29.7.2022   

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Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 290/45


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Consiglio che stabilisce norme per prevenire l'uso improprio di entità di comodo a fini fiscali e che modifica la direttiva 2011/16/UE

[COM(2021) 565 final — 2021/0434 (CNS)]

(2022/C 290/08)

Relatore:

Benjamin RIZZO

Correlatore:

Javier DOZ ORRIT

Consultazione

Consiglio dell'Unione europea, 10.2.2022

Base giuridica

Articolo 115 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

3.3.2022

Adozione in sessione plenaria

23.3.2022

Sessione plenaria n.

568

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

206/1/6

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esprime pieno sostegno alla proposta di direttiva della Commissione sull'uso improprio di società di comodo a fini fiscali e ai suoi obiettivi. Garantire una tassazione equa ed efficace in tutto il mercato unico è fondamentale per favorire una ripresa effettiva dopo la pandemia di COVID-19.

1.2

Il CESE esprime apprezzamento per la consultazione pubblica ad ampio raggio lanciata dalla Commissione e aperta a tutte le parti interessate, come pure per la consultazione parallela più mirata con il coinvolgimento di esperti nazionali in funzione delle rispettive competenze specifiche. Queste consultazioni hanno dato alle parti interessate la possibilità di offrire un contributo significativo, ed esse dovrebbero continuare a essere coinvolte anche in futuro nelle discussioni.

1.3

Il CESE approva la scelta dello strumento della direttiva, volta a garantire l'adozione di un quadro giuridico comune a tutti gli Stati membri. La natura della materia che la direttiva si propone di disciplinare e gli obiettivi che essa persegue implicano in effetti l'impossibilità di trattare tale natura e tali obiettivi attraverso misure isolate introdotte dagli Stati membri nei rispettivi ordinamenti giuridici.

1.4

Il CESE ritiene che la proposta di direttiva rispetti il principio di proporzionalità, dal momento che si limita ad assicurare il livello di protezione necessario per il mercato interno, con un impatto sulle imprese che sembra ragionevole.

1.5

Secondo il CESE, per gestire correttamente i controlli necessari e condividere le informazioni che se ne ricaveranno in relazione alla proposta, la Commissione e le autorità fiscali nazionali dovrebbero disporre di capacità adeguate a tal fine, in termini sia di competenze che di risorse.

1.6

Il CESE auspica che, una volta portate a termine le indagini condotte su società di comodo, il relativo esito venga reso pubblico, rendendo noti i risultati dell'attuazione della direttiva.

1.7

Il CESE ritiene che si debbano svolgere controlli adeguati non solo sul reddito delle società ma anche sugli attivi, poiché su questi ultimi è possibile riscuotere imposte anche se non generano reddito, come avviene ad esempio nel caso dell'imposta sul patrimonio.

1.8

Il CESE sottolinea la necessità di definire norme comuni e chiare in merito al contenuto specifico delle dichiarazioni che le imprese sono tenute a presentare. È opportuno evitare un eccesso di comunicazioni, che va al di là degli obiettivi perseguiti dalla direttiva, e i costi di conformità che ne deriverebbero.

1.9

Il CESE raccomanda che norme specifiche volte a prevenire le attività dei cosiddetti «professionisti facilitatori» siano oggetto di una normativa a parte, seguendo così l'approccio dell'OCSE in materia. Il CESE ritiene che sarebbe di grande aiuto ottenere la cooperazione degli organi di vigilanza delle categorie professionali interessate al fine di lottare contro le pratiche scorrette e le possibili attività criminose realizzate da cosiddetti «professionisti facilitatori».

1.10

Il CESE ribadisce la necessità di disporre di una lista UE completa e ad ampio raggio delle giurisdizioni non cooperative ai fini fiscali situate al di fuori dell'Unione, affinché, tra l'altro, le imprese dell'UE abbiano modo di verificare se i fondi e gli attivi che gestiscono possano essere collegati a entità di comodo situate al di fuori dell'Unione europea.

1.11

Il CESE suggerisce alla Commissione di emanare orientamenti adeguati relativi al «test della sostanza» introdotto dalla proposta di direttiva, in particolare per quanto riguarda il significato di specifici termini quali «residenza», «amministratore residente» e «locali».

