Bruxelles,7.3.2018

SWD(2018) 210 final

DOCUMENTO DI LAVORO DEI SERVIZI DELLA COMMISSIONE

Relazione per paese relativa all’Italia 2018
Comprensiva dell’esame approfondito sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici

che accompagna il documento

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, ALLA BANCA CENTRALE EUROPEA E ALL’EUROGRUPPO

Semestre europeo 2018: valutazione dei progressi in materia di riforme strutturali, prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici e risultati degli esami approfonditi a norma del regolamento (UE) No 1176/2011

{COM(2018) 120 final}


INDICE

Sintesi

1.Situazione e prospettive economiche

2.Progressi in relazione alle raccomandazioni specifiche per paese

3.Sintesi delle principali conclusioni dell’esame approfondito previsto dalla procedura per gli squilibri macroeconomici

4.Le priorità di riforma

4.1.Finanze pubbliche e tassazione

4.2.Settore finanziario

4.3.Mercato del lavoro, istruzione e politiche sociali

4.4. Investimenti e competitività*

4.5. Politiche settoriali

Allegato A: Tabella di sintesi

Allegato B: Quadro di valutazione della procedura per gli squilibri macroeconomici

Allegato C: Tabelle standard

Riferimenti

ELENCO DELLE TABELLE

Tabella 1.1:Principali indicatori economici, finanziari e sociali - Italia

Tabella 2.1:Tabella riassuntiva di valutazione dei progressi rispetto alle raccomandazioni specifiche per paese 2017

Tabella 3:Matrice di valutazione della procedura per gli squilibri macroeconomici (*) - Italia

Tabella 4.2.1:Indicatori chiave del sistema bancario italiano

Tabella B.1: Quadro di valutazione della procedura per gli squilibri macroeconomici per l’Italia (Relazione 2018 sul meccanismo di allerta)

Tabella C.1: Indicatori del mercato finanziario

Tabella C.2: Indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale

Tabella C.3: Indicatori del mercato del lavoro e dell’istruzione

Tabella C.4: Indicatori relativi all’inclusione sociale e alla salute

Tabella C.5: Indicatori di risultato e politica relativi ai mercati del prodotto

Tabella C.6: Crescita verde

ELENCO DEI GRAFICI

Grafico 1.1:    PIL reale e componenti    

Grafico 1.2:    Investimenti reali e componenti    

Grafico 1.3:    Contributi regionali alla crescita del PIL nazionale (a sinistra) e crescita potenziale e contributi (a destra)    

Grafico 1.4:    Indicatori del mercato del lavoro: occupazione (a sinistra) e disoccupazione (a destra)    

Grafico 1.5:    Andamento dei salari e dei prezzi    

Grafico 1.6:    Crescita del credito e tassi di prestito    

Grafico 1.7:    Saldo delle partite correnti    

Grafico 1.8:    Indicatori delle finanze pubbliche dell’Italia    

Grafico 2.1:    Attuazione complessiva delle raccomandazioni specifiche per paese 2011-2017 fino ad oggi (valutazione pluriennale)    

Grafico 3.1:    Determinanti dell’effetto “valanga” sul debito pubblico    

Grafico 3.2:    Evoluzione del rapporto debito pubblico/PIL dell’Italia secondo diverse analisi della sostenibilità del debito    

Grafico 3.3    Crescita della produttività e valore aggiunto lordo    

Grafico 4.1.1:    Evoluzione della spesa primaria reale delle amministrazioni pubbliche (a sinistra) e composizione della spesa primaria per funzioni della COFOG (a destra)    

Grafico 4.2.1:    Analisi comparativa del sistema bancario italiano    

Grafico 4.3.1:    Lavoratori a tempo indeterminato, a tempo determinato e autonomi, variazione cumulativa 2014-2017    

Grafico 4.3.2:    Scomposizione delle variazione della popolazione (proiezioni di riferimento)    

Grafico 4.4.1:    Quote del mercato delle esportazioni, tasso di cambio e indicatori della competitività di costo dell’Italia    

Grafico 4.4.2:    Investimenti materiali e immateriali non residenziali in Italia e nel resto della zona euro, prezzi costanti    

Grafico 4.4.3:    Quota di debito delle imprese in situazione di stress finanziario    

Grafico 4.4.4:    Rendimento delle competenze (competenze numeriche)    

Grafico 4.4.5:    Tempo necessario per definire i contenziosi civili e commerciali    

Grafico 4.5.1:    Competitività generale dei servizi alle imprese, 2016    

Grafico 4.5.2:    Indice europeo della qualità del governo - regioni con i risultati migliori e peggiori per paese    

Grafico 4.5.3:    Copertura e penetrazione della banda larga ultraveloce nel 2017 (% di famiglie)    

ELENCO DEI RIQUADRI

Riquadro 2.1: Risultati tangibili conseguiti attraverso il sostegno dell’UE ai cambiamenti strutturali in Italia    

Riquadro 3.1: Ricadute sulla zona euro    

Riquadro 4.1.1: Effetti della razionalizzazione delle prestazioni per l’assistenza all’infanzia sull’offerta di manodopera    

Riquadro 4.3.1 Monitoraggio dei risultati alla luce del pilastro europeo dei diritti sociali    

Riquadro 4.4.1: Sfide legate agli investimenti e riforme in Italia    

Riquadro 4.5.1: Iniziative politiche principali: sistema di indicatori di benessere equo e sostenibile    

Sintesi

La ripresa attualmente in corso in Italia offre lopportunità di accelerare il ritmo delle riforme. Dando piena attuazione alle misure già adottate e completando le principali riforme in cantiere, lItalia potrebbe rilanciare il suo potenziale di crescita che ristagna a causa della debole produttività. In questo modo sarebbe più al riparo dal rischio di un rallentamento, nel caso in cui il contesto esterno e le condizioni finanziarie diventassero meno favorevoli. In particolare, potrebbero contribuire alla resilienza dellItalia il miglioramento del contesto imprenditoriale - soprattutto attraverso la riforma dei procedimenti giudiziari e delle discipline in materia di insolvenza e di fiscalità - e il rafforzamento del sistema bancario e del mercato del lavoro ( 1 ).

La ripresa dell’Italia ha preso slancio. Grazie alla politica monetaria accomodante della Banca centrale europea (BCE) e a una domanda esterna vigorosa, la crescita del PIL reale dell’Italia dovrebbe attestarsi all’1,5% sia nel 2017 che nel 2018, e si prevede che rallenti all’1,2% nel 2019. Dopo la battuta di arresto registrata durante la crisi finanziaria globale, gli investimenti hanno ripreso a crescere grazie a un aumento della domanda e a condizioni di finanziamento favorevoli.

La situazione del mercato del lavoro continua a migliorare. Il numero degli occupati (15-74 anni) è aumentato dell’1,0% nel 2017, arrivando a oltre 23 milioni di persone, ossia ai livelli pre-crisi. Dopo il forte incremento dei contratti a tempo indeterminato nel 2015-2016, lo scorso anno il tasso di occupazione (20-64 anni) è aumentato al 62,7%, prevalentemente sotto la spinta dell’occupazione a tempo determinato. L’occupazione è destinata a crescere ulteriormente nel 2018-2019, sia pure a un ritmo più lento dello 0,8%. Con l’ingresso nel mondo del lavoro di persone inattive, i tassi più elevati di attività stimoleranno le prospettive di crescita a medio termine, anche se, nel breve termine, il tasso di disoccupazione scenderà solo gradualmente.

Data la sua importanza sistemica, l’Italia potrebbe generare ricadute potenzialmente significative sul resto della zona euro. L’Italia è anche un mercato di esportazione importante per una serie di paesi della zona euro e ha forti legami finanziari con gli altri paesi della zona euro.

Le debolezze strutturali di lunga data e le disparità regionali continuano a pesare sul potenziale di crescita dell’Italia. Malgrado la recente ripresa, il PIL reale dell’Italia è ancora inferiore al picco pre-crisi e cresce a un ritmo più lento rispetto alle economie comparabili della zona euro. Persistono differenze regionali sia nelle prospettive economiche che nella crescita dell’occupazione. La disoccupazione di lunga durata e quella giovanile sono tuttora molto elevate. Sebbene la ripresa abbia leggermente diminuito il disavanzo nominale, il debito pubblico dell’Italia ha continuato a crescere e si stima che abbia raggiunto il livello record del 132,1% del PIL nel 2017. Anche a fronte di un livello storicamente basso dei costi di finanziamento, la crescita del credito del settore privato è ancora debole.

L’Italia ha compiuto alcuni progressi nel dar seguito alle raccomandazioni specifiche per paese del 2017. L’Italia ha compiuto notevoli progressi nell’adozione di misure volte ad accrescere l’adempimento tributario e ridurre la corruzione. Si osservano alcuni progressi nell’ambito della riforma della pubblica amministrazione, delle restrizioni alla concorrenza, del risanamento del sistema bancario e della razionalizzazione della spesa sociale. Il paese ha compiuto invece solo progressi limitati per quanto riguarda il trasferimento del carico fiscale, la riduzione della durata del processo civile e la riforma della disciplina dell’insolvenza. Permangono lacune anche nella riforma della contrattazione collettiva, nelle politiche attive del lavoro e nel miglioramento dell’accesso al lavoro per i secondi percettori di reddito.

Per quanto riguarda la strategia Europa 2020, l’Italia ha già raggiunto i propri obiettivi in materia di energie rinnovabili, efficienza energetica, abbandono scolastico e istruzione terziaria, e sembra sulla buona strada per conseguire quelli sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Sono stati compiuti progressi limitati per quanto riguarda gli obiettivi in materia di tasso di occupazione, investimenti in R&S, povertà ed esclusione sociale.

L’Italia incontra problemi per quanto riguarda alcuni indicatori del quadro di valutazione della situazione sociale che accompagna il pilastro europeo dei diritti sociali. In particolare, l’Italia presenta un elevatissimo divario di genere in materia di occupazione, un tasso di occupazione globale basso e disparità di reddito elevate e in crescita. I trasferimenti sociali esercitano effetti modesti, ma di recente sono state adottate misure politiche. La percentuale di giovani che non lavora, non studia o non frequenta corsi di formazione è molto elevata, seppure in calo. Sebbene i risultati nell’ambito della sanità siano complessivamente buoni, costituisce ancora un problema l’elevata percentuale di persone che riferisce di non poter accedere alle cure mediche necessarie. L’Italia presenta inoltre un elevato e crescente rischio di povertà o di esclusione sociale, un elevato numero di giovani che abbandonano prematuramente l’istruzione e la formazione e un basso livello di competenze digitali.

Le principali conclusioni dell’esame approfondito contenute nella presente relazione e le sfide di policy collegate sono le seguenti:

·Lelevato debito pubblico dellItalia rimane un grave fattore di vulnerabilità. Si prevede che il rapporto debito pubblico/PIL si stabilizzi attorno al 130% del PIL nel periodo 2017-2019. Linflazione ancora bassa ma in rialzo, lincremento modesto dellavanzo primario e le privatizzazioni non in linea con i piani del governo continuano a ostacolare lo sforzo di riduzione del debito. Tuttavia, i rischi di rifinanziamento risultano limitati nel breve periodo, grazie a unampia iniezione di liquidità sul mercato e al miglioramento della posizione esterna. I rischi per la sostenibilità a medio termine continuano a essere elevati in quanto lavanzo primario strutturale dell1,6% del PIL previsto nel 2018 non è sufficiente per indurre un rapido calo del debito pubblico. Anche la sostenibilità fiscale di lungo termine garantita dalle passate riforme pensionistica e sanitaria si sta indebolendo a causa di recenti misure adottate e di tendenze demografiche avverse. Nel complesso, potrebbero profilarsi rischi qualora lattuale politica monetaria accomodante subisse uninversione di tendenza.

·La crescita della produttività continua ad essere debole. Negli ultimi venti anni la crescita della produttività in Italia è stata lenta a causa del persistente ristagno della produttività totale dei fattori e del basso livello di investimenti nei settori dellistruzione e delle attività immateriali, che non sono ancora tornati ai livelli pre-crisi. Alcuni aspetti della prassi manageriale delle numerose piccole imprese, linefficiente allocazione delle risorse tra settori e imprese e una spesa pubblica sbilanciata verso le pensioni di vecchiaia costituiscono un ulteriore freno alla produttività. A sua volta, la debole crescita della produttività ha contribuito in passato alla perdita di competitività, sebbene nel 2013 lItalia abbia iniziato a riconquistare quote sul mercato delle esportazioni.

·Gli sforzi volti a risolvere il problema della massiccia quantità di crediti deteriorati stanno dando i loro frutti e sono stati affrontati i gravi problemi del settore bancario. Il numero di nuovi crediti deteriorati è sceso ai livelli pre-crisi e lo stock si è notevolmente ridimensionato nellultimo periodo. Esso resta tuttavia elevato rispetto ai paesi comparabili dellUE e continua a gravare sulla redditività delle banche e sulla loro capacità di reperire capitali al loro interno e di (ri)allocarli efficacemente alle imprese più produttive. Partendo dalle misure adottate, come il sistema di garanzia per sostenere le cartolarizzazioni dei crediti deteriorati, lattuazione di ulteriori sforzi potrebbe contribuire ad affrontare le rimanenti fonti di vulnerabilità. In particolare, deve ancora essere completata la riforma della disciplina dellinsolvenza.

·La disoccupazione di lunga durata e quella giovanile comportano rischi per la coesione sociale e la crescita. Pur registrando un calo, entrambe restano tra le più elevate dellUE, anche a causa del protrarsi della recessione in Italia. Il basso tasso di attività globale frena la crescita potenziale della produzione. Al tempo stesso, lalto livello di disoccupazione giovanile può ostacolare lacquisizione di competenze da parte dei giovani e la loro futura occupabilità.

Altre questioni economiche fondamentali analizzate nella presente relazione che rappresentano sfide per l’Italia sono le seguenti:

·Lelevato carico fiscale e lo scarso adempimento tributario continuano a frenare la crescita economica. Nonostante la proroga degli incentivi fiscali per promuovere loccupazione e gli investimenti, in Italia lonere fiscale sul lavoro e sul capitale rimane tra i più elevati dellUE. Gli sforzi volti a spostare lonere fiscale verso i consumi e il patrimonio sono ancora limitati. La complessità del regime tributario aumenta lonere gravante sulle imprese e sulle famiglie in regola e mina ladempimento dellobbligo tributario. Anche se le misure adottate di recente per affrontare tali problemi, tra cui la fatturazione elettronica obbligatoria, sono promettenti, la tanto attesa revisione delle agevolazioni fiscali e dei valori catastali ha subito un ulteriore rinvio. Dopo la soppressione dei voucher, non sono state individuate altre misure strategiche per contrastare il lavoro sommerso.

·Gli investimenti, soprattutto in attività immateriali, continuano a ristagnare. Dallo scoppio della crisi, gli investimenti hanno subito un drastico calo e non sono ancora tornati ai livelli del 2007. Nonostante ladozione, nel 2017, di un ambizioso piano di investimenti in infrastrutture, in particolare nel settore dei trasporti, gli investimenti sono tuttora ostacolati da fattori strutturali. Tra questi figurano i vincoli di carattere finanziario connessi a un mercato dei capitali sottosviluppato, le condizioni restrittive per i crediti bancari, la mancanza di lavoratori altamente qualificati dovuta anche alla fuga dei cervelli e alle scarse possibilità di apprendimento continuo. Nonostante lattuazione di politiche quali Industria 4.0 per promuovere gli investimenti delle imprese, il contesto imprenditoriale è ancora poco favorevole agli investimenti. Gli investimenti in attività immateriali, quali R&S, innovazione e formazione dei lavoratori, rimangono al di sotto della media UE a causa del gran numero di microimprese, della mancanza di specializzazione in settori ad alta intensità di conoscenza, del basso tasso di digitalizzazione e di competenze digitali. Inoltre, la spesa pubblica in R&S ha subito una riduzione.

·La contrattazione salariale “di secondo livello” è poco diffusa e si registrano ritardi nellattuazione della riforma delle politiche attive del lavoro. Nonostante le recenti riforme del mercato del lavoro, luso limitato della contrattazione salariale “di secondo livello” - a livello regionale, settoriale o aziendale - può indebolire il nesso tra le retribuzioni e le condizioni economiche locali, a scapito della competitività. Inoltre, sebbene nel 2017 sia stata istituita unapposita agenzia per riformare le politiche attive del lavoro, la governance del sistema rimane debole e non è ancora stato adottato un piano strategico. Le relazioni annuali sullattuazione delle disposizioni del Jobs Act in materia di politiche attive del lavoro, previste dalla legge, non sono ancora state pubblicate.

·Nuove politiche sociali sono in fase di attuazione per affrontare la crescente povertà, ma permangono le sfide demografiche. Il tasso di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale in Italia è elevato, in particolare per i bambini, i lavoratori temporanei e i migranti. Lintroduzione di una nuova misura permanente per la lotta alla povertà rappresenta una svolta importante, che potrebbe anche contribuire a rafforzare i servizi sociali, finora in carenza di organico. Inoltre, il basso tasso di fecondità, linvecchiamento della popolazione e il peggioramento del saldo migratorio pongono dei problemi nel medio periodo. Questi richiedono lo sviluppo di strategie a lungo termine, quali politiche più mirate di sostegno alle famiglie. Il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro resta infatti uno dei più bassi dellUE. Ciò è dovuto essenzialmente alla difficoltà di conciliare il lavoro con la famiglia a causa della limitata disponibilità di servizi abbordabili di assistenza allinfanzia e di servizi di assistenza a lungo termine, dellutilizzo limitato del congedo parentale da parte degli uomini e degli scarsi incentivi forniti da specifici aspetti del sistema fiscale e assistenziale. Lattuale sistema frammentario di bonus a sostegno delle famiglie non sembra essere in grado di risolvere queste problematiche.

