9.6.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 220/38


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Relazione 2020 sullo stato dell’Unione dell’energia in applicazione del regolamento (UE) 2018/1999 sulla governance dell’Unione dell’energia e dell’azione per il clima»

[COM(2020) 950 final]

e su «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Valutazione a livello dell’Unione dei piani nazionali per l’energia e il clima. Impulso alla transizione verde e promozione della ripresa economica attraverso la pianificazione integrata delle misure nei settori dell’energia e del clima»

[COM(2020) 564 final]

(2021/C 220/04)

Relatore:TBL

Lutz RIBBE

Consultazioni

Commissione europea, 11.11.2020 e 27.11.2020

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

9.3.2021

Adozione in sessione plenaria

24.3.2021

Sessione plenaria n.

559

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

236/4/6

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è favorevolmente colpito dalla meticolosità e dalla precisione con cui la Commissione documenta e valuta lo sviluppo dell’Unione dell’energia. Il modo in cui i piani nazionali per l’energia e il clima (PNEC) sono stati elaborati e valutati dimostra il buon funzionamento della governance dell’Unione dell’energia.

1.2.

Il CESE prende atto con sollievo del fatto che, nonostante alcuni Stati membri siano evidentemente in ritardo rispetto agli obiettivi, i traguardi energetici e climatici fissati per il 2020 siano stati nel complesso conseguiti. Non bisogna tuttavia accontentarsi di tali risultati. Gli obiettivi fissati per i prossimi trent’anni, a partire dagli anni 20 del Duemila, sono ben più ambiziosi e occorre accelerare nettamente il ritmo della trasformazione, senza tuttavia perdere di vista la situazione sociale ed economica dei singoli Stati membri. In caso contrario verrebbe messa a rischio l’accettazione sociale degli investimenti e delle riforme volti ad accelerare la transizione energetica. La trasformazione energetica sarebbe messa a repentaglio anche se la politica promettesse la partecipazione di ampie fasce della società, ma in realtà non prendesse sul serio questa promessa e non la attuasse.

1.3.

È quindi ancora più importante tenere presenti non solo gli obiettivi (climatici) globali, ma anche quelli specifici che la stessa Commissione si è prefissata con la strategia quadro per un’Unione dell’energia resiliente e con il pacchetto Energia pulita per tutti gli europei. A tale riguardo, i risultati che emergono sono di gran lunga peggiori.

1.4.

Nella strategia quadro la Commissione individuava come obiettivo principale un’Unione dell’energia che mettesse i cittadini in primo piano. Ciononostante, nella comunicazione sullo stato dell’Unione dell’energia, la Commissione non si sofferma in alcun modo a descrivere la situazione attuale in relazione al conseguimento di detto obiettivo e a illustrare le strategie da adottare in futuro a tale scopo. A giudizio del CESE ciò è del tutto inaccettabile.

1.5.

Nella valutazione degli PNEC la Commissione sostiene che gli Stati membri dedicano un’attenzione insufficiente allo sviluppo delle comunità dell’energia nell’ambito dei propri PNEC. Si tratta di un aspetto preoccupante. È tuttavia deludente che, alla luce di ciò, la Commissione si limiti a rivolgere un appello molto generico agli Stati membri. Se agli ambiziosi obiettivi formulati nel pacchetto Energia pulita per tutti gli europei e nella strategia quadro per l’Unione dell’energia non sarà dato un seguito serio, vi saranno ripercussioni negative non solo per l’Unione dell’energia, ma anche per la credibilità della politica europea nel suo insieme.

1.6.

Secondo il CESE è pertanto necessario che nelle sue relazioni future la Commissione esamini in maniera più rigorosa il grado e la qualità dell’attuazione, del rispetto e della realizzazione del terzo pacchetto dell’energia negli Stati membri, in particolare per quanto concerne il modo in cui essi intendono mettere «in primo piano i cittadini». In passato le disposizioni nel settore energetico sono state attuate in ritardo e spesso non in modo tale da portare beneficio ai cittadini.

1.7.

È il caso di formulare una posizione critica anche in relazione ad altri tre obiettivi dell’Unione dell’energia, vale a dire la riduzione della dipendenza energetica mediante la diminuzione delle importazioni di energia, l’eliminazione delle sovvenzioni alle fonti energetiche dannose per il clima e l’ambiente e l’assunzione di un ruolo di guida nell’ambito delle energie rinnovabili, dell’efficienza energetica e della mobilità elettrica. Dalle comunicazioni della Commissione emerge che i tre obiettivi menzionati sono stati tutti mancati. I motivi di tale fallimento sono tuttavia sottaciuti. Parimenti, non si trovano dichiarazioni in merito agli insegnamenti da trarre da detti insuccessi e alle loro conseguenze per le azioni future, ad esempio nel quadro del fondo per la ripresa.

1.8.

