

propone pertanto la creazione di una Scuola europea dei rischi e delle crisi, che offra percorsi formativi per i responsabili politici e i responsabili operativi, sviluppi quadri di riferimento professionali e un sistema di accreditamento per creare comunità professionali coerenti e facilitare la mobilità e il riconoscimento reciproco, sostenga la formazione continua, sviluppi reti e attività per lo scambio di conoscenze ed esperienze, organizzi seminari sui riscontri ottenuti dalle esperienze, nonché sull'elaborazione di strategie e risposte operative innovative;

34.

sottolinea che, se le crisi globali possono iniziare al di fuori dell'Europa, le loro conseguenze possono farsi sentire in qualsiasi Stato membro, ad esempio sotto forma di crisi dei rifugiati o di problemi di accesso a prodotti critici. Occorre adoperarsi per rafforzare la capacità di anticipare le crisi globali e di prevenirle attraverso un'azione concertata, anche al di fuori dell'Unione europea;

35.

ritiene che intervenire là dove emergano nuovi rischi sia nell'interesse dell'Europa, al fine di limitare l'esposizione dell'Unione ai rischi. Gli organi competenti dell'Unione devono pertanto disporre dei mezzi per operare in rete con numerosi organismi di cui il CdR è già partner (in particolare, a livello internazionale, con l'Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio di catastrofi — UNDRR, la sua piattaforma per l'Europa e l'Asia centrale e l'iniziativa MCR2030 — Making Cities Resilient = Rendere le città resilienti 2030) e per partecipare a interventi al di fuori dell'UE, in collaborazione con i paesi interessati, non appena vengano individuati i rischi, mobilitando a tal fine risorse significative. Tale cooperazione dovrebbe riguardare anche la fase preparatoria e, in particolare, le misure volte a prevenire, ridurre le vulnerabilità e preparare le società alle crisi. A tale scopo, i meccanismi esistenti e i forum delle parti interessate, come ad esempio la rete europea della conoscenza in materia di protezione civile, dovrebbero rafforzare i loro partenariati con gli attori della società civile e le ONG locali.

Società resilienti e preparate per affrontare in maniera più efficace i rischi e le crisi

36.

ritiene che uno dei fondamenti stessi della resilienza sia la capacità dei cittadini di mobilitarsi per gestire le prime ore di una crisi in attesa dell'arrivo dei soccorsi. Ciò presuppone sia una formazione preliminare per ciascun cittadino e una preparazione per ciascun nucleo familiare, sia una serie di pratiche in materia di solidarietà adottate a livello locale. L'Unione europea dovrebbe pertanto dotarsi di una «strategia di 72 ore per affrontare le crisi», adattata a livello locale tenendo conto delle specificità di ciascun paese e di ciascuna regione, basandosi in particolare sugli insegnamenti tratti dalle esperienze di paesi come il Giappone o gli Stati Uniti;

37.

desidera affermare due forti convinzioni: il modo migliore per cambiare mentalità consiste nel formare i bambini e i giovani; un forte impegno a livello civico, di vita associativa e di volontariato è il motore migliore della resilienza delle società. In quest'ottica, il CdR propone di integrare gli obiettivi dell'Unione in materia di resilienza alle catastrofi con tre nuove iniziative faro:

la diffusione generalizzata, in funzione delle condizioni e delle esigenze locali e regionali, delle «palestre sui rischi» (risk factories(3) già sperimentate in diversi paesi per formare tutti i bambini, di età compresa tra i 6 e i 10 anni, sulle domande giuste da porsi e sui comportamenti corretti da assumere per prepararsi ai rischi e per affrontarli;

la creazione di un quadro di riferimento europeo per la formazione in materia di prime reazioni e di primo soccorso, che permetta di rendere disponibili, in ogni paese, formazioni con crediti trasferibili e capitalizzabili che tutti i giovani sarebbero incoraggiati ad ottenere prima dei 20 anni di età;

una campagna europea per promuovere l'impegno civico volontario sia nelle associazioni di volontariato che nelle associazioni non governative;

38.

