5.7.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 228/50


Parere del Comitato economico e sociale europeo su: «Il futuro della politica di coesione nel periodo successivo al 2020»

(parere esplorativo)

(2019/C 228/07)

Relatore: Stefano MALLIA

Correlatore: Ioannis VARDAKASTANIS

Consultazione

Consiglio - presidenza rumena, 20.9.2018

Lettera di Victor NEGRESCU, ministro della Romania con delega agli Affari europei

Base giuridica

Articolo 304 del TFUE

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

8.3.2019

Adozione in sessione plenaria

20.3.2019

Sessione plenaria n.

542

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

71/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) considera la politica di coesione il pilastro fondamentale dell’azione volta ad avvicinare l’Unione ai suoi cittadini e a ridurre i divari tra le regioni dell’UE e le disuguaglianze tra le persone. Il CESE è fermamente convinto che la proposta di ridurre l’entità del bilancio della politica di coesione per il periodo 2021-2027 sia inaccettabile.

1.2.

Il CESE reputa necessaria una strategia europea ambiziosa e chiara, in linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e i relativi obiettivi di sviluppo sostenibile e dotata di un robusto meccanismo di coordinamento in grado di garantire una rigorosa continuità tra i diversi cicli politici. La politica di coesione deve essere parte integrante di questa ambiziosa strategia, ragion per cui essa deve essere sviluppata in modo tale da dotarla degli strumenti necessari per affrontare le sfide del futuro - sfide quali i cambiamenti climatici, l’adozione di nuove tecnologie, il conseguimento di un maggior grado di competitività, la gestione della transizione verso uno sviluppo sostenibile e al tempo stesso la creazione di posti di lavoro di qualità.

1.3.

È importante che, nell’intraprendere lo sforzo - quanto mai necessario - di rendere la politica di coesione «a prova di futuro», non si dimentichino le sfide del presente, che continuano ad avere un forte impatto sulla società. Ci riferiamo qui a sfide sociali quali l’emarginazione e la discriminazione delle minoranze e di determinati gruppi etnici o la violenza domestica, a sfide economiche quali l’accesso ai finanziamenti e al miglioramento delle competenze, e a sfide ambientali quali la riduzione dell’inquinamento atmosferico e la gestione dei rifiuti.

1.4.

La politica di coesione dell’UE deve avere una forte impostazione territoriale, volta a dotare ciascuna regione degli strumenti necessari per migliorare in maniera sostenibile la sua competitività. Il CESE è dell’avviso che tutte le regioni debbano essere ammissibili al finanziamento. D’altro canto, il CESE non può non esprimere senza mezzi termini il suo profondo rammarico per il fatto che, nell’ambito della politica di coesione, il dinamismo transfrontaliero si è ormai indebolito.

1.5.

Se l’Europa vuole passare al prossimo livello di sviluppo economico, la politica di coesione deve adottare sempre di più un approccio differenziato su base regionale per quanto riguarda gli investimenti e le risposte politiche. Il CESE reputa che ciò potrebbe contribuire a un approccio più mirato sul piano territoriale, che sostenga allo stesso tempo lo sviluppo delle aree più isolate e scarsamente popolate (con bassissima densità demografica, insulari, montuose ecc.) e delle zone urbane funzionali «apprezzate»e tuttavia svantaggiate.

1.6.

Il CESE accoglie con favore il rafforzamento del legame con il semestre europeo e chiede inoltre di integrare le raccomandazioni specifiche per paese in quanto strumenti per promuovere le riforme strutturali. Il CESE auspica inoltre un legame più forte tra la strategia europea in materia di investimenti e quella degli Stati membri. È importante che gli investimenti finanziati dall’UE non si sostituiscano agli sforzi degli Stati membri ma li integrino in maniera complementare. È inoltre essenziale che gli Stati membri prendano in considerazione la possibilità di portare avanti i progetti che si dimostrano efficaci.

1.7.

Il CESE ritiene che il pacchetto normativo in esame debba essere molto più semplice ed evitare la microgestione dei fondi. Occorrerebbe differenziare le procedure amministrative per i programmi operativi di dimensioni relativamente ridotte da quelle per i programmi di assai maggiore entità. Il CESE chiede agli Stati membri di incoraggiare gli operatori ad avvalersi della possibilità, offerta dai quadri normativi attuali, di ricorrere a una procedura semplificata per accedere ai fondi per progetti di piccole dimensioni, e nel contempo invita la Commissione a esplorare ulteriori possibilità che possano facilitare la partecipazione dei piccoli operatori.