·Il sistema di istruzione non è sufficientemente finanziato. In Italia il tasso di abbandono scolastico rimane al di sopra della media dellUE e persistono ampie disparità regionali nel livello di istruzione, malgrado un generale miglioramento della qualità dellistruzione. A causa di elevati tassi di abbandono e di una durata degli studi relativamente lunga, il tasso distruzione terziaria risulta piuttosto basso. Nonostante queste problematiche, la percentuale di spesa pubblica nellistruzione si è ulteriormente ridotta.

·Nel 2017 sono proseguiti gli sforzi di riforma della pubblica amministrazione, del sistema giudiziario e della normativa anticorruzione. Tuttavia, il funzionamento della pubblica amministrazione e la gestione del pubblico impiego sono tuttora meno efficienti di quelli di altri paesi comparabili. La gestione e la razionalizzazione delle imprese pubbliche continuano a porre delle difficoltà. La durata dei procedimenti civili desta ancora preoccupazione, soprattutto nei tribunali di grado più elevato, per i quali lefficacia delle riforme attuate in passato per prevenire gli abusi del processo rimane dubbia e la gestione dei procedimenti potrebbe essere ulteriormente migliorata. Inoltre, sebbene lItalia abbia rafforzato il proprio quadro normativo per la lotta alla corruzione, la sua attuazione rimane problematica.

·Il contesto in cui operano le imprese continua a frenare limprenditorialità e permangono significativi ostacoli alla concorrenza. Alcuni settori, tra cui quello dei servizi professionali, dei servizi pubblici locali e dei trasporti, risentono ancora di una eccessiva regolamentazione. La mancanza di procedure competitive per laggiudicazione dei contratti di servizio pubblico e delle concessioni per laccesso ai beni pubblici incide negativamente sulla qualità dei servizi, in particolare nel settore dei trasporti. Lattuazione rapida della legge del 2015 sulla concorrenza e leliminazione delle rimanenti restrizioni alla concorrenza potrebbero contribuire a unallocazione più efficiente delle risorse e a migliorare la produttività. La scarsa qualità delle amministrazioni pubbliche e la grande disparità regionale nella loro risposta alle esigenze delle imprese hanno un impatto negativo sul contesto imprenditoriale e limitano la capacità delle imprese di sfruttare le opportunità di innovazione. Ladeguamento della normativa sugli appalti pubblici porterà benefici solo se sarà ultimato in tempo utile e applicato in modo coerente.

1.    Situazione e prospettive economiche

Crescita del PIL reale: rischi e problematiche

La ripresa si è consolidata nel 2017, sostenuta dall’espansione ciclica dell’economia mondiale. Dopo essere riemersa a metà 2014 da una doppia recessione prolungata, l’Italia ha registrato un aumento del PIL reale del 4,2% (in termini cumulativi) fino al quarto trimestre del 2017. Ciò nonostante, la ripresa è partita in ritardo e procede a un ritmo più lento rispetto agli altri paesi della zona euro e il PIL reale è ancora nettamente inferiore al picco pre-crisi del 2007. Secondo le stime, grazie alla politica monetaria accomodante della BCE e a una domanda esterna vigorosa, il PIL reale dovrebbe crescere dell’1,5% nel 2017 (Commissione europea, 2018f). Le esportazioni di beni e servizi sono ripartite con vigore. Tuttavia, poiché le importazioni sono aumentate con la stessa intensità, in parte a causa del contenuto relativamente alto di beni importati delle esportazioni e degli investimenti in attrezzature, il contributo degli scambi netti alla crescita del PIL è stato leggermente negativo. Malgrado la modesta crescita dei salari reali, la spesa per i consumi ha registrato un incremento, in quanto l’aumento costante dell’occupazione ha sostenuto i consumi privati (grafico 1.1).

Grafico 1.1:PIL reale e componenti

Fonte: Eurostat

Le condizioni di finanziamento favorevoli e un aumento della domanda fanno da traino agli investimenti. Gli investimenti aggregati hanno iniziato a riprendersi nel 2014, sostenuti da condizioni di finanziamento sempre più favorevoli e dagli incentivi fiscali, ma anche dalla necessità di rinnovare uno stock di capitale obsoleto e in calo. Il principale stimolo alla ripresa degli investimenti è venuto dagli investimenti in attrezzature (grafico 1.2).Viceversa, l’edilizia, che rappresenta circa la metà del totale degli investimenti, fa fatica a uscire dalla profonda recessione in cui è finita. Ciò vale soprattutto per gli investimenti non residenziali, in gran parte a causa della contrazione degli investimenti pubblici (sezione 4.4.2). I prestiti alle società non finanziarie sono ancora limitati e il ritmo della ripresa della spesa in conto capitale è ancora troppo modesto per recuperare rapidamente il netto calo degli investimenti registrato durante la crisi. Lo stock di capitale netto totale ha subito un’ulteriore contrazione nel 2016.

Grafico 1.2:Investimenti reali e componenti

Fonte: Eurostat

Le prospettive economiche stanno gradualmente migliorando anche nelle regioni meridionali. Nel 2016 il PIL reale nel Mezzogiorno è aumentato dello 0,8%, dopo una crescita dell’1,5% l’anno precedente, ossia l’anno in cui era aumentato per la prima volta dal 2007. L’Italia meridionale, che rappresenta il 22,6% della produzione complessiva del paese, è cresciuta in media a un ritmo leggermente più sostenuto rispetto al Nord nel 2015-2016 (grafico 1.3, a sinistra). I consumi privati sono cresciuti in media dell’1,4%, in linea con l’aumento del reddito disponibile, mentre gli investimenti hanno ripreso a crescere nel 2015 dopo un calo cumulativo del 62% nel 2007-2014. Tuttavia, poiché le regioni meridionali dispongono di una base industriale meno sviluppata, l’effetto positivo della ripresa dell’industria manifatturiera è limitato. Nell’economia delle regioni meridionali il settore pubblico e i servizi ad esso connessi hanno un ruolo più rilevante - e la crescita media della produttività che si registra in questi settori è solitamente inferiore a quella dell’industria manifatturiera.

Mantenere l’attuale ritmo di crescita rimane una sfida. Guardando al futuro, la ripresa dovrebbe essere sempre più in grado di autosostenersi, ma le prospettive di crescita rimangono modeste. Si prevede che la produzione reale si espanda a un ritmo moderato e in declino, per raggiungere l’1,2% nel 2019. Il previsto rallentamento è dovuto a un contesto esterno che dovrebbe diventare meno propizio, a un irrigidimento graduale della politica monetaria e dell’orientamento di bilancio e al basso potenziale di crescita dell’economia italiana. Quest’ultimo è dovuto alla debole crescita della produttività totale dei fattori, che dipende da inefficienze storiche nel funzionamento del mercato del lavoro, dei capitali e dei prodotti (sezione 3).

La crescita potenziale dovrebbe crescere moderatamente, grazie soprattutto allaumento del fattore lavoro. La produzione potenziale ha segnato una costante contrazione dallinizio della crisi finanziaria mondiale, che può essere attribuita agli scarsi investimenti e alla debole crescita di produttività. Tuttavia, si prevede che le riforme strutturali e la ripresa degli investimenti riportino la crescita potenziale della produzione a una tendenza leggermente positiva nel 2017 e a un moderato aumento nel 2018-2019 (applicando la metodologia concordata) ( 2 ). La produzione potenziale è trainata principalmente dalla crescita del fattore lavoro, in particolare laumento dei tassi di attività (grafico 1.3, a destra). Tuttavia, laumento del fattore lavoro a compensazione della bassa o ridotta produttività non è di buon auspicio per le prospettive di crescita a medio termine, in quanto lItalia ha una popolazione in età lavorativa che si sta ridimensionando. In linea con la crescita degli investimenti, laccumulazione di capitale è destinata a diventare un motore complementare della crescita potenziale. Per contro, la crescita della produttività totale dei fattori ha contribuito negativamente alla crescita potenziale fino al 2017 e si prevede che darà solo un minimo contributo positivo nel 2019.

Grafico 1.3:Contributi regionali alla crescita del PIL nazionale (a sinistra) e crescita potenziale e contributi (a destra)

Nota: Il Sud comprende l’Extra-Regio. Le stime sulla crescita potenziale si riferiscono a dopo il 2016.

Fonte: ISTAT, Commissione europea.

Prestazioni del mercato del lavoro

Loccupazione sta crescendo sostanzialmente in linea con laumento della produzione. Nel terzo trimestre del 2017 il numero di lavoratori (1574 anni) è aumentato dell1,0% su base annua raggiungendo un record di oltre 23 milioni. Ciò equivale a un aumento del tasso di occupazione al 62,7% per la fascia 20-64 anni. Dal 2013 la crescita delloccupazione è stata trainata principalmente dalle riforme pensionistiche che hanno gradualmente aumentato letà pensionabile stabilita per legge. Nel 2017 si è registrato un notevole incremento dei contratti di lavoro a tempo determinato ( 3 ), che sono diventati il principale motore della crescita delloccupazione (sezione 4.3.1).

Persistono le differenze regionali e di genere. Il tasso di attività rimane ben al di sotto della media UE, in particolare per quanto riguarda le donne. Il tasso di occupazione femminile, seppur in crescita, è molto inferiore a quello maschile. Con un tasso di occupazione del 52,6% per le donne contro il 73,0% per gli uomini nel terzo trimestre del 2017, lo squilibrio occupazionale tra i generi è uno dei più alti dell’UE. Le differenze regionali nei tassi di occupazione complessivi, pur registrando una flessione dal 2013, continuano a essere notevoli: attualmente variano tra il 71,9% in Trentino-Alto Adige e il 40,6% in Calabria.

Il numero di persone occupate è tornato ai livelli pre-crisi, ma le ore lavorate non hanno ancora raggiunto tali livelli. Il numero di persone occupate ha continuato ad aumentare e si attesta attualmente attorno ai livelli pre-crisi. Viceversa, il totale delle ore lavorate, che ha iniziato a risalire nel 2015, è ancora notevolmente inferiore ai livelli precedenti la recessione (grafico 1.4). Ciò trova riscontro anche nel basso livello di occupazione espresso in equivalenti a tempo pieno. Il livello ancora relativamente modesto di ore lavorate è dovuto principalmente a due drastiche diminuzioni avvenute durante la doppia recessione ( 4 ). Dal 2013 il numero degli occupati, loccupazione in equivalenti a tempo pieno e il numero di ore lavorate sono aumentati quasi allo stesso ritmo, anche se partendo da livelli diversi.

Grafico 1.4:Indicatori del mercato del lavoro: occupazione (a sinistra) e disoccupazione (a destra)

Fonte: Eurostat

Nonostante la consistente creazione di posti di lavoro, la disoccupazione sta diminuendo solo gradualmente in quando aumenta la partecipazione al mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione, al 10,8% nel dicembre 2017, è gradualmente diminuito dal suo massimo del 13,0% nel novembre 2014, sebbene il ritmo sia rallentato dal fatto che i lavoratori precedentemente “scoraggiati”, ossia disponibili a lavorare ma formalmente non alla ricerca di un’occupazione, stanno tornando a far parte della forza lavoro. Anche la disoccupazione di lunga durata è lentamente diminuita dal livello massimo del 7,7% raggiunto nel 2014 al 6,2% nel terzo trimestre del 2017 (grafico 1.4). Nel primo trimestre del 2017, la durata media della disoccupazione è stata di 15 mesi, 2 mesi in meno rispetto a prima della crisi. Il numero di lavoratori “scoraggiati” rimane elevato, ma si sta ridimensionando (da 3,6 milioni nel 2015 a 3,3 milioni nel 2016). Nel 2016 il tasso di disoccupazione tra le persone scarsamente qualificate è stato pari al 19,2%, ma inferiore al 7% tra le persone con un grado di istruzione elevato. La disoccupazione giovanile è ancora fra le più elevate d’Europa, anche se sta diminuendo dal livello massimo del 43,6% raggiunto nel 2014 al 32,2% nel dicembre del 2017. Il numero di giovani non occupati né inseriti in un percorso di istruzione o formazione (giovani NEET) è diminuito dal 22,2% nel 2012 ad una percentuale inferiore al 20% nel 2016, ma rimane uno dei più elevati dell’UE e soggetto a forti differenze regionali.

Andamento dei salari e dei prezzi

La crescita delle retribuzioni rimane moderata in quanto il mercato del lavoro continua a ristagnare. I salari contrattuali sono cresciuti dello 0,7% nei dodici mesi fino a dicembre 2017, il che rispecchia sostanzialmente l’andamento attuale dell’inflazione e della produttività e i livelli ancora elevati di disoccupazione. Dal 2009, il contenimento della crescita salariale nominale ha permesso di arginare la perdita di competitività di costo. I rinnovi contrattuali conclusi di recente sono stati caratterizzati da modesti aumenti salariali e in alcuni casi si sono basati su meccanismi di fissazione dei salari fondati sull’inflazione passata invece che prevista. Le retribuzioni del settore pubblico, di fatto congelate dal 2010, dovrebbero salire leggermente in seguito al rinnovo dei contratti del pubblico impiego che riguarderà circa 3,4 milioni di lavoratori. La retribuzione per ora lavorata e per dipendente è aumentata nel 2017 in virtù dell’aumento dei contributi sociali una volta terminati gli incentivi all’assunzione.

Grafico 1.5:Andamento dei salari e dei prezzi

Nota: Crescita salariale nominale basata sulle retribuzioni orarie lorde del totale dell’economia; l’inflazione di fondo, definita come l’inflazione IPCA (al netto dei beni energetici e dei prodotti alimentari non trasformati).

Fonte: ISTAT, Eurostat

Data la crescita salariale contenuta, l’aumento dei costi del lavoro per unità di prodotto continua ad essere modesto nonostante la debole crescita della produttività. A differenza degli anni precedenti il 2009, i costi del lavoro per unità di prodotto sono aumentati sostanzialmente in linea con quelli della zona euro, in virtù di moderati aumenti salariali e di una produttività del lavoro in calo. I redditi da lavoro dipendente in termini reali sono cresciuti solo dello 0,3% nel 2016, attestandosi ancora a un livello inferiore a quello del 1999, mentre la produttività del lavoro è scesa dello 0,6%. La drastica riduzione dei contributi sociali per le nuove assunzioni con contratti a tempo indeterminato e la riduzione dell’imposta regionale sulle attività produttive hanno contribuito a contenere la crescita dei salari lordi.

Il rafforzamento della domanda interna e la crescita salariale moderata fanno supporre un aumento graduale dell’inflazione di fondo e del deflatore del PIL. L’inflazione dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) ha registrato una media dell’1,3% nel 2017, dopo essere stata per tre anni vicina allo zero (grafico 1.5), e dovrebbe aumentare all’1,5% entro il 2019. L’inflazione IAPC di fondo su base annua (ossia l’inflazione al netto dei beni energetici e dei prodotti alimentari non trasformati) ha registrato uno 0,8% nel 2017 ed è destinata ad aumentare gradualmente - in linea con una crescita salariale moderata e con il recupero dei margini di profitto - all’1,6% nel 2019. Stando alle stime, il tasso di crescita del deflatore del PIL, in flessione dal 2010 a causa della debole domanda e dell’aumento solo modesto dei costi del lavoro per unità di prodotto, è sceso allo 0,6% nel 2017 ma dovrebbe aumentare all’1,4% entro il 2019.

Situazione sociale

La situazione sul mercato del lavoro sta migliorando. Tuttavia, nel 2016 la percentuale delle persone a rischio di povertà o di esclusione sociale è stata del 29,9%, pari a un aumento di 1,2 punti percentuale rispetto al 2015, e resta superiore alla media UE (23,5%), che invece sta diminuendo. Anche il PIL pro capite, che fino al 2013 è sceso in termini reali e nominali, resta al di sotto della media UE. I dati celano differenze relativamente ampie tra i gruppi di età: le persone anziane, in particolare i pensionati, sono meno colpite dalla povertà dei giovani. I trasferimenti sociali hanno avuto un effetto limitato sulla riduzione della povertà, che è diminuito nel 2016 (20,3%) ( 5 ). La quota della popolazione in età lavorativa con un basso livello distruzione, un fattore di rischio rilevante per la povertà, era pari al 39,9%, ben al di sopra della media UE (23%).

In Italia la disuguaglianza di reddito è elevata e in aumento, a fronte di un calo marginale nell’UE. Secondo i dati relativi al 2016, il reddito del 20% delle famiglie più ricche è stato 6,3 volte superiore a quello del 20% più povero (indice S80/S20). Questo rapporto è aumentato rispetto ai 3 anni precedenti ed è addirittura superiore per le persone in età lavorativa, in quanto viene escluso l’impatto ridistributivo delle pensioni. La disoccupazione resta un fattore chiave della disuguaglianza, come dimostra la significativa differenza tra il reddito mediano delle persone occupate (19 028 EUR l’anno nel 2015) e quello dei disoccupati (9 926 EUR l’anno). La ricchezza netta invece è distribuita più equamente del reddito (anche rispetto alla media della zona euro). Allo stesso modo, sembrano essere meno rilevanti le disparità di opportunità. Ad esempio, solo di rado lo status sociale è un buon mezzo per prevedere i risultati scolastici. Tuttavia, l’aumento della povertà infantile tra le famiglie svantaggiate e le disparità di accesso all’assistenza sanitaria, insieme alle disparità regionali, destano preoccupazione (sezione 4.3.3).

