Bruxelles, 18.11.2020

COM(2020) 744 final

PROPOSTA DI RELAZIONE COMUNE SULL'OCCUPAZIONE
DELLA COMMISSIONE E DEL CONSIGLIO


INDICE

PREMESSA    

MESSAGGI FONDAMENTALI    

1.    PANORAMICA DELLE TENDENZE E DELLE SFIDE NELLA SOCIETÀ E NEL MERCATO DEL LAVORO NELL'UNIONE EUROPEA    

1.1 Tendenze nel mercato del lavoro    

1.2 Tendenze nella società    

2.    ISTANTANEE TRATTE DAL QUADRO DI VALUTAZIONE DELLA SITUAZIONE SOCIALE    

2.1 Spiegazione del quadro di valutazione    

2.2 Elementi tratti dal quadro di valutazione della situazione sociale    

3. RIFORME OCCUPAZIONALI E SOCIALI - RISULTATI E AZIONE DEGLI STATI MEMBRI    

3.1 Orientamento 5: rilanciare la domanda di forza lavoro    

3.1.1    Indicatori chiave    

3.1.2    Misure adottate dagli Stati membri    

3.2 Orientamento 6: potenziare l'offerta di forza lavoro e migliorare l'accesso all'occupazione, abilità e competenze    

3.2.1    Indicatori chiave    

3.2.2    Misure adottate dagli Stati membri    

3.3 Orientamento 7: migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro e l'efficacia del dialogo sociale    

3.3.1    Indicatori chiave    

3.3.2    Misure adottate dagli Stati membri    

3.4 Orientamento 8: promuovere le pari opportunità per tutti, favorire l'inclusione sociale e combattere la povertà    

3.4.1    Indicatori chiave    

3.4.2    Misure adottate dagli Stati membri    



PREMESSA

La relazione comune sull'occupazione della Commissione europea e del Consiglio è prescritta dall'articolo 148 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). La proposta della presente relazione presentata dalla Commissione europea si iscrive nel pacchetto d'autunno. La relazione comune sull'occupazione offre una panoramica annuale dei principali sviluppi sociali e occupazionali nell'Unione europea nonché delle misure di riforma adottate dagli Stati membri in linea con gli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione 1 . La relazione segue la struttura degli orientamenti: rilanciare la domanda di forza lavoro (orientamento 5), potenziare l'offerta di forza lavoro e migliorare l'accesso all'occupazione, abilità e competenze (orientamento 6), migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro e l'efficacia del dialogo sociale (orientamento 7) e promuovere le pari opportunità per tutti, favorire l'inclusione sociale e combattere la povertà (orientamento 8).

La relazione comune sull'occupazione monitora inoltre i risultati degli Stati membri in relazione al quadro di valutazione della situazione sociale, istituito nell'ambito del pilastro europeo dei diritti sociali. Il pilastro è stato proclamato congiuntamente dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione il 17 novembre 2017 e individua principi e diritti in tre settori: i) pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, ii) condizioni di lavoro eque, nonché iii) protezione sociale e inclusione. Il monitoraggio dei progressi compiuti in questi settori è sostenuto da un'analisi dettagliata del quadro di valutazione della situazione sociale che accompagna il pilastro.

La relazione comune sull'occupazione è strutturata come segue: un capitolo introduttivo (capitolo 1) illustra le principali tendenze nella società e nel mercato del lavoro nell'Unione europea per definire il contesto. Il capitolo 2 presenta i principali risultati dell'analisi del quadro di valutazione della situazione sociale associato al pilastro europeo dei diritti sociali. Il capitolo 3 fornisce una descrizione transnazionale dettagliata degli indicatori chiave (derivanti anche dal quadro di valutazione della situazione sociale), tenendo conto dei risultati degli Stati membri, nonché delle sfide affrontate e delle politiche attuate in risposta agli orientamenti per le politiche a favore dell'occupazione.


MESSAGGI FONDAMENTALI

Prima della crisi COVID-19 la crescita dell'occupazione nell'UE era costante ma in rallentamento: i risultati positivi sui mercati del lavoro iniziati nel 2013 erano progrediti e nel 2019 l'occupazione era ulteriormente aumentata fino a raggiungere un livello record alla fine dell'anno. Le riforme attuate dagli Stati membri in seguito alla crisi finanziaria avevano contribuito a questa crescita economica creatrice di occupazione, anche se in alcuni Stati membri e in alcune regioni persistevano le sfide, anche per quanto riguarda l'integrazione dei gruppi vulnerabili nel mercato del lavoro.

La pandemia di COVID-19 ha invertito questa tendenza, modificando improvvisamente il nostro modo di vivere e lavorare. La pandemia ha imposto un pesante tributo di vite umane e ha provocato uno shock economico senza precedenti. La risposta delle autorità europee e nazionali è stata rapida e la salvaguardia della salute e dei posti di lavoro dei cittadini è divenuta una priorità politica assoluta. Gli Stati membri hanno fornito sostegno soprattutto ai gruppi e ai settori che sono stati particolarmente colpiti. L'attuazione di tali misure ha finora evitato l'emergere di un'enorme crisi occupazionale e sociale in tutta l'UE. Permangono tuttavia molte incertezze, in particolare per quanto riguarda la durata della pandemia, il momento in cui si concretizzerà una ripresa economica sostenibile e le conseguenze per i più vulnerabili. La situazione varia da un paese all'altro, anche per il retaggio del passato. Gli Stati membri che già prima della pandemia si trovavano ad affrontare gravi sfide socioeconomiche adesso sono ancora più vulnerabili.

L'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali è fondamentale per garantire che la ripresa sia equa e inclusiva. È necessario che i principi del pilastro, coniugati nelle tre dimensioni delle pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, delle condizioni di lavoro eque e della protezione sociale e inclusione, guidino l'elaborazione di misure strategiche a sostegno dei lavoratori e delle famiglie. Per contrastare gli effetti della pandemia e preparare la ripresa è necessario favorire la resilienza sociale e la convergenza verso l'alto ponendo al centro le persone. Gli orientamenti in materia di occupazione adottati di recente contengono indicazioni specifiche volte ad attenuare l'impatto occupazionale e sociale della pandemia di COVID-19 e forniscono agli Stati membri indicazioni concrete per modernizzare le istituzioni del mercato del lavoro, l'istruzione e la formazione nonché i sistemi sanitari e di protezione sociale al fine di renderli più inclusivi ed equi. Tali orientamenti presentano anche nuovi elementi che rispecchiano le priorità dell'Unione, in particolare per quanto riguarda le transizioni verde e digitale socialmente giuste. Trasformare i problemi legati al clima e all'ambiente in opportunità e rendere la transizione giusta e inclusiva per tutti è uno degli obiettivi principali del Green Deal europeo.

La reazione dell'UE alla crisi è stata rapida e forte. Agli Stati membri è stato offerto un sostegno finanziario senza precedenti per attenuare l'impatto economico, sociale e sanitario della crisi e rafforzare la ripresa, anche mediante il nuovo strumento SURE, lo strumento per il sostegno di emergenza e una maggiore flessibilità nell'uso dei fondi della politica di coesione nell'ambito dell'Iniziativa di investimento in risposta al coronavirus. Inoltre il dispositivo per la ripresa e la resilienza (che è il nucleo dello strumento Next Generation EU) fornirà un sostegno finanziario su larga scala per le riforme e gli investimenti volti a favorire la creazione di posti di lavoro e a rendere le economie, le società e i sistemi sanitari dell'UE più resilienti e meglio preparati per la duplice transizione. Si tratta di un'opportunità unica per promuovere gli investimenti nelle persone e accelerare la ripresa economica. Questa rapida risposta rientra in una strategia a lunga scadenza e contribuisce alla capacità dell'Unione di realizzare i propri obiettivi a lungo termine.

L'obiettivo della relazione comune sull'occupazione è aiutare gli Stati membri a individuare i settori prioritari per le riforme e gli investimenti. Prescritta dall'articolo 148 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, la relazione comune sull'occupazione offre una panoramica dei principali sviluppi sociali e occupazionali in Europa e dell'attuazione degli orientamenti in materia di occupazione. La relazione, che si iscrive nel pacchetto d'autunno, è stata sin dall'inizio parte integrante del semestre europeo ed ha evidenziato le principali sfide occupazionali e sociali da affrontare nel ciclo annuale. Nell'eccezionale semestre europeo 2021 2 la relazione comune sull'occupazione contribuirà anche ad aiutare gli Stati membri nell'individuare i settori prioritari per le riforme e gli investimenti da includere nei loro piani per la ripresa e la resilienza, nel contesto degli orientamenti in materia di occupazione. Nella relazione comune sull'occupazione sono presentati i risultati del quadro di valutazione della situazione sociale che accompagna il pilastro europeo dei diritti sociali; tali risultati possono essere utili per elaborare i piani nazionali. Mediante documenti analitici che accompagnano le proposte di atti di esecuzione del Consiglio la Commissione valuterà inoltre il contenuto dei suddetti piani tenendo conto anche della relazione comune sull'occupazione. In collaborazione con il comitato per l'occupazione e il comitato per la protezione sociale, la Commissione continuerà inoltre a monitorare da vicino tutti gli sviluppi sociali e del mercato del lavoro aggiornando regolarmente il monitoraggio dei risultati in materia di occupazione e il monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale.

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La crisi COVID-19 ha fortemente influito sui risultati del mercato del lavoro nell'UE. Sebbene i dati sull'occupazione mostrassero evidenti segni di rallentamento già nella seconda metà del 2019, la tendenza positiva della maggior parte degli indicatori del mercato del lavoro si è interrotta allo scoppio della pandemia. Il numero totale di occupati (che dalla metà del 2013 era aumentato di 15 milioni) è diminuito di 6,1 milioni tra il quarto trimestre del 2019 e il secondo trimestre del 2020: si tratta del calo più drastico mai osservato in due trimestri consecutivi. Nel 2020, dopo sei anni di progressi verso il raggiungimento dell'obiettivo occupazionale di Europa 2020, il tasso di occupazione si è allontanato da tale obiettivo. Grazie alla rapida adozione dei regimi di riduzione dell'orario lavorativo e di altre misure di mantenimento del mercato del lavoro nonché ad un calo dei tassi di attività, finora vi è stato solo un aumento moderato del tasso di disoccupazione, pari a 1 punto percentuale a settembre 2020. La disoccupazione giovanile (fascia di età 15-24 anni) è invece cresciuta in misura più marcata rispetto a quella di altre fasce di età e la percentuale di giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (NEET) è drasticamente aumentata. Anche i lavoratori nati al di fuori dell'UE sono stati gravemente colpiti. Questi risultati variano considerevolmente da un paese all'altro e tra regioni e settori diversi e richiedono un attento monitoraggio e impegni politici per evitare ripercussioni negative ancor più marcate a breve termine.

Il ricorso massiccio a regimi di riduzione dell'orario lavorativo ha contribuito ad attenuare le conseguenze dello shock sul mercato del lavoro. Le ore lavorate per lavoratore sono diminuite bruscamente, con un calo dell'11,3 % nel secondo trimestre del 2020 rispetto all'ultimo trimestre del 2019; allo stesso tempo le assenze dal lavoro sono aumentate passando dal 9,7 % nel quarto trimestre del 2019 al 21,8 % nel secondo trimestre del 2020 (circa la metà di tale aumento è imputabile ai licenziamenti temporanei). Dall'inizio della crisi gli Stati membri hanno esteso (o introdotto, quando non erano precedentemente disponibili) regimi di riduzione dell'orario lavorativo e/o altri regimi di conservazione dei posti di lavoro, allo scopo di limitare la perdita di occupazione, evitare la dispersione del capitale umano e sostenere la domanda aggregata. L'Unione europea sostiene tali sforzi mediante lo strumento di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza (SURE). Il ricorso straordinario e sincronizzato ai regimi di riduzione dell'orario lavorativo ha consentito di affrontare le conseguenze immediate della crisi e impedire un drastico aumento della disoccupazione; tuttavia quanto più a lungo si protrarrà la crisi, più elevato sarà il rischio di sovvenzionare posti di lavoro in imprese che non sono più economicamente sostenibili. Nel valutare l'eliminazione graduale dei regimi di riduzione dell'orario lavorativo è dunque importante ponderare attentamente, da un lato, la necessità di proteggere le imprese e i lavoratori finché le condizioni economiche lo richiedono e, dall'altro, l'introduzione di politiche volte a promuovere i cambiamenti strutturali e la ridistribuzione dei lavoratori (ad esempio attraverso incentivi all'assunzione e misure di riqualificazione ben concepiti).

La crisi COVID-19 ha interrotto un periodo di sei anni

di tendenza positiva sul mercato del lavoro

6,1 milioni
di occupati in meno nel secondo trimestre del 2020 rispetto al

quarto trimestre del 2019

72 % 
tasso di occupazione nel secondo trimestre del 2020 (inferiore di 1,1 punti percentuali rispetto all'anno precedente)

7,5 % 
tasso di disoccupazione a settembre 2020 (superiore di 1 punto percentuale rispetto a marzo)

-11,3 % 
ore lavorate per lavoratore nel secondo trimestre del 2020 rispetto al

quarto trimestre del 2019

Tassi di attività, disoccupazione e NEET nell'UE-27, percentuale

Ore lavorate per lavoratore e assenze dal lavoro nell'UE-27

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro. Dati destagionalizzati, senza correzione degli effetti di calendario.

Lo shock economico è stato avvertito in modo diverso nei vari settori e nelle varie categorie di lavoratori. Il numero di occupati è diminuito in tutte le attività economiche, ad eccezione del settore delle costruzioni, nel secondo trimestre del 2020 rispetto al secondo trimestre del 2019, ma i cali più drastici si sono osservati nel comparto ricettivo, nel settore culturale e di intrattenimento e nelle attività professionali. Il calo dell'occupazione ha colpito in misura maggiore i lavoratori atipici, sebbene con forti differenze tra i vari paesi. Il lavoro a tempo determinato ha subito gravi ripercussioni, con una diminuzione su base annua del 16,7 % nel secondo trimestre del 2020, mentre il lavoro a tempo indeterminato è rimasto stabile, anche grazie alla risposta politica. Questa situazione si è tradotta in un calo significativo della quota di lavoratori a tempo determinato rispetto al totale dei lavoratori, anche in questo caso con ampie differenze tra i vari paesi.

La pandemia ha avuto effetti diversi a seconda dei posti di lavoro e dei settori

4,2 milioni

di lavoratori a tempo determinato in meno nel secondo trimestre del 2020 rispetto al secondo trimestre del 2019

Aumento dell'occupazione nei settori delle costruzioni, della pubblica amministrazione e delle TIC

In termini relativi le flessioni maggiori si sono registrate nei settori del commercio, delle arti e intrattenimento e dell'agricoltura

Occupazione (15-64 anni) per tipo di contratto: variazione percentuale tra il secondo trimestre del 2019 e il secondo trimestre del 2020

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro. Nota: *attività NACE Rev. 2.

A causa della COVID-19 gli Stati membri rischiano di dover affrontare un aumento drastico della disoccupazione giovanile; si impongono quindi riforme e un sostegno rafforzato. La disoccupazione giovanile a livello di UE, che nel 2019 aveva registrato una costante diminuzione, è balzata da un minimo pari al 14,9 % del marzo 2020 al 17,1 % in settembre, con un aumento più rapido rispetto al dato relativo alla disoccupazione totale. Inoltre, a causa della crisi, i tassi di giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (fascia di età 15-24 anni) hanno subito l'aumento maggiore tra due trimestri consecutivi (dal 10,4 % all'11,6 % tra il primo e il secondo trimestre 2020) dall'inizio della serie Eurostat nel 2006. Nel 2019 un giovane su dieci di età compresa tra i 18 e i 24 anni ha terminato l'istruzione o la formazione con una qualifica inferiore all'istruzione secondaria superiore e più di un quarto delle persone di età compresa tra i 30 e i 34 anni non possedeva una qualifica con accesso diretto al mercato del lavoro (ossia una qualifica di istruzione e formazione professionale secondaria o di istruzione terziaria). Le proposte della Commissione per una raccomandazione relativa all'istruzione e formazione professionale (IFP) e per lo spazio europeo dell'istruzione hanno indicato obiettivi di miglioramento dei risultati sia nell'istruzione e formazione professionale sia nell'istruzione terziaria. Poiché l'aumento dei tassi di NEET deriva in larga misura dalla caduta della domanda di manodopera, saranno essenziali interventi a sostegno della creazione di posti di lavoro, dell'istruzione e delle competenze. Sarà fondamentale un'attuazione efficace della garanzia per i giovani rafforzata, basata sul buon funzionamento dei servizi pubblici per l'impiego e dei sistemi di istruzione e formazione. Per le giovani donne NEET, maggiormente interessate dall'inattività rispetto agli uomini, le riforme dovrebbero includere anche misure volte a eliminare i disincentivi fiscali al lavoro e a favorire l'equilibrio tra il lavoro e le responsabilità assistenziali (cfr. infra).

La crisi COVID-19 ha determinato un aumento significativo dei tassi di NEET

11.6%
giovani NEET (15-24 anni) nel secondo trimestre 2020 (1,2 punti percentuali in più rispetto al trimestre precedente)

-12%
giovani occupati con basso livello di competenze tra la fine del 2019 e il secondo trimestre del 2020

26 %
di giovani (30-34 anni) con qualifiche che non danno accesso diretto al mercato del lavoro (IFP secondaria o istruzione terziaria)

Giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (NEET) nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni (secondo trimestre 2020)

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro.

Negli ultimi cinque anni il divario di genere nei livelli di occupazione non è variato mentre il divario retributivo si è ridotto, ma la crisi ha generato nuovi rischi e ha messo in evidenza la necessità di riforme e investimenti. Sebbene i tassi di occupazione femminile siano aumentati, dal 2013 il divario retributivo di genere si è ridotto solo di poco benché il livello di istruzione medio delle donne sia più elevato. La sovrarappresentazione delle donne in settori e occupazioni a basso salario le rende particolarmente vulnerabili nei mercati del lavoro colpiti dalla crisi COVID-19. I divari di genere sono maggiori tra le donne con figli piccoli, per le quali nel 2019 il divario occupazionale era negativo di 14,3 punti percentuali rispetto alle donne senza figli, mentre per gli uomini nella stessa situazione il divario era positivo di 9,6 punti percentuali. I risultati occupazionali sono più scarsi in particolare per le donne anziane, per le donne nate al di fuori dell'UE e per le donne con basso livello di competenze o con disabilità. La partecipazione delle donne al mercato del lavoro potrebbe essere rafforzata mediante riforme e investimenti relativi ai sistemi di educazione e cura della prima infanzia nonché ai servizi di assistenza a lungo termine, come pure mediante politiche a favore dell'equilibrio tra vita professionale e vita privata, come i congedi parentali e per assistenza equilibrati sotto il profilo del genere. Tra le altre riforme e investimenti potrebbero figurare misure che garantiscano pari progressione di carriera, misure di trasparenza salariale e adeguamenti del sistema fiscale e previdenziale, come la tassazione a livello individuale e non familiare nonché le detrazioni familiari, le detrazioni per coniuge a carico e quelle trasferibili.

I divari di genere nei livelli di occupazione e retribuzione rimangono considerevoli

in vari Stati membri

11,4 punti percentuali
divario di genere nei livelli di occupazione nel secondo trimestre 2020, pressoché stabile dal 2013 

14,3 punti percentuali 
effetto della genitorialità sull'occupazione (minore tasso di occupazione delle donne con figli piccoli rispetto alle donne senza figli)

Divario retributivo di genere non corretto nel 2014 e nel 2018
(punti percentuali)

Fonte: Eurostat. 

La crisi si ripercuoterà con ogni probabilità in modo sproporzionato sui migranti di paesi terzi, imponendo la necessità di intensificare gli sforzi per garantirne l'integrazione nel mercato del lavoro. Tra il 2017 e il 2019 il tasso medio di occupazione dei migranti di paesi terzi era migliorato (passando dal 61,5 % al 64,2 %), ma poiché i migranti di paesi terzi sono sovrarappresentati tra i lavoratori a tempo determinato e in settori fortemente colpiti dalla crisi, il loro tasso di occupazione è diminuito considerevolmente dall'inizio della crisi (scendendo al 60,8 % nel secondo trimestre del 2020) sebbene durante la pandemia i migranti di paesi terzi abbiano avuto un ruolo fondamentale svolgendo funzioni essenziali in prima linea. I lavoratori migranti di prima generazione hanno inoltre maggiori probabilità di ricoprire occupazioni meno qualificate, anche se in possesso di un'istruzione terziaria, ma le risposte politiche degli Stati membri relative all'offerta di corsi di lingua, all'accesso all'istruzione e alla formazione, all'orientamento occupazionale e al riconoscimento delle competenze e delle qualifiche hanno contribuito a migliorarne l'integrazione nel mercato del lavoro. Il mantenimento e il rafforzamento di tali politiche contribuirebbe a rendere la ripresa più inclusiva e a sfruttare le competenze e il potenziale dei migranti, compresi i rifugiati.

Per migliorare la resilienza sociale è fondamentale affrontare le cause della segmentazione del mercato del lavoro, anche adeguando la legislazione e predisponendo i giusti incentivi per l'assunzione con contratti stabili. L'incidenza dell'occupazione a tempo determinato varia notevolmente da un paese all'altro: i giovani e le donne sono relativamente più rappresentati in questa categoria. Gli Stati membri con una quota consistente di lavoratori a tempo determinato hanno registrato le maggiori fluttuazioni dell'occupazione durante la crisi. In tale prospettiva, garantire che i contratti a tempo determinato consentano l'ingresso nel mercato del lavoro e fungano al contempo da trampolino di lancio verso un'occupazione regolare è fondamentale per aumentare la resilienza sociale e sostenere una ripresa equa e inclusiva. In questo contesto sono importanti le riforme che consentano di modernizzare la legislazione a tutela dell'occupazione, stabilendo tra l'altro condizioni chiare per il ricorso ai contratti a tempo determinato, impedendo i rapporti di lavoro che portano a condizioni di lavoro precarie e fornendo i giusti incentivi per l'assunzione con contratti a tempo indeterminato. Al tempo stesso gli Stati membri dovrebbero prevedere condizioni di ammissibilità flessibili affinché le persone in cerca di lavoro con esperienze lavorative precarie abbiano un accesso adeguato alla protezione sociale, in particolare alle prestazioni di disoccupazione, e beneficino di opportunità di formazione e riqualificazione.

Molti lavoratori ancora non godono della protezione di salari minimi adeguati. Nonostante in molti Stati membri siano stati recentemente aumentati, i salari minimi legali sono spesso bassi rispetto ad altri salari dell'economia e generalmente non sono sufficienti per proteggere i lavoratori dal rischio di povertà. Inoltre la protezione offerta dai salari minimi presenta lacune sia nei paesi con un salario minimo legale (perché determinate categorie ne sono escluse) sia nei paesi in cui i salari sono fissati esclusivamente mediante contrattazione collettiva (in relazione ai lavoratori che non sono tutelati dai contratti collettivi). La Commissione, dopo aver consultato le parti sociali, ha proposto una direttiva per garantire che i lavoratori dell'Unione siano protetti da salari minimi adeguati. La proposta della Commissione mira a promuovere la contrattazione collettiva dei salari in tutti gli Stati membri. A tal proposito i paesi in cui sono previsti salari minimi legali dovrebbero stabilire condizioni per garantire che i salari minimi siano fissati a un livello adeguato, ad esempio criteri chiari e stabili per la loro determinazione, valori di riferimento indicativi per orientare la valutazione dell'adeguatezza e aggiornamenti periodici e puntuali. Tali paesi sono inoltre invitati a garantire che le variazioni dei salari minimi legali e le trattenute su di essi siano utilizzate in maniera proporzionata e giustificata e che le parti sociali siano effettivamente coinvolte nella definizione e nell'aggiornamento di tali salari. La proposta prevede infine un'applicazione e un monitoraggio rafforzati della tutela garantita dal salario minimo stabilita in ciascun paese.

L'adeguamento delle condizioni di lavoro è divenuto un elemento essenziale durante la pandemia e tale rimarrà in seguito: a tale riguardo sarà necessario realizzare investimenti in relazione ai luoghi di lavoro e adottare riforme volte a migliorare la disponibilità di modalità di lavoro flessibili. Molti Stati membri hanno adeguato le loro condizioni di lavoro, anche con un maggior ricorso al telelavoro, concentrandosi in particolare sulla protezione dei lavoratori vulnerabili. Durante l'emergenza sanitaria il telelavoro si è rivelato molto importante per garantire la continuità operativa, offrendo nel contempo opzioni più ampie per far fronte alle accresciute esigenze di assistenza. Il telelavoro può tuttavia comportare anche dei rischi, tra cui quelli connessi al benessere professionale, fisico e mentale dei telelavoratori a domicilio. In prospettiva la pandemia indurrà a ripensare l'organizzazione dei luoghi di lavoro e l'equilibrio tra vita professionale e vita privata. Esistono differenze riguardanti il contenuto e l'ambito di applicazione delle normative nazionali in materia di telelavoro, anche per quanto riguarda la promozione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) richieste a tal fine. Gli Stati membri, sulla base delle prassi nazionali esistenti in materia di contrattazione collettiva, dovrebbero provvedere affinché gli ambienti di lavoro siano sicuri e adeguati e garantire un'ampia disponibilità di modalità di lavoro flessibili, che consentano di conciliare lavoro, famiglia e vita privata. È inoltre necessaria una maggiore attenzione al miglioramento delle condizioni di lavoro per i lavoratori in situazioni di vulnerabilità e per attirare coloro che svolgono un lavoro non dichiarato verso l'occupazione formale. La pandemia ha anche messo in luce la mancanza di personale in alcune professioni sanitarie e la necessità di adattarne o migliorarne le condizioni di lavoro e le competenze.

L'incidenza del telelavoro durante la crisi

varia notevolmente a seconda dei profili e dei settori

60 punti percentuali

divario nell'accesso al telelavoro tra lavoratori con un basso livello di competenze e lavoratori con un alto livello di competenze

61 %

degli abitanti delle città ha accesso al telelavoro a fronte del 41 % degli abitanti di piccole città

I lavoratori del settore dell'istruzione e dei servizi amministrativi hanno fatto ricorso al telelavoro in misura maggiore

Lavoro da casa durante la pandemia di COVID-19, caratteristiche principali dei lavoratori partecipanti (UE-27, in percentuale)

Fonte: Eurofound (2020), sondaggio online "Living, working and COVID-19".

Le politiche attive del mercato del lavoro sono fondamentali per sostenere gli adeguamenti del mercato del lavoro dopo lo shock causato dalla COVID-19. Gli Stati membri hanno affrontato la crisi occupazionale con tassi diversi di copertura delle politiche attive del mercato del lavoro (PAML). Per una crescita inclusiva è essenziale facilitare le transizioni del mercato del lavoro, prevenendo nel contempo i rischi di un'ulteriore polarizzazione delle competenze; si tratta di un elemento particolarmente importante per gli Stati membri che presentano ancora tassi elevati di disoccupazione di lungo periodo, che probabilmente si acuiranno in conseguenza dello shock causato dello shock causato dalla COVID-19. Gli Stati membri hanno modificato i quadri vigenti o hanno introdotto nuovi sistemi di PAML per rispondere meglio alle condizioni del mercato del lavoro e promuovere l'occupazione, il miglioramento delle competenze e la riqualificazione, spesso con il sostegno del Fondo sociale europeo. Ora potrebbero avere la possibilità di combinare i fondi della politica di coesione con i finanziamenti del dispositivo per la ripresa e la resilienza al fine di promuovere ulteriormente PAML mirate, comprese le misure di miglioramento del livello delle competenze e di riqualificazione professionale.

L'accesso a regimi di prestazioni di disoccupazione di livello e durata adeguati è fondamentale per attenuare gli effetti negativi della crisi e sostenere la transizione dei disoccupati verso nuovi posti di lavoro. L'erogazione di adeguate prestazioni di disoccupazione di durata ragionevole, accessibili a tutti i lavoratori, compresi quelli con contratti atipici, è fondamentale per sostenere le persone in cerca di lavoro durante le transizioni. È necessario prestare particolare attenzione alle persone con esperienze lavorative brevi o discontinue, che spesso sono meno protette da tali regimi. Alcuni Stati membri, in risposta alla pandemia, hanno rafforzato i rispettivi regimi di prestazioni di disoccupazione; tuttavia, tenuto conto dei cambiamenti delle condizioni economiche, potrebbe essere necessario rivedere ulteriormente tali regimi al fine di mantenere redditi adeguati e sostenere un'efficace attivazione del mercato del lavoro per le persone colpite.

I servizi pubblici per l'impiego dovranno andare oltre i metodi di lavoro tradizionali per far fronte all'impennata del numero di persone in cerca di lavoro e sostenerne la ridistribuzione nelle varie professioni o nei vari settori. Negli anni scorsi la percentuale di disoccupati che si sono rivolti ai servizi pubblici per l'impiego (SPI) per la ricerca di un posto di lavoro ha registrato una tendenza al ribasso, sebbene con forti differenze tra gli Stati membri. I giovani, le persone con basso livello di competenze e le persone anziane in cerca di un impiego continuano ad essere sovrarappresentati tra coloro che chiedono l'assistenza degli SPI. Nel contesto attuale, per garantire una risposta adeguata ed efficace alle esigenze delle persone in cerca di lavoro e dei datori di lavoro può essere necessario potenziare la capacità rafforzando i sistemi di profilazione e migliorando le capacità di orientamento e tutoraggio a favore delle persone in cerca di lavoro. A tal fine sarà importante investire in soluzioni delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) aggiornate e riqualificare il personale degli SPI. Un maggior sostegno basato su piani d'azione individuali potrebbe aiutare le persone colpite dalla crisi a trovare un impiego nel contesto della futura ripresa.

Gli SPI possono svolgere un ruolo cruciale nell'agevolare le transizioni e nel promuovere una ripresa rapida

45 punti percentuali

differenza tra i livelli massimi e minimi di utilizzo degli SPI per la ricerca di lavoro nel 2019

Le persone con basso livello di competenze e le persone anziane in cerca di un impiego sono ampiamente sovrarappresentate tra coloro che chiedono l'assistenza degli SPI

Gli elevati tassi di disoccupazione di lungo periodo precedenti alla pandemia possono costituire un ulteriore ostacolo per una ripresa favorevole a tutti

Percentuale di disoccupati che si avvalgono di determinati metodi per la ricerca di lavoro (2019)

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro.

Il dialogo sociale e il coinvolgimento delle parti sociali nella definizione delle politiche sono fondamentali per promuovere una ripresa equa e sostenibile e favorire una crescita inclusiva. In diversi Stati membri gli accordi collettivi e il dialogo sociale hanno contribuito alla definizione e all'attuazione dell'immediata risposta socioeconomica alla crisi COVID-19, comprese le misure per adattare rapidamente l'organizzazione del lavoro, ad esempio la promozione del telelavoro, e per proteggere la salute, i redditi e i posti di lavoro dei lavoratori in prima linea e del personale critico. La consultazione delle parti sociali nella risposta alla crisi è rimasta salda negli Stati membri con strutture di dialogo sociale già ben sviluppate. In altri Stati membri la crisi ha ridotto ancor di più il coinvolgimento delle parti sociali, che già era limitato prima dell'emergenza sanitaria. Affinché i programmi di riforma e di investimento previsti dal nuovo dispositivo per la ripresa e la resilienza per il periodo 2021-2023 siano elaborati ed attuati in modo efficace e agevole, è fondamentale che gli Stati membri collaborino con le parti sociali nella preparazione dei loro piani nazionali per la ripresa e la resilienza.

Le disuguaglianze nell'istruzione mettono a rischio la coesione sociale e la crescita inclusiva, rendendo necessarie riforme per far sì che i sistemi di istruzione siano più inclusivi e producano risultati migliori, per sostenere le persone più vulnerabili e investire in infrastrutture didattiche, compresa l'istruzione digitale. Un'importante sfida per quanto riguarda il livello di istruzione è quella che si trovano spesso ad affrontare i bambini appartenenti a gruppi socioeconomici più sfavoriti: essi partecipano infatti in misura notevolmente più ridotta ai sistemi di educazione e cura della prima infanzia e riescono con minore frequenza a conseguire le competenze di base nella lettura nella scuola secondaria. Sono inoltre sottorappresentati nell'istruzione terziaria, insieme agli studenti delle zone rurali, agli studenti con disabilità e ai migranti provenienti da paesi terzi. La didattica a distanza introdotta durante il confinamento mette in evidenza questi svantaggi: gli alunni provenienti da un contesto socioeconomico più sfavorito generalmente partivano da una situazione di inferiorità in termini di competenze digitali ed erano più spesso privi di computer e connessioni a Internet. Sta inoltre emergendo un divario di genere nelle competenze di base e nel tasso di istruzione terziaria, aspetti in cui i ragazzi ottengono risultati peggiori delle ragazze. Vi è il rischio che la combinazione di questi fattori si traduca in svantaggi per tutta la vita lavorativa, tenuto conto anche del già ampio divario occupazionale tra i lavoratori meno qualificati e quelli con alto livello di competenze (29,1 punti percentuali nel 2019). Esiste un forte legame tra i risultati scolastici, il successo sul mercato del lavoro e la partecipazione alla società, il che sottolinea l'importanza di un'istruzione inclusiva per garantire una ripresa equa e rafforzare la resilienza sociale. Le riforme potrebbero avere ad oggetto, tra l'altro, la prevenzione della differenziazione precoce del percorso scolastico, l'introduzione di servizi di sostegno e di regimi e servizi di finanziamento mirati per scuole, famiglie e giovani svantaggiati, la promozione di un migliore accesso all'istruzione per i minori bisognosi, compresa l'integrazione dei discenti con bisogni educativi speciali nei contesti tradizionali, e gli investimenti in infrastrutture e attrezzature.

   

Gli svantaggi socioeconomici incidono ancora pesantemente sulla partecipazione e sui risultati scolastici

36,4 % di alunni

di estrazione socioeconomica e culturale svantaggiata non riesce a raggiungere le competenze di base nella lettura 

11,3 punti percentuali 

divario di partecipazione ai sistemi di educazione e cura della prima infanzia dei bambini a rischio di povertà o di esclusione sociale nel 2016 

22,5 %

dei giovani nati al di fuori dell'UE abbandona precocemente l'istruzione e la formazione (rispetto al 10,2 % a livello di UE)

Tasso di risultati insufficienti per quanto riguarda le competenze nella lettura per status economico, sociale e culturale (in punti percentuali in relazione ai quindicenni, 2018)

Nota: SESC sta per stato economico, sociale e culturale.

Fonte: PISA 2018, OCSE.

Il miglioramento delle competenze e la riqualificazione sono una priorità assoluta per promuovere una ripresa inclusiva e sostenere le transizioni digitale e verde. Prima della crisi le imprese dell'UE segnalavano la scarsa disponibilità di personale qualificato come primo ostacolo agli investimenti. In 20 Stati membri non è stato raggiunto l'obiettivo stabilito a livello di UE per l'istruzione degli adulti, pari al 15 % entro il 2020. Gli adulti con qualifiche più basse partecipano molto meno alle attività di istruzione, nonostante ne abbiano più necessità. Un quarto dei giovani adulti non possiede una qualifica che dia accesso diretto al mercato del lavoro e alcuni settori, come quello delle TIC, segnalano una notevole differenza tra posti vacanti e numero di laureati. In molti Stati membri è ancora troppo difficile accedere ad altri percorsi di istruzione e formazione una volta usciti dall'istruzione formale e la convalida delle competenze rimane poco sviluppata. Unitamente alle nuove difficoltà che emergono in relazione alle competenze richieste per le transizioni digitale e verde, ciò evidenzia la necessità di sostenere la trasformazione dell'istruzione e formazione professionale e dell'istruzione terziaria. L'agenda per le competenze per l'Europa e lo spazio europeo dell'istruzione definiscono politiche per l'apprendimento permanente, per il miglioramento delle competenze e la riqualificazione, compresi il patto per le competenze e l'attuazione di strategie, previsioni, orientamenti e meccanismi di convalida in materia di competenze. Nell'ambito dell'iniziativa faro per la riqualificazione e il miglioramento delle competenze, gli Stati membri sono fortemente incoraggiati a proporre riforme e investimenti in materia di competenze, in particolare in ambito digitale, da finanziare a titolo del nuovo dispositivo per la ripresa e la resilienza, che si aggiunge, in via complementare, ai finanziamenti tradizionali a titolo del Fondo sociale europeo.

Vi è margine per rafforzare la partecipazione all'istruzione degli adulti, elemento chiave per sostenere lo sviluppo della carriera e il successo delle transizioni professionali

28,3 punti percentuali

divario tra il tasso di occupazione dei lavoratori con un basso livello di competenze e quello dei lavoratori con un alto livello di competenze

 

6,5 punti percentuali

divario relativo alla partecipazione dei lavoratori con basso livello di competenze all'istruzione degli adulti

In 20 Stati membri

meno del 15 % degli adulti partecipa ad attività di istruzione degli adulti

Metà degli adulti

dovrebbe partecipare ad attività di istruzione degli adulti nel corso di un anno entro il 2025, secondo l'agenda per le competenze per l'Europa (rispetto al 38 % del 2016)

Tassi di occupazione per livello di istruzione

(percentuale di persone nella fascia di età tra 25 e 64 anni nel 2019)

Percentuale di adulti e di adulti con basso livello di qualifiche che partecipano ad attività di istruzione (percentuale di persone nella fascia di età tra 20 e 64 anni nel 2019)

Fonte: Eurostat.

La crisi COVID-19 ha ulteriormente evidenziato l'importanza di rafforzare le competenze digitali. Durante la pandemia, per un'ampia percentuale di cittadini dell'UE le competenze digitali si sono rivelate essenziali per la continuità delle attività imprenditoriali, di istruzione e di formazione e per garantire l'accesso ai servizi, compresa l'assistenza sanitaria. Le competenze digitali saranno sempre più importanti per la piena partecipazione al mercato del lavoro e alle società del futuro, nonché per sostenere le transizioni verde e digitale. Tuttavia i progressi nelle competenze digitali di base sono stati lenti: nonostante un modesto miglioramento, nel 2019 più di quattro persone su dieci nell'UE non avevano competenze digitali di base, in particolare le persone anziane e le persone con basso livello di qualifiche. Vi è inoltre una sistematica carenza di esperti nel settore digitale e di persone con competenze digitali avanzate, un problema dovuto in larga misura alla sottorappresentazione delle donne tra i laureati e diplomati dell'istruzione terziaria nelle discipline STEM e nei posti di lavoro nel settore delle TIC. Le ragazze, pur ottenendo in giovane età risultati migliori rispetto ai ragazzi per quanto riguarda le competenze digitali, scelgono percorsi di studio o di carriera legati al settore digitale in misura notevolmente inferiore rispetto ai ragazzi. Le riforme per rafforzare le competenze digitali comprendono l'aggiornamento dei programmi di studio, l'introduzione di corsi di TIC nelle scuole primarie, l'insegnamento delle TIC come disciplina nell'istruzione secondaria, il sostegno agli insegnanti e ai formatori (anche sulle modalità per promuovere l'interesse e incoraggiare le aspirazioni delle ragazze), le opportunità di istruzione degli adulti nell'ambito delle competenze digitali, le misure volte ad aumentare l'attrattiva degli studi nei settori STEM e delle TIC (in particolare per le ragazze), il rafforzamento della cooperazione tra imprese, centri di ricerca e università come pure gli investimenti in infrastrutture e attrezzature digitali.

Il divario relativo alle competenze digitali rimane significativo

46 % delle persone
di età compresa tra i 16 e i 74 anni non possedeva competenze digitali di base nel 2019 

per 13,5 milioni
di posti vacanti erano richieste competenze nell'ambito delle TIC nel 2018 e 2019 

57 %
delle imprese ha dichiarato di avere difficoltà

ad assumere persone specializzate nel settore delle TIC nel 2019

50,9 % 
degli insegnanti non ha ricevuto una formazione in materia di TIC durante l'istruzione formale

Persone con competenze digitali complessive di base o superiori (2019, punti percentuali, popolazione nella fascia di età 16-74 anni)

 

Fonte: Eurostat.

La disparità di reddito complessiva è leggermente diminuita negli ultimi anni prima della pandemia di COVID-19, ma è aumentata nella fascia inferiore della distribuzione del reddito nell'ultimo decennio, sollevando preoccupazioni circa l'inclusività della crescita economica. In media nell'UE il 20 % più ricco delle famiglie ha un reddito circa cinque volte superiore a quello del 20 % più povero. Negli anni scorsi la disparità di reddito è aumentata maggiormente nella fascia inferiore della distribuzione del reddito (S50/S20) che nella fascia superiore (S80/S50). Secondo stime preliminari, gli stabilizzatori automatici e le misure politiche adottate per far fronte all'emergenza hanno finora attenuato l'effetto della COVID-19 sulle disuguaglianze. Per affrontare le disparità di reddito è necessario che gli Stati membri attuino riforme in diversi settori programmatici, tra cui la concezione dei rispettivi sistemi fiscali e previdenziali, i meccanismi di fissazione dei salari, l'inclusività e le pari opportunità nell'istruzione e nella formazione (a partire dalla prima infanzia) e l'accesso a servizi di qualità e alla portata di tutti. Dovrebbe essere garantita la valutazione degli effetti distributivi delle politiche, soprattutto di quelle a sostegno della duplice transizione verde e digitale.

Sebbene recentemente in calo, la disparità è

aumentata nella fascia inferiore della distribuzione del reddito

5 volte
è il rapporto tra la quota di reddito corrispondente al 20 % più alto dei redditi e la quota corrispondente al 20 % più basso dei redditi nel 2019 

21,4 %
è la quota del reddito percepito dal 40 % della popolazione con il reddito più basso, in aumento dal 2015

Rapporto tra quintili di reddito (S80/S20) e ripartizione

tra la fascia alta e la fascia bassa della distribuzione

Fonte: calcoli in base ai dati di Eurostat.

Prima della crisi COVID-19 il numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale era in calo per il settimo anno consecutivo, sebbene la lentezza dei progressi nei paesi con tassi di povertà più elevati suggerisse l'esistenza di problemi per i sistemi di protezione sociale. Nel 2019 vi erano circa 92,4 milioni di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale (AROPE), ossia 2,3 milioni in meno rispetto all'anno precedente. Grazie ai solidi risultati del mercato del lavoro prima della crisi, la componente "deprivazione materiale grave" aveva registrato il miglioramento più significativo rispetto al picco del 2012, seguita dalla percentuale di persone che vivono in famiglie con un'intensità di lavoro molto bassa, mentre la riduzione meno marcata riguardava il tasso di rischio di povertà. Tale evoluzione positiva mostrava tuttavia segni di rallentamento in molti Stati membri. La povertà lavorativa e l'intensità della povertà erano in lenta diminuzione anche per le persone che vivono in famiglie con un'intensità di lavoro molto bassa. La crisi COVID-19, con il conseguente aumento della disoccupazione e dell'inattività, rende altamente improbabile conseguire l'obiettivo della strategia Europa 2020 consistente nel ridurre di 20 milioni (rispetto al 2008) il numero di persone in condizioni di povertà o di esclusione sociale. La situazione attuale rappresenta una sfida per i sistemi di protezione sociale, in particolare per quanto riguarda la capacità di garantire in modo sostenibile redditi adeguati e l'erogazione di servizi di qualità a tutti coloro che ne hanno più bisogno.

La povertà è rimasta alta per i gruppi più vulnerabili, in particolare per le famiglie con bambini, per le persone con disabilità e per quelle nate al di fuori dell'UE, tutte colpite in modo sproporzionato dalla crisi COVID-19. I sistemi sanitari, di istruzione e di protezione sociale, in particolare i servizi sociali, sono stati sottoposti a pressioni senza precedenti, che hanno ulteriormente aggravato le difficoltà per le persone nelle situazioni di maggiore vulnerabilità. Il rischio di povertà o di esclusione sociale per i minori (di età inferiore ai 18 anni), sebbene in calo negli ultimi anni, è rimasto 1 punto percentuale al di sopra di quello della popolazione in età lavorativa e in alcuni Stati membri era molto elevato. Oltre all'adeguatezza dei livelli di reddito, anche l'accesso ai servizi, tra cui l'istruzione, l'assistenza sanitaria e l'alloggio, è fondamentale per sostenere le famiglie con bambini e garantisce pari opportunità nella vita. Nel 2021 la Commissione proporrà una garanzia europea per l'infanzia che fornirà un quadro per l'azione a livello di UE. Anche le persone con disabilità e le persone nate al di fuori dell'UE sono esposte a maggiori rischi di povertà ed esclusione sociale e hanno bisogno di un sostegno rafforzato. La nuova strategia sui diritti delle persone con disabilità, che la Commissione varerà nel 2021, avrà come obiettivo la promozione dell'inclusione economica e sociale di tali persone. Ci si attende che la strategia si concentri su un'ampia serie di settori, tra cui l'istruzione, l'occupazione, l'adeguata protezione sociale, l'accessibilità e la non discriminazione. Il pilastro europeo dei diritti sociali ribadisce il diritto delle persone di avere accesso a servizi di qualità. Il miglioramento dell'accesso ai servizi, tra cui i servizi sociali e di comunità e i servizi a domicilio a favore di una vita indipendente e dell'inclusione nella comunità, saranno prossimamente oggetto di una serie di iniziative e assi di lavoro della Commissione, quali le strategie menzionate e il nuovo Piano d'azione per l'integrazione e l'inclusione delle persone provenienti da contesti migratori.

Il tasso AROPE era in diminuzione prima della

crisi COVID-19, anche se a un ritmo lento

92.4 milioni
di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale nell'UE-27 nel 2019, ossia 2,3 milioni in meno rispetto al 2018

22,5 % dei bambini 
è a rischio di povertà o di esclusione sociale 

9 % dei lavoratori 
è a rischio di povertà

Tasso di rischio di povertà o di esclusione sociale

e relative sottocomponenti nell'UE

 

Fonte: Eurostat.

Mentre i costi abitativi restano molto elevati per gran parte delle famiglie, la crisi richiede interventi per proteggere i più vulnerabili. Un europeo su dieci risente dell'eccessiva onerosità dei costi abitativi. Le famiglie con il reddito più basso e le persone che vivono nelle città sono quelle maggiormente colpite. Negli ultimi dieci anni il fenomeno dei senzatetto, la forma più estrema di esclusione abitativa, si è accentuato nella maggior parte degli Stati membri. La crisi sanitaria ha messo ulteriormente in evidenza tali problemi abitativi. Molti Stati membri hanno adottato misure di emergenza per proteggere le persone più vulnerabili, ad esempio fornendo alloggi di emergenza per i senzatetto. Le riforme degli Stati membri dovrebbero focalizzarsi soprattutto sugli investimenti nella ristrutturazione degli alloggi di edilizia residenziale e sociale e sul miglioramento dell'accesso agli alloggi sociali.

La crisi COVID-19 è un potente monito dell'importanza dei sistemi di protezione sociale e del loro ruolo nell'attenuare gli effetti economici e sociali della riduzione dell'attività economica. È probabile che la crisi COVID-19 aumenti il numero di persone che percepiscono l'indennità di disoccupazione e altre forme di sostegno al reddito, mettendo a dura prova la capacità dei nostri sistemi di protezione sociale. I paesi hanno esteso e potenziato i regimi vigenti e hanno ampliato temporaneamente le condizioni di ammissibilità. In una fase di ripresa sono necessari sforzi costanti per mantenere e rafforzare la protezione sociale per tutti in modo sostenibile. La protezione dei lavoratori autonomi e dei lavoratori atipici dovrebbe essere ulteriormente migliorata a livello strutturale sulla base della risposta alla crisi, conformemente alla raccomandazione sull'accesso alla protezione sociale. Le riforme dovrebbero riguardare, tra l'altro, il livello di copertura, l'adeguatezza e la trasferibilità dei diritti di protezione sociale e il sostegno all'integrazione nel mercato del lavoro di coloro che sono in grado di lavorare.

Nella maggior parte degli Stati membri il livello di reddito minimo

è al di sotto della soglia di povertà

In media i trasferimenti sociali (pensioni escluse) riducono la povertà del 32,7 % 

63,9 %
della popolazione dell'UE a rischio di povertà ha beneficiato di una qualche forma di prestazione nel 2018

Reddito netto dei percettori di reddito minimo (anno di riferimento: 2018)

Fonte: calcolo su dati OCSE ed Eurostat.

La COVID-19 ha esercitato una pressione senza precedenti sui sistemi sanitari e di assistenza a lungo termine degli Stati membri. La capacità dei nostri sistemi sanitari di far fronte alle crisi è stata spesso messa a dura prova e i problemi strutturali esistenti relativi all'efficacia, all'accessibilità e alla resilienza dell'assistenza sanitaria si sono aggravati. Questi problemi riguardano, ad esempio, l'insufficienza dei finanziamenti per gli investimenti nel settore sanitario (anche a fini di preparazione e risposta alle crisi), lo scarso coordinamento e la limitata integrazione delle cure mediche, l'assistenza di base inadeguata, il persistere di ostacoli all'accesso all'assistenza sanitaria e le esigenze di cure mediche insoddisfatte. Tali difficoltà hanno colpito duramente le persone più vulnerabili. Come indicato in precedenza, la pandemia ha anche messo in luce le carenze di alcune professioni sanitarie e l'importanza di adattare o migliorare le loro condizioni di lavoro e le loro competenze. Le riforme dovrebbero riguardare in particolare il rafforzamento delle capacità dell'assistenza sanitaria negli Stati membri (in particolare la capacità di gestione delle crisi e degli afflussi massicci di pazienti), un migliore coordinamento tra l'assistenza ospedaliera, ambulatoriale e di base, l'aggiornamento e la riqualificazione degli operatori sanitari e il miglioramento delle loro condizioni di lavoro, la salute digitale e la riduzione delle spese non rimborsate. La pandemia ha duramente colpito anche i sistemi di assistenza a lungo termine, soprattutto per l'elevata vulnerabilità alla COVID-19 dei pazienti e del personale, facendo emergere i problemi di tali sistemi, che vanno dalle difficoltà per i lavoratori e i prestatori di assistenza informale alla discontinuità dei servizi fino ai problemi di capacità. Le riforme dovrebbero riguardare, tra l'altro, misure preventive, ad esempio per l'invecchiamento attivo e in buona salute, e misure reattive quali l'istituzione di servizi di assistenza sanitaria e sociale adeguatamente integrati, l'ampliamento dell'accesso e della copertura, in particolare per quanto riguarda l'assistenza a domicilio e i servizi di prossimità, il miglioramento delle competenze e la riqualificazione della forza lavoro e il sostegno all'integrazione dei servizi di assistenza e dei servizi per una vita indipendente.

In vari Stati membri i livelli di reddito incidono sull'accesso all'assistenza sanitaria

L'1,8 %

della popolazione dell'UE ha segnalato l'esistenza di esigenze mediche insoddisfatte nel 2019, prima della crisi COVID-19

In 11 Stati membri 

le spese non rimborsate superano il 20 % della spesa sanitaria

Esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato

per livello di reddito, 2019 

Fonte: calcoli in base ai dati di Eurostat.

I cambiamenti demografici continuano a rappresentare un problema a lungo termine per i sistemi pensionistici. L'adeguatezza delle pensioni è rimasta generalmente stabile nel 2019. I redditi da pensione sono leggermente peggiorati rispetto ai redditi da lavoro, mentre la percentuale di persone anziane in condizioni di deprivazione materiale grave ha continuato a diminuire. Il divario pensionistico di genere rimane ampio, nonostante una graduale diminuzione nel corso degli ultimi dieci anni. Gli effetti della crisi sull'occupazione e sui redditi da lavoro, soprattutto per i lavoratori atipici e i lavoratori autonomi, si aggiungono ai rischi relativi all'adeguatezza della pensione a più lungo termine. Le riforme dovrebbero essere volte alla creazione di sistemi pensionistici inclusivi e sostenibili, con adeguate opportunità di accesso e di risparmio sia per gli uomini sia per le donne e indipendentemente dal tipo di contratto o dall'attività economica svolta, garantendo al tempo stesso un reddito minimo adeguato in età avanzata.

Gli Stati membri dovrebbero intervenire per affrontare i problemi relativi all'occupazione, alle competenze e alla politica sociale identificati nella presente relazione comune sull'occupazione. L'analisi presentata nella relazione evidenzia una serie di settori prioritari che richiedono riforme e investimenti, il cui obiettivo dovrebbe essere promuovere la creazione di posti di lavoro, facilitare il passaggio dalla disoccupazione all'occupazione e da un settore all'altro, migliorare la resilienza economica e sociale e attenuare gli effetti occupazionali e sociali della crisi. I finanziamenti dell'UE, anche tramite il Fondo sociale europeo Plus (con le risorse aggiuntive messe a disposizione da REACT-EU) e il nuovo dispositivo per la ripresa e la resilienza, forniscono agli Stati membri il sostegno necessario per accelerare l'attuazione di azioni politiche in questi settori. In linea con gli orientamenti in materia di occupazione, gli Stati membri sono invitati a mettere in atto le seguenti azioni:

-mantenere i regimi di riduzione dell'orario lavorativo per tutto il tempo necessario e abbinarli a programmi di miglioramento del livello delle competenze e di riqualificazione; introdurre, non appena le condizioni lo consentiranno, un sostegno alla ridistribuzione dei lavoratori (ad esempio mediante incentivi all'assunzione ben concepiti), verso l'economia verde e digitale in particolare, proteggendo al tempo stesso i lavoratori durante la transizione;

-garantire che gli ambienti di lavoro siano sicuri e adeguati alle nuove esigenze di distanziamento sociale e che siano ampiamente disponibili modalità di lavoro flessibili;

-rafforzare il sostegno al mercato del lavoro e le opportunità di miglioramento delle competenze per far fronte all'aumento della disoccupazione giovanile, soprattutto mediante il sostegno all'apprendistato (in particolare nelle PMI), gli incentivi all'assunzione e le infrastrutture, le tecnologie e le attrezzature per l'apprendimento;

-investire nei servizi pubblici per l'impiego, in particolare per aumentarne la capacità, modernizzare le infrastrutture delle TIC, rafforzare i sistemi di profilazione e fornire al personale competenze adeguate;

-promuovere la contrattazione collettiva e il dialogo sociale; ove siano previsti salari minimi legali, garantire le condizioni affinché tali salari siano fissati a livelli adeguati, mediante criteri chiari e stabili e con aggiornamenti periodici e puntuali e un effettivo coinvolgimento delle parti sociali;

-riformare la regolamentazione del mercato del lavoro, nonché i sistemi fiscali e previdenziali, per garantire una riduzione della segmentazione del mercato del lavoro e fare in modo che la ripresa stimoli la creazione di posti di lavoro di qualità; garantire che i lavoratori atipici e i lavoratori autonomi abbiano accesso alla protezione sociale;

-investire nella riqualificazione e nel miglioramento del livello delle competenze, particolarmente in ambito digitale, rafforzando i sistemi di istruzione e formazione professionale, sostenendo i partenariati pubblico-privato multipartecipativi su vasta scala previsti dal patto per le competenze, fornendo alle imprese e ai lavoratori maggiori incentivi al miglioramento del livello delle competenze e alla riqualificazione, investendo in infrastrutture e attrezzature, anche digitali, sostenendo gli insegnanti e i formatori; garantire la parità di accesso all'istruzione e alla formazione;

-investire nella protezione sociale sostenibile per tutti, favorendo le riforme per mantenere e rafforzare i livelli di protezione e migliorando la protezione di coloro che non sono coperti; garantire adeguate prestazioni sociali e la trasferibilità dei diritti, nonché l'accesso ai servizi e il sostegno all'integrazione nel mercato del lavoro di coloro che sono in grado di lavorare; investire nella qualità e nell'accessibilità dell'educazione e della cura della prima infanzia e dei servizi di assistenza a lungo termine; valutare gli effetti distributivi delle politiche;

-investire nella ristrutturazione di alloggi di edilizia residenziale e sociale; facilitare l'accesso ad alloggi sociali e a prezzi accessibili, ove opportuno;

-investire nella capacità del sistema sanitario, comprese la capacità di gestione degli afflussi massicci di pazienti, l'assistenza di base, il coordinamento delle cure, il personale sanitario e i servizi sanitari in rete e ridurre le spese non rimborsate, migliorare la copertura sanitaria e promuovere il miglioramento del livello di competenze e la riqualificazione degli operatori sanitari.


1.PANORAMICA DELLE TENDENZE E DELLE SFIDE NELLA SOCIETÀ E NEL MERCATO DEL LAVORO NELL'UNIONE EUROPEA 

Questa sezione presenta una panoramica delle tendenze e delle sfide nella società e nel mercato del lavoro nell'Unione europea 3 a livello aggregato.

1.1 Tendenze nel mercato del lavoro

Nel 2019 la crescita economica ha continuato a sostenere la creazione di posti di lavoro, anche se a un ritmo più lento rispetto agli anni precedenti. Nel quarto trimestre del 2019 il numero degli occupati nell'UE-27 era di 209,3 milioni di persone (1,9 milioni in più rispetto al quarto trimestre del 2018), il livello più elevato mai raggiunto. In questo periodo i lavoratori anziani e quelli con un alto livello di competenze hanno continuato a rappresentare i principali fattori di crescita dell'occupazione, sostenendo l'aumento del tasso di occupazione complessivo delle persone di età compresa tra i 20 e i 64 anni fino al 73 % nel 2019. Nel quarto trimestre del 2019 la disoccupazione ha raggiunto i minimi storici attestandosi al 6,5 % e anche i tassi di disoccupazione giovanile e di lungo periodo sono diminuiti, sebbene fossero ancora elevati in alcuni Stati membri.

La crisi COVID-19 ha invertito la tendenza positiva dell'occupazione degli ultimi sei anni nell'UE-27. La recessione economica innescata dalla pandemia ha avuto un forte impatto sul mercato del lavoro. Nei primi due trimestri del 2020 l'occupazione totale è diminuita a un ritmo accelerato, fino ad arrivare a 203,1 milioni nel secondo trimestre del 2020: si tratta di 6,1 milioni di persone occupate in meno (pari al 2,9 %), ossia del calo dell'occupazione più drastico mai osservato in due trimestri consecutivi dal 1995 4 . In termini annuali si prevede che, dopo un aumento dell'1 % nel 2019, l'occupazione totale cali del 4,5 % nel 2020 per poi segnare un nuovo aumento dell'1,8 % nel 2021 5 , senza però escludere un forte rischio che tale previsione peggiori in base all'evolversi della pandemia.

Il tasso di occupazione delle persone di età compresa tra i 20 e i 64 anni è diminuito nonostante la rapida risposta politica e le misure adottate per contenere la perdita di posti di lavoro. Nel 2019 il tasso di occupazione nell'UE-27 ha continuato ad aumentare raggiungendo il 73,1 % in media (72,7 % nella zona euro), ossia 0,7 punti percentuali in più rispetto al 2018 (sia per l'UE che per la zona euro; Figure 1 ). Dopo un picco del 73,3 % nel secondo trimestre del 2019, ha tuttavia iniziato a diminuire lentamente nella seconda parte dell'anno. Con l'esplosione della crisi COVID-19, il tasso di occupazione è sceso al 72 % nel secondo trimestre del 2020, ossia 1,1 punti percentuali in meno rispetto al quarto trimestre del 2019 e 1,3 punti percentuali al di sotto del livello osservato nel secondo trimestre del 2019. La diminuzione è stata più marcata nella zona euro, dove il tasso di occupazione ha raggiunto il 71,4 % nel secondo trimestre del 2020, ossia 1,2 punti percentuali in meno rispetto al quarto trimestre del 2019 e 1,5 punti percentuali in meno rispetto al secondo trimestre del 2019. Il tasso di occupazione femminile è diminuito in modo meno marcato (di 0,9 punti percentuali nell'UE-27 e di 1 punto percentuale nella zona euro) rispetto a quello maschile (rispettivamente di 1,1 punti percentuali e di 1,3 punti percentuali), sebbene il divario rimanga in generale ai livelli prepandemici (era di 11,7 punti percentuali nel 2019 e rimane vicino a tale livello, attestandosi a 11,4 punti percentuali nel secondo trimestre del 2020). Dopo sei anni di progressi verso il raggiungimento dell'obiettivo del 75% previsto da Europa 2020 6 , il tasso di occupazione ha iniziato ad allontanarsi da tale obiettivo, mentre rimane una forte incertezza in merito agli ulteriori sviluppi dell'attività economica e alle relative ripercussioni sull'occupazione 7 .

Figura 1: la pandemia ha prodotto un grave shock sul mercato del lavoro, interrompendo un periodo di risultati positivi durato 6 anni

Tassi di occupazione e di disoccupazione nell'UE e nella zona euro

*media del primo e del secondo trimestre 2020, destagionalizzata.

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro.

La crisi ha avuto un impatto moderato sui tassi di disoccupazione in tutta Europa rispetto all'entità dello shock sul PIL 8 . Il tasso di disoccupazione ha continuato a diminuire nel corso del 2019 sia nell'UE sia nella zona euro ( figura 1 ). Nel secondo trimestre del 2020 il 6,7 % della popolazione attiva era disoccupata, ossia 0,2 punti percentuali in meno rispetto al quarto trimestre del 2019 (minimo storico mai registrato nell'UE-27) e allo stesso livello del secondo trimestre del 2019. Nel secondo trimestre del 2020 il tasso di disoccupazione nella zona euro è stato più elevato, attestandosi al 7,3 %, una percentuale uguale a quella del quarto trimestre del 2019 e inferiore di 0,2 punti percentuali rispetto a quella del secondo trimestre del 2019. Le differenze sono tuttavia marcate se si considera la ripartizione per fasce di età. Il tasso di disoccupazione è aumentato in particolare per i giovani (fascia di età 15-24 anni) dopo un calo nel 2019 rispetto all'anno precedente. Tra il quarto trimestre del 2019 e il secondo trimestre del 2020 è aumentato di 1,2 punti percentuali nell'UE-27 e di 1,1 punti percentuali nella zona euro. Viceversa la disoccupazione è in realtà diminuita per le persone di età compresa tra i 55 e i 74 anni (rispettivamente -0,4 punti percentuali e -0,5 punti percentuali). Esaminando i dati mensili, il tasso di disoccupazione complessivo ha fatto registrare un costante aumento dallo scoppio della pandemia, raggiungendo lo scorso settembre il 7,5 % nell'UE-27 (8,3 % nella zona euro). Nell'UE-27 vi erano quindi 16 milioni di disoccupati in quel preciso momento, circa 1,8 milioni in più rispetto allo stesso mese del 2019 (13,6 milioni e un aumento di 1,4 milioni nella zona euro). Questa lenta reazione della disoccupazione può essere legata a due motivi principali. In primo luogo, la significativa riduzione delle ore lavorate per persona occupata (soprattutto grazie alla rapida adozione di misure di riduzione dell'orario lavorativo) e le restrizioni ai licenziamenti imposte in diversi Stati membri hanno contribuito a contenere la perdita di posti di lavoro. In secondo luogo, la gravità dello shock economico ha spinto molti disoccupati a diventare inattivi (effetto "scoraggiamento del lavoratore"). Vi è comunque una notevole eterogeneità tra gli Stati membri (cfr. la figura 2 e il punto 3.1.1). La disoccupazione di lungo periodo ha raggiunto il livello più basso mai registrato nell'UE-27 attestandosi al 2 % della popolazione attiva nel secondo trimestre del 2020 (2,4 % nella zona euro). Gli effetti potenziali della crisi su tale indicatore saranno visibili solo in una fase successiva.

Il totale delle ore lavorate ha registrato un netto calo dovuto in gran parte all'adozione di misure di contenimento per combattere la pandemia. La COVID-19 ha interrotto una tendenza positiva iniziata con la ripresa nel 2013. Il numero totale di ore lavorate nell'economia è aumentato fino a raggiungere un picco di circa 85 miliardi nel quarto trimestre del 2019, per poi calare bruscamente (su base trimestrale) del 3,1 % nel primo trimestre del 2020 e del 10,7 % nel secondo trimestre del 2020. Il numero di ore lavorate per persona occupata nell'UE-27, che era già in calo ( figura 2 ), è diminuito del 2,7 % nel primo trimestre del 2020 e del 10,1 % nel secondo trimestre del 2020 (variazioni su base trimestrale). Questa netta diminuzione è dovuta in larga misura all'ampio ricorso a regimi di riduzione dell'orario lavorativo o di disoccupazione temporanea e alle restrizioni ai licenziamenti imposte da diversi Stati membri per contribuire a preservare i posti di lavoro. D'altro canto anche la perturbazione dell'occupazione causata dalla pandemia può avere effetti duraturi sulle ore lavorate. Tale tendenza potrebbe essere aggravata da altre tendenze a lungo termine, ad esempio l'elevato ricorso al lavoro a tempo parziale, il lavoro a chiamata tramite piattaforme digitali e una transizione più strutturale dell'occupazione verso settori a minore intensità di manodopera.

Figura 2: la pandemia ha inciso in modo significativo sulle tendenze relative all'occupazione e alle ore lavorate

Crescita dell'occupazione (fascia di età 15-64 anni) e delle ore lavorate per occupato nell'UE-27 e nella zona euro (variazione cumulativa, dati trimestrali - indice quarto trimestre 2008 = 100)

Fonte: Eurostat, conti nazionali, dati destagionalizzati e con correzione degli effetti di calendario (calcoli della DG EMPL).

La partecipazione al mercato del lavoro è diminuita drasticamente durante la pandemia. Dopo aver raggiunto il picco del 78,4 % nell'UE-27 e del 78,8 % nella zona euro nel secondo trimestre del 2019, il tasso di attività per la fascia di età 20-64 anni è sceso rispettivamente al 77 % e al 76,9 % nel secondo trimestre del 2020, con differenze considerevoli tra i diversi paesi. I tassi di attività sono diminuiti, insieme ai tassi di occupazione, nella maggior parte degli Stati membri (cfr. la figura 3 e il capitolo 3.1). Tale diminuzione non ha registrato sostanziali differenze di genere (-1,4 punti percentuali nell'UE-27 e -1,9 punti percentuali nella zona euro per gli uomini rispetto a -1,5 punti percentuali nell'UE-27 e -1,8 punti percentuali nella zona euro per le donne), tuttavia ha colpito in misura maggiore la fascia dei giovani (15-24 anni) rispetto ai lavoratori anziani (55-64 anni).

Figura 3: gli effetti della pandemia si sono fatti sentire in modo diverso da uno Stato membro all'altro

Tassi di occupazione, disoccupazione e attività nell'UE-27: variazione cumulata (in punti percentuali) tra il quarto trimestre del 2019 e il secondo trimestre del 2020

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro. Dati destagionalizzati, senza correzione degli effetti di calendario.

Il tasso di posti di lavoro vacanti, il cui calo era iniziato già prima della crisi COVID-19, si è ridotto in modo significativo 9 . La curva di Beveridge 10 ( figura 4 ) mostra una forte diminuzione del numero di posti di lavoro vacanti e un leggero aumento della disoccupazione (fascia di età tra i 15 e i 74 anni). Il tasso di posti di lavoro vacanti nell'UE-27 si era attestato all'1,6 % nel secondo trimestre del 2020, in calo rispetto all'1,9 % del primo trimestre del 2020 e al 2,3 % del secondo trimestre del 2019. Questi ultimi sviluppi interrompono l'aumento moderato ma costante del tasso di posti di lavoro vacanti registrato nel periodo pre-crisi tra il 2014 e l'inizio del 2019 (da 1,3 % nel primo trimestre del 2014 a 2,3 % nel primo trimestre del 2019). In questo nuovo contesto ci si attende che una migliore corrispondenza tra la domanda e l'offerta di lavoro sia fondamentale nella creazione di mercati del lavoro resilienti e competitivi (cfr. il punto 3.3). La situazione varia notevolmente da uno Stato membro all'altro in termini di domanda di manodopera, tuttavia la capacità di individuare i cambiamenti del fabbisogno di competenze e di prepararsi ad essi inciderà in modo significativo sull'evoluzione del tasso di posti di lavoro vacanti nel periodo post-crisi 11 .

Figura 4: i posti di lavoro vacanti diminuiscono mentre la disoccupazione aumenta moderatamente

Curva di Beveridge per l'UE, 2008-2020, dati trimestrali

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro e statistiche sui posti di lavoro vacanti.

Nota: dati destagionalizzati (ad eccezione del tasso di posti di lavoro vacanti per il 2008 e il 2009).

Lo shock economico ha colpito l'occupazione in tutti i settori, sebbene con notevoli differenze tra le diverse attività economiche. Il numero di occupati è diminuito tra il secondo trimestre del 2019 e il secondo trimestre del 2020 in tutte le attività economiche ad eccezione del settore delle costruzioni (classificazione NACE). In termini assoluti le attività più colpite nell'UE-27 sono state il "commercio all'ingrosso e al dettaglio, i servizi di alloggio e i trasporti" (2,8 milioni di occupati in meno rispetto al secondo trimestre del 2019, pari a una riduzione del 5,5 %), seguiti dalle "attività professionali, scientifiche e tecniche" (ossia servizi amministrativi e di supporto), con un milione di occupati in meno rispetto al secondo trimestre del 2019 (pari a una riduzione del 3,6 %). In termini relativi i settori delle "attività artistiche, di intrattenimento e divertimento" e dell'"agricoltura, silvicoltura e pesca" hanno registrato i cali più significativi (pari rispettivamente al 5 % e al 4,3 %). Nel caso dell'agricoltura, l'impatto della pandemia sull'occupazione potrebbe aver accelerato la tendenza al ribasso a lungo termine. Il numero di occupati nel settore delle costruzioni ha invece registrato un lieve aumento rispetto al secondo trimestre del 2019 (pari a 0,4 %).

I giovani sono uno dei gruppi maggiormente colpiti dal deterioramento del mercato del lavoro, sebbene con forti differenze tra gli Stati membri. Nel 2019 il tasso di occupazione giovanile (fascia di età 15-24 anni) è aumentato attestandosi al 33,5 % nell'UE-27, ossia un aumento di 0,6 punti percentuali rispetto al 2018 (34 % e 0,6 punti percentuali nella zona euro). Con l'inizio della crisi COVID-19 si è ridotto di 1,6 punti percentuali nel secondo trimestre del 2020 rispetto al secondo trimestre del 2019, scendendo al 31,2 % (-1,5 punti percentuali nella zona euro, in cui tale tasso è sceso fino al 31,8 % nel secondo trimestre del 2020). Il tasso di disoccupazione giovanile (fascia di età 15-24 anni), che nel 2019 aveva toccato il minimo, tra il quarto trimestre del 2019 e il secondo trimestre del 2020 è aumentato di 1,4 punti percentuali nell'UE-27 (di 1,2 punti percentuali nella zona euro). Complessivamente nell'UE vi erano 2,8 milioni di giovani disoccupati nel secondo trimestre del 2020: tale cifra raggiunge i 5,4 milioni se si considerano tutti quelli che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (NEET). Il tasso trimestrale di NEET è aumentato raggiungendo l'11,6 % nell'UE e il 12 % nella zona euro nel secondo trimestre del 2020 (da un minimo rispettivamente del 9,8 % e del 9,9 % nel secondo trimestre del 2019).

Per quanto riguarda i risultati del mercato del lavoro, i lavoratori anziani hanno resistito meglio agli effetti della pandemia. Il tasso di attività dei lavoratori anziani (fascia di età 55-64 anni) ha continuato ad aumentare nel corso del 2019, attestandosi al 62,2 % nel secondo trimestre del 2020, con solo una lieve flessione (0,2 punti percentuali) rispetto al secondo trimestre del 2019, ma comunque superiore di 9,3 punti percentuali rispetto al secondo trimestre del 2013, che ha segnato l'inizio della precedente ripresa. Il tasso di disoccupazione (fascia di età 55-74 anni) si è mantenuto a livelli bassi con una costante tendenza decrescente (4,4 % nel secondo trimestre 2020 rispetto al 4,8 % di un anno prima), il che potrebbe indicare il verificarsi di un effetto di scoraggiamento tra le persone anziane in cerca di lavoro. Viceversa il tasso di occupazione nella fascia di età 55-64 anni, attestatosi al 59,2 % nel secondo trimestre del 2020 (dopo un aumento costante di 10,6 punti percentuali dal secondo trimestre del 2013), si è comportato relativamente meglio rispetto al tasso riguardante altre fasce di età: ad esempio non ha fatto registrare alcuna variazione rispetto al secondo trimestre del 2019 (mentre nello stesso periodo il numero di giovani occupati di età compresa tra i 15 e i 24 anni è diminuito di 2,5 punti percentuali). Il tasso di occupazione degli adulti nella fascia primaria di età (25-54 anni) è diminuito di 1,1 punti percentuali, attestandosi al 79,4 % nel secondo trimestre del 2020.

