25.5.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 184/34 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che armonizza taluni aspetti del diritto in materia di insolvenza
[COM(2022)702 final — 2022/0408 (COD)]
(2023/C 184/06)
Relatrice: |
Sandra PARTHIE |
Correlatore: |
Philip VON BROCKDORFF |
Consultazione |
Parlamento europeo, 26.1.2023 Consiglio dell’Unione europea, 30.1.2023 |
Base giuridica |
Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Mercato unico, produzione e consumo |
Adozione in sezione |
10.3.2023 |
Adozione in sessione plenaria |
22.3.2023 |
Sessione plenaria n. |
577 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
207/0/3 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sottolinea che un regime di insolvenza adeguatamente concepito dovrebbe aiutare le imprese economicamente sostenibili a rimanere operative, evitandone la liquidazione prematura. L’obiettivo dovrebbe essere quello di trovare un equilibrio tra l’insolvenza prematura e l’avvio tardivo delle procedure. La trasparenza dei procedimenti e la facilità di accesso alle informazioni sulla performance aziendale sono fattori chiave in questo contesto. Inoltre, un regime di insolvenza adeguatamente concepito dovrebbe anche scoraggiare i prestatori dall’emettere prestiti ad alto rischio, e i dirigenti e gli azionisti dal ricorrere a tali prestiti e dall’adottare altre decisioni finanziarie incaute (1). |
1.2. |
Il CESE ritiene che le riforme in materia di insolvenza volte a incoraggiare la ristrutturazione del debito e la riorganizzazione interna contribuiscano a preservare i posti di lavoro, riducendo nel contempo sia i tassi di fallimento delle piccole e medie imprese, sia la liquidazione di imprese redditizie. Tuttavia, il CESE apprezzerebbe la presentazione di proposte volte ad affrontare la questione tuttora in sospeso dell’insolvenza delle persone fisiche. |
1.3. |
Il CESE dubita che la proposta, presentata come un importante passo avanti per colmare le lacune rilevanti per il miglioramento dell’Unione dei mercati dei capitali dell’UE, possa effettivamente soddisfare tale aspettativa. La proposta non fornisce una definizione armonizzata dei motivi di insolvenza e del grado dei crediti, entrambi fondamentali per conseguire una maggiore efficienza e limitare l’attuale frammentazione delle norme nazionali in materia di insolvenza. |
1.4. |
Il CESE sollecita la Commissione, il Parlamento e il Consiglio a rivedere la proposta, di cui all’articolo 27, di obbligare le controparti, ad esempio i fornitori di un’impresa che sta avviando una procedura di insolvenza, a firmare contratti ineseguiti (contratti in base ai quali le parti hanno ancora obblighi di esecuzione) che vengono poi assegnati all’acquirente dell’impresa senza il consenso della controparte. Ciò, infatti, vincola artificialmente le controparti a un partner contrattuale che non hanno mai scelto né esaminato e limita la loro libertà imprenditoriale. Limitare i diritti contrattuali di risoluzione del contratto in caso di insolvenza avrà per effetto di rendere i fornitori essenziali meno disposti a erogare credito, in particolare nel caso delle MPMI che versano in condizioni finanziarie difficili. |
1.5. |
Ciò premesso, il CESE accoglie con favore il fatto che la proposta introduca una procedura speciale per facilitare e accelerare la liquidazione delle microimprese, consentendo loro di avviare una procedura di insolvenza più efficiente sotto il profilo dei costi. Tali disposizioni sostengono inoltre la liquidazione ordinata delle microimprese «prive di attivi» (asset-less) e affrontano il rifiuto di alcuni Stati membri di accedere alle procedure di insolvenza se il valore di recupero previsto è inferiore ai costi giudiziari. Il CESE sottolinea che ciò riguarda circa il 90 % delle insolvenze nell’UE e ritiene pertanto che tale procedura sia molto significativa. |
1.6. |
Pur approvando detta procedura speciale, il CESE avverte che l’obbligo per i tribunali nazionali di svolgere questi compiti può portare a un sovraccarico dei sistemi giudiziari nazionali se questi vengono incaricati di valutare se una microimpresa è effettivamente insolvente e di condurre le lunghe procedure necessarie, inclusi il realizzo dei beni e la ripartizione del ricavato. Il Comitato raccomanda pertanto di ricorrere ad altri attori competenti, come i curatori fallimentari, per contribuire a ridurre il carico di lavoro del sistema giudiziario (2). |