Il CESE ritiene che gli PNEC degli Stati membri evidenzino una mancanza di coerenza della politica energetica europea. Considera inoltre troppo poco specifica la maggior parte degli PNEC, in particolare per quanto riguarda le importanti questioni della sicurezza energetica e della transizione giusta.

1.9.

Invita pertanto la Commissione a dedicare maggiore attenzione, nella valutazione degli PNEC, all’adeguatezza delle strategie per una transizione giusta e, in tale contesto, specialmente al conseguimento dei seguenti obiettivi:

agevolazione delle transizioni occupazionali;

sostegno ai lavoratori che perdono il posto a causa della decarbonizzazione (ciascun posto di lavoro perso dovrebbe almeno essere sostituito da un altro di pari valore);

lotta alla povertà energetica, nonché compensazione degli effetti distributivi degressivi e

sviluppo dei potenziali economici regionali derivanti da fonti energetiche rinnovabili e nuove forme di coinvolgimento e partecipazione nella produzione di energia elettrica.

2.   Osservazioni generali in merito ai documenti della Commissione

2.1.

Il 25 febbraio 2015 la Commissione ha presentato la comunicazione Una strategia quadro per un’Unione dell’energia resiliente, corredata da una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici (1). La strategia delineava i seguenti obiettivi:

la sicurezza energetica, anche mediante la riduzione della dipendenza dalle importazioni di energia;

una piena integrazione del mercato europeo dell’energia;

un’economia sostenibile, a basse emissioni di carbonio e rispettosa del clima;

ricerca, innovazione e competitività, affinché l’Europa possa raggiungere il primo posto nel mondo nel campo delle energie rinnovabili;

la qualificazione dei lavoratori europei per il settore energetico di domani;

il consolidamento della fiducia degli investitori mediante un andamento dei prezzi che rispecchi le esigenze a lungo termine e gli obiettivi strategici.

2.2.

Ma soprattutto, spiegava la Commissione nel documento, la sua visione è quella di «un’Unione dell’energia che mette in primo piano i cittadini che svolgono un ruolo attivo nella transizione energetica, si avvantaggiano delle nuove tecnologie per pagare di meno e partecipano attivamente al mercato, e che tutela i consumatori vulnerabili». La Commissione definiva inoltre prioritario il coinvolgimento dei portatori di interessi nella gestione dell’Unione dell’energia e indicava una transizione socialmente giusta come principio fondamentale per la gestione della transizione energetica.

2.3.

La Commissione sottolineava poi la necessità di una governance e di un monitoraggio integrati dell’Unione dell’energia. Con il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio (2) sulla governance l’UE si è dotata della corrispondente base giuridica a tal fine. A norma di detto regolamento gli Stati membri sono tenuti a presentare periodicamente piani nazionali per l’energia e il clima (PNEC), illustrando in tali piani anche i contributi prestati al conseguimento degli obiettivi dell’Unione dell’energia.

2.4.

Nella sua relazione 2020 sullo stato dell’Unione dell’energia, la Commissione si sofferma sui progressi compiuti, suddividendoli in cinque sezioni:

decarbonizzazione (compresa la diffusione delle energie rinnovabili);

efficienza energetica, con particolare considerazione per il principio «efficienza energetica al primo posto»;

sicurezza energetica (comprese la riduzione delle importazioni di energia nell’UE, una maggiore flessibilità e una maggiore resilienza dei sistemi energetici nazionali);

mercati interni dell’energia;

ricerca, innovazione e competitività.

La Commissione affronta inoltre il tema «l’Unione dell’energia nel più ampio contesto del Green Deal».

2.5.

Su tali basi, la Commissione presenta riflessioni sul tema «perseguire la ripresa verde e un’economia sostenibile», illustrando anzitutto le strategie esistenti per l’integrazione del sistema energetico e la diffusione dell’idrogeno in Europa.

2.6.

La Commissione espone inoltre i motivi che rendono necessario portare l’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 ad almeno il 55 % rispetto ai livelli del 1990 e annuncia una strategia volta a ridurre le emissioni di metano, nonché una visione per l’energia offshore. A tal proposito, la Commissione critica le strategie presentate dagli Stati membri nell’ambito degli PNEC, osservando che esse risultano spesso poco chiare e non abbastanza concrete.

2.7.

In generale, la Commissione ritiene che la situazione non sia ancora soddisfacente, pur osservando che gli obiettivi stabiliti a livello dell’UE per il 2020 in relazione alla diffusione delle energie rinnovabili saranno ampiamente conseguiti. Alcuni Stati membri devono compiere «maggiori progressi».

2.8.

La Commissione chiede di intensificare gli sforzi in materia di efficienza energetica, in quanto riscontra lacune notevoli in particolare nell’ambito della ristrutturazione degli edifici.

2.9.

La relazione è accompagnata per la prima volta da un’analisi dettagliata delle sovvenzioni all’energia (3), nella quale si osserva chiaramente che a) rimane fondamentale disporre di dati migliori sulle sovvenzioni all’energia (4) e b) sussiste «la necessità di intensificare gli sforzi» per ridurre le sovvenzioni ai combustibili fossili. Gli strumenti giuridici attualmente esistenti a livello dell’UE sono definiti insufficienti.