1.8.

Il CESE è favorevole all’impiego di strumenti finanziari, ma invita la Commissione a far sì che, nell’elaborare tali strumenti, sia effettuata una verifica approfondita della loro idoneità, per assicurarsi che siano adatti a tutti gli Stati membri e possano essere utilizzati dalle PMI e dalle ONG.

1.9.

Uno dei problemi principali della politica di coesione è costituito dalla mancanza di una comunicazione efficace. Il CESE invita la Commissione a proseguire il suo riesame degli attuali obblighi in materia di pubblicità e a rafforzarli in misura significativa tenendo conto dei moderni canali di comunicazione digitale.

1.10.

Sia per la Commissione che per gli Stati membri è ormai giunto il momento di non limitarsi più a considerare la dimensione di partenariato soltanto a parole, ma di attivarsi concretamente per garantire una partecipazione forte e incisiva della società civile in tutte le fasi della definizione e attuazione della politica di coesione, basandosi sulle esperienze di partenariato coronate da successo acquisite a livello locale.

1.11.

Il CESE sottolinea che, a livello dell’UE, non esiste una partecipazione strutturata delle organizzazioni della società civile al processo di monitoraggio dell’attuazione della politica di coesione. Pertanto raccomanda fortemente alla Commissione di istituire un Forum della società civile europea sulla coesione, con la partecipazione delle parti sociali, delle organizzazioni della società civile e di altre parti interessate. Tale forum consentirebbe alla Commissione di consultare ogni anno le parti sociali e le organizzazioni della società civile in merito allo stato di attuazione della politica di coesione per tutta la durata dei diversi cicli di programmazione.

2.   Osservazioni generali

2.1.

La missione della politica di coesione dell’UE, dettata dall’articolo 174 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) (1), consiste nel rafforzare la coesione economica e sociale riducendo il divario tra i livelli di sviluppo delle diverse regioni. Tale missione deve rimanere al centro di tutte le azioni intraprese nell’ambito della politica di coesione e deve essere tradotta in realtà sempre più incisiva dalla Commissione insieme con le autorità nazionali responsabili dell’attuazione di tale politica.

2.2.

I cambiamenti che la società inizia ora a sperimentare e quelli che attraverserà nei prossimi anni, indotti dalla globalizzazione e dalle nuove e future tecnologie, esigono un processo di adattamento che solo pochi paesi hanno già iniziato ad affrontare in maniera approfondita. È importante che la transizione verso i nuovi modelli economici basati su queste nuove tecnologie, e su altre che saranno sviluppate in futuro, sia gestita in modo appropriato. Il CESE ritiene che la politica di coesione abbia i mezzi per affrontare con successo le nuove sfide, e la considera uno dei pilastri fondamentali dell’azione volta ad avvicinare l’Unione ai suoi cittadini e a ridurre i divari tra le regioni dell’UE e le disuguaglianze tra le persone.

2.3.

Il bilancio dell’UE costituisce una piccola parte del bilancio complessivo dei paesi dell’Unione, dato che rappresenta meno dell’1 % del reddito, e solo il 2 % circa della spesa pubblica, dei 28 Stati membri. Nel periodo 2014-2020, il bilancio dell’UE è stato pari allo 0,98 % del reddito nazionale lordo di tutti i paesi dell’Unione. In questo stesso periodo, la quota del bilancio totale dell’UE destinata alla politica di coesione è stata all’incirca del 35 % (2).

2.4.

Il CESE è fermamente convinto che la proposta di ridurre l’entità del bilancio della politica di coesione per il periodo 2021-2027 sia inaccettabile. La politica di coesione è una delle politiche dell’UE che produce i risultati più concreti e che può incidere in maniera diretta e in misura rilevante sulla vita dei cittadini europei. Non si può ragionevolmente pretendere il sostegno dei cittadini a un maggiore intervento dell’UE («più Europa») e nel contempo ridurre il bilancio di una politica così importante. Detto questo, è in ogni caso della massima importanza che gli investimenti così finanziati dall’UE non sostituiscano gli sforzi degli Stati membri ma li integrino in maniera complementare a livello sia nazionale che regionale.