1.12

Il CESE fa presente che le società di comodo possono essere create e usate anche allo scopo di agevolare il lavoro in nero e di evitare il pagamento dei contributi previdenziali. Il CESE suggerisce pertanto alla Commissione di prendere in considerazione la possibilità di trattare questi argomenti in una normativa europea distinta dalla proposta in esame, che è una direttiva esclusivamente incentrata su materia fiscale.

2.   Informazioni per contestualizzare il documento della Commissione europea

2.1

La comunicazione della Commissione europea «Tassazione delle imprese per il XXI secolo», adottata il 18 maggio 2021, stabilisce una serie di obiettivi sia a breve che a lungo termine per sostenere la ripresa europea dalla pandemia di COVID-19 e per garantire entrate pubbliche adeguate in futuro.

2.2

La proposta di direttiva della Commissione sulle entità di comodo qui presa in esame è una delle iniziative specifiche a breve termine annunciate in tale comunicazione al fine di migliorare l'attuale sistema fiscale, adoperandosi in particolare per garantire una tassazione equa ed efficace.

2.3

Le persone giuridiche prive di una sostanza o un'attività economica anche minima potrebbero essere usate a fini fiscali impropri, quali l'evasione e l'elusione fiscali o persino il riciclaggio di denaro. È pertanto necessario occuparsi delle situazioni in cui i soggetti che dovrebbero versare le imposte evadono o eludono i loro obblighi fiscali utilizzando imprese che non svolgono alcuna attività economica reale. Le società di comodo potrebbero favorire un contesto di iniqua distribuzione del carico fiscale e di concorrenza fiscale sleale tra giurisdizioni.

2.4

La direttiva proposta dalla Commissione si applica a tutte le imprese che sono considerate fiscalmente residenti e che possono ricevere un certificato di residenza fiscale in uno Stato membro dell'UE. Le disposizioni della direttiva, una volta che quest'ultima sarà stata adottata, dovrebbero essere recepite negli ordinamenti giuridici nazionali degli Stati membri entro il 30 giugno 2023, ed entrare in vigore il 1o gennaio 2024.

2.5

Esiste un gran numero di normative europee in materia di riciclaggio di denaro, un reato spesso favorito da talune società di comodo, e questo pacchetto di misure legislative potrebbe fornire un contesto utile alla proposta della Commissione. In particolare, si dovrebbe fare riferimento al pacchetto legislativo proposto dalla Commissione nel luglio 2021, che comprende tre regolamenti e una direttiva (1).

3.   Proposte della Commissione europea

3.1

La direttiva è incentrata sui regimi utilizzati a fini di elusione o di evasione fiscali. Il particolare regime oggetto della proposta consiste nella creazione di imprese nell'UE presumibilmente impegnate nello svolgimento di reali attività economiche, ma che di fatto non svolgono alcuna attività economica. Il vero motivo per cui queste società vengono costituite è, in realtà, fare in modo che determinati vantaggi fiscali vadano al loro titolare effettivo o al gruppo cui tali società appartengono.

3.2

Al fine di contrastare regimi di questo tipo, la proposta di direttiva introduce un test per aiutare gli Stati membri a identificare le imprese presumibilmente impegnate in un'attività legittima ma che sono prive di una sostanza economica anche minima e che, quindi, potrebbero essere usate impropriamente al fine di ottenere indebiti vantaggi fiscali. Questo test è denominato «test della sostanza».

3.3

Nella prima fase il test suddivide i vari tipi di imprese: da un lato le imprese «a rischio», in quanto prive di sostanza economica e perché potrebbero essere usate impropriamente a fini fiscali, e dall'altro quelle «a basso rischio». I casi a rischio sono quelli che presentano una serie di caratteristiche in genere osservabili tutte contemporaneamente nelle imprese prive di sostanza (gateway = «criteri di entrata»). I casi a basso rischio sono invece quelli che non presentano nessuno di questi criteri o che ne presentano solo alcuni, e che quindi non superano la soglia di «entrata».