2.10.

È giudicato inoltre «non incoraggiante» il fatto che negli ultimi anni nell’UE-27 si siano registrati investimenti sempre minori di risorse di R&I nel settore e che a tale riguardo l’Europa sia in notevole ritardo rispetto ad altre regioni economiche. La Commissione annuncia sforzi, ad esempio, nell’ambito dello stoccaggio di energia nelle batterie e dell’idrogeno, al fine di rilanciare la ricerca e l’innovazione e controbilanciare la riduzione degli investimenti rilevata a livello nazionale.

2.11.

La relazione osserva altresì che negli ultimi anni la spesa per le importazioni di energia è tornata ad aumentare (fino a oltre 330 miliardi di EUR all’anno), segnando così un’inversione di tendenza rispetto al calo registrato precedentemente.

2.12.

La Commissione conclude la sua relazione constatando che nel contesto della crisi della COVID-19 l’Europa si trova di fronte a un’occasione unica di investire a sostegno del rilancio dell’economia dell’UE, accelerando nel contempo la transizione verde e digitale.

2.13.

Nella comunicazione sulla valutazione a livello dell’Unione dei piani nazionali per l’energia e il clima, la Commissione valuta positivamente il fatto che i progressi compiuti in termini di riduzione dei gas a effetto serra e di energie rinnovabili abbiano consentito già nel 2021 di innalzare notevolmente le corrispondenti ambizioni per il 2030. Dall’altro lato, la Commissione riconosce la necessità di recuperare un notevole ritardo in materia di efficienza energetica, di investimenti nella ricerca e di innovazione, osservando che, per colmare le relative carenze, gli Stati membri dovranno tenere conto delle nuove opportunità di finanziamento nell’ambito del quadro finanziario pluriennale e dello strumento per la ripresa e la resilienza.

3.   Osservazioni generali del CESE

3.1.

La Commissione merita anzitutto un chiaro elogio: la meticolosità con cui gestisce la governance dell’Unione dell’energia e la comunica in documenti esaustivi (comprensivi di allegati) è indice di grande serietà. Ciò risulta d’altronde assolutamente opportuno, dal momento che gli obiettivi climatici fissati finora, che dovranno essere resi più ambiziosi, saranno raggiunti, nella migliore delle ipotesi, solo di misura. L’obiettivo di condurre l’Unione europea verso la neutralità climatica al più tardi entro il 2050 riveste un’importanza epocale e richiede una pianificazione e un coordinamento strategici forse unici nella storia, che riuniscano approcci politici molto differenti e che vadano ben oltre quanto già stabilito.

3.2.

In questo contesto, il CESE concorda pienamente con la Commissione quando essa sottolinea la necessità che gli Stati membri elaborino strategie più chiare e le attuino senza indugio. A tal fine, occorre tenere in debita considerazione le implicazioni per la società, l’occupazione e le competenze, nonché altri effetti distributivi della transizione energetica, ed esporre come vadano affrontate le relative sfide.

3.3.

Le conclusioni della Commissione sono comprensibili e meritano sostegno. Quanto detto vale in particolare per la constatazione che i progressi compiuti verso il conseguimento degli obiettivi in materia di riduzione delle emissioni di gas serra, aumento dell’efficienza energetica e diffusione delle energie rinnovabili rappresentano un trampolino per traguardi ancora più ambiziosi.

3.4.

Il CESE concorda inoltre con la Commissione sulla necessità di nuovi impulsi. Sarebbe tuttavia stato auspicabile che la Commissione specificasse in cosa dovrebbero consistere in concreto detti impulsi.

3.5.

Sembra inoltre logico che la Commissione stabilisca un collegamento tra lo sviluppo dell’Unione dell’energia da un lato e il Green Deal europeo e la politica di ripresa connessa alla pandemia dall’altro, dato che entrambi tali approcci non potevano essere previsti al momento dell’elaborazione del quadro strategico dell’Unione dell’energia e del regolamento sulla governance. Il CESE sottolinea che l’Unione europea dell’energia costituisce una base d’azione eccellente per il Green Deal. Ancor più importante sarebbe stato indicare in maniera più precisa nell’attuale verifica le lacune evidenziatesi e sviluppare strategie per porvi rimedio. Ciò non è tuttavia accaduto in almeno tre casi, che saranno esaminati in appresso.

Attuazione insufficiente dell’obiettivo «Cittadini in primo piano nell’ambito dell’Unione dell’energia»

3.6.