Il tasso di occupazione delle donne ha subito lo shock causato dalla COVID-19 in misura leggermente inferiore rispetto a quello degli uomini, ma le differenze di genere persistono e devono essere monitorate in futuro. Nel 2019 il tasso di occupazione femminile è salito al 67,3 %, ossia 0,8 punti percentuali in più rispetto all'anno precedente. Nel secondo trimestre del 2020 il tasso di occupazione femminile ha mostrato un calo più moderato (‑1 punto percentuale rispetto al primo trimestre del 2020 e -1,2 punti percentuali rispetto al secondo trimestre del 2019) in confronto al tasso di occupazione maschile (rispettivamente -1,3 punti percentuali e -1,5 punti percentuali). Tali sviluppi recenti non hanno tuttavia ridotto in modo significativo il divario di genere nei livelli di occupazione, che nel secondo trimestre del 2020 si è attestato a 11,4 punti percentuali (leggermente inferiore agli 11,7 punti percentuali registrati nel secondo trimestre del 2019). L'effetto della crisi sui risultati occupazionali per genere impone un attento monitoraggio, poiché la riduzione del divario può essere imputabile a un impatto più significativo e temporaneo della pandemia sull'occupazione maschile piuttosto che a un maggiore attaccamento delle donne al mercato del lavoro. Nel secondo trimestre del 2020 il divario occupazionale è sceso a 11,5 punti percentuali per le donne di età compresa tra i 25 e i 49 anni, mentre si è attestato a 13 punti percentuali per le donne nella fascia di età compresa tra i 55 e i 64 anni. Nel 2019 il divario occupazionale era di 22,1 punti percentuali per le donne con basso livello di competenze, notevolmente superiore a quello delle donne con un livello di competenze medio (12,1 punti percentuali) e con un livello di competenze alto (6,4 punti percentuali).

Il tasso di occupazione delle persone nate al di fuori dell'UE ha risentito fortemente della pandemia. Prima della crisi questo indicatore (nella fascia di età 20-64 anni) è aumentato costantemente fino al 2019, mentre nel secondo trimestre del 2020 è sceso al 60,8 % (3,6 punti percentuali in meno rispetto al secondo trimestre del 2019), ossia una diminuzione in termini assoluti pari a 1,4 milioni di persone (da 16,2 milioni nel secondo trimestre del 2019 a 14,8 milioni nel secondo trimestre del 2020), e di quasi il 9 % in termini relativi.

Sebbene in calo, il numero di lavoratori atipici rimane considerevole: ne deriva una vulnerabilità individuale e sociale agli adeguamenti del mercato del lavoro. Sul totale dei lavoratori dipendenti (fascia di età 15-64 anni) nel 2019 nell'UE-27 (167 milioni), quasi l'85 % aveva un contratto a tempo indeterminato (+1,3 % rispetto al 2018), mentre i restanti 25,2 milioni avevano un contratto a tempo determinato (-1,3 % rispetto al 2018). Il calo del numero di lavoratori a tempo determinato si è accentuato con la pandemia. Nel secondo trimestre del 2020, circa 21,2 milioni di lavoratori (di età compresa tra i 15 e i 64 anni, dati destagionalizzati) erano impiegati con contratti a tempo determinato nell'UE-27, ossia 4,1 milioni in meno rispetto a un anno prima. Data tale riduzione, nel secondo trimestre del 2020 la quota dei contratti a tempo determinato rispetto al totale dei lavoratori è scesa all'11,1 % (una diminuzione di 2,9 punti percentuali rispetto a un anno prima). Tale quota rimane leggermente più elevata nella zona euro, attestandosi all'11,7 %. La percentuale dei lavoratori a tempo parziale (fascia di età 15-64 anni) rispetto al totale dei lavoratori è scesa di 1,4 punti percentuali (attestandosi al 17 % nel secondo trimestre del 2020), facendo registrare un calo più marcato nella zona euro (1,8 punti percentuali). Tra questi, la quota di lavoratori a tempo parziale involontari è diminuita di 1,5 punti percentuali tra il 2018 e il 2019 ed è ora inferiore di 6,2 punti percentuali rispetto al picco del 2014 (32,7 %), con un dato leggermente superiore nella zona euro (26,9 % nel 2019). Il numero di persone occupate con un secondo lavoro ha continuato ad aumentare costantemente nel 2019 (8,2 milioni di persone nel 2019, rispetto a 7,8 milioni nel 2014).

Figura 5: differenze relative agli effetti della crisi in base al genere e all'età

Tassi di occupazione (concetto interno) tra i generi e le diverse fasce di età nell'UE, dati destagionalizzati

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro.

Il livello di istruzione rimane essenziale per migliorare l'occupabilità e i risultati del mercato del lavoro. Prima della pandemia il numero di occupati (tra i 25 e i 64 anni) con un livello di istruzione superiore continuava a crescere in modo costante (di 0,5 punti percentuali tra il 2018 e il 2019), con un corrispondente tasso di occupazione pari all'86,2 %. Nel 2019 il tasso di occupazione dei lavoratori con un livello di competenze medio (vale a dire quelli con un titolo di istruzione secondaria superiore) si era attestato al 76,5 %, con un aumento di 0,5 punti percentuali rispetto all'anno precedente e di 4,7 punti percentuali rispetto al 2014. Tali variazioni rispecchiano il fatto che la domanda di manodopera si è progressivamente spostata verso livelli più elevati di competenze, tra cui quelle digitali. A questa tendenza ha spesso corrisposto un livello medio di competenze più elevato tra i nuovi gruppi di persone che entrano nel mercato del lavoro 12 . La quota di lavoratori con basso livello di competenze (ossia con un livello di istruzione secondaria di primo grado o inferiore) è aumentata di 0,7 punti percentuali nell'ultimo anno (e di 1 punto percentuale tra il 2017 e il 2018). Nel 2019 il tasso di occupazione di questo gruppo si è attestato al 56,3 %. Nello stesso anno il divario occupazionale tra i lavoratori con un basso livello di competenze e quelli altamente qualificati si è attestato a 30 punti percentuali, evidenziando la necessità di ulteriori iniziative di miglioramento delle competenze e di riqualificazione.



1.2 Tendenze nella società

Prima dell'inizio della crisi COVID-19, nell'UE-27 il numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale continuava a diminuire 13 , 14 . Questa tendenza al ribasso è proseguita per sette anni consecutivi fino al 2019 ( figura 6 ), quando il numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale è sceso a 92,4 milioni (21,1 % della popolazione totale), circa 2,3 milioni in meno rispetto al 2018 (3.8 punti percentuali in meno rispetto al picco del 2012). La tendenza generale al ribasso riguardava tutti e tre i sottoindicatori: il tasso di deprivazione materiale grave (‑0,5 punti percentuali), il tasso di intensità di lavoro molto bassa (‑0,3 punti percentuali) nonché il tasso di rischio di povertà (‑0,3 punti percentuali). Tali andamenti sono coerenti con l'aumento dell'occupazione e del reddito disponibile registrato nel 2019 (cfr. punto 3.4). Tutti questi indicatori non colgono però ancora gli effetti della crisi COVID-19. Data l'importanza del reddito da lavoro per i mezzi di sussistenza delle famiglie e il calo sia dei tassi di occupazione sia delle ore lavorate, è probabile che nel 2020 la situazione delle famiglie peggiori in termini di reddito e di intensità di lavoro. La tendenza positiva del tasso AROPE potrebbe pertanto interrompersi e l'obiettivo della strategia Europa 2020 consistente nel ridurre di 20 milioni il numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale potrebbe allontanarsi.

Nel 2019 la percentuale di persone a rischio di povertà dopo i trasferimenti sociali è diminuita, ma rimane elevata; è difficile stimare gli effetti della crisi. L'indicatore del rischio di povertà è rimasto sostanzialmente stabile, diminuendo marginalmente e attestandosi al 16,5 % nel 2019 (rispetto al 16,8 % del 2018, sulla base dei redditi dell'anno precedente). Il numero di persone che vivono in famiglie con un reddito disponibile equivalente inferiore al 60 % del reddito mediano nazionale è stato leggermente superiore a 84,5 milioni, ossia un milione e mezzo di persone in meno rispetto all'anno precedente. Le stime rapide Eurostat relative al reddito per l'anno 2019 indicano uno scenario piuttosto stabile 15 . Al momento della stesura del presente documento, le stime rapide relative ai redditi del 2020 (che perciò colgono gli effetti della crisi) non sono ancora disponibili. Le variazioni relative all'anno 2020 sono piuttosto difficili da prevedere, anche a causa del probabile effetto della crisi sui redditi mediani. I risultati delle simulazioni 16 mostrano che, grazie alle misure politiche adottate in risposta alla crisi, il tasso AROP potrebbe aumentare solo di 0,1 punti percentuali in media nell'UE. Il tasso "anchored-AROP" (vale a dire il tasso calcolato rispetto a una soglia di povertà fissata in un anno di riferimento) aumenterebbe invece di 1,7 punti percentuali, confermando il previsto calo sostanziale dei livelli di reddito rispetto a una linea di povertà fissa 17 .

La forte diminuzione del numero di persone in condizioni di deprivazione materiale grave verificatasi prima della pandemia ha contribuito alla convergenza sociale verso l'alto. Nel 2019 oltre 2 milioni di persone sono uscite dallo stato di deprivazione materiale grave in cui versavano, il che ha ridotto il numero complessivo di persone interessate portandolo a 24,4 milioni, pari al 5,6 % della popolazione dell'UE. Tale diminuzione ha rappresentato un miglioramento significativo per il settimo anno consecutivo ed era dovuta ai buoni risultati registrati negli Stati membri in cui il tasso di deprivazione materiale grave era più elevato (cfr. il punto 3.4); tale diminuzione ha contribuito al proseguimento della convergenza sociale verso l'alto (anche se a un ritmo più lento nel 2019 rispetto agli anni precedenti).

Figura 6: prima della crisi COVID-19 la quota di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale era in declino, mentre la quota di persone a rischio di povertà era rimasta sostanzialmente stabile

Percentuale di popolazione a rischio di povertà o di esclusione sociale (AROPE) e relativi sottoindicatori (2010-2019)

Fonte: Eurostat, indicatori t2020_50, t2020_51, t2020_52, t2020_53. I dati si riferiscono agli Stati membri dell'UE-27 e al periodo da febbraio 2020 in poi.

Allo stesso tempo i buoni risultati del mercato del lavoro precedenti la pandemia hanno contribuito all'ulteriore riduzione del numero di persone che vivono in famiglie pressoché senza occupati. Nel 2019 il numero di persone che vivono in famiglie con un'intensità di lavoro molto bassa è diminuito di oltre 1 milione. Queste persone rappresentavano l'8,5 % della popolazione totale; tale percentuale ha fatto registrare un ulteriore calo rispetto al picco del 2014. Dato che lo shock causato dalla COVID-19 ha colpito un numero relativamente maggiore di lavoratori in posti di lavoro meno stabili (cfr. il punto 3.3), questo indicatore potrebbe deteriorarsi notevolmente nel 2020.

Il rischio di povertà o di esclusione sociale, sebbene sia diminuito in modo significativo nel 2019, è rimasto più elevato per i bambini. Tra il 2018 e il 2019 il numero di minori (di età inferiore a 18 anni) a rischio di povertà o di esclusione sociale nell'UE-27 è diminuito di 674 000 minori, facendo registrare un calo del 3,6 %. Il relativo tasso AROPE si era quindi attestato al 22,5 % per i bambini, in calo rispetto al 23,4 % del 2018. Rispetto a un tasso AROPE del 21,5 % per la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e del 18,6 % per le persone anziane (65 anni o più), tale tasso rimane ancora elevato.

Il rischio di povertà lavorativa è leggermente diminuito nel 2019, pur rimanendo a un livello elevato, mentre l'intensità della povertà è stata alta per le persone appartenenti a famiglie a intensità di lavoro molto bassa. Nel 2019 la percentuale di persone a rischio di povertà lavorativa è diminuita di 0,3 punti percentuali fino ad arrivare al 9 %, un livello che continua a scendere rispetto al picco del 9,8 % raggiunto nel 2016, ma ancora superiore di 0,5 punti percentuali rispetto al minimo raggiunto nel 2010. Le persone che lavorano a tempo parziale e con contratti a tempo determinato restano più esposte a tale rischio, con tassi di povertà lavorativa rispettivamente del 15,1 % e del 16,2 % (cfr. anche i punti 3.1.1 e 3.4.1). Allo stesso tempo nel 2019 lo scarto relativo dalla povertà di reddito mediana 18 , che misura la distanza dei livelli di reddito degli individui a rischio di povertà dalla linea di povertà (ossia la gravità della povertà), era pari al 24,4 %, un livello quasi invariato rispetto al 2018. Gli Stati membri presentano dinamiche diverse (per maggiori dettagli cfr. il punto 3.4.1). A livello aggregato, nel 2019 lo scarto di povertà per la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) che vive in famiglie (pressoché) senza occupati 19 è rimasto stabile al 36,2 %, il che fa presupporre l'inadeguatezza e la scarsa copertura delle prestazioni.

Nel 2019 la disparità di reddito è rimasta elevata e la convergenza è rallentata. In media il 20 % più ricco delle famiglie negli Stati membri aveva un reddito cinque volte superiore a quello del 20 % più povero. I dati indicano che nell'ultimo decennio l'aumento complessivo delle disparità di reddito è stato determinato da un aumento delle disparità nel segmento inferiore della distribuzione (cfr. il punto 3.4). I miglioramenti limitati, soprattutto nei paesi con livelli più elevati di disparità, indicano un rallentamento della convergenza. La quota di reddito del 40 % delle famiglie corrispondente alla fascia inferiore della distribuzione del reddito era in aumento fino al 2019, in linea con i miglioramenti moderati di altri indicatori relativi alla disparità di reddito. La media dell'UE-27 ha raggiunto il 21,4 % nel 2019, rispetto al 21,2 % del 2018 e del 2017 (e a un minimo del 20,9 % nel 2014 e nel 2015). Poiché si tratta di questioni a lungo termine, è importante realizzare analisi previsionali sistemiche per acquisire una conoscenza approfondita delle possibili soluzioni per il futuro e rafforzare la resilienza dell'UE.



2.ISTANTANEE TRATTE DAL QUADRO DI VALUTAZIONE DELLA SITUAZIONE SOCIALE

Il pilastro europeo dei diritti sociali è stato proclamato congiuntamente dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione il 17 novembre 2017 e stabilisce venti principi e diritti con l'obiettivo di sostenere pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, condizioni di lavoro eque, protezione sociale e inclusione. È concepito come una bussola per un processo di convergenza verso migliori condizioni socioeconomiche negli Stati membri. L'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali è una priorità, particolarmente nell'attuale situazione di crisi. Nel primo trimestre del 2021 la Commissione presenterà un ambizioso piano d'azione per garantirne la piena attuazione. Tale piano sarà lo strumento centrale con cui la Commissione contribuirà alla ripresa socioeconomica e alla resilienza a medio e lungo termine, al fine di migliorare l'equità sociale delle transizioni digitale e verde.

Il pilastro europeo dei diritti sociali è accompagnato da un quadro di valutazione della situazione sociale che permette di monitorare i risultati e di seguire l'andamento delle tendenze negli Stati membri 20 . Il quadro di valutazione contempla diversi indicatori (principali e secondari) per vagliare i risultati occupazionali e sociali degli Stati membri lungo tre dimensioni generali individuate nel quadro del pilastro: i) pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, ii) mercati del lavoro dinamici e condizioni di lavoro eque e iii) sostegno pubblico / protezione sociale e inclusione. Dalla sua edizione del 2018, la relazione comune sull'occupazione integra il quadro di valutazione della situazione sociale, i cui risultati sono sintetizzati nel presente capitolo in relazione agli indicatori principali. L'analisi si inserisce nel più ampio contesto di riforma presentato nel capitolo 3.

2.1 Spiegazione del quadro di valutazione

Il quadro di valutazione della situazione sociale costituisce uno strumento essenziale per il monitoraggio dei risultati occupazionali e sociali e della convergenza verso migliori condizioni di vita e di lavoro. Contribuisce in particolare a monitorare la situazione degli Stati membri in relazione alle dimensioni misurabili del pilastro, integrando gli strumenti di monitoraggio esistenti, in particolare il monitoraggio dei risultati in materia di occupazione e il monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale 21 . Il quadro di valutazione della situazione sociale consta di 14 indicatori principali che valutano le tendenze sociali e occupazionali in generale:

-pari opportunità e accesso al mercato del lavoro:

§tasso di abbandono precoce di istruzione e formazione, fascia di età 18-24 anni;

§divario di genere nei livelli di occupazione, fascia di età 20-64 anni;

§disparità di reddito misurata in rapporto interquintilico S80/S20;

§tasso di rischio di povertà o di esclusione sociale (AROPE);

§giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (NEET), fascia di età 15-24 anni;

-mercati del lavoro dinamici e condizioni di lavoro eque:

§tasso di occupazione, fascia di età 20-64 anni;

§tasso di disoccupazione, fascia di età 15-74 anni;

§tasso di disoccupazione di lungo periodo, fascia di età 15-74 anni;

§reddito lordo disponibile delle famiglie in termini reali, pro capite 22 ;

§reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single senza figli che percepisce un salario medio 23 ;

-sostegno pubblico / protezione sociale e inclusione:

§effetto dei trasferimenti sociali sulla riduzione della povertà (pensioni escluse) 24 ;

§bambini di età inferiore a tre anni inseriti in strutture formali di cura dell'infanzia;

§esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato 25 ;

§percentuale della popolazione con competenze digitali complessive di base o superiori.

Gli indicatori principali sono analizzati mediante una metodologia comune approvata dal comitato per l'occupazione e dal comitato per la protezione sociale (cfr. l'allegato 3 per ulteriori dettagli). Tale metodologia valuta la situazione e gli sviluppi negli Stati membri esaminando i livelli e le variazioni annue 26 di ciascuno degli indicatori principali previsti dal quadro di valutazione della situazione sociale. I livelli e le variazioni sono classificati in funzione della loro distanza dalle rispettive medie UE (non ponderate). I risultati degli Stati membri relativi ai livelli e alle variazioni sono quindi combinati (utilizzando una matrice predefinita) in modo tale che a ogni Stato membro sia attribuita una di sette categorie ("risultati migliori", "superiori alla media", "buoni ma da monitorare", "nella media/neutri", "modesti ma in miglioramento", "da tenere sotto osservazione" e "situazioni critiche"). Su tale base la tabella 1 offre una sintesi dei risultati del quadro di valutazione secondo i dati più recenti disponibili per ciascun indicatore. Nel capitolo 3 è presentata un'analisi dettagliata dei quattordici indicatori, compresi, ove opportuno, indicatori supplementari e tendenze a più lungo termine.

I risultati del quadro di valutazione della situazione sociale aiutano a individuare le sfide occupazionali e sociali negli Stati membri. Nel contesto del semestre europeo i dati del quadro di valutazione della situazione sociale sono stati utilizzati regolarmente nelle relazioni per paese al fine di orientare l'analisi delle sfide specifiche per paese. A livello di Stati membri sono stati utilizzati anche per la preparazione dei programmi nazionali di riforma e dei programmi di stabilità e convergenza. Unitamente all'analisi ulteriore inclusa nel monitoraggio dei risultati in materia di occupazione e nel monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale, è stata in tal modo fornita, ove opportuno, una base analitica per le successive proposte di raccomandazioni specifiche per paese formulate dalla Commissione. Durante questo processo si impone una lettura attenta e non meccanica della tabella e vengono presi in considerazione ulteriori elementi di natura qualitativa e quantitativa.

Il quadro di valutazione della situazione sociale sarà d'ausilio nella preparazione dei programmi nazionali di riforma e dei piani per la ripresa e la resilienza, i principali documenti di riferimento nell'ambito del dispositivo per la ripresa e la resilienza. Come indicato nella strategia annuale di crescita sostenibile 2021 27 , il dispositivo per la ripresa e la resilienza comporterà dei cambiamenti nel ciclo del semestre europeo 2021. Date le complementarità con il semestre europeo, gli Stati membri sono incoraggiati a presentare il loro programma nazionale di riforma e il piano per la ripresa e la resilienza in un unico documento integrato. Inoltre, come indicato negli orientamenti sui piani per la ripresa e la resilienza 28 , gli Stati membri sono invitati a spiegare in termini generali in che modo i piani siano coerenti con il pilastro europeo dei diritti sociali e contribuiscano efficacemente alla sua attuazione. Sono inoltre invitati a fornire un quadro dell'impatto economico e sociale complessivo del piano (unitamente a una valutazione delle prospettive macroeconomiche), presentando gli indicatori pertinenti, tratti anche dal quadro di valutazione della situazione sociale. Per gli Stati membri che presenteranno i loro piani nel 2021, la Commissione valuterà il contenuto di tali piani mediante documenti analitici che accompagneranno le proposte di atti di esecuzione del Consiglio 29 .

La relazione comune sull'occupazione 2021 integra una dimensione regionale nel quadro di valutazione della situazione sociale. L'evoluzione degli indicatori a livello nazionale potrebbe nascondere importanti differenze a livello regionale (mentre è proprio a livello regionale che in numerosi Stati membri viene spesso decisa una serie di politiche e finanziamenti). In tale contesto, per il secondo anno la relazione comune sull'occupazione contiene dati sulla situazione regionale, sulla base del quadro di valutazione della situazione sociale. Nell'allegato 4 viene presentata in particolare una serie di mappe che mostrano i dati disaggregati a livello regionale per ciascuno Stato membro in relazione ad alcuni indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale 30 . Inoltre l'analisi di cui al capitolo 3 riporta, ove opportuno, i risultati a livello regionale per gli Stati membri in cui esistono grandi disparità 31 tra le regioni NUTS 2. I dati e i risultati permettono di comprendere meglio come si comportano le diverse regioni di un paese in relazione ad alcune dimensioni principali del pilastro e aiutano a monitorare la convergenza all'interno dei paesi, a valutare l'impatto delle politiche regionali e a influenzare l'elaborazione di queste ultime.

2.2 Elementi tratti dal quadro di valutazione della situazione sociale

Il quadro di valutazione della situazione sociale rispecchia la situazione occupazionale determinata dalla crisi COVID-19, mostrando nel contempo le condizioni a livello sociale e di competenze esistenti prima della pandemia, per questioni di disponibilità dei dati. Sin dalla presentazione del quadro di valutazione, la situazione degli Stati membri è stata valutata in base agli indicatori principali del quadro (mediante la metodologia descritta nella sezione precedente) utilizzando i più recenti dati annuali disponibili, sia per i livelli che per le variazioni. Nell'attuale congiuntura, con questo approccio si dovrebbero considerare i dati del 2019 (e le variazioni rispetto al 2018) per la maggior parte degli indicatori; l'utilizzo di dati annuali non consentirebbe tuttavia di esaminare gli ultimi sviluppi del mercato del lavoro in un contesto di crisi e la loro inversione rispetto alle tendenze passate (pre-pandemia). In questo contesto il gruppo dell'EMCO per gli indicatori ha deciso di abbandonare temporaneamente l'utilizzo dei dati annuali per la valutazione della situazione sociale e di utilizzare invece gli ultimi dati trimestrali effettivamente disponibili (sulla base dell'Indagine sulle forze di lavoro) in relazione ai seguenti cinque indicatori principali del mercato del lavoro 32 :

·tasso di occupazione, fascia di età 20-64 anni;

·divario di genere nei livelli di occupazione, fascia di età 20-64 anni;

·tasso di disoccupazione, fascia di età 15-74 anni;

·tasso di disoccupazione di lungo periodo, fascia di età 15-74 anni;

·giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (tasso di NEET), fascia di età 15-24 anni.

Dagli indicatori principali emerge un deterioramento delle condizioni del mercato del lavoro nella prima metà del 2020. Tra i cinque indicatori del mercato del lavoro sopra citati, il tasso di occupazione e il tasso di NEET nell'UE-27 33 sono peggiorati nel secondo trimestre del 2020 rispetto allo stesso trimestre del 2019, mentre il tasso di disoccupazione è rimasto costante; il divario di genere nei livelli di occupazione e il tasso di disoccupazione di lungo periodo hanno invece mostrato un certo miglioramento (maggiori dettagli sulle tendenze recenti si trovano nel capitolo 1).

Gli indicatori sociali e quelli relativi alle competenze, per i quali sono disponibili solo i dati pre-COVID-19, hanno continuato a migliorare nel 2019 34 . I restanti nove indicatori principali mostrano una tendenza positiva o sostanzialmente stabile su base annua (ossia nel 2019 o nel 2018 a seconda della disponibilità dei dati). In particolare, in media è stato rilevato un miglioramento per quanto riguarda la povertà, la disuguaglianza e i relativi indicatori (vale a dire la percentuale di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale, il rapporto tra quintili di reddito, il reddito pro capite lordo disponibile delle famiglie, il reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single che percepisce il salario medio), come pure per gli indicatori relativi all'istruzione, alla cura dell'infanzia e alle competenze (abbandono precoce di istruzione e formazione, inserimento dei bambini di età inferiore a tre anni in strutture di cura dell'infanzia, percentuale della popolazione con competenze digitali di base o superiori). È stata osservata una tendenza sostanzialmente stabile per quanto riguarda l'effetto dei trasferimenti sociali sulla riduzione della povertà e le esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato.

Come evidenziato nei diagrammi di dispersione nel capitolo 3, si può notare una tendenza divergente tra gli Stati membri per la maggior parte degli indicatori del mercato del lavoro (ad eccezione del tasso di disoccupazione di lungo periodo). Ciò significa che, in media, gli Stati membri con una situazione iniziale peggiore hanno registrato un deterioramento più marcato nel secondo trimestre del 2020 rispetto al secondo trimestre del 2019. Tuttavia è generalmente possibile osservare un certo grado di convergenza per gli altri indicatori principali (in alcuni casi la tendenza non è chiaramente definita).

Quasi tutti gli Stati membri incontrano difficoltà in relazione ad almeno un indicatore principale. Considerando nel loro insieme le tre categorie più problematiche (ossia "situazione critica", "da tenere sotto osservazione" e risultati "modesti ma in miglioramento"), tutti gli Stati membri sono segnalati almeno una volta, ad eccezione della Germania. Considerando solo le "situazioni critiche" (vale a dire gli indicatori il cui livello è molto inferiore alla media e che nel corso dell'ultimo anno non sono migliorati abbastanza rapidamente o sono ulteriormente peggiorati), sono stati segnalati 15 Stati membri, uno in più rispetto alla relazione comune sull'occupazione 2020 35 . L'Austria, l'Ungheria e il Portogallo si sono uniti a questo gruppo di paesi (gli ultimi due vi sono "rientrati", dopo esserne usciti l'anno precedente), mentre Estonia e Lituania ne sono uscite. Nei 14 ambiti valutati sono stati complessivamente individuati 116 casi di "situazioni critiche", "da tenere sotto osservazione" o di risultati "modesti ma in miglioramento", vale a dire circa il 33 % del numero totale di valutazioni (un punto percentuale in più rispetto alla relazione comune sull'occupazione 2020). Di tali casi, 41 sono "situazioni critiche" (pari all'11,1 % di tutte le valutazioni), rispetto ai 40 casi della relazione comune sull'occupazione 2019 (pari al 10,3 % di tutte le valutazioni).

Come negli anni precedenti, la situazione degli Stati membri e la gravità delle rispettive sfide variano ampiamente in relazione agli indicatori del mercato del lavoro, anche in considerazione degli effetti della crisi. Romania e Spagna presentano valutazioni "critiche", "da tenere sotto osservazione" o "modeste ma in miglioramento" per dieci o più indicatori, seguite da Bulgaria e Grecia con nove criticità ciascuna (cfr. tabella 1). Di questi paesi, Bulgaria, Romania e Spagna presentano il numero più elevato di "situazioni critiche" (sei per ciascun paese), seguite dalla Grecia (quattro). Grecia, Romania e Spagna ottengono tuttavia anche una serie di valutazioni positive ciascuna (registrate prima dell'inizio della pandemia): la Grecia è tra i paesi con i "risultati migliori" in relazione all'abbandono scolastico e consegue risultati "superiori alla media" per quanto riguarda la disparità di reddito e il livello individuale di competenze digitali; la Spagna è tra i paesi con i "risultati migliori" per quanto riguarda la partecipazione alla cura dell'infanzia e consegue risultati "superiori alla media" in relazione alle esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato; la Romania è tra i paesi con i "risultati migliori" in relazione alla crescita del reddito pro capite disponibile delle famiglie. In termini di computo complessivo delle criticità, seguono l'Italia (sette criticità), Cipro, l'Ungheria e la Lettonia (sei per ciascun paese) 36 . Per contro, la Cechia e i Paesi Bassi ottengono i "risultati migliori" o risultati "superiori alla media" per dieci indicatori principali, seguiti da Danimarca e Svezia (nove indicatori ciascuno) e Germania (otto indicatori).

Tabella 1: sintesi degli indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale

 

Nota: aggiornamento del 28 ottobre 2020. Il rapporto tra quintili di reddito non è disponibile per IE, FR, IT, LV e SK. Il tasso di rischio di povertà o di esclusione sociale non è disponibile per IE e IT. Il tasso di NEET e il tasso di disoccupazione di lungo periodo non sono disponibili per DE. La crescita del reddito pro capite lordo disponibile delle famiglie non è disponibile per BG, EL, LU, MT e PL. Il reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single senza figli che percepisce il salario medio non è affidabile (e non è riportato) per DK. Il dato sull'effetto dei trasferimenti sociali sulla riduzione della povertà non è disponibile per IE, IT e SK. Il dato sulle esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato non è disponibile per IE, FR, IT e SK. Il dato sull'inserimento dei bambini di età inferiore a tre anni in strutture formali di cura dell'infanzia non è disponibile per FR, IE, IT e SK. Il dato sul livello individuale di competenze digitali non è disponibile per IT (manca il 2017). Le interruzioni nelle serie e altre segnalazioni statistiche sono riportate negli allegati 1 e 2.

3. RIFORME OCCUPAZIONALI E SOCIALI - RISULTATI E AZIONE DEGLI STATI MEMBRI

Questa sezione presenta una panoramica dei recenti indicatori occupazionali e sociali chiave nonché delle misure adottate dagli Stati membri negli ambiti prioritari individuati negli orientamenti dell'UE a favore dell'occupazione, adottati dal Consiglio nel 2020 37 . La presente sezione si basa sui programmi nazionali di riforma degli Stati membri per il 2020 e su fonti della Commissione europea 38 . Salvo diversa indicazione, nella relazione sono presentate solo le misure strategiche attuate dopo il giugno 2019. Per un'analisi approfondita dell'andamento recente del mercato del lavoro cfr. Labour Market and Wage Developments, Annual Review 2020 39 e Employment and Social Developments in Europe, Annual Review 2020 40 .

3.1 Orientamento 5: rilanciare la domanda di forza lavoro

Questa sezione si sofferma sull'attuazione dell'orientamento 5 in materia di occupazione, che raccomanda agli Stati membri di istituire condizioni che promuovano la domanda di forza lavoro e la creazione di posti di lavoro. In primo luogo presenta una panoramica dei tassi di disoccupazione e di occupazione per Stato membro, a integrazione dell'analisi a livello di UE che figura nel capitolo 1. Esamina poi l'evoluzione delle tendenze del lavoro autonomo, della dinamica salariale, dei salari minimi e del cuneo fiscale. Il punto 3.1.2 illustra le misure strategiche attuate dagli Stati membri in questi settori, con particolare attenzione alle risposte politiche per preservare l'occupazione e sostenere la creazione di posti di lavoro nel contesto della pandemia.

3.1.1    Indicatori chiave

Nel secondo trimestre del 2020 il numero di persone occupate è diminuito per l'effetto della crisi COVID‑19. Nel corso del 2019 l'occupazione totale è aumentata o è rimasta stabile in tutti gli Stati membri rispetto al 2018 (ad eccezione di lievi diminuzioni in Polonia e Romania). In diversi Stati membri la crescita dell'occupazione è rallentata o è diventata negativa nel primo trimestre del 2020 (con una media di -0,2 % nell'UE su base trimestrale). Nel secondo trimestre tutti gli Stati membri (ad eccezione di Malta) hanno successivamente registrato un calo (con una media pari a -2,7 % nell'UE) che ha interessato oltre sei milioni di persone rispetto al picco del livello occupazione registrato nel quarto trimestre del 2019. Le flessioni maggiori si sono registrate in Spagna (-8,4 %, pari a 1,7 milioni di persone), Irlanda (-6,1 %), Estonia e Ungheria (-5,6 %). In altri tredici Stati membri l'occupazione ha registrato una crescita negativa inferiore a -2 % ( figura 7 ). Il calo invece è stato più moderato a Cipro (-0,9 %), in Polonia (-0,4 %) e in Lussemburgo (-0,3 %). Malta è stato l'unico paese a registrare un aumento dell'occupazione, pari all'1,7 %.

Figura 7: calo sostanziale dell'occupazione in tutta l'UE

Variazione percentuale dell'occupazione totale e delle ore lavorate tra il quarto trimestre del 2019 e il secondo trimestre del 2020

Fonte: Eurostat, conti nazionali.

Nota: dati destagionalizzati e con correzione degli effetti di calendario, tranne per CZ, EL, FR, MT, PL, PT, SK (occupazione) e MT, SK (ore lavorate), per i quali i dati sono solo destagionalizzati. I dati sulle ore lavorate per BE non sono disponibili.

Figura 8: le assenze dal lavoro sono aumentate bruscamente in tutta l'UE

Assenze dal lavoro in percentuale dell'occupazione totale (fascia di età 20-64 anni)

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro. Nota: dati destagionalizzati. I dati per DE non sono disponibili per il secondo trimestre del 2020.

I regimi di riduzione dell'orario lavorativo hanno contribuito a contenere la perdita di posti di lavoro. Dall'inizio della crisi gli Stati membri hanno diffusamente attuato e/o rafforzato i regimi di riduzione dell'orario lavorativo o altri programmi di mantenimento dell'occupazione, con l'obiettivo di limitare la perdita di posti di lavoro, evitare la dispersione del capitale umano a livello di impresa e sostenere la domanda aggregata in una fase di grave recessione economica. Allo stesso tempo i datori di lavoro hanno anche adeguato autonomamente la domanda di manodopera per garantire la sostenibilità della loro attività. Come già illustrato nella sezione 1 e come si evince dalla figura 7 , il calo delle ore lavorate è stato considerevolmente maggiore rispetto al calo dell'occupazione (-13,5 % rispetto a -2,9 % nell'UE nel secondo trimestre del 2020 in confronto al quarto trimestre del 2019), fenomeno che può essere in gran parte attribuito al funzionamento dei regimi di riduzione dell'orario lavorativo. Le maggiori discrepanze tra i due indicatori 41 nei vari paesi possono essere individuate in Lussemburgo, Slovacchia, a Cipro, in Grecia, Cechia, Germania, Francia e Italia. Parallelamente, come si evince dalla figura 8 , il numero di lavoratori assenti dal lavoro (in rapporto all'occupazione totale) è aumentato bruscamente, con un incremento di 12,1 punti percentuali nell'UE (dal 9,7 % nel quarto trimestre del 2019, dopo un andamento stabile nel corso dell'ultimo decennio, al 21,8 % nel secondo trimestre del 2020). I licenziamenti temporanei hanno rappresentato da soli quasi la metà di tutte le assenze (un improvviso aumento dallo 0,2 % nel quarto trimestre del 2019 al 10,3 % nel secondo trimestre del 2020). Gli aumenti maggiori della percentuale di assenze sono stati registrati in Grecia (+35,9 punti percentuali), Cipro (+25 punti percentuali), Irlanda (+19 punti percentuali), Spagna (+18,7 punti percentuali), Italia e Portogallo (+18 punti percentuali).

Il ricorso a regimi di riduzione dell'orario lavorativo durante la crisi COVID-19 ha raggiunto livelli senza precedenti in tutti i paesi (per i quali i dati sono pubblicamente disponibili) 42 . Il ricorso alla riduzione dell'orario lavorativo è stato particolarmente diffuso nel settore dei servizi (principalmente alberghi e ristoranti) e nel commercio al dettaglio. L'adozione di tali regimi è stata relativamente più bassa negli Stati membri che li hanno introdotti ex novo, in parte a causa della concezione degli stessi, della lentezza nell'adattamento alle nuove procedure amministrative o dei ritardi nell'attuazione. In alcuni dei regimi di nuova istituzione (introdotti ad esempio da Bulgaria, Cechia, Croazia e Ungheria), l'obbligo per le imprese di condividere una parte dei costi potrebbe averne ridotto l'adozione. In Polonia l'adozione è stata inizialmente ridotta dall'obbligo di mantenere il posto di lavoro dopo la scadenza del sostegno.

Il calo limitato del tasso di occupazione globale nasconde differenze significative tra gli Stati membri. Nel corso del 2019 il tasso di occupazione (fascia di età 20-64 anni) è aumentato in media e in tutti gli Stati membri (ad eccezione di un leggero calo in Svezia, che però presentava il livello più elevato in tutta l'UE). Come illustrato nella sezione 1, nel secondo trimestre del 2020 il tasso di occupazione è diminuito di 1,3 punti percentuali, scendendo dal picco del 73,3 % raggiunto nel secondo trimestre del 2019 al 72 % (e riportando l'indicatore al livello osservato nel primo trimestre del 2018). Come si è detto, il calo complessivamente modesto può essere attribuito alle misure straordinarie adottate nel contesto della crisi. La situazione nasconde tuttavia una considerevole eterogeneità tra gli Stati membri. Come illustrato nella figura 9 , la Spagna ha registrato il calo maggiore (di 3,8 punti percentuali), seguita da Bulgaria (3,2 punti percentuali), Austria (2,4 punti percentuali) e Irlanda (2,4 punti percentuali). La Croazia ha invece registrato un aumento (di 0,7 punti percentuali), mentre Malta, Lettonia e Polonia hanno presentato un tasso stabile o leggermente decrescente.

Secondo la valutazione basata sulla metodologia relativa agli indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale, non vi sono cambiamenti sostanziali rispetto agli anni precedenti: la Grecia, l'Italia e la Spagna restano nella categoria "situazioni critiche" (con tassi vicini o inferiori al 65 %), mentre la Svezia, la Germania, la Cechia e i Paesi Bassi sono gli Stati membri con i "risultati migliori" (con tassi vicini o superiori all'80 %). Per quel che riguarda le categorie di mezzo, il calo improvviso dei tassi di occupazione spiega la classificazione di Bulgaria, Irlanda e Austria nella categoria dei paesi "da tenere sotto osservazione" (sebbene i rispettivi livelli siano ancora vicini alla media). Anche il Belgio e la Romania, con un tasso di occupazione sceso sotto il 70 % nell'ultimo anno, sono "da tenere sotto osservazione". La Croazia, che presenta ancora un tasso di occupazione basso, pari al 66,8 % nel secondo trimestre del 2020, è classificata nella categoria dei risultati "modesti ma in miglioramento" visto il recente incremento (nonostante la crisi). La pendenza positiva della linea di regressione indica che gli Stati membri stanno registrando una tendenza divergente (vale a dire che i tassi di occupazione sono diminuiti più rapidamente nei paesi che partivano da livelli più bassi). Resta da vedere se questa tendenza si manterrà nel tempo, come è avvenuto nel corso della crisi finanziaria. Alcuni Stati membri presentano disparità regionali significative nei tassi di occupazione (cfr. l'allegato 4).

Figura 9: il tasso di occupazione è sceso in quasi tutti gli Stati membri

Tasso di occupazione (fascia di età 20-64 anni) e variazione annua (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro. Periodo: livelli del secondo trimestre 2020 e variazioni annue rispetto al secondo trimestre 2019. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato.

Nella maggior parte degli Stati membri l'aumento della disoccupazione è stato finora moderato. Come illustrato nella sezione 1, nel settembre 2020 il tasso medio di disoccupazione nell'UE è aumentato fino al 7,5 %, ossia di un solo punto percentuale rispetto al minimo storico pre-crisi, registrato nel febbraio 2020. Tale situazione fa seguito al calo costante verificatosi nella maggior parte degli Stati membri nel 2019. Tale aumento moderato può essere considerato l'effetto dei regimi di riduzione dell'orario lavorativo, ma potrebbe essere spiegato in parte anche dall'inattività (in diversi Stati membri una percentuale considerevole di lavoratori ha abbandonato la ricerca attiva di lavoro, soprattutto durante le fasi di confinamento). La figura 10 , che mostra il livello del tasso di disoccupazione nel secondo trimestre del 2020 e la variazione rispetto al secondo trimestre del 2019, indica che a tale aumento medio moderato corrispondono tendenze nazionali molto diverse. In 20 Stati membri su 27 il tasso di disoccupazione si è effettivamente incrementato in questo periodo, con aumenti vicini o superiori a 2 punti percentuali in Lituania, Lettonia, Estonia e Svezia (tutti paesi "da tenere sotto osservazione" secondo la metodologia del quadro di valutazione della situazione sociale). Il tasso di disoccupazione è invece effettivamente diminuito in Italia, Francia, Portogallo, Belgio, Irlanda, Polonia e Grecia (in Italia, di oltre 2 punti percentuali). Tale comportamento è spiegabile considerando il calo del tasso di attività (di 3,1 punti percentuali in Irlanda e Portogallo, 2,9 punti percentuali in Italia, 2,1 punti percentuali in Francia, 1,7 punti percentuali in Belgio, 1,5 punti percentuali in Grecia). I dati mensili relativi a settembre 2020 indicano un aumento effettivo della disoccupazione rispetto a un anno prima per tutti questi paesi, esclusi Belgio e Francia. In termini comparativi, Spagna e Grecia sono ancora classificate come paesi con "situazioni critiche" (con tassi di disoccupazione superiori al 15 %) mentre la Cechia e la Polonia registrano i "risultati migliori"(con tassi di disoccupazione inferiori al 4 %). Persistono grandi disparità a livello regionale (cfr. l'allegato 4): alcune regioni della Grecia, dell'Italia e della Spagna registrano infatti tassi di disoccupazione superiori al 20 %.

Figura 10: la disoccupazione è aumentata nella maggior parte degli Stati membri, con un aumento complessivo moderato

Tasso di disoccupazione (fascia di età 15-74 anni) e variazione annua (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro. Periodo: livelli del secondo trimestre 2020 e variazioni annue rispetto al secondo trimestre 2019. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato.

Il lavoro autonomo è stato mediamente meno colpito dalla crisi rispetto all'occupazione totale, ma con una maggiore eterogeneità tra gli Stati membri. Tra il quarto trimestre del 2019 e il secondo trimestre del 2020 il numero di lavoratori autonomi è diminuito dell'1,8 % (un calo pari a 530 000 lavoratori), rispetto al 2,9 % dell'occupazione totale (dati dei conti nazionali, destagionalizzati 43 ). Pur trattandosi di un calo considerevole, il confronto con l'occupazione totale indica che un'ampia quota di lavoratori autonomi è riuscita, nonostante il crollo dell'attività economica, a mantenere la propria attività riducendone (temporaneamente) le dimensioni o passando a forme di lavoro a distanza. I lavoratori autonomi rappresentano tuttavia una delle categorie più a rischio in caso di recessione prolungata, non da ultimo a causa dell'accesso limitato ai regimi di protezione sociale in molti Stati membri. Tra il quarto trimestre del 2019 e il secondo trimestre del 2020 solo in sette Stati membri (Bulgaria, Germania, Estonia, Malta, Romania, Slovacchia e Finlandia) la flessione del lavoro autonomo è stata più rapida di quella dell'occupazione totale. Nel complesso il calo maggiore è stato registrato in Romania (-10,5 %), seguita da Estonia (-6 %), Irlanda (-5,7 %) e Spagna (-4,6 %). È opportuno notare che durante la crisi il numero di lavoratori autonomi è aumentato in undici Stati membri, con i maggiori aumenti registrati in Lettonia, Polonia e Lussemburgo.

Negli ultimi anni è lentamente diminuita la percentuale del lavoro autonomo rispetto all'occupazione totale. Nel complesso la percentuale di lavoratori autonomi rispetto all'occupazione totale è diminuita lentamente, passando dal 14,3 % nel 2008 al 13,4 % nel 2019 44 . Tale diminuzione è stata particolarmente evidente durante la fase di espansione economica tra il 2013 e il 2019, in cui venivano creati posti di lavoro in misura più che proporzionale tra i lavoratori dipendenti. Come mostrato in dettaglio nella relazione comune sull'occupazione 2020, questa diminuzione nel tempo cela una costante transizione della composizione del lavoro autonomo dalle attività tradizionali verso i servizi e i settori a più alto valore aggiunto, in particolare dai settori dell'agricoltura, del commercio e dei trasporti alle attività di informazione e comunicazione, alle attività professionali, scientifiche e tecniche nonché a quelle del settore della salute umana e dell'assistenza sociale. Tale mutamento strutturale è accompagnato da un incremento del livello medio di istruzione più rapido tra i lavoratori autonomi rispetto ai lavoratori dipendenti: la percentuale di lavoratori autonomi con un titolo di istruzione terziaria è aumentata passando dal 26 % nel 2008 al 36,1 % nel 2019, a fronte di un aumento più limitato (dal 26,1 % al 34,5 %) della stessa percentuale per i lavoratori dipendenti. La crisi accelererà probabilmente la transizione verso il settore dei servizi e un livello di istruzione più elevato tra i lavoratori autonomi, dato che i lavoratori con basso livello di competenze nei settori tradizionali (le cui attività non possono essere eseguite digitalmente) sono tra i più colpiti.

La crescita dei salari nominali ha subito un'accelerazione nel 2019, per poi reagire alla recessione economica. Nell'UE‑27 la crescita media della retribuzione nominale dei lavoratori dipendenti è stata superiore al 3 % e ha superato il 4 % nei paesi baltici, nell'Europa centrale e orientale e in Irlanda ( figura 11 ). Per l'Ungheria, la Lituania e l'Irlanda, le variazioni prodottesi nel 2019 sono state sostanzialmente superiori a quelle dell'anno precedente, mentre in Romania, Bulgaria, Estonia e Cechia la forte tendenza al rialzo ha registrato segnali di decelerazione. I salari hanno subito una decelerazione anche in Svezia e, soprattutto, in Italia e in Francia (in quest'ultima sono rimasti allo stesso livello del 2018). Nel 2020 diversi Stati membri sono entrati in recessione e nella maggior parte di essi la crescita della retribuzione per dipendente ha iniziato a rallentare. Tale risposta riflette principalmente la diminuzione delle ore lavorate (e, spesso, dei costi salariali corrispondenti) associata all'ampio ricorso a regimi di riduzione dell'orario lavorativo. Le riduzioni di salario variano notevolmente in funzione della configurazione dei regimi nazionali, della percentuale di lavoratori coinvolti e dell'entità del calo delle ore lavorate. Nel secondo trimestre del 2020 un numero elevato (18) di Stati membri ha registrato variazioni negative (rispetto all'anno precedente), con notevoli riduzioni in Francia (-8,5 %), Belgio (-9,5 %) e Italia (-10,3 %). Per quanto riguarda alcuni degli altri Stati membri, gli sviluppi positivi sono stati superiori al 3,5 % in Romania, nei Paesi Bassi e in Polonia, e particolarmente significativi in Bulgaria (+8,3 %), Ungheria (+6,6 %) e Lituania (+5,1 %). Inoltre, poiché le imprese che hanno ridotto le ore lavorate hanno cercato di risparmiare sul costo del lavoro, anche il congelamento delle componenti variabili della retribuzione e il rinvio dei rinnovi dei contratti di lavoro hanno inciso sulla retribuzione per lavoratore dipendente.

Figura 11: durante la crisi la crescita dei salari nominali è divenuta negativa nella maggior parte degli Stati membri

Retribuzione nominale per dipendente, 2018-2019 e secondo trimestre del 2020, variazione percentuale annua

1) I salari sono misurati dall'indicatore "retribuzione nominale per dipendente", che è calcolato dividendo la retribuzione totale dei dipendenti per il numero totale di dipendenti. La retribuzione totale è definita come il compenso complessivo, in denaro o in natura, riconosciuto da un datore di lavoro a un dipendente per il lavoro svolto da quest'ultimo durante il periodo contabile ed è costituita da due componenti: i) retribuzioni e salari corrisposti in denaro o in natura e ii) contributi sociali a carico dei datori di lavoro. 2) Tutti i dati utilizzati provengono dai conti nazionali. Gli indicatori si basano sui valori in valuta nazionale. I dati aggregati sono medie ponderate.

Fonte: Commissione europea, banca dati AMECO.

La retribuzione per dipendente è diminuita, ma la riduzione delle ore lavorate ha innescato un aumento della retribuzione oraria. La retribuzione oraria, sebbene in pochi paesi (Cipro, Cechia, Croazia, Polonia e Romania) sia effettivamente diminuita nel secondo trimestre del 2020 (su base trimestrale), nel complesso ha superato la retribuzione per dipendente. In sette paesi il divario è superiore a 10 punti percentuali e i valori più elevati riguardano la Francia e il Portogallo (rispettivamente 14 % e 19,6 %).

Nel 2019 i salari reali sono cresciuti in quasi tutti gli Stati membri, per poi calare nella prima metà del 2020 45 . Nel 2019 la crescita dei salari reali (deflazionati in base all'indice dei prezzi al consumo) è stata particolarmente sostenuta (oltre il 5 %) nei paesi dell'Europa centrale e orientale (Polonia, Ungheria, Romania, Slovacchia) e nei paesi baltici (Estonia, Lettonia e Lituania). La solida dinamica dei salari reali nei paesi in cui il PIL pro capite si sta avvicinando alla media dell'UE ha pertanto condotto a una diminuzione della dispersione dei salari reali nell'UE. In nove paesi, tra cui Svezia, Francia e Grecia, si sono osservati aumenti inferiori all'1 %, mentre in Italia e nei Paesi Bassi tali aumenti sono stati quasi trascurabili (cfr. la figura 12 ). In Lussemburgo i salari reali hanno registrato una crescita negativa. Nel secondo trimestre del 2020 la dinamica dei salari reali è stata caratterizzata da un forte aumento dell'eterogeneità. In diversi Stati membri i salari reali a livello aggregato si stanno drasticamente riducendo, soprattutto in Cechia, Spagna, Francia, Belgio e Italia, con una diminuzione di oltre il 10 % negli ultimi due paesi indicati. Questa riduzione può essere (almeno) in parte spiegata dagli effetti dei regimi di riduzione dell'orario lavorativo a seconda della configurazione delle misure nazionali (nei paesi in cui le prestazioni sono erogate direttamente ai lavoratori e registrate come trasferimenti sociali, i regimi di riduzione dell'orario lavorativo sono la causa del calo osservato dei costi salariali) 46 . In altri paesi gli andamenti positivi hanno mantenuto la tendenza più recente, soprattutto in Lituania, Lettonia, Ungheria e Bulgaria.

Figura 12: nel 2019 la crescita dei salari reali è stata vigorosa negli Stati membri dell'Europa orientale e della regione baltica

Salari reali per dipendente nel 2018, 2019 e secondo trimestre del 2020, variazione percentuale annua

1) Retribuzioni e salari lordi reali per dipendente; deflatore: consumo privato. 2) I paesi sono classificati in ordine decrescente rispetto alla crescita dei salari reali nel 2019. Fonte: Commissione europea, banca dati AMECO.

Dopo il calo verificatosi a seguito della precedente crisi finanziaria, nel 2018 e nel 2019 la quota del reddito da lavoro ha registrato in media un aumento moderato. Nel 2019 la quota del reddito da lavoro nell'UE-27 è lievemente aumentata fino al 55,4 % (da un livello minimo pari al 55 % tra il 2015 e il 2017), con aumenti superiori a 1 punto percentuale a Cipro, in Slovenia, Slovacchia, Lituania e Lettonia. Nello stesso periodo la quota del reddito da lavoro è diminuita in sette paesi, con un calo di almeno 1 punto percentuale in Francia, Romania e Bulgaria. Nel periodo 2013-2019 la quota del reddito da lavoro è aumentata negli Stati membri che partivano da livelli relativamente bassi, in particolare in Lettonia, Lituania, Romania e Slovacchia, che presentavano un certo grado di convergenza. Tra i paesi più grandi dell'UE la quota del reddito da lavoro è cresciuta solo in Germania (1,7 punti percentuali) ed è leggermente diminuita in Italia (-0,3 punti percentuali), mentre Francia, Spagna e Paesi Bassi hanno registrato contrazioni superiori a 1 punto percentuale.

Nel corso degli ultimi tre anni il reddito netto ha continuato a crescere più rapidamente nell'Europa centrale e orientale, contribuendo alla convergenza dei livelli di reddito da lavoro. Tale tendenza emerge chiaramente dalla distribuzione dei paesi nella figura 13 , che prende come riferimento un lavoratore single senza figli che percepisce il salario medio su un periodo di tre anni (2016-2019) 47 . La convergenza verso l'alto del tenore di vita è in linea con gli obiettivi del pilastro europeo dei diritti sociali. Nella fascia inferiore della distribuzione del reddito netto Bulgaria, Romania, Lettonia, Lituania, Ungheria e Polonia, paesi in cui il reddito netto in standard di potere d'acquisto (SPA) è vicino o inferiore a 15 000 EUR, hanno registrato un aumento medio superiore al 5 % negli ultimi tre anni e sono classificate come paesi dai risultati "modesti ma in miglioramento" 48 . . Altri paesi che presentano livelli altrettanto bassi non hanno assistito a una crescita così rapida e sono classificati come paesi "da tenere sotto osservazione" (Croazia, Slovenia, Portogallo, Cechia ed Estonia) o come "situazioni critiche" (Slovacchia). Tra i paesi con i "risultati migliori", il reddito netto in standard di potere d'acquisto è vicino o superiore a 30 000 EUR in Germania, Paesi Bassi, Irlanda e Lussemburgo. In tali Stati membri il reddito netto è cresciuto più rapidamente rispetto ai paesi che presentano livelli analoghi. Spagna, Grecia e Italia, che hanno livelli di reddito netto prossimi alla media, hanno registrato un andamento negativo o stabile negli ultimi tre anni (in linea con gli elevati tassi di disoccupazione). È da sottolineare il fatto che i paesi che registrano una crescita del reddito netto superiore alla media evidenziano anche un rapido aumento del costo del lavoro per unità di prodotto, le cui implicazioni a lungo termine per la competitività devono essere monitorate.

Figura 13: il reddito netto è aumentato rapidamente in Europa centrale e orientale, sostenendo così la convergenza verso l'alto

Reddito netto e variazione annua – media su tre anni (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: banca dati dei regimi fiscali e previdenziali (calcoli interni). Periodo: livelli 2019 (media su 3 anni) e variazioni medie annue 2016-2019. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato. Gli Stati membri contrassegnati con un asterisco sono quelli in cui il costo nominale del lavoro per unità di prodotto (CLUP) superava la soglia fissata dalla procedura per gli squilibri macroeconomici (PSM). L'indicatore del quadro di valutazione della PSM corrisponde alla variazione percentuale del CLUP su un periodo di tre anni. La soglia è pari al 9 % per i paesi della zona euro e al 12 % per i paesi non appartenenti alla zona euro. DK non figura poiché il valore relativo a tale paese non è affidabile.

Un lavoro non sempre garantisce una vita dignitosa. Negli ultimi anni la situazione dei lavoratori a basso reddito è peggiorata in molti paesi. Nell'ultimo decennio il tasso di povertà lavorativa nell'UE-27 è salito dall'8,5 % nel 2007 al 9,8 % nel 2016, per poi scendere al 9 % nel 2019 49 . Le tendenze strutturali che stanno rimodellando i mercati del lavoro, quali la digitalizzazione e l'aumento di forme di occupazione atipiche, stanno provocando una maggiore polarizzazione del lavoro, una diminuzione dei posti di lavoro a retribuzione media e un aumento contestuale di posti di lavoro a bassa o alta retribuzione 50 . I lavoratori con contratti a tempo determinato sono esposti a un rischio più elevato di povertà lavorativa rispetto a quelli con contratti a tempo indeterminato (16,3 % rispetto al 5,7 %); lo stesso accade per i lavoratori con basso livello di competenze rispetto a quelli altamente qualificati (19,3 % rispetto al 4,5 %). Inoltre i lavoratori nati al di fuori dell'UE hanno maggiori probabilità (20,9 %) di trovarsi in condizioni di povertà lavorativa rispetto ai lavoratori autoctoni (7,9 %). La figura 14 mostra che in Romania, Spagna, Italia, Lussemburgo, Portogallo e Grecia oltre il 10 % dei lavoratori è a rischio di povertà. In questo gruppo il tasso di povertà lavorativa è di fatto aumentato rispetto al 2010 in Spagna, Italia, Lussemburgo e Portogallo.

Figura 14: nell'ultimo decennio la povertà lavorativa è aumentata nella maggior parte degli Stati membri

Tasso di rischio di povertà lavorativa, confronto pluriennale

Fonte: Eurostat, indagine SILC.

Nota: per FR, IE, IT e SK non sono disponibili dati per il 2019 (sono indicati i dati per il 2018).

Le donne, i lavoratori giovani e con basso livello di competenze e i lavoratori in forme di occupazione atipiche hanno una maggiore probabilità di percepire il salario minimo rispetto agli altri lavoratori 51 . In particolare i giovani lavoratori hanno una probabilità tre volte superiore di percepire il salario minimo rispetto ai lavoratori adulti, mentre le donne hanno quasi il doppio delle probabilità rispetto agli uomini. Analogamente, il lavoro a tempo determinato triplica la probabilità di percepire il salario minimo mentre il lavoro a tempo parziale raddoppia tale probabilità. Tuttavia nella maggior parte degli Stati membri il lavoratore "tipico" che percepisce il salario minimo ha più di 25 anni, ha un livello di istruzione secondaria superiore e vive in coppia. Ciò è dovuto al fatto che la percentuale di lavoratori giovani, scarsamente qualificati e genitori di famiglie monoparentali è relativamente modesta nella forza lavoro complessiva, il che riduce le loro maggiori possibilità di percepire il salario minimo.

Nonostante in molti Stati membri i salari minimi siano stati recentemente aumentati 52 , in molti casi i salari minimi legali rimangono bassi rispetto ad altri salari dell'economia. In quasi tutti gli Stati membri il salario minimo legale è inferiore al 60 % del salario mediano e al 50 % del salario medio. Nel 2019 solo il salario minimo legale del Portogallo ha raggiunto entrambi i valori, mentre quello della Bulgaria ha raggiunto il 60 % del salario mediano. Nello stesso anno il salario minimo era inoltre inferiore al 50 % del salario mediano in nove paesi dell'UE (Estonia, Malta, Irlanda, Cechia, Lettonia, Germania, Paesi Bassi, Croazia e Grecia, cfr. la figura 15 ) Nel 2019 sette paesi (Estonia, Malta, Irlanda, Cechia, Lettonia, Ungheria e Romania) avevano salari minimi inferiori al 40 % del salario medio. In alcuni casi il salario minimo non era sufficiente a proteggere i lavoratori dal rischio di povertà. In diversi Stati membri vi sono lacune nella copertura garantita dai salari minimi. Nei paesi in cui vige un salario minimo legale, determinate categorie di lavoratori non beneficiano della tutela offerta dal salario minimo poiché si applicano esenzioni. Nei paesi in cui i salari sono fissati esclusivamente attraverso la contrattazione collettiva vi sono lacune nella copertura dei lavoratori che non sono tutelati dai contratti collettivi.

Figura 15: in quasi tutti gli Stati membri il salario minimo legale è inferiore al 60 % del salario mediano e al 50 % del salario medio

Salari minimi in percentuale del salario lordo mediano e del salario lordo medio dei lavoratori a tempo pieno, 2019

Fonte: calcoli della Commissione europea basati sui dati Eurostat.

Nota: sono rappresentati gli Stati membri che hanno un salario minimo legale.

Per questa ragione il 28 ottobre 2020 la Commissione ha proposto una direttiva dell'UE per garantire che i lavoratori nell'Unione siano tutelati da salari minimi adeguati che consentano una vita dignitosa ovunque essi lavorino. La proposta della Commissione mira a promuovere la contrattazione collettiva sui salari in tutti gli Stati membri. I paesi in cui sono previsti salari minimi legali dovrebbero stabilire condizioni per garantire cha i salari minimi siano fissati a un livello adeguato, anche mediante criteri chiari e stabili per la determinazione dei salari minimi, valori di riferimento indicativi per orientare la valutazione dell'adeguatezza e aggiornamenti periodici e puntuali dei salari minimi. Tali Stati membri sono inoltre invitati a garantire che le variazioni dei salari minimi legali e le trattenute su di essi siano utilizzate in maniera proporzionata e giustificata e che le parti sociali siano effettivamente coinvolte nella definizione e nell'aggiornamento di tali salari. Allo stesso tempo la proposta è concepita in modo da tenere in considerazione gli effetti sull'occupazione e sulla competitività e offre quindi una flessibilità sufficiente per tener conto degli sviluppi sociali ed economici, comprese le tendenze relative alla produttività e all'occupazione. La proposta prevede infine un'applicazione e un monitoraggio rafforzati della tutela garantita dal salario minimo stabilita in ciascun paese. Conformemente all'articolo 154, paragrafo 3, TFUE, è stata effettuata una consultazione in due fasi delle parti sociali.

Figura 16: nonostante un calo generale, il cuneo fiscale sul lavoro rimane elevato in diversi Stati membri

Cuneo fiscale sul lavoro sui salari bassi e medi, livello e variazione 2014-2019

Fonte: banca dati Commissione europea/OCSE dei regimi fiscali e previdenziali.

Nota: i dati riguardano i lavoratori single senza figli.

L'onere fiscale medio sul lavoro nell'UE-27 continua a registrare una leggera tendenza al ribasso, con variazioni relativamente modeste nella maggior parte degli Stati membri. Nel 2019 la riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori single che percepiscono il salario medio è stata più significativa in Lituania (-3,4 punti percentuali), mentre altrove le riduzioni sono state più modeste (meno di 1 punto percentuale). Gli aumenti più elevati sono stati registrati a Cipro (1,2 punti percentuali) e in Estonia (1,1 punti percentuali). Le differenze tra gli Stati membri rimangono considerevoli (cfr. la figura 16 ), con un cuneo fiscale che varia dal 20 % circa a Cipro a oltre il 45 % in Belgio, Germania, Italia, Austria e Francia. Analogamente il cuneo fiscale per i lavoratori a basso reddito (che, secondo la definizione, sono coloro che percepiscono il 67 % del salario medio) varia notevolmente da uno Stato membro all'altro. In una prospettiva di più lungo periodo, il cuneo fiscale è diminuito sia a livello di salario medio sia per i lavoratori a basso reddito, con una riduzione mediamente più marcata per questi ultimi. Tra il 2014 e il 2019 il cuneo fiscale medio non ponderato nell'UE è diminuito di 0,7 punti percentuali (e di 1,1 punti percentuali per i lavoratori a basso reddito). Lituania, Ungheria, Romania, Belgio ed Estonia hanno registrato ampie riduzioni per entrambi i gruppi di reddito (sebbene in Belgio entrambi i livelli restino tra i più elevati), mentre per i lavoratori a basso reddito sono state registrate riduzioni sostanziali anche in Francia, Lettonia e Finlandia. L'aumento più significativo per entrambi i livelli salariali è stato registrato a Malta, sebbene il cuneo fiscale rimanga relativamente basso.

In diversi Stati membri è possibile spostare il carico fiscale dal lavoro verso altre fonti così da incidere meno sulla crescita e sostenere meglio gli obiettivi ambientali. Nel 2018 le imposte ambientali (ossia le imposte sull'energia, sui trasporti, sull'inquinamento e sulle risorse) hanno contribuito per circa il 6 % al gettito fiscale totale nell'UE-27, con una quota compresa tra il 10,9 % in Lettonia e il 4,4 % in Lussemburgo ( figura 17 ). Nel 2018 le imposte sull'energia hanno fornito il contributo maggiore, pari a circa il 77 % del gettito fiscale ambientale nell'UE-27. Per l'UE-27 nel suo complesso la quota delle imposte ambientali sul gettito fiscale totale è rimasta relativamente stabile tra il 2008 e il 2018. Le variazioni a livello nazionale sono state più pronunciate, con i maggiori aumenti in Lettonia e in Grecia e le maggiori riduzioni in Lussemburgo. È opportuno tuttavia notare che la quota di imposte ambientali da sola non basta per stabilire se il sistema fiscale di uno Stato membro sia ben concepito per sostenere gli obiettivi ambientali 53 .

Figura 17: in media la quota di imposte ambientali nell'UE non è aumentata negli ultimi dieci anni

Imposte ambientali espresse come percentuale del carico fiscale totale, 2008-2018

Fonte: Commissione europea, DG Fiscalità e unione doganale, sulla base dei dati Eurostat.

Le imposte ambientali, se concepite in modo inadeguato, possono avere effetti distributivi negativi, imponendo oneri relativamente più elevati alle famiglie con minori disponibilità. I meccanismi di compensazione devono quindi garantire un adeguato reimpiego dei proventi o investimenti in beni pubblici, come i trasporti pubblici, al fine di offrire alternative. Nel contesto dell'azione per il clima volta a ridurre le emissioni di gas a effetto serra (conformemente agli obiettivi e ai livelli di ambizione più elevati proposti nel piano degli obiettivi climatici e nel progetto di legge europea sul clima) i prezzi del carbonio e i costi dell'energia sono destinati ad aumentare, anche attraverso imposte sul carbonio ed eventuali proroghe del sistema di scambio di quote di emissione. Dal punto di vista del consumatore gli effetti di entrambe le opzioni sono simili. I dati indicano che le imposte sui carburanti e su altri prodotti energetici, essendo in proporzione al reddito disponibile, costituiscono un onere maggiore per le famiglie a basso reddito 54 . La valutazione di impatto che accompagna il piano degli obiettivi climatici 2030 55 indica inoltre che la spesa per elettricità, gas e combustibili solidi è proporzionalmente più elevata per le famiglie a basso reddito. A fini di equità occorrono pertanto strumenti fiscali compensativi capaci di attenuare tali effetti regressivi. Inoltre l'insostenibilità economica dei prodotti energetici può aggravare la povertà energetica 56 . Al fine di garantire l'accesso ai servizi essenziali, principio sancito dal pilastro europeo dei diritti sociali, può essere previsto un sostegno attraverso ulteriori strumenti fiscali specifici.

È stato dimostrato che le riduzioni compensative delle imposte sul lavoro generano vantaggi in termini di occupazione e crescita economica. La riduzione delle imposte sul lavoro migliora gli incentivi al lavoro in generale, soprattutto per i lavoratori a basso reddito e per altri gruppi di destinatari quali i giovani e i lavoratori anziani. Una misura compensativa che accompagni l'aumento dei prezzi del carbonio può essere considerata un modo per rafforzare gli incentivi ai datori di lavoro affinché mantengano la forza lavoro anche quando aumentano i costi di produzione (stimolando la domanda di forza lavoro). In aggiunta le riduzioni delle imposte sul lavoro possono essere utilizzate per aumentare il salario netto dei lavoratori (a determinati costi del lavoro), incentivandoli a essere attivi nel mercato del lavoro (e stimolando in tal modo l'offerta di forza lavoro). Più recentemente la già menzionata valutazione d'impatto che accompagna il piano degli obiettivi climatici 2030 ha dimostrato gli effetti positivi che il reimpiego dei proventi derivanti dalle imposte sul carbonio ha avuto sulla crescita e sull'occupazione sotto forma di riduzioni delle imposte sul reddito o sul lavoro 57 .

Le entrate derivanti dalla tassazione ambientale possono essere utilizzate per sostenere tutti i redditi. Il reimpiego dei proventi ispirato all'equità è stato attuato, ad esempio, sotto forma di trasferimenti forfettari o di distribuzione di un dividendo derivante dai proventi legati al carbonio, di cui possono beneficiare anche le famiglie prive di reddito da lavoro. La relazione Employment and Social Developments in Europe, Annual Review 2020, che si basa su un esercizio di modellizzazione, presenta l'esempio di una riforma fiscale neutra sotto il profilo delle entrate, consistente in un'imposta sull'energia e in una prestazione forfettaria riconosciuta a tutte le famiglie. L'esempio dimostra che un simile trasferimento può attutire completamente le conseguenze negative della tassazione sia sulla povertà sia sulla disuguaglianza, in quanto la prestazione, pur se riconosciuta a tutti, fornisce alle famiglie più povere un sostegno relativamente maggiore di quello riconosciuto alle famiglie più ricche 58 .

3.1.2    Misure adottate dagli Stati membri

A seguito della pandemia di COVID-19 tutti gli Stati membri si sono avvalsi di regimi di riduzione dell'orario lavorativo per attenuare le conseguenze dello shock economico sul mercato del lavoro. A causa della pandemia le imprese di tutta l'UE sono state improvvisamente costrette a ridurre o a sospendere la loro attività per effetto delle perturbazioni nelle catene di approvvigionamento, dell'attuazione di rigorose misure di contenimento e del conseguente crollo della domanda di un'ampia gamma di prodotti e servizi. In risposta a tali sviluppi, tutti gli Stati membri dell'UE hanno rafforzato i regimi di riduzione dell'orario lavorativo esistenti o ne hanno introdotti di nuovi con l'obiettivo di preservare l'occupazione nella fase più acuta dell'emergenza sanitaria. L'Unione europea sostiene tali sforzi mediante lo strumento di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza (SURE).

I regimi di riduzione dell'orario lavorativo sono programmi pubblici mirati ad evitare una perdita eccessiva di posti di lavoro nei periodi di recessione. Consentono alle imprese in difficoltà economiche di ridurre temporaneamente l'orario lavorativo dei loro dipendenti, che a loro volta ricevono un sostegno al reddito per le ore non lavorate. L'obiettivo principale di questi regimi è proteggere i dipendenti e la corrispondenza tra domanda e offerta di lavoro, limitando in tal modo le conseguenze a lungo termine di uno shock transitorio. Sono in genere utilizzati in caso di eventi esterni che ostacolano le attività delle imprese (ad esempio incidenti tecnici, condizioni meteorologiche avverse che incidono sui lavori nei settori delle costruzioni e dell'agricoltura, cause di forza maggiore) e nelle fasi transitorie di rallentamento economico (ad esempio riduzione del fatturato o flessione degli ordini che si presume temporanea). Una caratteristica fondamentale è che il rapporto di lavoro è mantenuto durante il periodo di riduzione dell'orario lavorativo, anche nei casi in cui l'orario di lavoro è ridotto a zero (sospensione totale del lavoro).

I regimi di riduzione dell'orario lavorativo possono essere vantaggiosi per i datori di lavoro, i lavoratori e più in generale per l'economia. Essi consentono alle imprese di adeguare il costo del lavoro quando l'attività economica si indebolisce, preservando i posti di lavoro e il capitale umano ed evitando nel contempo lunghe e costose procedure di licenziamento e i costi di riassunzione una volta che le attività riprendono completamente. Dal punto di vista dei lavoratori questi regimi forniscono un reddito (parziale) sostitutivo, impedendo al tempo stesso i licenziamenti e consentendo una ripartizione più equa tra i dipendenti dell'onere derivante dall'adeguamento. Poiché limitano la perdita di posti di lavoro, i regimi di riduzione dell'orario lavorativo riducono la volatilità dell'occupazione e dei redditi e rafforzano la resilienza del mercato del lavoro, alleviando l'onere che grava sui regimi di prestazioni di disoccupazione e la probabilità di disoccupazione di lungo periodo.

Prima dell'inizio della pandemia di COVID-19, in 17 Stati membri dell'UE era in vigore un regime o un quadro per l'erogazione del sostegno alla riduzione dell'orario lavorativo. Tali regimi differivano tuttavia in misura significativa nel modo in cui erano stati istituiti e gestiti, ad esempio tramite regimi specifici, attraverso il sistema di prestazioni di disoccupazione o mediante politiche attive del mercato del lavoro.