Condizioni di finanziamento

Nonostante i costi di finanziamento siano a livelli storicamente bassi, la crescita del credito al settore privato rimane modesta. Dall’inizio del 2012 i tassi di interesse sui nuovi crediti ipotecari si sono dimezzati, scendendo all’1,9% nel dicembre 2017. I tassi dei nuovi prestiti concessi alle imprese hanno subito una contrazione dal 4% all’1,5%. Sebbene la politica monetaria favorevole della BCE abbia fatto scendere drasticamente i tassi d’interesse nominali, l’attività di prestito stenta a decollare. I prestiti alle società private non finanziarie sono sostenuti dai prestiti alle famiglie (depurati delle cartolarizzazioni e delle altre cessioni di prestiti), che registrano una crescita media mensile di circa il 2,5% su base annua dall’inizio del 2017 (grafico 1.6). La crescita dei prestiti ipotecari e dei crediti al consumo è agevolata dalla ripresa del mercato immobiliare, dai bassi tassi di interesse e da una maggiore fiducia dei consumatori.

Dal 2016 i prestiti societari si sono stabilizzati. Con il processo di riduzione del debito ancora in corso, i prestiti complessivi alle società finanziarie rimangono deboli. Le norme in materia di offerta di credito si stanno allentando ma sono ancora più rigide che nel periodo pre-crisi. Tuttavia, i prestiti alle società non finanziarie variano notevolmente per settore e dimensione dellimpresa. Il credito al settore dellindustria e dei servizi è aumentato ma si è rivolto principalmente alle imprese di dimensioni maggiori e più produttive. In linea con la ripresa degli investimenti fissi, le società non finanziarie stanno gradualmente aumentando la spesa in conto capitale finanziata con nuovi prestiti. Lerogazione di prestiti alledilizia si è, invece, contratta considerevolmente nei dodici mesi a causa di un basso livello di attività e dei rischi più elevati ( 6 ).

Grafico 1.6:Crescita del credito e tassi di prestito

Nota: Prestiti depurati delle cartolarizzazioni e altri prestiti trasferiti ed eliminati contabilmente dai bilanci delle banche.

Fonte: Banca d’Italia

L’aumento dell’offerta di credito è sostenuto da miglioramenti strutturali. Lo stock di crediti deteriorati accumulati in passato nei bilanci delle banche sta diminuendo. Inoltre, il flusso di crediti deteriorati, cioè il rapporto tra i nuovi crediti deteriorati e i prestiti in essere, si è ridotto a un livello che non si registrava da prima della crisi finanziaria mondiale (sezione 4.2). Nonostante alcuni miglioramenti nel primo semestre del 2017, la redditività delle banche italiane è tuttora tra le più basse dell’UE, a causa di fattori ciclici e di problemi strutturali. Globalmente, la crescita del credito, soprattutto alle imprese di piccole dimensioni e a quelle a rischio più elevato, rimane debole.

Posizione esterna

Lavanzo delle partite correnti dellItalia è prossimo al 3% del PIL. Il miglioramento dei risultati delle esportazioni e la domanda interna contenuta durante la doppia recessione hanno gradualmente spostato il saldo delle partite correnti da un disavanzo del 3,5% del PIL nel 2010 a un avanzo del 2,9% nel 2017. La bilancia commerciale ha registrato un avanzo del 3,2% del PIL, beneficiando di ragioni di scambio favorevoli in parte legate a una riduzione della spesa per le importazioni petrolifere e a una domanda esterna vivace. Nel settembre 2016 il saldo dei redditi primari a 12 mesi è diventato positivo, in larga misura grazie al miglioramento del saldo dei redditi da investimenti che nel 2017 ha registrato un avanzo( 7 ) (grafico 1.7).

Le stime indicano un avanzo delle partite correnti corretto per il ciclo dellordine dell1,8% del PIL nel 2017. Lavanzo delle partite correnti rimane superiore al livello suggerito dai fondamentali (+0,5% del PIL), il che è in contrasto con un disavanzo dello 0,2% del PIL che sarebbe sufficiente per mantenere stabile la posizione patrimoniale sullestero dellItalia (in assenza di effetti di valutazione) ( 8 ).

Grafico 1.7:Saldo delle partite correnti

Fonte: Banca d’Italia

L’avanzo delle partite correnti deriva da decisioni di risparmio e di investimento a livello settoriale. Il settore delle imprese, tradizionalmente in posizione di indebitamento netto, dal 2009 è gradualmente passato a una posizione di accreditamento netto. Fino al 2014 le famiglie hanno aumentato il proprio indebitamento netto e ridimensionato gli investimenti residenziali in linea con il rallentamento del mercato delle abitazioni. Il governo ha ridotto il disavanzo, in particolare riducendo gli investimenti nominali del 35% nel periodo 2009-2016.

La posizione patrimoniale netta sullestero (NIIP) è ancora lievemente negativa ( 9 ). La posizione ha registrato un saldo negativo del 7,8% del PIL alla fine del terzo trimestre del 2017. Tale livello è vicino al NIIP suggerito dai fondamentali (circa 0% del PIL) ed è notevolmente superiore alla soglia prudenziale che indica il rischio di crisi esterna (-63% del PIL per il 2016) (Commissione europea, 2016). Questo miglioramento è dovuto in gran parte allavanzo commerciale, ma è anche legato a effetti di valutazione, i quali si traducono nel consistente miglioramento del saldo dei redditi da investimenti che si è trasformato in attivo allinizio del 2017. Le passività nette della Banca dItalia nei confronti dellEurosistema, che si traducono nei saldi TARGET2 negativi, sono almeno in parte legate al programma di acquisto decentrato di attività della BCE, il quale dà luogo a sostanziali flussi transfrontalieri di riserve ( 10 ).

Finanze pubbliche: disavanzo e debito pubblico

La politica di bilancio dell’Italia è diventata più espansiva negli ultimi anni. L’Italia ha compiuto un notevole sforzo di bilancio nel periodo 20102013, aumentando il proprio avanzo primario a più del 2% del PIL e riducendo il disavanzo nominale dal livello massimo del 5,3% nel 2009 a un livello non superiore al 3% del PIL a partire dal 2012 (grafico 1.8). Tuttavia, la politica di bilancio è diventata più espansiva negli ultimi anni, in parte per ridurre l’onere fiscale e sostenere gli investimenti privati e le riforme strutturali (come il Jobs Act con gli incentivi fiscali). Ciò è stato anche consentito da una politica monetaria accomodante della BCE, grazie alla quale i titoli di Stato di nuova emissione hanno beneficiato di tassi di interesse nominali storicamente bassi (0,55% in media nel 2016 da più del 3% nel 2012). La spesa per interessi è quindi scesa dal livello record del 5,2% del PIL nel 2012 al 4% nel 2016. A sua volta, l’attivo primario dell’Italia è diminuito all’1,5% e il disavanzo nominale si è stabilizzato attorno al 2,5% del PIL nel 2016. Complessivamente, si stima che nel periodo 20132016 il saldo strutturale dell’Italia si sia fortemente deteriorato da -0,8% a -1,7% del PIL potenziale. Ciò è andato di pari passo con un deterioramento persino maggiore del saldo primario strutturale (dal 4,0% al 2,3%) nel contesto di un calo della spesa per interessi.

Grafico 1.8:Indicatori delle finanze pubbliche dellItalia

Fonte: Commissione europea

Il disavanzo nominale è destinato a diminuire ulteriormente grazie anche a prospettive favorevoli. Si prevede che il disavanzo nominale sia diminuito al 2,1% del PIL nel 2017, grazie a una crescita economica superiore alle aspettative, un avanzo primario migliore del previsto pari all’1,7% del PIL e una ulteriore contrazione della spesa per interessi al 3,8% del PIL. Guardando al futuro, il disavanzo nominale è destinato a diminuire ulteriormente all’1,8% del PIL nel 2018 grazie alla previsione di una crescita più sostenuta del PIL nominale (2,6%) e a un avanzo primario leggermente superiore (1,8% del PIL) a quello del 2017. Tuttavia, dopo un deterioramento nel 2017, l’orientamento di bilancio dell’Italia dovrebbe risultare sostanzialmente neutro nel 2018. Data l’ulteriore riduzione della spesa per interessi al 3,6% del PIL, ciò corrisponde anche a un lieve peggioramento del saldo primario strutturale.

Il debito pubblico lordo dell’Italia dovrebbe stabilizzarsi a circa il 130% del PIL. Il rapporto debito pubblico lordo/PIL è aumentato di 5 punti percentuali in media all’anno durante la doppia recessione del periodo 2008-2013, per poi continuare a crescere nel 2014-2016, ma mediamente a un ritmo più lento di 1 punto percentuale l’anno, arrivando al 132,0% del PIL. I bassissimi tassi di interesse stanno attualmente limitando la crescita del debito (sezione 3), il quale, tuttavia, è destinato a rimanere stabile al 132,1% nel 2017, in parte a causa delle risorse stanziate per il sostegno pubblico al settore bancario e agli investitori al dettaglio. In seguito, la maggiore crescita del PIL nominale dovrebbe consentire un lieve calo del rapporto debito/PIL al 130,8% nel 2018 e al 130,0% nel 2019.

Permangono alti rischi per quanto riguarda le previsioni sul debito. I rischi nelle previsioni della Commissione europea sul debito dipendono dal fatto che limpatto delle risoluzioni bancarie del 2017 è stato maggiore di quanto previsto. Oltre il 2017 i rischi dipendono da una crescita nominale peggiore del previsto, da un ampio stock di debiti commerciali pregressi della pubblica amministrazione (sezione 4.1.1) e da un livello di proventi delle privatizzazioni inferiore allobiettivo. Riguardo a questo aspetto, mentre nel 2016 e 2017 non è riuscito a conseguire i suoi obiettivi ( 11 ), per il 2018 il governo prevede che i proventi delle privatizzazioni raggiungano lo 0,3% del PIL.

La durata media del debito pubblico italiano è in aumento e i differenziali di rendimento dei titoli di Stato si stanno riducendo. Dalla primavera del 2017 i differenziali di rendimento rispetto ai titoli di Stato tedeschi si sono gradualmente ridimensionati, a un livello inferiore a 140 punti di base per i titoli a 10 anni a fine 2017. Malgrado i rischi che ancora gravano sulle finanze pubbliche italiane, questa tendenza potrebbe essere indice di una minore incertezza riguardo alle prospettive di politica economica a seguito delle tornate elettorali svoltesi in alcuni grandi Stati membri e della decisione della BCE di non interrompere il programma di acquisto del settore pubblico (Banca d’Italia, 2017a). Inoltre, l’Ufficio per la gestione del debito dell’Italia ha continuato ad approfittare dei bassi tassi di interesse per aumentare la quota delle emissioni di obbligazioni a tasso fisso a lungo termine (dal 70% nel dicembre 2016 al 71% nel settembre 2017). Di conseguenza, la durata residua media è aumentata ulteriormente a 6,9 anni.

L’esposizione delle banche al debito sovrano italiano è diminuita. La quota del debito pubblico detenuta dalla Banca d’Italia ha continuato ad aumentare nell’ambito del programma di acquisto del settore pubblico, raggiungendo 319 miliardi di euro (19% del PIL) nel novembre 2017 rispetto ai 200 miliardi di EUR dell’anno precedente. Nel frattempo, la quota detenuta dalle banche italiane è diminuita a 344 miliardi di EUR (20% del PIL) nel novembre 2017, scendendo del 12,7% rispetto all’anno precedente (Banca d’Italia, 2018). La percentuale di investitori privati stranieri, pur aumentando dal 28,4% nel 2016 al 32% nel 2017, è rimasta modesta, a causa della persistente riluttanza ad investire in Italia, soprattutto da parte di investitori non appartenenti alla zona euro (Commissione europea, 2017i). Inoltre, i tassi di interesse ancora bassi hanno spinto le famiglie italiane a ridurre ulteriormente la loro partecipazione diretta al debito pubblico e a diversificare il loro portafoglio di investimenti in attività straniere.

Tabella 1.1:Principali indicatori economici, finanziari e sociali - Italia

Note: (1) NIIP esclusi gli investimenti diretti e il portafoglio partecipazioni. (2) Gruppi bancari e singole banche nazionali, controllate e succursali di imprese estere UE e non UE.        

Fonte: Eurostat e BCE al 30 gennaio 2018, se disponibile; Commissione europea per i dati previsionali (previsioni d’inverno 2018 per il PIL reale e l’IPCA, previsioni d’autunno 2017 per il resto)

2.    Progressi in relazione alle raccomandazioni specifiche per paese

I progressi compiuti nellattuazione delle raccomandazioni rivolte allItalia nel 2017( 12 ) devono essere considerati in una prospettiva di più lungo periodo, dallintroduzione del semestre europeo nel 2011. Dalla valutazione pluriennale dellattuazione delle raccomandazioni specifiche per paese sin dalla loro prima adozione emerge che il 60% di tutte le raccomandazioni rivolte allItalia hanno registrato perlomeno alcuni progressi, mentre il 40% ha registrato progressi limitati o nessun progresso (grafic2.1). Tra i settori in cui si sono registrati maggiori progressi figurano ladozione di misure volte a combattere la corruzione e a riformare la pubblica amministrazione. Buoni passi avanti sono stati fatti anche nel settore bancario, nel mercato del lavoro e per quanto riguarda la riduzione delle restrizioni nei mercati dei prodotti e dei servizi.

Grafico 2.1:Attuazione complessiva delle raccomandazioni specifiche per paese 20112017 fino ad oggi (valutazione pluriennale)

Nota: La valutazione complessiva delle raccomandazioni specifiche per paese relative alla politica di bilancio esclude il rispetto del patto di stabilità e crescita. 2011-2012: categorie di valutazione delle raccomandazioni diverse. La valutazione pluriennale delle raccomandazioni considera l’attuazione delle raccomandazioni specifiche per paese dalla loro adozione fino alla relazione per paese 2018.

Fonte: Commissione europea

Per quanto riguarda le finanze pubbliche e la tassazione, sono stati compiuti diversi passi avanti per dare seguito alle raccomandazioni specifiche per paese in questi ambiti. Gli sforzi si sono concentrati sul contenimento della spesa pubblica. La crescita delle retribuzioni del settore pubblico è stata moderata: gli stipendi sono aumentati nel 2017 per la prima volta dal 2011. Le precedenti riforme pensionistiche hanno contribuito a limitare le passività derivanti dallinvecchiamento demografico e a migliorare la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche. Tuttavia, tale sforzo ha subito una parziale inversione di tendenza negli ultimi bilanci e si prevede che la spesa pensionistica riprenda a crescere a partire dal 2017 (sezione 4.1). Sono state portate avanti alcune privatizzazioni per ridurre il debito pubblico, ma i recenti obiettivi sono stati sistematicamente disattesi. Sono state attuate diverse riforme fiscali, in particolare al fine di ridurre gli oneri fiscali che gravano sul lavoro e sul capitale, che tuttora risultano relativamente elevati. Le agevolazioni fiscali sono state soggette a una revisione ma non sono state ancora razionalizzate. Limposta sui beni immobili è stata aumentata nel 2011, per poi essere parzialmente abolita nel 2015, e non è stata ancora realizzata la riforma dei valori catastali. Al fine di potenziare la lotta allevasione fiscale, nel 2015 sono stati introdotti il regime di scissione dei pagamenti per lIVA e la fatturazione elettronica nelle operazioni con la pubblica amministrazione, che sarà progressivamente estesa alle operazioni del settore privato nel 2018-2019.    

Sono stati compiuti alcuni passi avanti nel dare seguito alle raccomandazioni in materia di giustizia civile, lotta alla corruzione, pubblica amministrazione e riduzione degli ostacoli alla concorrenza. In seguito a una vasta riorganizzazione dei tribunali civili nel 2013, sono state attuate varie misure per accelerare il processo civile, ad esempio aumentando la specializzazione e la digitalizzazione dei tribunali e cercando di evitare abusi del processo tramite regole più rigorose in materia di ammissibilità dei ricorsi. Tuttavia, la durata ancora estremamente lunga dei processi mette in discussione l’efficacia di alcune di queste riforme. La lotta contro la corruzione è stata intensificata nel 2012 mediante l’adozione di una legislazione anticorruzione che ha anche istituito l’autorità nazionale anticorruzione. Nel 2017 è stato riformato l’istituto della prescrizione ed è stata prorogata la protezione dei dipendenti pubblici che segnalano illeciti (c.d. whistleblower). Nel 2015 è stata adottata una riforma globale della pubblica amministrazione che semplifica e chiarisce il processo decisionale, promuove la trasparenza e accresce l’efficienza. Tuttavia, la sua attuazione in settori specifici, ossia l’impiego pubblico e le imprese pubbliche, potrebbe risultare difficile, mentre per la riforma dei servizi pubblici locali occorrerà una nuova iniziativa legislativa. Nel 2012 e 2017 sono state introdotte misure approfondite di liberalizzazione del mercato dei prodotti e servizi. Dal 2011 sono stati introdotti diversi pacchetti per ridurre gli oneri amministrativi che gravano sulle imprese e sui cittadini. Nel 2016 l’Italia ha riformato il codice degli appalti pubblici.