2.5.

In linea con gli analoghi appelli rivolti dal Parlamento europeo, il CESE esorta la Commissione a presentare e a portare avanti un programma per una politica di coesione post-2020 forte ed efficace (3).

2.6.

Al tempo stesso, il CESE invita gli Stati membri ad adoperarsi per concordare un ampliamento del sistema di risorse proprie dell’UE che assicuri al bilancio dell’Unione le risorse adeguate per poter far fronte alle sfide ancor maggiori che si profileranno in futuro.

2.7.

Pur disponendo, nel complesso, di un bilancio relativamente ridotto, la politica di coesione ha dimostrato di apportare un evidente valore aggiunto. Nel 2014-2020·la politica di coesione ha mobilitato investimenti per oltre 480 miliardi di EUR, che dovrebbero tradursi, ad esempio, in oltre 1 milione di imprese sovvenzionate, 42 milioni di cittadini che hanno accesso a migliori servizi sanitari, 25 milioni di cittadini che beneficeranno della prevenzione dalle inondazioni e dagli incendi, quasi 17 milioni in più di cittadini allacciati a impianti di trattamento delle acque reflue, 15 milioni di famiglie in più con accesso alla banda larga, e oltre 420 000 nuovi posti di lavoro. Grazie a tale politica, inoltre, 5 milioni di cittadini europei beneficeranno di programmi di formazione e di apprendimento permanente e 6,6 milioni di bambini potranno frequentare scuole e strutture per l’infanzia nuove e moderne. Il CESE reputa che la politica di coesione debba basarsi sugli esempi a livello locale in cui il coinvolgimento dei cittadini ha ottenuto buoni risultati.

2.8.

Per di più, in una serie di Stati membri la politica di coesione si è dimostrata la fonte principale di investimenti pubblici (4). Anche gli effetti indiretti della politica di coesione, ossia quelli derivanti dai miglioramenti (ad esempio in termini di trasparenza, responsabilità o pari opportunità) realizzati per soddisfare i suoi requisiti, hanno recato benefici notevoli ai cittadini europei.

2.9.

Nonostante quanto si è detto, benché l’UE abbia compiuto molti progressi nello sviluppare e proseguire la sua azione tesa a «realizzare il rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale», come prescritto dal TFUE, il cammino verso «uno sviluppo armonioso dell’insieme dell’Unione»è ancora lungo.

2.10.

Dopo la crisi economica, in Europa l’economia è riuscita nuovamente a crescere, in particolare nei paesi a basso reddito, e le disparità regionali in termini di PIL pro capite vanno finalmente riducendosi (5). Tuttavia, i divari tra le regioni continuano ad essere ampi e, in taluni casi, persino crescenti. La produttività è maggiore negli Stati membri più sviluppati, come di gran lunga migliori, rispetto a quelli meno sviluppati, sono la loro resilienza e la loro capacità di competere in un mondo globalizzato. Una situazione, questa, che si traduce in una serie di divergenze sul piano sociale: ad esempio in termini di livello di povertà, di numero e condizioni delle persone a rischio di esclusione o di accessibilità e qualità della protezione sociale e dell’istruzione.

2.10.1.

Pertanto, il CESE reputa che, per ridurre ulteriormente le disparità economiche e sociali, la politica di coesione debba continuare a investire nell’innovazione, nell’occupazione, nell’inclusione sociale, nell’ambiente, nell’istruzione inclusiva, nei programmi sanitari e nelle infrastrutture per la salute, in tecnologie di punta ed accessibili, in reti e infrastrutture di trasporto efficienti. Ciò è necessario al fine di migliorare l’accesso universale al mercato del lavoro e creare un mercato unico che stimoli la crescita, la produttività e la specializzazione in ambiti di vantaggio comparato in tutte le regioni.

2.10.2.