Belgio, Germania, Francia, Italia, Lussemburgo, Austria e Portogallo disponevano di regimi specifici e consolidati prima della crisi. In questi paesi le imprese presentano una richiesta alle autorità responsabili della gestione del regime. Una volta concessa l'autorizzazione, l'impresa può adeguare l'orario di lavoro dei suoi dipendenti, versando loro la retribuzione regolare per il numero di ore lavorate e un'indennità per le ore non lavorate (generalmente inferiore al salario normale). L'impresa è quindi rimborsata (in tutto o in parte) attraverso il regime pubblico di riduzione dell'orario lavorativo 59 . La Svezia ha istituito un regime simile nel 2014, da attivare in caso di recessione economica grave e profonda. La Bulgaria ha stabilito il quadro giuridico del proprio regime a seguito della crisi del 2009, ma il regime è rimasto inattivo in quanto non è stato finanziato negli ultimi anni precedenti la crisi COVID-19. Anche l'Ungheria disponeva di un regime permanente di riduzione dell'orario lavorativo, relativamente esiguo, che è stato utilizzato e finanziato solo in modo discontinuo prima della crisi COVID-19.

In Danimarca, Irlanda, Paesi Bassi, Spagna e Finlandia il sostegno alla riduzione dell'orario lavorativo è stato in genere erogato (prima della crisi) attraverso il sistema delle prestazioni di disoccupazione. In tali sistemi le imprese hanno la possibilità di ridurre temporaneamente l'orario di lavoro dei loro dipendenti (in alcuni casi, ad esempio in Finlandia, hanno anche la possibilità di licenziare temporaneamente i dipendenti mantenendo tuttavia in vigore il rapporto di lavoro). A loro volta i lavoratori interessati possono iscriversi come persone in cerca di lavoro e richiedere prestazioni di disoccupazione di importo proporzionale ai giorni non lavorati (le cosiddette "prestazioni di disoccupazione parziale"). Le condizioni per beneficiare di tali prestazioni di disoccupazione "parziale" sono stabilite per ogni singolo lavoratore e sono identiche alle condizioni per le prestazioni di disoccupazione standard (o "completa"). In particolare (con alcune eccezioni, ad esempio la Spagna) i lavoratori possono richiedere la prestazione di disoccupazione parziale se hanno maturato la necessaria anzianità contributiva e devono soddisfare i requisiti normali relativi alla ricerca di un lavoro e alla disponibilità al lavoro (ossia sono tenuti ad accettare eventuali offerte di lavoro a tempo pieno).

In Croazia e Slovacchia il sostegno alla riduzione dell'orario lavorativo è stato gestito come una forma di politica attiva del mercato del lavoro. Inizialmente questi regimi disponevano di un bilancio limitato, coprivano un numero esiguo di imprese e di lavoratori e prevedevano l'obbligo di mantenimento dei posti di lavoro (ossia l'obbligo per i datori di lavoro di mantenere i livelli di occupazione per un certo periodo dopo aver ricevuto il sostegno). Tali regimi sono stati notevolmente rafforzati in risposta alla crisi COVID-19 con dotazioni di bilancio considerevoli e un'ampia copertura di imprese e lavoratori.

A seguito della pandemia di COVID-19, tutti gli Stati membri hanno adeguato i rispettivi regimi nazionali di riduzione dell'orario lavorativo con l'obiettivo di facilitarne l'utilizzo e di ampliare la gamma dei potenziali beneficiari. Hanno semplificato le procedure amministrative per l'autorizzazione del sostegno alla riduzione dell'orario lavorativo, ad esempio riducendo i periodi di notifica, introducendo una nuova giustificazione legata all'"emergenza COVID-19" (che è automaticamente considerata una causa di forza maggiore) e/o attenuando gli obblighi di consultazione preventiva dei rappresentanti dei lavoratori e riducendo il termine per chiedere le prestazioni. Hanno inoltre esteso la copertura dei regimi a imprese e settori che in precedenza non erano ammissibili. Germania, Spagna, Francia, Italia, Lussemburgo, Austria, Portogallo e Finlandia, ad esempio, hanno modificato le norme dei rispettivi regimi di riduzione dell'orario lavorativo al fine di semplificare le procedure, facilitare l'accesso e/o ampliare la loro copertura (ad esempio includendo i lavoratori autonomi e i lavoratori appena assunti). La Spagna e la Finlandia hanno semplificato le procedure amministrative e hanno reso notevolmente più flessibili i criteri di ammissibilità per consentire a tutti i dipendenti di percepire il sostegno alla riduzione dell'orario lavorativo indipendentemente dalla loro anzianità contributiva e senza pregiudicare i diritti maturati in relazione alle prestazioni di disoccupazione standard. Alcuni Stati membri hanno ridotto a zero i costi per i datori di lavoro. Tenuto conto del carattere eccezionale della crisi e dell'incertezza circa la sua durata, è stata aumentata anche la durata del periodo in cui è possibile ricorrere ai regimi di riduzione dell'orario lavorativo. Alcuni Stati membri (tra cui Belgio e Francia) hanno inoltre aumentato temporaneamente il livello della prestazione riconosciuta ai lavoratori per le ore non lavorate. La Francia ha inoltre introdotto deroghe settoriali alle norme comuni per settori specifici maggiormente colpiti dalle misure di emergenza connesse alla COVID-19 (aviazione, turismo).

Alcuni Stati membri hanno optato per l'introduzione di nuovi programmi volti specificamente a preservare i livelli di occupazione nelle imprese colpite dalla pandemia di COVID-19. Ad esempio Danimarca, Irlanda e Paesi Bassi hanno introdotto nuovi regimi di emergenza (di riduzione dell'orario lavorativo) in base ai quali il sostegno viene erogato direttamente tramite il datore di lavoro anziché attraverso il sistema delle prestazioni di disoccupazione. Nei Paesi Bassi, ad esempio, il precedente regime di riduzione dell'orario lavorativo è stato sostituito da un regime più generoso. I datori di lavoro che prevedono una perdita di entrate (pari almeno al 20 %) possono chiedere un'indennità fino a un massimo del 90 % dei costi del lavoro per un periodo di tre mesi, a condizione che non licenzino i lavoratori.

Tutti gli Stati membri che non disponevano di regimi di riduzione dell'orario lavorativo hanno adottato misure di emergenza per evitare i licenziamenti attraverso la riduzione dell'orario di lavoro. Ciò ha significato concedere un sostegno temporaneo ai lavoratori impiegati da imprese le cui attività sono state sospese o sostanzialmente ridotte. In particolare alcuni paesi (ad esempio Malta, Grecia, Lituania e Romania), in cui la normativa consentiva già ai datori di lavoro di ridurre l'orario lavorativo o di sospendere i contratti dei loro dipendenti in casi debitamente giustificati, hanno introdotto sovvenzioni pubbliche per finanziare il sostegno al reddito dei lavoratori interessati. Ad esempio, da giugno 2020 il regime SYN-ERGASIA in Grecia consente una riduzione fino al 50 % dell'orario lavorativo settimanale dei lavoratori a tempo pieno nelle imprese che registrano una diminuzione pari ad almeno il 20 % del loro fatturato. Lo Stato copre il 60 % del salario netto dei dipendenti e il 100 % degli oneri sociali corrispondenti alle ore non lavorate.

Se nel breve termine le riduzioni dell'orario lavorativo sono adatte a far fronte alle conseguenze immediate di uno shock economico esterno, il loro utilizzo prolungato può ostacolare i cambiamenti strutturali. Il mantenimento dei posti di lavoro esistenti ha rappresentato la principale preoccupazione nel mercato del lavoro all'inizio della crisi COVID-19. Con il protrarsi della pandemia, l'impatto economico della crisi sulla struttura della domanda e sull'attività delle imprese diventa sempre più evidente e fa emergere la necessità di cambiamenti strutturali. Quanto più a lungo si protrae la crisi, tanto maggiore può divenire la probabilità che i regimi di riduzione dell'orario lavorativo sovvenzionino posti di lavoro in imprese che non sono più economicamente sostenibili. I regimi di riduzione dell'orario lavorativo possono anche ridurre la probabilità che le persone prive di un lavoro sicuro trovino un impiego, rischiando quindi di rallentare la crescita dell'occupazione durante la ripresa. Di conseguenza, in presenza di segnali di ripresa economica potrebbero essere promosse politiche volte a favorire i cambiamenti strutturali e la ridistribuzione dei lavoratori tra i vari settori (ad esempio attraverso incentivi all'assunzione e misure di riqualificazione ben concepiti); tali politiche potrebbero essere adattate alla particolare situazione economica di ciascun paese.

Alcuni Stati membri hanno già cominciato a ridimensionare i regimi di riduzione dell'orario lavorativo e le altre misure di emergenza, mentre altri Stati membri li hanno adeguati o prolungati. Ad esempio in Danimarca ed Estonia le misure di emergenza adottate in risposta alla pandemia sono scadute durante l'estate e (al momento della stesura del presente documento) non sono state rinnovate. Altri Stati membri hanno iniziato a limitare l'accesso ai regimi di emergenza concedendolo solo alle imprese ancora direttamente colpite dalle restrizioni connesse alla crisi sanitaria (ad esempio in Belgio, Grecia e a Cipro). Infine alcuni Stati membri hanno già prorogato la validità di determinate misure di emergenza fino alla fine del 2020 (ad esempio Francia, Italia e Grecia) o fino al 2021 (ad esempio Germania, Malta, Svezia, Cipro, Spagna).

Diversi Stati membri hanno adottato misure per aumentare il mantenimento dell'occupazione e per sostenere la domanda di forza lavoro attraverso incentivi all'assunzione 60 . Ad esempio in Grecia gli attuali regimi di incentivi all'assunzione gestiti dal servizio pubblico per l'impiego sono stati estesi a nuovi posti, con una durata prolungata (fino a 2 anni) e l'aumento del tasso di sovvenzione (75 % dei costi salariali con un tetto di 750 EUR). In ottobre è stato inoltre lanciato un nuovo sistema per incentivare la creazione di 100 000 posti di lavoro nel settore privato attraverso la copertura degli oneri sociali da parte dello Stato per 6 mesi. In Croazia il regime di sostegno salariale temporaneo (pari al 50 % del salario minimo) è stato ampliato per sostenere i lavoratori colpiti dalle restrizioni sanitarie, che per la maggior parte sono lavoratori stagionali nei settori del turismo e dei servizi. In Romania è stata adottata una serie di misure (oltre agli attuali regimi di sussidi all'occupazione) per affrontare le ultime sfide del mercato del lavoro, tra cui il sostegno ai lavoratori giovani e anziani nonché agli autonomi. La regione belga delle Fiandre ha effettuato una revisione degli attuali incentivi all'assunzione di disoccupati di lungo periodo, mentre la Vallonia sta valutando il suo quadro generale di incentivi all'assunzione per migliorarne l'efficacia. Nel maggio 2020 l'Ungheria ha adottato un piano d'azione per tutelare l'occupazione e creare nuovi posti di lavoro in settori definiti prioritari, tra cui l'assistenza sanitaria, le costruzioni, l'agricoltura, i trasporti e il turismo. Tale piano di azione dispone di un bilancio complessivo di 674 miliardi di HUF (1,85 miliardi di EUR) per il periodo 2020-2022 e prevede tra l'altro regimi di integrazione salariale e altre disposizioni volte a rendere il lavoro più flessibile. La Spagna ha introdotto incentivi all'assunzione destinati ai lavoratori più colpiti del settore turistico nelle isole Baleari e Canarie. In Lettonia è stata fissata una nuova integrazione salariale per un periodo di tre mesi fino alla fine del 2020. Il datore di lavoro riceverà un importo che può arrivare al massimo fino al 50 % del salario mensile del dipendente (con un tetto di 430 EUR mensili) a condizione che la persona precedentemente disoccupata venga assunta per un periodo non inferiore a tre mesi dopo la fine dell'erogazione dell'integrazione salariale. Dopo la fine di ottobre Cipro intende attuare regimi di sussidi per incoraggiare l'assunzione di disoccupati, ex detenuti e giovani. Nel quadro di un'ampia riforma, la Finlandia mira a semplificare l'attuale sistema di assunzione e di integrazione salariale per aumentarne l'utilizzo da parte delle imprese, in particolare delle piccole e medie imprese. In particolare sono previsti piani per ridurre gli oneri amministrativi a carico dei datori di lavoro e accelerare il processo di pagamento, che sarà strettamente legato all'individuazione delle esigenze future dei dipendenti in termini di competenze.

Nel 2020 i salari minimi legali sono stati aumentati nella maggior parte degli Stati membri rispetto all'anno precedente 61 . In alcuni casi tale aumento è stato considerevole (ad esempio del 17 % in Polonia, del 12 % in Slovacchia e dell'11 % in Cechia). Il salario minimo in Romania è stato aumentato del 7 %, fino a raggiungere circa il 40 % del salario medio nel paese. In Belgio il salario minimo legale è rimasto congelato (a parte l'indicizzazione) in quanto le parti sociali non sono giunte a un accordo. In Spagna l'ultimo aumento del salario minimo (del 5,5 %, dopo un'impennata del 22,3 % nel 2019) è stato negoziato e concordato con le parti sociali, diversamente da quello precedente. Il salario minimo in Lettonia sarà aumentato del 16 % dal gennaio 2021, conformemente a una decisione del governo. In Germania la commissione per il salario minimo ha proposto un aumento del salario minimo pari al 10 %, suddiviso in quattro fasi nei prossimi due anni. La Germania sta attualmente riesaminando la determinazione del salario minimo alla luce dell'esperienza acquisita con l'introduzione di un salario minimo legale. Alcuni governi (come quello polacco e spagnolo) hanno annunciato o stanno valutando piani per aumentare i salari minimi legali al 60 % dei salari mediani o medi. In Slovacchia nel 2019 è stato adottato un nuovo meccanismo per la determinazione del salario minimo nazionale, in base al quale se le parti sociali non concordano il livello per l'anno successivo entro il termine prescritto (15 luglio di ogni anno), il salario minimo sarà automaticamente fissato al 60 % del salario lordo nominale medio nell'economia dell'anno precedente. Il nuovo meccanismo avrebbe dovuto essere applicato per la prima volta per il salario minimo del 2021, ma un ulteriore emendamento adottato dal Parlamento nell'ottobre 2020 prevede un aumento ad hoc nel 2021 (inferiore rispetto a quello basato sul calcolo precedente) e riduce la formula automatica al 57 % del salario lordo nominale medio degli ultimi due anni. Molti paesi stanno discutendo un ulteriore aumento sostanziale dei salari minimi oltre il 2020, in parte basandolo su un obiettivo relativo, in parte in termini assoluti.

Nell'ultimo anno sono state registrate soltanto modifiche limitate delle norme e dei quadri di riferimento per la determinazione dei salari. Un'eccezione è rappresentata dalla Grecia, dove nell'ottobre 2019 è stata introdotta la possibilità di non partecipare agli accordi settoriali, in particolare per le imprese che si trovano ad affrontare problemi economici (fallimento, ristrutturazione, liquidazione, crediti deteriorati) o che operano in zone con tassi di disoccupazione elevati, nonché per le start-up e le imprese dell'economia sociale. Inoltre la proroga degli accordi settoriali non è più automatica, in quanto la decisione è ora rimessa alla discrezione del ministro del Lavoro e viene adottata a seguito di una richiesta esplicita presentata da una delle parti firmatarie. Tale richiesta deve essere accompagnata da un'analisi dell'impatto stimato sull'economia e sul mercato del lavoro e deve soddisfare l'attuale criterio di rappresentatività (50 % della forza lavoro già coperta dall'accordo). Sono stati creati un registro pubblico per le associazioni degli imprenditori e un altro registro per i sindacati, al fine di verificare la loro rappresentatività ai fini della conclusione di contratti collettivi di lavoro. Resta da appurare in quale misura tali modifiche incideranno a livello pratico sulla contrattazione collettiva. Nel contesto della risposta alla COVID-19 i lavoratori del settore sanitario e quelli ad essi assimilati in tutta l'UE sono stati destinatari di misure di determinazione dei salari (adottate in base ad accordi collettivi o a iniziative governative). Diversi Stati membri, tra cui Bulgaria, Lettonia e Lituania, hanno introdotto misure per integrare temporaneamente i salari del personale sanitario e/o di altre categorie di lavoratori direttamente coinvolti nella lotta contro la pandemia. Di recente sono stati conclusi accordi collettivi relativi al settore sanitario, ad esempio in Austria, Belgio (a livello federale), Francia e Germania (per gli infermieri).

Negli ultimi mesi le misure adottate in materia di tassazione del lavoro sono state per la maggior parte concepite in risposta alla pandemia di COVID-19. Un'analisi della risposta iniziale alla pandemia da parte degli Stati membri in ambito fiscale evidenzia che ciò è stato fatto per evitare un forte aumento della disoccupazione e per attenuare la pressione sulle imprese; gli Stati membri hanno protetto il flusso di cassa delle imprese e la misura più comune da essi adottata è stata il differimento delle imposte. Tali differimenti sono stati introdotti per le seguenti categorie fiscali: imposta sul reddito delle società, imposta sul reddito delle persone fisiche, imposta patrimoniale, IVA e oneri sociali. Alcuni Stati membri hanno inoltre introdotto sgravi fiscali più ampi, tra cui sconti sulle imposte e/o sugli oneri sociali per i pagamenti puntuali, sgravi fiscali per le società gravemente colpite, sospensioni temporanee di taluni versamenti fiscali e di oneri sociali nonché crediti d'imposta.

Molti Stati membri hanno concepito misure fiscali volte a proteggere i lavoratori, i settori dell'economia o le categorie della popolazione più fragili attraverso misure temporanee mirate. Il Belgio ad esempio ha introdotto la possibilità di differire il pagamento degli oneri sociali per il 2020. I lavoratori autonomi possono inoltre beneficiare, a determinate condizioni, di una riduzione o della soppressione degli oneri sociali. In Spagna i lavoratori autonomi hanno potuto differire di sei mesi il pagamento delle imposte e degli oneri sociali in caso di sospensione delle attività a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza. La Polonia ha attuato un'esenzione temporanea (o, a seconda delle dimensioni dell'impresa, una riduzione) degli oneri sociali per le piccole imprese e le cooperative sociali. Il Portogallo ha introdotto un'esenzione parziale dal pagamento degli oneri sociali a carico dei datori di lavoro per un periodo massimo di tre mesi per i lavoratori che beneficiano di misure di sostegno straordinarie. La Slovacchia ha rinviato il termine per i versamenti obbligatori dei datori di lavoro e dei lavoratori autonomi agli enti di previdenza e assistenza sociale. In base a tale misura tutti i datori di lavoro e i lavoratori autonomi che versano contributi obbligatori ai fondi sanitari e pensionistici e le cui entrate commerciali sono diminuite di almeno il 40 % hanno avuto la possibilità di differire il pagamento. In Finlandia, allo scopo di sostenere i datori di lavoro del settore privato incentivandoli a mantenere il maggior numero possibile di posti di lavoro, gli oneri sociali a loro carico sono stati ridotti di 2,6 punti percentuali tra maggio e dicembre 2020. Per coprire i costi aggiuntivi gli oneri saranno aumentati di 0,4 punti percentuali tra il 2022 e il 2025. Questa misura è stata concepita in coordinamento con le parti sociali. Inoltre lo Stato cofinanzia parte degli oneri sociali per gli imprenditori che hanno registrato una diminuzione del fatturato per un periodo di 3 mesi (con possibilità di proroga).

In altri casi sono state adottate misure su una base più stabile o permanente, con l'obiettivo di ridurre il cuneo fiscale sul lavoro con effetti potenzialmente positivi sulla domanda e sull'offerta di lavoro. Ad esempio, la Grecia ha ridotto di 0,9 punti percentuali gli oneri sociali per i lavoratori a tempo pieno a decorrere da giugno 2020. Il governo ha annunciato un'ulteriore riduzione di 3 punti percentuali nel 2021. In Polonia, oltre a un'esenzione fiscale per i lavoratori giovani, da ottobre 2019 la prima aliquota dell'imposta sul reddito è stata ridotta dal 18 % al 17 %. Anche le spese fiscalmente deducibili per i dipendenti sono stati ampliate. La Lituania ha aumentato l'esenzione fiscale sul reddito da 350 EUR mensili a 400 EUR mensili, con effetto da luglio 2020. L'Italia ha ridotto il cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti: per i redditi fino a 28 000 EUR all'anno è previsto un trattamento integrativo di 600 EUR per gli ultimi sei mesi del 2020, che diventano 1 200 EUR a partire dal 2021. Sono previste detrazioni di valore inferiore per i redditi più elevati, fino a 40 000 EUR. Questa misura sostituisce un precedente contributo (il "bonus Renzi") per i redditi compresi tra 8 000 EUR e 26 600 EUR. Dal 2021 nelle Fiandre (Belgio) un "bonus occupazione" aumenterà di almeno 50 EUR mensili i salari netti dei lavoratori che percepiscono un salario lordo mensile non superiore a 1 700 EUR. Il bonus scende gradualmente a zero per le persone con uno stipendio lordo mensile di 2 500 EUR. Tale misura dovrebbe far fronte alle trappole della disoccupazione e dell'inattività.

3.2 Orientamento 6: potenziare l'offerta di forza lavoro e migliorare l'accesso all'occupazione, abilità e competenze

Questa sezione esamina l'attuazione dell'orientamento 6 in materia di occupazione, che raccomanda agli Stati membri di istituire condizioni che promuovano l'offerta di forza lavoro, le abilità e le competenze. Il punto 3.2.2 illustra le misure strategiche adottate dagli Stati membri in questi ambiti.

3.2.1    Indicatori chiave

Negli ultimi dieci anni il tasso di abbandono precoce di istruzione e formazione 62 è diminuito in modo significativo a livello di UE, ma la crisi COVID-19 sottolinea la necessità di proseguire gli sforzi. Nel 2019 il tasso di abbandono scolastico si è attestato al 10,2 %, solo 0,2 punti percentuali al di sopra dell'obiettivo principale della strategia Europa 2020, dopo un notevole miglioramento (di quasi 4 punti percentuali) dal 2009. I progressi a livello di UE sono stati trainati principalmente da una serie di Stati membri che hanno registrato miglioramenti molto significativi: Portogallo (-20,3 punti percentuali), Spagna (-13,6 punti percentuali), Grecia (-10,1 punti percentuali) e Malta (-8,5 punti percentuali) 63 . Solo la Slovacchia e la Cechia hanno registrato un aumento del tasso di abbandono scolastico negli ultimi dieci anni (rispettivamente di +3,4 e +1,3 punti percentuali) ( figura 18 e figura 19 ). Negli ultimi quattro anni non si sono tuttavia registrati miglioramenti significativi a livello di UE: in tale periodo il tasso di abbandono scolastico è rimasto in media invariato. In alcuni Stati membri che hanno ottenuto risultati scarsi in tale ambito nel quadro di valutazione della situazione sociale, in particolare Spagna, Malta, Romania, Bulgaria e Italia, l'abbandono scolastico rimane una sfida fondamentale in relazione alla quale si sono prodotti miglioramenti esigui rispetto all'anno precedente. Diversi paesi presentano disparità regionali significative nei tassi di abbandono scolastico (cfr. allegato 4). Periodi prolungati di chiusura delle scuole a causa della crisi COVID-19 potrebbero far aumentare i tassi di abbandono scolastico, il che richiede un impegno costante per affrontare la sfida.

L'abbandono scolastico colpisce soprattutto giovani che hanno bisogno di un sostegno supplementare per proseguire gli studi. Nel 2019 la percentuale di giovani uomini che hanno abbandonato precocemente l'istruzione e la formazione nell'UE è stata mediamente superiore (11,9 %) rispetto a quella delle giovani donne (8,4 %). Soltanto la Romania e la Cechia mostrano un quadro diverso (in Romania il 14,9 % dei ragazzi rispetto al 15,8 % delle ragazze, in Cechia il 6,6 % dei ragazzi rispetto al 6,8 % delle ragazze). Nel complesso, il contesto socioeconomico degli studenti incide sensibilmente sull'abbandono scolastico e il livello di istruzione dei genitori svolge un ruolo fondamentale. Incide altresì il contesto migratorio in quanto tra le persone autoctone le percentuali di abbandono scolastico nell'UE sono in media significativamente inferiori (8,9 %) rispetto a quelle che si registrano tra le persone nate in un altro paese dell'UE (21,4 %) e tra quelle nate al di fuori dell'UE (22,5 %). In quattro Stati membri (Italia, Malta, Spagna e Grecia) oltre il 25 % dei giovani nati al di fuori dell'UE ha abbandonato precocemente l'istruzione o la formazione nel 2019.

Figura 18: i tassi di abbandono scolastico differiscono sensibilmente tra i diversi Stati membri

Abbandono precoce di istruzione e formazione (% della popolazione di età compresa tra 18 e 24 anni) e variazione annua (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro, codice dati online: [ edat_lfse_14 ]. Periodo: livelli del 2019 e variazioni annue rispetto al 2018. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato. I dati per HR non sono attendibili. Interruzioni nelle serie per NL.

Figura 19: l'obiettivo fissato dalla strategia Europa 2020 in materia di abbandono scolastico è stato quasi raggiunto

Abbandono precoce di istruzione e formazione, 2009, 2019 e obiettivo Europa 2020 (%)

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro, codice dati online: [ edat_lfse_14 ].

Nota: per tutti i paesi, interruzione delle serie temporali nel 2014 (passaggio da ISCED 1997 a ISCED 2011). I dati del 2019 per HR non sono affidabili.

Nell'UE oltre un alunno su cinque non raggiunge il livello minimo di competenze in lettura, matematica e scienze e i progressi che si registrano nel tempo sono molto limitati. Il parametro di riferimento del quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell'istruzione e della formazione (ET 2020) relativo alla riduzione (al di sotto del 15 % nell'UE entro il 2020) del tasso di studenti quindicenni con risultati insufficienti in lettura, matematica e scienze non è stato raggiunto in nessuno dei tre ambiti presi in esame dal programma per la valutazione internazionale degli studenti (PISA) dell'OCSE. Nel 2018 il 22,5 % degli alunni nell'UE-27 ha ottenuto risultati ritenuti insufficienti nella lettura, il 22,9 % in matematica e il 22,3 % in scienze. Dal 2009 la percentuale è peggiorata nell'UE sia in scienze che nella lettura ed è rimasta stabile in matematica. (cfr. la figura 20 64 ). Non vi sono state significative differenze di genere in relazione all'insufficienza dei risultati in matematica e scienze, mentre per quanto riguarda la lettura è stato registrato un divario considerevole (il tasso di risultati insufficienti è stato del 17,4 % per le ragazze a fronte del 27,3 % per i ragazzi). Per stimolare una risposta a tale questione fondamentale, la comunicazione sulla realizzazione dello spazio europeo dell'istruzione rinnova l'impegno dell'UE nel suo insieme di ridurre la percentuale di alunni con scarsi risultati in lettura, matematica e scienze al di sotto del 15 % entro il 2030 65 .

Figura 20: le capacità di lettura variano notevolmente tra gli Stati membri dell'UE

Variazione a lungo termine del tasso di risultati insufficienti nella lettura, 2009-2018 [%]

Fonte: PISA 2018, OCSE. Nota: Nota: le barre verticali più scure indicano variazioni statisticamente significative tra il 2009 e il 2018. Dati non disponibili per AT, CY ed ES.

 
La crisi COVID-19 ha evidenziato la sfida posta dai divari nell'ambito delle competenze e dell'istruzione, rendendo ancora più urgente la definizione di risposte strategiche adeguate. La crisi COVID-19, che ha portato con sé un'improvvisa accelerazione della digitalizzazione della didattica, potrebbe rafforzare la correlazione persistente ed elevata tra il contesto socioeconomico e i risultati scolastici. Un'analisi preliminare 66 suggerisce che il confinamento ha avuto un effetto sproporzionatamente negativo sui gruppi vulnerabili o su coloro che vivono nelle regioni meno sviluppate. La didattica a distanza, ad esempio, presuppone che ogni alunno abbia almeno un computer o un tablet, una connessione Internet veloce, le competenze necessarie per usare il dispositivo e il sostegno adeguato dei genitori. Ciò non sempre accade per gli alunni che vivono nelle aree o nelle famiglie più povere. Nel 2018 il 3,9 % delle famiglie nell'UE non poteva permettersi l'acquisto di un computer. Per le famiglie con un reddito inferiore al 60 % del reddito equivalente mediano la percentuale è del 12,8 %, mentre per le famiglie di coloro che sono nati al di fuori dell'UE tale quota è pari all'8 % 67 . Il problema può essere ancora più grave per gli alunni che sono richiedenti asilo e rifugiati, per i quali l'accesso all'istruzione è spesso difficile. Gli effetti reali della crisi sui risultati dell'apprendimento non possono essere valutati in questa fase, ma meritano un attento monitoraggio negli anni a venire.

La partecipazione a sistemi di educazione e cura della prima infanzia è aumentata costantemente nell'ultimo decennio, ma i bambini provenienti da contesti socioeconomici più sfavoriti vi partecipano in misura persistentemente inferiore. Nel 2009 il quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell'istruzione e della formazione (ET 2020) ha fissato un obiettivo ambizioso, secondo cui entro il 2020 almeno il 95 % dei bambini di età compresa tra i quattro anni e l'età dell'istruzione primaria obbligatoria dovrebbe partecipare a sistemi di educazione e cura della prima infanzia 68 . Nel 2018 l'UE-27 ha quasi raggiunto tale obiettivo, con una media del 94,8 % e un aumento di 4,5 punti percentuali dal 2009. Nel 2018 Francia, Danimarca e Irlanda hanno garantito l'accesso universale ai sistemi di educazione e cura della prima infanzia ai bambini in questa fascia di età. Nell'ultimo decennio sono stati inoltre registrati notevoli miglioramenti in Irlanda (+26,4 punti percentuali), Polonia (+22,1 punti percentuali) e Finlandia (+17,4 punti percentuali). Al contrario i tassi di partecipazione sono leggermente peggiorati in Italia (-4,9 punti percentuali), Estonia (-3,3 punti percentuali), Paesi Bassi (-2,6 punti percentuali), Bulgaria (-1,8 punti percentuali), Romania (-1,7 punti percentuali), Belgio (-0,8 punti percentuali) e Spagna (-0,4 punti percentuali). Nonostante questo quadro complessivamente positivo, permangono importanti sfide in tema di inclusione e uguaglianza. L'analisi dei dati derivanti dall'indagine evidenzia che i bambini provenienti da contesti socioeconomici più sfavoriti o da gruppi sociali svantaggiati presentano tassi sensibilmente inferiori di partecipazione a sistemi di educazione e cura della prima infanzia 69 . È probabile che tali disuguaglianze in queste fasi iniziali della vita provochino in un secondo tempo risultati scolastici più scarsi, un livello di istruzione più basso e peggiori prospettive occupazionali.

Il contesto socioeconomico e quello migratorio continuano a essere indicatori utili di previsione del rendimento scolastico; in molti Stati membri esistono ampi divari di rendimento tra le zone urbane e quelle rurali. La figura 21 evidenzia che in tutti gli Stati membri la percentuale di alunni con risultati insufficienti nella lettura è molto più alta nel quarto inferiore dell'indice dello status economico, sociale e culturale (ESCS) 70 che nel quarto superiore. Bulgaria (44,9 punti percentuali), Romania (43,1 punti percentuali), Ungheria (38,6 punti percentuali), Slovacchia (37,8 punti percentuali) e Lussemburgo (37,5 punti percentuali) presentano i divari più elevati tra i risultati degli alunni del quartile superiore e quelli degli alunni del quartile inferiore. Paesi come Estonia, Finlandia, Irlanda, Polonia, Croazia e Lettonia sono invece riusciti a ridurre l'impatto del contesto socioeconomico sui risultati scolastici. Inoltre gli Stati membri con una bassa percentuale di studenti con risultati insufficienti nella lettura presentano normalmente anche una divergenza minore tra la parte superiore e la parte inferiore della scala ESCS. Ciò indica che sistemi di istruzione efficaci possono promuovere contemporaneamente la qualità e l'equità. Nel 2018 in molti Stati membri dell'UE la percentuale di studenti che hanno ottenuto risultati insufficienti nella lettura era ancora molto più alta tra gli alunni provenienti da un contesto migratorio che tra quelli con un contesto non migratorio 71 . Le barriere linguistiche sembrano svolgere un ruolo fondamentale in questo senso, il che sottolinea l'importanza della formazione linguistica. Infine la differenza relativa alle capacità di lettura tra gli alunni delle scuole cittadine e quelli delle scuole rurali è statisticamente significativa e piuttosto ampia in molti Stati membri. In Ungheria, Bulgaria, Romania, Slovacchia e Portogallo supera addirittura i 100 punti della prova PISA, corrispondenti a circa 2-3 anni di scolarizzazione.

Figura 21: il contesto socioeconomico degli studenti incide sulle loro capacità di lettura

Risultati insufficienti nella lettura (%) in base allo status economico, sociale e culturale, 2018

Fonte: PISA 2018, OCSE. Nota: i paesi sono classificati in ordine crescente in funzione del divario relativo ai risultati insufficienti esistente tra il quarto inferiore e il quarto superiore dell'indice socioeconomico. Dati non disponibili per ES.

L'inclusione dei Rom nell'istruzione è una sfida che potrebbe aggravarsi a seguito della crisi COVID-19 a causa di diversi fattori, tra cui la segregazione scolastica, l'insegnamento non inclusivo, gli ostacoli derivanti da gravi condizioni di povertà o di segregazione abitativa nonché la mancanza di accesso alla didattica a distanza. Nonostante gli sforzi profusi per aumentare la partecipazione e ridurre l'abbandono dell'istruzione tra i minori in età di obbligo scolastico, meno di un terzo dei giovani Rom (fascia di età 20-24 anni) completa l'istruzione secondaria superiore 72 , mentre il divario rispetto alla popolazione generale per quanto concerne la partecipazione all'educazione della prima infanzia (dall'età di tre anni fino all'età dell'obbligo scolastico) è particolarmente ampio e si attesta a 53 punti percentuali. L'abbandono scolastico, sebbene in calo tra il 2011 e il 2016, rimane molto più elevato rispetto a quello della popolazione generale (68 % rispetto al 10,2 %). La percentuale di giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano tra i Rom è aumentata tra il 2011 e il 2016, passando dal 56 % al 62 % 73 . Durante il confinamento indotto dalla pandemia di COVID-19, un gran numero di minori Rom ha avuto difficoltà a partecipare alla didattica a distanza e i primi risultati suggeriscono un divario crescente rispetto alla popolazione generale 74 . La didattica a distanza è spesso inaccessibile, anche da un punto di vista economico, per i minori Rom e nomadi a rischio di povertà privi di adeguate attrezzature informatiche, di accesso a Internet o persino dell'elettricità nelle loro case o nei loro campi o insediamenti irregolari 75 . 

Un elevato livello di abbandono scolastico e un tasso ridotto di istruzione terziaria tra le persone con disabilità incidono negativamente sul loro tasso di occupazione. Nel 2018 76 il tasso di abbandono scolastico dei giovani (fascia di età 18-24 anni) con disabilità nell'UE-27 è stato del 20,3 % rispetto al 9,8 % delle persone senza disabilità (ossia un divario di circa 10,5 punti percentuali). Il divario più ridotto è stato osservato in Danimarca (0,4 punti percentuali) e in Slovenia (2,8 punti percentuali), mentre è stato relativamente elevato a Malta (19,4 punti percentuali), in Croazia (18,2 punti percentuali), in Germania (17,3 punti percentuali) e in Romania (15,5 punti percentuali). Allo stesso tempo soltanto il 29,4 % delle persone con disabilità ha completato l'istruzione terziaria o equivalente rispetto al 43,8 % delle persone senza disabilità. Il divario più basso è stato registrato in Italia (4,3 punti percentuali), Slovenia (4,4 punti percentuali) e Portogallo (4,5 punti percentuali), mentre il più alto è stato registrato in Svezia (27,9 punti percentuali), Germania (27,2 punti percentuali), Bulgaria (25,8 punti percentuali) e Irlanda (21,8 punti percentuali).

Figura 22: molti alunni non possiedono ancora le competenze digitali di base

Distribuzione dei punteggi di alfabetizzazione informatica in base ai livelli della scala dei risultati 2018 e 2013

Fonte: IEA, ICILS 2018 e ICILS 2013. Gli alunni al di sotto del livello 2 sono in grado di dimostrare soltanto una conoscenza operativa funzionale dei computer come strumenti e una comprensione di base delle conseguenze dell'accesso ai computer da parte di più utenti. † Conforme alle condizioni relative al tasso di partecipazione richiesto per il campionamento solo una volta inserite le scuole sostitutive. †† Pressoché conforme alle condizioni relative al tasso di partecipazione richiesto per il campionamento una volta inserite le scuole sostitutive. ¹ La popolazione definita a livello nazionale copre tra il 90 % e il 95 % della popolazione nazionale di riferimento. ² Non ha soddisfatto il criterio del tasso di partecipazione del campione. ³ Le prove si sono svolte all'inizio dell'anno scolastico, pertanto i risultati non sono paragonabili a quelli degli altri Stati membri.

Gli alunni del ventunesimo secolo sono "nativi digitali" eppure non dispongono ancora di competenze digitali. L'indagine International Computer and Information Literacy Study (ICILS - Studio internazionale sull'alfabetizzazione informatica) 77 , che valuta la capacità degli alunni dell'ottavo anno di scolarità (13-14 anni) di utilizzare le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, suggerisce che molti alunni non sono in grado di comprendere e svolgere persino le operazioni più semplici nell'ambito delle TIC. La figura 22 mostra che la percentuale di alunni che non raggiungono il livello 2 della scala di alfabetizzazione informatica supera il 30 % in 9 Stati membri dei 14 che hanno partecipato alle indagini ICILS del 2013 e del 2018. Nel 2018 ben il 62,7 % degli alunni italiani non ha superato la soglia della sufficienza, come non vi è riuscito il 50,6 % degli alunni in Lussemburgo, il 43,5 % in Francia, il 33,5 % in Portogallo, il 33,2 % in Germania e il 27,3 % in Finlandia. Le ragazze hanno risultati migliori per quanto riguarda l'alfabetizzazione informatica e le scienze, la tecnologia, l'ingegneria e la matematica (STEM) 78 . In media gli alunni provenienti da contesti socioeconomici più svantaggiati e/o da un contesto migratorio ottengono risultati peggiori in termini di alfabetizzazione informatica rispetto ai loro coetanei appartenenti a famiglie più avvantaggiate o non migranti. La comunicazione sulla realizzazione dello spazio europeo dell'istruzione ha proposto l'obiettivo di ridurre la percentuale di discenti all'ottavo anno della scuola dell'obbligo con scarsi risultati in alfabetizzazione informatica al di sotto del 15 % entro il 2030.

Figura 23: si osservano divari notevoli tra gli Stati membri per quanto riguarda le competenze digitali di base

Percentuale della popolazione con competenze digitali complessive di base o superiori e variazione annua (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, codice dati online [ TEPSR_SP410 ]. Periodo: livelli e variazioni del 2019 rispetto al 2017. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato. Discontinuità nelle serie per Cechia, Italia, Lettonia e Lussemburgo nel 2019. Dati non disponibili per IT per il 2017 (2019: 42 %).

La crisi COVID-19 ha messo in luce l'insufficienza dei livelli di competenze digitali negli adulti e l'esistenza di ampi divari tra i paesi. Le misure di confinamento adottate nella maggior parte degli Stati membri nel primo semestre del 2020 hanno sottolineato l'importanza delle competenze digitali per la continuità operativa, l'istruzione e la formazione, l'assistenza sanitaria e la normale interazione sociale. Scarse competenze digitali limitano sia l'innovazione sia la piena partecipazione alla società. I progressi sono molto lenti: nel 2019 in media il 56 % della popolazione di età compresa tra i 16 e i 74 anni nell'UE-27 disponeva almeno di competenze digitali di base (1 punto percentuale in più rispetto al 2017 79 ), mentre quattro persone su dieci erano ancora prive di competenze digitali di base ( figura 23 ). A livello dell'UE gli uomini hanno competenze digitali leggermente superiori a quelle delle donne (58 % rispetto al 54 % del 2019), ma il divario si è ridotto di 2 punti percentuali dal 2015. Dal 2015 solo Cechia, Irlanda, Grecia, Lituania, Paesi Bassi e Romania hanno ottenuto miglioramenti pari o superiori a 5 punti percentuali. Nell'UE vi sono ampie divergenze: in cinque paesi (in ordine ascendente Danimarca, Germania, Svezia, Finlandia e Paesi Bassi) la quota era compresa tra il 70 % e l'80 % mentre in sette paesi è rimasta al di sotto del 50 % (e inferiore al 40 % in Bulgaria e in Romania). Gli aspetti socio-demografici sono fondamentali, in quanto meno di un quarto degli anziani (65-74 anni) possiede competenze digitali di base a fronte di otto giovani su dieci (16-24 anni); questa percentuale raggiunge il 32 % per le persone con un basso livello di istruzione rispetto all'84 % per le persone con un livello di istruzione elevato. Le recenti iniziative dell'UE mirano ad aumentare le competenze digitali di base degli adulti e dei giovani nell'UE: l'agenda per le competenze fissa un obiettivo del 70 % per gli adulti entro il 2025 e lo spazio europeo dell'istruzione un obiettivo dell'85 % per i giovani di 14 anni entro il 2030.

Figura 24: circa un insegnante su cinque dichiara un'elevata necessità di formazione nel settore delle TIC

Percentuale di insegnanti che dichiarano un'elevata necessità di sviluppo professionale in relazione alle competenze TIC per l'insegnamento

Fonte: OCSE, banca dati TALIS 2018. Nota: risultati basati sulle risposte degli insegnanti dell'istruzione secondaria inferiore. Dati non disponibili per DE, EL, PL, LU e IE.

¹ Media ponderata dell'UE basata sui 22 Stati membri che hanno partecipato all'indagine TALIS 2018.

La transizione innescata dalla crisi COVID-19 verso la didattica online e a distanza pone nuove sfide alla professione di docente. Gli insegnanti devono essere dotati delle competenze necessarie per trarre beneficio dalle potenzialità delle tecnologie digitali al fine di migliorare l'insegnamento e l'apprendimento e preparare i loro allievi alla vita in una società digitale 80 . Secondo l'indagine TALIS 2018, la percentuale di insegnanti dell'istruzione secondaria inferiore che ritenevano di essere "ben preparati" o "molto ben preparati" all'uso delle TIC per l'insegnamento varia notevolmente da uno Stato membro all'altro. In Romania (69,5 %), in Slovenia (67 %), in Ungheria (65,7 %) e a Cipro (61,8 %) le percentuali di insegnanti che si ritengono adeguatamente preparati a utilizzare le TIC per l'insegnamento sono più elevate rispetto a quelle registrate in Austria (19,9 %) o in Finlandia (21,5 %). In media il 18 % degli insegnanti dell'UE, in risposta a una domanda sul livello di esigenze di formazione nel settore delle TIC, ha dichiarato di avere un'elevata necessità di formazione in tale ambito. Nel 2018 il livello di necessità è stato più elevato in Croazia (26,2 %), in Lituania (23,6 %) e in Francia (22,9 %), mentre in Slovenia meno di un insegnante su dieci ha segnalato un'elevata necessità di formazione in materia di TIC ( figura 24 ).

L'UE nel suo complesso ha raggiunto l'obiettivo principale del 40 % in materia di tasso di istruzione terziaria per il 2020, anche se persistono ampie disparità tra gli Stati membri e tra i diversi gruppi della popolazione 81 . Nel 2019 il 40,3 % delle persone di età compresa tra i 30 e i 34 anni era in possesso di un diploma di istruzione terziaria nell'UE. I progressi sono stati particolarmente significativi in Slovacchia (+22,5 punti percentuali), Austria (+19 punti percentuali), Cechia (+17,6 punti percentuali), Lituania (+17,4 punti percentuali) e Grecia (+16,5 punti percentuali). Gli Stati membri con i livelli più elevati di istruzione terziaria tra le persone di età compresa tra i 30 e i 34 anni sono Cipro (58,8 %), Lituania (57,8 %), Lussemburgo (56,2 %) e Irlanda (55,4 %), mentre Romania (25,8 %), Italia (27,6 %), Bulgaria (32,5 %) e Croazia (33,1 %) registrano i risultati più bassi. Nell'UE il divario tra zone urbane e rurali in termini di tasso di istruzione terziaria è stato di 22,1 punti percentuali. I divari maggiori sono stati registrati in Lussemburgo (41,2 punti percentuali), Romania (38,4 punti percentuali), Slovacchia (35,5 punti percentuali) e Bulgaria (35,4 punti percentuali) ( figura 25 ). In media nell'UE persistono notevoli disparità nei tassi di istruzione tra donne e uomini (45,6 % rispetto a 35,1 %). Nel 2018 solo il 29,4 % circa delle persone con disabilità (fascia di età 30-34 anni) ha completato l'istruzione terziaria o equivalente, a fronte del 43,8 % delle persone senza disabilità.

Figura 25: vi sono notevoli disparità in termini di istruzione terziaria tra le zone rurali e le città

Divario tra zone urbane e rurali per quanto riguarda il livello di istruzione terziaria per paese, 2019 (%)

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro dell'UE. Codice dati online: [ edat_lfs_9913 ] Nota: l'indicatore riguarda la percentuale della popolazione totale di età compresa tra i 30 e i 34 anni che ha completato l'istruzione terziaria (ISCED 5-8).

Negli ultimi cinque anni la spesa pubblica per l'istruzione è rimasta relativamente costante a livello dell'UE, mentre aumenta la necessità di investimenti. Nel 2018 gli Stati membri hanno investito il 4,6 % del PIL totale nell'istruzione e nella formazione, mentre la percentuale media di spesa pubblica per l'istruzione nell'UE si è attestata al 9,9 %. Esistono tuttavia notevoli differenze tra gli Stati membri e alcuni paesi hanno problemi a garantire risorse adeguate per soddisfare le proprie esigenze di investimento nel campo dell'istruzione e della formazione. Secondo le stime della Banca europea per gli investimenti (BEI), nell'UE-27 la carenza di investimenti infrastrutturali nel settore dell'istruzione è di circa 8 miliardi di EUR all'anno fino al 2030 82 . Al contempo l'impiego pedagogico delle tecnologie digitali dipende anche dalla disponibilità, dall'accessibilità e dalla qualità delle risorse TIC 83 . La carenza di risorse si ripercuote in varia misura sulle scuole in tutti i paesi dell'UE. Dall'indagine TALIS 2018 emerge che, in media, il 35,9 % degli insegnanti dell'istruzione secondaria inferiore nell'UE ritiene che investire nelle TIC sia di grande importanza. A Cipro (66,3 %) e in Ungheria (56,3 %) oltre il 50 % degli insegnanti ritiene che si tratti di una priorità. Una recente indagine tra gli insegnanti ha ulteriormente sottolineato l'importanza relativa delle attrezzature TIC evidenziando che gli insegnanti percepiscono gli ostacoli riguardanti le attrezzature come l'aspetto che incide più negativamente sull'uso delle tecnologie digitali 84 . 

Prima della crisi COVID-19 il divario tra la domanda e l'offerta di competenze si era andato riducendo in tutta l'UE. Questa tendenza è stata trainata soprattutto dalla diminuzione della percentuale di persone con un basso livello di competenze e dall'aumento generale del livello di istruzione 85 . A questa tendenza ha contribuito anche l'aumento dei tassi di occupazione delle persone con un livello di competenze basso o medio legato al contesto macroeconomico favorevole. In diversi paesi permangono tuttavia ampi divari nei tassi di occupazione in base al livello di istruzione. Nel 2019 il tasso di occupazione nell'UE-27 è stato in media del 55,7 % per le persone che non hanno completato un livello equivalente all'istruzione secondaria superiore, del 73,4 % per coloro che possiedono qualifiche di livello intermedio e dell'84,8 % per coloro che possiedono qualifiche di alto livello ( figura 26 ). A seconda delle tendenze settoriali e delle politiche volte a preservare l'occupazione e a prevenire o combattere la disoccupazione nell'attuale crisi COVID-19, il calo dello squilibrio a livello macroeconomico tra la domanda e l'offerta di competenze potrebbe rallentare o addirittura invertirsi in alcuni paesi.

Figura 26: l'istruzione superiore è correlata a tassi di occupazione più elevati in tutti gli Stati membri

Tassi di occupazione per livello di istruzione, fascia di età 20-64 anni (2019)

Fonte: Eurostat, codice dati online: [ lfsa_ergaed ]. Nota: interruzione delle serie temporali per NL.

Il livello di istruzione della popolazione adulta è in aumento dal 2009 in tutta l'UE. Il quadro di riferimento dell'UE per l'analisi comparativa delle competenze e dell'istruzione degli adulti ha mostrato che nel 2019 oltre due terzi della popolazione dell'UE (78,7 %) nella fascia di età 25-64 anni aveva conseguito almeno un diploma di istruzione secondaria superiore. Si tratta di un miglioramento rispetto al valore del 72 % nel 2009 ( figura 27 ). Sebbene tra il 2009 e il 2019 vi siano stati aumenti per entrambi i generi, le donne hanno fatto registrare progressi nettamente superiori rispetto agli uomini: tra le persone di età compresa tra i 25 e i 64 anni, nel 2009 le donne si trovavano in svantaggio di 1,8 punti percentuali, mentre nel 2019 superavano gli uomini di 1 punto percentuale. Gli Stati membri con il tasso più elevato di popolazione che ha completato almeno l'istruzione secondaria superiore sono Lituania, Cechia, Polonia e Slovacchia. Per contro Portogallo, Malta, Spagna e Italia sono tra i paesi con le percentuali più elevate di persone con basso livello di competenze, sebbene alcuni di tali Stati membri abbiano registrato un netto miglioramento nell'ultimo decennio (in particolare Malta e Portogallo). Questo aumento dell'offerta di competenze è stato accompagnato da un aumento della domanda di competenze di livello medio e alto, che si riflette nei tassi di occupazione più elevati degli adulti mediamente e altamente qualificati.

Figura 27: più di due terzi degli adulti avevano ottenuto almeno un diploma di istruzione secondaria superiore nel 2019

Popolazione che ha ottenuto almeno un diploma di istruzione secondaria superiore, fascia di età 25-64 anni (2009 e 2019)

Fonte: Eurostat, codice dati online [ edat_lfs_9903 ]. Nota: interruzione delle serie temporali per EL, CY e LU nel 2009; BG, DE, HR, NL, PL, RO, UK nel 2010; CZ, MT, NL, PT, SK, UK nel 2011; FR, NL nel 2013; per tutti i paesi nel 2014; LU nel 2015; DK nel 2016; BE, IE nel 2017, NL nel 2019.

Oltre un quarto dei giovani adulti (di età compresa tra i 30 e i 34 anni) possiede tuttavia solo una qualifica di livello basso o un titolo di istruzione secondaria superiore generale. Ciò significa che non hanno acquisito competenze utili per il mercato del lavoro attraverso l'istruzione e la formazione professionale (IFP) o l'istruzione terziaria ( figura 28 ). Vi sono notevoli differenze tra gli Stati membri: a Malta, in Portogallo, in Spagna, in Bulgaria e in Lussemburgo rientra in questa categoria una quota compresa tra il 40 % e il 50 % dei giovani adulti (di età compresa tra i 30 e i 34 anni), rispetto a meno del 20 % in 9 Stati membri dell'UE (Croazia, Cechia, Slovacchia, Slovenia, Polonia, Germania, Finlandia, Austria e Paesi Bassi). In media i neodiplomati dell'IFP (79,1 %) e dell'istruzione terziaria (85,0 %) hanno ottenuto risultati occupazionali migliori rispetto sia ai neodiplomati dell'istruzione secondaria superiore provenienti da programmi di orientamento generale (62,8 %) sia alle persone con un basso livello di qualifiche (53,9 %). Negli Stati membri con un'ampia percentuale di giovani adulti scarsamente qualificati e un divario notevole nei rispettivi tassi di occupazione (cfr. la figura 28 e la figura 29 ) l'orientamento e un'offerta formativa adeguata (sul lavoro) possono favorire la transizione dall'istruzione secondaria inferiore a un percorso di istruzione secondaria superiore professionale nonché ridurre gli attuali squilibri tra domanda e offerta di competenze. Negli Stati membri con un'ampia percentuale di diplomati dell'istruzione secondaria superiore generale che non hanno acquisito un'istruzione terziaria, ciò può essere conseguito migliorando la permeabilità dei percorsi di istruzione ed ampliando l'offerta di istruzione di livello post-secondario non terziario, di IFP terziaria di ciclo breve o di istruzione terziaria.

Figura 28: oltre un quarto dei giovani adulti non possiede una qualifica che permetta l'accesso diretto al mercato del lavoro

Livello di istruzione e orientamento dei giovani adulti di età compresa tra 30 e 34 anni, 2019

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro, fonte dei dati online [ edat_lfs_9914 ]. 

Figura 29: i giovani in possesso di titoli di istruzione superiore o qualifiche professionali di livello intermedio hanno migliori prospettive sul mercato del lavoro.

Tassi di occupazione dei neolaureati e neodiplomati (fascia di età 20-34 anni) secondo i diversi livelli di istruzione, 2019 (%)

Fonte: Eurostat (indagine sulle forze di lavoro dell'UE, 2019, codice dati online [edat_lfse]. Nota: i dati non includono coloro che sono ancora iscritti a un ciclo di istruzione o formazione. Se disponibili, i dati comprendono solo le persone che hanno conseguito un diploma 1-3 anni prima dell'indagine. Per BG, CZ, EE, IE, EL, HR, CY, LV, LT, HU, MT, AT, RO, SI, SK e FI non sono disponibili i dati sul tasso di occupazione dei neodiplomati con basso livello di competenze. Per questi paesi la figura mostra invece il tasso di occupazione di tutti i diplomati con basso livello di competenze di età compresa tra 20 e 34 anni.

Malgrado le esigenze del mercato del lavoro, la domanda di specialisti in TIC nell'UE supera l'offerta. Le competenze in campo scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico (STEM), comprese le competenze nelle TIC, svolgono un ruolo determinante nel promuovere l'innovazione, conseguire una crescita basata sulla conoscenza e accrescere la produttività 86 . Un'analisi del CEDEFOP sui posti di lavoro vacanti mostra che le competenze informatiche per il controllo della qualità e la gestione e comunicazione dei dati sono al terzo posto tra le competenze più richieste: tra luglio 2018 e dicembre 2019 erano citate in circa 13,5 milioni di annunci di lavoro online 87 , superate solo dalla capacità di adattarsi ai cambiamenti e dalla conoscenza della lingua inglese. Dalla stessa analisi è anche emerso che, nello stesso periodo, la seconda e la terza occupazione più ricercate erano rispettivamente "sviluppatore di software" (1,6 milioni di posti vacanti) e "analista di sistema" (1,3 milioni di posti vacanti). I professionisti delle TIC nel complesso (codice ISCO a 2 cifre) erano il secondo gruppo di professioni più richiesto, con l'8,2 % di tutti i posti vacanti. Gli specialisti in TIC costituiscono tuttavia meno del 4 % della forza lavoro nell'UE, in lieve incremento dal 2016 (3,7 %) al 2018 (3,9 %) 88 . La crescita dei laureati in TIC è ancora più lenta: si è passati dal 3,5 % nel 2017 al 3,6 % nel 2019. C'è un chiaro divario tra domanda e offerta: nel 2019 più della metà delle imprese dell'UE (57 %) ha incontrato difficoltà ad assumere specialisti in TIC ( figura 30 ). Le differenze di genere sono una parte importante della sfida: sebbene il tasso di donne che completano l'istruzione terziaria sia significativamente più elevato rispetto a quello degli uomini, su tre laureati in discipline STEM una sola è una donna 89 . Inoltre le donne occupano solo il 17 % dei posti di lavoro nel settore tecnologico (sebbene vi siano ampie differenze tra i vari paesi) 90 . Per affrontare questa sfida, nella comunicazione sulla realizzazione dello spazio europeo dell'istruzione entro il 2025 la Commissione ha proposto nuove azioni relative alla questione di genere nei settori STEM e digitale.

Figura 30: la mancanza di specialisti in TIC può ostacolare la transizione digitale

Imprese che incontrano difficoltà ad assumere specialisti in TIC (%)

Fonte: Eurostat - Community survey on ICT usage and e-commerce in entreprises [ isoc_ske_itrcrn2 ].

La sfida delle competenze per le imprese va oltre il digitale e si estende alle competenze per la transizione verde e alle competenze trasversali; sono necessari sforzi costanti per garantire che siano individuate le esigenze in evoluzione. Nel 2019 la carenza di personale qualificato si è confermata la causa più frequente di ostacolo agli investimenti a lungo termine, citata dal 77 % delle imprese 91 . Tutte le imprese dovranno adattare la propria attività economica e le proprie competenze interne alla transizione verso un'Europa climaticamente neutra. Le informazioni quantitative sulle competenze necessarie o disponibili sono però scarse per quanto concerne i "posti di lavoro verdi", soprattutto perché manca ancora una definizione concordata dei concetti pertinenti 92 . Non è possibile anticipare e analizzare le esigenze in termini di competenze senza stabilire scenari di previsione insieme al settore negli specifici ecosistemi industriali o senza definire adeguatamente i suddetti concetti, aspetti che faciliterebbero anche un'adeguata individuazione e convalida delle competenze relative ai posti di lavoro, alle attività e ai processi verdi. Per essere utile, l'anticipazione delle competenze dovrebbe essere condotta a livello degli ecosistemi industriali e non solo a livello macro. È dimostrato che la riorganizzazione dei luoghi di lavoro dovuta alle transizioni verde e digitale accresce l'importanza di competenze trasferibili quali l'auto-organizzazione, la comunicazione, la gestione, la creatività e la coscienziosità. La produttività del lavoro è positivamente correlata a questi tratti, anche tenendo conto delle differenze in termini di competenze cognitive 93 . È inoltre dimostrata l'esistenza di un effetto di interazione secondo cui il possesso di competenze non cognitive è un prerequisito al fine di sfruttare appieno il potenziale delle competenze cognitive. Ciò evidenzia che le transizioni verde e digitale aumenteranno la domanda di un'ampia gamma di competenze e invita a promuovere, più in generale, l'istruzione degli adulti.

Sono stati compiuti progressi limitati per quanto riguarda la partecipazione complessiva alle attività di istruzione degli adulti tra il 2009 e il 2019. Nel corso di questo decennio la partecipazione alle attività di istruzione degli adulti nell'UE-27 è aumentata di 3 punti percentuali passando dal 7,8 % al 10,8 %, ben lungi dall'obiettivo dell'ET 2020 che prevedeva un tasso di partecipazione della popolazione dell'UE nella fascia di età 25-64 anni ad attività di istruzione e formazione formale e non formale nelle ultime quattro settimane pari al 15 % ( figura 31 ). I tassi più bassi di partecipazione alle attività di istruzione degli adulti si registrano in Romania, Bulgaria, Croazia, Slovacchia, Grecia e Polonia (meno del 5 % della popolazione adulta) e quelli più elevati in Svezia, Finlandia e Danimarca (più del 25 %). In alcuni Stati membri (Danimarca, Slovenia e Cipro) nel corso dell'ultimo decennio si è verificato un peggioramento in quest'ambito, mentre tra i paesi che hanno registrato i miglioramenti più significativi (superiori a 5 punti percentuali) figurano l'Estonia, la Finlandia e la Svezia 94 . Inoltre la partecipazione alle attività di istruzione degli adulti è meno frequente per alcuni sottogruppi. Ad esempio nel 2019 le persone nate al di fuori dell'UE (fascia di età 25-64 anni) avevano in media la stessa probabilità di partecipare ad attività di istruzione e formazione (nelle ultime quattro settimane) degli autoctoni (rispettivamente 11,1 % e 10,8 %). Tuttavia la situazione varia da un paese all'altro. Ad esempio in Francia, Estonia, Slovenia, Italia e Lettonia gli autoctoni hanno probabilità notevolmente maggiori di avere accesso all'istruzione degli adulti rispetto alle persone nate al di fuori dell'UE. I divari riscontrati in questi paesi sono ancora più marcati per le donne migranti. Nella fascia di età 25-64 anni, nel 2016 solo il 2,4 % delle persone con disabilità ha partecipato ad attività di istruzione, rispetto al 4,1 % delle persone senza disabilità. L'agenda per le competenze 2020 propone un miglioramento dell'indicatore relativo all'istruzione degli adulti modificando la durata del periodo di riferimento dalle ultime quattro settimane all'ultimo anno 95 . L'obiettivo è quello di ottenere un aumento significativo della partecipazione degli adulti all'istruzione nel corso del periodo di riferimento, passando dal 38 % nel 2016 al 50 % nel 2025.

Figura 31: la partecipazione degli adulti all'istruzione è scarsa e varia notevolmente tra gli Stati membri

Percentuale di adulti (fascia di età 25-64 anni) che partecipa ad attività di istruzione e di formazione, 2009 e 2019

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro, 2019, codice dati online [ trng_lfs_01 ]. Nota: interruzione delle serie temporali per DK, IE, LU, SE e UK nel 2007; DE, EL, PL, SE, UK nel 2008; EE, IE, EL, CY, LU nel 2009; DE, NL, PL, RO nel 2010; CZ, NL, PT, SK nel 2011; CZ, FR, NL, PL nel 2013; ES, FR nel 2014; LU, HU nel 2015; DK nel 2016 e BE, IE e MT nel 2017; PL e SE nel 2018.

Le persone con un basso livello di qualifiche e quelle in cerca di lavoro rappresentano i gruppi destinatari prioritari delle politiche volte a migliorare la partecipazione complessiva alle attività di istruzione degli adulti. Soprattutto i lavoratori con un basso livello di qualifiche hanno bisogno di migliorare le loro competenze per partecipare pienamente alla società e al mercato del lavoro. Nel 2019 la loro quota di partecipazione ad attività di istruzione nelle ultime quattro settimane prima dell'indagine variava dallo 0,5 % in Croazia a quasi il 23,7 % in Svezia (media UE-27: 4,3 %, figura 32 ). Nella maggior parte dei paesi meno del 10 % degli adulti con un basso livello di qualifiche partecipa ad attività di istruzione. In Finlandia, Danimarca e Svezia, invece, vi partecipano rispettivamente il 16,8 %, il 17,7 % e il 23,7 %, il che evidenzia che è possibile conseguire elevati tassi di partecipazione alle attività di istruzione anche tra le persone con un basso livello di qualifiche. Un secondo gruppo destinatario prioritario per le attività di istruzione è costituito dalle persone in cerca di lavoro, per le quali la formazione può essere molto efficace al fine di migliorare le prospettive sul mercato del lavoro e prevenire la disoccupazione di lungo periodo 96 . Si registrano notevoli divari tra gli Stati membri per quanto riguarda la percentuale di adulti disoccupati che hanno partecipato a una qualsiasi attività di formazione durante le quattro settimane precedenti l'indagine, con valori che vanno dal 2,4 % in Croazia a quasi il 46 % in Svezia nel 2019 (media UE-27: 10,7 %). In Slovenia, Germania, Lettonia, Italia, Cipro, Cechia, Grecia, Polonia, Lituania, Croazia, Romania, Slovacchia e Ungheria meno del 10 % degli adulti disoccupati partecipa ad attività di istruzione. Si registrano invece tassi di partecipazione elevata, superiori al 25 %, in Danimarca, Lussemburgo e Finlandia. L'agenda per le competenze per l'Europa 2020 mira a garantire un miglioramento significativo della partecipazione all'apprendimento delle persone con un basso livello di qualifiche e delle persone in cerca di lavoro e, in particolare, propone di quasi raddoppiare la percentuale delle persone nell'UE-27 che abbiano una recente esperienza di apprendimento tra coloro che sono alla ricerca di lavoro, portandola al 20 % entro il 2025.

Figura 32: pur se con notevoli differenze tra gli Stati membri, gli adulti con un basso livello di qualifiche e disoccupati devono affrontare sfide per quanto riguarda la partecipazione alle attività di istruzione

Percentuale di adulti di età compresa tra 25 e 64 anni con un basso livello di qualifiche (rispetto al totale degli adulti con un basso livello di qualifiche) e disoccupati (in percentuale sul totale degli adulti disoccupati, asse destro) che partecipano ad attività di istruzione, 2019

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro, 2019, codice dati online [ trng_lfse_03 ]. Nota: non sono disponibili dati per RO e SK, il che denota un numero di discenti in questi gruppi troppo basso per poter pubblicare un indicatore attendibile. Tale mancanza di dati riflette tuttavia anche tassi di partecipazione molto bassi per questo gruppo. Per la Croazia viene utilizzato il dato relativo al 2018 a causa della mancanza di dati per il 2019. I dati per BG, HR, CY, LT, PL e SI non sono attendibili per lo stesso motivo.

Fonte (asse destro): Eurostat, indagine sulle forze di lavoro, 2019, codice dati online [ trng_lfse_02 ]. Nota: non sono disponibili i dati per BG, RO e SK, il che denota un numero di discenti in questi gruppi troppo basso per poter pubblicare un indicatore attendibile. Tale mancanza di dati riflette tuttavia anche tassi di partecipazione molto bassi per questo gruppo. Per lo stesso motivo i dati per HR, CY, LT, HU e SI non sono attendibili.

Le attività di istruzione degli adulti avvengono in gran parte in contesti non formali o informali e vi è ampio consenso sull'importanza della convalida delle competenze per rispondere alle esigenze in termini di competenze e per ridurre le carenze 97 . Il documento di lavoro dei servizi della Commissione che valuta la raccomandazione del Consiglio del 2012 sulla convalida dell'apprendimento non formale e informale, pubblicato il 1º luglio 2020 98 , ha rilevato che nonostante i chiari progressi compiuti dall'adozione della raccomandazione, molte persone non hanno accesso a opportunità di convalida. Sono state introdotte modalità di convalida in tutti gli Stati membri. Tuttavia la maggior parte delle disposizioni prevede alcune restrizioni (ad esempio possono fare domanda soltanto persone con esperienza lavorativa); inoltre molte disposizioni non sono complete (ad esempio riguardano soltanto le qualifiche di formazione professionale) e nello stesso paese possono coesistere disposizioni diverse senza coordinamento. Le informazioni quantitative sulla diffusione restano limitate e frammentate. Gli aggiornamenti dell'inventario europeo sulla convalida 99 mostrano che la convalida è ampiamente presente nelle agende programmatiche nazionali e la sua erogazione è migliorata dal 2012, salvo alcune eccezioni ( figura 33 ). Vi sono riscontri di un "effetto di evaporazione" per cui alcuni individui che intraprendono la procedura di convalida non la portano a termine 100 . Infatti intraprendere tale procedura richiede un impegno serio da parte degli interessati 101 e la disponibilità di un sostegno attivo, ad esempio la retribuzione da parte del datore di lavoro del tempo speso per la procedura o un aiuto finanziario. Queste forme di sostegno attivo non sono comuni: le risposte raccolte durante una consultazione pubblica specifica mostrano che solo un beneficiario su dieci ha ricevuto una qualche forma di sostegno per partecipare al processo di convalida 102 .

Figura 33: molte persone non hanno accesso alle opportunità di convalida, con differenze significative tra gli Stati membri

Tendenza nel numero di persone che hanno utilizzato la convalida (2018 rispetto al 2016)

↑ numeri in aumento; ↓ numeri in diminuzione; ↔ numeri stabili; ↕ variazione dei numeri in settori diversi.

Fonte: CEDEFOP, Inventario europeo sulla convalida 2016 e 2018. Dati non disponibili per Austria, Croazia, Estonia, Ungheria, Lituania, Slovenia.

La pandemia di COVID-19 accresce le esigenze di miglioramento delle competenze e di riqualificazione ma, in assenza di una risposta politica, potrebbe condurre a una diminuzione dell'offerta. La recessione causata dalla COVID-19 avrà un effetto sproporzionato su alcuni settori economici e, insieme alle transizioni digitale e verde, renderà necessarie competenze nuove o adeguate. Ridurrà inoltre il costo-opportunità di investire tempo nella formazione. Recenti analisi 103 hanno tuttavia evidenziato che tra il 2005 e il 2019 la partecipazione degli adulti ad attività di istruzione nell'UE-27 non è aumentata durante i periodi di recessione. Nelle fasi recessive la partecipazione degli adulti ad attività di istruzione è ulteriormente diminuita nei paesi dell'Europa centrale e orientale, che già tendono ad avere tassi ridotti di partecipazione. Lo stesso vale per le persone che non lavorano, il che potrebbe essere il riflesso delle pressioni sui bilanci pubblici per la formazione in tempi di aumento della disoccupazione. Per contro le analisi suggeriscono che l'aumento della spesa pubblica per la formazione è associato a un comportamento più anticiclico dell'istruzione degli adulti. Ciò evidenzia l'importanza delle riforme e degli investimenti pubblici nei sistemi di istruzione degli adulti per rafforzarne la resilienza nei periodi di recessione.

A causa della COVID-19 gli Stati membri potrebbero trovarsi ad affrontare una crisi prolungata dell'occupazione giovanile, che richiede nuove risposte strategiche. Prima della crisi, nel marzo 2020 il tasso di disoccupazione giovanile aveva raggiunto in media il minimo storico del 14,9 % nell'UE-27, registrando un miglioramento di 0,5 punti percentuali rispetto al 15,4 % del marzo 2019. Il dato ha tuttavia registrato un'impennata fino al 17,1 % nel settembre 2020, dopo il periodo di confinamento. Le percentuali relative alla popolazione totale erano pari al 6,5 % in marzo e al 7,5 % in settembre. Cinque Stati membri hanno registrato forti aumenti della disoccupazione giovanile tra il primo e il secondo trimestre del 2020 (Estonia: 8,2 punti percentuali, Lituania: 6,1 punti percentuali, Lussemburgo: 5,5 punti percentuali, Croazia: 5,3 punti percentuali, Bulgaria: 5,2 punti percentuali). L'esperienza acquisita con la precedente crisi economica desta preoccupazione. Pur continuando a migliorare considerevolmente prima della crisi COVID-19 (cfr. figura 34 ), il tasso medio di disoccupazione giovanile nell'UE è sempre rimasto superiore al doppio del tasso di disoccupazione della popolazione adulta (6,7 % nel 2019), il che indica un problema strutturale anche in assenza di ulteriori shock. Prima della crisi la dispersione nei tassi di disoccupazione giovanile si stava progressivamente riducendo ma rimaneva comunque elevata e la disoccupazione giovanile era ancora superiore al 30 % in alcuni Stati membri. (Grecia: 35,2 %, Spagna: 32,5 %). Non sempre la ripresa ha portato alla creazione di posti di lavoro di qualità per i giovani: nel 2019 il 14,6 % dei dipendenti di età compresa tra i 15 e i 24 anni aveva contratti di lavoro a tempo determinato perché non riusciva a trovare un posto di lavoro stabile (rispetto al 7,2 % dei lavoratori di età compresa tra i 25 e i 64 anni). Tale rapporto era superiore a 1 su 3 in Spagna, Portogallo, Croazia e Italia 104 . Al fine di affrontare la COVID-19 e le sfide strutturali, nel luglio 2020 la Commissione ha proposto di rafforzare la garanzia per i giovani. La nuova iniziativa estenderà la fascia di età per l'ammissibilità fino a 29 anni, rafforzerà l'attenzione ai gruppi vulnerabili, sosterrà le competenze per le transizioni verde e digitale e migliorerà i servizi di consulenza, orientamento e tutoraggio.

Figura 34: i tassi di disoccupazione giovanile sono aumentati durante la crisi della COVID-19 ma restano inferiori a quelli del 2014

Tasso di disoccupazione giovanile (fascia di età 15-24 anni), confronto pluriennale secondo trimestre 2014, 2019 e 2020

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro, codice dati online: [ une_rt_q ].