Si è registrato qualche progresso nel settore bancario. Il risanamento compiuto dalle autorità a metà del 2017 per alcune delle banche più deboli ha ridotto i rischi più gravi per la stabilità finanziaria. L’elevato stock di crediti deteriorati accumulati in passato è diminuito sulla scia dell’eliminazione dei crediti deteriorati, compreso tramite il regime di garanzia statale per sostenere le operazioni di cartolarizzazione dei crediti deteriorati (GACS). L’autorità di vigilanza ha intensificato il controllo degli enti meno significativi, ad esempio annunciando orientamenti sugli accantonamenti per i crediti deteriorati. Le varie riforme in materia di governo societario sembrano procedere sostanzialmente secondo le previsioni. Sono stati portati avanti la ristrutturazione e il risanamento del sistema bancario. Per quanto riguarda la riforma della disciplina in materia di insolvenza, la legge delega è stata adottata, e i relativi decreti attuativi dovrebbero esserlo entro un anno. Il patto marciano, una misura adottata per abbreviare il periodo di escussione delle garanzie, non viene ancora utilizzato dalle banche nei confronti delle imprese.

Le riforme quali il Jobs Act hanno contribuito ad accrescere la flessibilità del mercato del lavoro. Stentano tuttavia a decollare importanti aggiunte alla riforma del mercato del lavoro miranti a una maggiore differenziazione dei salari attraverso un più efficiente sistema di contrattazione salariale collettiva e il potenziamento dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro, attraverso politiche attive del lavoro efficaci. La riforma della contrattazione collettiva sta procedendo ad un ritmo molto lento. Le parti sociali hanno firmato un nuovo accordo riguardante le norme e i criteri sulla rappresentatività dei sindacati, una condizione per promuovere la contrattazione di secondo livello. Tale accordo sarà però operativo solo dopo la metà del 2019. Non si registra quasi nessun progresso nel settore delle politiche attive del mercato del lavoro. La capacità di collocamento e l’efficienza generale dei servizi pubblici per l’impiego restano deboli e i risultati variano ampiamente tra regioni. Pur essendo aumentata di recente, l’occupazione femminile è ancora considerevolmente al di sotto della media dell’UE e manca tuttora una strategia globale, affiancata da una valutazione e un monitoraggio adeguati, che potrebbe aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Sul versante positivo, è stato adottato il piano per la lotta alla povertà, che è finanziato dalla legge di bilancio per il 2018 e prevede norme rigorose per l’accertamento delle condizioni di reddito.

Nel complesso lItalia ha compiuto alcuni progressi nel dar seguito alle raccomandazioni specifiche per paese del 2017 ( 13 ). Sono stati compiuti progressi limitati per quanto riguarda il programma di privatizzazione e il trasferimento dellonere fiscale gravante sui fattori produttivi, mentre sono stati compiuti progressi sostanziali in materia di fatturazione elettronica obbligatoria. Mentre anche i progressi in materia di riduzione della durata del processo civile mediante una gestione efficiente dei procedimenti e norme per assicurare la disciplina processuale sono stati limitati, sono stati compiuti notevoli progressi nel miglioramento del quadro normativo per la lotta alla corruzione, anche se lattuazione rimane problematica. Qualche progresso è stato conseguito in materia di concorrenza, con ladozione della legge annuale del 2015 sulla concorrenza, e per quanto riguarda la riforma del pubblico impiego e il miglioramento dellefficienza delle imprese di proprietà pubblica. Qualche progresso è stato conseguito anche per quanto riguarda il settore bancario e la disciplina in materia di insolvenza. Ad eccezione del piano per la lotta alla povertà, i progressi in materia di politiche sociali e del mercato del lavoro sono stati limitati.

Tabella 2.1:Tabella riassuntiva di valutazione dei progressi rispetto alle raccomandazioni specifiche per paese 2017

Fonte: Commissione europea. La valutazione globale della raccomandazione 1 non comprende la valutazione del rispetto del patto di stabilità e crescita.

Gli Stati membri possono chiedere alla Commissione sostegno tecnico per preparare, elaborare e attuare riforme strutturali favorevoli alla crescita. Il servizio di assistenza per le riforme strutturali fornisce, in collaborazione con i servizi competenti della Commissione, assistenza tecnica su misura, che non richiede co-finanziamento ed è concessa su richiesta dello Stato membro. Il sostegno riguarda le priorità individuate nel contesto del processo di governance economica dell’UE (vale a dire, l’attuazione delle raccomandazioni specifiche per paese), ma il campo di applicazione del sostegno del citato servizio di assistenza è più ampio, potendo abbracciare anche riforme legate ad altre priorità della Commissione o riforme intraprese su iniziativa degli Stati membri.

L’Italia ha chiesto il sostegno tecnico del servizio di assistenza per le riforme strutturali ai fini dell’attuazione delle riforme in vari settori, quali: crescita e contesto imprenditoriale, gestione delle finanze pubbliche, fiscalità e settore finanziario. In particolare, il servizio fornisce sostegno per la lotta all’evasione fiscale e per promuovere la trasparenza e la crescita. Presta inoltre assistenza per l’elaborazione di un sistema di contabilità per competenza per la pubblica amministrazione italiana (in base ai principi contabili europei e internazionali per il settore pubblico - IPSAS/EPSAS).

Riquadro 2.1: Risultati tangibili conseguiti attraverso il sostegno dell’UE ai cambiamenti strutturali in Italia

LItalia è beneficiaria di una quota consistente di Fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE) e può ricevere fino a 44,4 miliardi di EUR fino al 2020. Ciò corrisponde all11% degli investimenti pubblici annuali ( I ) nel periodo 2014-2018. Al 31 dicembre 2017 si stima che fossero stati stanziati per progetti sul campo 18,7 miliardi di EUR (42% del totale). Fino al 2016 ciò si è tradotto in 5 000 imprese che hanno ricevuto sostegno, circa 600 nuovi ricercatori finanziati negli istituti beneficiari, circa 92 milioni di EUR in investimenti privati abbinati al sostegno pubblico alle imprese e 900 000 persone che hanno ricevuto una formazione o hanno partecipato ad altre misure attive del mercato del lavoro. In aggiunta, 6 026 aziende agricole hanno ricevuto sostegno agli investimenti attraverso il FEASR. È stato garantito laccesso alla banda larga di almeno 30 Mbit/s ad altre 5 500 famiglie. Il finanziamento dellUE, pari a 1,8 miliardi di EUR, sarà erogato tramite strumenti finanziari.

I fondi SIE offrono un sostegno per risolvere sfide di politica strutturale e attuare le raccomandazioni specifiche per paese. Vengono finanziate azioni che mirano, tra l’altro, a migliorare il contesto imprenditoriale, in particolare contribuendo ad accelerare l’attuazione dello Small Business Act e a facilitare l’accesso delle PMI ai finanziamenti; a sostenere la riforma della pubblica amministrazione, potenziando la capacità istituzionale delle autorità pubbliche e dei portatori di interessi, attuando l’agenda digitale nazionale, migliorando l’efficienza del sistema giudiziario, sostenendo la strategia nazionale di lotta alla povertà e la riforma della “Buona scuola” e migliorando l’accesso al mercato del lavoro. L’Italia ha inoltre ricevuto sostegno dall’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile per combattere la disoccupazione di questa fascia della popolazione. Nel giugno 2017 gli iscritti erano 1,4 milioni e circa 400 000 giovani avevano completato una formazione o un apprendistato; al termine dell’iniziativa circa il 46% di essi aveva trovato un lavoro. Il Fondo sociale europeo (FSE) contribuisce a sostenere la riforma delle politiche attive del lavoro attualmente in corso, rafforzando i servizi pubblici per l’impiego e sostenendo il “Piano per le Politiche attive”, al fine di coordinare meglio gli interventi del FSE a livello nazionale e regionale.

Diverse riforme erano già state intraprese come condizione preliminare per ottenere il sostegno dei fondi SIE( II ). Tra queste figurano ladozione delle prime strategie nazionali per la banda larga e lagenda digitale, ladozione di un piano strategico nazionale della portualità e della logistica e di un quadro politico strategico nazionale per la riduzione della povertà. È stato compiuto un importante passo avanti anche in materia di aiuti di Stato e di appalti pubblici, affrontando le carenze nellapplicazione interregionale delle norme dellUE in materia di aiuti di Stato e superando le lacune nel recepimento dellacquis in materia di appalti pubblici. Queste riforme hanno preparato il terreno per una migliore attuazione dei progetti di investimenti pubblici in generale, compresi quelli finanziati da fonti nazionali e dagli altri strumenti dellUE di cui sopra. Sono stati compiuti sforzi per completare quanto prima lunica condizionalità ex ante non ancora attuata.

L’Italia sta compiendo progressi per quanto riguarda l’utilizzo del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS). Nel dicembre 2017 il volume complessivo delle operazioni approvate nell’ambito del FEIS è stato dell’ordine di 6,5 miliardi di EUR, che dovrebbero stimolare investimenti pubblici e privati per un totale di 36,7 miliardi di EUR. Più in particolare, nell’ambito dello sportello relativo alle infrastrutture e all’innovazione sono stati approvati finora 54 progetti relativi all’Italia (di cui 13 progetti multinazionali), per un importo pari a 4,6 miliardi di EUR in finanziamenti della BEI nell’ambito del FEIS, il che dovrebbe generare circa 14 miliardi di EUR di investimenti. Nell’ambito dello sportello relativo alle PMI, sono stati approvati finora 59 accordi con intermediari finanziari. I finanziamenti del Fondo europeo per gli investimenti attivati dal FEIS ammontano a 1,9 miliardi di EUR, un importo che dovrebbe consentire di mobilitare circa 22,4 miliardi di EUR di investimenti totali. Potranno beneficiare di questo sostegno oltre 206 200 piccole imprese o start-up. Le PMI occupano il primo posto in termini di operazioni e di volumi approvati, seguite dalla RSI, dall’energia e dai trasporti.

Si aggiungono ai fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE) i finanziamenti nell’ambito di Orizzonte 2020, il meccanismo per collegare l’Europa e altri fondi dell’UE a gestione diretta. A fine 2017, l’Italia aveva firmato accordi per 1,4 miliardi di EUR per progetti nell’ambito del meccanismo per collegare l’Europa.

https://cohesiondata.ec.europa.eu/countries/IT

3.    Sintesi delle principali conclusioni dellesame approfondito previsto dalla procedura per gli squilibri macroeconomici

La presente relazione contiene lesame approfondito delleconomia italiana. Nella primavera 2017 sono stati identificati per lItalia squilibri macroeconomici eccessivi, in particolare in relazione al debito pubblico elevato e al protrarsi di una crescita debole della produttività in concomitanza di livelli elevati, seppur in calo, di crediti deteriorati e disoccupazione. La relazione sul meccanismo di allerta 2018 (Commissione europea, 2017b) ha concluso che per lItalia dovesse essere effettuato un nuovo esame approfondito per valutare levoluzione degli squilibri identificati. Le analisi pertinenti per lesame approfondito sono riportate nella presente sezione, nella sezione 1 e nelle sezioni da 4.14.5 ( 14 ).

Squilibri e relativa gravità

L’elevato debito pubblico dell’Italia rimane un importante freno alla crescita. Il rapporto debito pubblico/PIL dovrebbe sostanzialmente stabilizzarsi attorno al 130% nel periodo 20172019. In particolare, l’inflazione ancora bassa ma in rialzo, l’incremento modesto dell’avanzo primario e le privatizzazioni che non hanno raggiunto i livelli previsti dal governo continuano a ostacolare lo sforzo di riduzione del debito. Il livello elevato del debito pubblico rimane una fonte importante di vulnerabilità per l’economia italiana. Nonostante l’attuale tendenza discendente della spesa per interessi, ingenti risorse pubbliche, pari a circa il 4% del PIL, continuano a essere destinate alla copertura dei costi del servizio del debito. Questa situazione, abbinata allo sbilanciamento di lunga data della composizione della spesa pubblica verso le pensioni di vecchiaia, potrebbe togliere spazio a spese che stimolano maggiormente la produttività, ad esempio quelle per l’istruzione, le infrastrutture e l’innovazione, e limitare la possibilità di abbassare il carico fiscale sui fattori di produzione.

L’elevato livello del debito pubblico rende il paese più vulnerabile agli shock. La combinazione tra debito pubblico elevato e prospettive di crescita modeste, collegate anche alla crescita lenta della produttività, potrebbe impedire di utilizzare efficacemente gli stabilizzatori automatici di bilancio in caso di shock economici negativi. Inoltre, un paese con debito pubblico elevato è più esposto alla volatilità del mercato finanziario in periodi di accresciuta avversione al rischio, quando i tassi di interesse più elevati sulle emissioni di titoli di Stato potrebbero inasprire le condizioni di finanziamento dell’economia reale. Questo fenomeno è stato osservato in occasione del crollo degli investimenti privati nel periodo 2011-2012.

La modesta crescita della produttività è il motivo principale del mediocre andamento della crescita italiana. Negli ultimi due decenni la crescita della produttività è stata in generale debole; in particolare, la crescita della produttività del lavoro si aggira sullo zero dal 2011. Annose carenze del funzionamento dei mercati del lavoro e dei capitali hanno ostacolato il necessario aggiornamento professionale dei lavoratori e l’innovazione. Sul contesto imprenditoriale hanno pesato anche le restrizioni che permangono sul mercato del prodotto causando inefficienze, nonché gli elementi distorsivi del sistema fiscale. Questo incide negativamente sulla competitività e sulla crescita del PIL e di conseguenza rende più difficile ridurre il rapporto debito pubblico/PIL che in Italia rimane elevato. Le prospettive di crescita a medio termine sono strettamente connesse alla crescita della produttività, visto che la popolazione in età lavorativa sta diminuendo.

I livelli ancora elevati di crediti deteriorati ostacolano l’allocazione efficiente del capitale. Se da un lato il protrarsi della recessione aveva peggiorato drasticamente la qualità delle attività delle banche italiane, la situazione si è stabilizzata sulla scia della ripresa economica. Lo stock di crediti deteriorati lordi è sceso a 324 miliardi di EUR nel secondo trimestre 2017, anche se il tasso di crediti deteriorati del 16,4% rimaneva superiore a quello dei paesi comparabili dell’UE. Il problema dei crediti deteriorati sta gravando sulla redditività delle banche e sulla loro capacità di reperire capitali al loro interno. Da quando è iniziata la crisi finanziaria le banche hanno inasprito gli standard di concessione dei crediti ed erogano crediti principalmente alle imprese più grandi e già affermate. Pertanto, è stata ristretta la funzione di intermediazione delle banche che consiste nell’agevolare la (ri)allocazione del capitale alle imprese. Il credito alle imprese non finanziarie, soprattutto quelle di piccole dimensioni, rimane scarso e sta limitando la crescita degli investimenti.

Il mercato del lavoro risente tuttora della recessione. Nonostante le recenti riforme del mercato del lavoro, in Italia la disoccupazione sta diminuendo solo lentamente, a causa sia della ripresa che finora è stata piuttosto contenuta sia della crescente partecipazione al mercato del lavoro. La disoccupazione è scesa, dal suo massimo del 13,0% nel novembre 2014 al 10,8% del dicembre 2017, mentre i tassi di partecipazione sono in aumento, sebbene partendo da livelli bassi. La disoccupazione giovanile è in calo, ma il tasso rimane tra i più elevati dell’UE. I bassi tassi di attività limitano la crescita potenziale mentre la disoccupazione cronica tra i giovani è un probabile ostacolo all’acquisizione di competenze e alla loro occupabilità futura.

In quanto terza maggiore economia della zona euro, l’Italia è un’importante fonte di ricadute finanziarie e commerciali. L’Italia rappresenta il 16% del PIL della zona euro e ha forti legami commerciali. Le esportazioni di beni e servizi verso il resto della zona euro rappresentano il 12% del suo PIL. L’Italia è un mercato di esportazione importante per una serie di paesi della zona euro. Inoltre, l’economia italiana ha forti legami finanziari con gli altri paesi della zona euro. In particolare, le banche francesi rimangono in testa con un’esposizione nei confronti dell’economia italiana pari al 12,3% (del PIL francese) nel terzo trimestre 2017. Le banche italiane, dal canto loro, rimangono fortemente esposte nei confronti della Germania e dell’Austria, in misura pari rispettivamente al 10,9% e al 4,7% del PIL dell’Italia nel terzo trimestre 2017. Il riquadro 3.1 illustra come le riforme strutturali italiane possano avere un effetto positivo sia sul piano interno che a livello transfrontaliero, in linea con la raccomandazione per la zona euro relativa all’aumento del potenziale di crescita e all’accesso al mercato del lavoro.

Evoluzione, prospettive e risposte politiche

Gli ampi differenziali tra tasso di interesse e tasso di crescita hanno contribuito in passato allaumento del debito pubblico. Il rapporto debito/PIL ha raggiunto nel 2016 il 132,0%, corrispondente a 0,5 punti percentuali in più rispetto al 2015. Laumento è dovuto in parte alleffetto “valanga”, poiché il costo reale implicito del debito ( 15 ), pur in calo progressivo (fino a sotto il 2,3%, dal 2,7% del 2013), è rimasto superiore alla crescita del PIL reale (0,9%). Questo a causa principalmente dellinflazione ancora bassa (crescita del deflatore del PIL dello 0,8%). I tassi di interesse a pronti reali leggermente negativi delle nuove emissioni di titoli di Stato si sono ripercossi solo gradualmente sul costo reale di servizio dello stock di debito in essere, data la sua durata e il periodo di rinnovo (grafico 3.1). Così, un differenziale ancora positivo tra tasso di interesse e tasso di crescita (1,3% contro il 2,5% del 2014) ha comportato un forte impatto in termini di incremento del debito. Daltro canto, lavanzo primario sostanzialmente stabile (1,5del PIL) ha contribuito nel 2016 a contenere la dinamica del debito, mentre laggiustamento stock/flussi ha avuto un effetto di incremento del debito (0,2%).