Nel mondo globalizzato le imprese devono competere con concorrenti che operano in parti del mondo dove i costi di produzione sono particolarmente bassi, nonché con imprese altamente innovative. L’UE deve sostenere le riforme che promuovono un contesto favorevole agli investimenti in cui le imprese possano prosperare e i cittadini beneficiare di condizioni di lavoro migliori. I fondi di coesione dovrebbero essere utilizzati per creare condizioni di base migliori per le start-up, gli imprenditori e le PMI innovative e per sostenere le imprese a conduzione familiare in modo più efficace (6), nonché per promuovere la diversità e l’inclusività (in relazione alle persone di diverso genere, con disabilità, appartenenti a minoranze etniche ecc.) in modo da rendere tali operatori più competitivi e ancora più attenti alla loro responsabilità sociale.

2.11.

Vi sono ancora molti ambiti - da quelli connessi agli obiettivi ambientali (riduzione del consumo di energia e utilizzo di energia pulita, sviluppo di infrastrutture più efficienti, riduzione dell’inquinamento ecc.) alle questioni di sicurezza transfrontaliera, dall’istruzione, l’inclusione sociale, l’accessibilità per le persone con disabilità e i trasporti e i servizi pubblici fino agli altri ostacoli alla libera circolazione delle merci, dei servizi, delle persone e dei capitali - che trarrebbero beneficio da una maggiore coesione territoriale.

2.11.1.

Per questo motivo il CESE ritiene che tutte le regioni debbano essere ammissibili ai finanziamenti. La politica di coesione dell’UE deve formare parte integrante di una strategia europea in materia di investimenti, accompagnata da un forte approccio territoriale e volta a dotare ciascuna regione degli strumenti necessari per migliorarne la competitività. La politica di coesione deve determinare trasformazioni economiche e strutturali, assicurando una base resiliente nelle singole regioni che poggi sui punti di forza di ciascuna di esse (7).

2.12.

Fondamentale per la costruzione di uno spazio comune europeo, la cooperazione territoriale europea (Interreg) in tutte le sue forme - transfrontaliera, transnazionale, interregionale e aperta ai paesi vicini - è la pietra angolare dell’integrazione europea. Essa contribuisce a evitare che le frontiere dell’Europa si trasformino in barriere, avvicina tra loro i cittadini europei, aiuta a risolvere problemi comuni, facilita la condivisione di idee e punti di forza e incoraggia iniziative strategiche volte a conseguire obiettivi comuni (8). Per questo motivo, il CESE ritiene essenziale che gli Stati membri continuino a mettere in atto misure congiunte e a condividere pratiche e strategie.

2.12.1.

Il CESE, tuttavia, si rammarica (9) del fatto che la politica di coesione non offra ancora soluzioni globali per le sfide cui devono far fronte specifici territori che presentano gli svantaggi strutturali e permanenti (bassissima densità demografica, insularità, montuosità ecc.) di cui all’articolo 174 del TFUE. Il CESE ritiene che occorra sviluppare un nuovo meccanismo che consenta a questi territori di affrontare con successo le sfide specifiche e complesse cui sono confrontati. Ma tutto ciò non può continuare ad essere di competenza esclusiva delle autorità nazionali. Il CESE ritiene pertanto che la politica di coesione debba incoraggiare la cooperazione tra la Commissione, gli Stati membri e gli enti regionali e locali riguardo ai modi di occuparsi degli specifici territori in questione.

2.13.

La priorità dell’UE nei confronti delle zone a bassa densità di popolazione e delle regioni ultraperiferiche deve essere quella di rafforzare sia i legami che le uniscono all’Europa continentale che il sentimento di appartenenza dei loro abitanti al progetto europeo. Nonostante le drastiche restrizioni di bilancio, non si deve ridurre il sostegno specifico destinato a questi territori, i quali invece devono poter disporre di risorse finanziarie adeguate che consentano loro di conseguire gli obiettivi europei comuni e di compensare i propri svantaggi, in particolare quelli legati all’ubicazione ultraperiferica (10) o alla bassissima densità demografica. È quindi necessario considerare anche fattori demografici e geografici nel valutare - e decidere circa - la distribuzione dei fondi («metodo di Berlino»), i requisiti di concentrazione tematica e i tassi di cofinanziamento (1: regioni più sviluppate, 2: regioni in fase di transizione e 3: regioni meno sviluppate). La considerazione di tali fattori potrebbe compensare le zone svantaggiate - in quanto scarsamente popolate o ultraperiferiche - con quantitativi di finanziamenti adeguati e un orientamento flessibile degli investimenti.