3.4

In base ai criteri pertinenti, sono considerate «a rischio» le imprese, non specificamente esentate dalla direttiva in esame, che esercitano attività transfrontaliere che sono geograficamente mobili e che si affidano inoltre ad altre imprese per la loro amministrazione (in particolare a prestatori di servizi professionali terzi). I casi a basso rischio che non soddisfano i criteri di «entrata» sono irrilevanti ai fini della direttiva.

3.5

Le società devono anzitutto effettuare la loro autovalutazione e, se in base ai suddetti criteri sono da ritenersi «a rischio», sono invitate a comunicare informazioni sulla loro sostanza economica nella dichiarazione dei redditi. Per «comunicazione della sostanza» si intende la fornitura di informazioni specifiche che consentano di facilitare la valutazione dell'attività svolta dall'impresa.

3.6

Nella seconda fase, tre sono gli elementi determinanti per l'esito del test della sostanza:

i)

locali disponibili per l'uso esclusivo dell'impresa;

ii)

almeno un conto bancario proprio e attivo nell'Unione europea;

iii)

almeno un amministratore residente in prossimità dell'impresa e concentrato sulle sue attività o, in alternativa, un numero sufficiente di dipendenti dell'impresa impegnati nelle sue «attività principali generatrici di reddito» e residenti in prossimità dell'impresa.

3.7

La terza fase del test prescrive l'adeguata valutazione delle informazioni che l'impresa ha comunicato nella seconda fase relativamente alla propria sostanza. Un'impresa che è un «caso a rischio», dal momento che soddisfa i criteri di entrata, e la cui comunicazione porta a sua volta alla conclusione che le manchi almeno uno degli elementi pertinenti per la sostanza, dovrebbe essere considerata un'entità «di comodo» ai fini della nuova direttiva, vale a dire un'entità priva di sostanza e usata impropriamente a fini fiscali.

3.8

Un'impresa che è un «caso a rischio», ma la cui comunicazione rivela che possiede tutti gli elementi pertinenti per la sostanza, non dovrebbe invece essere considerata un'entità «di comodo» ai fini della direttiva. Tuttavia, tale presunzione non esclude la possibilità che un'amministrazione fiscale giunga alla conclusione che la medesima impresa è un'entità di comodo per motivi che esulano dall'ambito di applicazione della direttiva.

3.9

La quarta fase riguarda il diritto dell'impresa, che si presume essere un'entità di comodo e usata impropriamente a fini di evasione fiscale ai sensi della direttiva, di provare il contrario dimostrando sulla base di elementi concreti di possedere una propria sostanza economica («confutazione»). Tali imprese avranno quindi un diritto effettivo a rivendicare di non essere un'entità di comodo ai sensi della direttiva.

3.10

Quando un'impresa è ritenuta un'entità di comodo ai fini della direttiva e non è in grado di confutare tale presunzione, dovrebbero scattare le conseguenze fiscali del caso nei suoi confronti, vale a dire l'eliminazione di qualsiasi vantaggio fiscale già ottenuto, o che potrebbe essere ottenuto.

3.11

Dato che per avere diritto a beneficiare dei vantaggi di un accordo o convenzione fiscale un'impresa deve di norma fornire un certificato di residenza fiscale, lo Stato membro di residenza fiscale dell'entità di comodo non rilascerà affatto tale certificato di residenza fiscale o lo rilascerà con un avvertimento, vale a dire includendo una dichiarazione esplicita per impedirne l'uso ai fini dell'ottenimento dei vantaggi di cui sopra.

3.12

Se i vantaggi fiscali concessi all'impresa sono eliminati, si dovrebbe determinare in che modo i flussi di reddito da e verso l'impresa, nonché gli eventuali attivi di proprietà dell'impresa, debbano essere effettivamente tassati. L'attribuzione dei diritti di imposizione fiscale dovrebbe tenere conto di tutte le giurisdizioni che possono essere interessate da operazioni che coinvolgono l'entità di comodo.

3.13

Le disposizioni della direttiva riguardano necessariamente solo gli Stati membri, dal momento che il diritto dell'UE non si applica ai paesi terzi. In questi casi gli accordi per evitare la doppia imposizione tra uno Stato membro e un paese terzo dovrebbero essere debitamente rispettati per quanto riguarda l'attribuzione dei diritti di imposizione fiscale. In mancanza di tali accordi, lo Stato membro interessato applicherà il proprio diritto nazionale.