Come riportato al punto 2.2, nel quadro strategico dell’Unione dell’energia la Commissione ha individuato come obiettivo principale (!) di tale Unione il ruolo di una politica guidata dai cittadini e orientata ad essi. A detto obiettivo dovrebbe pertanto essere dedicata una particolare attenzione anche nella relazione sullo stato dell’Unione dell’energia, in particolare attraverso proposte concrete su come realizzare la partecipazione e il coinvolgimento attivi e trasparenti di cittadini, parti sociali e portatori di interessi nei processi decisionali, ad esempio gli PNEC, nonché la loro partecipazione attiva al mercato. La relazione, tuttavia, non cita neppure l’aspetto della partecipazione e non si sofferma a valutare se le misure proposte per il futuro siano volte esplicitamente al raggiungimento di tale obiettivo.

3.7.

Lo stesso problema si riscontra attualmente anche, ad esempio, nella strategia per l’integrazione del sistema energetico presentata dalla Commissione, nella quale i cittadini sono citati solo in qualità di consumatori e non come protagonisti attivi del mercato. Anche fra i temi principali enunciati dalla Commissione europea (5), come la strategia per l’idrogeno, e nella visione per l’energia offshore che è stata annunciata, è difficile ipotizzare che la partecipazione dei cittadini sia possibile, o che sia presa in considerazione. Suscita quindi grande rammarico che la Commissione, nella comunicazione sulla valutazione degli PNEC, dichiari di voler impiegare i nuovi meccanismi di finanziamento dell’UE per le energie rinnovabili soprattutto al fine di promuovere le tecnologie offshore.

3.8.

Nell’affermare ciò, la Commissione non si cura del diritto europeo vigente, dal momento che la direttiva (UE) 2019/944 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) relativa al mercato interno dell’energia elettrica recita, al considerando 43: «le comunità energetiche sono divenute un modo efficace ed economicamente efficiente di rispondere ai bisogni e alle aspettative dei cittadini […]. […] Grazie alla partecipazione diretta dei consumatori, le iniziative di comunità energetica dimostrano di possedere il potenziale di favorire la diffusione delle nuove tecnologie e di nuovi modi di consumo, tra cui le reti di distribuzione intelligenti e la gestione della domanda, in maniera integrata. Esse possono inoltre aumentare l’efficienza energetica dei consumatori civili e contribuire a combattere la povertà energetica riducendo i consumi e le tariffe di fornitura. […] Nei casi di buona gestione, queste iniziative hanno apportato alla comunità benefici economici, sociali e ambientali». Pertanto, secondo il legislatore europeo, le comunità energetiche sono in grado di eliminare varie lacune messe in luce nei documenti della Commissione. Risulta perciò ancora più incomprensibile il fatto che la Commissione non dia seguito a tale aspetto nei suoi stessi documenti. Esiste un grande divario fra ambizione e realtà e, secondo l’opinione del CESE, continua a non essere ravvisabile una vera strategia della Commissione per rendere i cittadini partner attivi.

3.9.

Tale critica va tuttavia mossa anche alla maggior parte degli Stati membri, che, a norma dell’articolo 20 del regolamento (UE) 2018/1999 sulla governance, sono tenuti a includere le comunità energetiche nei relativi PNEC. Nella sua valutazione, la Commissione sottolinea che gli Stati membri non hanno adempiuto a tale obbligo o lo hanno fatto in maniera insufficiente. Il CESE esorta la Commissione europea a proporre, nell’ambito della prossima revisione della direttiva sulle energie rinnovabili, disposizioni più specifiche per la promozione delle comunità energetiche.

Attuazione insufficiente degli obiettivi «Sicurezza dell’approvvigionamento/riduzione delle importazioni di energia»

3.10.

Uno degli obiettivi strategici dell’Unione dell’energia consiste nel conseguimento di una maggiore sicurezza dell’approvvigionamento energetico, anche attraverso una riduzione delle importazioni di energia. La Commissione osserva in maniera più o meno accidentale che in tale ambito non si riscontrano progressi, ma che, anzi, le spese per le importazioni di energia sono tornate ad aumentare. La crescente importanza dell’idrogeno potrebbe determinare in futuro persino un ulteriore aumento delle importazioni, dal momento che nella sua strategia per l’idrogeno è la stessa Commissione a puntare consapevolmente sulle importazioni. Il CESE si attende che la Commissione fornisca spiegazioni chiare in proposito.

3.11.

Il CESE chiede inoltre che nel garantire le inevitabili importazioni di energia venga applicato il principio della solidarietà europea. Azioni nazionali unilaterali come il progetto di gasdotto Nord Stream 2 possono mettere a repentaglio non solo la protezione del clima ma anche la sicurezza dell’approvvigionamento. Tali azioni, che compromettono la solidarietà europea, mettono a rischio la fiducia dei cittadini nell’UE e l’immagine dell’UE nei paesi terzi.

Attuazione insufficiente dell’obiettivo «Innovazione, leadership globale»

3.12.