invita inoltre ad abbandonare gli approcci probabilistici ai rischi che tendono sistematicamente a sottovalutarne alcuni molto significativi, come è successo con le epidemie, a non limitarsi a piani d'azione per gestire i rischi ambientali e industriali noti e valutabili in termini di probabilità, ma piuttosto a mettere in atto in ogni città, provincia e regione, senza eccezioni, una strategia di resilienza e una piattaforma di mobilitazione locale per organizzare gruppi locali per la resilienza e preparare le società alle crisi, prestando particolare attenzione al sostegno delle popolazioni più vulnerabili. Queste piattaforme locali per la resilienza dovranno basarsi sulla mobilitazione dei cittadini, incoraggiare l'interdisciplinarità, agevolare lo scambio e l'interoperabilità dei dati, promuovere la cooperazione, soprattutto transfrontaliera, rendere più fluida la catena della risposta alle crisi e rafforzare le capacità di resilienza rispetto a queste ultime;

39.

fa appello a una mobilitazione molto forte per rimediare al problema della povertà digitale, che costituisce un rischio aggiuntivo in un contesto di crisi, in quanto comporta che una parte significativa della popolazione non abbia accesso a informazioni e a servizi essenziali; insiste sulla necessità di creare nelle città e nelle regioni una rete di punti di accesso materiale alle informazioni, al soccorso e a un'assistenza umana che siano quanto più vicini possibile alla popolazione e operativi in caso di crisi.

RescEU e i sistemi di coordinamento della risposta alle emergenze

40.

è favorevole a qualsiasi tipo di investimento finanziario europeo volto a rafforzare RescEU per consentire non solo di aumentare la capacità dell'UE di fornire risposte rapide e globali in piena autonomia, ma anche di potenziare il ruolo dell'Unione nella gestione dei rischi e delle catastrofi;

41.

accoglie con favore l'iniziativa ERCC 2.0, che punta a rafforzare la capacità di anticipare, prevedere e preparare gli eventi intersettoriali a livello dell'UE, nonché a continuare a migliorare i sistemi di allarme rapido e a investire in tali sistemi per garantire che le informazioni trasmesse e la sensibilizzazione attuata tempestivamente vengano tradotte in azioni concrete. Riconosce il lavoro svolto dalla Commissione europea in questo campo, in linea con le sue competenze in materia di sistemi di allarme rapido e nel quadro della legislazione sul meccanismo unionale di protezione civile volto a sviluppare sistemi transfrontalieri di rilevamento, d'informazione e di allarme quali EFAS (European Flood Awareness System — Sistema europeo di allarme inondazioni), EFFIS (European Forest Fire Information System — Sistema europeo d'informazione sugli incendi boschivi) e EDO (European Drought Observatory — Osservatorio europeo sulla siccità).

HERA e l'Unione europea della salute

42.

fornisce il proprio sostegno all'HERA e all'intervento in corso da un anno e volto, in particolare, a individuare i rischi sanitari, definire gli scenari di gestione e individuare contromisure mediche, rafforzare le catene del valore e la capacità di produrre in Europa i beni e i servizi di cui abbiamo bisogno; ricorda che l'HERA necessita di un sostegno politico e finanziario rinnovato e continuo per diversi anni, al fine di svolgere efficacemente i suoi compiti;

43.

riconosce che è difficile valutare l'azione dell'HERA dopo un solo anno di attività di tale Autorità, ma torna a chiedere di associare più efficacemente il Parlamento europeo, come pure città, regioni e attori della società civile, ai lavori degli organi dell'HERA, e in particolare del suo forum consultivo;

44.

accoglie con favore la diffusione di nuovi approcci di tipo «One Health» che consentono di eliminare i compartimenti stagni tra i settori della salute umana, della salute animale e della salute ambientale e di inglobare le politiche sanitarie in un approccio coerente in materia di sviluppo sostenibile;

45.