1.7. |
Infine, il CESE desidera sottolineare che procedure di insolvenza inefficienti possono determinare livelli più elevati di crediti deteriorati, il che mette a rischio la stabilità finanziaria e ha anche un’incidenza sul credito, sull’inflazione e sul PIL reale. Il CESE ritiene che regimi efficienti in materia di insolvenza e di diritti dei creditori/debitori siano uno degli strumenti complementari di cui dispongono i responsabili delle politiche per contenere l’incremento dei crediti deteriorati poiché aumentano le probabilità di rimborso dei prestiti e adeguano più rapidamente i livelli di tali crediti. |
2. Sintesi della proposta della Commissione
2.1. |
L’obiettivo della proposta è ridurre le differenze tra i diversi diritti fallimentari a livello nazionale e, quindi, affrontare la questione dei quadri in materia di insolvenza potenzialmente inefficienti negli Stati membri in cui tali differenze sussistono, aumentando la trasparenza delle procedure di insolvenza in generale e riducendo gli ostacoli alla libera circolazione dei capitali. Armonizzando gli aspetti mirati delle normative in materia di insolvenza, la proposta mira, in particolare, a ridurre i costi di informazione e apprendimento per gli investitori transfrontalieri. Si auspica una maggiore uniformità delle leggi in materia di insolvenza, ampliando così la scelta dei finanziamenti disponibili per le imprese in tutta l’Unione. |
2.2. |
L’attuale proposta mira a colmare alcune lacune nella precedente normativa dell’UE in materia di insolvenza, vale a dire la direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) e il regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento europeo e del Consiglio (4), in particolare per quanto riguarda il recupero dei beni dalla massa fallimentare liquidata, l’efficienza delle procedure e la distribuzione prevedibile ed equa del valore recuperato tra i creditori. Ciò comprende questioni relative alle azioni revocatorie, al rintracciamento dei beni, ai doveri e alla responsabilità degli amministratori, alla vendita di una società in quanto continuità aziendale attraverso le «procedure di pre-pack», all’attivazione dell’insolvenza, a un regime speciale di insolvenza per le microimprese e le piccole imprese, al grado dei crediti e ai comitati di creditori. |
2.3. |
È stato osservato che tra le norme nazionali vigenti in materia di insolvenza negli Stati membri vi sono notevoli differenze nel periodo di tempo necessario per liquidare una società e nel valore che può essere recuperato al termine della procedura. In alcuni Stati membri ciò comporta lunghe procedure di insolvenza e un basso valore medio di recupero nei casi di liquidazione. Secondo la Commissione europea, ciò costituisce un ostacolo per l’Unione dei mercati dei capitali e per gli investimenti transfrontalieri all’interno dell’UE. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione di aumentare la trasparenza e la disponibilità di informazioni sulle norme e sulle procedure di insolvenza transfrontaliere. Ritiene tuttavia che detta proposta costituisca solo un primo passo verso la convergenza tra i regimi di insolvenza vigenti negli Stati membri dell’UE. Il CESE apprezzerebbe inoltre la presentazione di proposte volte ad affrontare la questione tuttora in sospeso dell’insolvenza delle persone fisiche. |
3.2. |
Il CESE sottolinea che un regime di insolvenza adeguatamente concepito dovrebbe aiutare le imprese economicamente sostenibili a rimanere operative, evitandone la liquidazione prematura. Dovrebbe inoltre scoraggiare i prestatori dall’emettere prestiti ad alto rischio e i dirigenti e gli azionisti dal ricorrere a tali prestiti e dall’adottare altre decisioni finanziarie incaute (5). Un’impresa che subisce le conseguenze di una recessione economica temporanea o di una decisione sbagliata può comunque essere salvata se la situazione economica migliora o se l’impresa stessa adotta misure correttive. Quando ciò avviene, tutti i portatori di interessi ne traggono beneficio. I creditori possono recuperare una parte maggiore dei loro investimenti, un maggior numero di lavoratori mantiene i propri posti di lavoro e la rete di fornitori e clienti è preservata. |
3.3. |