Le proiezioni indicano una riduzione del debito pubblico inferiore al miglioramento del differenziale tra tasso di interesse e tasso di crescita. È prevista una contrazione dell’effetto “valanga” a partire dal 2017 a causa della graduale diminuzione del costo reale implicito del debito (grafico 3.1, linea blu tratteggiata) e della ripresa della crescita del PIL reale (grafico 3.1, linea blu continua). Tuttavia, si prevede che permanga un lieve effetto di incremento del debito (grafico 3.1, ombreggiatura gialla) a causa del differenziale ancora positivo tra tasso di interesse e tasso di crescita (0,9% nel 2017 e 0,3% nel 2018, inferiore alla media pre-crisi di 1,2% nel periodo 19992007). Si prevede pertanto che il rapporto debito/PIL aumenti marginalmente passando al 132,1% del PIL nel 2017. Questo è dovuto anche a un considerevole aggiustamento stock/flussi con effetto di incremento del debito (0,7% del PIL) spinto dall’impatto di due recenti casi di risoluzione e liquidazione bancaria (circa 15,6 miliardi di EUR, pari allo 0,9% del PIL), in assenza di proventi delle privatizzazioni. Si prevede che il rapporto debito/PIL diminuisca lievemente scendendo al 130,8% del PIL nel 2018. Questo grazie al miglioramento marginale dell’avanzo primario (1,8% del PIL) e a modesti impatti di incremento del debito derivanti dall’effetto “valanga” (0,4%) e dall’aggiustamento stock/flussi (0,1%).

Grafico 3.1:Determinanti delleffetto “valanga” sul debito pubblico

Fonte: Commissione europea

Il contesto macroeconomico in miglioramento contribuisce alla sostenibilità di bilancio a breve termine. L’Italia è esposta a improvvisi aumenti dell’avversione al rischio sui mercati finanziari a causa del fabbisogno di rinnovo collegato al suo debito pubblico che, seppur in miglioramento, rimane elevato (circa 20% del PIL nel 2017). Al momento, tuttavia, l’Italia non sembra confrontata a sfide di sostenibilità a breve termine, grazie soprattutto ai rischi limitati provenienti dal contesto macrofinanziario. Questo è in parte collegato alla politica monetaria accomodante della BCE. L’indicatore di rischio S0 della sostenibilità di bilancio a breve termine della Commissione europea è quindi destinato a risultare nel 2017 inferiore alla soglia di “alto rischio”. Tuttavia, collocandosi a 0,36 rimane tra i più elevati dell’UE, principalmente a causa dell’alto debito pubblico.

A medio termine l’Italia dovrà confrontarsi con sfide importanti in materia di sostenibilità. Le proiezioni indicano che nel 2018 l’avanzo primario strutturale scenderà all’1,6% del PIL, dal 3,3% del 2015. Questo potrebbe innalzare i rischi per la sostenibilità a medio termine, in quanto una posizione di bilancio debole potrebbe aumentare i premi di rischio. Questa situazione è rilevata dall’indicatore di rischio S1 della sostenibilità di bilancio a medio termine della Commissione europea, che segnala “alto rischio” in conseguenza del fatto che per conseguire un rapporto debito/PIL del 60% entro il 2032 l’Italia dovrebbe compiere un imponente sforzo di bilancio cumulativo pari a 8,1 punti percentuali di PIL nel periodo 20202024.

L’analisi della sostenibilità del debito conferma elevati rischi per la sostenibilità in caso di progressivo abbandono della politica monetaria accomodante. L’analisi della sostenibilità del debito svolta dalla Commissione europea indica un “alto rischio” a medio termine (Commissione europea, 2018a). Un esercizio deterministico di analisi della sostenibilità del debito condotto sull’arco di 10 anni indica inoltre che il rapporto debito pubblico/PIL dell’Italia rimarrebbe al di sopra del 130% al 2029 se: il differenziale tra tasso di interesse e tasso di crescita convergesse al 2024 sulla media pre-crisi (1999-2007) di 1,2 punti percentuali (dal valore minimo di 0,3 punti percentuali del 2018), in linea con il progressivo abbandono della politica monetaria accomodante della BCE; e se l’Italia mantenesse costante il suo avanzo primario strutturale dell’1,1% del PIL previsto per il 2019 (grafico 3.2, a sinistra, linea blu).

Grafico 3.2:Evoluzione del rapporto debito pubblico/PIL dellItalia secondo diverse analisi della sostenibilità del debito

Note: A sinistra è riportata un’analisi deterministica della sostenibilità del debito su 10 anni a partire dal 2019 (ultimo anno delle previsioni della Commissione) secondo varie ipotesi relative al saldo primario strutturale (SPS) e presupponendo che il differenziale tra tasso di interesse e tasso di crescita (r*-g*) converga in tutti gli scenari sull’1,2% nel 2024. Secondo le stime delle autorità i costi connessi al mancato adeguamento dell’età pensionabile raggiungeranno progressivamente l’1% del PIL nel 2030 (MEF, 2017). A destra è riportata un’analisi stocastica della sostenibilità del debito su 5 anni a partire dal 2017. Il cono “p10_p90”, la cui linea inferiore e superiore rappresentano, rispettivamente, il 10° e il 90° percentile della distribuzione, copre l’80% di tutti i possibili andamenti del debito ottenuti simulando shock casuali (sono esclusi, cioè, quelli risultanti da shock più estremi, ossia dagli “eventi di coda”). (Commissione europea, 2018a).

Fonte: Servizi della Commissione

Le proiezioni a lungo termine confermano l’importanza del risanamento di bilancio favorevole alla crescita ai fini della riduzione del debito pubblico. Nell’ipotesi di crescenti differenziali tra tasso di interesse e tasso di crescita, l’analisi della sostenibilità del debito indica che un graduale ritorno dell’avanzo primario strutturale al livello del 4% del PIL al 2024 farebbe scendere il rapporto debito pubblico/PIL in linea con la regola del debito su 10 anni fino a raggiungere il 107% nel 2029 (grafico 3.2, a sinistra, linea verde). Se invece il saldo primario strutturale si deteriorasse a causa di ulteriori spese pensionistiche dovute al mancato adeguamento dell’età pensionistica previsto da precedenti riforme del settore, il rapporto debito pubblico/PIL salirebbe fino a superare il 136% nel 2029 (grafico 3.2, a sinistra, linea rossa). In un’analisi di sensibilità rafforzata basata su un’analisi stocastica della sostenibilità del debito, la Commissione ha applicato shock casuali al saldo primario del periodo 2018-2022, mentre i tassi di interesse e la crescita del PIL seguono i rispettivi andamenti storici (Commissione europea, 2018a). L’analisi conferma anche che il rapporto debito/PIL dell’Italia potrebbe aumentare ulteriormente a medio termine qualora non venga adeguatamente rafforzata la posizione di bilancio (grafico 3.2, a destra). Pertanto, un ulteriore sforzo di bilancio e la piena attuazione delle riforme a favore della produttività e della crescita potenziale nel medio-lungo periodo rimangono fondamentali per delineare un percorso soddisfacente di riduzione del debito, soprattutto qualora la politica monetaria accomodante subisse un’inversione di tendenza.

La sostenibilità a lungo termine garantita dalle passate riforme pensionistiche si sta lentamente degradando. La spesa pensionistica in percentuale del PIL è aumentata di circa 2 punti percentuali in conseguenza della crisi e del connesso calo del PIL nominale (Commissione europea, 2017a) e risulta ora essere la seconda più alta nell’UE/OCSE dopo quella della Grecia. Le passività implicite derivanti dall’invecchiamento demografico sono state limitate dalle passate riforme del sistema pensionistico e sanitario, che hanno migliorato la sostenibilità a lungo termine dell’Italia. Tuttavia, i bilanci 2017 e 2018 contenevano misure che hanno segnato una parziale inversione di tendenza rispetto alle passate riforme pensionistiche e hanno lievemente aumentato la spesa pensionistica a medio termine (sezione 4.1). Pertanto, l’indicatore di rischio S2 della sostenibilità di bilancio a lungo termine segnala ora un “rischio medio”. In effetti, sarebbe necessario un aumento permanente dell’avanzo primario strutturale di circa 2,2 punti percentuali di PIL per mantenere stabile a lungo termine il rapporto debito pubblico/PIL, se si tiene conto anche del costo dell’invecchiamento (Commissione europea, 2018b; 2017c). Insieme al peggioramento delle tendenze demografiche previsto da Eurostat, e al connesso rischio di aumento della spesa sanitaria, una sostanziale marcia indietro rispetto all’attuazione delle passate riforme pensionistiche, in particolare per quanto riguarda l’adeguamento dell’età pensionabile, potrebbe peggiorare ulteriormente i rischi per la sostenibilità a lungo termine dell’Italia e l’indicatore S2.

L’Italia risente della contrazione a lungo termine della produttività. La produttività totale dei fattori, che dà la misura dell’efficienza con cui il capitale e il lavoro vengono utilizzati nella produzione, è rimasta sostanzialmente invariata (0,1%) nel periodo 1999-2007. Dopo il crollo del 2008-2009 per il protrarsi della crisi, la crescita della produttività del lavoro e della produttività totale dei fattori è tornata a far registrare un andamento moderatamente positivo, pur con una breve interruzione nel 2012 (grafico 3.3). La produttività totale dei fattori è cresciuta dello 0,8% nel 2017 e si stima che aumenterà mediamente dello 0,6% nel periodo 2018-2019. La produttività del lavoro è cresciuta moderatamente nel 2017 (0,4%) e si stima che confermerà questa tendenza nel periodo 2018-2019. Nonostante la recente ripresa, si stima che la crescita della produttività rimarrà inferiore alla media UE.

Grafico 3.3Crescita della produttività e valore aggiunto lordo

Fonte: Commissione europea.

L’andamento della produttività aggregata varia notevolmente fra imprese, settori e regioni. In media, le piccole imprese sono in una situazione peggiore di quelle più grandi per quanto riguarda la crescita della produttività. Pertanto, l’alta percentuale di piccole imprese in Italia incide sulla produttività aggregata dell’economia. Il divario di produttività con i paesi comparabili riguarda quasi tutti i settori, ma è più marcato nei servizi. La produttività del lavoro nel settore manifatturiero è in aumento dal 2003, e sta quindi colmando progressivamente il divario con i paesi comparabili. Nel settore dei servizi, invece, la produttività è in ristagno o in lieve calo dagli anni ‘90, e non mostra segnali di ripresa. Nella dinamica della produttività permangono ampie disparità regionali che in passato hanno notevolmente contribuito alla perdita di competitività, in quanto gli aumenti salariali non rispecchiavano le differenze regionali di produttività.

L’andamento della produttività è inoltre indicativo di inefficienze nella prassi manageriali e nella spesa per investimenti. Mentre la produttività totale dei fattori è tornata a far registrare un andamento moderatamente positivo dall’inizio della ripresa nel 2014, lo stock di capitale non ha superato del tutto le conseguenze della crisi. Le imprese italiane tendono a utilizzare tecnologie informatiche che potenziano la produttività in misura ridotta rispetto alle imprese dei paesi UE comparabili, soprattutto a causa di prassi gestionali meno efficienti. Questo è in parte connesso al forte orientamento verso la famiglia di molte aziende a conduzione familiare, in particolare PMI, che limita drasticamente la riserva cui attingere per assumere futuri dirigenti. Inoltre, le carenze in materia di innovazione e R&S nonché l’inefficiente allocazione delle risorse tra imprese e settori hanno ostacolato la crescita della produttività aggregata. In questo contesto, la bassa quota di investimenti immateriali non è di buon auspicio. Per di più, le imprese in situazione di stress finanziario sono in genere quelle più piccole e meno produttive. Di conseguenza, l’ampia percentuale di imprese soggette a restrizioni finanziarie sta ostacolando il miglioramento della produttività complessiva.

La debole crescita della produttività impedisce la rapida ripresa della competitività di costo. L’erosione della competitività dei prezzi si è fermata, grazie soprattutto alla crescita salariale limitata e al deprezzamento nominale dell’euro. Dal 2013 l’Italia ha in effetti registrato modesti incrementi della quota del mercato delle esportazioni. Data la modesta crescita dei salari, il costo del lavoro per unità di prodotto è cresciuto solo moderatamente nonostante la produttività in calo. Tuttavia, un consistente recupero della produttività resta il modo più efficace per ripristinare la competitività. La modesta crescita della produttività rispecchia anche il ritmo relativamente lento dell’evoluzione tecnologica, che grava anch’esso sulla competitività non di costo.

L’impatto delle recenti riforme sulla produttività si fa sentire solo gradualmente. Dopo l’adozione della riforma del Jobs Act, la produttività del lavoro è diminuita dello 0,4% nel 2016, poiché l’aumento dell’occupazione ha superato l’incremento del valore aggiunto lordo. Fino al 2016, il consistente aumento dell’occupazione era sostenuto in ampia misura da incentivi all’assunzione che potrebbero aver indotto le imprese a sostituire il capitale con la manodopera. Inoltre, l’aumento dei contratti a tempo determinato potrebbe ridurre gli incentivi alla formazione di capitale umano. Per il periodo 2017-2019 le proiezioni indicano un moderato incremento della produttività del lavoro. Tuttavia, le riforme possono esplicare il loro pieno potenziale per la soluzione delle strozzature che frenano la crescita della produttività solo se attuate correttamente e integralmente. Il rafforzamento del quadro di contrattazione collettiva, che consentirebbe di fissare retribuzioni più in linea con le condizioni economiche locali, ha compiuto solo progressi limitati.

L’occupazione è tornata ai livelli pre-crisi grazie a una modesta ripresa e alle riforme del mercato del lavoro. L’occupazione è cresciuta dell’1,0% nel 2017, dopo l’1,4% del 2016, in gran parte grazie a generosi incentivi all’assunzione. Tuttavia, il totale delle ore lavorate rimane inferiore ai livelli pre-crisi. La crescita dell’occupazione è destinata a continuare, ma si prevede che il tasso di disoccupazione sarà sceso solo al 10,5% nel 2019, quando saranno ancora numerosi i disoccupati di lunga durata e i giovani senza lavoro.

Sono stati compiuti alcuni progressi nella riduzione dei crediti deteriorati. Le banche italiane hanno continuato il processo di ristrutturazione aumentando ulteriormente gli accantonamenti e accelerando l’eliminazione dei crediti deteriorati, anche attraverso le cartolarizzazioni garantite dallo Stato. Questo è in linea con la raccomandazione per la zona euro relativa all’abbassamento dei livelli dei crediti deteriorati. Inoltre, le autorità hanno preso un certo numero di provvedimenti volti a favorire lo sviluppo di un mercato secondario per le vendite di crediti deteriorati (sezione 4.2). La ripresa in corso e le riforme strutturali nel settore bancario hanno contribuito a far ritornare il flusso di nuovi crediti deteriorati ai livelli pre-crisi. Tuttavia, diversi fattori continuano a impedire una risoluzione più rapida dei crediti deteriorati. Tra questi fattori figurano in particolare le carenze nella disciplina dell’insolvenza, la lentezza del sistema giudiziario e le problematiche inerenti al servizio dei crediti deteriorati.

Valutazione generale

Nonostante i recenti sviluppi incoraggianti, permangono considerevoli squilibri macroeconomici. Secondo le stime, il rapporto debito pubblico/PIL dell’Italia è aumentato ulteriormente salendo al 132,1% nel 2017 e si manterrà sopra il 130% nei prossimi anni. L’elevato rapporto debito/PIL rimane pertanto una fonte importante di vulnerabilità per l’economia, un freno alla crescita e una fonte di ricadute negative per la zona euro, nonostante i recenti sviluppi positivi nella gestione dei debiti come ad esempio l’allungamento della scadenza (sezione 1). Inoltre, la disoccupazione di lunga durata e quella giovanile restano elevate e gravano sulle prospettive di crescita. Gli investimenti, l’innovazione e il rapido adeguamento della struttura di produzione del paese continuano a essere ostacolati dalle carenze strutturali. Complessivamente, la lenta crescita della produttività che ne deriva indica che sono necessari maggiori progressi per migliorare le prospettive di crescita dell’Italia e agevolare la riduzione dell’indebitamento del settore pubblico. Comunque, l’erosione della competitività dei prezzi si è fermata, grazie soprattutto alla crescita salariale contenuta e al deprezzamento dell’euro. Prosegue l’aggiustamento del mercato del lavoro, con conseguente progressivo calo del tasso di disoccupazione. Gli sforzi volti ad affrontare l’elevato stock di crediti deteriorati cominciano a dare i loro frutti, ma permangono alcune problematiche. Sono state attuate diverse riforme per dare seguito alle raccomandazioni specifiche per paese per il 2017 (sezione 2) che, nel caso dell’Italia, sono tutte connesse ai suoi squilibri macroeconomici. Per affrontare i grandi squilibri degli stock (ad esempio, l’elevato debito pubblico) nel medio termine è essenziale che tali riforme vengano attuate in modo coerente.

Tabella 3:Matrice di valutazione della procedura per gli squilibri macroeconomici (*) - Italia

(continua)

Tabella (continuazione)

(*) La prima colonna riassume le questioni connesse alla “gravità”, in modo da fornire un ordine di grandezza del livello degli squilibri. Nella seconda colonna sono riportate le conclusioni sull’“evoluzione e prospettive” degli squilibri. La terza colonna riporta le misure pertinenti recenti e quelle in programma. Le conclusioni sono ripartite per fonte di squilibrio e problema di aggiustamento. Gli ultimi tre paragrafi della matrice riassumono le sfide globali, in termini di gravità, di sviluppi e prospettive e di risposta politica.