Lo shock causato dalla pandemia di COVID-19 ha invertito la tendenza al miglioramento dei tassi di NEET in tutti gli Stati membri tranne due. Prima della crisi gli Stati membri stavano compiendo progressi costanti nella riduzione dei tassi di giovani tra i 15 e i 24 anni che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (NEET): tra il secondo trimestre del 2013 e il secondo trimestre del 2019 i tassi erano scesi dal livello record del 13,1 % a un minimo storico del 9,8 %. La crisi ha invertito nettamente la tendenza: tra il secondo trimestre del 2019 e il secondo trimestre del 2020 i tassi di NEET nell'UE-27 sono aumentati di 1,8 punti percentuali (dal 9,8 % all'11,6 %). L'indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale ( figura 35 ) mostra che i tassi di NEET sono aumentati rispetto all'anno precedente in tutti gli Stati membri tranne tre (Lettonia e Malta: -0,8 punti percentuali; Romania: -0,4 punti percentuali). Cinque Stati membri hanno registrato un aumento dei tassi di NEET molto superiore alla media (Austria, Irlanda, Spagna, Italia e Francia), anche se i tassi di NEET austriaci sono rimasti al di sotto della media dell'UE-27. Paesi Bassi, Cechia e Svezia hanno registrato i migliori risultati relativamente a questo indicatore. L'effetto della COVID-19 nel complesso è stato senza precedenti: nel primo e secondo trimestre del 2020 è stato registrato il balzo trimestrale più alto dei tassi di NEET da quando Eurostat ha cominciato a raccogliere i dati nel 2006 105 (dal 10,4 % all'11,6 %). È quindi essenziale monitorare attentamente la situazione e introdurre misure mirate per i NEET, come quelle proposte nel quadro della garanzia per i giovani rafforzata nel luglio 2020.

Figura 35: i tassi di NEET sono aumentati nella maggior parte degli Stati membri e i livelli raggiunti suscitano preoccupazioni in diversi paesi

Tasso di NEET (15-24 anni) e variazione tra il secondo trimestre del 2019 e il secondo trimestre del 2020 (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat. Periodo: livelli e variazioni annue nel secondo trimestre 2020 rispetto al secondo trimestre 2019. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato. Dati mancanti per DE per il secondo trimestre 2020.

Le variazioni del tasso di NEET durante una recessione economica sono in gran parte dovute all'aumento della disoccupazione piuttosto che dell'inattività e quest'ultima pone una sfida che resta più stabile nel tempo. Fino alla crisi della COVID-19 la tendenza vedeva una diminuzione della disoccupazione giovanile abbinata a un aumento della quota di NEET inattivi 106 (che costituivano il 46,9 % del gruppo nel 2013 e il 59,4 % nel 2019). Nel 2019 la percentuale di NEET inattivi era particolarmente elevata in Bulgaria (85,4 %), Cechia (75,4 %), Paesi Bassi (74,4 %) e Danimarca (72,7 %). Era particolarmente bassa in Spagna (43,8 %), Grecia (44,0 %), Portogallo (47,5 %) e Lussemburgo (48,2 %). Tra le NEET donne l'inattività è più frequente della disoccupazione, mentre per gli uomini i due tassi sono quasi i medesimi. Sulla base dell'esperienza acquisita con la precedente crisi economica, è probabile che il tasso di disoccupazione dei NEET aumenterà piuttosto rapidamente. Dopo la ripresa i tassi di inattività torneranno probabilmente a essere la principale sfida relativamente ai NEET.

Figura 36: la maggior parte dei NEET è inattiva ma vi sono notevoli differenze tra gli Stati membri

Profilo dei NEET (fascia di età 15-24 anni) negli Stati membri dell'UE nel 2019 (%)

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro, codice dati online: [ edat_lfse_20 ].

I giovani provenienti da un contesto migratorio hanno maggiori probabilità di rientrare tra i NEET. Nel 2019 il tasso di NEET tra i giovani nati al di fuori dell'UE (fascia di età 15-24 anni) era del 17,1 %, rispetto al 9,9 % degli autoctoni 107 . Il divario era superiore ai 10 punti percentuali in diversi Stati membri quali Grecia, Slovenia, Belgio, Germania, Austria, Francia, Malta e Spagna. In aggiunta la situazione era in media più negativa per le giovani donne migranti (tasso di NEET del 25,9 %, 13,2 punti percentuali in più rispetto alle loro pari autoctone). Oltre alle persone nate al di fuori dell'UE, anche gli autoctoni provenienti da un contesto migratorio hanno più probabilità di essere interessati dal fenomeno: nella maggior parte degli Stati membri dell'UE avevano maggiori probabilità di rientrare tra coloro che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano rispetto a chi aveva genitori nati nell'UE. Il divario era particolarmente ampio (con un tasso più di 8 punti percentuali maggiore) in sei Stati membri (Belgio, Cechia, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Slovenia) 108 . I giovani provenienti da un contesto migratorio e con un basso livello di istruzione erano particolarmente a rischio. Il tasso di NEET tra i Rom è molto superiore a quello della popolazione generale (divario di 52 punti percentuali) 109 .

Il tasso di occupazione dei lavoratori anziani (fascia di età 55-64 anni) è rimasto saldo nonostante una flessione causata dalla crisi della COVID-19. La percentuale di occupati in questa fascia di età si è attestata al 59,2 % nel secondo trimestre del 2020, con un leggero calo dello 0,4 % rispetto al trimestre precedente, ed è rimasta invariata rispetto allo stesso periodo del 2019. Il notevole tasso di attività nel mercato del lavoro 110 delle persone nella fascia di età compresa tra i 55 e i 64 anni ha sostenuto i risultati dell'UE nel corso degli ultimi anni: tra il secondo trimestre del 2013 e il secondo trimestre del 2020 il tasso di attività delle persone nella fascia di età 55-64 anni è aumentato di 8,9 punti percentuali, a fronte di un aumento di 0,6 punti percentuali per la popolazione nella fascia di età 20-64 anni. È tuttavia necessario continuare a monitorare la situazione dei lavoratori anziani sul mercato del lavoro. Il 47 % degli intervistati nel quadro di un'indagine condotta a livello dell'UE nel 2019 111 ha dichiarato che l'età era un fattore potenzialmente penalizzante per i candidati a un posto di lavoro. Ciò potrebbe determinare effetti negativi per i lavoratori anziani che perdono il lavoro a causa della crisi della COVID-19, potenzialmente anche portando al pensionamento anticipato involontario. È necessario monitorare la situazione in particolare nei sette Stati membri che hanno registrato un calo dei tassi di occupazione dei lavoratori anziani pari o superiore a 1 punto percentuale tra il primo e il secondo trimestre del 2020 (Estonia: 2,8 punti percentuali, Malta: 1,8 punti percentuali, Lituania: 1,6 punti percentuali, Irlanda: 1,5 punti percentuali, Spagna: 1,5 punti percentuali, Lussemburgo: 1,4 punti percentuali e Finlandia: 1 punto percentuale). I tassi di occupazione tra gli anziani potrebbero inoltre contribuire a sostenere la crescita dell'occupazione ancora per qualche anno, anche in concomitanza con la diminuzione della popolazione in età lavorativa. In particolare per le donne anziane vi è ancora un notevole potenziale di aumento dell'occupazione (il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra i 55 e i 64 anni si è attestato al 52,9 % nel secondo trimestre del 2020, a fronte del 65,9 % degli uomini nella stessa fascia di età).

Dopo anni di crescita costante, la crisi ha provocato una flessione del tasso di occupazione femminile, che decresce comunque a un ritmo più lento rispetto all'occupazione maschile. Tra il secondo trimestre del 2019 e il secondo trimestre del 2020 il tasso di occupazione femminile (fascia di età 20-64 anni) è sceso di 1,2 punti percentuali, attestandosi al 66,3 % a livello dell'UE-27 nel secondo trimestre del 2020. A causa di un calo leggermente maggiore dei tassi di occupazione maschile (di 1,5 punti percentuali) nello stesso periodo, l'indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale relativo al divario di genere nei livelli di occupazione ha registrato un lieve miglioramento ( figura 37 ). Tutti gli Stati membri tranne tre hanno registrato una riduzione dei tassi di occupazione femminile tra il secondo trimestre del 2019 e il secondo trimestre del 2020 (le eccezioni sono state la Croazia, la Germania e il Lussemburgo). In particolare in Bulgaria e Spagna sono state registrate flessioni superiori a 3 punti percentuali. Nonostante un calo di 2 punti percentuali, la Svezia rimane al primo posto con un'occupazione femminile pari al 77,9 %, seguita a breve distanza da Lituania, Germania, Paesi Bassi e Lettonia, tutti con tassi di occupazione femminile superiori al 75 %. Nel secondo trimestre del 2020 i divari di genere più ridotti nei livelli di occupazione si riscontrano in Lituania (1,4 punti percentuali), Finlandia (3,2 punti percentuali), Lettonia (4 punti percentuali) e Svezia (5,2 punti percentuali). All'estremità opposta figurano Italia (19,9 punti percentuali), Malta (19.7 punti percentuali), Grecia (18,9 punti percentuali) e Romania (18,4 punti percentuali). Nel quadro di valutazione della situazione sociale tutti i paesi citati appena sopra sono valutati "situazioni critiche", ad eccezione della Grecia che rientra nella categoria dei "modesti ma in miglioramento" grazie a un netto calo di 1,5 punti percentuali su base annua. Dalla figura 37 si evince che non vi è convergenza in relazione a tale indicatore, poiché diversi Stati membri con un divario di genere nei livelli di occupazione elevato o vicino alla media hanno registrato un peggioramento nel 2020.

Figura 37: il divario di genere nei livelli di occupazione rimane ampio, con differenze significative tra gli Stati membri

Divario di genere nei livelli di occupazione e variazione annua (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro. Periodo: livelli e variazioni annue nel secondo trimestre 2020 rispetto al secondo trimestre 2019. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato.

In equivalenti a tempo pieno (FTE), il divario di genere nei livelli di occupazione si è ulteriormente ampliato. Nel 2019 nell'UE le donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni che lavoravano a tempo pieno erano meno degli uomini (il 58,7 % rispetto al 76,1 %). Nel 2019 i livelli più bassi di divario di genere in termini di FTE si registravano in Lituania, Finlandia e Lettonia e i più alti a Malta (24,3 punti percentuali), in Italia (24,2 punti percentuali) e nei Paesi Bassi (24,1 punti percentuali). Questi risultati sono collegati alle percentuali di lavoro a tempo parziale. Nel 2019 il 29,4 % delle donne occupate lavorava a tempo parziale, a fronte del 7,8 % degli uomini, con percentuali inferiori di lavoro a tempo parziale involontario per le donne rispetto agli uomini (rispettivamente il 23,5 % e il 33 %). Nella maggior parte degli Stati membri dell'Europa centrale e orientale la percentuale di donne che lavora a tempo parziale è tradizionalmente inferiore al 10 % (Bulgaria, Romania, Slovacchia, Croazia, Ungheria, Lituania e Polonia). Per contro la percentuale più elevata si registra ancora nei Paesi Bassi (73,4 %), pur facendo registrare una lenta diminuzione per il quarto anno consecutivo. Le politiche flessibili a favore dell'equilibrio tra vita professionale e vita privata possono avere un impatto positivo sull'attaccamento al mercato del lavoro di genitori e prestatori di assistenza, ma possono anche contribuire a più ampi divari nei livelli di occupazione misurati in equivalenti a tempo pieno. Ciò è particolarmente evidente negli Stati membri con percentuali significative di donne che lavorano a tempo parziale (ad esempio Paesi Bassi, Austria e Germania); nei Paesi Bassi si registrano anche ampi divari di genere nei livelli di occupazione misurati in equivalenti a tempo pieno. Le responsabilità di assistenza di cui le donne si fanno carico in misura sproporzionata favoriscono distorsioni nel mercato del lavoro che si manifestano nei divari di genere in termini di disoccupazione, retribuzioni e pensioni. Ciò emerge ad esempio nel fatto che il divario di genere nella percentuale dei disoccupati è più ampio per le donne nella fascia di età compresa tra i 30 e i 44 anni, quando molte donne si fanno carico delle responsabilità di cura dei figli 112 .

I divari occupazionali nell'UE-27 sono più ampi per le donne con figli. La genitorialità aumenta il divario di genere nei livelli di occupazione in tutti gli Stati membri. Nel 2019 i tassi di occupazione riferiti ai genitori (fascia di età 25-49 anni) con almeno un figlio di età inferiore ai sei anni sono aumentati in tutti gli Stati membri per gli uomini (+9,6 punti percentuali a livello dell'UE) mentre sono diminuiti in tutti gli Stati membri per le donne (-14,3 punti percentuali a livello dell'UE). Fanno eccezione Svezia, Portogallo, Slovenia, Croazia e Danimarca, dove l'impatto della presenza di almeno un figlio di età inferiore ai sei anni sui tassi di occupazione femminile è positivo o neutro. In Cechia, Ungheria e Slovacchia l'impatto negativo della genitorialità per le donne con almeno un figlio di età inferiore ai sei anni è particolarmente elevato (oltre 40 punti percentuali) ( figura 38 ) 113 . I livelli di istruzione sono un fattore importante per spiegare l'impatto della maternità sul lavoro: il tasso di occupazione delle donne poco qualificate e con almeno un figlio di età inferiore a sei anni era soltanto del 36,3 %.

Figura 38: gli effetti sull'occupazione per gli uomini e per le donne con un figlio di età inferiore ai sei anni sono molto diversi e in tutti gli Stati membri gli effetti sono positivi per gli uomini

Effetto della genitorialità sull'occupazione per gli uomini e per le donne (fascia di età 20-49 anni) nel 2019

Fonte: Eurostat [ lfst_hheredch ]. Nota: per "effetto della genitorialità sull'occupazione" si intende la differenza in punti percentuali nel tasso di occupazione delle madri e dei padri con almeno un figlio di età inferiore ai sei anni.

Il persistente divario occupazionale si riflette anche nel notevole divario retributivo di genere. Nell'UE-27 il divario retributivo non corretto è rimasto sostanzialmente invariato: 14,1 % nel 2018 con una flessione di 0,4 punti percentuali dal 2017. Ciò avviene in un contesto di crescente divario nei tassi di istruzione a favore delle donne di età compresa tra 30 e 34 anni rispetto agli uomini (rispettivamente del 45,6 % e del 35,1 %) nel 2019. La pandemia di COVID-19 ha ulteriormente evidenziato come le donne continuino a essere sovrarappresentate nei settori e nelle occupazioni meno retribuiti e siano soggette a vincoli nelle loro scelte professionali in relazione agli obblighi di assistenza familiare. Inoltre secondo una ricerca 114 fattori quali le differenze in termini di esperienza, livello di istruzione e tipo di contratto hanno determinato meno di un terzo del divario retributivo di genere. La parte del divario che può essere spiegata è dovuta in gran parte all'attività economica e all'orario di lavoro.

Vi sono notevoli differenze tra i vari paesi in termini di divario retributivo di genere non corretto; i divari retributivi possono trasformarsi in divari pensionistici. Il divario retributivo di genere rimane superiore al 20 % in Estonia, Austria, Cechia e Germania mentre i valori più bassi (fra l'1 % e il 4 %) si registrano in Romania, Lussemburgo e Italia. Dal 2014 la situazione è migliorata considerevolmente in Estonia, Portogallo, Grecia e Lussemburgo (rispettivamente di 6,3 punti percentuali, 6 punti percentuali, 4,6 punti percentuali e 4 punti percentuali) mentre il divario retributivo di genere è aumentato di oltre 2 punti percentuali in Lettonia, a Malta e in Slovenia. Il divario retributivo di genere spesso si traduce in un divario pensionistico a favore degli uomini: nel 2018 quest'ultimo divario si è attestato, in media, al 29,1 % nell'UE-27 per i pensionati di età compresa tra i 65 e i 74 anni. La differenza tra le pensioni era maggiore negli Stati membri con un divario retributivo più ampio.

Figura 39: vi è ancora un notevole divario retributivo tra uomini e donne

Divario retributivo di genere non corretto, nel 2014 e nel 2018

 

Fonte: Eurostat, codice dati online: [ SDG_05_20 ]. Nota: il divario retributivo di genere (Gender Pay Gap, GPG) non corretto è misurato come differenza tra la retribuzione oraria lorda media dei dipendenti uomini e quella delle dipendenti donne, espressa in percentuale della retribuzione oraria lorda media dei dipendenti uomini. I dati del 2018 sono sostituiti dai dati del 2017 per IE. Il calcolo per EL e IT, e quindi per l'UE-27, è provvisorio.

L'occupazione femminile è fortemente condizionata dall'accesso a servizi di educazione e cura della prima infanzia e servizi di assistenza a lungo termine di qualità e a costi accessibili. Secondo la stima dell'indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale riguardante la cura dell'infanzia, nel 2019 l'inserimento dei bambini di età inferiore ai 3 anni in strutture formali di educazione e cura della prima infanzia (ECEC) era del 35,5 % a livello dell'UE-27, superiore dunque all'obiettivo di Barcellona del 33 % ( figura 40 ). Persistono tuttavia differenze tra i paesi e 15 Stati membri devono ancora raggiungere tale obiettivo. Mentre il tasso di inserimento dei bambini di età inferiore ai 3 anni in strutture formali di educazione e cura della prima infanzia supera il 60 % in Danimarca, Lussemburgo e Spagna, nell'analisi del quadro di valutazione della situazione sociale si segnalano situazioni "critiche" in cinque paesi (Romania, Ungheria, Polonia, Cechia e Croazia 115 ). Tassi di miglioramento molto superiori alla media sono stati registrati nei Paesi Bassi, in Spagna, a Malta e in Lituania. L'assenza o l'insufficiente offerta di servizi di educazione e cura della prima infanzia, anche in termini di orari di apertura, è associata agli effetti negativi della genitorialità sull'occupazione femminile ( figura 38 ). Se da una parte anche solo poche ore settimanali trascorse partecipando ad attività di educazione e cura della prima infanzia hanno un effetto positivo sui bambini in termini di socializzazione e di risultati scolastici futuri, al fine di ridurre il divario di genere nei livelli di occupazione è fondamentale che i servizi formali di cura dell'infanzia siano erogati per oltre 30 ore alla settimana. In tal modo si evita che un genitore, di solito la madre, sia costretto a lavorare a tempo parziale, con conseguenze negative sull'avanzamento di carriera e sul reddito percepito durante tutta la vita. Anche le politiche a favore dell'equilibrio tra vita professionale e vita familiare, quali modalità di lavoro flessibili o congedi familiari, svolgono un ruolo importante nel ridurre gli ostacoli alla partecipazione al mercato del lavoro delle persone con responsabilità di cura. Se utilizzate in modo equilibrato da donne e uomini, tali politiche possono anche contribuire a ridurre i divari di genere nei livelli di occupazione.

Figura 40: persistono notevoli differenze tra gli Stati membri in termini di inserimento in strutture di cura dell'infanzia

Bambini di età inferiore ai 3 anni inseriti in strutture formali di cura dell'infanzia e variazione annua (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, indagine EU-SILC. Periodo: livelli del 2019 e variazioni annue rispetto al 2018. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. Interruzioni nelle serie per BE. Dati non disponibili per IE, FR, IT e SK al 28 ottobre 2020. La legenda figura nell'allegato.

I disincentivi finanziari derivanti dal sistema fiscale e previdenziale peggiorano la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Qualora l'imposta sul reddito sia applicata sul reddito familiare anziché su quello individuale, ciò può rappresentare un disincentivo per le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare (prevalentemente donne) a intraprendere un lavoro retribuito (trappola dell'inattività). Altre caratteristiche del sistema fiscale e previdenziale possono scoraggiare l'offerta di forza lavoro, tra cui le detrazioni familiari, le detrazioni per coniuge a carico e le detrazioni trasferibili. Anche i costi elevati delle strutture di assistenza aumentano la trappola dell'inattività, soprattutto per le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare e per le famiglie a basso reddito. Nel 2019 la trappola dell'inattività per i secondi percettori di reddito è stata osservata nella misura più elevata in Francia, Germania, Slovenia e Belgio. La trappola della povertà raggiungeva i massimi livelli in Belgio, nei Paesi Bassi, in Italia e Germania 116 .

Nonostante le persistenti sfide, negli ultimi tre anni prima della crisi della COVID-19 la situazione occupazionale delle persone nate al di fuori dell'UE era in costante miglioramento. Nel 2019 il 64,2 % delle persone in età lavorativa (fascia di età 20-64 anni) nate al di fuori dell'UE aveva un'occupazione, un tasso superiore di quasi 3 punti percentuali rispetto a quello di due anni prima (2017). Permane tuttavia un divario di 10 punti percentuali rispetto ai tassi di occupazione delle persone autoctone (73,9 %). In alcuni Stati membri (Svezia, Belgio, Paesi Bassi, Danimarca, Finlandia, Francia e Germania) il divario nel 2019 superava i 15 punti percentuali. La maggiore percentuale di persone con un basso livello di istruzione tra i nati al di fuori dell'UE rispetto agli autoctoni (rispettivamente il 38,5 % e il 19,6 % a livello dell'UE-27 tra le persone di età compresa tra i 25 e i 64 anni) spiega in parte il tasso di occupazione più basso del primo gruppo. Ma neppure le persone nate al di fuori dell'UE con un alto livello di istruzione raggiungono lo stesso livello occupazionale degli autoctoni; permane quindi un forte sottoutilizzo delle competenze e delle qualifiche dei migranti 117 . La situazione rimane particolarmente sfavorevole per le donne nate al di fuori dell'UE, con un tasso di occupazione pari a circa il 54,6 % nel 2019, ossia 14 punti percentuali al di sotto del livello registrato tra le donne autoctone 118 . Ciò suggerisce che, con adeguate misure di integrazione e attivazione, l'UE potrebbe mettere meglio a frutto il talento e il potenziale delle persone nate al di fuori dell'UE. Il miglioramento negli ultimi anni è dovuto in particolare a tassi di occupazione più elevati tra le persone "arrivate di recente" (nate al di fuori dell'UE e residenti da meno di 5 anni).

Vi sono riscontri oggettivi del fatto che il previsto calo dell'occupazione dovuto alla crisi della COVID-19 colpirà i migranti provenienti da paesi terzi più duramente degli autoctoni 119 . I dati preliminari indicano che l'impatto del confinamento e della recessione causati dalla pandemia di COVID sul tasso di occupazione è stato più severo per i migranti provenienti da paesi terzi (in calo dal 64,4 % al 60,8 % tra il secondo trimestre del 2019 e il secondo trimestre del 2020) che non per gli autoctoni. Di conseguenza il divario è cresciuto di oltre 2 punti percentuali e, in paesi come Spagna, Belgio e Austria, di circa 4 punti percentuali o più 120 . La causa è da ricercarsi nella più elevata percentuale di lavoratori a tempo determinato tra i migranti, nella più breve durata dei rapporti di lavoro, nella minore percentuale di lavoratori migranti occupati in posizioni che si prestano al telelavoro e/o nel settore pubblico, nonché nelle quote più elevate di migranti in settori che potrebbero essere colpiti maggiormente dalla recessione (servizi di alloggio e ristorazione, turismo, servizi, edilizia ecc.).

I bassi tassi di occupazione e di attività delle persone con disabilità indicano un potenziale di talenti non sfruttato. Nel 2018 il tasso di occupazione delle persone con disabilità nell'UE-27 era del 50,8 %, a fronte del 75 % registrato per le persone senza disabilità 121 . Il divario nei livelli di occupazione varia notevolmente da uno Stato membro all'altro 122 , passando da 15,2 punti percentuali in Italia a 40,3 punti percentuali in Irlanda. Nonostante un lieve incremento, solo il 62,4 % delle persone con disabilità nell'UE-27 era economicamente attivo, rispetto all'82,2 % delle persone senza disabilità, il che suggerisce che poco è cambiato in termini dei notevoli ostacoli che si frappongono all'accesso delle persone con disabilità al mercato del lavoro. Il tasso di occupazione delle donne con disabilità (47,8 %) è rimasto inferiore a quello degli uomini con disabilità (54,3 %). Nel 2019 le persone con disabilità avevano più probabilità di trovarsi a rischio di povertà lavorativa rispetto alle persone senza disabilità (in media 10,5 % contro 8,9 % nell'UE) 123 .

3.2.2    Misure adottate dagli Stati membri 

Un sostegno mirato ai gruppi vulnerabili è fondamentale per ridurre l'abbandono scolastico e le disuguaglianze nel campo dell'istruzione e per promuovere la partecipazione al sistema di istruzione tradizionale. Molti Stati membri stanno prendendo in considerazione questi aspetti nelle rispettive concezioni strategiche. In Irlanda il National Council for Special Education ha varato lo School Inclusion Model per favorire un'istruzione inclusiva nelle scuole primarie e secondarie all'interno del sistema di istruzione tradizionale, ma anche per sviluppare la capacità delle scuole di accogliere studenti con bisogni supplementari. La Lettonia ha compiuto passi significativi verso un'istruzione inclusiva imponendo per legge agli istituti di istruzione generale l'obbligo di ammettere studenti con bisogni specifici nei loro programmi di istruzione a partire dal settembre 2020. La gamma di misure di sostegno da erogare nel percorso formativo è stata ampliata in linea con i bisogni specifici di ciascun minore. In Polonia il governo ha varato un programma, in vigore fino al 2023, per sostenere l'acquisto di libri di testo e di materiale didattico/formativo per gli studenti con disabilità. Le autorità scolastiche svedesi hanno definito obiettivi e indicatori nazionali per il monitoraggio delle attività scolastiche al fine di migliorare l'equità e di comprendere meglio i fattori che determinano il successo delle scuole; i risultati di tale monitoraggio saranno poi utilizzati a livello locale e nazionale come base per l'assegnazione di finanziamenti.

La crisi della COVID-19 ha messo in luce disparità nella preparazione digitale delle scuole e dei diversi segmenti della società, che rischiano di aumentare le disuguaglianze nell'ambito dell'istruzione collegate a una condizione di svantaggio socioeconomico. In tutti gli Stati membri circa 58 milioni di minori sono passati alla didattica a distanza, il che pone chiaramente i minori vulnerabili in una situazione di svantaggio. Gli Stati membri hanno intrapreso diverse azioni per attenuare l'impatto della chiusura delle scuole. Paesi come Bulgaria, Cipro, Francia, Lituania, Malta, Austria, Polonia, Belgio, Romania e Spagna hanno fornito agli allievi svantaggiati il materiale necessario per la didattica a distanza (computer/tablet, accesso a Internet, schede SIM ecc.), sebbene in misura diversa. Gli Stati membri hanno distribuito materiale informatico agli alunni vulnerabili (Croazia, Germania, Grecia, Irlanda, Lituania, Malta, Polonia), hanno incentivato donazioni private di computer (Belgio, Estonia, Grecia, Spagna) o hanno messo a disposizione aule in modo che gli alunni potessero avere la tranquillità necessaria per fare i compiti o partecipare a videoconferenze (Lussemburgo). 11 Stati membri (Bulgaria, Estonia, Finlandia, Ungheria, Irlanda, Lettonia, Lituania, Malta, Portogallo, Slovacchia e Spagna) hanno inoltre continuato, in una forma o nell'altra, a fornire pasti gratuiti agli alunni svantaggiati. In alcuni Stati membri (ad esempio Francia, Lettonia, Lussemburgo, Portogallo) la responsabilità di far fronte a tale sfida è stata demandata ai comuni o alle singole scuole. In generale tali misure di emergenza non hanno soddisfatto la domanda (ad esempio nelle zone remote dell'Ungheria un terzo degli alunni non ha potuto partecipare alla didattica a distanza).

Gli Stati membri hanno adottato strategie diverse per garantire l'accesso all'istruzione durante il confinamento. La Grecia ha adottato una legislazione di emergenza che consente ai comuni di utilizzare i risparmi realizzati sui costi operativi durante la chiusura delle scuole per acquistare apparecchiature TIC e prestarle agli studenti che ne hanno bisogno. Sempre in Grecia, con l'aiuto di imprese private sono stati prestati a studenti (per lo più appartenenti a gruppi svantaggiati) e a insegnanti oltre 17 000 tablet e computer portatili per la didattica a distanza. Analogamente, in Irlanda è stata annunciata nell'aprile del 2020 la costituzione di un fondo speciale da 10 milioni di EUR per l'acquisto di tecnologie e dispositivi a favore degli allievi svantaggiati della scuola primaria e post-primaria, in particolare nell'ambito l'iniziativa per le pari opportunità nell'istruzione Delivering Equality of Opportunity in Schools (DEIS). In Italia sono stati stanziati 85 milioni di EUR per sostenere la didattica a distanza, compresa l'acquisizione di dispositivi digitali. I Paesi Bassi hanno introdotto un sostegno di circa 244 milioni di EUR volto a prevenire lo svantaggio educativo e i ritardi nell'apprendimento. La Romania ha approvato il programma nazionale Home School e ha stanziato finanziamenti tratti dal fondo di riserva del bilancio a disposizione del governo. In Polonia nel quadro del programma operativo FESR Digital Poland il governo ha stanziato circa 81 milioni di EUR a favore delle amministrazioni locali per l'acquisto di apparecchiature TIC per gli allievi svantaggiati e per le scuole e gli insegnanti. In Slovacchia il ministero dell'Istruzione, in collaborazione con organizzazioni non governative, ha lanciato un sito web a sostegno dell'apprendimento online. Il settore informatico ha sostenuto scuole e insegnanti con software e soluzioni digitali gratuiti. Durante l'estate vari Stati membri hanno inoltre organizzato corsi della lingua nazionale rivolti ai minori svantaggiati per limitare l'impatto sul processo di apprendimento linguistico. L'Austria per esempio ha avviato un programma scolastico estivo di due settimane che ha aiutato 24 000 alunni vulnerabili a rimettersi al passo rispetto alle competenze linguistiche prima della riapertura delle scuole in settembre. Analogamente in Bulgaria gli studenti che non hanno potuto partecipare alla didattica a distanza sono stati inseriti in classi di recupero tramite il progetto Support for Success, cofinanziato dal Fondo sociale europeo. In Slovacchia il ministero ha stanziato 500 000 EUR per organizzare corsi estivi e compensare la chiusura temporanea delle scuole. In Francia l'estate scorsa è stato varato il programma Learning Holidays rivolto a un milione di allievi di età compresa fra i 6 e i 16 anni (200 milioni di EUR).

Garantire che ogni alunno raggiunga un determinato livello di padronanza delle competenze di base quali lettura, matematica e scienze, oltre che delle competenze digitali, è diventata una priorità essenziale per l'Unione europea. La Slovenia ha adottato la strategia National strategy for the development of Reading Literacy until 2030 che fissa obiettivi per diverse fasce di età e gruppi di destinatari (entro il 2030 il 90 % dei quindicenni dovrebbe acquisire almeno le competenze di base secondo la valutazione PISA e il 10 % dovrebbe giungere ai livelli più elevati). Nel gennaio 2020 le autorità nazionali italiane hanno presentato un Piano di intervento per la riduzione dei divari territoriali in istruzione. Il piano identificherà le scuole in difficoltà in cinque regioni dell'Italia meridionale (Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna e Puglia) e istituirà una task force in ciascuna regione per proporre interventi mirati, inizialmente nell'ultimo anno della scuola secondaria inferiore (terza media). In Lituania un nuovo programma di studi basato sulle competenze sarà sperimentato nel 2021 e attuato a partire dal 2022, accompagnato da nuove pratiche di valutazione formativa. Tale programma mira a introdurre nuovi metodi pedagogici per soddisfare in maniera più efficace le necessità di apprendimento degli studenti e migliorare le competenze digitali già a livello di scuola primaria. Malta ha varato una nuova iniziativa nazionale nella scuola secondaria inferiore, denominata My Journey: Achieving through different paths, che mira a elaborare un programma di studio più inclusivo e orientato all'equità. Nel giugno 2020 la Grecia ha adottato una nuova legislazione scolastica che prevede una revisione dei programmi di studio e dei libri di testo a tutti i livelli (compresa l'educazione e cura della prima infanzia) al fine di abbandonare un approccio largamente fondato sui contenuti e orientarsi invece verso lo sviluppo di competenze intorno a quattro pilastri tematici: ambiente, benessere, creatività ed educazione alla cittadinanza. Tale legislazione rafforza inoltre l'istruzione digitale e introduce l'apprendimento di una lingua straniera (l'inglese) già nell'istruzione pre-primaria. In Lussemburgo a partire dall'anno scolastico 2020-2021 la programmazione (coding) sarà integrata nelle lezioni di matematica del quarto ciclo (10-11 anni) e a partire dall'anno scolastico 2021-2022 sarà integrata in maniera trasversale in tutte le materie dal primo al terzo ciclo (fascia di età 4-9 anni). Gli insegnanti saranno formati e supportati da altri insegnanti specializzati da assumere nel corso del 2020. Nell'istruzione secondaria l'informatica sarà inserita come nuova materia nell'anno scolastico 2021-2022 e comprenderà la programmazione e il pensiero computazionale.

Per realizzare un'istruzione digitale che vada a vantaggio di tutti è fondamentale sostenere gli insegnanti e i formatori nello sviluppo delle loro competenze digitali e pedagogiche e colmare il divario digitale. Molti Stati membri hanno già adottato strategie efficaci a tale riguardo. Nel 2019 la Francia ha annunciato che le TIC saranno una disciplina insegnata nelle scuole superiori da insegnanti ad hoc, per assicurare che tutti gli alunni siano digitalmente alfabetizzati e per aumentare il numero di studenti (soprattutto ragazze) che studiano tale disciplina nell'istruzione superiore. L'Austria ha annunciato il piano 8-Point Plan for digital learning volto a introdurre nel 2020-2021 un portale unico per le applicazioni e la comunicazione tra studenti, insegnanti e genitori (Digital Schule), preparando tutti gli insegnanti all'apprendimento misto e a distanza tramite uno sviluppo professionale continuo e intensivo, fornendo l'accesso a materiali didattici armonizzati e migliorando le infrastrutture informatiche in modo che tutti gli studenti possano accedere ai dispositivi. In Polonia Lesson: Enter è il più vasto progetto di istruzione digitale a livello nazionale destinato a insegnanti e scuole, realizzato con il sostegno del programma operativo FESR Digital Poland. Il suo obiettivo principale è formare gli insegnanti e incoraggiarli a utilizzare più spesso contenuti e strumenti digitali. Tra il 2019 e il 2023 il 15 % circa del corpo docente (vale a dire 75 000 insegnanti) dovrà essere formato in materia. Nelle scuole primarie della Croazia tutti gli alunni del quinto e del settimo anno hanno ricevuto un tablet; le scuole hanno inoltre ricevuto un tablet ogni quattro allievi delle classi inferiori, da usare in classe. Nelle scuole secondarie sono stati distribuiti tablet agli alunni svantaggiati. Le scuole hanno ricevuto anche attrezzature per le aule (lavagne intelligenti, proiettori, attrezzature da laboratorio) e computer portatili per gli insegnanti grazie al progetto e-Schools project.

Ampliare la partecipazione all'istruzione terziaria con un apprendimento più inclusivo e flessibile e fornire agli studenti capacità e competenze adeguate al mercato del lavoro rimangono obiettivi prioritari. In Finlandia tra il 2020 e il 2022 saranno aggiunti 10 000 posti nelle università per innalzare il livello di istruzione e rispondere alla carenza di manodopera qualificata in diversi settori e regioni. Dall'anno accademico 2020-2021 la Bulgaria ha abolito le tasse universitarie per le matricole in otto settori di studio professionale nelle scienze pedagogiche e naturali e in otto specializzazioni protette. Secondo una legge approvata nel gennaio 2020 i finanziamenti alle università greche dipenderanno in parte da criteri di prestazione (20 %), tra cui l'internazionalizzazione, l'assorbimento dei laureati nel mercato del lavoro e il rapporto tra matricole e laureati. In Polonia, il nuovo consiglio per l'eccellenza scientifica istituito nel giugno 2019 ha modificato le modalità operative dei programmi di dottorato: è ora previsto solo il tempo pieno e tutti i dottorandi ricevono una borsa di studio. Infine l'Irlanda ha varato l'Action Plan for increasing Traveller Participation in Higher Education allo scopo di favorire l'accesso degli studenti emarginati all'istruzione superiore.

Gli Stati membri hanno adottato misure per migliorare la partecipazione e il livello di istruzione dei cittadini di paesi terzi, dei minori provenienti da un contesto migratorio e di altri alunni svantaggiati. Il ministero slovacco della Cultura, della scienza, della ricerca e dello sport ha stanziato 48 000 EUR per progetti a sostegno di studenti appartenenti a minoranze. La Slovenia ha aumentato il numero di ore di lezione di lingua slovena per gli studenti provenienti da un contesto migratorio nel primo anno di frequenza del sistema scolastico, passando da 35 ad almeno 120 ore per allievo. Nell'istruzione secondaria superiore la Svezia ha ulteriormente istituzionalizzato il diritto di tutti gli studenti di avere un tutor. La Cechia ha sviluppato per il 2020 il programma Support for Educating Foreigners in Schools, un sussidio teso ad adattare l'insegnamento della lingua ceca alle esigenze dei bambini stranieri e ad adeguare le condizioni della loro istruzione. Nell'ambito dell'iniziativa belga Pact for Excellence in Education, che si estende fino al 2030, molte scuole hanno adottato nuovi approcci all'apprendimento della lingua francese per gli alunni appena arrivati e vulnerabili. Malta ha istituito programmi di inserimento per i bambini arrivati di recente che non parlano maltese né inglese e le scuole pubbliche sono tenute ad attuare il quadro inclusivo 2019. Alcuni Stati membri hanno puntato specificamente a incrementare l'inserimento dei figli di cittadini di paesi terzi nelle strutture di educazione e cura della prima infanzia. Ad esempio la Bulgaria e la Francia hanno abbassato l'età dell'obbligo scolastico rispettivamente a quattro e tre anni, allo scopo di integrare meglio i bambini provenienti da famiglie vulnerabili. La Grecia sta gradualmente estendendo la frequenza prescolare obbligatoria ai bambini di 4 anni (per l'anno scolastico 2020-2021 saranno inclusi i restanti 40 comuni).

Alcuni Stati membri hanno aumentato le risorse finanziarie a sostegno dell'istruzione, che possono anche andare a beneficio dei minori provenienti da un contesto migratorio. In Francia il potenziamento dell'istruzione pre-primaria e primaria e la lotta alle disuguaglianze costituiscono priorità di bilancio per il 2020 e la dotazione destinata all'istruzione obbligatoria è stata incrementata di 991 milioni di EUR. In Irlanda sono proseguiti gli sforzi per migliorare l'accesso dei gruppi vulnerabili all'istruzione superiore e sono stati destinati 27 milioni di EUR a favore di 30 000 studenti dell'istruzione superiore appartenenti a tali gruppi. Nel 2020 la Svezia ha destinato 460 milioni di EUR a un fondo a favore della parità cui possono attingere i comuni per migliorare la qualità delle scuole con una maggiore percentuale di alunni provenienti da un contesto migratorio. Nel luglio 2019 la Svezia ha anche introdotto una nuova garanzia che interviene più precocemente nel percorso formativo del discente, consentendogli di ricevere un sostegno nelle prime fasi della carriera scolastica. La Danimarca ha investito 2 miliardi di DKK (268 milioni di EUR) per aumentare il personale pedagogico nelle zone con bambini provenienti da contesti vulnerabili e per migliorare le competenze di tale personale. Nel dicembre 2019 l'Italia ha aumentato il buono annuale per la frequenza degli asili nido, il cosiddetto Bonus Nido, di altri 1 500 EUR per le famiglie a basso reddito.

L'attuazione efficace delle modifiche legislative per l'inclusione dei Rom nell'istruzione tradizionale continua ad essere importante. Di recente vari Stati membri hanno introdotto riforme che abbassano l'età dell'istruzione prescolare obbligatoria e potrebbero andare a beneficio degli alunni svantaggiati. Sebbene le azioni positive 124 abbiano contribuito a migliorare la partecipazione dei Rom all'istruzione, è importante evitare di riservare posti specifici per allievi Rom che, in ogni caso, sarebbero stati in possesso dei requisiti per essere ammessi secondo la procedura ordinaria. Le misure attive per combattere la segregazione all'interno delle scuole e delle classi devono essere accompagnate da un ulteriore sostegno a livello finanziario e professionale per promuovere l'integrazione dei minori Rom nel sistema di istruzione tradizionale. La Bulgaria ha recentemente abbassato l'età dell'obbligo prescolare a 4 anni. Le misure attualmente in vigore a favore degli studenti Rom comprendono il ricorso a mediatori didattici, borse di studio, attività extracurricolari, corsi supplementari di lingua bulgara e il trasporto gratuito in alcune località. A partire dal 2018 il ministero bulgaro dell'Istruzione e delle scienze ha iniziato a stanziare finanziamenti supplementari alle scuole 125 che lavorano con minori vulnerabili e/o residenti in zone rurali. In Ungheria il potenziale impatto delle misure sull'effettiva desegregazione nell'istruzione è limitato dall'eterogeneità in termini di norme, autonomia e dimensioni dei distretti scolastici. In seguito alle modifiche apportate nel 2017 alle leggi ungheresi sulla parità di trattamento e sulla pubblica istruzione, nel 2018 sono stati istituiti nei distretti didattici gruppi di lavoro e funzionari anti-segregazione. Permangono tuttavia differenze significative nella composizione della popolazione degli studenti tra scuole statali e religiose. Inoltre le modifiche apportate nel luglio 2020 alle leggi ungheresi sulla pubblica istruzione rischiano di attenuare gli effetti dissuasivi delle sanzioni contro la discriminazione nel campo dell'istruzione. In Romania, nonostante siano stati attuati diversi programmi e misure per migliorare il sistema di istruzione, gli studenti Rom continuano ad affrontare numerose sfide, con differenze significative tra le aree urbane e quelle rurali. Nel 2016 il ministero dell'Istruzione ha emesso una nuova ordinanza quadro che vieta la segregazione negli istituti pre-universitari, ma nel 2020 la sua attuazione è ancora in sospeso. La metodologia per monitorare la segregazione scolastica nell'istruzione secondaria è stata tuttavia approvata solo all'inizio del 2020 mediante ordinanza ministeriale. Nella prima fase la metodologia di monitoraggio sarà sperimentata in un numero limitato di scuole primarie e secondarie in tre distretti. In Slovacchia, dove una quota sproporzionata di bambini Rom frequenta ancora scuole o classi speciali per bambini con disabilità mentali, è in fase di attuazione un piano d'azione rivisto per l'integrazione dei Rom (Action Plan for integrating Roma), i cui risultati non sono però ancora evidenti. La Slovacchia ha inoltre approvato un piano decennale di sviluppo dell'istruzione a livello nazionale che dovrebbe affrontare tra l'altro gli aspetti dell'inclusività e della qualità dell'istruzione 126 anche per i minori Rom. La prevista introduzione, a partire dal 2021, della scuola materna obbligatoria a partire dai 5 anni, accompagnata dall'abolizione delle classi preparatorie "anno zero" frequentate principalmente dai minori Rom, potrebbe avere qualche impatto positivo a tale riguardo, sebbene continuino a mancare misure attive di desegregazione.

L'entità della sfida attuale relativa alle competenze impone un cambiamento di paradigma delle politiche in tale settore, che garantisca una ripresa e una crescita inclusive e sostenibili per il futuro. Strategie nazionali in materia di competenze, basate su previsioni efficaci, devono essere pienamente integrate nel sistema per contribuire ad attuare un approccio olistico allo sviluppo delle competenze esteso a tutta l'amministrazione. Ad oggi dieci Stati membri sono impegnati nella preparazione di una strategia nazionale in materia di competenze con l'assistenza tecnica dell'OCSE 127 . Anche la Lituania ha recentemente avviato la preparazione di una strategia in materia di competenze. Portogallo, Slovenia e Lettonia sono passati dalla fase di diagnosi a quella dell'azione, concentrandosi sul miglioramento delle competenze degli adulti 128 . Nel 2019 la Germania ha presentato la propria strategia nazionale in materia di competenze 129 . L'agenda per le competenze per l'Europa 2020 propone un patto per le competenze (azione 1) che mira a mobilitare e incentivare gli investimenti nel miglioramento del livello delle competenze e nella riqualificazione, come pure di sostenere tutti gli Stati membri nell'elaborazione di strategie nazionali complete in materia di competenze (azione 3), rafforzando tra l'altro l'analisi del fabbisogno di competenze (azione 2). A seconda delle priorità nazionali, gli Stati membri possono concentrarsi in particolare su sfide quali la necessità di colmare determinate carenze di competenze, promuovere l'apprendimento permanente o elaborare e attuare politiche specificamente adattate alle esigenze degli adulti con un basso livello di competenze, in linea con la raccomandazione sui percorsi di miglioramento del livello delle competenze adottata dal Consiglio nel 2016.

Le transizioni verde e digitale pongono sfide ma offrono anche opportunità che l'Europa deve essere pronta a cogliere rapidamente. A tal fine è necessario sviluppare adeguatamente le competenze a tutti i livelli: tutti devono acquisire un livello minimo di capacità per svolgere le attività quotidiane in modo ecologicamente sostenibile e per vivere e lavorare in una società sempre più digitale. Al contempo le imprese e le istituzioni hanno bisogno di persone con le competenze giuste per soddisfare le esigenze connesse alle transizioni verde e digitale. Molte azioni dell'agenda europea per le competenze, dal patto per le competenze al rafforzamento dell'analisi del fabbisogno di competenze, fino all'elaborazione di norme per le microcredenziali, contribuiranno a sviluppare le competenze per la duplice transizione. Per affrontare il problema della scarsa chiarezza dell'espressione "competenze verdi", l'agenda per le competenze prevede di elaborare una tassonomia concordata delle competenze per la transizione verde e definire una serie di competenze di base pertinenti per il mercato del lavoro. Insieme alle azioni relative allo spazio europeo dell'istruzione, l'obiettivo è quello di sviluppare una serie di indicatori e un quadro europeo delle competenze per l'educazione ai cambiamenti climatici e allo sviluppo sostenibile. Vi è una comprensione più chiara delle competenze digitali e delle relative esigenze del mercato del lavoro. Oltre a riconoscere l'urgente necessità di incrementare il serbatoio di talenti degli specialisti in TIC e di rafforzare il riconoscimento della professione in questo campo, l'agenda per le competenze prevede in particolare due attività: soddisfare le esigenze delle PMI tramite corsi accelerati per la digitalizzazione che dotino il personale di un livello adeguato di competenze digitali e aiutare i lavoratori a migliorare le proprie competenze digitali tramite corsi introduttivi accelerati sulle TIC (ICT-Jump-Start trainings). Inoltre il nuovo programma Europa digitale sosterrà lo sviluppo di eccellenti opportunità di formazione in ambiti digitali quali l'intelligenza artificiale e la cibersicurezza, per formare e attrarre i migliori talenti dell'UE.

Lo sviluppo di competenze pertinenti per il mercato del lavoro deve essere accompagnato da un opportuno riconoscimento e utilizzo delle stesse. Un sistema di qualifiche affidabili e conferite correttamente rimane il mezzo principale per riconoscere le competenze delle persone. La trasparenza delle qualifiche è fondamentale per promuovere la libera circolazione di discenti e lavoratori nel mercato interno. Tutti gli Stati membri tranne la Spagna hanno rapportato i propri quadri nazionali delle qualifiche al quadro europeo delle qualifiche (EQF) e quasi tutti (a eccezione di Bulgaria e Croazia) riportano il livello EQF sulle proprie qualifiche o su eventuali integrazioni, rendendole più chiare e più facilmente comparabili. Inoltre l'attenzione sui risultati di apprendimento rende più semplice collegare le qualifiche formali con la convalida delle competenze acquisite al di fuori dei programmi formali e con forme innovative ed emergenti di riconoscimento delle competenze. Tra queste, le microcredenziali possono svolgere un ruolo significativo per rendere l'istruzione e la formazione iniziali e continue più flessibili e reattive alle esigenze emergenti. Possono infatti aiutare gli interessati a seguire attività brevi e mirate di miglioramento delle competenze e riqualificazione, particolarmente utili per chi deve cambiare occupazione o settore. Per sostenere sviluppi coerenti, l'agenda per le competenze 2020 e lo spazio europeo dell'istruzione intendono favorire un approccio europeo alle microcredenziali (azione 10), assicurando norme minime concordate in materia di qualità e trasparenza.

Le microcredenziali possono risultare preziose anche per il riconoscimento e la convalida delle competenze acquisite al di fuori dell'istruzione e della formazione formali, seguendo un adeguato processo di convalida come indicato nella raccomandazione del Consiglio del 2012 sulla convalida 130 . La valutazione dell'attuazione della raccomandazione 131 conferma che tutti gli Stati membri si sono attivati per applicarne i principi. In 23 Stati membri attraverso la convalida è possibile ottenere molte delle qualifiche incluse nei rispettivi quadri nazionali (tutte le qualifiche in 13 paesi); in 22 Stati membri la convalida permette di ottenere un credito formale per il rilascio di una qualifica e in 17 consente l'accesso a programmi formali di istruzione prevedendo anche esenzioni parziali da tali programmi. La maggior parte delle modalità di convalida tuttavia non è esaustiva e non è aperta a tutti. Il principale insegnamento che si può trarre da tale valutazione è che gli sviluppi dovrebbero concentrarsi sull'estensione dell'accesso alla convalida a tutti e sul sostegno attivo a chi intraprende percorsi di convalida. In otto Stati membri (Belgio (Fiandre), Danimarca, Finlandia, Francia, Italia, Portogallo, Lussemburgo e Svezia) già vigono modalità di convalida per tutti i settori dell'istruzione e della formazione e del mercato del lavoro, anche se permangono alcune restrizioni di accesso. Un approccio promettente per ampliare l'accesso, se adeguatamente coordinato, è dato dalla crescente offerta di opportunità di convalida senza una relazione diretta con l'istruzione e la formazione formali. Nel 2018 la convalida è stata introdotta nell'ambito delle riforme del mercato del lavoro in 17 paesi (Austria, Belgio, Croazia, Cipro, Cechia, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Svezia) spesso prevedendo un ruolo dei servizi pubblici per l'impiego, mentre in 19 paesi (Austria, Belgio, Croazia, Cipro, Cechia, Danimarca, Finlandia, Germania, Ungheria, Irlanda, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovenia, Spagna, Svezia) erano le organizzazioni del terzo settore a fornire opportunità di convalida.

La crisi della COVID-19 ha ulteriormente ribadito l'importanza di servizi di orientamento permanente per la gestione della carriera lungo tutto l'arco della vita, compresa l'esigenza di potenziare il ruolo dei servizi pubblici per l'impiego (SPI) e delle parti sociali, nonché di migliorare le modalità di convalida. La risposta alla crisi accelererà la sperimentazione e l'integrazione di pratiche e strumenti innovativi di orientamento, anche sfruttando le tecnologie dell'informazione e della comunicazione e coinvolgendo una più vasta gamma di soggetti 132 . I servizi pubblici per l'impiego svolgono un ruolo di primo piano in un'iniziativa italiana che offre ai singoli di ottenere una profilazione e documentazione delle proprie competenze nonché un sostegno mirato all'orientamento professionale. In Belgio il servizio pubblico per l'impiego fiammingo fornisce ai lavoratori buoni per l'orientamento professionale utilizzabili nelle diverse fasi della carriera. In Finlandia la convalida delle esperienze di apprendimento precedenti e l'orientamento professionale sono integrati in piani di apprendimento personalizzati offerti agli adulti. Il sistema francese dei conti individuali di formazione aiuta gli adulti ad accedere a opportunità di orientamento e a programmi di miglioramento delle competenze; quella dei conti individuali è una delle pratiche nazionali che l'agenda per le competenze 2020 propone di esplorare al fine di favorirne una più ampia integrazione (azione 9). Lo SPI ceco ha introdotto un progetto di ricollocamento che ha permesso di potenziare le attività di formazione per migliorare l'occupabilità dei lavoratori a rischio di licenziamento a causa della crisi della COVID-19 (3,6 miliardi di CZK, 130 milioni di EUR)

L'istruzione e formazione professionale è fondamentale per lo sviluppo di competenze pertinenti per il mercato del lavoro ma dev'essere adattata alle transizioni verde e digitale e alle sfide poste dalla pandemia di COVID-19. Per rispondere alla rapida evoluzione delle esigenze del mercato del lavoro, lo sviluppo delle competenze richiede una cooperazione efficace tra i numerosi attori coinvolti. Il patto per le competenze (azione 1 dell'agenda europea per le competenze) incoraggerà la creazione di partenariati pubblico-privato multipartecipativi e su vasta scala nei principali ecosistemi industriali al fine di mettere in comune capacità e risorse come finanziamenti e strutture di formazione a favore di azioni concrete di sviluppo delle competenze e riqualificazione con impegni chiari. I programmi di apprendistato e di apprendimento basato sul lavoro possono assicurare il più stretto collegamento tra istruzione e mondo del lavoro. L'alleanza europea per l'apprendistato rafforzata 133 promuoverà quindi ulteriormente le coalizioni nazionali, sosterrà le PMI e intensificherà il coinvolgimento delle parti sociali. Per agevolare le riforme degli Stati membri, la proposta di raccomandazione del Consiglio relativa all'istruzione e formazione professionale (azione 4) delinea principi per una governance efficace dell'IFP, legami più saldi con strategie economiche orientate al futuro, opportunità flessibili di progressione, pari opportunità e garanzia della qualità. Gli Stati membri stanno modernizzando attivamente i propri sistemi di istruzione e formazione professionale e i programmi di apprendistato; 25 di essi partecipano al pilastro di apprendimento comparativo dei servizi di sostegno all'apprendistato. Inoltre in risposta alla crisi della COVID-19 molti hanno investito risorse finanziarie per salvaguardare l'offerta di apprendistati: la Germania ha varato un programma da 500 milioni di EUR per sostenere le PMI attraverso un contributo una tantum di 2 000 EUR per ogni nuovo contratto di formazione concluso e di 3 000 EUR per i nuovi contratti di formazione aggiuntivi. Nel tentativo di salvare circa 10 000 posti di apprendistato a rischio, alle imprese austriache è assegnato un bonus di 2 000 EUR per ogni nuovo apprendista. In Danimarca un accordo tripartito riassegna un'eccedenza della sovvenzione per l'istruzione destinata ai datori di lavoro (AUB) in modo da costituire un regime di sovvenzione salariale per gli apprendistati. La Francia ha varato un programma di sostegno statale da 1 miliardo di EUR per l'assunzione di apprendisti.

Gli Stati membri si impegnano a lavorare a favore degli obiettivi politici comuni definiti nella risoluzione del Consiglio su un'agenda europea per l'apprendimento degli adulti (2011), che fa parte del più ampio quadro per la cooperazione nel settore dell'istruzione e della formazione (ET 2020). Nel 2019 il gruppo di lavoro della Commissione europea sull'istruzione degli adulti ha fatto il punto dei progressi compiuti nelle quattro aree prioritarie (governance, offerta e partecipazione, accesso e qualità) dell'agenda europea per l'apprendimento degli adulti 134 . Guardando agli aspetti positivi, l'istruzione degli adulti sta ricevendo maggiore attenzione da parte dei decisori politici; tale tendenza è ulteriormente accentuata dalle sfide legate alla natura mutevole del lavoro, all'automazione e agli sviluppi demografici. Diversi Stati membri hanno adottato misure volte a rafforzare la governance dell'istruzione degli adulti, in particolare aggiornando e migliorando la legislazione e istituendo migliori meccanismi di coordinamento. In molti paesi i finanziamenti europei assolvono una funzione importante a sostegno dell'istruzione degli adulti, in particolare per quanto riguarda le misure di attuazione dei percorsi di miglioramento del livello delle competenze 135 . I riscontri del gruppo di lavoro indicano due sfide interconnesse: garantire parità di accesso per tutti all'istruzione degli adulti e sostenere i gruppi vulnerabili duramente colpiti dalla pandemia di COVID-19. Inoltre le opportunità di professionalizzazione per il personale impegnato nell'istruzione degli adulti sono ancora limitate.

Gli Stati membri, riconoscendo le sfide cui sono confrontati i rispettivi sistemi di istruzione degli adulti, hanno intrapreso una serie di iniziative durante la seconda metà del 2019 e nel 2020. Il pilastro europeo dei diritti sociali riconosce il diritto degli adulti all'apprendimento permanente al fine di acquisire le competenze necessarie per partecipare pienamente alla società e gestire con successo le transizioni lavorative. Diversi Stati membri hanno adottato misure a sostegno del miglioramento delle competenze degli adulti con un basso livello di qualifiche o disoccupati. Dal settembre 2019 la Finlandia è impegnata in una riforma parlamentare dell'apprendimento continuo per preparare una politica globale incentrata sullo sviluppo professionale e sull'istruzione lungo tutto l'arco della vita lavorativa. Il progetto ceco Upskilling CZ project sostiene la rete degli organismi autorizzati del quadro nazionale delle qualifiche nell'organizzazione e nello svolgimento di esami per ottenere la cosiddetta qualifica professionale completa di livello 3 e 4 del quadro nazionale delle qualifiche. In Bulgaria la Operation Skills è stata concepita per consentire ai datori di lavoro di formare in azienda sia i propri lavoratori che i nuovi assunti precedentemente disoccupati. Con una dotazione di 17 milioni di EUR, l'operazione è tesa a erogare formazione per le qualifiche professionali nonché competenze chiave e formazione specifica ad almeno 5 500 persone. La Danimarca ha raggiunto un accordo politico per destinare 102 milioni di DKK (13,7 milioni di EUR) al miglioramento delle competenze dei lavoratori con un basso livello di competenze, dotandoli di quelle necessarie per poter essere occupati in lavori qualificati. Cipro, Italia e Lettonia hanno recentemente introdotto misure a sostegno dei disoccupati. La Lettonia ha incrementato la sua offerta di attività di istruzione degli adulti, che comprende l'apprendimento a distanza, moduli di studio e corsi presso le università e gli istituti di istruzione superiore. Anche il sostegno ai lavoratori dipendenti è stato esteso per coprire le spese di viaggio verso il luogo di formazione.

Gli Stati membri hanno anche favorito le scelte dei singoli di intraprendere attività di formazione che soddisfino le loro esigenze e preferenze di apprendimento. Nel 2019 la Francia ha adottato i decreti di attuazione della legge del 2018 sulla libertà di scegliere il proprio futuro professionale, che consente ai lavoratori e alle persone in cerca di lavoro di accedere alla formazione e di ricorrere a un conto individuale di formazione. Nel 2020 i Paesi Bassi hanno varato lo SLIM scheme, un piano di incentivi per l'apprendimento e lo sviluppo nelle PMI. Nel 2022 dovrebbe inoltre entrare in vigore il nuovo meccanismo di finanziamento STAP volto a stimolare la partecipazione al mercato del lavoro. Questo meccanismo consentirà a chiunque abbia un legame con il mercato del lavoro dei Paesi Bassi di formarsi per migliorare il proprio sviluppo personale e la propria occupabilità. L'Austria intende introdurre il Bildungskonto, un conto di apprendimento basato su un accordo tra le parti sociali per finanziare il riorientamento professionale, la formazione e l'istruzione continua. In Svezia gli investimenti nell'istruzione professionale per gli adulti a livello regionale aumenteranno di 700 milioni di SEK (68,2 milioni di EUR). Lo Stato ha abolito l'obbligo di cofinanziamento da parte dei comuni per il 2020 e finanzierà altri 1 500 posti e il relativo sostegno agli studi.

La garanzia per i giovani del 2013 ha creato opportunità per i giovani e si è rivelata un potente volano per le riforme strutturali e l'innovazione. Di conseguenza la maggior parte dei servizi pubblici per l'impiego (SPI) ha migliorato e ampliato i servizi offerti ai giovani 136 . Nel corso dei sette anni precedenti la pandemia di COVID-19, il numero di giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (NEET) nell'UE è diminuito di circa 1,7 milioni di unità. 137 Sebbene il miglioramento del contesto macroeconomico abbia certamente avuto un ruolo, i dati indicano che la garanzia per i giovani ha avuto un importante effetto di trasformazione. Oltre 24 milioni di giovani che erano iscritti ai sistemi di garanzia per i giovani hanno ricevuto un'offerta di lavoro, formazione continua, apprendistato o tirocinio. In molti Stati membri la percentuale stimata di NEET iscritti a questi programmi nel corso dell'anno è tuttavia ancora al di sotto del 50 % 138 . Prima della pandemia di COVID-19 le misure politiche a sostegno della garanzia per i giovani erano destinate perlopiù a specifici gruppi vulnerabili. Nel luglio 2020 la Commissione ha proposto di rafforzare la garanzia per i giovani estendendo la copertura alle persone di età compresa tra i 15 e i 29 anni (innalzando il limite precedentemente fissato a 25 anni); di conseguenza il programma è più inclusivo, il legame con le transizioni verde e digitale è più saldo e sono offerti consulenza, orientamento e tutoraggio.

Prima della pandemia gli Stati membri avevano iniziato a migliorare la sensibilizzazione e l'attivazione dei giovani più difficili da raggiungere, rafforzando nel contempo la dimensione di genere delle iniziative. La Grecia ha adottato un programma pilota che fornisce un sostegno temporaneo all'imprenditorialità a 3 000 giovani disoccupati (di età compresa tra i 18 e i 29 anni). Il sostegno comprende il tutoraggio e la valutazione dei piani aziendali, cui fa seguito un programma di sovvenzioni per 2 500 giovani imprenditori. Quest'ultimo programma è rivolto in particolare alle giovani donne (destinatarie di almeno il 60 % delle borse) e prevede sovvenzioni pari a 10 000 EUR per 12 mesi oppure a 17 000 EUR per 18 mesi. L'Austria ha programmato una riforma del proprio Arbeitsmarktservice (servizio pubblico per l'impiego) in vista di una riduzione più sostenibile della disoccupazione. Le misure previste riguardano in particolare gli stereotipi di genere, le persone con disabilità e i disoccupati di lungo periodo e mirano a rafforzare l'efficienza con l'introduzione di sportelli unici per le persone in cerca di lavoro. L'Austria ha inoltre previsto di introdurre una revisione globale del proprio sistema di apprendistato al fine di modernizzarlo e di rafforzarne la capacità di favorire i gruppi vulnerabili, quali i giovani con esigenze speciali, i giovani che hanno abbandonato precocemente l'istruzione e la formazione e i richiedenti asilo. Gli SPI tedeschi dispongono di uno strumento che consente a coloro che lavorano nel campo dell'orientamento scolastico e professionale di individuare più rapidamente i giovani che potrebbero abbandonare gli studi e offrire loro misure efficaci di consulenza e sostegno. La Hochschule dell'Agenzia federale per l'impiego è responsabile di uno strumento per prevenire l'interruzione anticipata degli apprendistati. Il governo fiammingo e le parti sociali hanno firmato una dichiarazione di intenti per migliorare l'attivazione delle persone inattive, in particolare dei giovani NEET, da attuare in stretta collaborazione con il sistema federale di sicurezza sociale (ad esempio RIZIV) e con i servizi di integrazione sociale (OCMW).

La crisi economica causata dalla COVID-19 ha colpito duramente i giovani, rendendoli un gruppo prioritario da sostenere in tutti gli Stati membri. La Francia ha annunciato la creazione di altri 300 000 contrats d'insertion professionnelle (posti di lavoro sovvenzionati) per favorire l'integrazione dei giovani nel mercato del lavoro. È inoltre prevista un'esenzione fiscale destinata ai giovani con un basso livello di competenze impiegati in posti di lavoro con un salario fino a 1,6 volte il salario minimo, per migliorare il loro accesso al mercato del lavoro. Il Belgio ha prorogato di cinque mesi la durata dell'indennità di disoccupazione per coloro che escono dal sistema scolastico e cercano lavoro (inschakelingsuitkering). In Lettonia i disoccupati che studiano a tempo pieno hanno la possibilità di partecipare a un'iniziativa per il miglioramento del livello delle competenze digitali presso l'università o l'istituto superiore che frequentano. Gli studenti che partecipano a tale iniziativa riceveranno una borsa di studio di 10 EUR per ogni giorno di partecipazione (circa 200 EUR al mese). La Lettonia ha introdotto anche una prestazione temporanea di sostegno ai giovani laureati disoccupati per un periodo totale di quattro mesi, che non può andare oltre il 31 dicembre 2020, pari a 500 EUR al mese per i primi due mesi e a 375 EUR al mese per gli ultimi due mesi.

Gli Stati membri hanno adottato misure per ampliare la partecipazione all'educazione e cura della prima infanzia e migliorarne la qualità, trattandosi di un elemento chiave per preparare i bambini a realizzarsi nella vita. Bulgaria e Belgio hanno abbassato l'età dell'obbligo prescolare, portandola rispettivamente da cinque a quattro e da sei a cinque anni. In Croazia sono in via di costruzione o ristrutturazione quasi 500 scuole dell'infanzia, molte delle quali in località con meno di 5 000 abitanti. Inoltre le amministrazioni locali dispongono di una sovvenzione di 1,8 milioni di EUR per migliorare la disponibilità e la qualità dei servizi di educazione e cura della prima infanzia. Nel novembre 2019 l'Irlanda ha varato il programma National Childcare Scheme che assegna sovvenzioni basate sul reddito ai nuclei familiari con un reddito stimato di massimo 60 000 EUR all'anno per coprire i costi della cura dell'infanzia al di fuori degli orari dell'istruzione prescolastica o scolastica. L'obiettivo è garantire a tutte le famiglie servizi di educazione e cura della prima infanzia e di doposcuola di qualità e accessibili, anche dal punto di vista economico; nelle prime fasi si prevede l'adesione di 70 000/80 000 bambini all'anno. Allo stesso tempo le autorità nazionali irlandesi hanno adottato il Workforce Development Plan (2020-2028) volto a elevare il profilo delle carriere nell'ambito dell'educazione e cura della prima infanzia, fissando norme in materia di qualifiche, un quadro per la carriera e opportunità di sviluppo della leadership. L'Italia ha raddoppiato il bonus annuale per la frequenza degli asili nido (Bonus Nido) per le famiglie a basso reddito, portandolo da 1 500 a 3 000 EUR. A partire dal 2020, per sostenere i genitori i Paesi Bassi aumenteranno l'indennità per l'educazione e cura della prima infanzia e la dotazione del bilancio collegato all'infanzia di quasi 500 milioni di EUR in favore delle coppie a reddito medio. A partire dal 2021 le famiglie con più di due bambini riceveranno ulteriori 617 EUR all'anno per figlio (a partire dal terzo figlio); ciò costituisce un sensibile incremento rispetto alla cifra attuale. Si sta inoltre estendendo il diritto all'indennità per l'educazione e cura della prima infanzia ai nuclei familiari in cui un partner lavora e l'altro necessita di assistenza a lungo termine. La legge sull'istruzione introdotta a Malta nel 2019 (Education Act) ha elevato a "laurea di primo livello" la qualifica minima richiesta al personale impiegato nell'educazione e cura della prima infanzia, al fine di migliorare la qualità nel settore.

Molti Stati membri hanno introdotto misure temporanee per i genitori e i prestatori di assistenza in risposta alla crisi della COVID-19. Tali misure temporanee sono state adottate ad esempio in Cechia per sostenere i genitori tramite un'indennità per l'assistenza a domicilio dei figli di età inferiore ai 13 anni o il cui prestatore di assistenza fosse affetto da disabilità, durante il periodo di chiusura delle scuole. Anche i lavoratori autonomi costretti a rimanere a casa con figli di età compresa tra 6 e 13 anni hanno ricevuto un contributo di 424 CZK al giorno (16 EUR al giorno). La Lituania ha introdotto nuove disposizioni in materia di sicurezza sociale per i genitori che lavorano e i prestatori di assistenza di persone anziane o disabili (principalmente donne) in seguito alla chiusura temporanea delle scuole e dei servizi di assistenza, versando sotto forma di prestazioni di malattia il 65,9 % del reddito dichiarato. Durante lo stato di emergenza sanitaria la Francia ha garantito l'erogazione di servizi di educazione e cura della prima infanzia per i lavoratori essenziali e ha incrementato la capacità dei servizi individuali dando la possibilità di accogliere fino a sei bambini contemporaneamente. L'Italia ha offerto alle famiglie un buono di 1 200 EUR, aumentati a 2 000 EUR nel caso degli operatori sanitari.

Durante l'emergenza COVID il congedo familiare ha costituito una misura essenziale di equilibrio tra vita professionale e vita privata. In risposta alla crisi il Belgio ha introdotto uno speciale regime di congedo parentale COVID-19 (a tempo pieno o parziale) per consentire ai genitori che lavorano (con un figlio di età inferiore a 12 anni) di conciliare lavoro e assistenza durante la pandemia. Tra maggio e settembre 2020 i lavoratori dipendenti con almeno un mese di servizio hanno potuto ridurre l'orario di lavoro parzialmente o completamente 139 . Dato che per l'ammissibilità era sufficiente appena un mese di servizio e che la prestazione erogata era superiore del 25 % rispetto al regime precedente, la misura ha incoraggiato anche i padri a servirsene. In Italia i lavoratori con figli di età inferiore a 12 anni potevano usufruire di un massimo di 30 giorni di congedo parentale retribuito al 50 % fino alla fine di luglio. Le famiglie il cui reddito equivalente non supera i 40 000 EUR beneficiano di un credito d'imposta per le vacanze. Cipro ha concesso un congedo speciale retribuito basato sul salario percepito ai genitori (con figli di età inferiore a 15 anni) impossibilitati a telelavorare a causa della chiusura delle scuole e delle strutture di educazione e cura della prima infanzia. Il Lussemburgo ha introdotto un congedo familiare retribuito per il settore privato e per i lavoratori autonomi costretti a interrompere il lavoro per assistere una persona con disabilità o anziana non autosufficiente nel proprio nucleo familiare a causa della chiusura delle strutture autorizzate. I genitori che dovevano prendersi cura dei figli (di età inferiore a 13 anni) a causa della chiusura delle scuole e delle strutture di educazione e cura della prima infanzia hanno potuto beneficiare di un congedo per motivi familiari, a determinate condizioni. La Romania ha concesso giornate di assenza retribuite ai genitori nei periodi di chiusura delle strutture scolastiche a causa di condizioni meteorologiche avverse o di "altre situazioni estreme" come la pandemia di COVID-19. L'indennità è pari al 75 % dello stipendio di base e non supera il 75 % della retribuzione nazionale lorda media (5 429 RON ovvero 1 115 EUR). Sono concesse giornate di assenza retribuite anche ai genitori o ai rappresentanti legali di minori o adulti con disabilità che non frequentano la scuola o necessitano di assistenza. La Spagna concede ai lavoratori dipendenti la flessibilità necessaria per adeguare o ridurre l'orario di lavoro (fino al 100 %), con una corrispondente riduzione della retribuzione in caso di responsabilità di assistenza connesse alla pandemia. La Bulgaria ha aumentato il congedo non retribuito consentito da 30 a 60 giorni per ridurre al minimo gli effetti negativi della pandemia.

Negli Stati membri si adottano sempre più misure permanenti di congedo familiare. È possibile che ciò rispecchi in parte la direttiva relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza adottata nel 2019 140 . La Cechia ha aumentato l'indennità parentale a 300 000 CZK (11 300 EUR, con una maggiorazione del 50 % per parti gemellari o multipli). Il limite mensile per un bambino al di sotto di 2 anni iscritto a una struttura di educazione e cura della prima infanzia è stato elevato da 46 a 92 ore, mentre il limite per l'indennità parentale è stato aumentato a 10 000 CZK (376 EUR) per i genitori sprovvisti di assicurazione malattia. L'Italia ha aumentato il congedo di paternità da cinque a sette giorni, avvicinando la sua politica alla direttiva relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza, che prevede un congedo di paternità retribuito di 14 giorni. La Lituania ha esteso il diritto a utilizzare il congedo parentale di 30 giorni da tre mesi a un anno dopo la nascita. Nei Paesi Bassi a partire dal 1º luglio 2020 il padre o il secondo genitore può usufruire di un congedo supplementare di massimo cinque settimane nei primi sei mesi di vita del minore. I datori di lavoro possono chiedere all'istituto di gestione delle assicurazioni per i lavoratori subordinati un'indennità di congedo per i propri dipendenti fino al 70 % della retribuzione giornaliera (che non superi il 70 % della retribuzione massima giornaliera).