3.14

Tutti gli Stati membri avranno accesso alle informazioni sulle entità che effettuano le comunicazioni ai sensi della direttiva in esame, in qualsiasi momento e senza bisogno di presentare una specifica richiesta di informazioni. A tale scopo le informazioni saranno scambiate tra gli Stati membri fin dalla prima fase, quando un'impresa è classificata come «a rischio» ai sensi della direttiva in esame. A tal fine sarà creato un registro o una banca dati.

3.15

La legislazione proposta lascia agli Stati membri la facoltà di stabilire le sanzioni applicabili alla violazione degli obblighi di comunicazione previsti dalla direttiva, quali recepiti negli ordinamenti giuridici nazionali dei paesi dell'Unione. Le sanzioni sono effettive, proporzionate e dissuasive.

3.16

Si dovrebbe raggiungere un livello minimo di coordinamento tra gli Stati membri mediante la fissazione di una sanzione pecuniaria minima conformemente alle disposizioni vigenti nel settore finanziario. Le sanzioni dovrebbero prevedere una sanzione pecuniaria amministrativa pari ad almeno il 5 % del fatturato dell'impresa.

4.   Osservazioni generali del CESE

4.1

Il CESE esprime pieno sostegno alla proposta della Commissione e ai suoi obiettivi generali. Garantire una tassazione equa ed efficace in tutto il mercato unico è fondamentale per favorire una ripresa effettiva dopo la pandemia di COVID-19. Il fatto che gli Stati membri dispongano di un gettito fiscale sufficiente rappresenta infatti un fattore chiave per promuovere investimenti pubblici volti a realizzare un mercato unico più verde e più digitalizzato. Il CESE esprime qualche preoccupazione per il fatto che i requisiti in materia di sostanza previsti non tengono conto della dimensione digitale e si limitano a sottolineare l'importanza delle immobilizzazioni materiali. Questo approccio potrebbe creare problemi in futuro.

4.2

La proposta della Commissione è pertanto pienamente in linea con la comunicazione «Tassazione delle imprese per il XXI secolo» e si traduce in un'azione concreta e coerente volta a contrastare l'evasione e l'elusione fiscali, garantendo così un ambiente fiscale equo in tutta l'UE.

4.3

Il CESE osserva che la direttiva proposta è coerente con le precedenti iniziative legislative adottate dalle istituzioni dell'UE, come la direttiva anti-elusione (Anti-Tax Avoidance Directive — ATAD) e la direttiva sulla cooperazione amministrativa (Directive on Administrative Cooperation — DAC) tra le autorità fiscali. Per evitare risultati indesiderati, è di fondamentale importanza assicurare la coerenza tra le differenti norme fiscali, tra le quali dovrebbe registrarsi un'interazione reciproca permanente.

4.4

La proposta della Commissione in esame è complementare alla recente proposta relativa alla fissazione di un livello di imposizione fiscale minimo globale per i gruppi multinazionali nell'UE (noto come «secondo pilastro»), nonostante i differenti ambiti di applicazione delle due direttive, dal momento che le disposizioni del secondo pilastro saranno applicate alle imprese che superano una soglia di fatturato di 750 milioni di EUR, mentre la direttiva sulle società di comodo non è soggetta a massimali di questo tipo.

4.5

Il CESE plaude alla consultazione pubblica organizzata dalla Commissione prima di pubblicare la proposta in esame. La consultazione si basava su un questionario con 32 domande volte, tra l'altro, a definire il problema e le sue cause e a individuare la forma appropriata dell'intervento dell'UE. Alle parti interessate è stata quindi data un'occasione importante per partecipare formulando osservazioni sull'argomento e dando voce alle loro preoccupazioni prima della definizione delle nuove norme. Il CESE si rammarica che solo un numero ridotto di parti interessate (50) abbia colto tale occasione.