Fonte: Commissione europea

Riquadro 3.1: Ricadute sulla zona euro

Le ricadute possono incidere sulle economie partner in modo positivo o negativo, in funzione della natura dello shock. L’alto debito pubblico dell’Italia rimane una fonte di rischio e di potenziali ricadute negative sul resto della zona euro. Ad esempio, può determinare ricadute negative un cambiamento improvviso nella percezione del rischio, attualmente favorevole, compreso un aumento più rapido del previsto dei tassi di interesse a lungo termine. Da un punto di vista più positivo, ci si può attendere che la prosecuzione delle riforme economiche, che sono in parte collegate al precedente impegno di riforma, stimoli l’attività economica in Italia. Gli effetti di ricaduta delle riforme sul versante dell’offerta tendono a essere modesti o ambigui, a causa della combinazione tra effetti sul reddito (più importazioni nette) e sulla competitività (più esportazioni nette). Allo stesso tempo, le riforme possono essere associate a una domanda più forte del settore privato, che rispecchia una maggiore fiducia nell’economia.

È stato utilizzato il modello QUEST ( III ) della Commissione europea per simulare uno scenario stilizzato che combina una riforma del mercato del lavoro al miglioramento della fiducia nelleconomia. In particolare, lo scenario prevede un aumento della partecipazione al mercato del lavoro (soprattutto tramite la maggiore partecipazione femminile) che determina il dimezzamento del divario, attualmente pari a 8 punti percentuali, dellItalia rispetto alla media UE, risultando quindi in un aumento della partecipazione al mercato del lavoro in Italia di 4 punti percentuali. La simulazione ipotizza che laumento del tasso di attività sia spalmato su 16 anni, in linea con levoluzione lenta che si osserva nelle tendenze della partecipazione al mercato del lavoro. Si presuppone anche che mediamente il nuovo lavoratore sia altrettanto produttivo di quello già occupato (assenza di distorsioni dovute alle competenze).

La maggiore fiducia è rilevata dal miglioramento delle condizioni dei mercati finanziari per lItalia. In particolare, viene eliminato il differenziale tra i titoli di Stato italiani e tedeschi (attualmente intorno a 150 punti base). In linea con lanalisi di Zoli (2013), si ipotizza che metà della riduzione dei differenziali dei titoli sovrani si trasmetta ai tassi di credito alle imprese, determinando una diminuzione dei loro costi di finanziamento di oltre 70 punti base in termini annualizzati (v. Zoli, 2013). La ricaduta in termini di PIL sul resto della zona euro avviene principalmente attraverso il canale commerciale. Lo scenario non prevede laumento della fiducia nelleconomia in altri paesi della zona euro e presuppone che i tassi di politica monetaria nella zona euro rimangano invariati nei primi due anni.

La simulazione evidenzia i considerevoli vantaggi potenziali che possono derivare a livello nazionale dalla maggiore partecipazione al mercato del lavoro e dal miglioramento della fiducia. Un tasso di attività in aumento si traduce in maggiore occupazione e domanda di consumi privati, mentre la diminuzione dei costi di finanziamento comporta il rafforzamento della spesa in conto capitale, in particolare degli investimenti delle imprese. Questo scenario di riforma indica un aumento del PIL reale in Italia dell’1,8% dopo 5 anni e del 3,2% dopo 10 anni. In realtà, i divari di partecipazione possono variare tra gruppi di qualifiche e i nuovi arrivati sul mercato del lavoro potrebbero essere meno qualificati. Pertanto, i risultati relativi all’effetto positivo sul PIL in Italia dovrebbero essere interpretati con cautela e considerati piuttosto come limite superiore.

Lo scenario ipotizzato indica ricadute non trascurabili. Le ricadute della crescente partecipazione al mercato del lavoro sono modeste poiché l’aumento (indotto dal reddito) della domanda italiana di prodotti di importazione è controbilanciato dal rilancio delle esportazioni in risposta al miglioramento della competitività dei prezzi. Le ricadute della maggiore fiducia sono senz’altro positive poiché l’aumento della domanda di investimenti in Italia si traduce in maggiori importazioni da altri Stati membri della zona euro. Quest’ultimo effetto stimola l’aumento del PIL reale nel resto della zona euro (REA) in misura pari allo 0,4% dopo 10 anni (grafico 1). 

4.    Le priorità di riforma

4.1.    Finanze pubbliche e tassazione

4.1.1.Quadro di bilancio*

La spesa pubblica dell’Italia continua a essere sbilanciata verso le pensioni di vecchiaia. Nel 2016 la spesa primaria pubblica reale dell’Italia ha continuato ad aumentare di più della crescita potenziale, confermando una tendenza a lungo termine prevalente dalla fine degli anni ‘90 (grafico 4.1.1, a sinistra). Questo rispecchia non solo il modesto potenziale di crescita, che ristagna attorno allo zero dal 2011, ma anche le dinamiche di voci di spesa quali le pensioni, che si prevede abbiano ripreso la loro tendenza al rialzo a partire dal 2017. Infatti, i bilanci 2017 e 2018 contengono entrambi disposizioni che segnano una parziale inversione di rotta rispetto alle precedenti riforme pensionistiche finalizzate a limitare le passività implicite derivanti dall’invecchiamento demografico, non da ultimo tramite il progressivo adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita. Inoltre, non solo gli ultrasessantacinquenni in Italia rappresentano una quota di popolazione superiore alla media UE (cfr. sezione 4.3), ma secondo le proiezioni tale percentuale avrà raggiunto il 24,9% nel 2025, a fronte di una media UE del 22,2%. Pertanto, si prevede che in Italia l’indice di dipendenza degli anziani sarà pari a 39,6% nel 2025, rispetto a una media UE del 35,5%. La spesa pensionistica è destinata quindi ad aumentare a medio termine, per l’effetto combinato delle sfide poste all’Italia in materia di sostenibilità di bilancio a lungo termine (cfr. sezione 3) e dello sbilanciamento storico della composizione della spesa pubblica (Lorenzani e Reitano, 2015). Esaminando la ripartizione della spesa primaria per funzioni tra il 2013 e il 2016 (grafico 4.1.1, a destra), si rileva che le pensioni rimangono la voce principale, con una spesa pari a circa il 15% del PIL potenziale. Seguono la sanità (spesa stabile attorno al 7%) e le “altre spese sociali”, in lieve aumento (5,8%). La spesa per l’istruzione, che nel 2016 era pari all’8,6% della spesa primaria (3,8% del PIL potenziale), ha continuato il suo percorso discendente iniziato nei primi anni 2000 quando era dell’11,2%.

Grafico 4.1.1:Evoluzione della spesa primaria reale delle amministrazioni pubbliche (a sinistra) e composizione della spesa primaria per funzioni della COFOG (a destra)

Note: La crescita del PIL potenziale è indicata come media su 10 anni (dall’anno t-5 all’anno t +4), in linea con il tasso di riferimento del parametro di riferimento della spesa del patto di stabilità e crescita. I tassi di crescita reale delle componenti della spesa sono calcolati utilizzando il deflatore del PIL e indicati come medie mobili su 2 anni.

Fonte: Servizi della Commissione, ISTAT e Commissione europea 2018b per la spesa pensionistica

Revisioni sistematiche della spesa pubblica e un maggiore ricorso a procedure di appalto centralizzate possono contribuire a contenere la crescita della spesa pubblica. Il bilancio 2018 ha dato attuazione per la prima volta alla procedura di bilancio riformata. In particolare, i ministri sono stati direttamente coinvolti nella selezione degli ambiti dei rispettivi bilanci in cui potrebbero essere realizzati risparmi mirati. Questi saranno monitorati nel quadro di specifiche convenzioni con il Ministero delle Finanze da pubblicare entro marzo di ogni anno. Complessivamente, si stima che la revisione della spesa pubblica genererà risparmi lordi aggiuntivi per circa 3,2 miliardi di EUR (0,18% del PIL) nel 2018, anche grazie alla razionalizzazione della spesa dei ministeri e alla pianificazione di minori trasferimenti agli enti pubblici locali, che però potrebbero determinare una riduzione degli investimenti pubblici, come avvenuto nel recente passato. Inoltre, si fa più ampio ricorso alle procedure di appalto centralizzate, e il nuovo Codice degli appalti può potenzialmente diffonderne ulteriormente l’utilizzo. Circa 50 miliardi di EUR di spesa pubblica sono già coperti dalla centrale di acquisto nazionale Consip (su un totale di 89 miliardi di EUR destinati agli appalti pubblici) e i risparmi medi stimati ammontano al 14% rispetto ai prezzi unitari rilevati (Consip, 2016). Un tavolo di lavoro tecnico permanente ha compilato l’elenco dei beni e servizi che tutte le amministrazioni, compresi gli enti locali, devono acquistare tramite i 32 soggetti aggregatori. Tuttavia, mancano ancora i decreti necessari per rendere operativa tale disposizione e per completare la definizione dei parametri della Consip per beni e servizi.

La programmazione di bilancio a breve termine rimane debole, ostacolando così la prevedibilità. Il bilancio 2018 ha confermato la prassi inveterata di inserire considerevoli aumenti dell’aliquota IVA (pari attualmente allo 0,7% del PIL nel 2019 e all’1% nel 2020) come “clausole di salvaguardia”, che garantiscono il conseguimento degli obiettivi di bilancio negli esercizi successivi, ma che vengono sistematicamente differiti al momento della preparazione del bilancio. Inoltre, il processo di bilancio è stato recentemente caratterizzato da frequenti modifiche della composizione del bilancio stesso e degli obiettivi di bilancio, per lo più in direzione di obiettivi meno ambiziosi in materia di riduzione del disavanzo. Ad esempio, lo sforzo di bilancio fissato per il 2018 dal programma di stabilità 2017 è stato rivisto al ribasso; il regime semplificato di imposta (IRI), che il bilancio 2017 prevedeva originariamente di introdurre nel 2017, è stato rinviato al 2018; e i tagli alla spesa che le regioni devono realizzare a norma di precedenti disposizioni sono stati sistematicamente riveduti (UPB, 2017).

I ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione rimangono un problema, ma migliora il monitoraggio. Lestensione nel 2015 della fatturazione elettronica obbligatoria a tutte le transazioni commerciali con le pubbliche amministrazioni incentiva queste ultime a migliorare i loro conti fornitori nonché a controllare meglio e ridurre i tempi medi di pagamento. Questi continuano a diminuire, ma erano comunque ancora pari a 100 giorni allinizio del 2017 ( 16 ) (Banca dItalia, 2017b). La Commissione europea ha deferito lItalia alla Corte di giustizia dellUnione europea nellambito di un procedimento di infrazione avviato nel 2014 per inosservanza dei termini stabiliti dalla direttiva sui ritardi di pagamento. A fine 2016 lo stock di debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni ammontava complessivamente a circa 64 miliardi di EUR, pari al 3,8% del PIL. Di questi, una quota significativa corrispondente al 2% del PIL era costituita da arretrati oltre i normali termini di pagamento (Banca dItalia, 2017b). Una quota considerevole di enti pubblici omette tuttora di comunicare i dati sui pagamenti effettivi nonostante lobbligatorietà della fatturazione elettronica. La nuova piattaforma SIOPE Plus, in fase di sperimentazione dal luglio 2017, è destinata a essere progressivamente estesa a tutte le regioni, enti locali e aziende sanitarie a partire dal 2018. Il sistema è finalizzato a migliorare il monitoraggio dei pagamenti e ad acquisire in tempo reale tutti i dati sul debito commerciale.

4.1.2.FISCALITÀ*

Il carico fiscale sui fattori di produzione è ancora tra i più alti dellUE, e lo sforzo per trasferirlo sui consumi e sul patrimonio rimane limitato. Nel 2016 il cuneo fiscale sul lavoro ( 17 ) risultava tra i più alti dellUE (47,8% per il salario medio, rispetto alla media UE del 40,6%). Sempre nel 2016, laliquota fiscale implicita sul lavoro era del 42,6%, risultando così tra le più alte dellUE, e nel 2015 il carico fiscale sul capitale ha raggiunto uno dei livelli più elevati dellUE (10,9% del PIL, rispetto alla media UE dell8,4%). Nonostante ciò, le misure volte a trasferire il carico fiscale ad altre basi imponibili sono state limitate. In particolare, ci sono stati ritardi nella riforma del sistema catastale obsoleto, nel reintrodurre la tassa sulla prima casa per le famiglie ad alto reddito, nella creazione di una piattaforma digitale per i beni immobili, e nella riduzione del numero e della portata delle agevolazioni fiscali. Se da un lato è ora prevista la revisione annuale delle agevolazioni, il governo ha recentemente aumentato il numero di crediti dimposta, anziché razionalizzarli.

Gli incentivi fiscali a favore dell’occupazione e degli investimenti sono stati prorogati. Tranne poche eccezioni, le precedenti disposizioni volte a ridurre il cuneo fiscale sul lavoro tramite incentivi fiscali avevano carattere temporaneo e dovevano scadere nel 2018. Il bilancio 2018, invece, ne ha prorogato alcune a tempo indeterminato (cfr. sezione 4.3). Il bilancio ha inoltre prorogato la possibilità per le imprese di detrarre dalla base imponibile più del 100% dell’importo speso per taluni tipi di nuovi investimenti nel 2018 e nel 2019 (super-ammortamento e iper-ammortamento per software, beni strumentali e apparecchiature digitali). Questo è stato accompagnato da una riduzione del livello degli sgravi fiscali sui beni strumentali (che scende dal 140% al 130%). Per contro, il governo ha rinviato al 2018 l’entrata in vigore della nuova imposta sul reddito d’impresa (al 24%, in linea con l’aliquota dell’imposta sul reddito delle società introdotta nel 2017), inizialmente finalizzata ad armonizzare il regime fiscale delle piccole imprese e società di capitali a partire dal 2017. La distorsione a favore del debito nella tassazione delle imprese è stata ampliata anche dalla riduzione del rendimento nozionale dei nuovi apporti di capitale proprio o di utili reinvestiti esentati dal pagamento dell’imposta sul reddito delle società nell’ambito della disciplina dell’aiuto alla crescita economica (ACE) (che scende dal 2,3% all’1,6% nel 2017 e dal 2,7% all’1,5% in 2018).

La razionalizzazione di taluni elementi del regime fiscale e previdenziale per promuovere l’occupazione femminile stimolerebbe la crescita. L’occupazione del secondo percettore di reddito è ancora limitata in Italia e le misure di sostegno volte ad affrontare il problema rimangono frammentate (cfr. sezione 4.3). In particolare, i quattro principali bonus attuali connessi all’assistenza all’infanzia sono caratterizzati dalla temporaneità, dalla sovrapposizione delle condizioni di ammissibilità e dall’assenza di un chiaro legame con le esigenze delle madri lavoratrici. Le simulazioni effettuate con EUROMOD (riquadro 4.1.1) indicano che le madri aumenterebbero considerevolmente l’offerta di manodopera se i quattro bonus attuali venissero sostituiti da un’unica prestazione permanente collegata all’attività lavorativa destinata esclusivamente alle lavoratrici a reddito più basso con figli di età inferiore a tre anni. Secondo le stime questa riforma neutra dal punto di vista del bilancio aumenterebbe l’offerta aggregata di manodopera del 2,3% circa, che corrisponde a un impatto pari allo 0,4% del PIL nell’arco di cinque anni rispetto alla situazione di base.

Il divario dellIVA rimane alto ma sono state prese misure di lotta alla frode fiscale, in particolare per quanto riguarda le imposte indirette. Nel 2015 il divario dellIVA dellItalia ( 18 ), pari al 25,8% dellimposta dovuta totale, era tra i più alti dellUE (CASE et al., 2017) nonostante il calo rispetto al 2014. Le misure di lotta alla frode fiscale sono state un pilastro della strategia di bilancio dellItalia per il 2017 e 2018. In particolare, nel 2017 la scissione dei pagamenti ( 19 ) è stata estesa a tutte le operazioni effettuate dalla pubblica amministrazione, da società controllate direttamente o indirettamente da amministrazioni pubbliche, da professionisti che hanno rapporti con la pubblica amministrazione e da società quotate inserite nel principale indice azionario. Inoltre, lobbligo di fatturazione elettronica per le operazioni con la pubblica amministrazione è stato esteso a tutte le operazioni del settore privato a partire dal 2019, fatta eccezione per i soggetti passivi cui si applica un regime semplificato di imposta. Lestensione si applica a partire dal 2018 al settore dei combustibili e ai subappaltatori nellambito degli appalti pubblici. Se correttamente attuate, queste disposizioni potrebbero garantire un miglior controllo delle operazioni commerciali, incoraggiare il pagamento elettronico delle fatture e, quindi, migliorare la compliance fiscale senza imporre oneri supplementari gravosi alle imprese già attrezzate per la fatturazione elettronica alle amministrazioni. Tra le altre disposizioni volte a combattere la frode fiscale figurano ulteriori limiti alla compensazione automatica dei crediti fiscali, labbassamento della soglia al di sopra della quale le pubbliche amministrazioni devono procedere a controlli fiscali rafforzati prima di procedere a un pagamento e un nuovo regime di adempimento preventivo degli obblighi fiscali per le operazioni intra-UE riguardanti gli oli minerali. Tuttavia, soprattutto in assenza di limiti rigorosi per i pagamenti in contanti, resta da dimostrare la capacità di tali disposizioni di ridurre l’“evasione fiscale autorizzata”. Inoltre, le ripetute proroghe della possibilità per i contribuenti di evitare sanzioni regolarizzando spontaneamente la propria posizione fiscale potrebbe scoraggiare gli adempimenti futuri diventando una ricompensa implicita dellinadempimento.