Anche riguardo all’innovazione emerge un quadro di segno negativo. L’obiettivo altisonante dell’Unione dell’energia di assumere un ruolo di guida a livello globale è in contrasto con il quadro che emerge dalla relazione sullo stato dell’Unione dell’energia per quanto concerne gli investimenti nella ricerca e nell’innovazione e le domande di brevetto. Alla luce di questa preoccupante constatazione serve un’analisi accurata e approfondita degli errori, che permetta di individuarne, in maniera differenziata e dettagliata, le cause. Su questa base dovrebbero poi essere sviluppate contromisure concrete.

3.13.

Nel contesto illustrato ai punti da 3.6 a 3.11 occorre affermare chiaramente che non basta ripetere sempre gli stessi slogan se a questi non seguono poi azioni concrete, altrimenti la credibilità della politica europea sarà messa in discussione. In effetti, in tutti i documenti della Commissione presi in esame, compresa la strategia per l’integrazione del sistema energetico e per l’idrogeno, si rileva l’assenza di riferimenti a misure concrete che possano contribuire al conseguimento degli obiettivi sopra citati.

Rilevanza dell’Unione dell’energia a livello di politica sociale e regionale

3.14.

Ai capitoli 2.6 e 3.3 della relazione sullo stato dell’Unione dell’energia, la Commissione presenta anche alcune riflessioni di politica sociale, con le quali il CESE concorda. Il Comitato condivide in particolare l’idea di legare gli aiuti per la ripresa dopo la pandemia di COVID-19 agli obiettivi climatici ed energetici. Anche le misure previste per una transizione giusta (just transition) risultano adeguate e costituiscono la base per ottenere efficacemente il sostegno della popolazione al conseguimento degli obiettivi climatici ed energetici. La possibilità di garantire in tal modo il successo effettivo del principio «Non lasciare indietro nessuno» dipenderà a livello concreto dall’attivazione e dal finanziamento dei singoli strumenti, nonché dalla loro attuazione concreta a livello nazionale.

3.15.

Il CESE ricorda la posizione espressa nei suoi pareri precedenti (7), vale a dire che non sono solo le risorse destinate alla coesione sociale e regionale e gli aiuti per la ripresa a dover essere impiegati a sostegno della tutela climatica e della transizione energetica, bensì anche le politiche energetica e climatica devono (e possono) essere configurate in modo da promuovere la coesione sociale e regionale. Approcci di questo tipo esistono già e alcuni di essi sono anche citati nella comunicazione della commissione sulla valutazione degli PNEC, ad esempio i progetti per la costruzione di parchi solari in ex cave di lignite in Grecia e Portogallo e il sostegno finanziario destinato in maniera molto strategica ai prosumatori in Lituania. Tali esempi non costituiscono tuttavia pratiche generalizzate e sono anzi tutt’altro che diffusi.

3.16.

Sussiste pertanto il pericolo che la transizione energetica acuisca le differenze sociali e regionali, ad esempio se la Commissione metterà in atto l’integrazione del sistema energetico, l’ampliamento dell’infrastruttura dell’idrogeno e la promozione delle energie offshore nelle modalità finora previste, poiché in tal caso favorirebbe approcci centralizzati a spese di quelli decentrati.

3.17.

In ogni caso, la realizzazione parallela di infrastrutture centralizzate e decentrate risulta problematica e rischia di dare luogo a investimenti errati. Ad esempio, una rete capillare di condotti dell’idrogeno, da un lato, e l’espansione delle reti di teleriscaldamento a bassa temperatura auspicata nella comunicazione della Commissione sulla valutazione degli PNEC, dall’altro, sono usi in concorrenza fra loro. Pertanto, nell’ottica della sicurezza degli investimenti, il CESE ha sollecitato l’adozione di decisioni di principio in proposito (8), che rivestono un’importanza strategica anche per il successo dell’Unione dell’energia e che tuttavia non trovano spazio nei documenti qui presi in esame.

3.18.

Come accade in quasi tutti i documenti in materia di politica energetica presentati dalla Commissione negli ultimi tempi, nella relazione sullo stato dell’Unione dell’energia non si fa alcun riferimento alla digitalizzazione. Nel settore in esame, tuttavia, la digitalizzazione apre la strada ad approcci interessanti, quali smart micro grids (micro-reti intelligenti) e smart markets (mercati intelligenti), micro trading (micro contrattazione), centrali elettriche virtuali ecc., che possono contribuire a una maggiore efficienza e a migliori prestazioni del mercato interno dell’energia, anche perché rafforzano il ruolo dei consumatori attivi. Nella strategia quadro per l’Unione dell’energia (9) la Commissione ha affrontato tale tema, seppure in maniera sintetica. Risulta quindi incomprensibile il fatto che tale aspetto sia trascurato nella relazione sullo stato dell’Unione dell’energia, soprattutto considerando che l’impiego delle tecnologie digitali deve essere accuratamente verificato per valutarne l’opportunità e gli eventuali problemi etici, soprattutto in relazione alla sovranità dei dati.

3.19.