4.6

Il CESE sostiene anche la consultazione pubblica parallela con il coinvolgimento mirato di esperti nazionali, in funzione delle rispettive competenze specifiche. La combinazione di una consultazione ad ampio raggio rivolta alle parti interessate e di una consultazione più dettagliata mirata a esperti qualificati assicura un buon equilibrio nel garantire un processo legislativo che sia al tempo stesso partecipativo e tecnicamente avanzato.

4.7

La natura stessa della materia che la direttiva si propone di disciplinare e gli obiettivi che essa persegue — ossia la lotta all'elusione e all'evasione fiscali transfrontaliere — richiedono l'attuazione di un quadro comune da parte degli Stati membri.

4.8

Infatti, non è possibile attuare un quadro comune adeguato ed efficace per mezzo di misure isolate introdotte e attuate dai singoli Stati membri nei rispettivi ordinamenti giuridici. In tal caso, la frammentazione esistente sarebbe effettivamente replicata e forse addirittura aggravata da tutta una serie di interventi non coordinati portati avanti a livello nazionale.

4.9

Le società di comodo create negli Stati membri devono essere messe in conformità con le disposizioni della direttiva, e la collaborazione delle amministrazioni nazionali degli Stati membri è quanto mai essenziale per evitare di intaccare la capacità di bilancio dell'UE nel suo complesso. Per gestire correttamente i controlli e condividere le informazioni, la Commissione dovrebbe disporre di capacità adeguate e di risorse sufficienti a tal fine.

4.10

Il CESE ritiene inoltre che la proposta di direttiva rispetti il principio di proporzionalità, dal momento che si limita ad assicurare il livello minimo di protezione necessario per il mercato interno, con un impatto sulle imprese che sembra ragionevole. Difatti la direttiva si prefigge di conseguire una protezione minima per i sistemi fiscali degli Stati membri, garantendo il livello essenziale di coordinamento nell'UE ai fini della realizzazione dei suoi obiettivi.

4.11

D'altro canto, anche l'impatto della proposta sulle imprese appare proporzionato, dato che viene assicurato un adeguato equilibrio tra i vari obiettivi e principi perseguiti, e in particolare:

i)

l'efficacia nel ridurre l'uso improprio delle entità di comodo;

ii)

i guadagni fiscali per le finanze pubbliche;

iii)

i costi di conformità per le imprese e le amministrazioni fiscali;

iv)

gli effetti indiretti sul mercato unico e sulla concorrenza tra imprese.

4.12

Il CESE concorda con l'approccio della Commissione secondo cui uno scambio di informazioni effettivo e trasparente tra autorità fiscali è essenziale per contrastare l'uso improprio di società di comodo e, più in generale, per garantire un ambiente fiscale equo e più efficiente. Questo aspetto va monitorato con grande attenzione, onde assicurare una cooperazione tra paesi dell'Unione in cui una società di comodo realizza operazioni che coinvolgono due Stati membri. Una volta concluse le indagini svolte su società di comodo, bisognerebbe renderne pubblico l'esito. Le autorità europee e nazionali dovrebbero rendere noti i risultati dell'attuazione della direttiva.

4.13

Le società di comodo che rientrano nell'ambito di applicazione della proposta di direttiva possono essere usate sia a fini di evasione fiscale che di elusione fiscale nonché, in casi specifici, persino per commettere reati quali il riciclaggio di denaro, al quale spesso queste imprese sono collegate. Pertanto, sono di fondamentale importanza sia il coordinamento legislativo sia il coordinamento tra le diverse autorità di vigilanza competenti per la lotta a questi reati, tanto a livello nazionale come a livello europeo. Con la direttiva in esame (denominata anche «Unshell») le autorità fiscali avranno accesso a nuove serie di dati, e questo consentirà loro di svolgere controlli incrociati con le informazioni fornite dalle autorità antiriciclaggio. Le autorità nazionali ed europee devono garantire che l'applicazione della direttiva in esame non provochi problemi di alcun genere a tutte le società che svolgono le loro attività nel rispetto della legge.