Una riforma del sistema fiscale e del processo tributario potrebbe migliorare la riscossione delle imposte e ridurre le controversie. Alcuni aspetti dell’amministrazione fiscale rimangono gravosi per le imprese. Ad esempio, in Italia la presentazione delle dichiarazioni fiscali richiede a una piccola impresa più tempo che nel resto dell’UE (Banca mondiale, 2017). Inoltre, tra tutte le sezioni della Corte di Cassazione, quella tributaria ha continuato a far registrare nel 2017 i tempi di esaurimento più lunghi (5,3 anni), il più basso tasso di smaltimento (68%) e a rappresentare la quota più elevata sul totale dei procedimenti civili sopravvenuti (38,1%) e pendenti (48,4%) presso la Corte suprema (Corte di Cassazione, 2017). Comunque, è stata rilevata una lieve riduzione delle controversie presso le commissioni tributarie regionali e provinciali, forse dovuta al maggior ricorso agli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie. È stata adottata qualche misura di miglioramento della riscossione delle imposte e riduzione delle controversie tributarie, benché non sia ancora stata realizzata una riforma generale dell’amministrazione fiscale e del processo tributario. Ad esempio, nel luglio 2017 è stata estesa a tutto il territorio nazionale la digitalizzazione dei processi tributari, che contribuisce a ridurre formalità e ritardi. Il bilancio 2018 ha dato attuazione a procedure amichevoli di risoluzione delle controversie tributarie internazionali e ha disposto il conferimento di un incarico triennale a un massimo di 50 giudici ausiliari scelti tra quelli attualmente in pensione per aiutare la Corte di Cassazione a smaltire i procedimenti pendenti.

Riquadro 4.1.1: Effetti della razionalizzazione delle prestazioni per l’assistenza all’infanzia sull’offerta di manodopera

Il Centro comune di ricerca della Commissione europea si è avvalso del modello EUROMOD per effettuare simulazioni degli effetti che avrebbe sullofferta di manodopera e sulla crescita una razionalizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie vigenti in Italia ( IV ). Lintroduzione di una prestazione più mirata collegata allattività lavorativa per innalzare il basso tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro è da anni oggetto del dibattito politico in Italia ed è stata proposta anche dal presidente dellIstituto nazionale della previdenza sociale (INPS). Negli anni scorsi sono state adottate numerose misure, per la maggior parte a carattere temporaneo, che perseguivano il duplice obiettivo di sostenere il tasso di fecondità e di rispondere alle esigenze delle lavoratrici madri in materia di assistenza allinfanzia spesso con modalità poco chiare e sovrapposizione di beneficiari.

Innanzitutto, i dati EU-SILC relativi allItalia e EUROMOD (anno 2017) sono stati utilizzati per simulare limpatto sul bilancio dellabrogazione dei quattro maggiori bonus famiglia attualmente in vigore (INPS, 2016): a) il voucher baby sitting (nel periodo 2017-2018 le lavoratrici madri possono richiedere, entro gli 11 mesi successivi al termine del congedo di maternità, un contributo per il pagamento di servizi di baby sitting o dellasilo nido per un periodo massimo di 6 mesi); b) lassegno di natalità (bonus bebè) (assegno mensile di 80 EUR corrisposto per 3 anni alle famiglie con un figlio nato o adottato nel periodo 2015-2017 e un Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 25 000 EUR); c) il “bonus mamma domani” (premio una tantum di 800 EUR per la nascita o ladozione di un minore a partire dal 2017); d) lassegno di maternità (prestazione assistenziale concessa dai comuni alle madri al di sotto di una determinata soglia di reddito per la nascita o ladozione di un minore). Dopo labrogazione dei quattro bonus, si stima che rimangano disponibili risorse di bilancio per 2,3 miliardi di EUR. Successivamente, è stato simulato leffetto che si otterrebbe se le risorse rese disponibili venissero utilizzate per introdurre ununica prestazione permanente a favore delle lavoratrici madri collegata allattività lavorativa. Per garantire la neutralità di bilancio, la nuova prestazione avrebbe le seguenti caratteristiche: a) è erogata esclusivamente alle lavoratrici dipendenti con ISEE inferiore a 50 000 EUR che non percepiscono indennità di invalidità e convivono con partner che lavorano a tempo pieno (questultimo requisito consente di valutare il loro comportamento in termini di offerta di manodopera); b) i figli hanno età inferiore a 3 anni e frequentano servizi di assistenza allinfanzia; c) la prestazione corrisponde ai costi effettivamente sostenuti per lassistenza allinfanzia fino a un massimale di 600 EUR al mese; d) la prestazione ha una durata standard di 12 mesi, a meno che il bambino per il quale viene erogata compia 3 anni entro settembre 2015 (anno dei dati EU-SILC), nel qual caso si ha diritto alla prestazione solo per 8 mesi, oppure abbia meno di 12 mesi a settembre 2015, nel qual caso si ha diritto alla prestazione per la durata dellassistenza allinfanzia dopo il congedo di maternità.

I risultati (grafico 1) indicano che la prestazione media ammonta a circa 265 EUR al mese e interessa in Italia circa 700 000 lavoratrici. L’impatto stimato sull’offerta di manodopera delle donne aventi diritto è significativo e consiste in un aumento della partecipazione al mercato del lavoro di circa il 17% (corrispondente a circa 113 000 lavoratrici) e della media delle ore lavorative settimanali di circa il 20% (ciò significa che il lavoro a tempo pieno aumenterebbe del 24% circa, il tempo parziale lungo del 13% circa e il tempo parziale breve del 7% circa rispetto alla situazione di base). Questo corrisponde a un impatto complessivo sull’offerta aggregata di manodopera pari a circa lo 0,8%. Il reddito disponibile delle lavoratrici madri aumenta leggermente, ma l’impatto della riforma sulla distribuzione del reddito, misurata dall’indice di disuguaglianza di Gini, è molto marginale. Includendo il citato shock di offerta di lavoro in QUEST III (il modello di equilibrio stocastico generale dinamico della Commissione europea), l’impatto complessivo stimato ammonta allo 0,4% circa del PIL nell’arco di cinque anni rispetto alla situazione di base, dovuto principalmente all’aumento dello 0,5% dell’occupazione.

4.2.    Settore finanziario

Tabella 4.2.1:Indicatori chiave del sistema bancario italiano 

Note: Le cifre, che in genere sono quelle più aggiornate, vengono rilevate alla fine dei periodi indicati, tranne che per il 2017. I crediti deteriorati lordi sono calcolati al lordo degli accantonamenti per perdite su prestiti. Le sofferenze sono la categoria peggiore di crediti deteriorati. L’esposizione verso l’emittente sovrano nazionale si riferisce unicamente ai titoli di debito pubblico. I dati relativi al capitale delle banche prima del 2014 sono indicatori pre-Basilea 3 con capitale primario di classe 1 come capitale di base di classe 1. “-” indica che il dato non è disponibile.

Fonte: Banca d’Italia

La fiducia del mercato nei confronti delle banche italiane è aumentata a seguito delle tanto attese misure adottate nei confronti di alcune delle banche più deboli. Le autorità italiane hanno adottato diversi provvedimenti, tra cui il decreto-legge “Salva risparmio” che ha consentito di procedere alla ricapitalizzazione precauzionale della Banca Monte dei Paschi di Siena. Inoltre, a metà 2017 la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca sono state messe in liquidazione secondo le procedure di insolvenza nazionali, attenuando così i rischi più acuti nel settore bancario. Sulla scia della ripresa economica, le banche italiane hanno continuato il processo di ristrutturazione aumentando ulteriormente gli accantonamenti e accelerando l’eliminazione del loro elevato stock di crediti deteriorati, anche attraverso operazioni di cartolarizzazione garantite dallo Stato. Il consolidamento ha segnato ulteriori progressi grazie alla ristrutturazione bancaria, mentre alcune banche hanno in programma di ridurre in misura significativa le succursali e il personale.

Tuttavia, il sistema bancario resta vulnerabile. L’attuale ripresa economica apre uno spiraglio per affrontare in modo globale le debolezze strutturali rimanenti. Gli ingenti crediti deteriorati continuano a gravare sulla scarsa redditività delle banche e sulla loro capacità di generare capitali al loro interno, anche alla luce di requisiti normativi più stringenti. Benché si preveda un significativo calo del livello dei crediti deteriorati nel prossimo futuro grazie alla programmata eliminazione di tali crediti, è necessario proseguire gli sforzi per affrontare l’ingente stock di crediti deteriorati accumulati in passato. A tal fine occorre tra l’altro completare le riforme del quadro normativo in materia di insolvenza ed escussione delle garanzie, nonché migliorare il servizio dei crediti deteriorati e la qualità dei dati che potrebbero contribuire ad aumentare la profondità del mercato secondario dei debiti in sofferenza. Le condizioni economiche favorevoli offrono alle banche l’opportunità di affrontare la problematica della loro redditività strutturalmente scarsa mediante una generale riduzione dei costi e ristrutturazione nonché adattando i modelli di business. La rapida e integrale attuazione delle riforme in materia di governo societario, in particolare il consolidamento delle piccole banche di credito cooperativo, è fondamentale per aumentare la resilienza del sistema bancario. In generale, la soluzione delle debolezze strutturali aiuterebbe il sistema bancario a potenziare il suo ruolo di intermediazione ai fini dell’allocazione efficiente del capitale e rafforzerebbe la ripresa economica.

Si stanno compiendo progressi nella riduzione dei crediti deteriorati, ma lo stock accumulato in passato rimane elevato. Lo stock totale di crediti deteriorati lordi continua a diminuire, e nel secondo trimestre 2017 è sceso a circa 324 miliardi di EUR (cui corrisponde un tasso di crediti deteriorati del 16,4%), dal livello massimo di 360 miliardi di EUR toccato durante la crisi. Anche le sofferenze, ossia i crediti con le peggiori prospettive di recupero, sono diminuite sulla scia dell’eliminazione dei crediti deteriorati delle banche. Il tasso di copertura delle sofferenze è ulteriormente migliorato (tabella 4.2.1). È importante rilevare che il flusso di nuovi crediti deteriorati rispetto allo stock è tornato ai livelli pre-crisi. Allo stesso tempo, i livelli di capitalizzazione delle banche sono rimasti stabili.

La scarsa redditività continua a rappresentare una sfida importante, mentre la liquidità rimane soddisfacente. Diversi fattori logorano la redditività delle banche: il contesto di tassi di interesse bassi; la ripresa creditizia tuttora limitata a fronte del processo di riduzione dell’indebitamento in corso (v. sezione 1); gli elevati accantonamenti per le perdite su prestiti; per diverse banche, l’alto rapporto costi gestionali/margine di intermediazione. Per contro, a livello di sistema la liquidità è rimasta soddisfacente in un contesto di costi di finanziamento delle banche generalmente bassi. Le banche più grandi hanno aumentato la raccolta tramite depositi in conseguenza delle recenti misure di ristrutturazione e consolidamento del sistema bancario italiano. Allo stesso tempo, è diminuita l’emissione di strumenti di debito da parte delle banche, a causa principalmente del calo delle emissioni di obbligazioni al dettaglio. Inoltre, la dipendenza delle banche dal finanziamento della BCE anche tramite le operazioni mirate di rifinanziamento a lungo termine è rimasta a livelli considerevoli, pari nel novembre 2017 a 252 miliardi di EUR (6,5% delle passività bancarie). Le banche rimangono importanti detentori di debito sovrano nazionale con il 17,2% del debito pubblico in essere nel terzo trimestre 2017, dimostrando che il legame banca-emittente sovrano persiste. Il debito bancario subordinato detenuto dagli investitori al dettaglio continua a diminuire (in linea con la scadenza dello stock del debito in essere).

Le banche italiane registrano risultati inferiori rispetto alle banche comparabili europee per una serie di indicatori. Nonostante i progressi compiuti, un semplice esercizio di analisi comparativa (grafico 4.2.1) del sistema bancario nel suo complesso mostra che le banche italiane continuano a essere in ritardo rispetto alle banche comparabili dell’UE (verosimilmente con alcune differenze tra singole banche italiane). La redditività e la capitalizzazione al di sotto della media rendono il sistema bancario italiano più vulnerabile agli shock negativi. Malgrado i progressi, l’Italia presenta tuttora tassi di crediti deteriorati molto alti rispetto ai paesi comparabili dell’UE. Inoltre, la scarsa efficienza operativa (rappresentata dal rapporto costi gestionali/margine di intermediazione) ha ostacolato un aumento più rapido della copertura degli accantonamenti per i crediti deteriorati, che avrebbe potuto accelerare l’eliminazione di tali crediti. Nonostante gli sviluppi positivi, le banche italiane continuano a segnare il passo rispetto alle banche comparabili per quanto riguarda la razionalizzazione delle succursali e del personale dall’inizio della crisi. Questo evidenzia che alle banche italiane resta ancora molto da fare per migliorare l’efficienza operativa e avvicinarsi così ai paesi UE che registrano i risultati migliori.

Casi bancari recenti*

Nel primo semestre del 2017 il governo ha adottato provvedimenti per affrontare la situazione di alcune delle banche italiane più deboli. Liter che ha portato alla liquidazione del Banco Popolare di Vicenza e di Veneto Banca ha avuto tempi lunghi: il fondo Atlante I aveva acquisito entrambe le banche dopo due offerte pubbliche iniziali senza esito nel maggio e giugno 2016. Nel gennaio 2017 ha conferito ulteriore capitale, che ha portato a 3,5 miliardi di EUR il conferimento di capitale totale di Atlante I. Tuttavia, in conseguenza delle ingenti perdite registrate da entrambe le banche negli ultimi anni e del costante deterioramento della loro situazione finanziaria non si configuravano le condizioni per la ricapitalizzazione precauzionale ( 20 ) che le banche hanno chiesto nel marzo 2017; pertanto, il 23 giugno 2017 la BCE le ha dichiarate in dissesto o a rischio di dissesto. A seguito di ciò, il Comitato di risoluzione unico, ossia lautorità di risoluzione competente, ha deciso che lazione di risoluzione non era giustificata dal pubblico interesse in nessuno dei due casi. Di conseguenza, entrambe le banche dovevano essere liquidate secondo le procedure di insolvenza nazionali. Il 25 giugno 2017, a seguito delle decisioni dalla BCE e del Comitato di risoluzione unico, la Commissione europea ha approvato, ai sensi delle norme in materia di aiuti di Stato, le misure proposte dallItalia per agevolare la liquidazione del Banco Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Era previsto tra laltro che le attività e passività sane venissero in parte cedute a Intesa Sanpaolo, mentre i crediti deteriorati sarebbero rimasti alle due entità per la liquidazione. La cessione delle attività sane delle due banche è stata sostenuta dal governo italiano tramite conferimenti in contanti (4,8 miliardi di EUR) e garanzie dello Stato fino a un massimo di circa 12 miliardi di EUR. In linea con le norme UE in materia di aiuti di Stato, per ridurre i costi per il contribuente, agli azionisti e ai detentori di obbligazioni subordinate delle due banche venete è stato applicato il principio della ripartizione degli oneri ( 21 ).

La ricapitalizzazione precauzionale della Banca Monte dei Paschi di Siena ha attenuato le forti vulnerabilità della banca. La Banca Monte dei Paschi di Siena ha chiesto la ricapitalizzazione precauzionale da parte dello Stato italiano nel dicembre 2016 ( 22 ). In quel mese era fallito il suo tentativo di raccogliere capitale da investitori privati; la banca si trovava in una situazione difficile dal 2009 e aveva beneficiato di precedenti ricapitalizzazioni (che erano state rimborsate nel 2015). Il 4 luglio 2017 la Commissione ha autorizzato le autorità italiane a procedere alla ricapitalizzazione precauzionale della Banca Monte dei Paschi di Siena in linea con le norme dellUE, sulla base di un piano di ristrutturazione dettagliato che prevede anche la cessione di un ingente portafoglio di attività deteriorate. La ricapitalizzazione precauzionale comporta un aiuto di Stato di 5,4 miliardi di EUR, mentre gli azionisti e i detentori di titoli di debito subordinati della Banca Monte dei Paschi di Siena hanno contribuito con 4,3 miliardi di EUR, limitando così i costi per il contribuente. La banca eliminerà 26,1 miliardi di EUR di crediti deteriorati lordi tramite unoperazione di cartolarizzazione di crediti deteriorati, che dovrebbe beneficiare di garanzie statali (Garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze - GACS) e del finanziamento da parte del fondo Atlante II (recentemente ribattezzato Italian Recovery Fund). Questo fondo investirà in titoli dei segmenti junior e mezzanine emessi dalla società veicolo al prezzo di cessione pari al 21% del valore contabile lordo.

Qualità delle attività*

La cartolarizzazione dei crediti deteriorati si è trasformata in unimportante strategia delle banche per risanare i propri bilanci. Lutilizzo della GACS da parte delle banche è stato inizialmente piuttosto limitato, poiché le prime garanzie statali sul segmento senior di una società veicolo per la cartolarizzazione dei crediti deteriorati sono state concesse solo allinizio del 2017. Da allora, tuttavia, soprattutto le banche di grandi e medie dimensioni hanno manifestato interesse nei confronti della GACS o hanno compiuto i primi passi per avvalersene. Sono state portate a termine o avviate diverse operazioni di cartolarizzazione, tra cui la cartolarizzazione della Banca Monte dei Paschi di Siena che rappresenta la più grande operazione di cartolarizzazione di crediti deteriorati mai realizzata sul mercato italiano. Le norme in materia di cartolarizzazione sono state modificate nel 2017 per agevolare la cartolarizzazione di alcune categorie di crediti deteriorati (in particolare gli incagli), aumentare il margine di manovra delle società veicolo e promuovere la partecipazione alle aste fallimentari ( 23 ). Tuttavia, la GACS non ha rappresentato la soluzione valida per tutti i problemi dei crediti deteriorati accumulati in passato, per una serie di motivi: i) la mancanza di dati dettagliati sul portafoglio di crediti, in particolare per quanto riguarda le banche più piccole, ha rallentato le operazioni GACS, compresa la valutazione del merito di credito da parte delle agenzie di rating; ii) alcune banche sono restie ad assumersi i costi iniziali connessi al miglioramento della qualità dei dati sui crediti deteriorati e allorganizzazione del servizio dei crediti deteriorati per poter partecipare alla GACS; iii) alcuni portafogli di crediti, di scarsa qualità o costituiti da stock di crediti deteriorati più vecchi, spesso non sono cartolarizzati in vista della domanda di GACS.