Occorre in ogni caso fare in modo che la digitalizzazione sia realizzata tenendo conto dei consumatori finali. I cittadini attendono ancora di poter godere di miglioramenti nei servizi resi possibili dalla crescente digitalizzazione, come ad esempio gli ordinari cambi di fornitore, riscontri immediati in caso di malfunzionamento dei contatori o modelli di consumo sospetti e procedure semplici per la connessione dell’energia autoprodotta alla rete.

4.   Osservazioni particolari

Capitolo «Decarbonizzazione» della relazione sullo stato dell’Unione dell’energia

4.1.

La Commissione osserva, a ragione, che l’impiego delle energie rinnovabili comporta numerosi vantaggi. Ma la gestione essenzialmente decentrata o centralizzata della transizione energetica determinerà in maniera decisiva quali soggetti beneficeranno di tali vantaggi (10). Nella sua relazione, la Commissione non affronta tale aspetto.

Capitolo «Sicurezza energetica» della relazione sullo stato dell’Unione dell’energia

4.2.

La Commissione dedica legittimamente una grande attenzione al tema della «sicurezza dell’approvvigionamento» e, in tale contesto, a quello della sicurezza energetica. Detto tema riveste in effetti un ruolo di enorme rilevanza per l’economia. Oltre alla classica questione della dipendenza dalle importazioni, occorre prendere in considerazione anche il tema della resilienza agli attacchi esterni, ad esempio quelli della cibercriminalità. Alcune recenti ricerche (11) mostrano a questo proposito che la strategia migliore per conseguire un’elevata resilienza consiste nel rafforzamento di strutture decentrate dotate di capacità indipendente dalla rete. La Commissione dovrebbe tenere in maggior considerazione questa constatazione.

4.3.

È indubbio che in futuro l’idrogeno verde contribuirà al conseguimento di un sistema energetico europeo sicuro dal punto di vista dell’approvvigionamento. Il CESE rimanda ai suoi pareri sulla strategia per l’idrogeno (12) e sulla strategia di integrazione del sistema energetico (13).

4.4.

Anche in questo caso non bisogna pensare esclusivamente su larga scala (compreso lo sviluppo di infrastrutture per l’importazione di idrogeno). Esistono diverse soluzioni innovative, rispettose dell’ambiente e soprattutto su scala regionale o locale, che possono essere attuate direttamente in loco (compresa la produzione di idrogeno regionale o di elettrocarburanti sintetici). Ciò aumenterà la sicurezza dell’approvvigionamento, ridurrà la dipendenza dalle importazioni e promuoverà l’occupazione locale sotto forma di posti di lavoro verdi e la creazione di valore nelle regioni. Anche le microimprese e le piccole e medie imprese dovrebbero avere l’opportunità di partecipare al Green Deal e di beneficiarne, il che aumenterà anche l’accettazione del Green Deal e della trasformazione energetica.

Capitolo «Mercati interni dell’energia» della relazione sullo stato dell’Unione dell’energia e della relazione sullo stato di avanzamento del mercato interno dell’energia

4.5.

La Commissione spiega che con il pacchetto «Energia pulita» sono state create condizioni migliori per promuovere la partecipazione dei consumatori ai mercati dell’energia e condizioni di parità per i nuovi operatori. In tal senso risultano tuttavia pertinenti solamente le disposizioni della direttiva sul mercato interno dell’elettricità. Non è ancora possibile stabilire quanto sia stata efficace l’attuazione di tali disposizioni da parte degli Stati membri. La conclusione tratta dalla Commissione è pertanto prematura. Il CESE sollecita con urgenza una seria valutazione dell’importante obiettivo della partecipazione dei consumatori, compresi gli effetti della politica di distribuzione sulla partecipazione anche delle famiglie a basso reddito.

4.6.

La Commissione sottolinea l’importanza dei segnali derivanti dai prezzi di mercato, tra l’altro per gli investitori. Si tratta di un aspetto senza dubbio rilevante, ma occorre valutare la situazione da punti di vista differenti. La maggior parte dei mercati dell’energia elettrica all’ingrosso riflette prezzi a breve termine. La possibilità che ne derivino segnali per gli investitori costituisce una questione dibattuta nell’ambito dell’economia dell’energia. Il CESE ha già evidenziato detti aspetti in pareri precedenti (14). Alla luce di ciò, non è opportuno che a tal proposito la Commissione parli di un «mercato interno dell’energia» senza operare alcuna distinzione. Per il successo dell’Unione dell’energia occorre un nuovo assetto di mercato, perlomeno nel settore dell’energia elettrica. Una piena responsabilità del bilanciamento per le sole energie rinnovabili non è sufficiente. Il CESE esorta pertanto la Commissione a presentare quanto prima le sue riflessioni per un nuovo assetto del mercato. A tale riguardo occorre inoltre garantire che tutti i partecipanti al mercato si trovino di fronte alle stesse condizioni nei mercati di compensazione e di bilanciamento. Ciò è indispensabile anche per il successo dell’integrazione del sistema energetico (15).

4.7.