2.14.

La quota della popolazione mondiale che vive nelle zone urbane supera già il 50 %, e dovrebbe arrivare al 70 % entro il 2050 (11). In queste zone si registra un’attività economica molto intensa, ma è essenziale che esse offrano a coloro che vi abitano e/o lavorano un ambiente di vita sostenibile e di alta qualità. Il CESE ritiene pertanto che esse debbano continuare a ricevere un’attenzione specifica nel quadro della politica di coesione, ma incoraggia anche il loro sviluppo in relazione al contesto geografico in cui esse si collocano (sviluppo policentrico, collegamenti tra zone urbane e rurali ecc.).

3.   Una visione più forte all’interno di un quadro più chiaro, più flessibile ed efficiente

3.1.

Il CESE ritiene necessaria una nuova strategia europea, chiara e ambiziosa, in linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e i relativi obiettivi di sviluppo sostenibile nonché con gli altri impegni assunti dall’UE a livello mondiale - ad esempio in accordi internazionali come quelli di Parigi e in convenzioni delle Nazioni Unite come quella sui diritti delle persone con disabilità - e dotata di un robusto meccanismo di coordinamento in grado di garantire una rigorosa continuità tra i diversi cicli politici. A questo proposito, il CESE accoglie con grande favore il nuovo documento di riflessione della Commissione su un’Europa più sostenibile entro il 2030, che apre e orienta il dibattito in questa direzione.

3.2.

La politica di coesione deve essere parte integrante di questa ambiziosa strategia, ragion per cui tale politica deve essere sviluppata in modo tale da essere «a prova di futuro», ossia dotata degli strumenti necessari per affrontare le sfide dei prossimi anni, sfide quali i cambiamenti climatici, l’adozione di nuove tecnologie, il conseguimento di uno sviluppo sostenibile e la creazione di posti di lavoro di qualità.

3.3.

Nell’ottica di fare della politica di coesione una politica a prova di futuro, il CESE esorta il Consiglio e il Parlamento europeo a perseverare nei loro sforzi per rivedere costantemente il sistema di assegnazione dei fondi nell’ambito della politica di coesione, tenendo conto in particolare di criteri diversi (che vadano al di là del PIL), attinenti ad esempio alla disuguaglianza, la migrazione, la disoccupazione (in particolare giovanile), la competitività, i cambiamenti climatici, le condizioni di lavoro e la demografia.

3.4.

È importante che, nell’intraprendere lo sforzo - quanto mai necessario - di rendere la politica di coesione «a prova di futuro», non si dimentichino le sfide del presente, che continuano ad avere un forte impatto sulla società. Ci riferiamo qui a sfide sociali quali l’emarginazione e la discriminazione delle minoranze e di determinati gruppi etnici o la violenza domestica, a sfide economiche quali l’accesso ai finanziamenti e al miglioramento delle competenze, e a sfide ambientali quali la riduzione dell’inquinamento atmosferico e la gestione dei rifiuti.

3.5.

Il CESE invita inoltre la Commissione a elaborare la suddetta strategia integrando, per rafforzarne la pianificazione e la gestione da parte dell’UE, i diversi elementi strategici affrontati nell’ambito dell’Agenda territoriale (12) e della Carta di Lipsia (13), attualmente oggetto di un processo di rinnovo coordinato dalla futura presidenza tedesca del Consiglio dell’UE.

4.   Produrre risultati in maniera integrata e coordinata

4.1.

Il CESE ritiene che l’UE debba adoperarsi (non solo a livello di istituzioni europee, ma anche insieme agli Stati membri e all’interno di questi ultimi) per chiarire e semplificare le sue competenze amministrative, giacché è in questo modo che si possono determinare e adempiere con più efficacia le responsabilità. Una volta assolto questo compito, le amministrazioni europee devono potenziare la cooperazione e sviluppare le capacità.

4.1.1.

A questo proposito, il CESE accoglie con favore il rafforzamento del legame con il semestre europeo (14) e chiede inoltre di integrare le raccomandazioni specifiche per paese in quanto strumenti per promuovere le riforme strutturali. Il Comitato conviene sull’importanza di garantire altresì la totale complementarità e il pieno coordinamento con il nuovo programma di sostegno alle riforme rafforzato. Il CESE insiste sulla necessità di un meccanismo di governance migliorato che coinvolga anche il livello regionale.