In tale contesto, il CESE richiama l’attenzione su studi che dimostrano che riforme efficaci dei diritti dei creditori sono associate a minori costi del credito, a un maggiore accesso al credito, a un migliore recupero per i creditori e a un più efficace mantenimento dei posti di lavoro (6). Dovrebbero essere rafforzati anche i diritti di partecipazione di un comitato di creditori con l’eventuale coinvolgimento di un rappresentante dei lavoratori. Se, al termine della procedura di insolvenza, i creditori sono in grado di recuperare la maggior parte dei loro investimenti, possono continuare a reinvestire nelle imprese e a migliorare l’accesso di queste al credito. Analogamente, se un regime fallimentare rispetta la priorità assoluta dei crediti, i creditori garantiti possono continuare a erogare prestiti e viene preservata la fiducia nel sistema fallimentare (7). |
3.4. |
Il CESE ritiene che le riforme in materia di insolvenza che mirano a incoraggiare la ristrutturazione del debito e la riorganizzazione interna contribuiscano al mantenimento dei posti di lavoro e riducano sia i tassi di fallimento delle piccole e medie imprese sia la liquidazione di imprese redditizie. |
3.5. |
Le notevoli disparità tra le legislazioni nazionali in materia di insolvenza sono spesso citate come ostacoli agli investimenti transfrontalieri, così come le normative fiscali. Il CESE ritiene che un maggior grado di convergenza delle norme in materia di insolvenza contribuirebbe a migliorare il funzionamento dei mercati dei capitali, facilitando in tal modo gli investimenti in tutta l’UE. Tuttavia, la proposta non prevede un’armonizzazione di elementi essenziali del diritto in materia di insolvenza come, ad esempio, una definizione armonizzata dei motivi di insolvenza e del grado dei crediti, entrambi fondamentali per conseguire una maggiore efficienza e limitare l’attuale frammentazione delle norme nazionali in materia di insolvenza. Queste lacune della proposta non sembrano favorire il conseguimento dell’obiettivo, tanto necessario quanto ambizioso, di un’unione dei mercati dei capitali (UMC). |
3.6. |
Il CESE sottolinea tuttavia il suo fermo sostegno a favore di un mercato dei capitali più aperto a livello dell’UE, che offra alle imprese una gamma più ampia di accesso agli investimenti, e prende atto delle conclusioni della Commissione e della Banca mondiale (8) secondo cui un aumento del tasso di recupero dei beni nel contesto di una maggiore efficacia in materia di insolvenza e di diritti dei creditori (Insolvency and Creditor Rights — ICR) amplia l’accesso al credito per le imprese europee. |
4. Osservazioni particolari
4.1. |
Il CESE constata che le procedure di insolvenza differiscono notevolmente da uno Stato membro all’altro, con una normativa nazionale che privilegia il «debitore non spossessato», o un approccio basato sui «diritti del creditore» oppure l’impiego e la legislazione in materia di lavoro. Ciò porta a preferenze diverse per quanto riguarda la liquidazione delle società, il grado dei crediti da parte dei creditori e i ruoli degli amministratori delle società, dei curatori fallimentari e dei tribunali. Allo stesso modo, nella definizione delle politiche, occorre tenere conto delle differenze tra azionisti e detentori di titoli di debito: mentre i primi rispondono per lo più agli strumenti di prevenzione e razionalizzazione, i detentori del debito rispondono maggiormente alla disponibilità di strumenti di ristrutturazione. Il CESE ritiene che le proposte della Commissione rappresentino un primo passo verso la convergenza in tutta l’UE, ma che non prevedano ancora un’armonizzazione efficace e non affrontino la questione tuttora in sospeso dell’insolvenza delle persone fisiche. |
4.2. |
Il CESE condivide l’opinione della Commissione europea, secondo la quale le leggi nazionali in materia di insolvenza costituiscono un aspetto fondamentale tenuto in considerazione dagli investitori stranieri. Tuttavia, il CESE sottolinea che l’importo delle insolvenze con una concessione transfrontaliera di crediti non supera il 20 % di tutti i casi e che i dati relativi ai paesi del G20 mostrano che un efficace sistema di diritti legali aumenta il livello degli investimenti esteri diretti (IED) solo dal 2 al 3 % del PIL. Inoltre, una parte significativa degli IED è dovuta a fusioni e acquisizioni di società esistenti piuttosto che a investimenti in nuove imprese. |
4.3. |