Allo stesso tempo, occorre considerare che gli obiettivi della sicurezza dell’approvvigionamento e della neutralità climatica non possono essere conseguiti solo tramite i segnali di prezzo.

4.8.

Nella relazione sullo stato di avanzamento del mercato interno dell’energia, la Commissione sottolinea molto giustamente che consentire la concorrenza a livello di generazione e di approvvigionamento deve rimanere una priorità per la politica energetica nazionale e dell’UE, senza tuttavia specificare cosa ciò significhi in concreto. Non è corretto, e per di più non è conforme al diritto europeo sancito nel pacchetto «Energia pulita», che l’accoppiamento dei mercati costituisca l’unico modo per promuovere la concorrenza. Nell’applicazione dei principi generali di allocazione della capacità e di gestione della congestione di cui all’articolo 16 del regolamento sul mercato interno dell’energia elettrica, si dovrebbe tenere conto anche della posizione geografica degli Stati membri, che potrebbe giustificare anche un prolungamento dei termini per il conseguimento della capacità. In ogni caso, ai fini di una concorrenza attiva è importante soprattutto l’accesso al mercato, in particolare per i piccoli attori; anche la digitalizzazione può offrire un notevole contributo in tal senso.

4.9.

Nella relazione sullo stato di avanzamento del mercato interno dell’energia, la Commissione osserva inoltre che, sebbene le centrali termoelettriche, ad esempio quelle alimentate a gas con cogenerazione, possano conferire un’importante flessibilità al sistema, i meccanismi di regolazione della capacità, se progettati in modo inadeguato, possono provocare gravi perturbazioni del mercato interno. A tal proposito, il CESE rimanda alla posizione espressa nel suo parere TEN/625. Il CESE invita la Commissione a svolgere una valutazione critica dei meccanismi di regolazione della capacità disponibili negli Stati membri, anche per quanto concerne il rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 22 del regolamento sul mercato interno dell’energia elettrica, che prevedono, fra le altre cose, un valore massimo di emissioni pari a 550 g di CO2 per kWh.

4.10.

Nella relazione sullo stato di avanzamento del mercato interno dell’energia, la Commissione ricorda che, in linea generale, i gestori dei sistemi di trasmissione o distribuzione sono stati esclusi dal possesso e dall’esercizio di sistemi di stoccaggio dell’energia elettrica. Il CESE ha accolto essenzialmente con favore tale decisione (16), pur specificando che ai gestori dei sistemi di distribuzione dovrebbero essere consentiti il possesso e l’esercizio dei sistemi di stoccaggio dell’energia elettrica per scopi utili alla rete. Il Comitato ritiene inoltre che ciò debba andare di pari passo con il rafforzamento degli smart market, in modo che i gestori dei sistemi di stoccaggio dell’energia elettrica siano stimolati a seguire i segnali dei gestori delle reti e a configurare i sistemi di stoccaggio in maniera utile al sistema. Gli operatori di rete hanno bisogno di incentivi adeguati per inviare i segnali.

4.11.

Le reti di distribuzione svolgono un ruolo fondamentale nella creazione di mercati intelligenti e, in generale, per il successo della transizione energetica. In futuro la politica energetica dell’Unione dovrà pertanto essere maggiormente incentrata sulla loro modernizzazione.

4.12.

Sulla scia dell’opinione della Commissione, che ritiene che l’obiettivo prioritario della direttiva 2003/96/CE del Consiglio (17) sulla tassazione dei prodotti energetici non potrà più essere raggiunto, il CESE sostiene la richiesta della Commissione e sollecita una rifusione ambiziosa di tale direttiva e degli altri meccanismi per l’eliminazione delle sovvenzioni ai combustibili fossili e l’internalizzazione dei costi esterni.

4.13.

Il CESE richiama ancora una volta l’attenzione sul problema della povertà energetica ed esorta la Commissione ad adottare misure concrete, che vadano oltre gli orientamenti astratti in materia di definizione del fenomeno e un osservatorio ad esso dedicato. Il CESE ha più volte sottolineato che un’ampia partecipazione dei cittadini al settore energetico costituisce uno dei differenti approcci che potrebbero porre rimedio a tale situazione.

4.14.

A questo proposito, il CESE ricorda la propria posizione secondo cui è essenziale evitare che si crei una società energetica divisa in due classi. Non è concepibile che solo i nuclei familiari adeguatamente attrezzati sul piano finanziario e tecnico beneficino della transizione energetica e che tutti gli altri debbano sostenerne i costi. I cittadini che si trovano in condizioni di povertà energetica non sono generalmente quelli politicamente più forti. Per questo motivo, la Commissione dovrebbe adoperarsi maggiormente affinché gli Stati membri si impegnino attivamente a contrastare in maniera efficace la povertà energetica. L’auspicata ondata di ristrutturazioni sotto il profilo energetico nel settore edile e un coinvolgimento attivo dei cittadini nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili possono contribuire ad alleviare il problema della povertà energetica. Va inoltre tenuto presente che l’eventuale estensione dello scambio di quote di emissione ai settori del riscaldamento e dei trasporti può avere un impatto sull’equità della distribuzione.