4.2.

L’Europa deve adoperarsi per creare un quadro più semplice, più flessibile ed efficace per l’attuazione della propria politica di coesione. Uno dei prossimi obiettivi dell’UE deve essere quello di stabilire, per i vari fondi della politica di coesione (agricolo, sociale, regionale ecc.), un corpus unico di norme che incoraggi fortemente gli investimenti integrati offrendo soluzioni semplici. Il CESE, inoltre, invoca una maggiore sinergia con e tra altri programmi e strumenti di finanziamento (Orizzonte 2020, il meccanismo per collegare l’Europa ecc.).

4.3.

Affrontare in modo integrato i diversi aspetti di alcune delle principali sfide (sociali, ambientali, economiche ecc.) riflette in modo più accurato le esigenze sul campo. Il CESE incoraggia gli Stati membri a elaborare e attuare programmi plurifondo.

4.4.

Ritiene essenziale che si adotti un approccio basato sul territorio, e sottolinea inoltre che quello consistente nel coinvolgere i partner a livello locale per individuarne le potenzialità e le esigenze e avviare azioni in partenariato tra tutti gli attori locali per soddisfare le esigenze specifiche così individuate è l’approccio da incoraggiare e rafforzare. Come è stato giustamente sottolineato dalla Commissione, il passaggio al prossimo livello di sviluppo economico non può essere compiuto adottando un approccio unico uguale per tutti, ma richiederà investimenti e risposte politiche differenziati da una regione all’altra (15).

4.5.

Il CESE chiede di prendere in considerazione i fattori sociali (quali ad esempio i livelli di disuguaglianza, la povertà, la migrazione o i livelli di istruzione) nel valutare i tassi di cofinanziamento e i requisiti di concentrazione tematica delle regioni più sviluppate e in fase di transizione. Tenendo conto di questi fattori a livello di progetto, si potrebbero effettuare investimenti in azioni a favore delle persone più vulnerabili (come le persone con disabilità, i migranti o i minori non accompagnati), che, essendo presenti in proporzione di gran lunga maggiore nelle città e regioni più sviluppate dell’UE, non sono ammissibili ai finanziamenti o lo sono soltanto con tassi di cofinanziamento troppo elevati.

4.6.

Il CESE ritiene essenziale che le varie iniziative (strategie e programmi) connesse con la politica di coesione realizzate dai vari livelli territoriali, siano esse orizzontali (ad esempio strategie macroregionali con programmi transnazionali) o verticali (tra i diversi livelli territoriali), vengano collegate meglio tra loro.

4.7.

Se vogliamo continuare ad attuare la politica di coesione principalmente attraverso una serie di progetti diversi, allora dobbiamo anche rendere più semplice la preparazione del contesto giuridico in cui tali progetti vengono attuati. In linea con le conclusioni del gruppo ad alto livello sulla semplificazione per il periodo successivo al 2020 (16), il CESE reputa che il pacchetto normativo dovrebbe essere notevolmente semplificato ed evitare la microgestione dei fondi. Pur riconoscendo che si potrebbe essere tentati di aumentare l’efficienza centralizzando maggiormente la gestione, il CESE invita la Commissione a resistere a questa tentazione e a fornire gli strumenti necessari per gestire più fondi in modo decentrato.

4.8.

Merita inoltre sottolineare che le capacità amministrative, in particolare, degli Stati membri più piccoli e delle regioni potrebbero essere messe a dura prova durante le fasi iniziali dei periodi di programmazione. Il CESE reputa di vitale importanza ridurre drasticamente gli oneri amministrativi inutili a carico dei beneficiari (dalla richiesta di sostegno per un progetto fino alla sua fase finale), pur mantenendo un livello elevato di garanzia della legalità e della regolarità.

4.9.

L’esperienza dimostra che molto spesso i progetti di piccole dimensioni (di valore inferiore a 100 000 EUR) possono avere un forte impatto sulle persone appartenenti alle fasce sociali più vulnerabili, ma anche che, in molti casi, queste stesse persone incontrano notevoli difficoltà ad accedere ai fondi disponibili per tali progetti. In quest’ottica, il CESE chiede agli Stati membri di incoraggiare gli operatori ad avvalersi della possibilità, offerta dai quadri normativi attuali, di ricorrere a una procedura semplificata per accedere ai fondi per progetti di piccole dimensioni, e nel contempo invita la Commissione a esplorare ulteriori possibilità che possano facilitare la partecipazione dei piccoli operatori.