4.14

È fondamentale sapere chi siano non solo i titolari effettivi delle società di comodo e dei loro attivi, ma anche i proprietari effettivi delle operazioni svolte da queste società, per svelare la reale natura delle loro attività e comprendere l'entità dell'evasione fiscale realizzata o del reato di riciclaggio di denaro commesso. Il fatto di dissimulare la titolarità effettiva attraverso «catene» di società di comodo gestite da «professionisti facilitatori» è intrinseco alle loro finalità criminali. Gli strumenti per sapere quali soggetti siano i titolari effettivi sono previsti dalla legislazione antiriciclaggio. Eppure la proposta di direttiva in esame non contiene alcun riferimento a questo tema. Il CESE ritiene che la questione vada affrontata e che si debba rimediare anche ad altre lacune nei collegamenti tra i due atti legislativi, o spiegando come operare il collegamento nella proposta di direttiva in esame oppure promuovendo con urgenza una legge quadro europea sull'argomento.

4.15

Al di fuori dell'ambito di applicazione della proposta di direttiva in esame, talune società di comodo vengono create e usate anche allo scopo di agevolare il lavoro in nero e di evitare il pagamento dei contributi previdenziali. Il CESE raccomanda alla Commissione di prendere in considerazione la possibilità di trattare la questione in una normativa europea.

5.   Osservazioni particolari

5.1

Il CESE ritiene ragionevole e appropriato che il «criterio di entrata» formulato nella proposta della Commissione sia applicato sotto forma di indicatori cumulativi. A tale proposito, il CESE osserva che le entità che detengono attivi solo per uso privato, quali beni immobili, yacht, jet, opere d'arte o capitale proprio, possono non avere alcun reddito per lunghi periodi di tempo, ma traggono comunque notevoli benefici fiscali attraverso la proprietà di tali attivi.

5.2

Il Comitato ritiene pertanto che i controlli dovrebbero essere svolti non soltanto sul reddito ma anche sugli attivi, poiché su questi ultimi è possibile riscuotere imposte anche se non generano reddito, come avviene nel caso dell'imposta sul patrimonio ogniqualvolta questa sia applicabile. Il CESE ritiene che, per gestire correttamente tali controlli e condividere le informazioni, la Commissione dovrebbe disporre di capacità adeguate e di risorse sufficienti a tal fine.

5.3

Il CESE suggerisce alla Commissione di emanare orientamenti adeguati relativi al «test della sostanza» introdotto dalla proposta di direttiva, in particolare per quanto riguarda il significato di specifici termini quali «residenza», «amministratore residente» e «locali». Un tale approccio consentirebbe di ridurre o di correggere in modo più efficace le discrepanze e le interpretazioni divergenti della direttiva tra gli Stati membri potenzialmente pregiudizievoli per il mercato interno. In particolare, il CESE chiede alla Commissione di prendere debitamente in considerazione, in tale contesto, i nuovi modelli digitali di impresa.

5.4

Ritiene inoltre che l'esercizio di attività transfrontaliere da parte di un'impresa dovrebbe essere valutato con attenzione tenendo conto, da un lato, della natura effettiva delle operazioni realizzate dall'impresa e, dall'altro, dei beni e attivi di sua proprietà. Le società con un adeguato livello di trasparenza e che non presentano un rischio reale di mancanza di sostanza economica a fini di evasione o di elusione fiscali non dovrebbero rientrare nell'ambito di applicazione della direttiva.

5.5

La proposta di direttiva «Unshell» in esame si basa sulle norme in vigore nell'UE e a livello internazionale. Il CESE raccomanda alla Commissione di fare in modo che le disposizioni della proposta di direttiva siano compatibili con le pertinenti norme internazionali e con le norme comuni vigenti nell'Unione, e in particolare con il concetto di «attività economica sostanziale» sviluppato nel contesto di regimi fiscali preferenziali e ampiamente dibattuto nell'ambito del forum sulle pratiche fiscali dannose. Un'altra importante questione è quella della definizione di norme comuni e chiare in merito al contenuto specifico delle dichiarazioni che le imprese sono tenute a presentare. È opportuno evitare un eccesso di comunicazioni, che va al di là degli obiettivi perseguiti dalla direttiva, e i costi di conformità che ne deriverebbero.