Il CESE mette quindi in guardia dal nutrire aspettative eccessive nell’impatto sugli investimenti derivante dalla convergenza del diritto fallimentare. Ciò detto, il CESE riconosce che il fatto che siano disponibili un quadro efficace in materia di diritti legali dei creditori e una maggiore trasparenza per tutti i potenziali investitori in merito alle normative in materia di insolvenza e la parità di informazioni sulla situazione giuridica può avere effetti positivi sugli investimenti esteri. La certezza delle norme relative ai diritti dei creditori e dei debitori e una maggiore armonizzazione delle procedure di rimozione delle garanzie in tutti gli Stati membri porterebbero altresì a una riduzione dei rischi e darebbero ulteriore impulso agli investimenti transfrontalieri e agli scambi commerciali interni. |
4.4. |
Inoltre, il CESE ritiene che sia molto importante fornire agli investitori informazioni e trasparenza sulle questioni relative alle azioni revocatorie, al rintracciamento dei beni, ai doveri e alla responsabilità degli amministratori, alla vendita di una società in quanto continuità aziendale attraverso le «procedure di pre-pack», all’attivazione dell’insolvenza, a un regime speciale di insolvenza per le microimprese e le piccole imprese, al grado dei crediti e ai comitati di creditori. |
4.5. |
Il CESE accoglie inoltre con favore il fatto che la proposta introduca una procedura speciale per facilitare e accelerare la liquidazione delle microimprese, consentendo loro di avviare una procedura di insolvenza più efficiente sotto il profilo dei costi. Tali disposizioni sostengono inoltre la liquidazione ordinata delle microimprese «prive di attivi» (asset-less) e affrontano il rifiuto di alcuni Stati membri di accedere alle procedure di insolvenza se il valore di recupero previsto è inferiore ai costi giudiziari. Il CESE sottolinea che ciò riguarda circa il 90 % delle insolvenze nell’UE e ritiene pertanto che tale procedura sia molto significativa. |
4.6. |
Tuttavia, pur approvando detta procedura speciale, il CESE avverte che l’obbligo per i tribunali nazionali di svolgere questi compiti, in linea con l’articolo 12 e seguenti della direttiva, può portare a un sovraccarico dei sistemi giudiziari nazionali se questi vengono incaricati di valutare se una microimpresa è effettivamente insolvente e di condurre le lunghe procedure necessarie. A nostro avviso, ciò vanificherebbe in parte lo scopo della normativa proposta. In precedenti pareri (9), il CESE aveva affermato che il ricorso sistematico ai tribunali avrebbe potuto non essere l’opzione preferita e aveva raccomandato di prendere in considerazione la possibilità di istituire nuovi organismi che si sarebbero assunti tale compito. L’effettivo coinvolgimento di curatori fallimentari indipendenti si è rivelato vantaggioso soprattutto per i microimprenditori dall’organizzazione carente nell’ambito di procedure di liquidazione semplificate, e il CESE ritiene che si debba prendere attivamente in considerazione la partecipazione di curatori fallimentari (10). |
4.7. |
Il CESE raccomanda inoltre che i curatori fallimentari, in caso di interessi legittimi, abbiano un accesso diretto e rapido ai registri nazionali dei beni, indipendentemente dallo Stato membro in cui sono stati nominati. Il CESE sottolinea inoltre che tali registri non sono ancora stati istituiti in tutti gli Stati membri ed esorta le autorità competenti a porre rapidamente rimedio a tale situazione. |
4.8. |
Ai fini dell’efficienza, il CESE accoglie con favore la proposta di «procedure di pre-pack» in cui la vendita dell’impresa del debitore (o di parte di essa) è preparata e negoziata prima dell’apertura formale della procedura di insolvenza. Ciò consente di eseguire la vendita e di ottenere i proventi subito dopo l’apertura della procedura formale di insolvenza intesa a liquidare una società. Il CESE mette tuttavia in guardia contro la proposta, di cui all’articolo 27, di obbligare le controparti, ad esempio i fornitori di un’impresa che sta avviando una procedura di insolvenza, a firmare contratti ineseguiti (contratti in base ai quali le parti hanno ancora obblighi di esecuzione) che vengono poi assegnati all’acquirente dell’impresa senza il consenso della controparte. Ciò, infatti, vincola artificialmente le controparti a un partner contrattuale che non hanno mai scelto né esaminato e limita la loro libertà imprenditoriale. Questo vale in particolare per i lavoratori, la cui libertà professionale non deve essere violata da un cambiamento forzato del datore di lavoro. Il CESE esorta pertanto la Commissione, il Parlamento e il Consiglio a rivedere tale proposta. Inoltre, il possibile coinvolgimento e controllo da parte di un comitato di creditori dovrebbero essere rafforzati anche nelle «procedure di pre-pack». |