4.10.

Il CESE constata un crescente ricorso agli strumenti finanziari come mezzo per l’attuazione della politica di coesione. Il CESE è favorevole a questa tendenza, ma invita la Commissione a far sì che, nell’elaborare tali strumenti, sia effettuata una verifica approfondita della loro idoneità, per assicurarsi che siano adatti 1) a tutti gli Stati membri e 2) alle PMI e alle ONG. Qualora si riscontri la mancanza di tale idoneità, occorrerà adottare misure alternative o compensative per garantire che nessuno Stato membro o altro soggetto subisca uno svantaggio.

4.11.

Il CESE reputa che, al fine di migliorare la qualità di taluni aspetti dell’attuazione (quali la commercializzazione, le possibilità tecniche di determinati eventi ecc.), già nella fase preparatoria il settore pubblico dovrebbe consultare la società civile e il settore privato per trarre vantaggio dall’esperienza da loro acquisita sul campo. Potrebbe infatti essere un errore attendersi che il personale non specializzato dell’amministrazione pubblica comprenda tutti gli aspetti legati alla realizzazione di un «prodotto»che risulti sia bene accetto che utile.

4.12.

Il CESE ritiene che occorra adottare ulteriori misure in materia di armonizzazione degli indicatori europei. È essenziale sviluppare un sistema di monitoraggio che presenti risultati complessi in modo facilmente accessibile sia per i decisori politici che per la società in generale.

4.13.

In futuro, inoltre, la politica di coesione dovrebbe sostenere nuovi modi di conciliare l’imprenditorialità commerciale con un’efficacia positiva per la società e l’ambiente. In quest’ottica, rafforzare il sostegno allo sviluppo dell’economia sociale è essenziale per l’Unione europea.

5.   Una comunicazione complessiva più efficace

5.1.

Uno dei problemi principali della politica di coesione è la mancanza, che si riscontra fin troppo spesso, di una comunicazione efficace riguardo ai progetti finanziati da tale politica. Pur riconoscendo l’importanza dei vari orientamenti emanati in materia di comunicazione dalla Commissione, è evidente come essi non siano neppure lontanamente sufficienti. Accade spesso che vi sia scarsa o nessuna consapevolezza dell’esistenza di determinati progetti e/o del fatto che essi siano finanziati dall’UE, e questo fa sì che i meriti della politica di coesione siano poco o per nulla apprezzati. Il CESE invita la Commissione a proseguire i suoi sforzi per riesaminare gli attuali obblighi in materia di pubblicità e a rafforzarli in misura significativa tenendo conto dei moderni canali di comunicazione digitale. Occorrerebbe fare più ampio ricorso ai «progetti di buone pratiche», i quali dovrebbero fungere da esempi pratici per incoraggiare una maggiore e migliore utilizzazione dei fondi.

5.2.

È necessario migliorare il modo in cui l’impatto della politica di coesione è misurato in determinati ambiti quali l’inclusione sociale, la qualità della vita e le condizioni di lavoro dei cittadini, l’aumento della competitività delle imprese o il potenziamento dei servizi delle amministrazioni pubbliche. Tale impatto deve essere fatto conoscere ai cittadini dell’UE affinché possano acquistare consapevolezza dei successi e dei fallimenti della suddetta politica.

5.3.

Il CESE esorta la Commissione a mettere a punto un piano di comunicazione strategica in cooperazione con tutti i partner interessati, comprese le organizzazioni che rappresentano persone con disabilità, e reputa che la comunicazione delle buone pratiche dovrebbe essere resa facilmente accessibile.

6.   Garantire il partenariato con le organizzazioni della società civile e le altre parti interessate

6.1.