Alcuni Stati membri hanno introdotto misure di lavoro flessibile in risposta alla crisi della COVID-19. Malta ha introdotto un regime di sostegno ai datori di lavoro e ai lavoratori autonomi che copre il 45 % dei costi ammissibili fino a 500 EUR per ciascun accordo di telelavoro e fino a 4 000 EUR per ciascuna impresa per la tecnologia necessaria al telelavoro. La Slovacchia ha introdotto misure per consentire ai datori di lavoro e ai lavoratori di stilare un regime concordato di lavoro da casa. La Cechia ha proposto di introdurre il lavoro condiviso nel codice del lavoro per aiutare i lavoratori dipendenti a conciliare meglio la vita professionale e quella familiare. Il lavoro condiviso dovrebbe aiutare i datori di lavoro a offrire regimi orari più brevi, dando ad alcuni dipendenti un'alternativa all'uscita dal mercato del lavoro, in particolare per motivi di assistenza familiare. La modifica approvata in prima lettura dalla Camera dei deputati dovrebbe entrare in vigore nel gennaio 2021.

In alcuni Stati membri sono state adottate misure per affrontare il problema del divario retributivo di genere. In Cechia è in corso di elaborazione un piano d'azione per la parità retributiva che proporrà misure specifiche per ridurre il divario retributivo di genere. Sono coinvolti attori chiave quali l'ufficio dell'Ispettorato nazionale del lavoro, l'ufficio del difensore civico, l'ufficio del lavoro, le parti sociali e specifici datori di lavoro del settore pubblico e privato. L'Estonia sta sperimentando misure di stimolo per aumentare la percentuale di donne che studiano e lavorano nel settore delle TIC. La Francia ha introdotto un indice che accrescerà la visibilità delle disparità retributive multidimensionali in tutte le imprese con oltre 50 dipendenti. In ottobre la Spagna ha introdotto due decreti che impongono a tutti i datori di lavoro di registrare le retribuzioni medie di uomini e donne e a tutte le imprese con oltre 50 dipendenti di negoziare piani per la parità con i rappresentanti dei lavoratori. La Commissione intende proporre una direttiva in materia di misure sulla trasparenza retributiva, al fine di migliorare l'accesso dei lavoratori alle informazioni sulle retribuzioni, sensibilizzare sulla discriminazione e agevolare l'applicazione della parità retributiva.

Sono state messe in atto politiche attive del mercato del lavoro e servizi mirati per sostenere l'occupazione femminile. L'Austria prevede di accrescere le opportunità per le donne nelle zone rurali attraverso opportunità di digitalizzazione, istruzione e formazione. La Grecia intende introdurre diversi programmi per favorire l'occupazione delle donne, come ad esempio Advanced Skills 4 Women, un programma di formazione informatica per le donne disoccupate, Counselling support, Training and Certification for unemployed women in the Creative Industry Sector, un sostegno per le donne disoccupate del settore creativo, e un programma di acquisizione di competenze per le donne disoccupate fino a 29 anni di età. La Spagna ha introdotto una nuova normativa a tutela delle donne che perdono il lavoro in settori precari a prevalenza femminile. Nell'ambito del sistema generale di sicurezza sociale è stata introdotta una sovvenzione straordinaria (70 % del salario) nel regime speciale dei lavoratori domestici a favore di quei lavoratori domestici che perdono del tutto o in parte il posto di lavoro durante la pandemia e non percepiscono prestazioni di disoccupazione.

Gli Stati membri hanno varato diverse misure per promuovere l'occupazione delle persone con disabilità, tra cui misure temporanee per attenuare l'impatto negativo della crisi della COVID-19. In base alla nuova legge sulle persone con disabilità, la Bulgaria sta attuando il nuovo programma nazionale per l'occupazione delle persone con disabilità allo scopo di creare condizioni di lavoro propizie per questo gruppo di persone. Il Lussemburgo ha introdotto una legge per migliorare l'accesso al mercato del lavoro regolare (settore privato) e la continuità dell'occupazione per le persone con disabilità o in caso di riclassificazione esterna. A tal fine sono state varate misure di accompagnamento (fino a 150 ore per un contratto o una PAML di almeno 12 mesi e fino a 300 ore oltre i 24 mesi) sotto la guida di un "assistente per l'inclusione nell'occupazione". Dall'8 marzo al 5 luglio 2020 Malta ha fornito un sostegno temporaneo alle persone con disabilità impiegate nel settore privato e registrate presso Jobsplus (lo SPI maltese) che volevano rimanere a casa per motivi di salute e sicurezza durante la crisi della COVID-19. Già prima della pandemia di COVID-19 la Finlandia aveva varato il programma Work Ability, per le persone con capacità lavorativa parziale, stanziando 33 milioni di EUR per il periodo 2020-2022. Il programma comprende misure per individuare la capacità lavorativa di ciascuno e per indirizzare le persone in cerca di lavoro verso i servizi di sostegno di cui hanno bisogno. Il programma è strettamente connesso con il programma dei centri di servizi sociali e sanitari del futuro 2020-2022, attualmente in corso. Il programma prevede inoltre che gli SPI assumano un maggior numero di coordinatori della capacità di lavoro per migliorare i servizi disponibili.

Alcuni Stati membri hanno varato azioni di sostegno all'integrazione nel mercato del lavoro di cittadini di paesi terzi, in molti casi associandole ad attività di formazione linguistica. Diversi Stati membri hanno varato o rivisto piani d'azione/strategie in risposta alla necessità di intensificare gli sforzi per l'integrazione nel mercato del lavoro. Alcuni hanno inoltre ampliato l'offerta di misure di integrazione e incrementato l'obbligo di partecipazione a corsi di lingua e ad attività di formazione per l'integrazione. Il Portogallo ha pubblicato un'ordinanza per l'avvio di un nuovo programma di corsi di lingua portoghese adattato alle esigenze di apprendimento dei migranti al fine di promuovere l'inclusione sociale e la coesione. La Germania ha elaborato orientamenti per sostenere le imprese nell'integrazione operativa dei rifugiati mediante attività pilota di accoglienza al fine di favorire, in maniera personalizzata e completa, l'integrazione dei rifugiati. Dopo vari anni di progetti pilota, nel 2019 l'Austria ha attuato su scala nazionale il supraregional apprenticeship placement-project che intende correggere l'asimmetria tra posti di apprendistato vacanti e giovani disoccupati, con particolare attenzione ai rifugiati. Nel dicembre 2019 la Cechia ha adottato un nuovo piano d'azione sull'integrazione. A metà del 2019 anche Cipro ha presentato un nuovo piano d'azione per l'integrazione dei migranti 2020-2022, mentre la Slovenia ha adottato una nuova strategia in materia di migrazione (luglio 2019).

Alcuni Stati membri hanno adottato misure per il miglioramento del livello delle competenze e la riqualificazione degli adulti, spesso individuando tra i gruppi di destinatari i cittadini di paesi terzi. La Svezia ha ad esempio programmato nuovi investimenti (150 milioni di SEK, ossia circa 14,6 milioni di EUR) da destinare a "posti di lavoro verdi" per persone distanti dal mercato del lavoro, tra cui gli immigrati. In Belgio il governo vallone ha proposto un nuovo regime per sostenere e orientare i lavoratori desiderosi di migliorare le proprie competenze o di reindirizzarsi verso un settore in cui la manodopera è carente, con particolare attenzione per i lavoratori più anziani e quelli che perdono il lavoro; le Fiandre invece prevedono di occuparsi in misura crescente di alfabetizzazione e competenze aritmetiche e di attivare una nuova piattaforma di apprendimento permanente. L'Austria infine ha proseguito l'attuazione dell'iniziativa per l'istruzione degli adulti Initiative Erwachsenenbildung che si propone di migliorare l'accesso all'istruzione degli adulti per le persone svantaggiate dal punto di vista socioeconomico, migliorandone così il livello di istruzione; all'iniziativa partecipano prevalentemente adulti provenienti da un contesto migratorio.

Gli Stati membri hanno inoltre intrapreso riforme volte a riconoscere e/o convalidare le qualifiche o le competenze dei cittadini di paesi terzi. Ad esempio nel febbraio 2020 la Germania ha istituito presso l'Agenzia federale per il lavoro un nuovo centro di servizi per il riconoscimento delle professioni 141 . Questo nuovo servizio funge da ufficio nazionale per coloro che si trovano all'estero e chiedono il riconoscimento di qualifiche o competenze. La legge tedesca sulla sospensione temporanea dell'espulsione per motivi di formazione e occupazione prevede anche la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno di due anni dopo aver completato con successo corsi di istruzione o formazione professionale oppure dopo un periodo di occupazione di 30 mesi. La Finlandia ha elaborato nuovi orientamenti per valutare le competenze e le capacità lavorative; inoltre il ministero dell'Economia e dell'occupazione propone di incrementare la dotazione per l'integrazione dei migranti (compresa l'identificazione delle competenze) di 3 milioni di EUR.

Alcuni Stati membri hanno adottato misure per facilitare l'ammissione di lavoratori migranti provenienti da paesi terzi, in particolare di lavoratori altamente qualificati e di lavoratori che svolgono professioni per le quali vi è carenza di manodopera. Facendo seguito alle norme sui permessi di soggiorno per motivi di lavoro (modifiche) del 2018, l'Irlanda ha pubblicato l'ultima versione degli elenchi delle competenze critiche e delle professioni non ammissibili, che è entrata in vigore nel gennaio 2020, con l'obiettivo di affrontare le immediate carenze di manodopera in settori chiave come quello ricettivo, l'edilizia, la sanità e il trasporto su strada 142 . Nel 2019 il governo francese ha annunciato che avrebbe attuato una politica di immigrazione professionale per settore di attività, basata sulla prima revisione (dal 2008) delle liste regionali dei settori con carenza di manodopera. Per gestire l'incremento dei flussi migratori di manodopera, nel luglio 2019 la Lituania ha introdotto quote per i lavoratori di paesi terzi in arrivo alla ricerca di lavoro in settori in cui si registra carenza di manodopera; il primo elenco di professioni sarà compilato nel 2021. Nel settembre 2019 la Cechia ha introdotto nuove quote annuali per l'accoglimento di domande di permessi di lavoro e di visti di lunga durata per affari, oltre a tre nuovi programmi di migrazione di manodopera. In Lettonia le modifiche della legge sull'immigrazione entrate in vigore il 1º luglio 2019 prevedono la possibilità per i datori di lavoro di assumere cittadini di paesi terzi sulla base di un visto di lunga durata; in alcuni casi sono aboliti il periodo minimo per candidarsi a ricoprire un posto vacante e l'obbligo di pubblicare un posto vacante. La Finlandia ha ampliato il programma orizzontale Talent Boost relativo alla migrazione per lavoro su vasta scala e incentrato particolarmente sull'immigrazione e integrazione di studenti e ricercatori internazionali. Nell'ambito del programma saranno adottate misure per accelerare il processo di rilascio dei permessi di soggiorno per motivi di lavoro, in modo da agevolare l'ingresso e la permanenza in Finlandia di studenti e ricercatori.

La crisi della COVID-19 ha indotto molti Stati membri a limitare la libertà di circolazione entro i confini dell'UE e in provenienza da paesi terzi, con conseguenti carenze di forza lavoro in alcuni settori come l'agricoltura e la sanità. Per soddisfare il fabbisogno di manodopera, paesi come il Belgio, l'Austria, la Germania, la Grecia, la Spagna, la Finlandia, la Francia, l'Italia e la Slovenia hanno accelerato il rilascio e/o prorogato la validità dei visti di lavoro (stagionali) per specifici lavoratori agricoli e/o operatori sanitari 143 . Per quanto riguarda più specificamente il settore sanitario, i cittadini di paesi terzi residenti legalmente in Irlanda ma senza accesso al mercato del lavoro hanno avuto la possibilità di partecipare al bando nazionale per l'assunzione di operatori sanitari e di chiedere il cambiamento di status per lavorare nel settore sanitario. In Francia è stata applicata una procedura specifica e semplificata per i medici di paesi terzi in possesso di una laurea conseguita fuori dall'UE che hanno contribuito ad affrontare l'emergenza sanitaria. La Grecia ha trattato con flessibilità i permessi di soggiorno di cittadini di paesi terzi privi di documenti, da impiegare esclusivamente nell'agricoltura. In Spagna anche per i migranti regolari con un permesso di soggiorno in scadenza tra il 14 marzo e il 30 settembre è stato possibile trovare impiego regolare presso le aziende agricole. La Spagna ha anche concesso ai lavoratori stagionali una protezione rafforzata, in termini di accesso sia ai regimi di disoccupazione temporanea (ERTE) sia alle prestazioni di disoccupazione. La Cechia ha messo a punto misure per mettere in contatto i cittadini di paesi terzi presenti nel paese e a rischio di perdere il lavoro con i datori di lavoro alla ricerca di nuovi lavoratori, in particolare nel settore agricolo. La Finlandia e il Belgio hanno introdotto deroghe temporanee in materia di diritto al lavoro a favore dei richiedenti asilo. Inoltre la Finlandia ha modificato la legge sugli stranieri e la legge sui lavoratori stagionali, consentendo così ai cittadini di paesi terzi già residenti nel paese di cambiare datore di lavoro o settore senza chiedere la proroga del proprio permesso o un permesso nuovo. In via eccezionale alcuni paesi hanno revocato il divieto d'ingresso per categorie specifiche: il Lussemburgo ad esempio non ha applicato il divieto né a ricercatori ed esperti che hanno fornito consulenze nel contesto della pandemia di COVID-19 né ai lavoratori stagionali.

3.3 Orientamento 7: migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro e l'efficacia del dialogo sociale

La presente sezione esamina l'attuazione dell'orientamento per l'occupazione 7, che raccomanda agli Stati membri di migliorare il funzionamento del mercato del lavoro e l'efficacia del dialogo sociale. Ciò significa trovare un equilibrio tra flessibilità e sicurezza nelle politiche del mercato del lavoro, prevenire la segmentazione del mercato del lavoro, combattere il lavoro non dichiarato e favorire la transizione a contratti a tempo indeterminato, assicurare la copertura dei servizi pubblici per l'impiego e l'efficacia delle politiche attive del mercato del lavoro, fornire adeguate prestazioni di disoccupazione e promuovere la mobilità di lavoratori e discenti. Sulla base delle prassi nazionali esistenti, si analizzano anche la promozione del dialogo sociale e il coinvolgimento della società civile. Il punto 3.3.2 riferisce sulle misure strategiche adottate dagli Stati membri in questi settori.

3.3.1    Indicatori chiave

La crisi della COVID-19 ha evidenziato le differenze nelle condizioni di lavoro individuali e ha messo in luce le conseguenze negative della segmentazione del mercato del lavoro. Pur registrando un calo complessivo, in alcuni Stati membri il numero di posti di lavoro a tempo determinato e a tempo parziale involontari resta elevato. La dualità del mercato del lavoro ha conseguenze negative per i lavoratori coinvolti, in particolare i giovani e coloro che si trovano in situazioni di vulnerabilità. Questo fenomeno è emerso chiaramente nel contesto attuale: mentre il segmento della forza lavoro che fruisce di migliori prospettive professionali e sicurezza è stato maggiormente protetto durante la crisi della COVID-19, coloro che si trovano in condizioni di lavoro più precarie o meno adattabili e/o hanno un accesso più limitato alla protezione sociale sono stati colpiti più duramente 144 . I gruppi che si collocano nella parte inferiore della distribuzione del reddito da lavoro hanno maggiori probabilità di subire ulteriori perdite di reddito e di perdere il lavoro, in particolare i lavoratori a tempo determinato, i giovani occupati e i lavoratori con impieghi a basso livello di competenze. In prospettiva, è importante che gli Stati membri evitino di introdurre normative inadeguate che ostacolano la creazione di posti di lavoro e garantiscano invece che i posti di lavoro a tempo determinato costituiscano un trampolino di lancio verso forme di lavoro più protette a livello contrattuale. Due principi del pilastro europeo dei diritti sociali sostengono gli sforzi compiuti in questa direzione. In particolare il principio 5 (Occupazione flessibile e sicura) e il principio 7 (Informazioni sulle condizioni di lavoro e sulla protezione in caso di licenziamento) mirano a garantire la parità di trattamento tra i lavoratori, indipendentemente dal tipo di rapporto di lavoro.

Il lavoro flessibile basato sulle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), in particolare il telelavoro, è diventato un elemento chiave nell'evoluzione dei modelli e delle pratiche di lavoro. L'emergenza sanitaria ha innescato un dibattito sull'opportunità di ampliare le condizioni di lavoro flessibili sfruttando le TIC. Tale tendenza può comportare evidenti benefici per l'equilibrio tra vita professionale e vita privata delle persone, consentendo loro di adattare il luogo e l'orario di lavoro alle proprie esigenze. Può però anche sfociare in un'intensificazione del lavoro, anche in presenza di elevati livelli di flessibilità e autonomia. Questi aspetti hanno alimentato il dibattito sulla regolamentazione dell'orario di lavoro nelle modalità di lavoro a distanza in diversi Stati membri e a livello dell'UE 145 . Inoltre gli ambienti di lavoro caratterizzati da un intenso utilizzo delle TIC possono comportare rischi per la salute dei lavoratori. Gli aspetti legati alla qualità del lavoro sono importanti anche nel contesto del lavoro basato sulle TIC. Mentre alcuni lavoratori riescono a sfruttare a proprio vantaggio la maggiore flessibilità e il maggiore livello di autonomia inerenti il lavoro basato sulle TIC, circa un quarto (24 %) dei lavoratori che operano in un ambiente di lavoro basato sulle TIC sperimenta condizioni di lavoro precarie (ad esempio ha maggiori probabilità di avere un contratto a tempo determinato, di percepire un reddito basso, di lavorare in condizioni di precarietà e di non poter accedere ad attività di formazione). Anche i lavoratori autonomi che svolgono un lavoro flessibile basato sulle TIC hanno maggiori probabilità di trovarsi in una situazione simile.

Figura 41: la pandemia ha favorito il lavoro a distanza

Luogo di lavoro dei lavoratori dipendenti durante le restrizioni alla mobilità individuale imposte con la crisi della COVID-19 (per Stato membro, in %)

Fonte: Eurofound (2020), Living, working and COVID-19, COVID-19 series, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea, Lussemburgo. Nota: scarsa attendibilità (*) nell'ottobre 2020 per CY, LV, MT e PL. Il dato UE-27 si riferisce alla media ponderata dei 27 Stati membri. I risultati vanno interpretati con cautela poiché la distribuzione settoriale dei lavoratori nel campione incide sulla distribuzione del telelavoro per paese.

Il telelavoro è diventato la modalità di lavoro abituale per molte persone che in precedenza avevano un'esperienza limitata o inesistente di lavoro a distanza. Secondo i dati dell'indagine sulle forze di lavoro 146 , nel 2019 telelavorava soltanto il 5,5 % del totale delle persone occupate (di età compresa fra 20 e 64 anni) nell'UE-27. Le percentuali più elevate si registravano nei Paesi Bassi (15 %), in Finlandia (14,5 %), in Lussemburgo (11,5 %) e in Austria (10,2 %). Sebbene in leggero aumento negli ultimi anni, nel 2019 il telelavoro rimaneva quasi un'eccezione in Bulgaria, Romania, Ungheria, Cipro, Croazia e Grecia, con percentuali inferiori al 2 % del totale degli occupati. Tutto ciò è cambiato nel 2020 a causa delle restrizioni alla mobilità individuale e delle misure di distanziamento sociale adottate per combattere la pandemia. Una recente indagine online di Eurofound offre un interessante approfondimento su tale cambiamento delle modalità di lavoro delle persone 147 . La figura 41 mostra differenze significative tra gli Stati membri per quanto riguarda il luogo di lavoro dichiarato dagli intervistati durante la pandemia. La percentuale di intervistati che ha indicato di lavorare esclusivamente da casa durante la pandemia di COVID-19 varia dal 20 % circa in Bulgaria, Croazia, Ungheria, Polonia e Slovacchia a più del 40 % in Francia, Spagna, Italia e Irlanda, e supera il 50 % in Belgio. Un'analisi dettagliata delle occupazioni vulnerabili negli Stati membri dell'UE (ossia quelle che prevedono mansioni ad alta intensità di contatto e mansioni che non si possono svolgere completamente a distanza) è reperibile nel Labour Market and Wage Developments Annual Review 2020 148 .

Figura 42: l'incidenza del telelavoro è stata maggiore in alcuni profili e settori

Lavoro da casa durante la pandemia di COVID-19, caratteristiche principali dei lavoratori partecipanti (UE-27, in %)

Fonte: Eurofound (2020) Living, working and COVID-19, indagine online.

In base ai risultati dell'indagine, le persone che lavoravano da casa sono prevalentemente ubicate in un'area urbana, svolgono lavori non manuali nel settore dei servizi e sono in possesso di un diploma di istruzione terziaria. Ben il 74 % dei lavoratori con un'istruzione terziaria lavorava da casa, rispetto al 34 % di coloro che hanno un titolo di istruzione secondaria e al 14 % di quelli con un'istruzione primaria. Com'era prevedibile, vi sono sensibili differenze nell'incidenza del lavoro da casa per settore: l'incidenza più elevata si registra in quasi tutti i settori dei servizi (in particolare nell'istruzione, nel settore finanziario e nella pubblica amministrazione) e quella meno elevata in settori di "prima linea" come la sanità, i trasporti e l'agricoltura, oltre che in settori soggetti a restrizioni specifiche come il commercio al dettaglio e il comparto ricettivo. I lavoratori che vivono nelle città inoltre lavorano da casa in misura maggiore rispetto a quelli che vivono nelle campagne o in zone meno popolate. Le donne che dichiarano di lavorare da casa sono una percentuale relativamente maggiore rispetto agli uomini. I lavoratori più giovani, infine, telelavorano di più rispetto ai lavoratori in altre fasce di età. Questi risultati sono in linea con i dati dell'indagine UE sull'utilizzo delle TIC 149 .

I risultati della più recente indagine online COLLEEM II, raccolti prima della pandemia, indicano che il lavoro mediante piattaforma digitale è un fenomeno ancora limitato ma in espansione 150 . Tra la popolazione in età lavorativa negli Stati membri oggetto dell'indagine nel 2018 solo una proporzione ridotta (circa l'1,4 %) ha prestato servizi tramite le piattaforme digitali a titolo di attività principale (con una riduzione di 0,9 punti percentuali rispetto al 2017). Si osserva però una percentuale più importante di coloro che dichiarano di prestare tali servizi a titolo di attività secondaria (il 4,1 % dei rispondenti totali, con un aumento di 0,5 punti percentuali rispetto al 2017), con differenze notevoli tra i diversi Stati membri. Il lavoro mediante piattaforma digitale rimane un'attività eterogenea, per la quale le condizioni di lavoro, l'inquadramento lavorativo e il reddito dipendono in ampia misura dal tipo di compiti svolti, dal modello imprenditoriale e dai meccanismi di gestione applicati dalla piattaforma. Tuttavia, le stime ottenute sono importanti per analizzare la rilevanza del lavoro mediante piattaforma digitale negli Stati membri e le relative considerazioni di qualità del lavoro 151 .

La pandemia di COVID-19 ha colpito l'economia delle piattaforme digitali in diversi Stati membri. Alcune piattaforme hanno rapidamente adattato i propri modelli commerciali per espandere le prestazioni e includere prodotti o servizi aggiuntivi, compresa l'assistenza sanitaria. Ciò può aver agevolato la fornitura di beni essenziali, contribuendo a ridurre al minimo il rischio di perturbazioni della catena di approvvigionamento e a sostenere il mantenimento del posto di lavoro. I rischi connessi alla salute e alla sicurezza e le preoccupazioni per l'elevata intensità di lavoro sono diventati tuttavia più evidenti nel corso della pandemia. Altre piattaforme, spesso fornitrici di servizi di mobilità e servizi alle famiglie, hanno dovuto affrontare un improvviso calo dell'attività a seguito delle restrizioni imposte alla mobilità e alle misure di distanziamento sociale. Secondo Eurofound 152 la domanda di lavoro mediante piattaforma digitale è cresciuta a partire dall'inizio della pandemia in Belgio, Croazia, Cechia, Estonia, Francia, Grecia, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia e Spagna. In questi e altri Stati membri le piattaforme hanno adottato misure per fornire ai lavoratori orientamenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, sostegno al reddito e garanzie contrattuali per compensare i periodi di assenza e di interruzione del lavoro. È probabile tuttavia che, in termini di copertura e adeguatezza, gli effetti di tali misure sui lavoratori mediante piattaforma richiedano un attento monitoraggio.

La segmentazione del mercato del lavoro 153 , rappresentata dalla quota di dipendenti a tempo determinato, potrebbe costituire un'ulteriore fonte di vulnerabilità nell'attuale contesto di crisi 154 . Come sottolineato nella relazione comune sull'occupazione 2020, la segmentazione del mercato del lavoro può avere importanti conseguenze economiche e sociali, quali efficienza limitata nell'allocazione delle risorse, reddito più basso, debole crescita della produttività e scarso sviluppo del capitale umano, maggiori rischi di povertà, disuguaglianze o riduzione della mobilità sociale. A livello di UE-27, negli ultimi dieci anni, la proporzione di contratti a tempo determinato rispetto al totale dei lavoratori dipendenti si è collocata mediamente intorno al 15 %, sebbene con grandi differenze tra uno Stato membro e l'altro. Nel 2019, seguendo la tendenza al ribasso dopo il picco di 31 punti percentuali del 2005, il divario tra lo Stato membro con la quota più elevata e quello con la quota più bassa era pari a 25 punti percentuali e si attesta ora a 21,4 punti percentuali, secondo i dati più recenti relativi al secondo trimestre del 2020. In tale trimestre si è osservato nell'UE-27 un calo significativo (pari a 3,3 punti percentuali) della quota di dipendenti a tempo determinato rispetto al secondo trimestre del 2019. Ciò induce a credere che la perdita di posti di lavoro causata dallo shock economico si sia materializzata principalmente nel mancato rinnovo dei contratti a tempo determinato, mentre i regimi di riduzione dell'orario lavorativo e le restrizioni ai licenziamenti potrebbero aver scongiurato una più grave perdita di occupazione tra i lavoratori a tempo indeterminato. Tra il secondo trimestre del 2019 e il secondo trimestre del 2020, alcuni Stati membri come Spagna, Croazia, Polonia, Portogallo e Slovenia hanno registrato riduzioni della quota di dipendenti a tempo determinato superiori a 3,5 punti percentuali, benché la loro quota complessiva si mantenga elevata (oltre il 15 %). Altri sette Stati membri (Svezia, Francia, Italia, Croazia, Cipro, Danimarca e Grecia) registrano ancora quote comprese tra il 15 % e il 10 %, mentre le quote più basse si rilevano in Lituania, Romania, Lettonia, Estonia e Bulgaria, con percentuali inferiori al 5 %. Alcuni di questi paesi hanno registrato riduzioni della propria quota di dipendenti a tempo determinato inferiori a 1 punto percentuale.

Figura 43: l'occupazione a tempo determinato continua a rappresentare una sfida in diversi Stati membri

Percentuale di dipendenti a tempo determinato sul numero totale dei lavoratori dipendenti (15-64 anni), dati trimestrali, destagionalizzati.

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro. Nota: i dati trimestrali più recenti non sono disponibili per DE.

Le donne, i lavoratori più giovani e quelli nati al di fuori dell'UE hanno maggiori probabilità di avere un lavoro a tempo determinato rispetto ad altri gruppi della popolazione. Nel secondo trimestre del 2020 la quota di lavoratrici dipendenti (di età compresa fra 15 e 64 anni) con contratti a tempo determinato nell'UE-27 era del 13,6 %, rispetto al 12,4 % dei lavoratori; per entrambi i sessi tra il secondo trimestre del 2019 e il secondo trimestre del 2020 si è registrato un calo di 2,2 punti percentuali (le cifre annuali per il 2019 erano del 15,5 % per gli uomini e del 14,4 % per le donne, con un divario sostanzialmente stabile negli ultimi anni). Le percentuali più elevate di lavoratrici con contratti a tempo determinato si sono osservate in Spagna (24,2 % nel 2019, 24 % nel secondo trimestre 2020), Polonia (rispettivamente 19,4 % e 19,8 %), Portogallo (rispettivamente 18,8 % e 17,2 %) e Paesi Bassi (rispettivamente 18,5 % e 18,4 %). Nel 2019 la quota di occupazione a tempo determinato tra i giovani occupati (di età compresa tra i 15 e i 24 anni) era molto più elevata, attestandosi al 49,8 % (45,2 % nel secondo trimestre del 2020), rispetto al 14 % (12,1 % nel secondo trimestre del 2020) per le persone di età compresa tra i 25 e i 49 anni e al 6,8 % (5,8 % nel secondo trimestre del 2020) per le persone di età compresa tra i 55 e i 64 anni. La quota di occupazione a tempo determinato è molto più elevata anche tra i lavoratori nati al di fuori dell'UE (22 %) rispetto ai lavoratori autoctoni (13 %), con un divario particolarmente elevato (più di 20 percentuali) in Polonia e a Cipro e relativamente elevato (circa 10-15 punti percentuali) in Svezia, Spagna e Grecia.

Figura 44: garantire che i contratti a tempo determinato fungano da "trampolini" contribuisce a una crescita inclusiva

Tasso di transizione verso contratti a tempo indeterminato (media per il 2018 e il 2019) e percentuale di lavoratori a tempo determinato sul totale dei dipendenti della fascia di età 15-64 anni (2019).

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro, indagine SILC.

Nota: le transizioni lavorative per BE, IE, FR, IT e LU si riferiscono al 2018; il dato LV si riferisce al 2017; il valore per SK si riferisce al 2016.

Garantire che i contratti a tempo determinato fungano da "trampolini" verso l'occupazione a tempo indeterminato e non diventino vicoli ciechi è fondamentale per una crescita inclusiva. Un'elevata percentuale di lavoratori a tempo determinato, unita a tassi modesti di transizione verso contratti a tempo indeterminato, può essere sintomo di una dualità del mercato del lavoro. La figura 44 mostra i tassi di transizione dai contratti a tempo determinato a quelli a tempo indeterminato (media per il 2018 e il 2019), rispetto ai dati annuali più recenti relativi ai lavoratori a tempo determinato come percentuale dell'occupazione totale (fascia di età 15-64 anni). Tre Stati membri (Spagna, Francia e Italia) presentano elevati tassi di occupazione a tempo determinato (superiori alla media dell'UE, pari al 12,8 % nel 2019) uniti a tassi modesti di transizione dai contratti a tempo determinato ai contratti a tempo indeterminato (inferiori al 20 %). Altri paesi, quali Polonia, Paesi Bassi o Portogallo, presentano tassi considerevoli di occupazione a tempo determinato, che però sono accompagnati da tassi di transizione più elevati (superiori al 30 %). In Romania, Estonia, Cechia, Slovacchia e Austria invece si sono registrati bassi tassi di occupazione a tempo determinato e tassi di transizione relativamente elevati verso contratti a tempo indeterminato (oltre il 30 %).

L'occupazione a tempo determinato involontaria rimane considerevole in alcuni Stati membri. In alcuni Stati membri, il motivo principale per cui si lavora con un contratto a tempo determinato rimane l'impossibilità di trovare un lavoro a tempo indeterminato. La quota di dipendenti a tempo determinato involontari sul numero totale di lavoratori dipendenti nell'UE-27 è diminuita, lentamente ma costantemente, negli ultimi anni, passando dal 56,2 % nel 2016 al 52,1 % nel 2019, benché con forti differenze tra gli Stati membri (cfr. figura 45 ). In paesi come Croazia, Portogallo, Romania, Spagna e Italia, l'80 % circa o più dei dipendenti a tempo determinato (nella fascia di età 15-64 anni) riferisce di trovarsi in questa situazione perché non ha trovato un impiego a tempo indeterminato. A Cipro, nonostante la percentuale di lavoratori a tempo determinato (13,9 % nel secondo trimestre del 2020) sia prossima alla media dell'UE, il 93,4 % di tali lavoratori è considerato involontario, rispetto a una media UE del 53 %. I tassi più bassi di dipendenti a tempo determinato involontari si registrano in Lussemburgo, Austria e Germania con percentuali inferiori al 15 %.

Figura 45: in alcuni Stati membri la percentuale di lavoratori considerati involontariamente impiegati a tempo determinato rimane significativa

Quota dei lavoratori a tempo determinato involontari rispetto al totale dei lavoratori a tempo determinato (2019) e quota dei lavoratori a tempo determinato rispetto al numero totale dei dipendenti (2019).

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro, indagine SILC.

Nota: l'occupazione a tempo determinato involontaria per EE si riferisce al 2018.

Recentemente la quota di occupazione a tempo parziale è diminuita, ma il lavoro a tempo parziale involontario continua a interessare un numero significativo di dipendenti. Nell'UE-27 la quota di lavoratori a tempo parziale (fascia di età 15-64 anni, dato destagionalizzato) ha toccato il 17 % nel secondo trimestre del 2020, ossia 1,4 punti percentuali in meno rispetto al secondo trimestre del 2019. In termini di variazione trimestrale, Ungheria, Estonia e i Paesi Bassi hanno registrato recentemente un aumento del lavoro a tempo parziale (tra 1,1 e 0,5 punti percentuali nel secondo trimestre del 2020 rispetto allo stesso trimestre nel 2019), mentre in Portogallo, Slovenia, Spagna, Finlandia e Irlanda tale quota è diminuita notevolmente (tra -2,3 e -1 punti percentuali) (cfr. figura 46 ). Nel secondo trimestre del 2020 la quota di lavoratori a tempo parziale è pari o superiore al 20 % in cinque Stati membri (Paesi Bassi, Austria, Belgio, Danimarca e Svezia) ma inferiore al 5 % in altri tre (Bulgaria, Slovacchia e Croazia). Prima della pandemia la quota di lavoratori a tempo parziale involontari rispetto al totale degli occupati (fascia di età: 15-64) mostrava una tendenza alla riduzione, dal 32 % nel 2014 al 25,8 % nel 2019. Le percentuali variano però notevolmente da uno Stato membro all'altro (nel 2019 c'erano circa 62 punti percentuali di differenza tra il tasso più alto e quello più basso); Grecia, Italia, Cipro e Romania segnalano dati superiori al 55 %, mentre altri paesi (Belgio, Cechia, Estonia, Malta, Paesi Bassi, Austria e Slovenia) mostrano livelli inferiori al 5 %. È troppo presto per poter dedurre dai dati se l'attuale crisi determinerà un nuovo incremento della quota di lavoratori a tempo parziale involontari.

Figura 46: la percentuale dell'occupazione a tempo parziale è rimasta sostanzialmente stabile nel tempo, anche se con notevoli variazioni in alcuni Stati membri

Quota dell'occupazione a tempo parziale rispetto all'occupazione totale (15-64), dati trimestrali destagionalizzati.

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro. Nota: i dati trimestrali più recenti non sono disponibili per DE.

Lo status di lavoratore autonomo individuale (i cosiddetti lavoratori in proprio) rimane diffuso. Prima della pandemia la percentuale di lavoratori autonomi di età compresa tra i 20 e i 64 anni rispetto al totale degli occupati era relativamente stabile o mostrava una lieve tendenza al ribasso in gran parte degli Stati membri, benché con differenze significative tra i vari paesi e i diversi settori (cfr. il punto 3.1). Lo status di lavoratore autonomo è di norma volontario e costituisce un segnale positivo di spirito imprenditoriale. Può tuttavia celare rapporti di lavoro dipendente (vi sono però dei limiti per valutare la dipendenza economica e organizzativa con statistiche Eurostat comparabili) 155 . Nel 2019 i lavoratori autonomi senza dipendenti rappresentavano il 9,4 % del totale degli occupati nell'UE. Grecia, Italia e Romania mostravano i tassi più elevati (superiori al 14 %), seguiti da Polonia, Cechia, Paesi Bassi e Slovacchia, con tassi compresi tra il 13,6 % e il 12 % (cfr. figura 47 ). Stati membri come Lussemburgo, Danimarca, Germania, Svezia, Croazia e Ungheria registravano invece tassi inferiori o prossimi al 5 %. A Malta, nei Paesi Bassi, a Cipro e in Portogallo nel 2019 la quota dei lavoratori autonomi senza dipendenti è cresciuta rispetto all'anno precedente (di 0,5 punti percentuali o più), mentre in Grecia e Bulgaria è diminuita di almeno 0,5 punti percentuali nello stesso periodo. Nel contesto attuale, garantire l'accesso alla protezione sociale a tutti, compresi i lavoratori autonomi, potrebbe ridurre l'incertezza e migliorare le condizioni del mercato del lavoro.

Figura 47: benché in calo, in alcuni Stati membri il numero di lavoratori in proprio rimane elevato e richiede un attento monitoraggio per evitare il lavoro autonomo "fittizio"

Lavoratori autonomi senza dipendenti in percentuale sul totale degli occupati.

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro (calcoli della DG EMPL).

La pandemia di COVID-19 ha avuto forti conseguenze sulle persone che svolgono lavoro sommerso. Il lavoro sommerso rimane un'ardua sfida per l'Unione europea e assume forme molteplici, dalla mancanza di documentazione alla dichiarazione parziale dell'orario di lavoro, dalla retribuzione fuori busta al lavoro autonomo fittizio. Secondo un'indagine speciale Eurobarometro il 33 % dei cittadini europei conosce qualcuno che svolge lavoro sommerso e il 10 % ha dichiarato di aver acquisito nell'anno precedente beni o servizi realizzati con lavoro sommerso. La pandemia ha avuto un forte impatto sulla maggior parte dei settori economici dell'UE, compresi quelli con percentuali tradizionalmente elevate di lavoratori non dichiarati, con accesso spesso limitato alla protezione sociale e maggiori rischi di perdita di reddito e di posti di lavoro. Ciò comporta nuove sfide per gli ispettorati del lavoro, che hanno dovuto adeguare pratiche e priorità di lavoro alla luce della pandemia. In linea con il pilastro europeo dei diritti sociali, la piattaforma europea contro il lavoro sommerso ha risposto alle sfide più immediate con azioni volte a incoraggiare la transizione dal lavoro sommerso al lavoro dichiarato (cfr. punto 3.3.2 per maggiori dettagli).

Una legislazione in materia di tutela dell'occupazione ben concepita può facilitare l'adattamento al mercato del lavoro e i cambiamenti strutturali, proteggendo i lavoratori dagli effetti degli shock economici e promuovendo transizioni armoniose nel mercato del lavoro. Con il coinvolgimento delle parti sociali, ciò favorisce anche la formazione di un ambiente stabile, in cui i cittadini e le imprese consumano e investono con fiducia. La figura 48 presenta i risultati principali dell'aggiornamento 2020 degli indicatori di tutela dell'occupazione dell'OCSE per gli Stati membri partecipanti 156 . Pur avendo un valore normativo limitato, questi indicatori evidenziano l'eterogeneità dei modelli tra i vari paesi (come indicato dalle differenze sia dell'indicatore complessivo sia di ciascuno dei sottoindicatori) e permettono di osservarne l'evoluzione nel tempo. In media, gli Stati membri partecipanti ottengono un punteggio di circa 2 nell'indicatore complessivo dell'OCSE sulla legislazione in materia di tutela dell'occupazione (EPL), su una scala da 0 a 6. Alcuni Stati membri, come Danimarca, Estonia, Ungheria, Irlanda e Austria, registrano un punteggio totale dell'indicatore EPL inferiore a 2, che indica una regolamentazione più flessibile dei mercati del lavoro; mentre altri come Belgio, Cechia, Italia, Lettonia, Paesi Bassi e Portogallo, riportano un indicatore EPL tra 2,5 e 3 che è indizio di mercati del lavoro più regolamentati. Il resto degli undici Stati membri analizzati ha un punteggio intermedio con valori compresi tra 2 e 2,5. In termini generali, per il periodo 2008-2020, alcuni Stati membri come Paesi Bassi, Repubblica ceca e Irlanda si sono spostati verso valori più elevati dell'indicatore che segnalano una regolamentazione più rigorosa (con punteggi che sono aumentati di 0,4 punti o più) (cfr. figura 49 ). Per contro, in paesi come Austria, Grecia, Slovenia, Germania e Lussemburgo si registra una riduzione del valore dell'indicatore globale di circa 0,8 punti o più, che indica il passaggio a una regolamentazione più flessibile.

Figura 48: gli Stati membri hanno formulato differentemente le rispettive legislazioni in materia di tutela dell'occupazione

Indicatori OCSE: Rigore della regolamentazione dei licenziamenti individuali di lavoratori regolari, 2019

(*) L'UE-22 si riferisce al punteggio medio dei 22 Stati membri analizzati nella banca dati EPL dell'OCSE.

Fonte: indicatori OCSE 2020 della legislazione in materia di tutela dell'occupazione.

Le differenze tra i contratti per quanto riguarda gli obblighi procedurali, i costi di assunzione e licenziamento e le norme relative ai licenziamenti ingiustificati possono incidere sulle preferenze dei datori di lavoro in fatto di assunzioni e sulla sicurezza occupazionale dei dipendenti. Il punteggio medio 157 dei 22 paesi dell'UE analizzati dal punto di vista degli obblighi procedurali è pari a 2; sei Stati membri (Austria, Ungheria, Danimarca, Grecia, Irlanda e Slovenia) ottengono un punteggio inferiore a 1,3, mentre altri tre (Slovacchia, Cechia e Paesi Bassi) superano il valore di 2,8. Per la lunghezza del preavviso e l'importo dell'indennità di licenziamento il punteggio medio è relativamente basso (1,9), con una differenza di 2,5 punti percentuali tra il valore massimo (3,4 in Lituania) e quello minimo (0,9 % in Austria). Anche le differenze nel quadro normativo per i licenziamenti ingiustificati o per il risarcimento in caso di controversia (ossia il costo dell'applicazione della normativa in caso di licenziamento illegittimo, indicato dal risarcimento qualora un giudice ritenga tale licenziamento illegittimo) possono influire sulle strategie di assunzione dei datori di lavoro. Il punteggio medio nell'UE-22 per l'applicazione della normativa in caso di licenziamenti illegittimi è di 3,1, con una differenza di 2,8 punti percentuali tra i punteggi minimi (in Austria, Slovacchia, Ungheria e Lituania) e quelli massimi (osservati in Finlandia, Belgio, Lussemburgo, Italia e Grecia).

Figura 49: in alcuni Stati membri la legislazione in materia di tutela dell'occupazione è cambiata notevolmente nel corso del tempo

Indicatori OCSE: rigore della tutela dell'occupazione, licenziamenti individuali e collettivi (contratti regolari), valori 2020, 2013 e 2008

(*) L'UE-22 si riferisce al punteggio medio dei 22 Stati membri analizzati nella banca dati EPL dell'OCSE.

Fonte: indicatori OCSE 2020 della legislazione in materia di tutela dell'occupazione pubblicati nel 2009, 2013 e 2020. Nota: i valori EPL del 2008 (pubblicati nel 2009) non sono disponibili per LV e LT.

Anche il rigore della legislazione in materia di tutela dell'occupazione per i contratti a tempo determinato si è modificato nel tempo. In termini generali, l'indicatore del rigore della legislazione in materia di tutela dell'occupazione (vale a dire il rigore della regolamentazione delle assunzioni) per i lavoratori con contratti a tempo determinato è sceso da un punteggio di 1,85 nel 2000 a 1,78 nel 2009 (vale a dire che in quel periodo le condizioni di assunzione con contratti a tempo determinato sono diventate meno rigide), per poi aumentare (da 1,78 nel 2009 a 1,84 nel 2019), tornando quasi al livello del 2000. Tuttavia, vi sono differenze significative tra gli Stati membri per quanto riguarda il rigore della tutela dell'occupazione nei contratti a tempo determinato, con punteggi che vanno da meno di 1 in Irlanda, Svezia e Lettonia a più di 3 in Estonia, Francia, Italia e Lussemburgo. Per quanto riguarda il periodo 2000-2019, vi è stata una progressiva riduzione del punteggio complessivo (ossia minore rigore) in Svezia, Germania, Portogallo, Grecia e Spagna. Per contro, il punteggio è leggermente aumentato (il che significa maggiore rigore) in Slovacchia, Polonia, Cechia e Ungheria.

Figura 50: sebbene in calo, la disoccupazione di lungo periodo resta elevata in alcuni paesi dell'Europa meridionale e orientale

Disoccupazione di lungo periodo (fascia di età 15-74 anni) come percentuale della popolazione attiva, dati trimestrali, destagionalizzati

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro. Nota: i dati trimestrali più recenti non sono disponibili per DE.

Nonostante i notevoli miglioramenti registrati negli ultimi anni, in alcuni Stati membri l'incidenza della disoccupazione di lungo periodo rimane considerevole. La figura 50 mostra, per il secondo trimestre degli anni selezionati, il tasso di disoccupazione di lungo periodo (vale a dire il rapporto tra il numero di persone disoccupate da oltre un anno e la popolazione attiva, destagionalizzato; questo dato è considerato un buon indicatore dell'efficacia delle PAML) 158 . Negli ultimi anni, nell'UE-27 si è registrata in media una costante riduzione nei tassi di disoccupazione di lungo periodo, dal 5,4 % del secondo trimestre del 2013 al 2% del secondo trimestre del 2020 (oppure dal 5,5 % del 2014 al 2,8 % del 2019 in valori annuali). L'incidenza della disoccupazione di lungo periodo varia però ancora considerevolmente da uno Stato membro all'altro: i tassi del secondo trimestre del 2020 oscillano dallo 0,5 % della Cechia allo 0,6 % della Polonia, oppure allo 0,8 % dei Paesi Bassi, fino al 3,7 % dell'Italia e al 4,3 % della Spagna. Livelli elevati si registrano anche in Slovacchia, Lettonia, Lituania, Bulgaria e Francia, con valori superiori al 2 %. Il miglioramento registrato nel secondo trimestre del 2020 rispetto a un anno prima è stato però sostanziale (superiore a 1,2 punti percentuali) in Italia, Spagna e Portogallo. All'opposto, in Lituania e Lussemburgo il tasso di disoccupazione di lungo periodo è sensibilmente cresciuto (di oltre 0,5 punti percentuali) rispetto al secondo trimestre 2019 ( figura 51 ). Il tasso di disoccupazione di lungo periodo presenta notevoli disparità regionali (allegato 4). In sei Stati membri vi è almeno una regione con un tasso di disoccupazione di lungo periodo superiore al 5 %.

La raccomandazione del Consiglio del 2016 sull'integrazione dei disoccupati di lungo periodo rimane pertinente alle politiche necessarie ad attenuare gli effetti permanenti della crisi. Si calcola che l'aumento della disoccupazione dovuto alla pandemia di COVID-19 aggraverà la disoccupazione di lungo periodo dopo un certo ritardo (vale a dire un anno), mentre la qualità del sostegno a questo gruppo varia ancora in misura significativa tra gli Stati membri. Le attuali politiche attive del mercato del lavoro hanno un margine per aumentare l'assistenza mirata, migliorare la qualità delle valutazioni effettuate dai servizi pubblici per l'impiego e rafforzare la cooperazione con i datori di lavoro. Anche il coordinamento tra i servizi pubblici per l'impiego e i servizi sociali rappresenta una sfida in alcuni paesi, spesso a causa della limitata capacità, della mancanza di un approccio strategico e di impegno politico a garantire modifiche istituzionali o legislative.

Figura 51: la pandemia può aggravare le sfide cui devono far fronte i disoccupati di lungo periodo per rientrare nel mondo del lavoro

Tasso di disoccupazione di lungo periodo (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro. Periodo: livelli 2020 e variazioni trimestrali rispetto al 2019. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato.

Quando sono stati colpiti dalla crisi, gli Stati membri registravano tassi differenti di partecipazione alle politiche attive del mercato del lavoro. Vi sono forti disparità in termini di partecipazione alle misure di attivazione, anche in relazione alla quota di disoccupati di lungo periodo che si rileva nei vari paesi (cfr. figura 52 ) 159 . Dal 2014 in poi vari Stati membri (come Lituania, Slovenia, Malta, Slovacchia, Italia e Polonia) hanno registrato tassi di partecipazione inferiori al 30 %, sebbene con sviluppi positivi negli ultimi anni. Per diversi paesi, tra cui Grecia, Romania, Cipro, Lettonia, Bulgaria e Croazia, gli investimenti e la partecipazione alle politiche attive del mercato del lavoro (PAML) restano bassi rispetto alla media (pari o inferiori al 10 % in termini di partecipazione e al di sotto dello 0,2 % del PIL in termini di spesa). Negli Stati membri con bassi tassi di partecipazione prima della crisi sanitaria, investimenti ulteriori e più mirati nelle PAML potrebbero avvicinare tutti i cittadini al mercato del lavoro e garantire una ripresa inclusiva.

Figura 52: esistono differenze marcate in termini di partecipazione alle PAML

Partecipazione alle politiche attive del mercato del lavoro (per 100 persone che desiderano lavorare)

Fonte: Eurostat, banca dati PML.

Nota: per BG ed EL, i dati riguardano il 2017 anziché il 2018.

Rafforzando i legami tra le politiche attive del mercato del lavoro (PAML) e l'offerta di competenze, gli Stati membri possono rendere più efficaci le riforme del mercato del lavoro e promuovere una ripresa inclusiva e sostenibile. Per garantire una creazione di posti di lavoro sostenibile di elevata qualità è necessario riuscire a realizzare politiche attive del mercato del lavoro mirate e adattabili, con particolare attenzione agli investimenti nella riqualificazione professionale e nel miglioramento delle competenze a tutte le età. Ciò favorirà una ripresa più inclusiva, in particolare per coloro che si trovano in situazioni vulnerabili. I Fondi strutturali e d'investimento europei (fondi SIE) hanno svolto un ruolo importante nella promozione di partenariati che coinvolgono un'ampia gamma di attori e più intensi scambi di informazioni e migliori pratiche in materia di politiche attive del mercato del lavoro. Gli Stati membri potranno ora utilizzare vari strumenti, compreso il nuovo dispositivo per la ripresa e la resilienza 160 , per promuovere lo sviluppo di competenze a tutti i livelli, in particolare nell'ambito dell'iniziativa faro "Riqualificare e aggiornare le competenze". Un forte coordinamento e una chiara definizione degli obiettivi previsti, delle riforme, degli investimenti e delle misure per raggiungerli e dei vari contributi finanziari saranno fondamentali per un'attuazione efficace 161 .

Figura 53: la spesa per i servizi e le misure del mercato del lavoro varia notevolmente tra gli Stati membri, spesso senza alcun legame diretto con i livelli di disoccupazione

Spesa per i servizi e le misure del mercato del lavoro (2018) e percentuale di disoccupati di lungo periodo (2019)

Fonte: banca dati PML e indagine sulle forze di lavoro.

Figura 54: la spesa per i servizi e le misure del mercato del lavoro è cambiata notevolmente nel corso del tempo in molti Stati membri

Spesa per le politiche attive del mercato del lavoro in punti percentuali per persona che desidera lavorare

Fonte: banca dati PML. Nota: per BG, DK e IT la spesa per le politiche attive del mercato del lavoro si riferisce al 2017.

I servizi pubblici per l'impiego (SPI) svolgono un ruolo importante nel contenere l'impatto della crisi e nel sostenere le persone che incontrano ostacoli all'occupazione. La figura 55 mostra la percentuale di disoccupati che cercano lavoro ricorrendo agli SPI. Nel 2019 si riscontravano differenze significative tra gli Stati membri, con cifre oscillanti dal 30 % in Italia, Spagna, nei Paesi Bassi e in Romania al 75 % in Lituania, Grecia, Cechia, Austria, Slovacchia, Slovenia e Germania. In media nell'UE-27 il ricorso agli SPI da parte dei disoccupati ha registrato una tendenza al ribasso, passando dal 50,8 % nel 2013 al 44,2 % nel 2019, sebbene alcuni Stati membri registrino notevoli aumenti in questo periodo (Grecia di 10,7 punti percentuali; Estonia di 8,4 punti percentuali; Cipro di 5 punti percentuali; Danimarca di 3,3 punti percentuali). I giovani, le persone con un basso livello di competenze e le persone più anziane in cerca di lavoro continuano a essere in numero proporzionalmente più elevato tra coloro che si rivolgono agli SPI; a causa degli effetti della crisi questa situazione è probabilmente destinata a protrarsi.

Figura 55: l'uso degli SPI negli Stati membri si è modificato nel corso del tempo

Percentuale di disoccupati che cercano lavoro ricorrendo ai servizi pubblici per l'impiego, valori per il 2013, il 2017 e il 2019

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro.

I servizi pubblici per l'impiego stanno superando i metodi di lavoro tradizionali per far fronte al maggior numero di persone in cerca di lavoro e per fornire loro sostegno nelle transizioni da un'attività all'altra o da un settore all'altro 162   163 . La necessità di fornire sostegno sempre più spesso a distanza impone ulteriori investimenti in tecnologie aggiornate e in piattaforme online, associate allo sviluppo delle competenze del personale in materia di TIC. Per garantire risposte adeguate ed efficaci alle necessità delle persone in cerca di lavoro e dei datori di lavoro può essere indispensabile aumentare la capacità per quanto riguarda alcuni servizi, in modo da renderli più personalizzati ed efficaci. Insieme all'assistenza e alla consulenza nella ricerca di un impiego, strumenti potenziati di determinazione delle competenze per le persone in cerca di lavoro potrebbero integrare l'inserimento professionale mediante un miglior adattamento dei servizi a specifici gruppi e alle esigenze individuali.

Nella ricerca di lavoro si adottano comportamenti che variano da uno Stato membro all'altro. In media nell'UE-27 il 68,1 % dei rispondenti afferma di utilizzare le proprie relazioni sociali (ad esempio amici, parenti e sindacati) nella ricerca di un lavoro; sono meno utilizzati le candidature rivolte direttamente ai datori di lavoro (56,6 %), l'assistenza dei servizi pubblici per l'impiego (44,2 %) e il contatto con le agenzie private di collocamento (21 %) (cfr. figura 56 ). A livello nazionale non si riscontrano modelli di sostituzione evidenti tra i vari metodi di ricerca di un impiego. Tuttavia, gli Stati membri nei quali è basso il ricorso ai servizi pubblici per l'impiego (SPI) tendono a riportare anche un maggiore ricorso a metodi informali, quali le relazioni sociali o le candidature rivolte direttamente ai datori di lavoro. In media il 21 % delle persone in cerca di lavoro si rivolge ad agenzie private di collocamento per trovare un impiego, in percentuali diverse tra gli Stati membri, che vanno dal 2,3 % al 42,2 %. A parità di condizioni, l'efficacia dell'assistenza fornita dagli SPI alle persone in cerca di un impiego è stata tradizionalmente misurata prendendo in considerazione fattori come la capacità (in termini di spesa e di personale), il grado di integrazione digitale e tecnologica e il livello e l'ampiezza dei partenariati. Gli stessi fattori sono ora al servizio del rapido adattamento degli SPI per far fronte alle perturbazioni connesse alla pandemia e alla necessità di servizi potenziati per l'incontro tra domanda e offerta di lavoro (ILO, 2020 164 ).

Figura 56: l'uso degli SPI nella ricerca di lavoro varia notevolmente da uno Stato membro all'altro

Percentuale di disoccupati che si avvalgono di metodi specifici per la ricerca di lavoro (2019)

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro.

La durata, il livello e l'ammissibilità delle prestazioni sono elementi dei regimi di prestazioni di disoccupazione essenziali per attenuare l'impatto socioeconomico della crisi. L'erogazione di prestazioni di disoccupazione adeguate e di durata ragionevole, accessibili a tutti i lavoratori e accompagnate da efficaci misure attive del mercato del lavoro è fondamentale per sostenere le persone in cerca di lavoro durante le transizioni. Nel contesto attuale, le persone con esperienze lavorative brevi o discontinue richiedono un'attenzione particolare, in quanto sono spesso meno coperte dai regimi di prestazioni di disoccupazione. Diversi Stati membri hanno rafforzato questi regimi nel contesto dell'attuale crisi. L'analisi comparativa presentata nella relazione comune sull'occupazione è basata sul quadro di analisi comparativa delle prestazioni di disoccupazione e delle PAML approvato dal comitato per l'occupazione (EMCO). Quest'analisi resta complessivamente valida. La presente sezione offre un aggiornamento dell'esercizio, in particolare per quanto riguarda gli indicatori di leve politiche 165 .

In media, prima della crisi COVID-19, nell'UE circa un terzo dei disoccupati di breve periodo percepiva prestazioni di disoccupazione. La percentuale dei disoccupati di breve periodo (disoccupati da meno di 12 mesi) che percepiscono prestazioni di disoccupazione si è mantenuta stabile negli ultimi anni con modeste variazioni nella graduatoria dei paesi (cfr. figura 56 ). I tassi di copertura più elevati (superiori al 50 %) sono registrati da Germania, Austria e Finlandia, seguite da Belgio, Danimarca e Francia. All'estremità opposta, la copertura più bassa si osserva in Polonia (12 %), e poco prima si collocano Italia e Croazia, con il 20 % circa. Queste differenze tra paesi si possono spiegare con le differenti concezioni dei regimi di prestazioni di disoccupazione, in particolare per quanto riguarda le condizioni di ammissibilità, la durata massima, il rigore degli obblighi in materia di ricerca di lavoro e le sovrapposizioni con altri regimi di protezione sociale.

Figura 57: la percentuale di disoccupati di breve periodo che percepiscono prestazioni di disoccupazione varia notevolmente da uno Stato membro all'altro

Copertura delle prestazioni di disoccupazione per i disoccupati di breve periodo (15-64 anni)

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro. Nota: dati non disponibili per IE e NL. I dati per BG e RO si riferiscono al 2018.

In tutti gli Stati membri tranne uno, un anno di occupazione è sufficiente per beneficiare delle prestazioni dell'assicurazione di disoccupazione, ma ciò corrisponde a periodi assai diversi per acquisire il diritto. Un parametro fondamentale per determinare l'ammissibilità dei lavoratori alle prestazioni di disoccupazione è il periodo contributivo minimo richiesto. In circa la metà degli Stati membri, per acquisire tale diritto occorre un anno di occupazione ( figura 58 ). Solo in Slovacchia il requisito è più elevato (due anni di occupazione nei tre anni precedenti). Negli altri paesi, il periodo minimo richiesto è di sei o nove mesi. Il periodo più breve si registra in Italia, dove 13 settimane di contribuzione sono sufficienti per poter beneficiare delle prestazioni di disoccupazione. A tale ridotta anzianità contributiva corrisponde però un diritto della durata di 6,5 settimane (poiché la durata delle prestazioni corrisponde al 50 % dell'anzianità contributiva, limitata a due anni). Periodi più brevi per acquisire il diritto semplificano l'accesso alle prestazioni di disoccupazione per i lavoratori con carriere brevi o discontinue, anche se possono favorire una rotazione inutilmente elevata dei lavoratori. Come illustra la figura 59 , i lavoratori licenziati dopo un anno di occupazione hanno diritto a prestazioni per periodi molto diversi, a seconda del paese. Nella maggior parte degli Stati membri le prestazioni si possono richiedere per un periodo massimo di sei mesi. In Grecia e Lussemburgo la durata è esattamente di 12 mesi, mentre in Belgio, Danimarca e Francia è superiore a un anno. A parte la Slovacchia (dove una persona con un'anzianità lavorativa di un anno non ha diritto alle prestazioni), la durata più breve (di sole cinque settimane) si registra in Ungheria.

Figura 58: nella metà circa degli Stati membri il periodo contributivo per beneficiare delle prestazioni di disoccupazione è di un anno (52 settimane)

Durata del periodo necessario per acquisire il diritto, 2020 (in settimane)

Fonte: banca dati MISSOC (Sistema d'informazione reciproca sulla protezione sociale), gennaio 2015 e gennaio 2020. Nota: a Malta il criterio minimo per acquisire il diritto è di 50 settimane di contributi versati, di cui almeno 20 versate (o riconosciute in quanto figurative) nei 2 anni civili precedenti; in Irlanda è necessario che siano stati versati contributi per almeno 104 settimane da quando l'interessato ha iniziato a lavorare.

L'adeguatezza delle prestazioni di disoccupazione varia notevolmente da uno Stato membro all'altro. I tassi netti di sostituzione all'inizio del periodo di disoccupazione 166 per le persone a basso salario (vale a dire con retribuzioni precedenti pari al 67 % del salario medio), che sono generalmente tra i principali percettori di prestazioni di disoccupazione, vanno da meno del 20 % in Ungheria al 90 % in Belgio, con la maggior parte dei paesi che presenta una percentuale compresa tra il 60 % e l'80 % (cfr. figura 60 ). Il sostegno al reddito percepito (durante diversi periodi di disoccupazione) generalmente diminuisce nel corso del tempo o per la minore generosità delle prestazioni o perché si passa da regimi di assicurazione di disoccupazione a regimi di assistenza alla disoccupazione. Per questo motivo, generalmente i tassi netti di sostituzione sono più elevati al 2º mese di disoccupazione rispetto al 12º mese 167 . Cinque Stati membri (Cipro, Paesi Bassi, Italia, Portogallo e Bulgaria) presentano le maggiori differenze tra i tassi netti di sostituzione al 2º e al 12º mese.

Figura 59: la durata delle prestazioni di disoccupazione (per un lavoratore con un livello di contribuzione di un anno) varia notevolmente all'interno dell'UE

Durata massima delle prestazioni in numero di settimane con anzianità lavorativa di un anno, 2015 e 2020

Fonte: banca dati MISSOC, gennaio 2015 e gennaio 2020. Nota: in BE non esiste alcun limite alla durata delle prestazioni. A CY le settimane sono calcolate sulla base di una settimana lavorativa di sei giorni. In IE la prestazione è corrisposta per 39 settimane (234 giorni) solo alle persone con almeno 260 settimane di contributi versati (PRSI). In SK chi ha un'anzianità lavorativa di un anno non ha diritto alle prestazioni di disoccupazione (sono necessari almeno due anni di versamenti all'assicurazione di disoccupazione nel corso dei quattro anni precedenti). In PL la durata varia in funzione del tasso di disoccupazione della regione rispetto alla media nazionale.

Figura 60: nell'UE si riscontrano forti disparità in termini di livelli delle prestazioni

Tasso netto di sostituzione per il 67 % del salario medio al 2º e al 12º mese di disoccupazione (2019)

Fonte: Commissione europea, in base a modelli di regimi fiscali e previdenziali elaborati dall'OCSE.

Nota: l'indicatore calcola il caso di una persona single senza figli con anzianità lavorativa breve (un anno) dell'età di 20 anni. Sono incluse diverse componenti del reddito, le prestazioni di disoccupazione e altre prestazioni (quali l'assistenza sociale e le prestazioni per l'abitazione).

Prima della pandemia, la mobilità all'interno dell'UE tendeva ad aumentare incessantemente. Nel 2019, 7,3 milioni di cittadini dell'UE (escluso il Regno Unito) di età compresa tra i 20 e i 64 anni erano attivi in uno Stato membro diverso dal proprio paese di cittadinanza. Inoltre circa 7 milioni di persone nell'UE-27 si sono trasferite in un altro paese senza essere attive (ad esempio, familiari inattivi, studenti e pensionati). Nel 2019 circa 1,9 milioni di lavoratori (con gli Stati membri dell'EFTA) attraversavano le frontiere per recarsi al lavoro e circa 3 milioni di lavoratori erano distaccati. Questa mobilità all'interno dell'UE è stata integrata da 17 milioni di cittadini di paesi terzi che avevano preso residenza nell'UE. Nell'insieme si trattava di circa il 10 % della popolazione dell'UE. Con l'inizio della pandemia di COVID-19 sono emersi diversi problemi legati all'esercizio della libera circolazione dei lavoratori. I lavoratori transfrontalieri, i lavoratori mobili a breve termine, i lavoratori stagionali e i lavoratori distaccati sono stati tra i più colpiti. La Commissione europea ha fornito orientamenti e consigli pratici per garantire che i lavoratori mobili all'interno dell'UE, in particolare quelli che svolgono professioni critiche, possano raggiungere il loro luogo di lavoro 168 . Gli Stati membri dovrebbero scambiarsi informazioni e stabilire procedure specifiche per garantire un passaggio agevole dei lavoratori mobili a breve termine (ad esempio, i lavoratori stagionali), al fine di rispondere meglio alle carenze di manodopera e alle esigenze derivanti dalla crisi. Dovrebbe inoltre essere migliorata la disponibilità di informazioni nei settori del diritto del lavoro e della sicurezza sociale per i lavoratori transfrontalieri e i lavoratori mobili a breve termine, mentre gli Stati membri e le autorità regionali dovrebbero ridurre gli ostacoli giuridici e amministrativi.

Una percentuale significativa dei discenti nell'UE è mobile. L'apprendimento senza frontiere contribuisce allo sviluppo personale ed educativo sia dei singoli discenti sia dei contesti educativi in cui avviene l'apprendimento. Nel 2018, il 13,5 % dei diplomati dell'istruzione superiore nell'UE era mobile (cioè studiava all'estero, parzialmente o interamente). Cipro, Germania, Finlandia, Lussemburgo e Paesi Bassi presentano le più alte percentuali di mobilità verso l'esterno di laureati dell'istruzione terziaria nell'UE. Nel 2018, le quote più alte di laureati in mobilità verso l'interno sono state registrate in Lussemburgo (24,2 %), nei Paesi Bassi (18,8 %), in Austria (16,0 %) e in Danimarca (15,1 %).

Il dialogo sociale è uno strumento fondamentale delle relazioni industriali e un elemento importante per promuovere la ripresa e la resilienza sociale. Comprende tutti i negoziati e le consultazioni tra le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori e i rappresentanti del governo, sostenendo ambienti di lavoro sicuri, condizioni di lavoro eque e mercati del lavoro resilienti. Un dialogo sociale tempestivo ed efficace è essenziale per consolidare la titolarità nazionale delle riforme e garantirne il successo duraturo. Sia l'orientamento 7 in materia di occupazione sia il pilastro europeo dei diritti sociali sottolineano l'importanza di garantire un sufficiente coinvolgimento delle parti sociali nell'elaborazione e nell'attuazione delle riforme e delle politiche pertinenti.

In linea con le prassi nazionali, gli Stati membri possono sostenere ulteriormente il dialogo sociale attraverso una maggiore capacità operativa delle parti sociali. Come indicato nell'ultima relazione comune sull'occupazione, mediamente le cifre relative all'adesione ai sindacati sono diminuite in tutta Europa negli ultimi anni. Tuttavia il tasso di sindacalizzazione non è l'unica indicazione della capacità dei sindacati di mobilitare i lavoratori. Anche aspetti quali il livello e la copertura della contrattazione collettiva 169 (vale a dire la quota di lavoratori dipendenti coperti da contratti collettivi di lavoro, esclusi i settori o le professioni che non hanno il diritto di contrattazione) nel panorama sindacale possono rivestire la loro importanza. Sebbene la copertura della contrattazione collettiva sia diminuita negli ultimi decenni 170 , in alcuni Stati membri essa rimane un'istituzione chiave del mercato del lavoro per la definizione dei salari a tutti i livelli. La proposta della Commissione relativa a salari minimi adeguati (COM(2020) 682) mira a promuovere la contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari in tutti gli Stati membri.

Figura 61: la copertura e il livello della contrattazione collettiva variano da uno Stato membro all'altro.

Copertura e livello della contrattazione collettiva (ultimo anno disponibile)

Fonte: Database on Institutional Characteristics of Trade Unions, Wage Setting, State Intervention and Social Pacts (ICTWSS) È stata utilizzata la fonte contenente dati più recenti per Stato membro. Nota: anni cui si riferiscono i dati: 2018 per AT, DE, FR, IT, LT, NL; 2017 per ES, HR, HU, IE, LU; 2016 per BE, BG, CY, CZ, DK, EL, FI, MT, PT, RO, SE, SI; 2015 per EE, PL. Livello prevalente della contrattazione: 5 = prevalentemente a livello centralizzato o intersettoriale, con norme o clausole vincolanti decise in modo centralizzato che devono essere rispettate dagli accordi negoziati a livello inferiore; 4 = intermedio o che alterna tra contrattazione centralizzata e settoriale; 3 = prevalentemente a livello settoriale; 2 = intermedio o che alterna tra contrattazione settoriale o aziendale; 1 = prevalentemente a livello locale o aziendale. Anno di riferimento 2018 eccetto: 2017 per DE, SE, SI, SK.

Le parti sociali possono fornire un importante contributo alle iniziative pianificate dai governi per mitigare l'improvvisa interruzione dell'attività economica o per tener conto dei nuovi sviluppi tecnologici. Esse svolgono un ruolo chiave nella governance dei rapporti di lavoro e possono contribuire a favorire un mercato del lavoro in transizione che sia sostenibile ed equo. Il dialogo sociale è stato un quadro importante per negoziare la risposta socioeconomica immediata alla crisi della COVID-19, comprese misure volte a tutelare la salute, i redditi e i posti di lavoro dei lavoratori in prima linea e dei lavoratori essenziali. Le parti sociali possono inoltre negoziare rapidi adattamenti agli accordi esistenti, quali l'estensione dei regimi di riduzione dell'orario lavorativo o la semplificazione delle procedure per promuovere il telelavoro e, più in generale, il lavoro mobile basato sulle ICT. Secondo Eurofound 171 , in circa il 40 % dei casi registrati in cui il governo ha approvato una legislazione o ha elaborato altri testi non vincolanti in risposta alla crisi COVID-19 tra aprile e ottobre 2020, le parti sociali sono state "coinvolte" (vale a dire o sono state consultate o avevano negoziato o in ultima istanza avevano approvato la misura). La figura 62 illustra in che modo tale coinvolgimento varia a seconda dell'area tematica. Le parti sociali sono state coinvolte per lo più in iniziative connesse alla tutela e al mantenimento dell'occupazione, che comprendono principalmente regimi di riduzione dell'orario lavorativo e altri regimi di protezione del reddito. Sono state inoltre ampiamente coinvolte in misure volte a promuovere la ripresa, compresa la protezione del reddito al di là della riduzione dell'orario di lavoro e del sostegno alle imprese. Il livello di coinvolgimento più basso è stato registrato per le misure a sostegno della continuità operativa e volte a prevenire le difficoltà sociali.

Figura 62: il coinvolgimento delle parti sociali varia a seconda dell'area tematica

Forma di coinvolgimento delle parti sociali nell'elaborazione delle misure politiche in risposta alla crisi

Fonte: Eurofound (2020), banca dati COVID-19 EU Policy Watch.

Nonostante i recenti progressi in tutta l'UE, è ancora possibile un maggiore coinvolgimento delle parti sociali nell'elaborazione e nell'attuazione delle politiche e delle riforme. La crisi della COVID-19 ha messo sotto pressione le procedure decisionali politiche e legislative nella maggior parte degli Stati membri. In un contesto senza precedenti, molti Stati membri hanno adottato misure straordinarie di emergenza o hanno approvato procedure legislative rapide che non sempre prevedevano la partecipazione delle parti sociali. In alcuni Stati membri, in particolare in Ungheria, Polonia e Romania, la crisi ha ridotto ancor di più il coinvolgimento delle parti sociali, già limitato prima della pandemia. I progressi complessivi e le sfide esistenti sono stati analizzati e valutati dal comitato per l'occupazione nell'autunno 2018 e 2019. Le raccomandazioni specifiche per paese 2020 hanno evidenziato una mancanza di coinvolgimento delle parti sociali nei tre Stati membri summenzionati. Per garantire che la ripresa promuova posti di lavoro di alta qualità e condizioni di lavoro sicure e adattabili, è fondamentale che gli Stati membri si impegnino in un ampio dialogo politico con le parti sociali, anche per la preparazione e l'attuazione dei loro piani di ripresa e di resilienza 172 .

La consultazione delle organizzazioni della società civile può fornire preziose indicazioni e sostegno per l'elaborazione e l'attuazione delle politiche. Le organizzazioni della società civile sono state in prima linea nell'attenuare gli effetti della pandemia in Europa. Ad esempio spesso hanno agito come rete di sostegno per la fornitura di servizi sociali e assistenziali negli Stati membri. Come evidenziato negli orientamenti rivisti in materia di occupazione adottati nell'ottobre 2020 173 , ove pertinente e sulla base delle prassi nazionali in vigore gli Stati membri dovrebbero tener conto dell'esperienza delle organizzazioni della società civile competenti in tema di occupazione e questioni sociali. Le organizzazioni della società civile possono svolgere un ruolo fondamentale nell'attuazione tempestiva e responsabile di misure eccezionali, riforme e investimenti a sostegno della ripresa e della resilienza sociale. Gli sforzi per rendere la ripresa più inclusiva e sostenibile dipendono anche dall'impegno e dalla cooperazione tra le autorità nazionali e le organizzazioni della società civile.