Capitolo «Ricerca, innovazione e competitività» della relazione sullo stato dell’Unione dell’energia

4.15.

Il CESE teme che uno dei motivi del ritardo dell’UE in determinati settori, quali le batterie solari e quelle agli ioni di litio, risieda in una domanda troppo bassa. Il CESE invita pertanto la Commissione a elaborare una strategia più ampia: l’UE ha bisogno di iniziative attive di politica industriale per porre fine al dominio della Cina sul mercato. La proposta di un regolamento sulle batterie formulata dalla Commissione è l’esempio di un passo nella giusta direzione. Nel sistema energetico del futuro occorrerà inoltre rafforzare le strutture decentrate, perché ciò stimola la domanda, ad esempio di batterie, crea un’economia di scala e rende le batterie interessanti dal punto di vista del prezzo.

Capitolo «L’Unione dell’energia nel più ampio contesto del Green Deal» della relazione sullo stato dell’Unione dell’energia

4.16.

Il CESE sostiene la Commissione nei suoi sforzi di promuovere accordi climatici ambiziosi su scala mondiale. A tale scopo occorre introdurre negli accordi commerciali internazionali un dazio compensativo, nell’ambito di una concezione più ambiziosa e concreta della tutela climatica (e di altri obiettivi di sostenibilità) (18).

Comunicazione sulla valutazione degli PNEC

4.17.

Il CESE non comprende perché la Commissione limiti al solo settore offshore la sua critica in merito alla insufficiente valutazione del potenziale delle energie rinnovabili ed esorta la Commissione ad abbandonare la sua preferenza unidirezionale per le tecnologie offshore a scapito del fotovoltaico e dell’energia eolica onshore, nonché a presentare una propria strategia per lo sviluppo di queste ultime tecnologie.

4.18.

Pur prendendo atto con soddisfazione del fatto che la Commissione riconosce il potenziale delle energie rinnovabili per la creazione di posti di lavoro, il CESE osserva che il pieno sfruttamento di tale potenziale non avverrà in maniera automatica, ma richiederà una politica attiva, in particolare per quanto attiene alla qualità dei posti di lavoro. A tal proposito, risulta assolutamente incomprensibile il fatto che la Commissione dedichi un’attenzione così limitata al fotovoltaico, a maggior ragione considerando che questo, come illustrato nella comunicazione, è il settore che presenta la massima intensità di occupazione.

4.19.

Il CESE invita la Commissione, in occasione della prossima revisione della direttiva sulle energie rinnovabili, a definire le norme per gli appalti in modo da semplificare la partecipazione delle comunità delle energie rinnovabili e delle PMI.

4.20.

Il CESE concorda con la Commissione sul fatto che siano auspicabili urgenti investimenti nei sistemi di teleriscaldamento a bassa temperatura e ritiene che sia necessario avviare un’iniziativa di questo tipo.

4.21.

I pozzi di assorbimento di CO2 costituiscono un importante strumento per la tutela climatica. Occorre tuttavia prendere in seria considerazione la preoccupazione espressa negli PNEC degli Stati membri in relazione all’aumento delle perturbazioni naturali. Pertanto, i crediti LULUCF dovrebbero essere considerati esclusivamente come uno strumento complementare ad altre opzioni di tutela climatica.

Bruxelles, 24 marzo 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  COM(2015) 80 final.

(2)  GU L 328 del 21.12.2018, pag. 1.

(3)  COM(2020) 950 final — Allegato 2.

(4)  Ciò che deve sorprendere è che da oltre 30 anni si parla della necessità di eliminare le sovvenzioni dannose per l’ambiente nell’UE.

(5)  E dalla presidenza tedesca del Consiglio.

(6)  GU L 158 del 14.6.2019, pag 125.

(7)  GU C 47 dell'11.2.2020, pag. 30, GU C 62 del 15.2.2019, pag. 269.

(8)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 85.

(9)  COM(2015) 80 final, pag. 13.

(10)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 85.

(11)  Cfr. Hirschl, B., Aretz, A., Bost, M., Tapia, M., & Gößling-Reisemann, S. (2018): Vulnerabilität und Resilienz des digitalen Stromsystems (Vulnerabilità e resilienza dei sistemi elettrici digitali). Relazione finale. Berlino, Brema, download: www.strom-resilienz.de.

(12)  GU C 123 del 9.4.2021, pag. 30.

(13)  GU C 123 del 9.4.2021, pag. 22.

(14)  GU C 82 del 3.3.2016, pag. 13.

(15)  GU C 364 del 28.10.2020, pag. 158.

(16)  GU C 288 del 31.8.2017, pag. 91.

(17)  GU L 283 del 31.10.2003, pag. 51

(18)  GU C 81 del 2.3.2018, pag. 44.