lancia nuovamente un forte monito alla Commissione e al Consiglio riguardo agli sforzi insufficienti messi in campo per potenziare in Europa la produzione dei beni e dei medicinali di cui abbiamo bisogno per far fronte alle crisi sanitarie, e in merito alle pratiche degli acquirenti pubblici che, in molti paesi, privilegiano prezzi bassi a discapito della produzione europea di questi prodotti, dimenticando quindi gli insegnamenti che abbiamo tratto dalla crisi della COVID-19;

46.

propone che la resilienza dei sistemi sanitari, compresi la medicina territoriale e gli ospedali, sia un tema di lavoro aperto nel quadro dell'Europa della salute, coinvolgendo gli Stati membri e gli enti locali e regionali competenti. Si tratta in particolare di garantire che la continuità dell'assistenza possa essere assicurata durante i periodi di crisi, grazie alla disponibilità di adeguate capacità di accoglienza preesistenti o temporanee. A questo proposito, il CdR chiede che siano realizzati studi per valutare le conseguenze dei rinvii o delle interruzioni di cure o terapie a seguito dell'emergenza COVID-19, in particolare per quanto riguarda i tumori, le malattie croniche e la salute mentale;

47.

chiede che il dibattito sull'utilizzo dei dati sanitari sia approfondito, al fine di individuare le popolazioni più vulnerabili alle crisi, facilitando in tal modo il sostegno sociale e la continuità dell'assistenza sanitaria per tali popolazioni. Nel valutare le sfide sul piano etico e operativo, il CdR incoraggia la creazione di uno «spazio europeo dei dati sanitari» per raccogliere dati, migliorarne la qualità e metterli a disposizione dei servizi pubblici locali; mette in guardia contro il rischio che intere fasce della popolazione non siano incluse nei dati sanitari raccolti a causa della loro esclusione o del divario digitale.

Per un approccio trasversale alla vulnerabilità, alla preparazione alle crisi e alla gestione delle crisi

48.

propone di tenere conto dell'indice e del quadro di valutazione delle vulnerabilità per orientare gli sviluppi delle varie politiche dell'UE al di là della politica di coesione (quali la politica agricola comune, la politica di ricerca e innovazione o l'Unione europea della salute). Per realizzare tale azione, una task force inter-DG in seno alla Commissione potrebbe rivelarsi particolarmente utile;

49.

sostiene un approccio alla resilienza fin dalla progettazione (resilience by design), che consenta l'integrazione degli impatti della resilienza e della vulnerabilità sin dalle prime fasi dell'elaborazione delle politiche pubbliche, della regolamentazione e dei piani d'azione, dei principali programmi di investimento, delle grandi infrastrutture, ecc;

50.

ritiene che gli appalti pubblici abbiano un ruolo importante da svolgere per creare innovazioni, sperimentare nuove solidarietà a livello locale e rafforzare la resilienza delle infrastrutture e delle attrezzature dei territori;

51.

promuove la creazione, nell'ambito di Orizzonte Europa, di una «missione» sulla resilienza ai rischi e alle crisi (gestione, preparazione, cultura condivisa, vulnerabilità), complementare al polo di ricerca «Sicurezza civile per la società», che dovrà continuare a dedicarsi allo sviluppo di metodi e tecnologie, in modo da poter essere trasformato in un laboratorio vivente di innovazione e mobilitazione radicate nelle realtà delle città e delle regioni.

Bruxelles, 24 maggio 2023

Il presidente del Comitato europeo delle regioni

Vasco ALVES CORDEIRO


(1)  https://drmkc.jrc.ec.europa.eu/risk-data-hub/#/vulnerability-in-europe

L'indice di vulnerabilità consente di andare oltre il lavoro svolto dal JRC nell'ambito del «quadro operativo (o di valutazione) della resilienza», che presenta un approccio più ampio alle capacità di adattamento e anticipazione delle società: https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/strategic-planning/strategic-foresight/2020-strategic-foresight-report/resilience-dashboards_it.

(2)  https://civil-protection-knowledge-network.europa.eu/about-knowledge-network

(3)  Ad esempio, per la Scozia: http://www.safercommunitiesscotland.org/wp-content/uploads/the-risk-factory.pdf; per i Paesi Bassi: https://www.riskfactorymwb.nl/over-ons/.