3.3.2    Misure adottate dagli Stati membri

I recenti sviluppi del mercato del lavoro hanno indotto alcuni Stati membri ad adeguare le condizioni di lavoro, prestando particolare attenzione alla protezione dei lavoratori vulnerabili. Nel marzo 2020 la Spagna ha introdotto un divieto temporaneo di licenziamento per ragioni oggettive e la sospensione dei contratti a tempo determinato interessati da un regime di riduzione dell'orario di lavoro, in modo che i dipendenti interessati non perdessero i loro contratti durante le restrizioni lavorative. L'Italia ha adottato una misura che vieta il licenziamento dei lavoratori per un periodo di cinque mesi a decorrere dal 23 febbraio 2020. Il Belgio ha introdotto una misura temporanea che consente contratti a tempo determinato consecutivi di breve durata in settori critici per un periodo massimo di tre mesi. Inoltre, per far fronte alla carenza di manodopera nei settori in cui lavora una percentuale significativa di studenti, il governo belga ha introdotto una deroga temporanea al numero massimo di ore di lavoro consentite per gli studenti (475 all'anno) fino alla fine del 2020. A seguito della legge di emergenza del marzo 2020, la Finlandia ha prorogato il termine di preavviso per i licenziamenti individuali per tutti i lavoratori dei settori dell'assistenza sanitaria e dei servizi sociali, compresi i servizi di soccorso e di emergenza, per far fronte alle possibili carenze di manodopera nei settori critici e salvavita. Nell'ambito di un'ampia riforma avviata per affrontare le sfide strutturali, nel 2019 il Portogallo ha adottato misure volte a garantire ai lavoratori temporanei il diritto a un indennizzo per la cessazione del contratto, come anche azioni mirate ai contratti a brevissimo termine (ad esempio, estensione della durata massima da 15 giorni a 35) e ai contratti intermittenti (ad esempio, riduzione da 6 mesi a 5 del periodo minimo). Un'ulteriore misura, "CONVERTE +", sostiene la conversione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato fornendo assistenza finanziaria ai datori di lavoro (pari a 4 volte lo stipendio netto del contratto a tempo indeterminato, fino a un massimo di 439 EUR). È inclusa un'integrazione del 10 % se la conversione avviene in territori economicamente svantaggiati o se si rivolge a persone in situazioni vulnerabili, comprese le persone con disabilità.

Altri Stati membri stanno proponendo nuove norme sull'orario di lavoro o modifiche di quelle in già vigore per rispondere alle sfide esistenti, nuove ed emergenti del mercato del lavoro. In Finlandia, tra marzo e giugno 2020 è stata adottata una deroga temporanea per ottenere il consenso dei dipendenti a prestare straordinari, garantire periodi di riposo regolari e rispettare i diritti alle ferie annuali per tutti i lavoratori del settore sanitario e dei servizi sociali, compresi quelli dei centri di pronto intervento. Nel marzo 2020 la Spagna ha adottato una misura temporanea che dà priorità al telelavoro e al diritto di adattare o ridurre l'orario di lavoro in conseguenza degli effetti della pandemia. Nell'aprile 2020 la Francia ha adottato una serie di modifiche al diritto del lavoro per i dipendenti pubblici (esclusi gli insegnanti), al fine di allineare le modalità di lavoro (orario di lavoro, lavoro da casa, ferie retribuite e giorni di riposo) a quelle stabilite per i dipendenti del settore privato. L'Ungheria ha adottato un decreto per garantire maggiore flessibilità in termini di orario e organizzazione del lavoro. Il Belgio ha temporaneamente aggiornato la sua legislazione in materia di protezione dell'occupazione per aumentare il numero di giorni di lavoro stagionale e facilitare il distacco temporaneo di lavoratori a tempo indeterminato da altre imprese a datori di lavoro in settori considerati critici. La Finlandia ha adottato una nuova legge che stabilisce il quadro per la regolamentazione dell'orario di lavoro in tutti i settori. In vigore dal gennaio 2020, la legge contiene disposizioni sulle banche delle ore lavorate, che consentiranno ai dipendenti di accumulare le ore lavorate e acquisire diritti alle ferie annuali o benefici monetari in cambio delle ferie. In Portogallo, invece, l'eliminazione del computo delle ore di lavoro sulla base di un accordo individuale tra il datore di lavoro e il dipendente a partire da ottobre 2020 potrebbe rendere più rigorosa la regolamentazione dell'orario di lavoro.

Esistono delle differenze per quanto riguarda il contenuto e la copertura delle normative nazionali relative al telelavoro e al lavoro mobile basato sulle TIC. In alcuni Stati membri è stato adottato un approccio generale disciplinando il telelavoro, senza creare un legame diretto con l'equilibrio tra vita professionale e vita privata (ad esempio, in Germania). Altri paesi hanno regolamentato il telelavoro per promuovere l'equilibrio tra vita professionale e vita privata, ma senza includere disposizioni sui potenziali effetti negativi del lavoro flessibile con le TIC (ad esempio, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo e Romania). In Spagna nel settembre 2020 è stata varata una nuova legge per disciplinare il telelavoro strutturale (vale a dire quando almeno il 30 % dell'orario di lavoro trascorre a distanza). I datori di lavoro sono tenuti a risarcire i lavoratori per i costi sostenuti e a garantire parità di trattamento e di opportunità per tutti. Alcuni altri Stati membri hanno adottato una legislazione che promuove l'uso delle TIC per sostenere modelli di lavoro flessibili, stabilendo nel contempo una netta divisione tra orario di lavoro e orario di non lavoro. In altri paesi, le questioni relative all'equilibrio tra vita professionale e vita privata sono disciplinate dalla contrattazione collettiva a livello aziendale o settoriale, a partire dalle prassi nazionali attuali.

Nel contesto attuale, diversi Stati membri hanno aggiornato e rafforzato le rispettive normative per garantire livelli adeguati di salute e sicurezza sul lavoro. Insieme alle parti sociali, nell'aprile 2020 l'Italia ha adottato un protocollo congiunto che definisce misure volte a garantire un livello adeguato di protezione della salute per tutti i lavoratori. La misura prevede una dotazione di 50 milioni di EUR per l'acquisto di attrezzature e strumenti di protezione individuale. Inoltre le imprese possono beneficiare di un credito d'imposta per finanziare fino al 60 % (o 60 000 EUR) delle misure adottate nel 2020 in materia di salute e sicurezza. Ad aprile la Lituania ha aggiornato la sua legge sulla prevenzione e sul controllo delle malattie trasmissibili al fine di ampliare il ventaglio di persone assicurate dal bilancio dello Stato e di coprire meglio i rischi associati alla pandemia e ad altre malattie gravi. Nel maggio 2020 la Romania ha adottato orientamenti e misure per disciplinare il ritorno all'attività di datori di lavoro e lavoratori, che dovrebbero tradursi in protocolli più specifici a livello settoriale o aziendale per individuare ed eliminare o controllare i rischi connessi all'attività lavorativa. In giugno l'Estonia ha modificato la legge sulla salute e la sicurezza sul lavoro per stabilire sanzioni per le imprese che non rispettano le norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, anche in termini di attrezzature di lavoro e prevenzione dei fattori di rischio. Nell'ambito di un pacchetto più ampio, a luglio del 2020 il Portogallo ha adottato orientamenti e misure temporanee a sostegno dell'acquisizione di dispositivi di controllo sanitario per i dipendenti.

Il processo di modernizzazione della legislazione a tutela dell'occupazione è proseguito in vari modi in diversi Stati membri per combattere la segmentazione del mercato del lavoro. Nel quadro di una più ampia riforma varata nell'ottobre 2019, la Grecia ha introdotto una misura volta a rafforzare la tutela dei lavoratori a tempo parziale, requisiti aggiuntivi in materia di contratti scritti e la regolamentazione del lavoro straordinario per prevenire l'abuso di questo tipo di contratto (spesso considerato come un modo di occultare un lavoro a tempo pieno non dichiarato). Anche il sistema di registrazione "ERGANI" è stato potenziato per coprire tutte le forme di occupazione atipiche. Ciò comporta l'introduzione di una nuova piattaforma digitale per la registrazione efficiente delle ore di lavoro. A ottobre del 2019 il Portogallo ha rivisto il proprio codice del lavoro per stabilire condizioni più restrittive per il ricorso ai contratti a termine, garantire la protezione sociale e disincentivare il lavoro sommerso. Più specificamente, le misure mirano a ridurre la durata massima dei contratti a termine (da 3 anni a 2), a limitare le assunzioni a termine per i posti a tempo indeterminato e i rinnovi dei contratti a termine (ad esempio, limite massimo di 6 rinnovi). Nel gennaio 2020 è entrata in vigore nei Paesi Bassi una nuova misura per migliorare l'equilibrio tra contratti a tempo indeterminato e contratti a tempo determinato, agevolando l'assunzione di dipendenti a tempo indeterminato e riducendo l'attrattiva delle assunzioni a tempo determinato. L'Estonia ha aumentato il rigore delle misure per tutelare meglio i diritti dei lavoratori distaccati e di quelli con condizioni analoghe che prestano servizi tramite agenzie di lavoro interinale.

Alcuni Stati membri hanno dato seguito agli sforzi compiuti in passato per contrastare il lavoro sommerso e rafforzare gli ispettorati del lavoro con misure e risorse supplementari. In Grecia, nell'ottobre 2019 è stato avviato un follow-up del piano d'azione 2017-2019 per contrastare il lavoro sommerso. Le autorità greche hanno inoltre istituito un nuovo registro elettronico delle imprese precedentemente sanzionate per aver assunto lavoratori non dichiarati, al quale seguirà un elenco elettronico delle imprese conformi. Sono previsti inoltre la definizione di un nuovo codice etico per gli ispettorati del lavoro, l'aggiornamento dell'attuale sistema di analisi dei rischi e una migliore formazione negli ispettorati del lavoro ispirata alle migliori pratiche dell'UE. In Italia il governo ha aumentato, di 31 milioni di EUR complessivi, le risorse destinate a contrastare il lavoro irregolare e lo sfruttamento nel settore agricolo, parzialmente a carico del Fondo Asilo, migrazione e integrazione. Inoltre nel maggio 2020 l'Italia ha adottato misure per regolarizzare le posizioni lavorative e rilasciare permessi di soggiorno temporanei ai cittadini stranieri. Questa misura si rivolge a settori economici specifici con una forte prevalenza di lavoro sommerso, come l'agricoltura, i servizi alla persona e alle famiglie. In Spagna, l'estrazione e la comparazione dei dati sono state utilizzate per individuare meglio le richieste fraudolente legate ai regimi di sostegno all'occupazione. Un altro aspetto importante è l'aumento della prevenzione: paesi come Bulgaria, Portogallo e Slovacchia stanno mettendo a punto nuovi servizi di coinvolgimento rivolti ai lavoratori e alle imprese nel contesto della campagna paneuropea #EU4FairWork.

Gli Stati membri stanno modificando i quadri esistenti o introducendo nuovi sistemi di PAML per rispondere meglio alle nuove condizioni del mercato del lavoro, con particolare attenzione per i disoccupati di lungo periodo e altri gruppi vulnerabili. Con il sostegno del Fondo sociale europeo (FSE), gli SPI bulgari stanno completando il "Progetto Lavoro" rivolto ai disoccupati di lungo periodo e alle persone inattive, avviato nel 2018. La regione belga della Vallonia sta attuando un nuovo regime di sostegno appositamente studiato per soddisfare le esigenze delle persone in cerca di lavoro. Il programma si concentra in particolare sui gruppi vulnerabili (ad esempio, i lavoratori con un basso livello di competenze, i disoccupati di lungo periodo e le persone provenienti da un contesto migratorio). In Cechia le misure adottate nel marzo 2020 mirano a migliorare l'accessibilità dell'ufficio del lavoro, consentendo la registrazione online per l'assistenza nella ricerca di un lavoro e sopprimendo l'obbligo per le persone in cerca di occupazione di iscriversi nel luogo di residenza permanente. In Estonia, una nuova misura adottata nell'aprile 2020 ha aumentato le possibilità per i disoccupati di consultare gli SPI virtualmente, anche attraverso strumenti informatici come Skype. In Francia, nell'ambito di un'ampia riforma, l'accordo tripartito firmato nel dicembre 2019 tra il governo, lo SPI e l'Unione nazionale interprofessionale per l'impiego nell'industria e nel commercio "UNEDIC" punta a rafforzare gli orientamenti forniti ai disoccupati iscritti e, in particolare, a coloro che si trovano in situazioni vulnerabili. Tra marzo e giugno la Germania ha adottato diverse misure a favore dei gruppi vulnerabili. Tali gruppi hanno inoltre beneficiato di misure generali per il mercato del lavoro, tra cui servizi di consulenza e formazione per rispondere meglio alle esigenze del mercato del lavoro. Ad aprile 2020 la Polonia ha introdotto un sostegno temporaneo per i disoccupati o coloro che rischiano di perdere il lavoro. Il programma cofinanzia azioni volte a promuovere l'occupabilità dei beneficiari e a promuoverne la transizione nel mercato del lavoro, compresa la transizione da un posto di lavoro all'altro.

Gli Stati membri stanno adottando ulteriori misure per fornire un sostegno più personalizzato e integrare meglio i servizi per i disoccupati di lungo periodo. Nel contesto di una riforma più ampia, la Francia ha adottato misure per rafforzare la cooperazione con i datori di lavoro, valutare meglio le diverse esigenze dei servizi pubblici per l'impiego e migliorare l'orientamento per le persone in cerca di lavoro, in particolare i disoccupati di lungo periodo. Sono previste attualmente modifiche legislative per proteggere i lavoratori dai rischi legati alla disoccupazione attraverso meccanismi di individuazione precoce. Nell'ambito di un'ampia risposta alla crisi, nel giugno 2020 la Grecia ha approvato 36 500 posti con contratto di lavoro di otto mesi nel settore pubblico, comprese 150 ore di formazione e la certificazione delle competenze acquisite. La Finlandia sta adottando misure per fornire, presso gli SPI, un'assistenza più personalizzata e su misura alle persone in cerca di lavoro e alle persone che cambiano lavoro. Cipro ha introdotto una serie di incentivi per la formazione all'interno delle imprese dei disoccupati di lungo periodo recentemente assunti. Nel 2019 hanno beneficiato di questo programma mirato 92 disoccupati di lungo periodo, con un obiettivo di 300 partecipanti entro la fine del 2020.

Nel contesto attuale gli Stati membri hanno adottato misure (per lo più di natura temporanea) per rafforzare i propri regimi di prestazioni di disoccupazione. A marzo la Danimarca ha prorogato fino a giugno 2020 la durata delle prestazioni di disoccupazione e dell'indennità di malattia e ha reso meno rigide le condizioni di accesso per coloro che percepiscono già tali prestazioni. A giugno 2020 l'Estonia ha adottato misure volte ad aumentare le prestazioni di disoccupazione e a rafforzare le proprie misure di protezione sociale. Vi rientrano a partire da settembre 2020 un aumento della prestazione di disoccupazione (dal 50 % al 60 % del salario precedente del nuovo disoccupato) e a partire dal gennaio 2021 un aumento dell'indennità di disoccupazione (dal 35 % al 50 % del salario minimo mensile di quest'anno, o 292 EUR). Tali misure fanno seguito all'adozione, nel dicembre 2019, dell'aumento annuale dell'indennità dell'assicurazione di disoccupazione. Il nuovo importo minimo mensile per il 2020 è salito a 279 EUR (per 31 giorni), rispetto ai 258 EUR del 2019. A marzo Malta ha adottato una prestazione di disoccupazione temporanea (pari a 800 EUR) per tutte le persone che hanno perso il lavoro a causa della crisi sanitaria. Nell'ambito di una riforma più ampia, nell'aprile 2020 la Svezia ha adottato una serie di misure finalizzate a rafforzare temporaneamente il proprio sistema di prestazioni di disoccupazione, compreso un minor rigore dei requisiti relativi all'accesso e agli importi (vale a dire l'aumento degli importi minimi) del fondo di assicurazione contro la disoccupazione. Da ottobre 2020 la Bulgaria ha aumentato del 30 % la prestazione minima giornaliera e ne ha esteso la durata da 4 mesi a 7. Il Lussemburgo ha approvato una proroga automatica delle prestazioni di disoccupazione per la durata dello stato di crisi, sostenendo i percettori le cui prestazioni erano in scadenza durante la crisi sanitaria. In risposta alla pandemia di COVID-19, la Grecia e la Francia hanno prorogato il periodo di ammissibilità delle prestazioni di disoccupazione. La Slovacchia ha fatto altrettanto per i percettori il cui periodo di sostegno era in scadenza durante la crisi sanitaria. Nel luglio 2020 il Portogallo ha prorogato la prestazione sociale di disoccupazione fino alla fine dell'anno. In consultazione con le parti sociali, Cipro ha adottato ad aprile un regime speciale temporaneo a sostegno dei disoccupati che avevano esaurito le regolari prestazioni di disoccupazione. L'importo è fissato a 360-500 EUR mensili e resterà valido fino ad ottobre 2020. Ad aprile la Lettonia ha introdotto una prestazione di assistenza alla disoccupazione (fissata a 180 EUR al mese) per un periodo di 4 mesi per coloro che hanno esaurito la prestazione di disoccupazione ordinaria. Questa misura resterà in vigore fino alla fine del 2020. A marzo la Francia ha introdotto misure urgenti di sostituzione del reddito a sostegno delle persone in cerca di lavoro il cui diritto era in scadenza. L'Italia ha stanziato a marzo circa 10 miliardi di EUR per rafforzare il proprio sistema di assistenza sociale (cassa integrazione) e sostenere i livelli occupazionali e reddituali delle persone più colpite dalla crisi. Nel caso in cui la persona disoccupata non abbia diritto alle prestazioni di sicurezza sociale di cui sopra (pari a 600 EUR mensili), beneficerà di una proroga automatica della prestazione di disoccupazione (se in scadenza prima del 1º maggio 2020) per un periodo fino a 2 mesi. Coordinandosi con le parti sociali, ad aprile 2020 la Finlandia ha introdotto modifiche temporanee alla legge Unemployment Security Act per abbreviare il periodo di lavoro necessario per avere diritto all'indennità di disoccupazione legata al reddito (65 EUR per giorno lavorativo), invece che all'indennità di disoccupazione di base (34 EUR per giorno lavorativo). Ulteriori deroghe temporanee mirano a garantire un più ampio sostegno temporaneo all'avvio di un lavoro, in particolare per i lavoratori del settore agricolo e forestale.

Alcune delle misure adottate per rafforzare i sistemi delle prestazioni di disoccupazione sono intese a migliorare la situazione specifica di determinati gruppi. Nel marzo 2020 il Belgio ha prorogato di tre mesi la durata dell'indennità di disoccupazione per le persone in cerca di lavoro dopo gli studi. Questa misura temporanea è stata seguita da un temporaneo congelamento della riduzione progressiva delle prestazioni di disoccupazione (vale a dire il decremento progressivo dell'importo delle prestazioni) a partire da aprile 2020, che resterà in vigore per tutta la durata della crisi. La Francia ha esteso il periodo di ammissibilità alle prestazioni di disoccupazione e i diritti connessi a nuove categorie di lavoratori (lavoratori stagionali, dipendenti di lavoratori autonomi ecc.). Nel contesto di una riforma più ampia, in Francia è stato modificato anche il regime di "disoccupazione parziale" per ammortizzare le conseguenze negative della pandemia su gruppi specifici (ad esempio addetti alla cura dell'infanzia, lavoratori domestici, lavoratori con contratti temporanei e intermittenti, autonomi e lavoratori stagionali) e per determinati settori. In aprile la Lettonia ha esteso la copertura delle prestazioni di disoccupazione ai lavoratori autonomi e ai proprietari di microimprese colpiti dalla pandemia fino alla fine del 2020. In marzo la Spagna ha adottato misure straordinarie di sostegno temporaneo al reddito per specifici gruppi colpiti dalla pandemia. Le misure hanno riguardato in particolare i lavoratori temporanei o nel settore del lavoro domestico la cui attività è cessata totalmente o parzialmente (anche in caso di fine del rapporto di lavoro) e che non hanno accesso alle normali prestazioni di disoccupazione. Anche la Finlandia ha adottato una misura mirata per garantire che le prestazioni di disoccupazione siano erogate a titolo di anticipo senza attendere la decisione pertinente per sei mesi, invece del normale periodo di due mesi.

Negli ultimi anni gli Stati membri hanno riveduto i periodi necessari per maturare il diritto alle prestazioni di disoccupazione alla ricerca del giusto equilibrio tra stimolazione dell'attività e applicazione di condizioni. In Lituania il periodo minimo per maturare il diritto alle prestazioni di disoccupazione è stato ridotto da 18 mesi a 12 nel 2017, mentre in Bulgaria e Lettonia è aumentato da 9 mesi a 12, rispettivamente a partire dal 2018 e dal 2020. A partire dal 2020 la Lettonia ha anche ridotto gli importi e la durata delle prestazioni di disoccupazione da 9 mesi a 8. In Austria è obbligatorio essere stati assicurati per 52 settimane (nel corso degli ultimi 24 mesi) per la prima richiesta, ma il periodo si riduce a 28 settimane per le richieste successive e a 26 settimane (nel corso degli ultimi 12 mesi) per i lavoratori minori di 25 anni. Da ultimo, nel contesto di un'ampia riforma del proprio sistema di prestazioni di disoccupazione, la Francia ha aumentato la durata minima dell'occupazione richiesta da 4 mesi a 6 a partire dal novembre 2019, aumentando al contempo la durata del diritto.

In molti Stati membri le parti sociali hanno fornito il loro più importante contributo ai responsabili politici nel campo della protezione e del mantenimento dell'occupazione 174 . Il coinvolgimento delle parti sociali dopo l'inizio della pandemia è stato più intenso negli Stati membri con strutture di dialogo sociale ben sviluppate. Nel marzo 2020 il governo danese e le parti sociali hanno raggiunto un accordo tripartito per sostenere il mantenimento dei posti di lavoro. In Austria sono stati conclusi accordi analoghi per la tutela dell'occupazione e il sostegno dei redditi, unitamente all'attuazione di misure di telelavoro in seguito alle restrizioni sanitarie. In Spagna gli accordi tripartiti hanno portato alla proroga dei regimi di mantenimento dei posti di lavoro almeno fino a gennaio 2021 e all'approvazione di una nuova legge sul telelavoro. In Germania diversi settori, come il settore chimico e quello pubblico, hanno concluso accordi bilaterali per la tutela dell'occupazione e del reddito. In Francia e in Italia le parti sociali hanno elaborato protocolli di sicurezza per garantire la salute e la sicurezza di tutti i dipendenti sul luogo di lavoro. A Cipro nel 2020 è stata introdotta una nuova consultazione pilota per migliorare l'efficacia del processo e facilitare l'erogazione di contributi nella fase iniziale di preparazione del programma nazionale di riforma. In Lituania è stato creato un nuovo organismo bilaterale per promuovere il rafforzamento delle capacità delle parti sociali e per migliorare il loro coinvolgimento nel semestre europeo. È importante menzionare anche il prezioso contributo fornito dalle parti sociali alle recenti iniziative dell'UE quali, ad esempio, la nuova agenda per le competenze e l'iniziativa sui salari minimi 175 .

Il sostegno alla partecipazione delle parti sociali si è evoluto in vari modi negli Stati membri. In Francia dal gennaio 2020 è in vigore l'obbligo giuridico di costituire un comitato economico e sociale in ogni impresa con più di undici dipendenti. La misura mira a sostituire i tre organismi preesistenti di dialogo sociale e a decentrare i negoziati a livello di impresa. In Portogallo una misura impone prima della disdetta degli accordi collettivi determinati obblighi che riguardano anche la motivazione e le cause sottostanti. Ciascuna delle parti interessate può presentare istanza di arbitrato al tribunale del lavoro. A giugno 2020 l'Estonia ha modificato la legge sui sindacati per introdurre sanzioni in caso di azioni che ostacolano la partecipazione alle attività sindacali. In Spagna il governo nazionale, i sindacati e le associazioni dei datori di lavoro hanno firmato un accordo, a luglio del 2020, per rilanciare le tavole rotonde tripartite che negoziano le principali riforme sociali e del lavoro e la cui attività è sospesa da marzo del 2019. In Polonia le nuove disposizioni adottate nel marzo 2020 hanno autorizzato il governo a revocare i membri del Consiglio per il dialogo sociale in determinate circostanze. Ciò comporta un potenziale indebolimento dell'autonomia delle parti sociali e uno scostamento dal principio 8 del pilastro europeo dei diritti sociali.

Le reazioni all'emergenza sanitaria hanno dimostrato il potenziale di una più stretta cooperazione tra le autorità nazionali e le parti sociali nell'elaborazione e nell'attuazione delle politiche e delle riforme. In un'indagine condotta da Eurofound 176 le parti sociali hanno giudicato simile agli anni precedenti la qualità delle procedure nazionali e delle strutture di governance in atto per discutere il programma nazionale di riforma. Dalle risultanze dell'indagine emerge che le procedure specifiche volte a discutere il programma nazionale di riforma sono state modificate solo in alcuni paesi (ad esempio in Belgio). Tuttavia esse indicano anche che nel 2020 il coinvolgimento delle parti sociali è rimasto complessivamente al di sotto degli standard di qualità abituali, soprattutto a causa delle consultazioni e degli scambi limitati in diversi Stati membri. Le stesse risultanze mostrano che, nel complesso, le parti sociali sono soddisfatte del contenuto politico dei programmi nazionali di riforma, anche negli Stati membri in cui il loro coinvolgimento nel processo del semestre europeo non è pienamente istituzionalizzato. Solo in alcuni paesi i sindacati hanno comunicato una valutazione piuttosto negativa del contenuto di questi documenti. Nel complesso, questo riscontro positivo potrebbe essere in parte spiegato dal fatto che in alcuni Stati membri le parti sociali sono state coinvolte nell'elaborazione di alcune delle risposte politiche chiave a livello nazionale.

3.4 Orientamento 8: promuovere le pari opportunità per tutti, favorire l'inclusione sociale e combattere la povertà

La presente parte esamina l'attuazione dell'orientamento 8 in materia di occupazione, che raccomanda agli Stati membri di promuovere le pari opportunità e combattere la povertà e l'esclusione sociale. Il punto 3.4.2 riferisce sulle misure strategiche adottate dagli Stati membri nell'ambito dei regimi di protezione sociale, compresi i regimi di reddito minimo, le prestazioni familiari, le politiche abitative, le pensioni, l'assistenza a lungo termine, l'assistenza sanitaria e l'inclusione delle persone con disabilità.

3.4.1    Indicatori chiave

La dinamica economica positiva riscontrata negli anni precedenti era stabile prima dell'inizio della crisi della COVID-19 e vedeva i redditi aggregati complessivi delle famiglie in aumento in tutti i 27 Stati membri dell'UE. Nel 2019 il reddito delle famiglie è cresciuto ovunque in Europa, sostenuto da un aumento dei redditi da lavoro e in linea con il progresso generale del reddito lordo disponibile pro capite. Cionondimeno si riscontravano tassi di crescita reale del reddito lordo disponibile delle famiglie (GDHI) estremamente vari nei diversi Stati membri. La maggior parte dei paesi dell'Europa centrale e orientale ha proseguito il processo di convergenza, evidenziando un aumento del reddito lordo disponibile delle famiglie superiore alla media. D'altra parte, nei paesi in cui il reddito delle famiglie era diminuito maggiormente a partire dalla crisi del 2008, la crescita ha continuato a essere contenuta. Il reddito lordo disponibile pro capite in cinque Stati membri (Cipro, Italia, Spagna, Austria e Grecia 177 ) era ancora al di sotto dei livelli raggiunti prima della recessione del 2008-2009.

Figura 63: i redditi reali delle famiglie erano ancora in aumento prima della crisi COVID-19, ma con tassi di crescita molto diversi da uno Stato membro all'altro

Reddito lordo reale disponibile delle famiglie (GDHI) pro capite, indice 2008 = 100 e variazione annua (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, conti nazionali [nasq_10_nf_tr and namq_10_gdp], calcoli interni. Reddito lordo reale disponibile delle famiglie pro capite, indice 2008 = 100. Periodo: livelli del 2019 e variazioni annue rispetto al 2018. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato. I dati per BG, EL, LU, MT e PL non sono disponibili al 28 ottobre 2020.

La percentuale di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale (AROPE) era in calo per il settimo anno consecutivo prima della crisi della COVID-19, ma a velocità decrescente nei paesi con tassi più elevati. Nel 2019 la percentuale di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale nell'UE-27 è diminuita di ulteriori 0,5 punti percentuali rispetto al 2018, scendendo al 21,1 % (2,3 milioni di persone in meno rispetto al 2018). Era in atto un certo grado di convergenza in tutta l'UE (cfr. figura 64 ), sebbene a un ritmo più lento, in quanto il miglioramento in alcuni paesi con i livelli più elevati aveva rallentato rispetto all'anno precedente. In particolare, in Bulgaria il tasso AROPE era inferiore a quello del 2018 di soli 0,5 punti percentuali, rispetto alle riduzioni molto più consistenti degli anni precedenti (con un calo cumulativo di 16,8 punti percentuali dal picco del 2012). Analogamente, in Romania il tasso AROPE è diminuito di 1,3 punti percentuali dal 2018 (-12 punti percentuali dal 2012), in Lettonia di 1,1 punti percentuali (-8,9 punti percentuali dal 2012) e in Ungheria solo di 0,7 punti percentuali, a fronte di un calo di 6 punti percentuali nel 2018. I miglioramenti più evidenti si osservano in Lituania (-2 punti percentuali), Grecia (-1,8 punti percentuali), Cipro (-1,6 punti percentuali) e Croazia (-1,5 punti percentuali). Malgrado i miglioramenti registrati, tutti questi Stati membri restano al di sopra della media UE. Tra i paesi al di sotto della media UE, la Slovenia (-1,8 punti percentuali) e la Germania (-1,3 punti percentuali) riportano progressi, mentre Malta (+1,1 punti percentuali) e Francia (+0,5 punti percentuali) un certo peggioramento 178 . Diversi Stati membri presentano forti disparità regionali per quanto riguarda i tassi AROPE (allegato 4).

Figura 64: la quota di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale è diminuita nella maggior parte degli Stati membri

Percentuale di popolazione a rischio di povertà o di esclusione sociale, livelli del 2019 e variazione dall'anno precedente (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, indagine SILC. Periodo: livelli del 2019 e variazioni annue rispetto al 2018. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato. Interruzioni nelle serie per BE. I dati per IE e IT non erano disponibili al 28 ottobre 2020.

La quota di minori a rischio di povertà o di esclusione sociale era in calo negli ultimi anni prima della crisi della COVID-19. Nel 2019 il tasso AROPE complessivo nell'UE-27 era del 22,5 % per i minori, rispetto al 21,5 % per la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e al 18,6 % per gli anziani (65 anni e oltre). Nel complesso, i tassi più elevati si registrano in Romania (35,8 %), Bulgaria (33,9 %), Grecia (30,5 %) e Spagna (30,3 %). Tra il 2018 e il 2019 il numero di minori a rischio di povertà o di esclusione sociale nell'UE-27 è diminuito di 674 000 unità, ossia del 3,6 %. In termini relativi, la riduzione è stata maggiore in Lettonia (15,0 %), Croazia (14,7 %) e Danimarca (14,2 %). All'altro estremo della scala, il numero di minori a rischio di povertà o di esclusione sociale è aumentato del 14,5 % in Svezia (2,5 punti percentuali di aumento del tasso AROPE) e dell'1,9 % in Spagna (0,8 punti percentuali di aumento del tasso AROPE). Nei paesi più abbienti (ad esempio, Lussemburgo, Svezia o Finlandia), vivere al di sotto della soglia di povertà non sempre comporta una condizione di deprivazione materiale e sociale. D'altro canto, molti minori nei paesi più poveri soffrono di deprivazione materiale sebbene i redditi delle loro famiglie siano al di sopra della linea di povertà definita dall'indice AROP. I minori che crescono in condizioni di povertà o esclusione sociale hanno meno probabilità rispetto ai loro coetanei più abbienti di avere successo negli studi, di godere di buona salute e di realizzare pienamente il loro potenziale da adulti. Il principale fattore di povertà infantile è la posizione sul mercato del lavoro dei genitori, che a sua volta è strettamente legata al loro livello di istruzione e alla composizione del nucleo familiare. In tutti gli Stati membri il rischio di povertà per i minori allevati da un solo genitore o in famiglie con più di tre figli o provenienti da un contesto migratorio o di origine rom è da due a tre volte superiore a quello degli altri minori. Tali svantaggi spesso vanno di pari passo.

Le persone nate al di fuori dell'UE sono esposte a un rischio maggiore di povertà e di esclusione sociale. Nel 2019 il tasso di rischio di povertà e di esclusione sociale delle persone nate in paesi terzi (a partire dai 18 anni di età) era prossimo al doppio di quello delle persone autoctone (39 % rispetto a 19,5 %), il che significa un divario di quasi 20 punti percentuali Negli ultimi anni tale divario è rimasto stabile, con oscillazioni intorno ai 19,5 punti percentuali ed è particolarmente ampio in alcuni Stati membri, con quasi 30 punti percentuali in Svezia, Belgio e Grecia. Le persone non autoctone sono spesso anche in condizione di povertà lavorativa. Nel 2019 il loro tasso di povertà lavorativa si attestava al 21,2 % rispetto al 7,9 % delle persone autoctone. A livello dell'UE, il divario tra i due gruppi è stabile, ma rimane elevato per alcuni Stati membri, in particolare Spagna, Lussemburgo e Svezia.

La percentuale della popolazione a rischio di povertà (AROP) era rimasta sostanzialmente stabile prima della crisi della COVID-19. Con 1,4 milioni di persone in meno a rischio di povertà nell'UE-27, questa percentuale è leggermente scesa al 16,5 % nel 2019 (dal 16,8 % del 2018): si veda il pannello in alto della figura 65. La situazione è rimasta notevolmente peggiore della media in Romania, Lettonia, Bulgaria, Estonia, Spagna, Lituania e Italia 179 , tutte con un tasso superiore al 20 %. Il tasso AROP è diminuito in Lituania (-2,3 punti percentuali), Belgio (-1,6 punti percentuali), Slovenia (-1,3 punti percentuali), Germania (-1,2 punti percentuali) e Croazia (-1 punto percentuale). Nel complesso, dopo anni di aumenti e di recenti miglioramenti, il tasso medio del rischio di povertà si è stabilizzato, ma sui livelli del 2010. Questa stabilità complessiva è tuttavia il risultato, a livello di Stati membri, di modifiche composite di portata piuttosto ampia. Si osservano un significativo peggioramento in alcuni Stati membri (di oltre 2 punti percentuali o più in Estonia, Lussemburgo, nei Paesi Bassi, in Svezia e Romania), ma anche alcuni miglioramenti (di oltre 2 punti percentuali in Croazia, Grecia e Polonia). Le ultime previsioni basate sulle stime rapide Eurostat indicano che per il 2019 la maggior parte dei paesi registrerà poche variazioni 180 . In particolare, ci si può attendere un aumento del tasso AROP in Slovenia e Svezia e una diminuzione a Cipro, in Germania, Grecia, Spagna e Romania. Al momento della stesura della presente relazione le stime rapide Eurostat relative ai redditi del 2020 (che rispecchierebbero quindi gli effetti della crisi) non sono ancora disponibili.

Probabilmente la crisi COVID-19 esacerberà le sfide esistenti relative alla povertà. Un recente studio del Centro comune di ricerca 181 ha analizzato gli effetti della pandemia sui redditi delle famiglie e l'effetto cuscinetto delle misure di politica fiscale adottate in risposta alla crisi. Grazie ai sistemi di protezione sociale e inclusione in quanto stabilizzatori automatici, nonché alle misure supplementari adottate, nell'UE il tasso di AROP aumenterebbe in media soltanto di 0,1 punti percentuali Il tasso di rischio di povertà ancorato 182 aumenterebbe di 1,7 punti percentuali, riflettendo il notevole spostamento verso il basso della linea di povertà dovuto alla crisi della COVID-19. Tra i paesi con un aumento dei tassi di povertà rientrerebbero Ungheria, Slovacchia, Spagna, Svezia, Lituania e Cechia. L'aumento della povertà si diffonderebbe in misura simile a quello registrato tra il 2008 e il 2009 e causato dalla crisi finanziaria.

Figura 65: la situazione continua a migliorare, in particolare per quanto riguarda la deprivazione materiale grave e le persone che vivono in famiglie pressoché senza occupati

Sottoindicatori del tasso di rischio di povertà o di esclusione sociale, UE-27

Fonte: Eurostat, indagine SILC. Nota: gli indicatori sono ordinati secondo l'AROPE del 2019 (2018 per IE e IT). I dati del 2019 per IE e IT non erano disponibili al 28 ottobre 2020. Per questioni di disponibilità dei dati, l'aggregato dell'UE per il 2008 include il Regno Unito ed esclude la Croazia.

I parametri della deprivazione materiale erano ulteriormente migliorati in quasi tutti i paesi prima della pandemia. Nel 2019 più di 2,2 milioni di persone avevano superato situazioni di deprivazione materiale grave nei paesi dell'UE-27 rispetto all'anno precedente, e la percentuale della popolazione in queste condizioni era del 5,6 %, mezzo punto percentuale in meno rispetto al 2018, si veda il pannello centrale della figura 65 . I miglioramenti in termini di deprivazione materiale hanno ulteriormente favorito il miglioramento del valore di AROPE, in particolare grazie ai decrementi in Romania, Polonia, Germania e Spagna. Ciò si traduce in oltre 20 milioni di persone in meno in condizioni di deprivazione materiale grave rispetto al 2012, quando l'indicatore ha raggiunto il suo massimo. La tendenza positiva sembra tuttavia indebolirsi in alcuni dei paesi con i tassi più elevati (Bulgaria, Lettonia, Lituania e Grecia). La deprivazione materiale e sociale 183 (cioè l'indicatore potenziato in cui si tiene conto di un numero maggiore di elementi socialmente correlati) è comunque diminuita rapidamente in questi paesi, ad eccezione della Bulgaria, dove il miglioramento è stato modesto.

Dinamiche positive del mercato del lavoro hanno sostenuto ulteriori decrementi della percentuale di persone che vivevano in famiglie pressoché senza occupati prima della crisi della COVID-19. Nel 2019 la percentuale complessiva di persone che viveva in famiglie pressoché senza occupati era dell'8,5 % nei paesi dell'UE-27, in moderato calo rispetto all'anno precedente (si veda il pannello inferiore della figura 65 ). Sebbene la tendenza generale fosse positiva o stabile in quasi tutti gli Stati membri (ad eccezione di Slovacchia, Paesi Bassi e Austria), probabilmente si invertirà a causa della crisi della COVID-19, rispecchiando l'aumento della disoccupazione e il calo del numero di ore lavorate, come evidenziato nel capitolo 3.1.

Nel 2019 la povertà lavorativa è rimasta stabile a livelli elevati, nonostante alcune riduzioni significative. Dopo il picco del 9,8 % registrato nel 2016 per l'UE-27, la povertà lavorativa è rimasta elevata, attestandosi al 9 % (leggermente al di sotto del 9,3 % registrato nel 2018; cfr. anche il capitolo 3.1.1). La povertà lavorativa rimane particolarmente elevata in Romania (15,4 %), Spagna (12,8 %), Italia (12,8 %, dati del 2018) e Lussemburgo (12 %). Nell'ultimo anno sono stati osservati miglioramenti in alcuni Stati membri (-1,5 punti percentuali in Slovenia, -1,1 punti percentuali in Bulgaria e Germania, -0,8 punti percentuali in Grecia). Le persone con contratti di lavoro a tempo parziale sono più esposte alla povertà lavorativa (15,1 % in totale nell'UE-27), ma in alcuni paesi sono esposte a un rischio elevato anche coloro che lavorano a tempo pieno. Ciò vale in particolare per la Romania (12,3 %), per la Spagna (10,7 %) e per il Lussemburgo (10 %).

L'intensità della povertà è rimasta invariata nel 2019, nonostante il complessivo miglioramento dei livelli di reddito. Il divario di povertà indica la distanza tra il reddito mediano delle persone a rischio di povertà e la soglia di povertà. Nell'UE-27 tale divario era del 24,4 % nel 2019, quasi invariato rispetto al 2018. Tra i paesi con il più ampio divario di povertà (oltre il 25 % in Romania, Spagna, Ungheria, Lettonia, Bulgaria, Grecia, Croazia e Lituania 184 ) l'indicatore è migliorato soltanto in Romania, Lituania e Grecia nel 2019. In Ungheria, il divario di povertà è aumentato di 4,8 punti percentuali. Anche nei paesi con livelli inferiori alla media è salito (Austria +2,2 punti percentuali, Svezia +1,8 punti percentuali e Germania +1,2 punti percentuali). In molti casi l'intensità della povertà non è diminuita in modo significativo nonostante il miglioramento complessivo della situazione socioeconomica prima della pandemia.

Figura 66: gap mediano di povertà relativa per le famiglie pressoché senza occupati.

Gap mediano di povertà relativa per le famiglie pressoché senza occupati, 2017-2019

Fonte: calcoli interni in base ai microdati Eurostat (SILC).

La povertà tra le famiglie a bassa intensità di lavoro è più grave rispetto ad altri gruppi. Nell'UE-27 il divario di povertà per la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) che vive in famiglie (pressoché) senza occupati 185 è rimasto stabile al 36,2 % nel 2019 (36,5 % nel 2018). Slovacchia, Lituania, Lettonia, Italia e Romania registrano ancora i divari di povertà più ampi, nonostante alcuni miglioramenti ( figura 66 ). L'indicatore è inferiore al 20 % nei Paesi Bassi e in Finlandia. L'aumento maggiore si osserva in Lussemburgo (+9,4 punti percentuali). Tassi elevati indicano scarsa adeguatezza e copertura delle prestazioni, che non riescono a colmare questo divario.

Le persone con disabilità sono notevolmente più esposte al rischio di povertà o di esclusione sociale rispetto alle persone senza disabilità. Nel 2019 il 28,5 % delle persone con disabilità nell'UE-27 era a rischio di povertà o di esclusione sociale rispetto al 18,6 % delle persone senza disabilità: il divario si attestava quindi a 9,9 punti percentuali. La gravità della disabilità è un fattore esplicativo molto importante: il 34,7 % delle persone con disabilità grave (a partire da 16 anni) era a rischio di povertà o di esclusione sociale rispetto al 26 % delle persone con disabilità moderata 186 .

Figura 67: nel complesso le disparità di reddito sono leggermente diminuite, con aumenti moderati in alcuni Stati membri

Rapporto tra quintili di reddito e variazione annua (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, indagine SILC. Periodo: livelli del 2019 e variazioni annue rispetto al 2018. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato. Interruzioni nelle serie per BE. Dati per IE, FR, IT, LV e SK non disponibili al 28 ottobre 2020.

Sebbene la disparità di reddito complessiva sia in media ulteriormente diminuita, seppur di poco, la sua dinamica suggerisce un indebolimento della convergenza tra gli Stati membri prima della crisi della COVID-19. Nel 2019 la quota di reddito del 20 % superiore nella distribuzione del reddito nell'UE-27 era 5 volte superiore alla quota del 20 % inferiore nella distribuzione del reddito, leggermente al di sotto del rapporto dell'anno precedente (5,05). Questo indicatore di disparità di reddito è rimasto elevato, ben al di sopra di 7, in particolare in Bulgaria e Romania (entrambe "situazioni critiche" secondo la metodologia del quadro di valutazione della situazione sociale, cfr. figura 67 ). I miglioramenti sono stati limitati, soprattutto tra i paesi con i livelli più elevati di disparità di reddito. Ciononostante le disuguaglianze sono diminuite significativamente in Lituania ("risultati modesti ma in miglioramento") e in Grecia ("risultati superiori alla media" grazie al recente miglioramento). Valori in calo sono riscontrabili anche in Germania e Belgio. Nel complesso, si registra una limitata convergenza tra i paesi, a esclusione della Bulgaria che presenta un aumento significativo del rapporto tra quintili di reddito (+0,44). Secondo stime preliminari del Centro comune di ricerca 187 , le misure politiche sarebbero in grado di contrastare in una certa misura l'effetto dell'aumento delle disuguaglianze dovuto alla pandemia di COVID-19 nel 2020. Se da un lato la crisi della COVID-19 causerebbe, da sola, un sostanziale aumento delle disuguaglianze (+3,3 % nell'indice di Gini), dall'altro le misure politiche le ridurrebbero dell'1 %. A titolo di confronto, la crisi del 2008/2009 ha portato a una piccola diminuzione delle disparità di reddito.

L'aumento complessivo delle disparità di reddito negli ultimi dieci anni è stato determinato da un aumento delle disuguaglianze nella parte inferiore della distribuzione del reddito. La disparità nell'intera distribuzione del reddito può essere scomposta in quella della parte superiore e quella della parte inferiore. Il rapporto tra quintili di reddito, S50/S20, misura il rapporto tra le quote di reddito della mediana e del 20 % più basso della distribuzione del reddito. Tale misura era di 2,29 nel 2019, stabile rispetto al 2018 (2,3). La ripresa ha consentito una riduzione ulteriore rispetto al picco del 2016 (2,36) ma non ha controbilanciato del tutto l'incremento complessivo osservato fin dal 2010 (valore di partenza: 2,21), cfr. figura 68 , che spiega l'aumento complessivo delle disparità di reddito nel decennio. Analogamente, il rapporto S80/S50 misura la disuguaglianza nella parte superiore della distribuzione del reddito. In realtà questo indicatore è rimasto sostanzialmente stabile e ha persino registrato un lieve calo nel corso degli ultimi dieci anni (da 2,2 a 2,17).

Figura 68. negli ultimi dieci anni la disuguaglianza è aumentata nella parte inferiore della distribuzione del reddito

Scomposizione delle tendenze della disparità di reddito nel corso degli ultimi dieci anni.

Fonte: calcoli interni in base ai dati di Eurostat, indagine SILC.

Il reddito del 40 % inferiore della popolazione ha continuato ad aumentare un po' più velocemente della media. La quota di reddito delle famiglie nella fascia del 40 % inferiore della distribuzione del reddito stava lentamente aumentando fino al 2019, in linea con i modesti miglioramenti delle altre disparità di reddito. La media dell'UE ha raggiunto il 21,33 % nel 2019, rispetto al 21,19 % del 2018 (rispetto a un minimo del 20,9 % nel 2014 e nel 2015). Le famiglie che si collocano nel 40 % inferiore della distribuzione hanno guadagnato in termini di quota di reddito soprattutto in Germania, Grecia, Lituania e Ungheria, mentre la loro quota di reddito è diminuita in Bulgaria, Lussemburgo, Polonia e Svezia.

Fino alla fine del 2017 (anno degli ultimi dati disponibili), la spesa per la protezione sociale nell'UE ha continuato ad aumentare in quasi tutti gli Stati membri ed è stata destinata alle pensioni di vecchiaia e alle esigenze della sanità 188 . L'aumento della spesa sociale nel periodo 2012-2017 è dipeso principalmente da ulteriori aumenti della spesa per la terza età (spinta in parte da fattori demografici), ad eccezione della Grecia, e per l'assistenza sanitaria. La spesa per la disoccupazione si è invece stabilizzata dopo il 2010 ed è diminuita dal 2014, con il miglioramento della situazione economica. La spesa per le famiglie, l'abitazione e la lotta contro l'esclusione sociale è leggermente aumentata dal 2013. Le spese per malattia e invalidità hanno contribuito in modo significativo alla crescita complessiva della spesa nella maggior parte degli Stati membri, tranne in Grecia e Polonia che hanno visto una diminuzione.

Figura 69: l'effetto di riduzione della povertà prodotto dalle prestazioni sociali si sta indebolendo in alcuni Stati membri.

Effetto dei trasferimenti sociali sulla riduzione della povertà (pensioni escluse) e variazione annua (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, indagine SILC. Periodo: livelli del 2019 e variazioni annue rispetto al 2018. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato. Interruzioni nelle serie per BE. Dati per IE, IT e SK non disponibili al 28 ottobre 2020.

Sebbene gli effetti dei trasferimenti sociali (pensioni escluse) sulla povertà siano stabili, permangono differenze sostanziali tra gli Stati membri in termini di livelli e dinamiche. Nel complesso, questo indicatore è rimasto stabile nel 2019 per l'UE-27 rispetto all'anno precedente (32,65 % rispetto a 32,8 % nel 2018). Tuttavia le prestazioni e la dinamica variano notevolmente, si veda la figura 69 . I paesi che registrano i migliori risultati sono la Finlandia, l'Austria, la Danimarca e la Slovenia (al di sopra del 45 %), mentre i paesi con i risultati peggiori sono la Romania, la Grecia, la Spagna, la Bulgaria e il Portogallo (al di sotto o prossimi al 24 %). Lituania e Lettonia, rispettivamente sotto la media UE e prossima alla media, presentano miglioramenti sostanziali (+8,7 punti percentuali e +4,3 punti percentuali), mentre Lussemburgo, Malta e in particolare l'Ungheria registrano un calo significativo (rispettivamente di 6,4 punti percentuali, 4,3 punti percentuali e 10,3 punti percentuali). Il grafico non evidenzia una chiara relazione tra i livelli e le variazioni.

La crisi della COVID-19 sottolinea fortemente l'importanza della protezione sociale. I meccanismi di assicurazione sociale possono aiutare ad "appiattire" la curva della pandemia permettendo ai lavoratori di rimanere a casa all'occorrenza. Possono anche attenuare gli effetti economici e sociali della contrazione dell'attività economica, sostenendo nel contempo i lavoratori attraverso le transizioni verde e digitale. Questi meccanismi non sono però sempre disponibili per i lavoratori atipici e per i lavoratori autonomi. Inoltre potrebbero non essere sufficienti o adeguati per i periodi di pandemia.

Nonostante le misure governative adottate per proteggere i posti di lavoro (ad esempio, regimi di riduzione dell'orario lavorativo), fino all'estate del 2020 si sono registrati segnali di un notevole aumento del numero di percettori di prestazioni di disoccupazione (cfr. anche il capitolo 3.3). Tra i paesi per i quali sono disponibili dati recenti, l'aumento relativo dei percettori di prestazioni di disoccupazione dal febbraio 2020 è stato particolarmente marcato (più del 50 %) in Austria, Estonia, Spagna, Ungheria, a Malta e in Slovacchia 189 . Per contro, non vi è stato molto da segnalare in questa fase in termini di evoluzione del numero di percettori di prestazioni di assistenza sociale e indennità di invalidità; in generale non vi sono stati segnali chiari e immediati di un aumento dei livelli di beneficiari in base ai dati disponibili.

Il quadro di monitoraggio sull'accesso alla protezione sociale mostra che permangono notevoli lacune nella protezione dei lavoratori autonomi e dei lavoratori atipici. Alcuni gruppi di lavoratori autonomi non hanno accesso alle prestazioni di malattia in quattro Stati membri, all'assicurazione contro la disoccupazione in undici e all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali in nove Stati membri. La relazione di monitoraggio evidenzia che l'accesso alla protezione sociale può essere più limitato anche per alcune categorie di lavoratori atipici. Tali lacune possono riguardare il lavoro occasionale, a chiamata, i contratti a tempo determinato a breve termine, il lavoro stagionale, gli apprendistati o i tirocini. Esempi di forme di lavoro atipiche specifiche per paese sono i mini-job in Germania, i contratti di diritto civile in Polonia, gli accordi di esecuzione di lavoro in Cechia, gli accordi di lavoro con reddito irregolare in Slovacchia, i lavoratori domestici in Spagna, i contratti semplificati in Ungheria. Tali contratti possono rappresentare una parte consistente del mercato del lavoro.

Sebbene formalmente coperti, alcuni lavoratori atipici e i lavoratori autonomi possono di fatto avere un accesso limitato alla protezione sociale. Ciò significa che i lavoratori non possono maturare diritti adeguati né esercitarli se necessario. Alcuni degli ostacoli sono costituiti dai periodi minimi di contribuzione, dai tempi di attesa e dalla non trasferibilità dei diritti alla protezione sociale. I diritti alla protezione sociale non sono sempre salvaguardati, accumulati e/o trasferiti quando i lavoratori passano da una posizione nel mercato del lavoro a un'altra. Mentre il mondo del lavoro cambia, tali forme di flessibilità sono sempre più importanti e la non trasferibilità può compromettere il dinamismo del mercato del lavoro e l'incontro tra domanda e offerta di lavoro. L'assenza di regolamentazione, i costi elevati e la diversità delle regole che disciplinano i vari regimi possono costituire un ostacolo alle transizioni tra settori o forme di occupazione in diversi Stati membri. Infine, la mancanza di informazioni trasparenti sui diritti in materia di sicurezza sociale impedisce alle persone di prendere decisioni informate in molti paesi.

Le misure temporanee non sostituiscono la necessità di ampliare la protezione sociale per coloro che non sono coperti in modo più costante. La maggior parte delle misure adottate all'inizio della crisi COVID-19 è stata presentata come temporanea. In una fase di ripresa sono necessari sforzi costanti per mantenere e rafforzare la protezione sociale per tutti, compresi i lavoratori autonomi. Partendo dalla risposta alla crisi, la protezione dei lavoratori autonomi e dei lavoratori atipici dovrebbe essere ulteriormente migliorata a livello strutturale, conformemente alla raccomandazione sull'accesso alla protezione sociale.

L'adeguatezza dei regimi di reddito minimo si è gradualmente erosa in quasi tutti gli Stati membri, se confrontata con le soglie di povertà e i redditi dei lavoratori a basso salario. L'adeguatezza delle prestazioni di reddito minimo può essere monitorata 190 confrontando il reddito dei beneficiari sia con la soglia nazionale di povertà, sia con il reddito di un lavoratore a basso salario 191 . Tali riferimenti forniscono un'indicazione dell'effetto di riduzione della povertà di reddito, nonché della dimensione di attivazione e dei potenziali effetti disincentivanti dei regimi. Per l'ultimo anno per cui sono disponibili dati sul reddito (2018), l'adeguatezza dei regimi di reddito minimo è complessivamente diminuita nell'UE-27, a riprova del fatto che il reddito dei beneficiari del reddito minimo è in ritardo rispetto all'andamento complessivo del reddito nella fase di espansione economica precedente la crisi della COVID-19. Sebbene tale minore adeguatezza sia generale, in alcuni paesi il calo è più marcato rispetto al reddito di un lavoratore a basso salario (Estonia -18,2 punti percentuali, Cechia 7 punti percentuali, Lussemburgo -5,8 punti percentuali). Solo in due paesi l'adeguatezza del reddito minimo è vicina alla soglia di povertà (Irlanda e Paesi Bassi), mentre è rimasta al di sotto di un terzo della soglia di povertà in Romania, Bulgaria, Ungheria, Italia 192 , Cechia e Slovacchia.

Figura 70: l'adeguatezza del sostegno al reddito minimo nei diversi Stati membri varia considerevolmente

Reddito netto dei percettori di reddito minimo espresso come percentuale della soglia di rischio di povertà (media di tre anni) e del reddito di un lavoratore a basso salario (redditi dell'anno 2018)

Fonte: Eurostat, OCSE.

Note: il grafico riguarda le persone single senza figli. Il reddito netto di un percettore di reddito minimo può includere anche altri tipi di prestazioni (ad esempio, le prestazioni per l'abitazione) oltre al reddito minimo. Il lavoratore a basso salario preso come riferimento guadagna il 50 % del salario medio e lavora a tempo pieno. Per alcuni Stati membri (IE, IT e SK), poiché i dati della soglia AROP dell'indagine SILC 2019 non sono ancora disponibili, la soglia AROP utilizzata per il confronto nel grafico è la media degli ultimi due anni per i quali sono disponibili dati, invece di essere la media degli ultimi tre anni come per gli altri Stati membri.

Prima dello scoppio della pandemia, la copertura delle prestazioni sociali per le persone più povere era sostanzialmente stabile. Il tasso di percettori di prestazioni misura la percentuale di persone in età lavorativa (tra i 18 e i 59 anni) che percepiscono prestazioni (diverse da quelle di vecchiaia) sul totale della popolazione a rischio di povertà. Questo indicatore mostra un intervallo compreso tra il 42,1 % in Spagna e il 96,1 % in Danimarca, con una media dell'UE-27 del 63,9 %, in leggero calo (-2 punti percentuali) rispetto all'anno precedente.

Error! No sequence specified. Figura 71: in diversi Stati membri un'ampia percentuale della popolazione a rischio di povertà non percepisce alcuna prestazione

Tasso di percettori di prestazioni (percentuale di persone di età compresa tra i 18 e i 59 anni che percepiscono prestazioni sociali diverse dalla pensione di vecchiaia) sulla popolazione a rischio di povertà, 2018

Fonte: calcoli propri a partire dai dati SILC di Eurostat.

L'impossibilità di riscaldare la propria casa è in calo e varia molto da un paese all'altro. Questa dimensione della povertà energetica è diminuita in media, passando dal picco dell'11,2 % nel 2012 al 7,3 % nel 2019. La percentuale della popolazione che non può soddisfare le proprie esigenze di riscaldamento si è ridotta nettamente (di 5 punti percentuali o più) per Malta, Bulgaria, Lettonia, Lituania, Ungheria, Cipro, Grecia, Polonia, Portogallo, Italia e Romania, aumentando però di 2,3 punti percentuali in Slovacchia e di 1,8 punti in Lussemburgo. Nell'UE-27 è interessato il 18,8 % delle persone a rischio di povertà (rispetto al 5 % delle persone appartenenti a famiglie che ricevono il 60 % o più del reddito mediano equivalente). Le persone single a partire da 65 anni (10,2 %) o i genitori soli rischiavano di trovarsi in tale condizione più della popolazione complessiva. La raccomandazione sulla povertà energetica recentemente adottata dalla Commissione 193 contiene orientamenti e strumenti per comprendere meglio la povertà energetica nell'UE, oltre che i piani nazionali per l'energia e il clima degli Stati membri e la loro valutazioni da parte della Commissione.

L'adeguatezza delle pensioni è leggermente peggiorata nel 2019. Il tasso AROPE tra le persone a partire da 65 anni è leggermente aumentato nell'UE-27, passando dal 18,7 % del 2018 al 18,9 % del 2019, sebbene si tratti comunque di un forte calo rispetto al 2008 (23,3 %). Persistono differenze tra i generi (16,1 % tra gli uomini anziani, 21 % tra le donne anziane). Il tasso varia notevolmente da uno Stato membro all'altro, passando dal 9,6 % del Lussemburgo al 47,1 % della Bulgaria. L'aumento del tasso AROPE è dovuto principalmente alla povertà relativa, in quanto la soglia di povertà è aumentata in tutti i paesi dell'UE-27 tranne la Svezia. La deprivazione materiale grave ha invece continuato a diminuire: dopo essere scesa dal 7,5 % nel 2008 al 4,7 % nel 2018, si è ridotta ulteriormente fino al 4,4 % nel 2019. Anche il tasso di sostituzione aggregato 194 è leggermente diminuito, passando dal 58 % nel 2018 al 57 % nel 2019, a indicare un peggioramento relativo delle prestazioni pensionistiche in relazione all'ultimo reddito da lavoro; il tasso si mantiene comunque superiore al valore del 2008 (52 %). La differenza di genere (con un tasso di sostituzione che è in media inferiore per le donne) è diminuita da 5 a 4 punti percentuali ed è rimasta sostanzialmente costante dal 2008, nonostante relativi miglioramenti dell'occupazione femminile.

Il divario pensionistico di genere continua a diminuire lentamente. Il divario pensionistico di genere 195 è diminuito di circa 1 punto percentuale all'anno dal 2010 e nel 2018 era del 29,1 % (fascia d'età 65-74 anni). I dati recenti del 2019 evidenziano che il divario pensionistico di genere era ai livelli più elevati in Lussemburgo, a Malta, nei Paesi Bassi (oltre il 40 %), in Austria e a Cipro (poco più del 35 %), mentre i divari più bassi (meno del 10 %) si sono registrati in Estonia (0,2 %), Danimarca (6,7 %) e Slovenia (9,4 %).

La pandemia di COVID-19 ha ulteriormente evidenziato le esigenze assistenziali degli anziani. Dall'inizio della pandemia di COVID-19, un quinto delle persone di età pari o superiore a 50 anni che necessitavano di cure ha scoperto che era diventato più difficile ricevere le cure di cui aveva bisogno 196 ; ciò è dipeso dal fatto che i prestatori di assistenza non potevano raggiungerle o dal costo non più accessibile per i pazienti.

L'accessibilità economica delle abitazioni per le famiglie europee continua nel complesso a migliorare nel 2019, pur in presenza di importanti disparità tra gli Stati membri. Nel 2019 il 9,3 % della popolazione dell'UE-27 apparteneva a famiglie che spendevano il 40 % o più del loro reddito disponibile equivalente per l'abitazione (si tratta di una misura dell'eccessiva onerosità dei costi abitativi). Tale tasso raggiungeva il valore più elevato in Grecia (36,2 %), seguita da Bulgaria e Danimarca (più del 15 %) e i livelli minimi in Finlandia, a Malta e a Cipro (meno del 4 % della popolazione). Considerando la popolazione a rischio di povertà il tasso di eccessiva onerosità dei costi abitativi era notevolmente superiore (il 35 % nel 2019), con importanti disparità tra gli Stati membri. In Grecia l'eccessiva onerosità dei costi abitativi riguardava l'88 % della popolazione a rischio di povertà, in Danimarca il 74 %, in Bulgaria e Germania il 48 %. Allo stesso tempo, in Lituania, Lettonia, Finlandia, Estonia, a Cipro e a Malta meno del 20 % della popolazione a rischio di povertà spendeva il 40 % o più del reddito disponibile per costi abitativi. In generale, gli affittuari del mercato degli affitti privato o del mercato degli affitti a prezzo ridotto sono più condizionati dall'accessibilità economica delle abitazioni rispetto ai proprietari con un mutuo. Il tasso di eccessiva onerosità dei costi abitativi era più elevato nelle città (11,9 %) che nelle zone rurali (6,8 %).

La qualità delle abitazioni è migliorata nell'ultimo decennio, ma il 4 % della popolazione dell'UE-27 viveva ancora in abitazioni sovraffollate o con importanti carenze qualitative. Rientrano tra queste l'assenza di un bagno o di un gabinetto, infiltrazioni dal tetto dell'abitazione o un'abitazione ritenuta troppo buia. Il sovraffollamento o la cattiva qualità degli edifici riguardano in maniera sproporzionata le persone a rischio di povertà e gli affittuari, in particolare quelli del mercato degli affitti sovvenzionati. Le persone nate al di fuori dell'UE incontravano inoltre maggiori difficoltà nell'accedere ad abitazioni decenti, riportando alti tassi di sovraffollamento (27,6 % rispetto al 14,2 % per gli autoctoni) ed eccessiva onerosità dei costi abitativi (19,1 % rispetto all'8,8 % per gli autoctoni) nel 2019.

Nell'Unione europea il fenomeno dei senzatetto è aumentato: negli ultimi dieci anni il numero di persone senza casa è salito costantemente nella maggior parte degli Stati membri. Alcuni studi calcolano che almeno 700 000 persone dormano all'addiaccio o in alloggi di emergenza o temporanei ogni notte nell'UE, vale a dire il 70 % in più rispetto a dieci anni fa 197 . Inoltre, il rischio di trovarsi senza una fissa dimora si sta estendendo a diversi gruppi della società. In Irlanda, ad esempio, lo scorso anno una persona senza fissa dimora su tre ospitata in alloggi provvisori era un minore. In Svezia tra il 1993 e il 2017 la percentuale femminile tra le persone senza fissa dimora è aumentata dal 17 % al 38 %. Nei Paesi Bassi il numero dei giovani senza fissa dimora è più che triplicato tra il 2009 e il 2018 passando da 4 000 a 12 600. Tra le persone senza fissa dimora sono inoltre sovrarappresentati i rifugiati e i richiedenti asilo. In Germania le famiglie con minori rappresentano il 27,2 % dei rifugiati senza fissa dimora, rispetto al 13 % della popolazione complessiva di senzatetto. Nella città di Barcellona il 52,3 % delle persone senza fissa dimora sono cittadini di paesi terzi. In Grecia il 51 % del 3 774 minori non accompagnati sono senza fissa dimora. Le persone senzatetto devono affrontare anche disparità in termini di salute e presentano alti tassi di patologie croniche psichiche e fisiche, problemi legati all'abuso di sostanze e un'aspettativa di vita ridotta.

La crisi della COVID-19 ha esercitato una pressione senza precedenti sui sistemi sanitari degli Stati membri. Oltre a mettere in discussione le capacità di risposta alle crisi degli Stati membri, ha aggravato le attuali sfide strutturali relative all'efficacia, all'accessibilità e alla resilienza dei sistemi sanitari. Si tratta, ad esempio, di finanziamenti insufficienti per gli investimenti nel settore sanitario (anche per la preparazione e la risposta alle crisi), di un coordinamento e di un'integrazione limitati dell'assistenza sanitaria, di un'assistenza di base debole, di ostacoli persistenti all'accesso all'assistenza sanitaria e di esigenze di cure mediche insoddisfatte. Tali difficoltà hanno colpito duramente le persone più vulnerabili, in particolare a causa delle elevate spese non rimborsate.

Per quanto riguarda la percentuale della popolazione che dichiara una percezione di esigenze di cure mediche insoddisfatte, sussistono ancora forti differenze tra gli Stati membri, sia nei livelli sia nelle variazioni. Contrariamente all'anno precedente, nel 2019 si registra una correlazione negativa tra il livello e le variazioni delle esigenze di cure mediche insoddisfatte; ciò significa che i paesi in cui le esigenze insoddisfatte percepite sono più elevate hanno assistito, nell'ultimo periodo, a un calo relativamente più marcato ( figura 72 ). In alcuni Stati membri i costi e i tempi di attesa restano seri ostacoli all'accessibilità dell'assistenza sanitaria. Nel 2019 la percentuale della popolazione dell'UE che ha dichiarato esigenze di cure mediche insoddisfatte a causa di costi troppo elevati, tempi di attesa troppo lunghi o distanza da percorrere eccessiva è rimasta in media stabile all'1,8 % (stessa percentuale del 2018). Questa percentuale superava però il 5 % in Estonia e Grecia, mentre in Romania e Finlandia si avvicinava a questa soglia. L'aumento più visibile nel 2019 è stato registrato per la Danimarca. Le persone con disabilità presentano un livello più elevato di esigenze insoddisfatte dichiarate dall'interessato in termini di esami e cure mediche, pari al 4,2 % nel 2019, rispetto all'1 % per le persone senza disabilità. Particolarmente svantaggiate sono le persone con disabilità gravi (5,6 %) 198 .

In alcuni paesi il livello di reddito o la condizione lavorativa svolgono un ruolo importante nello spiegare i problemi di accesso alle cure mediche. Sebbene la maggior parte dei paesi non presenti differenze significative a seconda della condizione lavorativa (f igura 73 ), in alcuni di essi i disoccupati (Estonia e Grecia) e i pensionati (Estonia, Grecia e Romania) hanno notevoli difficoltà ad accedere all'assistenza sanitaria e le loro esigenze mediche insoddisfatte sono superiori al 10 %. Nella maggior parte dei paesi dell'UE, per le persone nel quintile di reddito più basso le esigenze di cure mediche insoddisfatte sono maggiori (cfr. la figura nei messaggi chiave). L'onere per le famiglie a basso reddito è particolarmente elevato in Grecia (+10 punti percentuali rispetto alla popolazione totale) e in Lettonia (oltre 4,5 punti percentuali rispetto alla popolazione totale).

Figura 72: prima della crisi della COVID-19 si registravano notevoli differenze tra gli Stati membri per quanto riguarda le esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato

Esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, indagine SILC. Periodo: livelli del 2019 e variazioni annue rispetto al 2018. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato. Dati non disponibili per IE, FR, IT e SK al 28 ottobre 2020.

Figura 73: in alcuni paesi, i disoccupati o i pensionati dichiarano un livello superiore di esigenze di cure mediche insoddisfatte

Esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato in base alla condizione lavorativa (2019)

Fonte: Eurostat [hlth_silc_13]. Dati non disponibili per FR, IE, IT e SK.

Adeguati in base alla composizione per età, i dati indicano come più probabili esigenze mediche non soddisfatte per la popolazione nata all'estero (rispetto a quella autoctona). Tale situazione era evidente soprattutto in Estonia e in Grecia e, in misura minore, in Svezia, Italia, Danimarca e Lettonia 199 . Tale tendenza può essere correlata a vari fattori, come la mancanza di accesso a causa dello status di residenza o di una limitata assicurazione sanitaria (in alcuni paesi), la mancanza di conoscenza delle modalità di accesso ai servizi, le risorse finanziarie, la concentrazione di migranti in aree svantaggiate con un minore accesso ai servizi sanitari nonché i sistemi nazionali non adattati alle esigenze specifiche dei migranti 200 . Questi fattori, combinati con la situazione abitativa e l'esposizione durante il lavoro, spiegano perché i migranti sono stati maggiormente colpiti dalla pandemia di COVID-19 201 . Tra i migranti residenti nell'UE, i rifugiati (e i richiedenti asilo) possono essere particolarmente a rischio.

Il numero medio di anni di vita in buona salute prevedibile a 65 anni è rimasto stabile nel 2018. Tale numero si attesta ora a 9,8 anni per gli uomini e a 10,0 anni per le donne. Secondo le previsioni, il numero di anni di vita in buona salute a 65 anni è più alto in Svezia, a Malta, in Irlanda e in Spagna (oltre 12 anni per entrambi i sessi), mentre la speranza di vita in buona salute è particolarmente bassa in Lettonia, Slovacchia e Croazia (circa cinque anni).

L'assistenza sanitaria è finanziata attraverso diversi regimi e l'importanza relativa di ciascuno di essi varia da uno Stato membro all'altro. Nel 2018 le spese non rimborsate, vale a dire le spese delle famiglie per la sanità (compresi gli articoli medici) non rimborsate da nessun regime o che costituiscono la compartecipazione alle spese in un regime strutturato si situavano al di sopra del 30 % delle spese sanitarie correnti in Bulgaria, Grecia, a Cipro, in Lettonia e Lituania ( figura 74 ).

I sistemi di assistenza a lungo termine sono stati fortemente colpiti dalla pandemia a causa dell'elevata vulnerabilità dei loro utenti alla malattia (per vecchiaia, comorbosità o disabilità). Nelle ultime settimane sono emerse varie sfide per i sistemi di assistenza a lungo termine connesse alla pandemia di COVID-19 che spaziano dalla limitata disponibilità di dati alle situazioni difficili per i lavoratori e i prestatori di assistenza informale, alla discontinuità dei servizi, ai problemi di capacità in relazione ai test e ai dispositivi di protezione individuale, alle violazioni dei diritti umani degli anziani e delle persone con disabilità, in particolare quelle con disabilità intellettive e gravi. Alcuni di questi problemi rappresentano nuove sfide legate alla crisi (ad esempio, la capacità di eseguire i test), mentre in altri casi la pandemia di COVID-19 ha messo a nudo e aggravato le criticità strutturali esistenti (ad esempio, in relazione all'accesso alle cure e alla forza lavoro).

La necessità di assistenza a lungo termine aumenta con l'invecchiamento della popolazione dell'UE. Nei prossimi sessant'anni (entro il 2070) il numero di cittadini europei di età superiore a 80 anni raddoppierà e l'indice di dipendenza degli anziani (il rapporto tra le persone di età superiore ai 65 anni e quelle di età compresa tra i 15 e i 64 anni) farà un balzo consistente, passando dal 29,6 % del 2016 al 51,2 % nel 2070 202 . Nell'UE ci saranno solo 2 persone in età lavorativa per ogni persona con più di 65 anni rispetto a 3,3 persone nel 2016. Il rischio di diventare dipendenti è più elevato verso l'età avanzata, quando le persone hanno maggiori probabilità di diventare fragili (il 27,3 % delle persone con più di 65 anni e il 41,5 % di quelle con più di 75 anni segnalano gravi difficoltà nella cura della persona o nelle attività domestiche).

Figura 74: in alcuni Stati membri le spese non rimborsate rappresentano un'ampia percentuale della spesa sanitaria totale.