5.6

Il CESE invita caldamente a prestare particolare attenzione al ruolo dei cosiddetti «professionisti facilitatori», un tema che non viene neppure menzionato nella proposta di direttiva. Il CESE raccomanda che le norme volte a regolamentare l'attività di questi «professionisti facilitatori» siano oggetto di una normativa a parte, in linea con i criteri stabiliti in materia dall'OCSE, dato che spesso queste figure svolgono anche un ruolo importante nell'ambito specifico delle società di comodo (2).

5.7

Nel documento citato in nota l'OCSE descrive le categorie professionali cui appartengono alcuni professionisti che gestiscono «catene» di società di comodo o collaborano con esse, e ritiene essenziale concentrarsi sul fenomeno di questi «professionisti facilitatori» al fine di contrastare le attività criminose delle imprese costituite a fini illeciti, tra cui l'evasione fiscale. Si deve debitamente distinguere tra i professionisti che rispettano la legge e un piccolo gruppo di professionisti che si avvale delle proprie competenze nei settori del diritto tributario e della contabilità societaria per favorire attivamente pratiche connesse all'evasione e all'elusione fiscali e al riciclaggio di denaro.

5.8

Il CESE sottolinea pertanto la necessità di norme mirate a questi «professionisti facilitatori» che si adoperano attivamente per offrire ai loro clienti delle opportunità di sfruttare pratiche illecite che favoriscono reati fiscali e finanziari. In questo modo sarebbe possibile ostacolare un fattore essenziale per la commissione di abusi fiscali. La riduzione delle possibilità di elaborare pratiche fiscali sleali rappresenta infatti una tappa fondamentale verso il conseguimento degli stessi obiettivi perseguiti dalla proposta di direttiva della Commissione.

5.9

Il CESE ritiene che sarebbe di grande aiuto ottenere la cooperazione degli organi di regolamentazione o di vigilanza delle categorie professionali interessate al fine di lottare contro le pratiche scorrette e le possibili attività criminose dei «professionisti facilitatori». Si tratterebbe di un'interessante linea di sviluppo di quel patto europeo sociale e politico per la lotta ai reati fiscali ed economici, al riciclaggio di denaro e alla corruzione invocato dal Comitato in diversi suoi pareri.

5.10

Il CESE suggerisce inoltre di coordinare le disposizioni della proposta di direttiva della Commissione con le norme in vigore in materia di prezzi di trasferimento, dato che il ricorso a società di comodo finalizzato all'evasione fiscale potrebbe interagire con tali pratiche in tutta l'UE e, quindi, andrebbe preso in considerazione anche sotto questo particolare aspetto. Anche in questo caso, il CESE ritiene che si debba valutare la possibilità di adottare una direttiva sui prezzi di trasferimento tra società.

5.11

Il Comitato ritiene che l'elenco delle società che non sono soggette all'obbligo di comunicazione (articolo 6, paragrafo 2, della proposta di direttiva) debba essere adeguatamente giustificato e analizzato onde garantire che le società incluse in tale elenco non beneficino di un vantaggio fiscale indebito e non siano utilizzate per eludere la legge.

5.12

Il CESE ritiene inoltre che si debba intervenire in maniera più incisiva quando una società o un'entità al di fuori dell'UE intrattiene rapporti commerciali con una società o un'entità quotata in borsa nell'UE. Occorre capire quali azioni possano essere intraprese per le società o le entità quotate nell'UE al fine di verificare che i fondi o gli attivi che vengono gestiti non provengano da un'entità «di comodo» situata al di fuori dell'Unione.

5.13

Affinché si possano adottare misure efficaci nei confronti delle società che intrattengono rapporti commerciali con società aventi sede in giurisdizioni non cooperative a fini fiscali, il Comitato ribadisce che è necessario che la lista UE di tali giurisdizioni non cooperative in materia fiscale sia quanto più efficiente e completa possibile.

Bruxelles, 23 marzo 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Cfr. il parere del CESE in merito al Pacchetto legislativo antiriciclaggio (GU C 152 del 6.4.2022, pag. 89).

(2)  «Porre fine ai fenomeni fraudolenti: il contrasto ai professionisti che favoriscono i reati tributari e la criminalità dei colletti bianchi», OCSE, Parigi, 2021.