4.9. |
Il CESE sottolinea inoltre che la direttiva non affronta, di fatto, la questione della convergenza del grado dei crediti e non fornisce una definizione dei motivi di insolvenza. Dato che si tratta di elementi che costituiscono un requisito fondamentale per arrivare a procedure di insolvenza armonizzate, il CESE deplora vivamente che la Commissione non abbia approfondito questi aspetti. |
4.10. |
Analogamente, la proposta non tiene sufficientemente conto dei fattori di attivazione dell’insolvenza, nonostante le affermazioni contrarie contenute nella comunicazione sulla direttiva. Nella proposta si afferma che i due criteri di attivazione abituali negli Stati membri per l’apertura di una procedura ordinaria di insolvenza sono la prova della cessazione dei pagamenti e la prova del bilancio. |
4.11. |
Al fine di semplificare le procedure di insolvenza, obiettivo che il CESE sostiene in linea di principio, la direttiva propone che l’impossibilità di pagare i debiti giunti a scadenza sia il criterio per l’apertura di una procedura di liquidazione semplificata. Anziché fornire orientamenti su come definire le condizioni specifiche in base alle quali tale criterio è soddisfatto, la proposta invita gli Stati membri a definire essi stessi questo punto e rinuncia così alla possibilità di garantire la coerenza in tutta l’UE. |
4.12. |
Il CESE osserva altresì che le banche sono generalmente i principali intermediari finanziari e sono fondamentali per la stabilità del sistema finanziario. I crediti deteriorati erodono la redditività e possono mettere a rischio la solvibilità delle banche. I regimi in materia di insolvenza e di diritti dei creditori/debitori sono uno degli strumenti complementari di cui dispongono i responsabili delle politiche per contenere la crescita dei crediti deteriorati e contribuire a risolverli quando raggiungono livelli problematici. L’analisi a livello di impresa mostra che le riforme dei regimi di insolvenza che riducono gli ostacoli alla ristrutturazione delle imprese e i costi del personale associati al fallimento imprenditoriale possono ridurre la quota di capitale irrecuperabile nelle cosiddette imprese «zombie». Tali guadagni sono in parte realizzati mediante la ristrutturazione di imprese deboli, il che a sua volta stimola la riallocazione del capitale a favore di imprese più produttive. |
4.13. |
Infine, il CESE raccomanda alla Commissione di pubblicare periodicamente delle statistiche relative ai casi di insolvenza pertinenti disciplinati dal regolamento in esame, consentendo così di valutare a intervalli regolari l’efficacia del sistema istituito. |
Bruxelles, 22 marzo 2023
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Banca mondiale, Rispondere all'insolvenza, consultato il 3 gennaio 2023.
(2) Banca mondiale, Principles for effective Insolvency and Creditor/debtor Regimes [Principi di regimi efficaci in materia di insolvenza e di diritti dei creditori/debitori], edizione riveduta 2021, principi c6.1 e c19.6.
(3) Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza) (GU L 172 del 26.6.2019, pag. 18).
(4) Regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativo alle procedure di insolvenza (GU L 141 del 5.6.2015, pag. 19).
(5) Banca mondiale, Rispondere all'insolvenza, consultato il 3 gennaio 2023.
(6) Banca mondiale, Rispondere all'insolvenza, consultato il 3 gennaio 2023.
(7) Banca mondiale, Rispondere all'insolvenza, consultato il 3 gennaio 2023.
(8) How Insolvency and Creditor-Debtor Regimes Can Help Address Nonperforming Loans — EFI Note-Finance [In che modo i regimi in materia di insolvenza e i diritti dei creditori/debitori possono contribuire a risolvere il problema dei crediti deteriorati — Note su crescita sostenibile, finanza e istituzioni]. Washington, DC: Banca mondiale.
(9) Cfr. anche il parere del CESE sul tema Insolvenza delle imprese (GU C 209 del 30.6.2017, pag. 21).
(10) Banca mondiale, Principles for effective Insolvency and Creditor/debtor Regimes [Principi di regimi efficaci in materia di insolvenza e di diritti dei creditori/debitori], edizione riveduta 2021, principi c6.1 e c19.6.