Spesa per l'assistenza sanitaria per fonte di finanziamento, 2018

Fonte: Eurostat [hlth_sha11_hf]. Note: i dati sono raccolti conformemente al regolamento (UE) 2015/359 della Commissione per quanto riguarda le statistiche sulla spesa per l'assistenza sanitaria e relativo finanziamento (manuale del sistema dei conti sanitari 2011). Dati non disponibili per FI e MT.

Gran parte delle persone che ne hanno bisogno non ha accesso ai servizi di assistenza personale. In media nell'UE-27 nel 2014 (ultimi dati disponibili) 203 , il 52 % delle persone con gravi difficoltà nella cura della persona o nelle attività domestiche non ha ricevuto aiuto per tali attività, il 37 % ha ricevuto un'assistenza sufficiente e l'11% non ha avuto bisogno di assistenza. Per molte famiglie è difficile accedere ai servizi professionali di assistenza sanitaria e i principali fattori inibitori del mancato utilizzo dell'assistenza a domicilio sono stati le ragioni finanziarie (35,7 %), l'indisponibilità (9,7 %), il rifiuto da parte delle persone in stato di bisogno (5 %) e la qualità insoddisfacente (2,1 %). Nell'UE-27 il 6,3 % della popolazione adulta ha prestato assistenza informale a familiari o amici.

Si prevede un aumento significativo della necessità di assistenza a lungo termine. L'assistenza a lungo termine è la spesa sociale che aumenta più rapidamente, se paragonata alla sanità e alle pensioni. Secondo le proiezioni, la spesa pubblica dell'UE per l'assistenza a lungo termine passerà dall'1,6 % al 2,7 % del PIL tra il 2016 e il 2070, con notevoli differenze tra gli Stati membri (cfr. la figura 72).

L'evoluzione del ruolo delle donne nella società interagisce con i cambiamenti demografici e la prestazione di assistenza a lungo termine nell'UE. Sebbene i divari di genere persistano (cfr. capitolo 3.2), le donne partecipano sempre più al mercato del lavoro: uno sviluppo positivo in un contesto caratterizzato dall'invecchiamento delle società e dal calo della popolazione in età lavorativa. Data la loro maggiore mobilità e partecipazione al mercato del lavoro, le donne non possono, come avveniva in passato, prestare assistenza a lungo termine ai membri del loro ambiente sociale. La necessità di servizi di assistenza a lungo termine adeguati e a prezzi accessibili è quindi ancora più pressante.

3.4.2    Misure adottate dagli Stati membri

Gli Stati membri hanno adottato misure di emergenza per rispondere agli effetti sulla società della crisi della COVID-19, spesso in aggiunta alle riforme in corso volte a migliorare la protezione sociale delle persone a rischio di povertà. Molti Stati membri hanno introdotto misure di sostegno dei redditi delle famiglie in situazioni di grande fragilità. Tali misure hanno compreso l'aumento delle prestazioni esistenti o l'erogazione di servizi supplementari in natura, maggiore elasticità delle regole di accessibilità e riduzione degli oneri amministrativi, o l'introduzione di nuove prestazioni temporanee. Tali misure erano indirizzate in particolare a sostenere le persone che non avevano diritto alle prestazioni di disoccupazione e avevano redditi molto bassi. Ad esempio l'Italia ha introdotto un "reddito di emergenza" per sostenere le famiglie a basso reddito (potenzialmente, un milione di persone) non coperte dal regime di reddito minimo o da altre misure attuate nel contesto della crisi (quali sistemi di integrazione salariale o prestazioni per le professioni regolamentate). L'importo una tantum di 200 EUR è stato versato alle famiglie con figli di età inferiore a 14 anni che si sono trovate in congedo non retribuito durante il confinamento in Bulgaria, dove il governo ha continuato a erogare prestazioni di assistenza sociale semplificando i requisiti che riguardano la frequenza regolare dei corsi d'istruzione. La Finlandia ha erogato sostegno alle famiglie più vulnerabili che avevano diritto al reddito minimo nei casi in cui le misure restrittive dovute alla pandemia hanno comportato costi aggiuntivi. Per quanto riguarda le misure permanenti, la Spagna ha adottato un regime nazionale di reddito minimo che stabilisce un importo minimo per l'intero territorio, con regole comuni in materia di ammissibilità, durata e importo. Si prevede che tale misura amplierà la copertura offerta dai regimi regionali esistenti, oltre a ridurre le disparità regionali. Il regime nazionale è compatibile con un reddito da lavoro basso, anche se le regole specifiche su questo punto, come altre misure di attivazione, sono in preparazione. Alcune modifiche permanenti su scala ridotta sono state realizzate in altri Stati membri. In Lettonia a partire dal 1º gennaio 2021 il reddito minimo garantito passerà dagli attuali 64 EUR a 109 EUR al mese per componente della famiglia. In Bulgaria è stato introdotto un "reddito di base per il riscaldamento", grazie all'ampliamento dei criteri di accesso e all'aumento degli importi (aumento degli importi del 24,5 % e una copertura che comprende il 21 % delle persone in più rispetto al 2018).

La crisi COVID-19 ha esercitato una pressione senza precedenti sui servizi sociali mirati. Molti di questi servizi non sono stati considerati essenziali e non hanno potuto proseguire le loro attività durante i periodi di confinamento. Ciò ha colpito in modo sproporzionato le persone che si trovavano nelle situazioni più vulnerabili e che contavano sulla continuità della prestazione di tali servizi, in particolare le persone senza fissa dimora, le persone con disabilità, le famiglie indebitate, i minori, le persone vittime di violenza domestica, i casi di dipendenza e le famiglie che dipendevano dalle visite degli assistenti sociali. L'effetto negativo riguardava in particolare i servizi forniti dalle ONG o dalle imprese dell'economia sociale. L'erogazione dei servizi e l'assistenza ai beneficiari hanno risentito della carenza di personale, della mancanza di piani di continuità operativa, dell'applicazione limitata delle tecnologie TIC, dei problemi di comunicazione e delle difficoltà di coordinamento con altri portatori di interessi, quali la pubblica amministrazione, i fornitori di servizi e le ONG. In questo difficile contesto, gli Stati membri hanno adottato misure positive programmate e di emergenza. In merito a queste ultime, la Spagna ha trasferito risorse supplementari dal bilancio nazionale ai servizi sociali delle regioni e dei comuni, al fine di assistere le persone vulnerabili, in particolare gli anziani e le persone non autosufficienti. Inoltre, le amministrazioni locali sono state autorizzate a investire le eccedenze di bilancio del 2019 per far fronte alle conseguenze della pandemia (circa 300 milioni di EUR). Per quanto riguarda le misure previste, l'Estonia ha adottato un programma di tutoraggio per sostenere i comuni nello svolgimento dei loro compiti di assistenza sociale, sostenere lo sviluppo di organizzazioni di assistenza sociale e migliorare la qualità delle misure di protezione sociale locali. Un altro provvedimento prevedeva misure di riabilitazione sociale senza liste d'attesa nel caso di una prima insorgenza di disturbi psicologici, al fine di garantire un sostegno tempestivo e ininterrotto. La Romania ha aggiornato i costi standard dei servizi sociali per le categorie di beneficiari vulnerabili: minori, adulti con disabilità, persone anziane non autosufficienti, vittime di violenza domestica o servizi sociali rivolti agli aggressori. L'aumento della spesa è compreso tra il 44 % e il 98 % a seconda dei diversi tipi di servizi. Sono state inoltre intraprese azioni a livello locale, tra cui: rinvio dei pagamenti per alcuni servizi a pagamento, riassegnazione del personale, assegnazione di strutture aggiuntive (anche per i senzatetto), avvio di teleservizi e spostamento di servizi alla modalità online.

Gli Stati membri hanno adottato misure per sostenere l'accesso ai servizi essenziali e affrontare il problema della povertà energetica, anche in risposta alla crisi della COVID-19. Le misure a sostegno dell'accesso delle persone bisognose ai servizi essenziali (come l'acqua, i servizi igienici, l'energia, i trasporti, le comunicazioni digitali e i servizi finanziari) variano notevolmente da uno Stato membro all'altro. Esse comprendono misure generali di politica sociale rivolte alle famiglie a basso reddito o indigenti, come il sostegno al reddito per poter pagare i servizi o gli aiuti per pagare le bollette, i buoni di vario tipo, le linee di credito e i sussidi, le esenzioni fiscali, gli interventi diretti di riduzione del prezzo dei servizi, nonché le misure di protezione dei consumatori, come la fornitura di servizi minimi e la protezione dalle interruzioni della fornitura 204 . Negli ultimi anni alcuni Stati membri hanno adattato i propri quadri strategici per ampliare il sostegno e facilitare l'accesso. In Romania, ad esempio, sono state introdotte nuove prestazioni in denaro per la fornitura di acqua potabile e lo smaltimento delle acque di scarico per la popolazione a basso reddito. In Italia, a partire dal 2021, i bonus per l'acqua e l'energia saranno automaticamente applicati alle bollette, nel tentativo di aumentare i tassi di utilizzo dei sussidi. Sebbene i servizi essenziali siano stati garantiti per tutta la durata della crisi della COVID-19, i gruppi vulnerabili potrebbero dover affrontare sfide sempre maggiori per accedervi e permetterseli. Nei pacchetti di emergenza gli Stati membri hanno adottato misure per affrontare questo rischio. La Spagna, ad esempio, ha inserito alcuni lavoratori autonomi nel gruppo di clienti ammissibili alla tariffa sociale dell'energia elettrica. Infine, grazie ai piani nazionali per l'energia e il clima 205 e alla strategia relativa alle ristrutturazioni, è stata prestata una rinnovata attenzione alla povertà energetica 206 . I piani nazionali per l'energia e il clima riguardano anche l'accessibilità economica, spesso nel contesto della transizione energetica e climatica. È il caso di Austria, Belgio, Francia, Paesi Bassi o Danimarca.

La crisi della COVID-19 avrà probabilmente effetti particolarmente pesanti sulle famiglie a basso reddito con figli. In circostanze normali, aumentare la partecipazione dei genitori al mercato del lavoro è uno dei modi più efficaci per affrontare le cause profonde della povertà infantile; le principali misure d'intervento prevedono politiche attive del mercato del lavoro e l'ampliamento dei servizi di assistenza all'infanzia di alta qualità a prezzi accessibili, con orari di lavoro prolungati. Tutto ciò, però, è diventato difficile nel contesto della pandemia di COVID-19. Non solo le nuove offerte di lavoro sono diventate più scarse per effetto della flessione economica, ma molte strutture di assistenza all'infanzia hanno anche limitato la loro capacità o l'orario di lavoro (o hanno chiuso del tutto) al fine di attenuare il rischio epidemico. Solo uno Stato membro (Svezia) ha mantenuto aperte le scuole per l'infanzia e le scuole per alunni fino a 15 anni 207 , fornendo così assistenza e un'istruzione di qualità ai bambini e consentendo ai genitori di mantenere modelli di lavoro il più possibile prossimi alla normalità. Le risposte degli Stati membri a queste sfide cruciali in materia di istruzione sono discusse in dettaglio al punto 3.2.2.

La maggior parte delle nuove misure nel campo delle politiche per la famiglia è stata varata nel contesto della risposta alla sfida posta dalla pandemia di COVID-19. Generalmente si è trattato di prestazioni finanziarie aggiuntive e temporanee, destinate ai minori e alle famiglie più vulnerabili (Belgio-Fiandre, Bulgaria, Lettonia, Portogallo, Romania), o di un'estensione dell'ammissibilità alle prestazioni esistenti in precedenza (Polonia, Slovacchia). Inoltre, Lituania, Malta, Slovenia e Slovacchia hanno decretato l'aumento degli assegni familiari in modo permanente e la Polonia ha ampliato l'ammissibilità all'assegno esistente per figli a carico. Con una nuova legge sulla famiglia, l'Italia prevede di istituire un'indennità mensile universale per tutti i figli a carico, riformare vari tipi di congedi familiari, incentivare l'ingresso nel mondo del lavoro delle donne con responsabilità assistenziali e sviluppare politiche che sostengano le spese educative e scolastiche delle famiglie.

Poiché è probabile che la pandemia di COVID-19 farà aumentare le disuguaglianze in Europa, in termini sia di reddito che di istruzione, sono necessarie azioni correttive. Tra queste la garanzia per l'infanzia, il cui obiettivo è quello di garantire ai minori bisognosi l'accesso a servizi quali l'assistenza sanitaria e l'istruzione, figura in primo piano e prevede anche un'alimentazione adeguata (che è fondamentale per un sano sviluppo), l'educazione e la cura della prima infanzia, le attività extrascolastiche nei settori della cultura, dello sport e del tempo libero (che completano l'aspetto dell'integrazione sociale dell'istruzione) e, per quanto possibile, l'abitazione. La garanzia europea per l'infanzia contribuirà ad attenuare gli effetti negativi della crisi economica successiva alla COVID-19: opererà per ridurre i divari a livello nazionale in termini di accesso ai servizi e per promuovere le pari opportunità.

Mentre negli anni precedenti gli Stati membri hanno ampliato costantemente la copertura dei sistemi di protezione sociale, nel 2020 si è posto l'accento sull'adozione di misure temporanee per far fronte a situazioni di emergenza. La pandemia di COVID-19 ha messo in primo piano le persone che non sono coperte, o non lo sono adeguatamente, dalla protezione sociale, come i lavoratori atipici o i lavoratori autonomi. Nei primi mesi della crisi (marzo/aprile 2020), i paesi hanno quindi ampliato e replicato su più ampia scala i regimi esistenti e hanno moderato le loro condizioni di ammissibilità (ad esempio, per le prestazioni di disoccupazione o i regimi di prestazioni di malattia). Le prestazioni di disoccupazione sono state prolungate (ad esempio, in Danimarca, Grecia, Bulgaria o Lussemburgo), aumentate (Bulgaria) o il loro decremento progressivo è stato congelato, come in Belgio. I lavoratori autonomi hanno ricevuto maggiori possibilità di beneficiare dei regimi di sostegno al reddito, per lo più per un periodo limitato o attraverso pagamenti una tantum (ad esempio, Belgio, Cipro, Cechia, Portogallo). In Cechia, ad esempio, il governo ha compensato la perdita di reddito dei lavoratori autonomi colpiti dal calo delle vendite con un pagamento forfettario di 25 000 CZK (circa 915 EUR) per il periodo compreso tra il 12 marzo e il 30 aprile. Di recente, il sostegno è stato prorogato per l'intero periodo di chiusura di negozi/esercizi e i lavoratori autonomi interessati percepiranno 500 CZK al giorno (circa 18 EUR). A Cipro un regime di sovvenzioni dovrebbe coprire una parte delle spese di esercizio delle piccole imprese e dei lavoratori autonomi. Le prestazioni di malattia sono state estese e si attiveranno dal secondo giorno di malattia (Estonia) o (Cipro) per coprire sia i lavoratori dipendenti sia i lavoratori autonomi con patologie preesistenti che devono assentarsi dal lavoro per motivi di sicurezza sanitaria, e nei casi di assenza dal lavoro obbligatoria dietro istruzioni o ordinanze delle autorità (confinamento obbligatorio/quarantena). In Lettonia lo Stato si assume la responsabilità del periodo di malattia precedentemente retribuito dal datore di lavoro (dal 2º giorno di congedo) nei casi connessi alla COVID-19 (malattia e quarantena obbligatoria) fino alla fine del 2020.

La crisi della COVID-19 ha creato la necessità di ulteriori misure per far fronte agli effetti sproporzionatamente negativi sulle persone con disabilità. Oltre alle misure permanenti previste, quindi, diversi Stati membri ne hanno adottato altre temporanee per alleviare la situazione delle persone con disabilità. In questa sezione sono elencate sia le misure permanenti sia quelle temporanee legate alla pandemia di COVID-19. Il Belgio ha messo in atto un sostegno supplementare al reddito di 50 EUR al mese per 6 mesi per i beneficiari di un reddito minimo, una prestazione di invalidità e il reddito garantito ai pensionati. A causa della pandemia di COVID-19 l'Estonia ha esteso la validità dei diritti dei minori disabili fino alla fine di agosto 2020, aggiungendo un finanziamento supplementare di 0,34 milioni di EUR. Allo stesso tempo ha aumentato le prestazioni per i minori disabili, che erano state aumentate l'ultima volta nel 2006. Durante la situazione di emergenza (fino al 18 maggio 2020), mettendo a disposizione un bilancio di 10 milioni di EUR, sono state garantite indennità straordinarie ai genitori di minori con bisogni speciali. L'Estonia ha inoltre prorogato la validità del livello di disabilità dei minori fino al raggiungimento dell'età lavorativa in caso di disabilità grave o profonda, sia essa stabile o progressiva. In precedenza la disabilità era stabilita per un periodo compreso fra uno e tre anni. La Francia ha prorogato alcuni diritti sociali di tre o sei mesi nei casi in cui tali diritti sarebbero scaduti tra il 12 marzo 2020 e il 31 luglio 2020, tra cui l'indennità per le persone con disabilità, l'assegno per l'istruzione di un figlio disabile e la prestazione compensativa di invalidità. Per quanto riguarda le misure permanenti, in Bulgaria gli operatori sanitari e sociali hanno fornito agli anziani e alle persone con disabilità servizi di sostegno, tra cui visite a domicilio, pacchi alimentari e pranzi caldi, medicinali e beni essenziali. La Lettonia ha previsto di aumentare il sostegno al reddito per le persone con disabilità e di introdurre un assistente per le persone con disabilità nell'istruzione superiore (prima solo gli studenti con disabilità visive avevano diritto ai servizi degli assistenti). La Lituania si sta adoperando per chiudere tutti gli orfanotrofi istituzionali entro la fine del 2020 (cfr. punto 3.2). Malta ha aumentato le pensioni di invalidità e la Slovacchia ha aumentato le prestazioni di invalidità. Il Portogallo ha istituito lo statuto giuridico del prestatore informale di assistenza, ha semplificato il processo di verifica della disabilità per lo status dei prestatori di assistenza informale e sta lavorando a progetti pilota finalizzati a migliorare la situazione di questi ultimi. La Romania ha aggiornato le norme in materia di costi dei servizi sociali per i gruppi vulnerabili, comprese le persone con disabilità, che non erano state aggiornate dal 2015.

Durante la crisi della COVID-19 molti Stati membri hanno adottato misure di emergenza per proteggere la situazione abitativa delle persone più vulnerabili 208 . Durante il confinamento è stato ad esempio previsto un alloggio di emergenza per i senzatetto, anche attraverso ostelli e rifugi di emergenza. È il caso, ad esempio, della Francia, della Spagna e delle principali città dell'Irlanda e dell'Austria. In Spagna, Austria, Germania e Portogallo sono state applicate moratorie sul pagamento degli affitti per gli inquilini gravemente colpiti, mentre l'Irlanda e il Lussemburgo hanno fornito un sostegno finanziario agli inquilini che non erano in grado di onorare i pagamenti degli affitti a causa della crisi 209 . In Grecia il governo ha autorizzato una riduzione temporanea (fino al 60 %) dei pagamenti degli affitti per gli inquilini che hanno perso il lavoro durante la crisi 210 . Misure analoghe sono state adottate dai governi locali e in alcune città, come Lisbona e Sintra (Portogallo), dove gli affitti delle case popolari sono stati sospesi per diversi mesi 211 . L'Italia e i Paesi Bassi hanno attuato misure volte a proteggere i titolari di mutui ipotecari dal rischio di perdere la loro casa, come la sospensione delle procedure di pignoramento durante il periodo di confinamento 212 . Tuttavia queste misure sono state per la maggior parte temporanee ed è improbabile che si estendano per tutta la durata degli effetti della pandemia globale sulla capacità delle famiglie di sostenere i costi abitativi, soprattutto per coloro che hanno subito la perdita del lavoro o del reddito durante la crisi. Dal lato dell'offerta, una delle principali sfide della politica di edilizia abitativa è la diminuzione degli investimenti pubblici nell'offerta di alloggi negli ultimi dieci anni 213 . Alcuni Stati membri hanno adottato misure per aumentare l'offerta di alloggi popolari e sostenere la ripresa post-crisi del settore edilizio Austria, Irlanda e Paesi Bassi, ad esempio, hanno introdotto finanziamenti aggiuntivi e hanno moderato le condizioni dei prestiti, al fine di garantire liquidità ai costruttori. In Portogallo sono state concesse esenzioni fiscali sulle plusvalenze immobiliari per incentivare i proprietari di abitazioni che operano nel mercato degli affitti turistici a breve termine a riorientarsi invece sul mercato della locazione a prezzi accessibili.

Le pensioni rappresentano la fonte principale di reddito per un cittadino europeo su quattro e svolgono un ruolo di primo piano per assicurare la resilienza dell'economia durante la crisi economica indotta dalla COVID-19. Nel corso dell'ultimo anno, prima dell'inizio della crisi indotta dalla COVID-19 e sullo sfondo di un costante aumento dell'occupazione nell'UE, che aveva raggiunto il livello più alto mai riscontrato, gli Stati membri hanno continuato a impegnarsi per salvaguardare l'adeguatezza delle pensioni. Diversi Stati membri hanno continuato a impegnarsi per promuovere vite lavorative più lunghe, principalmente ricorrendo a incentivi e altre misure non vincolanti, quali facilitare la combinazione di pensione e occupazione (Slovenia), agevolare il pensionamento tardivo al di là dell'età pensionabile (Estonia, Svezia) e prolungare il periodo per l'ottenimento del diritto (Danimarca, Lituania). Altri paesi hanno puntato al rafforzamento della capacità di conservazione del reddito e dell'inclusività dei sistemi pensionistici, ad esempio mediante una revisione delle regole sulla maturazione degli importi (Estonia, Lituania) o sull'indicizzazione (Croazia), aumentando le esenzioni fiscali (Malta), introducendo la maturazione di diritti pensionistici per la cura dell'infanzia (Slovenia) o rafforzando il risparmio per le pensioni professionali (Paesi Bassi, Polonia). Un certo numero di Stati membri hanno adottato misure mirate alla riduzione della povertà, principalmente mediante l'introduzione o l'aumento di pensioni minime di base (ad esempio Italia, Slovenia, Bulgaria) o l'aggiunta di una piccola integrazione a tutte le pensioni durante la crisi della COVID-19 e la proposta di disposizioni in materia di aumenti permanenti (Bulgaria). Alcuni Stati membri hanno riformato le modalità di finanziamento dei loro sistemi pensionistici, ad esempio la Lituania ha spostato parte del finanziamento dalla sicurezza sociale al bilancio generale e reso volontari i trasferimenti al pilastro finanziato per legge. Allo stesso tempo da quando è iniziata la crisi la maggior parte degli Stati membri non ha introdotto riforme sostanziali connesse alla crisi nei loro sistemi pensionistici e alcune riforme già programmate sono state sospese (ad esempio la riforma globale delle pensioni in Francia).

Tutti gli Stati membri hanno adottato varie misure temporanee per rafforzare i rispettivi sistemi sanitari in risposta alla pandemia e migliorare la resilienza. Fra le misure previste vi sono fondi aggiuntivi destinati a coprire i costi di assistenza sanitaria sostenuti a causa della pandemia di coronavirus (ad esempio, per riorganizzare l'erogazione di cure presso gli ospedali o per prodotti medici essenziali, quali dispositivi di protezione individuale, farmaci o ventilatori) e per aumentare la capacità di ricerca e innovazione (in particolare per quanto riguarda i vaccini e le misure di risposta alle crisi). Le misure miravano inoltre a rafforzare i sistemi sanitari aumentando il numero di posti letto di terapia intensiva, fornendo assistenza territoriale alle regioni più colpite, aumentando i numeri del personale sanitario (ad esempio, assumendo personale supplementare, riqualificando il personale esistente, impiegando studenti di medicina o la riserva medica), finanziando il lavoro straordinario del personale sanitario impegnato nel contenimento della COVID-19 e/o concedendo un bonus di incentivo per compensare i rischi cui è esposto il personale di assistenza sociale e di prossimità, il personale sanitario e il personale addetto all'assistenza di prossimità. Gli Stati membri hanno aumentato e migliorato la propria capacità di esecuzione dei test e le capacità di laboratorio e adeguano costantemente le norme in materia di test, distanziamento fisico, viaggi, protezione personale e quarantena alle rispettive situazioni epidemiologiche.

La crisi ha fatto emergere le debolezze strutturali di fondo dei sistemi sanitari in molti Stati membri e ha evidenziato la necessità di riforme e modernizzazione. Ha già innescato riforme volte a migliorare l'accessibilità dei sistemi sanitari, quali la soppressione dei diritti di utenza per l'assistenza primaria in Irlanda, la copertura dell'assistenza connessa alla COVID-19 anche per i non assicurati in Bulgaria, l'estensione della copertura ai migranti in Portogallo o la parziale copertura dei contributi per i disoccupati in Ungheria, Slovenia, Grecia e Croazia. In Germania e Francia le limitazioni al ricorso alle visite online sono state ulteriormente ridotte a seguito della crisi.

Gli Stati membri continuano a modernizzare i propri sistemi sanitari, ad esempio aumentando l'accesso ai servizi sanitari e la disponibilità degli stessi. Alcuni Stati membri concedono incentivi o sovvenzioni ai medici di famiglia o agli studenti di medicina affinché lavorino in zone scarsamente servite (ad esempio, Estonia, Lettonia, Francia, Germania) o aumentano gli stipendi di (talune professioni di) operatori sanitari (Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania). L'assistenza sanitaria di base viene rafforzata con l'istituzione di centri di assistenza sanitaria di prossimità, unità di assistenza sanitaria locali o ambulatori presidiati da gruppi di medici generici (Austria, Cechia, Estonia, Grecia, Lussemburgo, Romania). La Lituania riferisce progressi nell'esaurimento delle liste d'attesa e nella riduzione dei ticket per le prescrizioni. Nel 2019 Cipro ha attuato la prima fase dell'assistenza ambulatoriale, che dovrebbe ridurre significativamente le spese non rimborsate e aumentare ulteriormente l'accesso all'assistenza sanitaria. La fase finale della riforma del sistema sanitario generale è stata avviata il 1º giugno 2020 con l'introduzione della copertura delle cure ospedaliere nell'ambito del pacchetto delle prestazioni. Alcune specialità inizialmente previste per la fase 2 (dietisti clinici, terapisti occupazionali, logopedisti, fisioterapisti, psichiatri, dentisti, specialisti in riabilitazione medica e cure palliative) sono state rinviate all'autunno. Diversi Stati membri stanno pianificando o attuando una migliore programmazione e/o formazione del personale sanitario (Svezia, Germania, Francia, Estonia, Spagna, Lituania, Lussemburgo, Lettonia).

Proseguono gli sforzi per migliorare la resilienza, l'efficacia e l'efficienza della prestazione di assistenza. In Finlandia il nuovo governo ha rilanciato la riforma sociale e sanitaria (SOTE) con alcune modifiche, pur mantenendo l'accento sul miglioramento dell'accesso alle cure. L'Austria ha ridotto il numero dei fondi assicurativi da 21 a 5 a partire dal 1º gennaio 2020 per una maggiore efficienza. In Cechia e Lettonia è in fase di sviluppo un nuovo sistema di valutazione delle prestazioni e il Portogallo ha creato una struttura formale per valutare la gestione degli ospedali pubblici. Il Lussemburgo ha istituito un osservatorio nazionale dei dati sanitari per migliorare la disponibilità e la qualità di questi ultimi. In Grecia, una nuova autorità centrale di committenza per il settore sanitario (EKAPY) si occuperà di gestire gli appalti centrali. La Francia prosegue il consolidamento delle reti ospedaliere per un migliore coordinamento delle cure ospedaliere. In Cechia e in Grecia sono in fase di attuazione sistemi di raggruppamenti omogenei per diagnosi, già previsti in Lussemburgo. Nel settore dell'assistenza sanitaria digitale il sistema di consultazione elettronica dell'Estonia consente ai medici di famiglia di rivolgersi digitalmente agli specialisti per i casi difficili. Nel luglio 2019 il paese ha varato un sistema di registrazione digitale centrale per la prenotazione delle cure ospedaliere. La Cechia e la Polonia hanno pienamente attuato le ricette mediche elettroniche e la Lituania sta sperimentando un modello per la prestazione di servizi di assistenza sanitaria a distanza. La Germania si sta preparando a mettere a disposizione di tutti i pazienti cartelle cliniche elettroniche a partire dal 2021. La Romania prevede di presentare una nuova strategia sanitaria pluriennale nel 2021. Nell'estate del 2020 la Francia ha annunciato nuovi investimenti nella sanità e nell'assistenza agli anziani che comprendono infrastrutture, personale e servizi digitali.

Per effetto della pandemia molti Stati membri hanno agito per proteggere i loro sistemi di assistenza a lungo termine e i destinatari; alcuni hanno migliorato la situazione nel settore formale e in quello informale. La Finlandia ha adottato modifiche alla legge sull'assistenza alle persone anziane al fine di aumentare gradualmente il livello minimo di personale assegnato e la qualità dell'assistenza nel campo dell'assistenza 24 ore su 24 e dell'assistenza istituzionale a lungo termine delle persone anziane, per passare da 0,5 addetti per paziente nell'ottobre 2020 a 0,7 addetti per paziente entro l'aprile 2023. Il Portogallo ha definito lo status giuridico dei prestatori informali di assistenza. Per proteggere i beneficiari dell'assistenza durante la pandemia, diversi Stati membri (ad esempio Austria, Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Slovenia) hanno introdotto misure per isolare i residenti dagli altri beneficiari dell'assistenza all'interno della stessa struttura. Tali misure comprendono il confinamento delle persone appena ricoverate in una residenza sanitaria assistenziale per un certo numero di giorni, la separazione delle residenze in "zone COVID" e "zone non COVID", l'isolamento dei residenti in stanze singole. Alcuni Stati membri (ad esempio Belgio-Vallonia, Estonia, Francia, Irlanda, Italia, Spagna) hanno inoltre introdotto misure per contrastare il maggior senso di solitudine indotto dalla pandemia e dalle misure di contenimento. Tali iniziative comprendono l'autorizzazione alle visite dei parenti nelle case di cura a condizioni regolamentate, il ricorso a dispositivi per consentire la comunicazione tra i residenti delle case di cura e i loro parenti e sostegno psicologico tramite counselling per telefono. Dato che la scarsità di personale nel settore dell'assistenza a lungo termine è peggiorata durante la crisi, alcuni Stati membri (ad esempio Austria, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Slovenia, Svezia) hanno introdotto o ampliato misure per aumentare la disponibilità di tali lavoratori, tra le quali una riduzione temporanea dei requisiti per consentire l'assunzione in tempi rapidi di nuovi addetti, il ricorso a volontari, studenti di medicina e pensionati, norme meno rigorose sul limite alle ore di lavoro, la riassegnazione di personale da altri settori, l'aumento della riqualificazione e dell'apprendimento permanente nel settore e l'autorizzazione all'ingresso nel paese per i lavoratori transfrontalieri del settore dell'assistenza nonostante la chiusura delle frontiere. Alcuni Stati membri (ad esempio Lituania, Lussemburgo, Slovacchia, Spagna) hanno anche introdotto misure a sostegno dei prestatori informali di assistenza durante la pandemia, ad esempio sotto forma di prestazioni o di autorizzazione a ridurre le ore di lavoro o mediante l'introduzione di regimi di congedi speciali.

(1)

L'ultimo aggiornamento degli orientamenti in materia di occupazione è stato adottato dal Consiglio dell'Unione europea nell'ottobre 2020 (GU L 344 del 19.10.2020, pag. 22).

(2)

Come indicato nella strategia annuale di crescita sostenibile 2021, il ciclo 2021 del semestre europeo sarà adattato per tener conto dell'introduzione del dispositivo per la ripresa e la resilienza. La Commissione valuterà il contenuto dei piani per la ripresa e la resilienza presentati dagli Stati membri in documenti analitici che accompagneranno le proposte di atti di esecuzione del Consiglio. Tali documenti analitici sostituiranno le consuete relazioni per paese. Data la natura programmatica globale e orientata al futuro dei piani per la ripresa e la resilienza, nel 2021 non sarà necessario che la Commissione presenti raccomandazioni specifiche per paese per gli Stati membri che avranno presentato il loro piano. Nel 2021 la Commissione proporrà comunque raccomandazioni sulla situazione di bilancio degli Stati membri, come previsto dal patto di stabilità e crescita.

(3)

In tutta la relazione si fa riferimento all'UE-27, a meno che non sia diversamente specificato.

(4)

 Le cifre relative all'occupazione totale provengono dai conti nazionali (concetto interno), le altre cifre dai dati dell'indagine sulle forze di lavoro. Nella presente sezione sono utilizzati dati trimestrali destagionalizzati.

(5)

Commissione europea (2020), Previsioni economiche per l'Europa, autunno 2020, documento istituzionale 136.

(6)

Si osservi che l'obiettivo del 75% relativo al tasso di occupazione (fascia di età 20-64 anni) era stato fissato nell'ambito della strategia Europa 2020 considerando una composizione dell'UE differente (che comprendeva il Regno Unito ma non la Croazia).

(7)

Secondo le stime del monitoraggio dei risultati in materia di occupazione e della relazione annuale 2020 sui risultati in materia di occupazione ad opera del comitato per l'occupazione (EMCO), il numero degli occupati nell'UE-27 aumenterà del 4,4 % nel 2020 prima di ridursi nuovamente nel 2021 (sulla base delle previsioni economiche di primavera della Commissione per il 2020).

(8)

Per un'analisi più particolareggiata cfr. Employment and Social Developments in Europe, Annual Review 2020 (disponibile all'indirizzo:  https://europa.eu/!MM76mf ) e Labour Market and Wage Developments in Europe, Annual Review 2020 (di prossima pubblicazione).

(9)

Il tasso di posti di lavoro vacanti è il totale dei posti vacanti espresso in percentuale del totale dei posti occupati e vacanti.

(10)

La curva di Beveridge è una rappresentazione grafica della relazione tra la disoccupazione e un indicatore relativo ai posti di lavoro vacanti (che può essere il tasso di posti vacanti oppure, come in questo caso, un indicatore della carenza di manodopera).

(11)

Cfr. Commissione europea (2020), Labour Market and Wage Developments in Europe. Annual Review (di prossima pubblicazione).

(12)

 Commissione europea, Employment and Social Developments in Europe, Annual review 2020, Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea, 2020. Disponibile all'indirizzo:  https://europa.eu/!MM76mf.  

(13)

Le persone a rischio di povertà o di esclusione sociale (AROPE) sono persone che si trovano a rischio di povertà (AROP) o versano in stato di deprivazione materiale grave o vivono in famiglie (pressoché) senza occupati, ossia famiglie con un'intensità di lavoro molto bassa, oppure in una combinazione di tali situazioni.

Le persone a rischio di povertà sono persone che vivono in una famiglia il cui reddito disponibile equivalente è inferiore al 60 % del reddito equivalente mediano nazionale (questo è pertanto un indicatore di povertà di reddito).

Le persone versano in uno stato di deprivazione materiale grave se vivono in una famiglia che non è in grado di far fronte ad almeno quattro delle seguenti situazioni: 1) pagare tempestivamente l'affitto, il mutuo o le fatture di consumo corrente; 2) riscaldare in modo adeguato l'abitazione; 3) affrontare spese impreviste; 4) consumare carne, pesce o un equivalente proteico ogni due giorni; 5) trascorrere una settimana di vacanza all'anno al di fuori del domicilio; 6) avere accesso a un'automobile per uso privato; 7) disporre di una lavatrice; 8) disporre di un televisore a colori; e 9) disporre di un telefono.

Le persone che vivono in famiglie (pressoché) senza occupati sono persone di età compresa tra 0 e 59 anni che vivono in nuclei familiari in cui gli adulti in età lavorativa (18-59 anni) hanno lavorato meno del 20 % del loro potenziale lavorativo totale nel corso dell'ultimo anno (ossia nel corso dell'anno di riferimento del reddito).

(14)

Le statistiche sul reddito dell'indagine EU-SILC fanno riferimento ai redditi dell'anno precedente, ad eccezione dell'Irlanda (reddito dei 12 mesi precedenti l'indagine).

(15)

I dati EU-SILC nella maggior parte degli Stati membri fanno riferimento ai redditi dell'anno precedente (vale a dire i redditi del 2018 per l'indagine SILC 2019). Eurostat ha pubblicato le stime rapide per il reddito del 2019 (ossia indicatori dell'indagine EU-SILC pubblicati nel 2020), ma non ancora le stime rapide per il 2020. Cfr. la nota metodologica e i risultati pubblicati da Eurostat: https://europa.eu/!qv46uJ .

(16)

Cfr. Almeida et al. (2020), Households' income and the cushioning effect of fiscal policy measures during the Great Lockdown , documenti di lavoro del JRC sulle riforme fiscali e strutturali, n. 06/2020 . Disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!Vj39hX; il documento programmatico che lo accompagna è disponibile all'indirizzo https://europa.eu/!JU66Gc .

(17)

In questo caso la linea di povertà è ancorata al valore delle simulazioni di riferimento di EUROMOD 2019 anziché alla linea di povertà stimata per il 2020.

(18)

Lo scarto relativo dal rischio di povertà mediano si calcola come la differenza tra il reddito netto totale equivalente mediano delle persone al di sotto della soglia di rischio di povertà e la soglia di rischio di povertà, espressa in percentuale della soglia di rischio di povertà (valore di soglia: 60 % del reddito medio equivalente).

(19)

L'indicatore si calcola come la differenza tra il reddito netto totale equivalente mediano delle persone al di sotto della soglia di rischio di povertà e con un'intensità di lavoro molto bassa e la soglia di rischio di povertà, espressa in percentuale della soglia di rischio di povertà. Tale soglia è fissata al 60 % del reddito disponibile equivalente mediano nazionale di tutte le persone di un paese e non dell'UE nel suo insieme.

(20)

SWD(2017) 200 final, che accompagna la comunicazione COM(2017) 250 final, del 26 aprile 2017.

(21)

 Il monitoraggio dei risultati in materia di occupazione (EPM) e il monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale (SPPM) sono relazioni annuali redatte rispettivamente dal comitato per l'occupazione e dal comitato per la protezione sociale. Esse individuano le tendenze da tenere sotto osservazione, le principali sfide occupazionali e sociali negli Stati membri e monitorano i progressi compiuti verso il raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020 in materia di occupazione e di riduzione della povertà.

(22)

Come richiesto dal comitato per la protezione sociale, questo indicatore è misurato utilizzando il "reddito non corretto" (vale a dire senza tenere conto dei trasferimenti sociali in natura) e senza far riferimento all'uso di unità di standard di potere d'acquisto (SPA).

(23)

I livelli di questo indicatore sono espressi in standard di potere d'acquisto (SPA), mentre le variazioni sono espresse in valuta nazionale e in termini reali. Per contenere le fluttuazioni a breve termine si utilizza la media dei tre anni sia per i livelli che per le variazioni. Questo indicatore dovrebbe essere letto e interpretato congiuntamente ad altri indicatori quali il tasso di povertà lavorativa, il rapporto tra il quinto e il primo decile della distribuzione salariale (D5/D1) e altri indicatori pertinenti del quadro di valutazione comune (Joint Assessment Framework - JAF) e del monitoraggio dei risultati in materia di occupazione (Employment Performance Monitor - EPM) / monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale (Social Protection Performance Monitor - SPPM).

(24)

Misurato come differenza, nella popolazione totale, tra la percentuale di persone a rischio di povertà (di reddito) prima e dopo i trasferimenti sociali.

(25)

 Le esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato indicano i casi in cui, nella valutazione soggettiva del rispondente, questi avrebbe dovuto sottoporsi a esami o cure sanitarie specifiche ma non li ha effettuati o vi ha rinunciato per i tre motivi seguenti: "motivi finanziari", "lista d'attesa" e "distanza eccessiva". L'espressione "cure mediche" si riferisce a singoli servizi sanitari (visite o cure mediche, escluse quelle odontoiatriche) prestati da o sotto la diretta supervisione di medici o professionisti equivalenti in base ai sistemi sanitari nazionali (definizione Eurostat). I problemi segnalati per ricevere assistenza in caso di malattia possono indicare ostacoli all'assistenza sanitaria.

(26)

Ad eccezione del reddito lordo disponibile delle famiglie, misurato come numero indice (2008 = 100, in modo da rispecchiare la variazione rispetto al periodo precedente la crisi) e delle variazioni dell'ultimo anno, nonché del reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single senza figli che percepisce un salario medio, per cui sono utilizzate medie triennali, in accordo con il comitato per l'occupazione e il comitato per la protezione sociale.

(27)

COM(2020) 575 final.

(28)

SWD(2020) 205 final.

(29)

 Detti documenti sostituiranno le relazioni per paese nel 2021. Inoltre nel 2021 la Commissione non proporrà per tali Stati membri raccomandazioni specifiche per paese, ma formulerà raccomandazioni sulla situazione di bilancio, come previsto dal patto di stabilità e crescita.

(30)

Per i quali sono disponibili dati a livello regionale (NUTS 2) (tasso di abbandono scolastico, divario di genere nei livelli di occupazione, tasso di NEET, tasso di occupazione, tasso di disoccupazione, tasso di disoccupazione di lungo periodo, tasso di rischio di povertà o di esclusione sociale, effetto dei trasferimenti sociali (pensioni escluse) sulla riduzione della povertà, necessità di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato e rapporto tra quintili di reddito).

(31)

Sulla base del coefficiente di variazione ponderato in funzione della popolazione.

(32)

Per questi cinque indicatori, i dati del secondo trimestre del 2020 (destagionalizzati) sono utilizzati come "livelli" degli indicatori e le differenze tra il secondo trimestre del 2020 e il secondo trimestre del 2019 (destagionalizzate) sono utilizzate come "variazioni". I diagrammi di dispersione annuali pertinenti e le tabelle dei dati relativi al 2019 sono riportati nell'allegato a titolo informativo.

(33)

Questo dato si riferisce alle medie ponderate dell'UE, tranne per l'indicatore "reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single senza figli che percepisce un salario medio", per il quale è utilizzata la media non ponderata.

(34)

La data limite per l'estrazione degli indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale è il 28 ottobre 2020.

(35)

I dati non sono direttamente comparabili poiché nella relazione 2020 la valutazione ha riguardato l'UE-28 mentre in quella attuale riguarda l'UE-27; il calcolo dei valori medi e delle deviazioni standard è influenzato dalla composizione dei paesi. Nella relazione 2020 il Regno Unito non presentava "situazioni critiche".

(36)

Da notare che l'Italia presentava più di dieci criticità nella relazione comune sull'occupazione 2020. Al momento della stesura del presente documento mancano i dati dell'Italia per quattro indicatori principali e quelli della Lettonia per un indicatore principale.

(37)

 GU L 344 del 19.10.2020, pag. 22.

(38)

 Compresa la banca dati LABREF, disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!NR68Bw .

(39)

Commissione europea, Labour Market and Wage Developments in Europe, Annual review 2020, Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea, 2020, di prossima pubblicazione.

(40)

 Commissione europea, Employment and Social Developments in Europe, Annual Review 2020, Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea, 2020. Disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!MM76mf.  

(41)

Considerando il rapporto tra il calo delle ore lavorate e il calo dell'occupazione.

(42)

Per maggiori dettagli cfr. Labour Market and Wage Developments, Annual Review 2020 (di prossima pubblicazione).

(43)

Le cifre Eurostat dell'indagine sulle forze di lavoro (fascia di età 15-64 anni, destagionalizzate) indicano un calo dell'1,5 % nello stesso periodo.

(44)

Dati Eurostat, indagine sulle forze di lavoro, fascia di età 15-64 anni.

(45)

Dal punto di vista dei lavoratori, la misura più pertinente dei salari è il salario lordo, escludendo quindi gli oneri a carico dei datori di lavoro.

(46)

Dias da Silva et al. (2020), Short-time work schemes and their effects on wages and disposable income, Bollettino economico della BCE, numero 4/2020.

(47)

I livelli di reddito netto sono misurati in standard di potere d'acquisto (SPA) per consentire un confronto significativo tra gli Stati membri. Le variazioni sono misurate in valuta nazionale e in termini reali. Questo indicatore dovrebbe essere letto e interpretato congiuntamente ad altri indicatori quali il tasso di rischio di povertà lavorativa, il rapporto tra il quinto e il primo decile della distribuzione salariale (D5/D1) e altri indicatori pertinenti del quadro di valutazione comune (Joint Assessment Framework) e del monitoraggio dei risultati in materia di occupazione (Employment Performance Monitor - EPM) / monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale (Social Protection Performance Monitor - SPPM).

(48)

È interessante rilevare che molti di questi paesi registrano anche elevate disparità retributive, come dimostra il rapporto tra il quinto e il primo decile della distribuzione salariale (D5/D1). Secondo l'OCSE, i paesi dell'UE con il rapporto più elevato tra il quinto e il primo decile (D5/D1) nel 2017 sono stati la Romania (2,9), la Lettonia (2,6), la Lituania (2,5) e la Bulgaria (2,5). All'estremo opposto, i rapporti più bassi sono stati registrati in Finlandia (1,8), Slovacchia (1,8) e Cechia (1,7).

(49)

I dati si riferiscono alle cifre aggregate dell'UE incluso il Regno Unito ed esclusa la Croazia: si tratta infatti delle uniche cifre comparabili tra il 2007 e il 2016. Nella media degli attuali 27 Stati membri (cioè includendo la Croazia ed escludendo il Regno Unito), la povertà lavorativa è aumentata dall'8,5 % nel 2010 (primi dati disponibili) al 9,3 % nel 2018. La povertà lavorativa rappresenta la quota di persone che lavorano e che hanno un reddito disponibile equivalente al di sotto della soglia di rischio di povertà, fissata al 60 % del reddito disponibile equivalente mediano nazionale (dopo i trasferimenti sociali).

(50)

Commissione europea, Labour Market and Wage Developments in Europe, Annual Review 2019, direzione generale per l'Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione, 2019.

(51)

Per maggiori dettagli cfr. la valutazione d'impatto che accompagna la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a salari minimi adeguati nell'Unione europea, SWD(2020) 245 final.

(52)

Per maggiori informazioni cfr. il punto 3.1.2.

(53)

Livelli analoghi di tassazione ambientale possono derivare dall'applicazione di un'aliquota d'imposta bassa su un'ampia base imponibile (ad es. un livello elevato di attività inquinante) oppure di un'aliquota d'imposta elevata su una base imponibile modesta.

(54)

 Commissione europea, Employment and Social Developments in Europe, Annual Review 2020, Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea, 2020. Disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!MM76mf.  

(55)

SWD(2020) 178 final, pag. 115.

(56)

Raccomandazione della Commissione sulla povertà energetica (C(2020) 9600 final) e relativo documento di lavoro dei servizi della Commissione recante orientamenti dell'UE sulla povertà energetica (SWD(2020) 960 final).

(57)

Per altri risultati analoghi cfr. Employment and Social Developments in Europe, Annual Review.

(58)

 Employment and Social Developments in Europe, Annual Review 2020, capitolo 3, sezione 4.2.

(59)

Il Belgio rappresenta un'eccezione in quanto i lavoratori percepiscono l'indennità direttamente dall'agenzia federale responsabile dell'erogazione delle prestazioni di disoccupazione.

(60)

Il presente paragrafo riguarda gli incentivi all'assunzione non mirati. I punti 3.2 e 3.3 contengono maggiori informazioni sulle misure destinate a gruppi specifici o adottate più in generale nell'ambito delle PAML.

(61)

Cfr. Eurofound, Minimum wages in 2020: Annual Report, 2020, disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!hR69mk .

(62)

Il tasso di abbandono precoce di istruzione e formazione è definito come la percentuale di giovani tra i 18 e i 24 anni con al massimo un titolo di istruzione secondaria di primo grado (livelli ISCED 0-2) e che non frequentavano ulteriori corsi di istruzione e formazione nelle quattro settimane precedenti l'indagine sulle forze di lavoro dell'UE.

(63)

Gli Stati membri hanno utilizzato una serie di misure, compreso il sostegno dei fondi UE, al fine di conseguire tali miglioramenti. La valutazione effettuata nel 2019 dalla Commissione europea sull'attuazione della raccomandazione del Consiglio del 2011 relativa alle politiche di riduzione dell'abbandono scolastico contiene un'analisi a tale riguardo.

(64)

La sfida è presentata più in dettaglio nella relazione di monitoraggio del settore dell'istruzione e della formazione per il 2019, pag. 60 (disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!GK66PF ).

(65)

Comunicazione della Commissione sulla realizzazione dello spazio europeo dell'istruzione entro il 2025, COM(2020) 625 final.

(66)

Commissione europea, Employment and Social Developments in Europe, Annual Review 2020, pag. 32.

(67)

Commissione europea, relazione di monitoraggio del settore dell'istruzione e della formazione per il 2020, basata sull'indagine EU-SILC di Eurostat Persons who cannot afford a computer, codice dati online: [ilc_mddu03].

(68)

Conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2009 su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell'istruzione e della formazione ("ET 2020"). Nel quadro dello spazio europeo dell'istruzione è stato ora fissato un obiettivo ambizioso, secondo cui entro il 2030 almeno il 98 % dei bambini di età compresa tra i tre anni e l'età di inizio dell'istruzione primaria obbligatoria dovrebbe partecipare all'educazione della prima infanzia.

(69) Flisi, S. e Blasko, Zs. A note on early childhood education and care participation by socio-economic background, 2019.
(70) L'OCSE misura l'indice ESCS tenendo conto di una serie di variabili relative al contesto familiare degli alunni, ovvero: il livello di istruzione e lo status occupazionale dei genitori, il possesso di taluni beni domestici, il numero di libri e le risorse educative disponibili nella famiglia.
(71) Per evitare calcoli basati su campioni di dimensioni molto ridotte, la presente relazione mostra i risultati soltanto per gli Stati membri dell'UE in cui la percentuale di alunni provenienti da un contesto migratorio è pari ad almeno il 5 %.
(72)

Allegato 2 del documento di lavoro dei servizi della Commissione SWD(2020) 530 final, che accompagna la comunicazione "Un'Unione dell'uguaglianza: quadro strategico dell'UE per l'uguaglianza, l'inclusione e la partecipazione dei Rom", COM (2020) 620 final, basato sull'indagine dell'Agenzia europea per i diritti fondamentali (FRA) EU-MIDIS II 2016; FRA, RTS 2019; Eurostat [edat_lfse_03] 2019 (popolazione generale).

(73)

 Dall'indagine 2019 su Rom e nomadi, che ha riguardato i Rom in Belgio, Francia, Irlanda, nei Paesi Bassi e in Svezia, è emerso un risultato analogo. FRA, Roma and travellers in six countries , 2020.

(74)

FRA, Coronavirus pandemic in the EU – impact on Roma and Travellers - Bullettin #5 , 2020.

(75)

  Overview of the impact of coronavirus measures on marginalised Roma communities in the EU, aprile 2020, Commissione europea .

(76)

Dati provenienti dall'indagine EU-SILC 2018 e analizzati da European Disability Expertise (EDE).

(77)

L'ICILS misura i risultati degli alunni attraverso una valutazione informatizzata di due ambiti delle competenze informatiche: l'alfabetizzazione informatica e il pensiero computazionale. Finora sono stati completati due cicli di valutazione, nel 2013 e nel 2018. Hanno partecipato in totale 14 Stati membri, nove al primo ciclo e sette al secondo ciclo (soltanto la Danimarca e la Germania hanno partecipato a entrambi). Per una presentazione dei risultati dell'indagine ICILS cfr. Fraillon, J., Ainley, J., Schulz, W., Friedman, T., Duckworth, D. (2019), Preparing for Life in a Digital World: IEA International Computer and Information Literacy Study 2018 International Report , Amsterdam, International Association for the Evaluation of Educational Achievement (IEA); e Fraillon, J., Ainley, J., Schulz, W., Friedman, T., Gebhardt, E. (2014), Preparing for Life in a Digital Age: IEA International Computer and Information Literacy Study, International Report , Cham: Springer.

(78)

Documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la comunicazione "Piano d'azione per l'istruzione digitale 2021-2027 - Ripensare l'istruzione e la formazione per l'era digitale", Commissione europea, 2020.

(79)

Dati non disponibili per il 2018.

(80)  Redecker, C. (2017), European Framework for the Digital Competence of Educators: DigCompEdu .
(81)

Lo spazio europeo dell'istruzione ha proposto come obiettivo che la percentuale di persone di età compresa tra i 30 e i 34 anni in possesso di un diploma di istruzione terziaria raggiunga almeno il 50 % entro il 2030.

(82)

Banca europea per gli investimenti (BEI), Relazione sugli investimenti 2018/2019 – Nuovi strumenti per l'economia dell'Europa, 2018.

(83)  OCSE (2019), PISA 2021 ICT Framework (aprile 2019), pag. 6.
(84)  Commissione europea, 2nd Survey of Schools: ICT in Education. Objective 1: Benchmark progress in ICT in schools , 2019.
(85)

L'analisi presentata in questo paragrafo e in quelli successivi si basa su un aggiornamento del quadro di riferimento dell'UE per l'analisi comparativa delle competenze e dell'istruzione degli adulti.

(86)

Shapiro et al., 2015; Peri et al., 2015; Deming e Noray, 2018.

(87)

CEDEFOP, Skills-OVATE (Online vacancy analysis tool for Europe).

(88)

Questo e altri dati riportati in questo paragrafo provengono dall'indice di digitalizzazione dell'economia e della società (DESI) 2020, Human capital and digital skills .

(89)

Eurostat, codice dati [educ_uoe_grad04].

(90)

Parlamento europeo (2020). Istruzione e occupazione delle donne nella scienza, nella tecnologia e nell'economia digitale, compresa l'IA, e la relativa influenza sull'uguaglianza di genere.

(91)

Gruppo Banca europea per gli investimenti, Indagine della BEI sugli investimenti per il 2019 , pag. 19.

(92)

Cfr. CEDEFOP, Skills for green jobs:  2018 update , pag. 47 e Commissione europea, Employment and Social Developments in Europe. Annual Review 2020.

(93)

Maria Chiara Morandini, Anna Thum-Thysen e Anneleen Vandeplas (2020). Facing the Digital Transformation: are Digital Skills Enough? , Economic Brief 054, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea.

(94)

Anche Malta, Lussemburgo, Irlanda e Francia hanno registrato un incremento notevole della partecipazione, anche se le interruzioni delle serie temporali rendono difficile l'interpretazione.

(95)

I dati relativi alla partecipazione alle attività di istruzione degli adulti negli ultimi 12 mesi saranno disponibili a partire dal 2022 nell'indagine biennale sulle forze di lavoro. Per il momento, al fine di quantificare i tassi di partecipazione in questo periodo di osservazione più lungo, è possibile ricorrere alle informazioni relative all'istruzione degli adulti nel 2016. Per una discussione sui vantaggi derivanti dall'utilizzo di un periodo di riferimento più lungo per misurare la partecipazione alle attività di istruzione degli adulti si rimanda alla relazione di monitoraggio del settore dell'istruzione e della formazione 2020.

(96)

Ad esempio, cfr. Card, Kluve e Weber (2018), What Works? A Meta Analysis of Recent Active Labor Market Program Evaluations , Journal of the European Economic Association.

(97)

"Vi è una crescente consapevolezza tra i decisori politici del fatto che l'apprendimento fuori dalle aule scolastiche e da altri contesti formali è una ricca fonte di capitale umano", OCSE 2018, Education Working Paper No 180, Making skills transparent: recognising vocational skills acquired through work-based learning, pag. 11. Disponibile all'indirizzo: https://doi.org/10.1787/5830c400-en .

(98)

Documento di lavoro dei servizi della Commissione SWD(2020) 121, Evaluation of the Council Recommendation of 20 December 2012 on the validation of non-formal and informal learning. Disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!Uk64Pk .

(99)

Inventario europeo sulla convalida dell'apprendimento non formale e informale, disponibile sul sito web del CEDEFOP, in particolare gli aggiornamenti 2016 e 2018 (pubblicato nel 2020).

(100)

  Studio a sostegno della valutazione della raccomandazione del Consiglio, del 20 dicembre 2012, sulla convalida dell'apprendimento non formale e informale, sezione 4.1.1.3, pag. 40.

(101)

Cfr. OCSE 2018, cit. prec., pag. 59.

(102)

Cfr. allegato 2 del documento di lavoro dei servizi della Commissione, domanda 17.

(103)

Giorgio Di Pietro, Zbigniew Karpiński e Federico Biagi (2020), Adult learning participation and the business cycle, relazione a cura del Centro comune di ricerca per la DG EMPL (inedito). Marco Bertoni e Giorgio Brunello (2020), Skills Investment and the Business Cycle in Europe, progetto preliminare di relazione per la rete europea di esperti in economia dell'istruzione.

(104)

Fonte: Eurostat, (codice dati online: LFSA_ETGAR).

(105)

  L'analisi Eurostat ha mostrato che i giovani (fascia di età 15-24 anni) correvano un rischio maggiore rispetto alla media di perdere il lavoro all'inizio della crisi della COVID-19 in tutti gli Stati membri per i quali erano disponibili dati (mancano i dati di Germania, Estonia, Croazia e Malta).

(106)

I NEET inattivi non cercano lavoro a causa, per esempio, di malattie o disabilità, oppure perché si fanno carico di responsabilità di assistenza di bambini o di adulti non autonomi o di altre responsabilità personali o familiari.

(107)

Eurostat, [ edat_lfse_28 ].

(108)

OCSE/UE (2018), Settling In 2018: Indicators of immigrant integration (figura 7.19). Disponibile all'indirizzo: https://www.oecd.org/publications/indicators-of-immigrant-integration-2018-9789264307216-en.htm . 

(109)

Allegato 2 del documento SWD(2020) 530 final che accompagna la comunicazione sul quadro strategico dell'UE per l'uguaglianza, l'inclusione e la partecipazione dei Rom, COM(2020) 620 final, basato su FRA, EU-MIDIS II 2016; FRA, RTS 2019.

(110)

Il tasso di attività misura la partecipazione della popolazione, sia occupata che disoccupata, al mercato del lavoro.

(111)

Sondaggio Eurobarometro 2019, Discriminazione nell'UE.

(112)

La percentuale di disoccupati in rapporto alla popolazione attiva (coloro che lavorano e sono in cerca di lavoro).

(113)

La questione è stata affrontata in modo approfondito nella pubblicazione della Commissione europea Employment and Social Developments in Europe. Annual Review 2019, pag. 130. Disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!tN33hy .

(114)

Leythienne, D., Ronkowski, P., (2018) A decomposition of the unadjusted gender pay gap using Structure of Earnings Survey data, Statistical Working Papers, Eurostat. Disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!pu34qq .

(115)

Secondo i dati del 2018 (i dati per il 2019 non sono disponibili al momento della stesura della relazione), anche la Slovacchia presenta un tasso di inserimento molto basso (1,4 %).

(116)

 La trappola dell'inattività per le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare è data dall'aliquota marginale di imposta effettiva sul reddito da lavoro del secondo membro di una coppia che passa dalla condizione di percettore di assistenza sociale a quella di occupato. La trappola della povertà è calcolata prendendo come riferimento una coppia senza figli nella quale la persona che costituisce la seconda fonte di reddito familiare aumenta il proprio reddito dal 33 % al 67 % del salario medio, e la persona che rappresenta la fonte principale di reddito familiare percepisce il 100 % del salario medio (Commissione europea, banca dati dei regimi fiscali e previdenziali).

(117)

Eurofound (2019) How does your birthplace affect your workplace?, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea, Lussemburgo.

(118)

Tale differenza di genere si può parzialmente spiegare con i tassi di attività molto inferiori che si registrano tra le donne nate in paesi terzi soprattutto in Belgio, Croazia, Francia e Italia (con livelli registrati al di sotto del 60 %), Eurostat [lfsa_argacob]). Cfr. anche JRC (2020) Gaps in the EU Labour Market Participation Rates: an intersectional assessment of the role of gender and migrant status .

(119)

Cfr. OCSE What is the impact of the Covid 19 pandemic on immigrants and their children, http://www.oecd.org/coronavirus/policy-responses/what-is-the-impact-of-the-covid-19-pandemic-on-immigrants-and-their-children-e7cbb7de/ .

(120)

Eurostat, [lfsq_ergacob].

(121)

Dati provenienti dall'indagine EU-SILC 2018 e analizzati da European Disability Expertise (EDE).

(122)

La diffusione della disabilità varia inoltre in misura notevole da uno Stato membro all'altro. È relativamente bassa nei casi di Malta (12 %), Irlanda (15,9 %), Bulgaria (16,8 %), rispetto alla media registrata nell'UE-27 (24,7 %) nel 2018 (fascia di età 16-64 anni).

(123)

Indagine EU-SILC (2019), In-work at-risk-of-poverty rate [hlth_dpe050].

(124)

Cfr. Commissione europea (2020) SWD - Analytical document accompanying the EU Roma strategic framework for equality, inclusion and participation.

(125)

Finanziamenti supplementari vengono stanziati per gli studenti di livello primario e secondario di primo grado.

(126)

Benché nel settore dell'istruzione la situazione dei Rom in termini di parità sia parzialmente migliorata, grazie soprattutto a investimenti a titolo del FSE e del FESR a favore dell'istruzione inclusiva segnalati dai portatori di interessi, i progressi sono stati limitati. Nel 2019 la Commissione europea ha pertanto emesso un parere motivato nel contesto della procedura di infrazione in corso nei confronti della Slovacchia.

(127)

 Spagna, Portogallo, Italia, Slovenia, Repubblica slovacca, Belgio (Fiandre), Lettonia e Polonia con il sostegno finanziario dell'UE, nonché Austria e Paesi Bassi senza il sostegno dell'UE.

(128)

Cfr. la pagina dell'OCSE sulle strategie nazionali in materia di competenze all'indirizzo: http://www.oecd.org/skills/buildingeffectiveskillsstrategiesatnationalandlocallevels.htm .

(129)

Cfr. la pagina dedicata sul sito web del ministero federale del Lavoro e degli affari sociali.

(130)

Cfr. la raccomandazione del Consiglio, del 20 dicembre 2012, sulla convalida dell'apprendimento non formale e informale. Disponibile all'indirizzo: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32012H1222(01)&from=EN .

(131)

Documento di lavoro dei servizi della Commissione SWD(2020) 121, dell'1.7.2020.

(132)

Cfr. il documento Lifelong guidance policy and practice in the EU: trends, challenges and opportunities, Commissione europea 2020. Disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!VY66fv .

(133)

L'alleanza europea per l'apprendistato rafforzata è uno dei pilastri della comunicazione della Commissione "Sostegno all'occupazione giovanile: un ponte verso il lavoro per la prossima generazione", COM(2020) 276 final. Disponibile all'indirizzo https://europa.eu/!VK79Vc .

(134)

Commissione europea (2019), Achievements under the Renewed European Agenda for Adult Learning, Ufficio pubblicazioni dell'Unione europea. Disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!Up64bh .

(135)

Commissione europea (2019), Council Recommendation on Upskilling Pathways: New Opportunities for Adults- Taking stock of implementation measures, SWD(2019) 89. Disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!Wh39md .

(136)

La gestione complessiva dei piani nazionali o regionali della garanzia per i giovani può rientrare nelle responsabilità di un particolare ministero, di un altro livello di governo o dei servizi pubblici per l'impiego (SPI); spetta solitamente a questi ultimi gestire i piani della garanzia per i giovani sul campo, registrare i giovani e offrire servizi per l'impiego specifici. Cfr. la relazione del 2019 sull'attuazione della garanzia per i giovani da parte degli SPI (disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!rR34MQ ) e la relazione di valutazione del 2018 sulla capacità degli SPI (disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!Xg73Ux ).

(137)

Dati Eurostat per la fascia di età compresa tra i 15 e i 24 anni, nel periodo 2013-2019, sulla base della media dell'UE-27. Se si considera una fascia di età più ampia compresa tra i 15 e i 29 anni, adottata in molti Stati membri (cfr. il punto 2.2), la diminuzione assoluta è di circa 3,2 milioni.

(138)

La copertura limitata in molti paesi potrebbe essere collegata alla composizione mutevole della popolazione dei NEET (diminuzione della quota dei NEET disoccupati) e alla riduzione del numero complessivo di NEET.

(139)

I genitori che lavorano a tempo pieno possono ridurre l'orario di lavoro del 20 % o del 50 % mentre i genitori che lavorano al 75 % del tempo pieno possono ridurre l'orario di lavoro del 50 %. Inoltre dal luglio 2020 i genitori soli e i genitori di minori con disabilità possono ridurre il proprio orario di lavoro del 100 %.

(140)

Direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio.

(141)

 Zentrale Servicestelle Berufsanerkennung (ZSBA): https://www.anerkennung-in-deutschland.de/html/de/pro/zsba.php .

(142)

Cfr. l'elenco all'indirizzo https://dbei.gov.ie/en/What-We-Do/Workplace-and-Skills/Employment-Permits/Employment-Permit-Eligibility/Ineligible-Categories-of-Employment/ .

(143)

Cfr. anche REM/OCSE (2020) Maintaining labour migration in essential sectors in times of pandemic. Inform. REM-OCSE. Bruxelles: rete europea sulle migrazioni. https://ec.europa.eu/home-affairs/sites/homeaffairs/files/00_eu_inform3_labour_migration_2020_en.pdf . 

(144)

Centro comune di ricerca della Commissione europea (2020), The impact of COVID confinement measures on EU labour market, Science for Policy Briefs, disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!QK78dV ; analisi sperimentale di Eurostat (2020), COVID-19 labour effects across the income distribution, disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!nV98vQ .

(145)

Per maggiori dettagli si veda Eurofound (2020), Telework and ICT-based mobile work: Flexible working in the digital age, New forms of employment series, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea, Lussemburgo.

(146)

Commissione europea (2020), EU Labour Force Survey ad hoc module 2019 on work organisation and working time arrangements, Eurostat, Quality Assessment Report. Disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!Fq97qU .

(147)

Nota: l'indagine online di Eurofound Living, working and COVID-19 è uno strumento online concepito per raccogliere rapidamente informazioni da cittadini di età superiore a 18 anni con accesso a Internet, utilizzando un metodo di campionamento non probabilistico. L'indagine online è stata condotta in due cicli, nell'aprile e nel luglio 2020. In totale sono stati compilati 91 753 questionari, 87 477 dei quali da persone residenti nell'UE-27.

(148)

Commissione europea (2020). Labour Market and Wage Developments in Europe, Annual Review 2020 (di prossima pubblicazione). Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea.

(149)

Sostero M. et al. (2020), Teleworkability and the COVID-19 crisis: a new digital divide?, Commissione europea, 2020, JRC121193. Disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!PR73qN .

(150)

Urzi Brancati, C., et al. (2019), New evidence on platform workers in Europe. Results from the second COLLEEM survey. Disponibile all'indirizzo https://europa.eu/!qQ33cP . Nota: l'indagine COLLEEM II prosegue ed amplia i lavori della precedente indagine COLLEEM (Collaborative Economy and Employment). Si tratta di un'indagine online su una selezione di piattaforme digitali commissionata dalla DG EMPL e coordinata dal JRC. L'indagine è stata svolta in 15 Stati membri: CZ, DE, ES, FI, FR, HR, HU, IE, IT, LT, NL, PT, RO, SE, SK e UK.

(151)

Per ulteriori informazioni sul lavoro mediante piattaforma digitale cfr. la relazione comune sull'occupazione 2020 e le fonti di dati ivi citate.

(152)

Eurofound (2020), Platform economy: Developments in the COVID-19 crisis.

(153)

Secondo l'Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) si tratta della divisione del mercato del lavoro in sottomercati o segmenti separati, distinti da caratteristiche e norme comportamentali differenti quali accordi contrattuali, livelli di rispetto delle norme o tipologie di lavoratori interessati. La ricerca sull'argomento mira a individuare i principali segmenti del mercato del lavoro, il grado di transizioni tra questi e le conseguenze per l'equità e l'efficienza del mercato del lavoro, al fine di affrontare le ripercussioni negative di questo fenomeno.

(154)

La relazione comune sull'occupazione 2020 offre un'ampia analisi dei problemi relativi alla segmentazione del mercato del lavoro con spunti tratti da Eurofound (2019) Labour market segmentation: Piloting new empirical and policy analyses, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea, Lussemburgo.

(155)

Per ulteriori informazioni, cfr. la relazione comune sull'occupazione 2020 e il modulo ad hoc di Eurostat sul lavoro autonomo realizzato nel 2017.

(156)

Gli indicatori OCSE della legislazione in materia di tutela dell'occupazione, relativi al licenziamento dei lavoratori regolari, prevedono un punteggio da 0 a 6. Sono valutate le disposizioni nazionali in materia di licenziamento dei lavoratori regolari sulla base di quattro grandi categorie: i) obblighi procedurali; ii) preavviso e indennità di licenziamento; iii) quadro normativo per i licenziamenti ingiustificati; iv) applicazione della normativa sui licenziamenti ingiustificati. L'indicatore EPL dell'OCSE è calcolato sulla media dei quattro punteggi. L'indagine è stata svolta in 22 Stati membri dell'Unione europea: BE, CZ, DK, DE, EE, IE, EL, ES, FR, IT, LU, HU, LV, LT, NL, AT, PL, PT, SI, SK, FI e SE. Fonte: http://oe.cd/epl .

(157)

Il punteggio è la media non ponderata dei valori segnalati per i 22 Stati membri dell'UE che partecipano agli indicatori OCSE della tutela dell'occupazione. Per ogni anno, gli indicatori si riferiscono alla normativa in vigore al 1º gennaio. Per ulteriori informazioni, cfr. www.oecd.org/employment/protectionanalysis .

(158)

Il tasso di disoccupazione di lungo periodo è stato approvato dall'EMCO come indicatore principale del quadro di valutazione per monitorare il sostegno attivo all'occupazione.

(159)

Questo indicatore andrebbe tuttavia interpretato con cautela, dal momento che misura unicamente la partecipazione alle politiche del mercato del lavoro (ma non la loro efficacia) e per diversi paesi presenta problemi di attendibilità statistica connessi al processo di rilevazione dei dati.

(160)

COM(2020) 408 final. Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un dispositivo per la ripresa e la resilienza. Disponibile all'indirizzo https://europa.eu/!fp38Ng . 

(161)

COM(2020) 575 final. Strategia annuale di crescita sostenibile 2021. Disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!DY66vx . 

(162)

OCSE (2020). Public employment services in the frontline for employees, jobseekers and employers.

(163)

Commissione europea (2020). PES measures and activities responding to COVID-19, Rete europea dei servizi pubblici per l'impiego, studio basato su un'indagine, giugno 2020.

(164)

Avila, Z., & Mattozzi, G. (2020), COVID-19: public employment services and labour market policy responses. Organizzazione internazionale del lavoro, ILO Policy Brief.

(165)

Per ulteriori dettagli cfr. Commissione europea (2020). Employment and Social Developments in Europe. Quarterly review, giugno 2020. Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea.

(166)

I tassi netti di sostituzione forniscono un'indicazione dell'adeguatezza della funzione di sostituzione del reddito svolta dalle prestazioni dell'assicurazione di disoccupazione. Solitamente il tesso netto di sostituzione è definito come il rapporto tra il reddito netto quando non si è occupati (principalmente le prestazioni di disoccupazione se si è disoccupati o le prestazioni sociali con accertamento delle fonti di reddito se si percepisce l'assistenza sociale) e il reddito netto durante l'attività lavorativa.

(167)

Malta è l'unico caso in cui i tassi netti di sostituzione sono più elevati al 12º mese di disoccupazione rispetto al 2º, in quanto l'assistenza alla disoccupazione (l'unica cui le persone hanno accesso dopo 12 mesi di disoccupazione) è superiore all'assicurazione di disoccupazione.

(168)

C/2020/2051. Comunicazione della Commissione - Orientamenti relativi all'esercizio della libera circolazione dei lavoratori durante la pandemia di COVID-19 (2020/C 102 I/03).

(169)

La copertura della contrattazione collettiva è tra gli indicatori che potrebbero descrivere meglio la prevalenza della contrattazione collettiva in uno Stato membro. Essa presenta tuttavia una serie di importanti svantaggi statistici e concettuali che ne limitano la rappresentatività e la comparabilità, in particolare per quanto riguarda l'analisi della sua funzionalità. Le varie dimensioni presenti nella contrattazione collettiva richiedono uno studio preciso del quadro funzionale e degli indicatori esistenti per valutarne i risultati economici e sociali.

(170)

Commissione europea, Employment and Social Developments in Europe, Annual review 2020, settembre 2020. Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea.