Il CESE ribadisce l’importanza della governance multilivello, che rafforza la partecipazione sistematica delle organizzazioni della società civile e di altri attori pertinenti al processo di programmazione, attuazione, valutazione e monitoraggio dell’uso dei fondi. Sia per la Commissione che per gli Stati membri è ormai giunto il momento di non limitarsi più a considerare tale aspetto soltanto a parole e di attivarsi concretamente per garantire una partecipazione forte e significativa da parte della società civile in tutte le fasi della definizione e attuazione della politica di coesione. Ciò farà sì che le autorità nazionali debbano rendere maggiormente conto del loro operato e che i fondi siano impiegati in maniera più efficace ed incisiva.

6.2.

Per quanto riguarda il codice europeo di condotta sul partenariato (CCEP), il CESE chiede che sia riveduto e aggiornato in diretta consultazione con le organizzazioni della società civile e le altre parti interessate e che gli sia conferito un carattere vincolante. Ad avviso del CESE, il CCEP dovrebbe essere pienamente osservato a tutti i livelli e reso più incisivo con solide garanzie e misure che ne assicurino la completa attuazione.

6.3.

Il CESE è convinto che un approccio improntato allo sviluppo locale di tipo partecipativo potrebbe apportare molteplici vantaggi e risultare altamente efficace in quanto strumento europeo che consente uno sviluppo locale integrato e il coinvolgimento dei cittadini e delle loro organizzazioni di base (17).

6.4.

Il CESE chiede che, per migliorare le competenze di tale partenariato ed accrescerne l’efficacia, siano adottate misure atte a sviluppare - anche offrendo assistenza tecnica - le capacità delle amministrazioni cittadine e pubbliche in genere, delle parti economiche e sociali, delle organizzazioni della società civile e dei loro organi rappresentativi, dei partner ambientali e degli organismi incaricati di promuovere l’inclusione sociale, i diritti fondamentali, i diritti delle persone con disabilità e quelli delle persone con malattie croniche, la parità di genere e la non discriminazione. Il CESE auspica inoltre l’istituzione di un meccanismo annuale di consultazione con i partner pertinenti.

6.5.

Considerato che le piccole imprese, le microimprese e le OSC possono incontrare delle difficoltà nell’avvalersi delle opportunità offerte dai fondi europei in genere, il CESE invoca ancora una volta un sostegno coerente e consistente alle azioni volte a potenziare l’accesso di questi soggetti alle informazioni, fornire loro consulenza e tutoraggio e stimolarne le capacità di intervento. Tutto ciò dovrebbe essere realizzato tenendo conto anche delle esigenze specifiche delle persone più vulnerabili.

Bruxelles, 20 marzo 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

(2)  Documento di riflessione sul futuro delle finanze dell'UE (COM(2017) 358 final).

(3)  Cfr. la relazione del Parlamento europeo.

(4)  Documento di riflessione sul futuro delle finanze dell'UE (COM(2017) 358 final).

(5)  La mia regione, la mia Europa, il nostro futuro - Settima relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale.

(6)  GU C 81 del 2.3.2018, pag. 1.

(7)  https://www.businesseurope.eu/sites/buseur/files/media/position_papers/ecofin/2017-06-09_eu_cohesion_policy.pdf.

(8)  GU C 440 del 6.12.2018, pag. 116

(9)  GU C 209 del 30.6.2017, pag. 9.

(10)  GU C 161 del 6.6.2013, pag. 52.

(11)  http://www.un.org/en/development/desa/news/population/world-urbanization-prospects-2014.html.

(12)  https://ec.europa.eu/regional_policy/en/information/publications/communications/2011/territorial-agenda-of-the-european-union-2020.

(13)  https://ec.europa.eu/regional_policy/archive/themes/urban/leipzig_charter.pdf.

(14)  https://www.eesc.europa.eu/sites/default/files/resources/docs/qe-02-17-362-en-n.pdf e https://www.eesc.europa.eu/sites/default/files/resources/docs/qe-01-14-110-en-c.pdf.

(15)  Documento di lavoro dei servizi della Commissione europea, Competitiveness in low-income and low-growth regions: The lagging regions report [«La competitività nelle regioni a basso reddito e a bassa crescita: relazione sulle regioni in ritardo di sviluppo»], SWD(2017) 132 final, Bruxelles, 10.4.2017.

(16)  http://ec.europa.eu/regional_policy/sources/newsroom/pdf/simplification_proposals.pdf.

(17)  https://www.eesc.europa.eu/it/node/56464.