(171)

La banca dati di Eurofound COVID-19 EU Policy Watch mappa le misure politiche, i contratti collettivi e le pratiche aziendali dei governi, delle parti sociali e di altri soggetti per ammortizzare gli effetti socioeconomici della crisi. L'8 ottobre 2020 la banca dati conteneva un totale di 564 casi relativi a testi legislativi o non vincolanti considerati di competenza delle parti sociali.

(172)

COM(2020) 575 final. Strategia annuale per la crescita sostenibile 2021.

(173)

Decisione (UE) 2020/1512 del Consiglio, del 13 ottobre 2020, relativa agli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione.

(174)

Eurofound (2020), The involvement of social partners in national policymaking ─ 2019, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea, Lussemburgo.

(175)

 Ulteriori riunioni di consultazione sono state programmate entro la scadenza del termine per la stesura della presente relazione su altre iniziative politiche quali la garanzia per l'infanzia e il lavoro su piattaforma digitale.

(176)

Fonte: Eurofound (2020), National social partners and policymaking during the health crisis, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea, Lussemburgo.

(177)

Sulla scorta dei dati del 2018, poiché al momento della stesura non erano disponibili i dati per il 2019.

(178)

Al momento della stesura della presente relazione non sono disponibili segnalazioni di significatività statistica delle variazioni annuali.

(179)

Sulla scorta dei dati del 2018, poiché al momento della stesura non erano disponibili i dati per il 2019.

(180)

Stime rapide Eurostat sui redditi del 2019. Disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!px93hB .

(181)

Almeida et al. (2020), Households´ income and the cushioning effect of fiscal policy measures during the Great Lockdown , JRC Working Papers on Taxation and Structural Reforms No 06/2020 , disponibile all'indirizzo https://europa.eu/!Vj39hX e il documento programmatico di accompagnamento all'indirizzo https://europa.eu/!JU66Gc . 

(182)

In questo caso la linea di povertà è ancorata al valore delle simulazioni di riferimento di EUROMOD 2019, invece di utilizzare la linea di povertà stimata per il 2020.

(183)

Una persona è considerata in condizione di deprivazione materiale e sociale quando si riconosce in 5 o più elementi indici di deprivazione sui 13 esaminati (9 elementi indicano deprivazione materiale grave). Sono compresi elementi relativi alle attività sociali (tempo libero, Internet, riunioni con amici/familiari, denaro per le piccole spese). Dal 2014 sono raccolti 7 nuovi elementi, 1 a livello di famiglia e 6 a livello individuale, vale a dire per ciascuna delle persone di età pari o superiore a 16 anni all'interno della famiglia.

(184)

Questo gruppo comprende anche l'Italia e la Slovacchia sulla base dei dati del 2018.

(185)

L'indicatore è calcolato come distanza tra il reddito netto totale equivalente mediano delle persone al di sotto della soglia di rischio di povertà e con un'intensità di lavoro molto bassa e la soglia di rischio di povertà, espressa in percentuale della soglia di rischio di povertà. Tale soglia è fissata al 60 % del reddito disponibile equivalente mediano nazionale di tutte le persone di un paese e non dell'UE nel suo insieme.

(186)

EU-SILC (2019), Persone a rischio di povertà o di esclusione sociale per grado di limitazione dell'attività, sesso ed età [hlth_dpe010].

(187)

Cfr. Almeida et al. (2020) cit. prec.

(188)

Cfr. pag. 33 in Commissione europea (2020), Employment and Social Developments in Europe. Annual review 2020. Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea. Disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!MM76mf .

(189)

Cfr. il documento 2020 SPC Annual Review of the Social Protection Performance Monitor (SPPM) and developments in social protection policies. Disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!FN69gB .

(190)

Secondo la metodologia concordata nel quadro di riferimento per l'analisi comparativa del reddito minimo; si vedano le relazioni comuni sull'occupazione 2019 e 2020.

(191)

Un "lavoratore a basso salario" è definito nel quadro di riferimento per l'analisi comparativa come un individuo che percepisce il 50 % del salario medio nazionale lordo.

(192)

Il regime considerato è il reddito di inserimento, in vigore prima dell'adozione dell'attuale regime del "Reddito di cittadinanza" adottato nel 2019.

(193)

C(2020) 9600 final.

(194)

 Il tasso di sostituzione aggregato è il reddito mediano individuale da pensione lordo della popolazione di età compresa tra 65 e 74 anni rispetto al reddito mediano individuale da lavoro lordo della popolazione di età compresa tra 50 e 59 anni, escluse altre prestazioni sociali.

(195)

Il divario pensionistico di genere è definito come la differenza percentuale della pensione media individuale di tutte le donne dello studio rispetto alla pensione media individuale del gruppo di uomini comparabile.

(196)

Indagine SHARE tornata 8, risultati preliminari.

(197)

FEANTSA (2020), Fifth overview of Housing Exclusion in Europe.

(198)

Tabella EU-SILC 2019 [HLTH_DH030].

(199)

EU-OECD (2019), Settling In, Indicators of Immigrant Integration, figura 4.11. - Unmet medical needs.

(200)

EC (2020) EWSI analysis on availability of services for long-term integration of migrants and refugees in Europe. Disponibili all'indirizzo https://europa.eu/!Xq69WR . 

(201)

Cfr. OCSE, What is the impact of the Covid 19 pandemic on immigrants and their children, http://www.oecd.org/coronavirus/policy-responses/what-is-the-impact-of-the-covid-19-pandemic-on-immigrants-and-their-children-e7cbb7de/ .

(202)

 Commissione europea, Ageing Report 2018. Disponibile all'indirizzo: https://ec.europa.eu/info/publications/economy-finance/2018-ageing-report-economic-and-budgetary-projections-eu-member-states-2016-2070_en .

(203)

I risultati relativi al 2020 sono attesi nel 2021 [hlth_ehis_tae].

(204)

ESPN(2020), Access to essential services for people on low incomes in Europe. An analysis of policies in 35 countries, Bruxelles, Commissione europea. Disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!rp96Kc .

(205)

Gli Stati membri erano tenuti a elaborare piani nazionali per l'energia e il clima nel quadro dell'Unione dell'energia e del pacchetto "Energia pulita per tutti gli europei", adottato nel 2019. Disponibile all'indirizzo: https://europa.eu/!WR76jF .

(206)

COM(2020)662 final.

(207)

Con una clausola che consente la chiusura temporanea.

(208)

  https://www.oecd.org/coronavirus/policy-responses/housing-amid-covid-19-policy-responses-and-challenges-cfdc08a8/ .

(209)

OCSE (2020), Housing amid COVID-19: Policy responses and challenges.

(210)

Ibid.

(211)

OCSE (2020), Policy responses to the COVID-19 crisis in cities.

(212)

OCSE (2020), Housing amid COVID-19: Policy responses and challenges.

(213)

Cfr. pagina 13 in OCSE (2020), Housing and Inclusive Growth, OECD Publishing, Parigi. Disponibile all'indirizzo: https://doi.org/10.1787/6ef36f4b-en .


Bruxelles, 18.11.2020

COM(2020) 744 final

ALLEGATI

della

PROPOSTA DI RELAZIONE COMUNE SULL'OCCUPAZIONE
DELLA COMMISSIONE E DEL CONSIGLIO


ALLEGATI

Allegato 1. Livelli degli indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale

 

Pari opportunità e accesso al mercato del lavoro

Abbandono precoce di istruzione e formazione
(% della popolazione nella fascia di età 18-24 anni)

Divario di genere nei livelli di occupazione (punti percentuali)

Rapporto tra quintili di reddito (S80/S20)

Persone a rischio di povertà o di esclusione sociale (in %)

Giovani NEET (% della popolazione totale nella fascia di età 15-24 anni)

Anno

2017

2018

2019

Q2

2018

Q2

2019

Q2

2020

2017

2018

2019

2017

2018

2019

Q2

2018

Q2

2019

Q2

2020

UE-27

10,5

10,5

10,2

11,8

11,7

11,4

5,0 e

5,1 e

5,0 e

22,5 e

21,6 e

21,1 e

10,4

9,8

11,6

ZE-19

10,9

11,0

10,6

11,3

11,0

10,4

5,1

5,1

5,0 e

22,1

21,6

21,1 e

10,5

9,9

12,0

UEnp

9,4

9,1

8,9

10,6

10,6

10,3

4,9

4,9

4,8

22,8

21,8

21,0

9,5

9,3

10,9

ZEnp

9,4

9,1

8,9

10,3

10,0

9,4

4,9

4,8

4,7

22,2

21,7

20,7

9,2

9,1

11,0

BE

8,9 b

8,6

8,4

9,2

8,2

8,3

3,8

3,8

3,6 b

20,6

20,0

19,5 b

9,4

8,2

10,5

BG

12,7

12,7

13,9

8,0

8,2

8,3

8,2

7,7

8,1

38,9

32,8

32,5

15,1

13,6

15,2

CZ

6,7

6,2

6,7

15,4

15,4

15,5

3,4

3,3

3,3

12,2

12,2

12,5

6,0

5,7

6,4

DK

8,8 b

10,4

9,9

7,1

6,9

6,8

4,1

4,1

4,1

17,2

17,0

16,3

7,5

7,1

8,4

DE

10,1

10,3

10,3

8,0

8,3

6,9 pu

4,5

5,1

4,9

19,0

18,7

17,4

5,9

5,6

:

EE

10,8

11,3

9,8

8,7

8,2

7,7

5,4

5,1

5,1

23,4

24,4

24,3

9,4

7,4

7,7

IE

5,0 b

5,0

5,1

11,9

12,8

11,6

4,6

4,2

:

22,7

21,1

:

9,9

9,8

13,2

EL

6,0

4,7

4,1

20,8

20,4

18,9

6,1

5,5

5,1

34,8

31,8

30,0

14,2

11,8

13,3

ES

18,3

17,9

17,3

12,1

11,8

11,0

6,6

6,0

5,9

26,6

26,1

25,3

12,4

12,0

15,1

FR

8,8

8,7

8,2

7,8

7,2

6,8

4,3

4,2

:

17,0

17,4

17,9

10,6

10,2

12,9

HR

3,1

3,3

3,0 u

9,2

11,8

11,5

5,0

5,0

4,8

26,4

24,8

23,3

13,6

10,9

12,9

IT

14,0

14,5

13,5

19,7

19,3

19,9

5,9

6,1

:

28,9

27,3

:

19,6

17,9

20,7

CY

8,5

7,8

9,2

9,9

11,0

12,3

4,6

4,3

4,6

25,2

23,9

22,3

12,6

13,9

14,9

LV

8,6

8,3

8,7

3,7

3,8

4,0

6,3

6,8

:

28,2

28,4

27,3

8,0

8,3

7,5

LT

5,4

4,6

4,0

3,3

2,2

1,4

7,3

7,1

6,4

29,6

28,3

26,3

7,3

8,9

11,0

LU

7,3

6,3

7,2

7,9

9,4

5,6

4,6

5,2

5,3

19,4

20,7

20,6

4,0

5,3

7,5

HU

12,5

12,5

11,8

14,9

15,4

16,6

4,3

4,4

4,2

25,6

19,6

18,9

10,7

11,4

12,1

MT

17,7 b

17,4

17,2

21,8

19,1

19,7

4,2

4,3

4,2

19,3

19,0

20,1

6,7

10,4

9,6

NL

7,1

7,3

7,5 b

10,2

9,5

9,2

4,0

4,1

3,9

17,0

16,7

16,5

4,1

4,2

4,8

AT

7,4

7,3

7,8

9,0

8,7

7,4

4,3

4,0

4,2

18,1

17,5

16,9

6,7

6,8

10,2

PL

5,0

4,8 b

5,2

14,5

15,1

16,2

4,6

4,3

4,4

19,5

18,9

18,2

8,6

8,2

8,9

PT

12,6

11,8

10,6

6,7

6,3

5,6

5,8

5,2

5,2

23,3

21,6

21,6

8,5

8,3

10,3

RO

18,1

16,4

15,3

18,4

18,7

18,4

6,5

7,2

7,1

35,7

32,5

31,2

14,4

14,8

14,4

SI

4,3

4,2

4,6

7,5

7,6

6,7

3,4

3,4

3,4

17,1

16,2

14,4

6,4

6,3

8,7

SK

9,3

8,6

8,3

14,0

13,3

12,8

3,5

3,0

:

16,3

16,3

16,4

10,5

10,2

11,3

FI

8,2

8,3

7,3

3,1

3,0

3,2

3,5

3,7

3,7

15,7

16,5

15,6

8,6

8,3

9,5

SE

7,7

7,5 b

6,5

4,1

4,6

5,2

4,3

4,1

4,3

17,7

18,0

18,8

6,2

5,2

6,7

Fonte: Eurostat.

Nota: "UEnp" si riferisce alle medie non ponderate dell'UE e "ZEnp" alle medie non ponderate della zona euro.

Indicazioni convenzionali: b = interruzione nelle serie temporali; e = stima; p = provvisorio; u = scarsa affidabilità (basso numero di osservazioni).



Allegato 1 (segue). Livelli degli indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale

 

Mercati del lavoro dinamici e condizioni di lavoro eque

Tasso di occupazione
(% della popolazione nella fascia di età

20-64 anni)

Tasso di disoccupazione
(% della popolazione attiva nella fascia di età 15-74 anni)

Tasso di disoccupazione di lungo periodo

(% della popolazione attiva nella fascia di età 15-74 anni)

Reddito lordo reale disponibile delle famiglie pro capite
(2008 = 100)

Reddito netto
di un lavoratore a tempo pieno
single che percepisce il salario medio (SPA)

Anno

Q2

2018

Q2

2019

Q2

2020

Q2

2018

Q2

2019

Q2

2020

Q2

2018

Q2

2019

Q2

2020

2017

2018

2019

2017

2018

2019

UE-27

72,4

73,3

72,0

7,3

6,7

6,7

3,3

2,8

2,0

103,3

105,1

107,2

:

:

:

ZE-19

71,9

72,9

71,4

8,2

7,5

7,3

3,9

3,3

2,3

101,1

102,6

104,2

:

:

:

UEnp

73,6

74,7

73,4

6,7

6,0

6,6

2,9

2,3

2,1

106,7

109,2

112,9

19 813

20 242

20 882

ZEnp

73,3

74,5

73,0

7,4

6,7

7,2

3,3

2,8

2,5

101,7

104,5

109,1

21 420

21 843

22 311

BE

69,0

71,0

69,6

6,1

5,4

4,9

3,1

2,4

2,0

100,1

100,7

103,3

25 373

25 710

26 364

BG

72,3

75,5

72,3

5,4

4,1

5,6

3,1

2,4

2,2

127,8

:

:

9 867

10 416

11 022

CZ

79,8

80,3

79,6

2,3

1,9

2,3

0,7

0,6

0,5

113,3

117,4

120,6

14 683

15 320

16 098

DK

77,6

78,2

77,5

5,2

5,0

5,4

1,0

0,8

0,8

112,9

115,1

116,9

26 902

27 131

30 668

DE

80,1

81,0

80,3 pu

3,4

3,1

3,5 pu

1,4

1,2

:

109,5

111,5

113,4

27 622

28 001

28 547

EE

79,6

79,4

77,4

5,1

5,1

7,0

1,8

1,1 u

0,9 u

115,1

121,1

129,4

15 147

15 911

16 747

IE

74,0

75,2

72,8

5,8

5,1

4,8

2,1

1,7

1,1

99,8

101,1

104,5

30 883

31 171

31 528

EL

59,3

61,4

60,2

19,5

17,2

16,9

13,8

12,1

11,1

71,0

73,0

:

18 914

18 855

19 103

ES

66,9

68,5

64,7

15,4

14,0

15,3

6,6

5,5

4,3

95,3

96,3

97,1

23 316

23 190

23 327

FR

71,2

71,8

71,1

9,1

8,6

7,3

3,8

3,5

2,4

103,4

104,4

106,3

23 102

23 360

23 974

HR

65,5

66,1

66,8

8,3

6,7

7,0

3,3

2,0 u

1,6 u

101,3

106,2

110,6

13 561

13 893

14 348

IT

63,2

63,7

61,9

10,9

10,0

7,9

6,5

5,6

3,7

92,1

92,9

93,6

21 546

21 696

21 872

CY

74,2

76,2

75,1

8,1

6,9

7,0

2,5

2,1

1,9

89,5

92,5

93,9

20 209

23 247

23 927

LV

76,9

77,5

77,3

7,6

6,4

8,1

3,1

2,5

2,3

109,2

114,8

116,0

10 703

11 252

11 979

LT

77,7

78,5

76,7

6,0

6,2

8,6

2,0

1,8

2,3

118,9

124,5

134,5

11 809

12 524

13 213

LU

71,2

73,1

71,8

5,5

5,4

6,4

1,2

1,3

1,8

104,4

105,7

:

33 276

33 751

34 326

HU

74,5

75,3

74,3

3,6

3,4

4,6

1,4

1,1

0,9

115,2

123,5

127,1

12 226

12 876

13 653

MT

75,3

77,5

77,5

3,8

3,6

4,5

1,6

0,6 u

1,0 u

:

:

:

20 694

20 945

21 453

NL

79,0

80,1

79,7

3,9

3,3

3,8

1,5

1,0

0,8

102,4

104,3

105,3

28 553

28 565

28 914

AT

76,3

76,9

74,5

4,7

4,5

5,6

1,4

1,2

1,3

97,4

98,3

99,2

27 698

28 280

28 601

PL

72,1

73,0

72,9

3,8

3,3

3,1

1,1

0,7

0,6

128,3

131,8

:

14 161

14 602

15 415

PT

75,3

76,0

73,7

7,1

6,6

5,9

3,1

2,9

1,7

101,0

103,9

106,9

15 900

15 966

16 183

RO

69,8

70,9

69,9

4,2

3,8

5,4

1,8

1,5

1,2

126,8

136,8

142,6

10 492

11 240

12 252

SI

75,0

76,6

74,5

5,3

4,2

5,2

2,3

1,8

2,0

102,6

106,4

110,1

15 222

15 381

15 777

SK

72,1

73,4

72,2

6,8

5,8

6,6

4,2

3,3

3,3

114,1

121,5

123,4

12 270

12 374

12 904

FI

76,3

77,3

76,2

7,2

6,6

7,7

1,6

1,1

1,1

104,9

107,0

109,3

24 737

24 848

25 177

SE

82,6

82,3

80,6

6,4

6,5

8,4

1,3

0,9

1,1

117,0

118,0

120,5

26 085

26 022

26 437

Fonte: Eurostat, OCSE.

Nota: "UEnp" si riferisce alle medie non ponderate dell'UE e "ZEnp" alle medie non ponderate della zona euro. Il reddito lordo reale disponibile delle famiglie pro capite è misurato utilizzando il "reddito non corretto" (vale a dire senza tenere conto dei trasferimenti sociali in natura) e senza adeguamenti per tenere conto degli standard di potere d'acquisto. L'indicatore "reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single che percepisce il salario medio" dovrebbe essere letto e interpretato congiuntamente ad altri indicatori quali il tasso di povertà lavorativa, il rapporto tra il quinto e il primo decile della distribuzione salariale (D5/D1) e altri indicatori pertinenti del monitoraggio dei risultati in materia di occupazione (Employment Performance Monitor - EPM) / monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale (Social Protection Performance Monitor - SPPM) e del quadro di valutazione comune (Joint Assessment Framework - JAF). Per questo indicatore si utilizzano medie su 3 anni per contenere le fluttuazioni a breve termine.

Indicazioni convenzionali: b = interruzione nelle serie temporali; e = stima; p = provvisorio; u = scarsa affidabilità (basso numero di osservazioni).



Allegato 1 (segue). Livelli degli indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale

 

Sostegno pubblico / Protezione sociale e inclusione

Effetto dei trasferimenti sociali (pensioni escluse) sulla riduzione della povertà (%)

Bambini di età inferiore a 3 anni inseriti in strutture formali di cura dell'infanzia (%)

Esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato (%)

Persone con competenze digitali complessive di base o superiori (% della popolazione nella fascia di età 16-74 anni)

Anno

2017

2018

2019

2017

2018

2019

2017

2018

2019

2017

2018

2019

UE-27

32,4 e

32,8 e

32,7 e

34,5 e

34,7 e

35,2 e

1,6

1,8 e

1,8 e

55,0

:

56,0

ZE-19

32,0

31,7

32,7 e

39,2

39,2

40,6 e

1,3

1,4

1,4 e

:

:

:

UEnp

34,3

34,2

34,3

32,1

33,2

35,7

2,5

2,7

2,6

56,8

:

55,9

ZEnp

33,8

33,7

34,7

35,3

36,9

41,2

2,7

3,0

2,8

59,7

:

57,9

BE

40,0

35,2

41,7 b

53,2

54,4

55,5 b

2,2

1,8

1,8 b

61,0

:

61,0

BG

19,9

25,4

23,7

9,4

16,2

19,7

2,1

1,9

1,4

29,0

:

29,0

CZ

42,4

38,5

39,2

6,5

9,0

6,3

0,5

0,3

0,5

60,0

:

62,0 b

DK

51,0

47,3

47,3

71,7

63,2

66,0

1,0

1,3

1,8

71,0

:

70,0

DE

33,2

33,3

36,2

30,3

29,8

31,3

0,3

0,2

0,3

68,0

:

70,0

EE

27,3

26,8

28,2

27,1

28,3

31,8

11,8

16,4

15,5

60,0

:

62,0

IE

52,6

51,8

:

34,4

37,7

:

2,8

2,0

:

48,0

:

53,0

EL

15,8

20,3

22,8

20,5

40,9

32,4

10,0

8,8

8,1

46,0

:

51,0

ES

23,9

22,9

23,1

45,8

50,5

57,4

0,1

0,2

0,2

55,0

:

57,0

FR

45,0

44,4

42,1

50,5

50,0

:

1,0

1,2

:

57,0

:

57,0

HR

24,8

24,9

24,7

15,9

17,8

15,7

1,6

1,4

1,4

41,0

:

53,0

IT

19,4

21,6

:

28,6

25,7

:

1,8

2,4

:

: u

:

42,0 b

CY

35,9

36,4

35,2

28,1

31,4

31,1

1,5

1,4

1,0

50,0

:

45,0

LV

21,9

19,1

23,4

28,4

27,4

28,3

6,2

6,2

4,3

48,0

:

43,0 b

LT

23,2

22,9

31,6

20,3

20,8

26,6

1,5

2,2

1,4

55,0

:

56,0

LU

38,4

40,4

34,0

60,8

60,5

60,0

0,3

0,3

0,2

85,0

:

65,0 b

HU

46,4

48,8

38,5

13,8

16,5

16,9

1,0

0,8

1,0

50,0

:

49,0

MT

30,1

30,6

26,3

36,6

32,1

38,3

0,2

0,2

0,0

57,0

:

56,0

NL

39,7

39,0

38,3

61,6

56,8

64,8

0,1

0,2

0,2

79,0

:

79,0

AT

42,2

43,3

49,2

18,2

20,0

22,7

0,2

0,1

0,3

67,0

:

66,0

PL

37,5

40,3

36,9

11,6

10,9

10,2

3,3 b

4,2

4,2

46,0

:

44,0

PT

22,5

23,8

24,2

47,5

50,2

52,9

2,3

2,1

1,7

50,0

:

52,0

RO

16,6

16,1

15,3

15,7

13,2

14,1

4,7

4,9

4,9

29,0

:

31,0

SI

44,6

43,2

45,5

44,8

46,3

46,9

3,5

3,3

2,9

54,0

:

55,0

SK

29,1

31,1

:

0,6

1,4

:

2,4

2,6

:

59,0

:

54,0

FI

56,9

53,7

54,0

33,3

37,2

38,2

3,6

4,7

4,7

76,0

:

76,0

SE

46,1

43,3

40,8

52,7

49,4

53,1

1,4

1,5

1,4

77,0

:

72,0 u

Fonte: Eurostat.

Nota: "UEnp" si riferisce alle medie non ponderate dell'UE e "ZEnp" alle medie non ponderate della zona euro.

Indicazioni convenzionali: b = interruzione nelle serie temporali; e = stima; p = provvisorio; u = scarsa affidabilità (basso numero di osservazioni).



Allegato 2. Variazioni degli indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale e scarto dalla media UE

 

Pari opportunità e accesso al mercato del lavoro

Abbandono precoce di istruzione e formazione
(% della popolazione nella fascia di età 18-24 anni)

Divario di genere nei livelli di occupazione 
(punti percentuali)

Rapporto tra quintili di reddito (S80/S20)

Persone a rischio di povertà o di esclusione sociale (in %)

Giovani NEET (% della popolazione totale nella fascia di età 15-24 anni)

Anno

2019

Q2-2020

2019

2019

Q2-2020

 

Variazione su base annua

Scarto dalla media UE

Variazione su base annua per SM rispetto alla variazione su base annua per l'UE

Variazione su base annua

Scarto dalla media UE

Variazione su base annua per SM rispetto

alla variazione su base annua per l'UE

Variazione su base annua

Scarto dalla media UE

Variazione su base annua per SM rispetto

alla variazione su base annua per l'UE

Variazione su base annua

Scarto dalla media UE

Variazione su base annua per SM rispetto

alla variazione su base annua per l'UE

Variazione su base annua

Scarto dalla media UE

Variazione su base annua per SM rispetto

alla variazione su base annua per l'UE

UE-27

-0,3

1,3

-0,1

-0,3

1,1

0,0

-0,1

0,2

0,0

-0,5

0,1

0,1

1,8

0,7

0,3

ZE-19

-0,4

1,7

-0,2

-0,6

0,1

-0,3

-0,1

0,2

0,0

-0,5

0,1

0,1

2,1

1,1

0,6

UEnp

-0,2

0,0

0,0

-0,3

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

-0,6

0,0

0,0

1,5

0,0

0,0

ZEnp

-0,2

0,0

0,0

-0,6

-0,9

-0,3

-0,1

-0,1

0,0

-0,7

-0,2

0,0

1,7

0,1

0,2

BE

-0,2

-0,5

0,0

0,1

-2,0

0,4

-0,2 b

-1,2

-0,1

-0,5 b

-1,5

0,1

2,3

-0,4

0,8

BG

1,2

5,0

1,4

0,1

-2,0

0,4

0,4

3,3

0,5

-0,3

11,5

0,3

1,6

4,3

0,1

CZ

0,5

-2,2

0,7

0,1

5,2

0,4

0,0

-1,5

0,1

0,3

-8,5

0,9

0,7

-4,5

-0,8

DK

-0,5

1,0

-0,3

-0,1

-3,5

0,2

0,0

-0,7

0,0

-0,7

-4,7

-0,1

1,3

-2,5

-0,2

DE

0,0

1,4

0,2

-1,4 pu

-3,4

-1,1

-0,2

0,1

-0,1

-1,3

-3,6

-0,7

:

:

:

EE

-1,5

0,9

-1,3

-0,5

-2,6

-0,2

0,0

0,3

0,0

-0,1

3,3

0,5

0,3

-3,2

-1,2

IE

0,1

-3,8

0,3

-1,2

1,3

-0,9

:

:

:

:

:

:

3,4

2,3

1,9

EL

-0,6

-4,8

-0,4

-1,5

8,6

-1,2

-0,4

0,3

-0,4

-1,8

9,0

-1,2

1,5

2,4

0,0

ES

-0,6

8,4

-0,4

-0,8

0,7

-0,5

-0,1

1,1

-0,1

-0,8

4,3

-0,2

3,1

4,2

1,6

FR

-0,5

-0,7

-0,3

-0,4

-3,5

-0,1

:

:

:

0,5

-3,1

1,1

2,7

2,0

1,2

HR

-0,3 u

-5,9

-0,1

-0,3

1,2

0,0

-0,2

-0,1

-0,2

-1,5

2,3

-0,9

2,0

2,0

0,5

IT

-1,0

4,6

-0,8

0,6

9,6

0,9

:

:

:

:

:

:

2,8

9,8

1,3

CY

1,4

0,3

1,6

1,3

2,0

1,6

0,3

-0,2

0,3

-1,6

1,3

-1,0

1,0

4,0

-0,5

LV

0,4

-0,2

0,6

0,2

-6,3

0,5

:

:

:

-1,1

6,3

-0,5

-0,8

-3,4

-2,3

LT

-0,6

-4,9

-0,4

-0,8

-8,9

-0,5

-0,7

1,6

-0,6

-2,0

5,3

-1,4

2,1

0,1

0,6

LU

0,9

-1,7

1,1

-3,8

-4,7

-3,5

0,2

0,5

0,2

-0,1

-0,4

0,5

2,2

-3,4

0,7

HU

-0,7

2,9

-0,5

1,2

6,3

1,5

-0,1

-0,6

-0,1

-0,7

-2,1

-0,1

0,7

1,2

-0,8

MT

-0,2

8,3

0,0

0,6

9,4

0,9

-0,1

-0,6

-0,1

1,1

-0,9

1,7

-0,8

-1,3

-2,3

NL

0,2 b

-1,4

0,4

-0,3

-1,1

0,0

-0,1

-0,9

-0,1

-0,2

-4,5

0,4

0,6

-6,1

-0,9

AT

0,5

-1,1

0,7

-1,3

-2,9

-1,0

0,1

-0,6

0,2

-0,6

-4,1

0,0

3,4

-0,7

1,9

PL

0,4

-3,7

0,6

1,1

5,9

1,4

0,1

-0,4

0,2

-0,7

-2,8

-0,1

0,7

-2,0

-0,8

PT

-1,2

1,7

-1,0

-0,7

-4,7

-0,4

-0,1

0,4

0,0

0,0

0,6

0,6

2,0

-0,6

0,5

RO

-1,1

6,4

-0,9

-0,3

8,1

0,0

-0,1

2,3

-0,1

-1,3

10,2

-0,7

-0,4

3,5

-1,9

SI

0,4

-4,3

0,6

-0,9

-3,6

-0,6

0,0

-1,4

0,0

-1,8

-6,6

-1,2

2,4

-2,2

0,9

SK

-0,3

-0,6

-0,1

-0,5

2,5

-0,2

:

:

:

0,1

-4,6

0,7

1,1

0,4

-0,4

FI

-1,0

-1,6

-0,8

0,2

-7,1

0,5

0,0

-1,1

0,1

-0,9

-5,4

-0,3

1,2

-1,4

-0,3

SE

-1,0

-2,4

-0,8

0,6

-5,1

0,9

0,2

-0,5

0,2

0,8

-2,2

1,4

1,5

-4,2

0,0

 

Fonte: Eurostat.

Nota: "UEnp" si riferisce alle medie non ponderate dell'UE e "ZEnp" alle medie non ponderate della zona euro. Lo scarto dalla media UE è calcolato in relazione alla media non ponderata.    

Indicazioni convenzionali: b = interruzione nelle serie temporali; e = stima; p = provvisorio; u = scarsa affidabilità (basso numero di osservazioni).



Allegato 2 (segue). Variazioni degli indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale e scarto dalla media UE

Mercati del lavoro dinamici e condizioni di lavoro eque

Tasso di occupazione
(% della popolazione nella fascia di età 20-64 anni)

Tasso di disoccupazione
(% della popolazione attiva nella fascia di età 15-74 anni)

Tasso di disoccupazione di lungo periodo (% della popolazione attiva nella fascia di età 15-74 anni)

Reddito lordo reale disponibile delle famiglie pro capite
(2008 = 100)

Reddito netto
di un lavoratore a tempo pieno
single che percepisce un salario medio

Anno

Q2-2020

Q2-2020

Q2-2020

2019

2019

 

Variazione su base annua

Scarto dalla media UE

Variazione su base annua per SM rispetto

alla variazione su base annua per l'UE

Variazione su base annua

Scarto dalla media UE

Variazione su base annua per SM rispetto

alla variazione su base annua per l'UE

Variazione su base annua

Scarto dalla media UE

Variazione su base annua per SM rispetto

alla variazione su base annua per l'UE

Variazione su base annua

Scarto dalla media UE

Variazione su base annua per SM rispetto

alla variazione su base annua per l'UE

Variazione su base annua

Scarto dalla media UE

Variazione su base annua per SM rispetto alla variazione su base annua per l'UE

UE-27

-1,3

-1,4

0,0

0,0

0,1

-0,6

-0,8

-0,1

-0,5

2,0

-5,8

-1,5

:

:

:

ZE-19

-1,5

-2,0

-0,2

-0,2

0,7

-0,8

-1,0

0,2

-0,7

1,6

-8,7

-1,9

:

:

:

UEnp

-1,3

0,0

0,0

0,6

0,0

0,0

-0,3

0,0

0,0

3,5

0,0

0,0

2,9

0,0

0,0

ZEnp

-1,5

-0,4

-0,2

0,5

0,6

-0,1

-0,4

0,4

-0,1

4,5

-3,8

1,0

1,7

1 430

-1,2

BE

-1,4

-3,8

-0,1

-0,5

-1,7

-1,1

-0,4

-0,1

-0,1

2,5

-9,6

-0,9

-0,1

5 482

-3,0

BG

-3,2

-1,1

-1,9

1,5

-1,0

0,9

-0,2

0,1

0,1

:

:

:

0,9

-9 860

-2,0

CZ

-0,7

6,2

0,6

0,4

-4,3

-0,2

-0,1

-1,6

0,2

2,7

7,6

-0,7

6,5

-4 784

3,6

DK

-0,7

4,1

0,6

0,4

-1,2

-0,2

0,0

-1,3

0,3

1,6

4,0

-1,9

1,7

9 786

-1,2

DE

-0,7 pu

6,9

0,6

0,4 pu

-3,1

-0,2

:

:

:

1,6

0,4

-1,8

3,9

7 665

0,9

EE

-2,0

4,0

-0,7

1,9

0,4

1,3

-0,2 u

-1,2

0,1

6,8

16,4

3,4

1,0

-4 135

-1,9

IE

-2,4

-0,6

-1,1

-0,3

-1,8

-0,9

-0,6

-1,0

-0,3

3,4

-8,4

-0,1

11,4

10 646

8,4

EL

-1,2

-13,2

0,1

-0,3

10,3

-0,9

-1,0

9,0

-0,7

:

:

:

4,6

-1 779

1,7

ES

-3,8

-8,7

-2,5

1,3

8,7

0,7

-1,2

2,2

-0,9

0,8

-15,8

-2,6

0,1

2 445

-2,8

FR

-0,7

-2,3

0,6

-1,3

0,7

-1,9

-1,1

0,3

-0,8

1,8

-6,6

-1,6

-0,3

3 093

-3,2

HR

0,7

-6,6

2,0

0,3

0,4

-0,3

-0,4 u

-0,5

-0,1

4,2

-2,3

0,7

0,4

-6 534

-2,5

IT

-1,8

-11,5

-0,5

-2,1

1,3

-2,7

-1,9

1,6

-1,6

0,7

-19,4

-2,8

0,4

990

-2,6

CY

-1,1

1,7

0,2

0,1

0,4

-0,5

-0,2

-0,2

0,1

1,5

-19,0

-2,0

2,5

3 045

-0,4

LV

-0,2

3,9

1,1

1,7

1,5

1,1

-0,2

0,2

0,1

1,0

3,1

-2,5

6,9

-8 903

4,0

LT

-1,8

3,3

-0,5

2,4

2,0

1,8

0,5

0,2

0,8

8,0

21,5

4,6

2,3

-7 669

-0,6

LU

-1,3

-1,6

0,0

1,0

-0,2

0,4

0,5

-0,3

0,8

:

:

:

-0,3

13 444

-3,2

HU

-1,0

0,9

0,3

1,2

-2,0

0,6

-0,2

-1,2

0,1

2,9

14,1

-0,6

5,4

-7 229

2,5

MT

0,0

4,1

1,3

0,9

-2,1

0,3

0,4 u

-1,1

0,7

:

:

:

1,0

572

-1,9

NL

-0,4

6,3

0,9

0,5

-2,8

-0,1

-0,2

-1,3

0,1

1,0

-7,6

-2,5

5,8

8 032

2,9

AT

-2,4

1,1

-1,1

1,1

-1,0

0,5

0,1

-0,8

0,4

0,9

-13,8

-2,5

1,9

7 719

-1,0

PL

-0,1

-0,5

1,2

-0,2

-3,5

-0,8

-0,1

-1,5

0,2

:

:

:

0,4

-5 467

-2,6

PT

-2,3

0,3

-1,0

-0,7

-0,7

-1,3

-1,2

-0,4

-0,9

2,8

-6,1

-0,7

5,7

-4 698

2,7

RO

-1,0

-3,5

0,3

1,6

-1,2

1,0

-0,3

-0,9

0,0

4,2

29,7

0,8

1,5

-8 629

-1,4

SI

-2,1

1,1

-0,8

1,0

-1,4

0,4

0,2

-0,1

0,5

3,5

-2,8

0,0

9,4

-5 105

6,5

SK

-1,2

-1,2

0,1

0,8

0,0

0,2

0,0

1,2

0,3

1,6

10,5

-1,8

0,9

-7 977

-2,1

FI

-1,1

2,8

0,2

1,1

1,1

0,5

0,0

-1,0

0,3

2,1

-3,6

-1,3

1,6

4 295

-1,3

SE

-1,7

7,2

-0,4

1,9

1,8

1,3

0,2

-1,0

0,5

2,2

7,6

-1,3

3,6

5 555

0,7

Fonte: Eurostat, OCSE.

Nota: "UEnp" si riferisce alle medie non ponderate dell'UE e "ZEnp" alle medie non ponderate della zona euro. Lo scarto dalla media UE è calcolato in relazione alla media non ponderata. Il reddito lordo reale disponibile delle famiglie pro capite è misurato utilizzando il "reddito non corretto" (vale a dire senza tenere conto dei trasferimenti sociali in natura) e senza adeguamenti per tenere conto degli standard di potere d'acquisto. L'indicatore "reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single che percepisce il salario medio" dovrebbe essere letto e interpretato congiuntamente ad altri indicatori quali il tasso di povertà lavorativa, il rapporto tra il quinto e il primo decile della distribuzione salariale (D5/D1) e altri indicatori pertinenti del monitoraggio dei risultati in materia di occupazione (Employment Performance Monitor - EPM) / monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale (Social Protection Performance Monitor - SPPM) e del quadro di valutazione comune (Joint Assessment Framework - JAF). Per questo indicatore lo scarto dalla media UE è espresso in standard di potere d'acquisto (SPA), mentre le variazioni sono espresse in termini reali in valuta nazionale; per contenere le fluttuazioni a breve termine si utilizzano medie su 3 anni sia per i livelli sia per le variazioni.

Indicazioni convenzionali: b = interruzione nelle serie temporali; e = stima; p = provvisorio; u = scarsa affidabilità (basso numero di osservazioni).

Allegato 2 (segue). Variazioni degli indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale e scarto dalla media UE

 

Sostegno pubblico / Protezione sociale e inclusione

Effetto dei trasferimenti sociali (pensioni escluse) sulla riduzione della povertà (%)

Bambini di età inferiore a 3 anni inseriti in strutture formali di cura dell'infanzia (%)

Esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato (%)

Persone con competenze digitali complessive di base o superiori (% della popolazione nella fascia di età 16-74 anni)

Anno

2019

2019

2019

2019

 

Variazione su base annua

Scarto dalla media UE

Variazione su base annua per SM rispetto alla variazione su base annua per l'UE

Variazione su base annua

Scarto dalla media UE

Variazione su base annua per SM rispetto alla variazione su base annua per l'UE

Variazione su base annua

Scarto dalla media UE

Variazione su base annua per SM rispetto alla variazione su base annua per l'UE

Variazione su base annua

Scarto dalla media UE

Variazione su base annua per SM rispetto alla variazione su base annua per l'UE

UE-27

-0,2

-1,6

-0,3

0,5

-0,5

-1,9

0,0

1,6

0,2

1,0

0,1

1,4

ZE-19

0,9

-1,6

0,8

1,4

4,9

-1,0

0,0

1,2

0,2

:

:

:

UEnp

0,1

0,0

0,0

2,4

0,0

0,0

-0,2

0,0

0,0

-0,4

0,0

0,0

ZEnp

1,3

0,5

1,2

4,3

5,6

1,9

-0,4

0,3

-0,1

-0,9

2,0

-0,6

BE

6,6 b

7,5

6,4

1,1 b

19,8

-1,3

0,0 b

-0,8

0,2

0,0

5,1

0,4

BG

-1,8

-10,6

-1,9

3,5

-16,0

1,1

-0,5

-1,2

-0,3

0,0

-26,9

0,4

CZ

0,7

4,9

0,6

-2,7

-29,4

-5,1

0,2

-2,1

0,4

2,0 b

6,1

2,4

DK

0,0

13,0

-0,1

2,8

30,3

0,4

0,5

-0,8

0,7

-1,0

14,1

-0,6

DE

2,9

2,0

2,8

1,5

-4,4

-0,9

0,1

-2,3

0,3

2,0

14,1

2,4

EE

1,4

-6,1

1,3

3,5

-3,9

1,1

-0,9

12,9

-0,7

2,0

6,1

2,4

IE

:

:

:

:

:

:

:

:

:

5,0

-2,9

5,4

EL

2,6

-11,4

2,5

-8,5

-3,3

-10,9

-0,7

5,5

-0,5

5,0

-4,9

5,4

ES

0,1

-11,2

0,0

6,9

21,7

4,5

0,0

-2,4

0,2

2,0

1,1

2,4

FR

-2,3

7,9

-2,4

:

:

:

:

:

:

0,0

1,1

0,4

HR

-0,2

-9,6

-0,3

-2,1

-20,0

-4,5

0,0

-1,2

0,2

12,0

-2,9

12,4

IT

:

:

:

:

:

:

:

:

:

: bu

-13,9

:

CY

-1,1

1,0

-1,2

-0,3

-4,6

-2,7

-0,4

-1,6

-0,2

-5,0

-10,9

-4,6

LV

4,3

-10,8

4,2

0,9

-7,4

-1,5

-1,9

1,7

-1,7

-5,0 b

-12,9

-4,6

LT

8,7

-2,7

8,6

5,8

-9,1

3,4

-0,8

-1,2

-0,6

1,0

0,1

1,4

LU

-6,4

-0,3

-6,5

-0,5

24,3

-2,9

-0,1

-2,4

0,1

-20,0 b

9,1

-19,6

HU

-10,3

4,2

-10,4

0,4

-18,8

-2,0

0,2

-1,6

0,4

-1,0

-6,9

-0,6

MT

-4,3

-8,0

-4,4

6,2

2,6

3,8

-0,2

-2,6

0,0

-1,0

0,1

-0,6

NL

-0,7

4,1

-0,8

8,0

29,1

5,6

0,0

-2,4

0,2

0,0

23,1

0,4

AT

6,0

15,0

5,9

2,7

-13,0

0,3

0,2

-2,3

0,4

-1,0

10,1

-0,6

PL

-3,4

2,6

-3,5

-0,7

-25,5

-3,1

0,0

1,6

0,2

-2,0

-11,9

-1,6

PT

0,4

-10,0

0,3

2,7

17,2

0,3

-0,4

-0,9

-0,2

2,0

-3,9

2,4

RO

-0,8

-19,0

-0,9

0,9

-21,6

-1,5

0,0

2,3

0,2

2,0

-24,9

2,4

SI

2,3

11,2

2,2

0,6

11,2

-1,8

-0,4

0,3

-0,2

1,0

-0,9

1,4

SK

:

:

:

:

:

:

:

:

:

-5,0

-1,9

-4,6

FI

0,3

19,7

0,2

-0,3

2,5

-2,7

0,0

2,1

0,2

0,0

20,1

0,4

SE

-2,4

6,6

-2,5

-0,3

17,4

-2,7

-0,1

-1,2

0,1

-5,0 u

16,1

-4,6

Fonte: Eurostat.

Nota: "UEnp" si riferisce alle medie non ponderate dell'UE e "ZEnp" alle medie non ponderate della zona euro. Lo scarto dalla media UE è calcolato in relazione alla media non ponderata. La variazione del livello individuale di competenze digitali è calcolata rispetto al 2017 (i dati per il 2018 non sono disponibili).    

Indicazioni convenzionali: b = interruzione nelle serie temporali; e = stima; p = provvisorio; u = scarsa affidabilità (basso numero di osservazioni).



Allegato 3. Indicatori principali del mercato del lavoro del quadro di valutazione della situazione sociale: livelli annuali e diagrammi di dispersione

Anno

Pari opportunità e accesso al mercato del lavoro

Mercati del lavoro dinamici e condizioni di lavoro eque

Divario di genere nei livelli di occupazione 
(punti percentuali)

Giovani NEET (% della popolazione totale nella fascia di età 15-24 anni)

Tasso di occupazione
(% della popolazione nella fascia di età

20-64 anni)

Tasso di disoccupazione
(% della popolazione attiva nella fascia di età 15-74 anni)

Tasso di disoccupazione di lungo periodo

(% della popolazione attiva nella fascia di età 15-74 anni)

2017

2018

2019

2017

2018

2019

2017

2018

2019

2017

2018

2019

2017

2018

2019

UE-27

11,7

11,8

11,7

11,0

10,5

10,1

71,3

72,4

73,1

8,1

7,2

6,7

3,8

3,2

2,8

ZE-19

11,2

11,3

11,0

11,2

10,6

10,2

71,0

72,0

72,7

9,0

8,1

7,5

4,4

3,8

3,3

UEnp

10,5

10,6

10,6

10,4

9,6

9,4

72,3

73,7

74,6

7,7

6,7

6,0

3,5

2,8

2,3

ZEnp

10,1

10,2

10,0

10,2

9,4

9,2

72,0

73,4

74,3

8,5

7,4

6,7

4,1

3,3

2,8

BE

9,8

8,4

8,0

9,3

9,2

9,3

68,5

69,7

70,5

7,1

6,0

5,4

3,5

2,9

2,3

BG

8,0

8,2

8,6

15,3

15,0

13,7

71,3

72,4

75,0

6,2

5,2

4,2

3,4

3,0

2,4

CZ

15,8

15,2

15,0

6,3

5,6

5,7

78,5

79,9

80,3

2,9

2,2

2,0

1,0

0,7

0,6

DK

6,7

7,0

7,2

7,6

7,7

7,7

76,6

77,5

78,3

5,8

5,1

5,0

1,2

1,0

0,8

DE

7,9

8,1

8,0

6,3

5,9

5,7

79,2

79,9

80,6

3,8

3,4

3,1

1,6

1,4

1,2

EE

7,3

7,8

7,7

9,4

9,8

6,9

78,7

79,5

80,2

5,8

5,4

4,4

1,9

1,3

0,9

IE

12,1

12,2

12,4

10,9

10,1

10,1

73,0

74,1

75,1

6,7

5,8

5,0

3,0

2,1

1,6

EL

19,7

21,0

20,0

15,3

14,1

12,5

57,8

59,5

61,2

21,5

19,3

17,3

15,6

13,6

12,2

ES

11,9

12,1

11,9

13,3

12,4

12,1

65,5

67,0

68,0

17,2

15,3

14,1

7,7

6,4

5,3

FR

7,8

7,6

7,1

11,4

11,1

10,6

70,6

71,3

71,6

9,4

9,0

8,5

4,2

3,8

3,4

HR

10,6

10,2

10,5

15,4

13,6

11,8

63,6

65,2

66,7

11,2

8,5

6,6

4,6

3,4

2,4

IT

19,8

19,8

19,6

20,1

19,2

18,1

62,3

63,0

63,5

11,2

10,6

10,0

6,5

6,2

5,6

CY

9,5

10,4

11,6

16,1

13,2

13,7

70,8

73,9

75,7

11,1

8,4

7,1

4,5

2,7

2,1

LV

4,3

4,2

3,8

10,3

7,8

7,9

74,8

76,8

77,4

8,7

7,4

6,3

3,3

3,1

2,4

LT

1,0

2,3

1,6

9,1

8,0

8,6

76,0

77,8

78,2

7,1

6,2

6,3

2,7

2,0

1,9

LU

7,9

8,0

9,1

5,9

5,3

5,6

71,5

72,1

72,8

5,5

5,6

5,6

2,1

1,4

1,3

HU

15,3

15,3

15,5

11,0

10,7

11,0

73,3

74,4

75,3

4,2

3,7

3,4

1,7

1,4

1,1

MT

24,1

21,9

20,7

8,6

7,3

8,6

73,0

75,5

76,8

4,0

3,7

3,6

2,0

1,8

0,9

NL

10,5

10,1

9,3

4,0

4,2

4,3

78,0

79,2

80,1

4,9

3,8

3,4

1,9

1,4

1,0

AT

8,0

9,0

8,8

6,5

6,8

7,1

75,4

76,2

76,8

5,5

4,9

4,5

1,8

1,4

1,1

PL

14,6

14,4

15,4

9,5

8,7 b

8,1

70,9

72,2

73,0

4,9

3,9

3,3

1,5

1,0

0,7

PT

7,5

6,8

7,2

9,3

8,4

8,0

73,4

75,4

76,1

9,0

7,1

6,5

4,5

3,1

2,8

RO

17,1

18,3

19,0

15,2

14,5

14,7

68,8

69,9

70,9

4,9

4,2

3,9

2,0

1,8

1,7

SI

7,2

7,3

6,8

6,5

6,6

7,0

73,4

75,4

76,4

6,6

5,1

4,5

3,1

2,2

1,9

SK

12,8

13,7

13,0

12,1

10,2

10,3

71,1

72,4

73,4

8,1

6,5

5,8

5,1

4,0

3,4

FI

3,5

3,7

2,7

9,4

8,5

8,2

74,2

76,3

77,2

8,6

7,4

6,7

2,1

1,6

1,2

SE

4,0

4,2

4,7

6,2

6,0 b

5,5

81,8

82,4 b

82,1

6,7

6,4 b

6,8

1,2

1,1 b

0,9

Fonte: Eurostat.

Nota: "UEnp" si riferisce alle medie non ponderate dell'UE e "ZEnp" alle medie non ponderate della zona euro.

Indicazioni convenzionali: b = interruzione nelle serie temporali; e = stima; p = provvisorio; u = scarsa affidabilità (basso numero di osservazioni).



Figura 1. Divario di genere nei livelli di occupazione e variazione annua

Fonte: Eurostat. Periodo: livelli del 2019 e variazioni annue rispetto al 2018. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato 5.

Figura 2. Tasso di NEET (fascia di età 15-24 anni) e variazione annua

Fonte: Eurostat. Periodo: livelli del 2019 e variazioni annue rispetto al 2018. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato 5.



Figura 3. Tasso di occupazione (fascia di età 20-64 anni) e variazione annua

Fonte: Eurostat. Periodo: livelli del 2019 e variazioni annue rispetto al 2018. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato 5.

Figura 4. Tasso di disoccupazione (fascia di età 15-74 anni) e variazione annua

Fonte: Eurostat. Periodo: livelli del 2019 e variazioni annue rispetto al 2018. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato 5.



Figura 5. Tasso di disoccupazione di lungo periodo (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat. Periodo: livelli del 2019 e variazioni annue rispetto al 2018. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato 5.



Allegato 4. Dati disaggregati a livello regionale sugli indicatori principali selezionati del quadro di valutazione della situazione sociale 1

Figura 1. Tasso di occupazione, 2019.

(%, quota delle persone nella fascia di età 20-64 anni, per regione NUTS 2)

Nota: Corsica (FRM0): scarsa affidabilità.

Fonte: Eurostat (codice dati online: lfst_r_lfe2emprtn)

Figura 2. Divario di genere nei livelli di occupazione, 2019

(differenza in punti percentuali, tasso di occupazione maschile meno tasso di occupazione femminile, persone nella fascia di età 20-64 anni, per regione NUTS 2)

Nota: il divario di genere nei livelli di occupazione è definito come la differenza tra il tasso di occupazione maschile e quello femminile tra le persone nella fascia di età 20-64 anni; il tasso di occupazione maschile era sistematicamente più elevato rispetto a quello femminile in tutte le regioni.

Fonte: Eurostat (codice dati online: lfst_r_lfe2emprtn)



Figura 3. Tasso di disoccupazione, 2019

(%, quota della forza lavoro nella fascia di età 15-74 anni, per regioni NUTS 2)

 Nota: Corsica (FRM0), Burgenland (AT11), Lubusz (PL43) e Opole (PL52), Cumbria (UKD1): minore affidabilità dovuta alle dimensioni del campione.

Fonte: Eurostat (codice dati online: lfst_r_lfu3rt)



Figura 4. Tasso di disoccupazione di lungo periodo (12 mesi o più), 2019

(%, quota della popolazione attiva, per regione NUTS 2)

Nota: comprende dati di scarsa affidabilità per alcune regioni (troppi per essere documentati).

Fonte: Eurostat (codice dati online: tgs00053)



Figura 5. Giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (NEET), 2019

(%, quota delle persone nella fascia di età 15-24 anni, per regione NUTS 2)

Nota: Scarsa affidabilità per il Belgio (province di Brabant Wallon e di Lussemburgo); Cechia (Praha); Grecia (Ionia Nisia); Spagna (Cantabria, La Rioja, Ciudad Autonoma de Ceuta e Melilla); Lituania (Sostines regionas); Paesi Bassi (Drenthe); Austria (Carinzia, Salisburgo, Tirolo e Vorarlberg); Polonia (Lubusz, Opole, Swietokrzyskie, Podlachia e Varsavia capitale); Svezia (Småland med öarna).

Fonte: Eurostat (codice dati online: edat_lfse_22)



Figura 6. Abbandono precoce di istruzione e formazione, 2019

(%, quota delle persone nella fascia di età 18-24 anni, per regione NUTS 2)

Nota: comprende dati di scarsa affidabilità per alcune regioni (troppi per essere documentati).

Fonte: Eurostat (codice dati online: edat_lfse_16)



Figura 7. Persone a rischio di povertà o di esclusione sociale, 2019

(%, per regione NUTS 2)

Nota: Belgio, Polonia: livello NUTS 1. Francia: dati nazionali. Germania: dati del 2017. UE-27, Irlanda, Francia, Italia, Austria e Slovacchia: dati del 2018. UE-27, Germania e Austria: stima. Belgio: interruzione nelle serie. Burgenland (AT11): scarsa affidabilità.

Fonte: Eurostat (codice dati online: ilc_peps11 e ilc_peps01)



Figura 8. Effetto dei trasferimenti sociali (pensioni escluse) sulla riduzione della povertà, 2019

(%, per regione NUTS 2)

Nota: Belgio: livello NUTS 1. Germania, Francia, Paesi Bassi, Polonia e Portogallo: dati nazionali. Francia, Irlanda, Italia, Austria e Slovacchia: dati del 2018. Belgio: interruzione nelle serie. Austria stima.

Fonte: Eurostat (codice dati online: tespm050_r)



Figura 9. Esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato, 2019

(%, esigenze insoddisfatte dichiarate dall'interessato a causa di "motivi finanziari", "lista d'attesa" o "distanza eccessiva", regioni NUTS 2)

Nota: Paesi Bassi e Polonia: livello NUTS 1. Germania, Francia, Austria e Portogallo: dati nazionali. Belgio: interruzione nelle serie. Irlanda, Francia, Italia, Slovacchia: dati del 2018.

Fonte: Eurostat (codice dati online: hlth_silc_08_r e tespm110)



Figura 10. Rapporto tra quintili di reddito, 2017

(indice, per regione NUTS 2)

Nota: Belgio: livello NUTS 1. Germania, Francia, Austria, Polonia e Portogallo: dati nazionali. Belgio: interruzione nelle serie. Irlanda, Francia, Slovacchia: dati del 2018. Italia: dati del 2017. Spagna: Ciudad autonoma de Ceuta e Finlandia: Åland: scarsa affidabilità.

Fonte: Eurostat (codice dati online: ilc_di11_r e ilc_di11)



Allegato 5. Nota metodologica sull'individuazione di tendenze e livelli nel quadro di valutazione

A metà del 2015 la Commissione europea, il comitato per l'occupazione e il comitato per la protezione sociale hanno concordato una metodologia per valutare i risultati ottenuti dagli Stati membri in relazione al quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali chiave. L'accordo prevedeva che la metodologia fosse volta a fornire, per ogni indicatore, una misura della posizione relativa di ogni Stato membro nella distribuzione dei valori degli indicatori (punteggi) dell'UE. La metodologia si applica sia ai livelli annui (livelli) sia alle variazioni annue (variazioni) onde consentire una valutazione complessiva dei risultati ottenuti dagli Stati membri 2 .

Nel 2017 la Commissione, di concerto con il comitato per l'occupazione e il comitato per la protezione sociale, ha deciso di applicare la metodologia al quadro di valutazione della situazione sociale che accompagna il pilastro europeo dei diritti sociali.

Per ogni indicatore i livelli e le variazioni sono convertiti in punteggi standard (noti anche come punteggi z), che permettono di applicare la stessa metrica a tutti gli indicatori. A tal fine vengono standardizzati i dati grezzi sia dei livelli sia delle variazioni secondo la formula:

Sono poi analizzate le distribuzioni dei punteggi (separatamente per i livelli e per le variazioni). Questo approccio consente di esprimere per ogni Stato membro il valore grezzo dell'indicatore in termini di numero di deviazioni standard rispetto alla media (non ponderata). Si valutano e classificano i risultati di ciascuno Stato membro in base ai risultati dei punteggi z rispetto ad una serie di soglie predefinite, fissate come multipli della deviazione standard.

In questo approccio la questione più importante è la fissazione dei valori di soglia. Poiché non si possono formulare ipotesi parametriche sulla distribuzione dei dati grezzi osservati 3 , le soglie sono generalmente selezionate secondo una regola empirica. In base all'analisi degli indicatori chiave utilizzati nel quadro di valutazione, si è convenuto di valutare:

1.qualsiasi punteggio inferiore a -1 come un risultato ottimo;

2.qualsiasi punteggio compreso tra -1 e -0,5 come un risultato buono;

3.qualsiasi punteggio compreso tra -0,5 e 0,5 come un risultato neutro;

4.qualsiasi punteggio compreso tra 0,5 e 1 come un risultato scarso;

5.qualsiasi punteggio superiore a 1 come un risultato pessimo 4 .

Tabella 1: valori di soglia per i punteggi z

 

valori di soglia per i punteggi z

-1,0

-0,5

0

0,5

1,0

(inferiore a)

(inferiore a)

(compreso tra)

(superiore a)

(superiore a)

Valutazione

Livelli

Molto basso

Basso

Nella media

Alto

Molto alto

 

 

Variazioni

Molto inferiore alla media

Inferiore alla media

Nella media

Superiore alla media

Molto superiore alla media



Associando la valutazione dei livelli e delle variazioni è quindi possibile classificare i risultati complessivi di un paese, in base a ogni indicatore, in una delle sette categorie a seguire. Il codice cromatico è rispettato nelle cifre corrispondenti nel corpo della relazione.

Le tabelle che seguono presentano la classificazione basata sul punteggio z per quegli indicatori il cui valore basso viene valutato come risultato buono (ad esempio tasso di disoccupazione, AROPE ecc.).

Risultati migliori 

Punteggio inferiore a -1,0 nei livelli e a 1,0 nelle variazioni

Stati membri con livelli molto superiori alla media UE e la cui situazione è in miglioramento o non sta peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media UE

Superiori alla media

Punteggio compreso tra -1,0 e -0,5 nei livelli e inferiore a 1 nelle variazioni o compreso tra -0,5 e 0,5 nei livelli e inferiore a -1,0 nelle variazioni

Stati membri con livelli superiori alla media UE e la cui situazione è in miglioramento o non sta peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media UE

Buoni ma da monitorare

Punteggio inferiore a -0,5 nei livelli e superiore a 1,0 nelle variazioni e con una variazione superiore a zero 5

Stati membri con livelli superiori o molto superiori alla media UE ma la cui situazione sta peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media UE

Nella media / neutri

Punteggio compreso tra -0,5 e 0,5 nei livelli e tra -1,0 e 1,0 nelle variazioni

Stati membri con livelli nella media e la cui situazione non sta migliorando né peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media UE

Modesti ma in miglioramento

Punteggio superiore a 0,5 nei livelli e inferiore a -1,0 nelle variazioni

Stati membri con livelli peggiori o molto peggiori rispetto alla media UE ma la cui situazione sta migliorando molto più rapidamente rispetto alla media UE

Da tenere sotto osservazione

Punteggio compreso tra 0,5 e 1,0 nei livelli e superiore a -1,0 nelle variazioni o compreso tra -0,5 e 0,5 nei livelli e superiore a 1,0 nelle variazioni (e con una variazione superiore a zero 6 )

Questa categoria raggruppa due casi differenti: i) Stati membri con livelli peggiori rispetto alla media UE e la cui situazione sta peggiorando o non sta migliorando abbastanza rapidamente; ii) Stati membri con livelli in linea con la media UE ma la cui situazione sta peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media UE

Situazioni critiche

Punteggio superiore a 1,0 nei livelli e a -1,0 nelle variazioni

Stati membri con livelli molto peggiori rispetto alla media UE e la cui situazione sta peggiorando o non sta migliorando abbastanza rapidamente

Le tabelle che seguono presentano la classificazione basata sul punteggio z per quegli indicatori il cui valore alto viene valutato come risultato buono (ad esempio tasso di occupazione, partecipazione alla cura dell'infanzia ecc.).

Risultati migliori 

Punteggio superiore a 1,0 nei livelli e a -1,0 nelle variazioni

Stati membri con livelli molto superiori alla media UE e la cui situazione è in miglioramento o non sta peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media UE

Superiori alla media

Punteggio compreso tra 1,0 e 0,5 nei livelli e superiore a -1,0 nelle variazioni o compreso tra -0,5 e 0,5 nei livelli e superiore a 1,0 nelle variazioni

Stati membri con livelli superiori alla media UE e la cui situazione è in miglioramento o non sta peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media UE

Buoni ma da monitorare

Punteggio superiore a 0,5 nei livelli e inferiore a -1,0 nelle variazioni e con una variazione inferiore a zero 7

Stati membri con livelli superiori o molto superiori alla media UE ma la cui situazione sta peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media UE

Nella media / neutri

Punteggio compreso tra -0,5 e 0,5 nei livelli e tra -1,0 e 1,0 nelle variazioni

Stati membri con livelli nella media e la cui situazione non sta migliorando né peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media UE

Modesti ma in miglioramento

Punteggio inferiore a -0,5 nei livelli e superiore a 1,0 nelle variazioni

Stati membri con livelli peggiori o molto peggiori rispetto alla media UE ma la cui situazione sta migliorando molto più rapidamente rispetto alla media UE

Da tenere sotto osservazione

Punteggio compreso tra -0,5 e -1,0 nei livelli e inferiore a 1,0 nelle variazioni o compreso tra -0,5 e 0,5 nei livelli e inferiore a -1,0 nelle variazioni (e che presenta una variazione inferiore a zero 8 )

Questa categoria raggruppa due casi differenti: i) Stati membri con livelli peggiori rispetto alla media UE e la cui situazione sta peggiorando o non sta migliorando abbastanza rapidamente; ii) Stati membri con livelli in linea con la media UE ma la cui situazione sta peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media UE

Situazioni critiche

Punteggio inferiore a 1,0 nei livelli e a 1,0 nelle variazioni

Stati membri con livelli molto peggiori rispetto alla media UE e la cui situazione sta peggiorando o non sta migliorando abbastanza rapidamente

Tabella di sintesi dei valori di soglia

Molto basso

Basso

Nella media

Alto

Molto alto

Abbandono precoce di istruzione e formazione

(% della popolazione nella fascia di età 18-24 anni)

Livelli

inferiore a 5,1 %

inferiore a 7,0 %

compreso tra 7,0 % e 10,8 %

superiore a 10,8 %

superiore a 12,7 %

Variazioni

inferiore a -0,9 punti percentuali

inferiore a -0,6 punti percentuali

compreso tra -0,6 e 0,2 punti percentuali

superiore a 0,2 punti percentuali

superiore a 0,5 punti percentuali

Divario di genere nei livelli di occupazione (punti percentuali)

Livelli

inferiore a 4,9 %

inferiore a 7,6 %

compreso tra 7,6 % e 13,0 %

superiore a 13,0 %

superiore a 15,6 %

Variazioni

inferiore a -1,4 punti percentuali

inferiore a -0,8 punti percentuali

compreso tra -0,8 e 0,2 punti percentuali

superiore a 0,2 punti percentuali

superiore a 0,7 punti percentuali

Rapporto tra quintili di reddito (S80/S20)

Livelli

inferiore a 3,6

inferiore a 4,2

compreso tra 4,2 e 5,4

superiore a 5,4

superiore a 6,0

Variazioni

inferiore a -0,3

inferiore a -0,2

compreso tra -0,2 e 0,1

superiore a 0,1

superiore a 0,2

Rischio di povertà o di esclusione sociale (%)

Livelli

inferiore a 15,7 %

inferiore a 18,3 %

compreso tra 18,3 % e 23,6 %

superiore a 23,6 %

superiore a 26,2 %

Variazioni

inferiore a -1,4 punti percentuali

inferiore a -1,0 punti percentuali

compreso tra -1,0 e -0,2 punti percentuali

superiore a -0,2 punti percentuali

superiore a 0,2 punti percentuali

Giovani NEET (% della popolazione totale nella fascia di età 15-24 anni)

Livelli

inferiore a 7,4 %

inferiore a 9,2 %

compreso tra 9,2 % e 12,3 %

superiore a 12,3 %

superiore a 14,4 %

Variazioni

inferiore a 0,3 punti percentuali

inferiore a 0,9 punti percentuali

compreso tra 0,9 e 2,1 punti percentuali

superiore a 2,1 punti percentuali

superiore a 2,7 punti percentuali

Tasso di occupazione (% della popolazione nella fascia di età 20-64 anni)

Livelli

inferiore a 68,1 %

inferiore a 70,7 %

compreso tra 70,7 % e 76,0 %

superiore a 76,0 %

superiore a 78,7 %

Variazioni

inferiore a -2,3 punti percentuali

inferiore a -1,8 punti percentuali

compreso tra -1,8 e -0,8 punti percentuali

superiore a -0,8 punti percentuali

superiore a -0,3 punti percentuali

Tasso di disoccupazione (% della popolazione attiva nella fascia di età 15-74 anni)

Livelli

inferiore a 3,4 %

inferiore a 5,0 %

compreso tra 5,0 % e 8,2 %

superiore a 8,2 %

superiore a 9,8 %

Variazioni

inferiore a -0,4 punti percentuali

inferiore a 0,1 punti percentuali

compreso tra 0,1 e 1,1 punti percentuali

superiore a 1,1 punti percentuali

superiore a 1,6 punti percentuali

Tasso di disoccupazione di lungo periodo (% della popolazione attiva nella fascia di età 15-74 anni)

Livelli

inferiore a 0,0 %

inferiore a 1,0 %

compreso tra 1,0 % e 3,1 %

superiore a 3,1 %

superiore a 4,1 %

Variazioni

inferiore a -0,9 punti percentuali

inferiore a -0,6 punti percentuali

compreso tra -0,6 e 0,0 punti percentuali

superiore a 0,0 punti percentuali

superiore a 0,3 punti percentuali

Reddito lordo reale disponibile delle famiglie pro capite (2008 = 100)

Livelli

inferiore a 100,2

inferiore a 106,6

compreso tra 106,6 e 119,3

superiore a 119,3

superiore a 125,7

Variazioni

inferiore a 0,8 punti percentuali

inferiore a 1,7 punti percentuali

compreso tra 1,7 e 3,5 punti percentuali

superiore a 3,5 punti percentuali

superiore a 4,5 punti percentuali

Reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single che percepisce il salario medio (livelli in SPA, variazioni in valuta nazionale in termini reali)

Livelli

inferiore a 14 030

inferiore a 17 456

compreso tra 17 456 e 24 308

superiore a 24 308

superiore a 27 734

Variazioni

inferiore a -0,1 %

inferiore a 1,4 %

compreso tra 1,4 % e 4,5 %

superiore a 4,5 %

superiore a 6,0 %

Effetto dei trasferimenti sociali (pensioni escluse) sulla riduzione della povertà (%)

Livelli

inferiore a 24,5 %

inferiore a 29,4 %

compreso tra 29,4 % e 39,1 %

superiore a 39,1 %

superiore a 44,0 %

Variazioni

inferiore a -3,9 punti percentuali

inferiore a -1,9 punti percentuali

compreso tra -1,9 e 2,1 punti percentuali

superiore a 2,1 punti percentuali

superiore a 4,1 punti percentuali

Bambini di età inferiore a 3 anni inseriti in strutture formali di cura dell'infanzia (%)

Livelli

inferiore a 17,8 %

inferiore a 26,7 %

compreso tra 26,7 % e 44,6 %

superiore a 44,6 %

superiore a 53,5 %

Variazioni

inferiore a -2,1 punti percentuali

inferiore a -0,3 punti percentuali

compreso tra -0,3 e 3,1 punti percentuali

superiore a 3,1 punti percentuali

superiore a 4,9 punti percentuali

Esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato (%)

Livelli

inferiore a -0,8 %

inferiore a 0,9 %

compreso tra 0,9 % e 4,3 %

superiore a 4,3 %

superiore a 6,0 %

Variazioni

inferiore a -0,7 punti percentuali

inferiore a -0,5 punti percentuali

compreso tra -0,5 e 0,0 punti percentuali

superiore a 0,0 punti percentuali

superiore a 0,3 punti percentuali

Persone con competenze digitali complessive di base o superiori (% della popolazione nella fascia di età 16-74 anni)

Livelli

inferiore a 43,8 %

inferiore a 49,9 %

compreso tra 49,9 % e 62,0 %

superiore a 62,0 %

superiore a 68,0 %

Variazioni

inferiore a -5,7 punti percentuali

inferiore a -3,0 punti percentuali

compreso tra -3,0 e 2,6 punti percentuali

superiore a 2,6 punti percentuali

superiore a 4,9 punti percentuali

Allegato 6. Sintesi delle "tendenze occupazionali da tenere sotto osservazione" e numero di Stati membri che registrano un peggioramento o un miglioramento, identificati dal monitoraggio dei risultati in materia di occupazione (EPM) 2020

Nota: variazioni 2018-2019, ad eccezione del tasso di rischio di povertà dei disoccupati, della trappola della disoccupazione e del divario retributivo di genere, per i quali le variazioni si riferiscono al periodo 2017-2018.



Allegato 7. Sintesi delle "tendenze sociali da tenere sotto osservazione" e numero di Stati membri che registrano un peggioramento o un miglioramento nel periodo 2017-2018, identificati dall'aggiornamento del giugno 2020 relativo al monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale

Nota: per gli indicatori basati su EU-SILC in genere le variazioni si riferiscono al periodo 2016-2017 per gli indicatori di reddito e di intensità di lavoro delle famiglie.

(1)

Nota: dati disaggregati a livello regionale (NUTS 2). Se i dati disaggregati a livello regionale (NUTS 2) non sono disponibili o sono statisticamente inaffidabili, nelle mappe vengono presentati quelli di livello NUTS 1 o nazionale.

(2)

Ad eccezione del nuovo indicatore "reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single senza figli che percepisce un salario medio", per il quale si utilizzano medie su 3 anni sia per i livelli sia per le variazioni per contenere le fluttuazioni a breve termine.

(3)

I test di normalità e di distribuzione a T condotti hanno determinato l'esclusione di qualsiasi ipotesi distribuzionale.

(4)

In caso di normalità, i valori di soglia selezionati corrispondono all'incirca al 15 %, al 30 %, al 50 %, al 70 % e all'85 % della distribuzione cumulativa.

(5)

Quest'ultima condizione impedisce che uno Stato membro caratterizzato da un livello "basso" o "molto basso" sia segnalato come "in peggioramento" qualora presenti una variazione "molto superiore alla media" ma comunque in miglioramento.

(6)

Quest'ultima condizione impedisce che uno Stato membro caratterizzato da un livello "nella media" sia segnalato come "da tenere sotto osservazione" qualora presenti una variazione "molto superiore alla media" ma comunque in miglioramento.

(7)

Quest'ultima condizione impedisce che uno Stato membro caratterizzato da un livello "alto" o "molto alto" sia segnalato come "in peggioramento" qualora presenti una variazione "molto inferiore alla media" ma comunque in miglioramento.

(8)

Quest'ultima condizione impedisce che uno Stato membro caratterizzato da un livello "nella media" sia segnalato come "da tenere sotto osservazione" qualora presenti una variazione "molto inferiore alla media" ma comunque in miglioramento.