Grafico 4.2.1:Analisi comparativa del sistema bancario italiano

Note: Le medie del tasso di rendimento del capitale proprio e del rapporto costi gestionali/margine di intermediazione sono calcolate sul periodo quarto trimestre 2016 - terzo trimestre 2017. Il grafico a sinistra esclude il Lussemburgo e quello a destra esclude Cipro e la Grecia.

Fonte: BCE, calcoli della Commissione europea

L’Italian Recovery Fund è diventato il principale investitore in crediti deteriorati in Italia. Questo fondo, che finora ha investito nella cartolarizzazione di crediti deteriorati 2,5 miliardi di EUR (corrispondenti grosso modo a 31 miliardi di EUR di crediti deteriorati lordi) ha sostenuto l’eliminazione dei crediti deteriorati di quattro banche vulnerabili. Le operazioni di cartolarizzazione dei crediti deteriorati hanno fatto registrare prezzi di cessione compresi tra il 19% e il 32% del valore contabile lordo, che rispecchiano la diversità della composizione, della qualità dei dati e del grado di deterioramento delle attività cartolarizzate. Il fondo ha contribuito anche allo sviluppo del mercato dei servizi di amministrazione delle attività, avendo concluso diversi accordi con CERVED per l’amministrazione dei portafogli cartolarizzati.

Leliminazione dei crediti deteriorati ha preso slancio nel 2017. Le banche hanno continuato a potenziare la loro capacità di gestione degli arretrati. Per alcune di loro il processo interno di recupero dei crediti deteriorati è ancora la priorità principale, ma è anche vero che è aumentato il ricorso a vendite vere e proprie di tali crediti. Il mercato secondario delle attività deteriorate è diventato più dinamico rispetto al passato, per effetto della ripresa economica, della pressione esercitata dalla vigilanza sulle banche affinché accelerino il ritmo di risoluzione dei crediti deteriorati (attraverso gli orientamenti della BCE in materia di crediti deteriorati e gli obiettivi quantitativi per ciascuna banca fissati dallautorità di vigilanza) nonché del regime di garanzia GACS. Gli acquirenti - nazionali e stranieri - di crediti deteriorati sono stati molto attivi. Unicredit, ad esempio, ha venduto un portafoglio di 17,7 miliardi di EUR costituito principalmente da titoli non garantiti a due società straniere di private equity nel luglio 2017. È in cantiere anche loperazione di cartolarizzazione di crediti deteriorati della Banca Monte dei Paschi di Siena del valore di 26,1 miliardi di EUR, mentre con la liquidazione delle due banche venete sono stati rimossi dal sistema bancario crediti deteriorati per 17,8 miliardi di EUR. A tutto il terzo trimestre 2017 risultava completata leliminazione di crediti deteriorati per un valore di 26 miliardi di EUR. Nonostante il maggior volume, i prezzi dei crediti deteriorati dei portafogli di prestiti garantiti e non garantiti sono rimasti relativamente stabili ( 24 ). Si prevede che le vendite vere e proprie di crediti deteriorati aumentino ulteriormente, poiché le banche stanno ottimizzando costantemente le loro strategie di gestione ed eliminazione dei crediti deteriorati, tra laltro per conformarsi a requisiti aggiuntivi in materia di vigilanza. Ad esempio, il progetto di addendum della BCE (secondo pilastro) e la proposta della Commissione europea relativa a un sostegno prudenziale (primo pilastro) per far fronte agli accantonamenti insufficienti per i nuovi crediti deteriorati potrebbero incentivare le banche italiane ad accelerare leliminazione dei loro crediti deteriorati.

Per accelerare la risoluzione dei crediti deteriorati occorre ancora affrontare una serie di sfide importanti. Tra queste si citano: i) la lentezza del sistema giudiziario nelle procedure di insolvenza ed escussione delle garanzie (cfr. infra); ii) il vincolo importante rappresentato dal servizio dei crediti deteriorati ai fini di una loro eliminazione e un work-out interno più rapidi a causa del numero ridotto di gestori esterni e del capitale umano; iii) la possibile cautela delle banche riguardo a un ritmo più veloce di riduzione dei crediti deteriorati dati gli effetti avversi sugli accantonamenti e sulle riserve di capitale nonché sui prezzi dei crediti deteriorati; iv) il problema della qualità dei dati sui crediti deteriorati, in particolare per le banche più piccole. Questi fattori contribuiscono a spiegare perché il differenziale bid-ask di tali crediti si aggiri ancora attorno al 1520%. Le competenti autorità di vigilanza dovrebbero continuare a incoraggiare le banche a dotarsi di piani credibili di riduzione dei crediti deteriorati, ai fini dell’ulteriore e tempestiva diminuzione dello stock di crediti deteriorati accumulati in passato.

Enti meno significativi*

Gli enti meno significativi hanno mediamente una capitalizzazione più elevata, ma la qualità dei loro attivi è inferiore rispetto alle banche più grandi. Gli enti meno significativi (LSI) - banche più piccole soggette alla vigilanza della Banca d’Italia - tipicamente sono più esposti nei confronti delle PMI in difficoltà. Hanno inoltre una minore capacità di work-out interno delle attività deteriorate rispetto alle banche più grandi vigilate nel quadro del meccanismo di vigilanza unico. Nel giugno 2017 gli enti meno significativi continuavano a presentare un tasso di crediti deteriorati superiore (19,5%) a quello delle grandi banche e al tasso medio di crediti deteriorati a livello di sistema (16,4%). Nonostante le problematiche relative alla qualità delle attività, nel 2016 gli enti meno significativi sono risultati essere in media altrettanto redditizi e liquidi delle grandi banche, ma sono sottoposti a maggiori pressioni per generare proventi da interessi nell’attuale contesto di tassi di interesse bassi. Comunque, gli enti meno significativi continuano a essere in media meglio capitalizzati delle grandi banche.

L’autorità di vigilanza ha intensificato la vigilanza prudenziale degli enti meno significativi. Nell’ottobre 2017 la Banca d’Italia ha avviato una consultazione pubblica sulle linee guida in materia di crediti deteriorati destinate agli enti meno significativi, successivamente emanate nel gennaio 2018. Queste linee guida attingono alle linee guida per le banche sui crediti deteriorati che la BCE ha pubblicato nel marzo 2017. Il documento della Banca d’Italia tratta aspetti operativi ma anche disposizioni rispondenti alla situazione specifica degli enti meno significativi. La Banca d’Italia intende esercitare un controllo rafforzato sui piani in materia di crediti deteriorati predisposti dagli enti meno significativi con livelli più elevati di crediti deteriorati; in tale ambito potrebbero essere richieste misure correttive come ad esempio tassi di copertura più elevati. La Banca d’Italia ha inoltre iniziato a sottoporre gli enti meno significativi a prove di stress; qualora da tali test risulti una potenziale carenza di capitale ha facoltà di chiedere alle banche di aumentare le riserve di capitale.

Riforme in materia di governo societario*

La riforma delle banche popolari è in corso di completamento. Tutte le banche popolari con oltre 8 miliardi di EUR di attività, tranne due (la Banca Popolare di Bari e la Banca Popolare di Sondrio), si sono trasformate in società per azioni prima della fine del 2016. Le due banche popolari citate hanno rinviato questa trasformazione poiché la riforma del 2015 è stata sottoposta al giudizio della Corte costituzionale. Comunque, la riforma ha già portato alla nascita del terzo maggiore gruppo bancario - Banco BPM - a seguito della fusione tra Banco Popolare e Banca Popolare di Milano avvenuta all’inizio del 2017.

L’attuazione della riforma delle banche di credito cooperativo procede secondo i piani. Al termine del periodo di 18 mesi previsto per l’attuazione della riforma delle banche di credito cooperativo (BCC) e iniziato nel novembre 2016 dovrebbero emergere tre principali gruppi di banche (di cui le BCC appartenenti al gruppo deterrebbero la partecipazione di maggioranza). Le BCC stanno attualmente decidendo a quale gruppo aderire: ICCREA, Cassa Centrale Banca (CCB) o il gruppo provinciale di Bolzano. La holding coordinerà le BCC sulla base di “contratti di coesione”. ICCREA e CCB, che saranno entrambe vigilate nel quadro del meccanismo di vigilanza unico, dovranno essere sottoposte alla verifica della qualità delle attività e a una prova di stress. Le BCC dovrebbero intensificare l’impegno per risanare i bilanci prima di tale verifica e prova di stress. Le holding capogruppo si sottoporranno a un processo di trasformazione per rafforzare la loro capacità di gestione delle BCC appartenenti al gruppo. Questo al fine di rafforzare i loro meccanismi organizzativi e decisionali, la professionalità degli alti dirigenti e l’integrazione dei sistemi informatici. Se portata a termine con successo, questa riforma costituirebbe un importante passo avanti per ridurre la frammentazione e riorganizzare il settore bancario italiano. Il segmento delle BCC diventerebbe più resiliente grazie alla maggiore facilità di accesso ai mercati dei capitali, alle garanzie incrociate, ai vantaggi di scala e alle sinergie in materia di costi.

È in corso la revisione dei requisiti di onorabilità e professionalità degli esponenti aziendali delle banche. Per rafforzare il governo societario degli enti creditizi italiani, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha completato una consultazione pubblica su uno schema di decreto ministeriale in materia di requisiti di onorabilità e professionalità degli esponenti delle banche Lo schema di decreto ministeriale, pur coerente con le pertinenti linee guida dell’Autorità bancaria europea, introduce un approccio nuovo in materia di norme applicabili agli esponenti delle banche e amplia l’ambito della valutazione di idoneità. La nuova disciplina permetterà all’autorità di vigilanza competente di aumentare l’efficacia dell’esecuzione.

Riforme in materia di insolvenza*

Permangono carenze nella disciplina dell’insolvenza e non è ancora stata realizzata una riforma generale. Il parlamento italiano ha delegato il governo a emanare entro dodici mesi i decreti legislativi necessari per la riforma organica del codice del 1942 sui fallimenti e della disciplina del 2012 in materia di sovra-indebitamento nonché per la revisione del sistema dei privilegi e delle garanzie. Nonostante le procedure di insolvenza siano in diminuzione, permangono carenze del pertinente quadro normativo. Si prevede che le riforme in materia di insolvenza esplicheranno il loro impatto solo nel medio termine. Inoltre, il fatto che la revisione della disciplina dell’insolvenza sia ancora in corso contribuisce a mantenere lunghi i tempi di esecuzione dei crediti garantiti da immobili (4 anni nel 2016) e di completamento dell’iter delle procedure fallimentari (6,8 anni). Per di più, il ruolo dei creditori nelle procedure di insolvenza rimane minimo. Nel primo semestre del 2017, intanto, il numero di società che hanno avviato procedure di insolvenza o la liquidazione volontaria è sceso del 5,3% su base annua.

Le banche non si avvalgono ancora delle misure adottate nel 2016 per accelerare l’escussione delle garanzie. Il patto marciano (adottato nel 2016) è una formula esecutiva privata dei contratti di credito che consente ai creditori di acquistare la proprietà della garanzia reale in via stragiudiziale in caso di inadempimento del debitore. Il patto marciano potrebbe contribuire a ridurre significativamente il tempo necessario per l’escussione delle garanzie, ma non viene attualmente utilizzato dagli istituti di credito per le imprese e le famiglie. Il recente accordo tra Associazione Bancaria Italiana e Confindustria volto a promuovere l’utilizzo del patto marciano per le imprese è una novità positiva. Linee guida operative in materia di buone prassi e regole più chiare sulla valutazione delle garanzie contribuirebbero a risolvere eventuali altre situazioni di incertezza.

4.3.    Mercato del lavoro, istruzione e politiche sociali

4.3.1.Mercato del lavoro*

Negli ultimi anni le istituzioni italiane del mercato del lavoro hanno subito una riforma profonda. Il suo obiettivo era migliorare la riallocazione della forza lavoro, ridurre il dualismo del mercato del lavoro ( 25 ) e promuovere loccupazione stabile a tempo indeterminato, tra laltro tramite lelaborazione di accordi contrattuali flessibili e affidabili (Commissione europea, 2015; Commissione europea, 2016b). Per sostenere la riforma, il governo ha disposto generosi incentivi fiscali per le nuove assunzioni a tempo indeterminato nel 2015 e nel 2016. Per il 2017, gli incentivi erano destinati ai giovani e ai lavoratori del Meridione. Il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato è aumentato di oltre 470 000 unità tra linizio del 2015 e la fine del 2016. È proseguito il calo del lavoro autonomo, in parte forse a causa dellabolizione di alcune tipologie di contratti atipici (collaborazioni coordinate e continuative a progetto) e alle restrizioni imposte allesternalizzazione.

Da gennaio 2017 i contratti a tempo determinato sono il fattore che ha maggiormente contribuito alle nuove assunzioni nette. Nel 2017 i posti di lavoro a tempo determinato sono aumentati in media di 295 000 unità, mentre quelli a tempo indeterminato hanno continuato a crescere a un ritmo molto più lento (nell’ordine delle 66 000 unità). La percentuale di contratti a tempo determinato è particolarmente alta tra i giovani (54,7% contro una media UE del 43,8%). Il drastico aumento dell’occupazione a tempo determinato può essere legato in parte a fattori congiunturali, in parte alla riduzione della coorte 35-44 anni (che ha più probabilità di passare a un contratto a tempo indeterminato rispetto ai lavoratori di età superiore) e al fatto che i lavoratori più qualificati siano già stati assunti con contratti a tempo indeterminato. Anche la tempistica degli incentivi può aver avuto un certo peso: le assunzioni con contratto a tempo indeterminato potrebbero essere state anticipate a causa degli incentivi all’assunzione e all’incertezza riguardo alla loro proroga, e successivamente ritardate nel 2017 in previsione del rinnovo degli incentivi per alcuni contratti a tempo indeterminato nel 2018 (grafico 4.3.1.).

Grafico 4.3.1:Lavoratori a tempo indeterminato, a tempo determinato e autonomi, variazione cumulativa 2014-2017

Note: XXXX

Fonte: Istat, Indagine sulle forze di lavoro, occupati, dati destagionalizzati

La valutazione della riforma è complicata dal fatto che la nuova normativa e gli incentivi allassunzione sono stati introdotti quasi contemporaneamente. I dati dimostrano che le assunzioni con contratto a tempo indeterminato e i passaggi da contratto a tempo determinato a contratto a tempo indeterminato sono aumentati in misura maggiore nelle aziende con oltre 15 dipendenti che nelle aziende di minori dimensioni, interessate dagli incentivi ma non dalla riforma. Sembrano inoltre essere aumentate sia la riallocazione della forza lavoro sia le imprese che oltrepassano la soglia dei 15 dipendenti (Boeri e Garibaldi, 2017). È invece diminuito, a seguito della riforma, il numero di collaboratori e professionisti (INPS, 2017). I tassi di sopravvivenza dei contratti di lavoro conclusi nel 2015 (ultimi dati disponibili) sono aumentati, ma tali risultati positivi potrebbero essere stati influenzati anche dai temporanei incentivi allassunzione. I tassi di licenziamento sono diminuiti nel 2015-2016 rispetto al 2014 e agli anni successivi al 2008 ( 26 ).

Riquadro 4.3.1 Monitoraggio dei risultati alla luce del pilastro europeo dei diritti sociali

Il pilastro europeo dei diritti sociali, proclamato dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione europea il 17 novembre 2017, stabilisce 20 principi e diritti fondamentali a beneficio dei cittadini dell’UE. Nel contesto degli strascichi della crisi e delle trasformazioni sociali provocate dall’invecchiamento della popolazione, dai mutamenti tecnologici e dalle nuove modalità di organizzazione del lavoro, il pilastro funge da bussola per orientare il rinnovato processo di convergenza verso migliori condizioni di lavoro e di vita.

LItalia presenta problemi significativi per quanto riguarda una serie di indicatori del quadro di valutazione della situazione sociale ( V ) che accompagna il pilastro europeo dei diritti sociali, in particolare quelli relativi alle prestazioni del mercato del lavoro. Oltre a un tasso di occupazione globale estremamente basso, lItalia registra ampi divari di genere nei livelli di occupazione e tassi elevati di disoccupazione giovanile e di NEET (giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano). Leffetto dei trasferimenti sociali sulla riduzione della povertà è relativamente ridotto e continua a diminuire e la disparità di reddito e le necessità di cure mediche che rimangono insoddisfatte dichiarate dallinteressato sono relativamente elevate (anche se i risultati nellambito della sanità rimangono complessivamente buoni).

L’Italia è caratterizzata da un divario di genere nei livelli di occupazione estremamente ampio e da una scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Sono state adottate alcune misure, tra cui figurano prestazioni in denaro destinate alle famiglie con neonati e un’iniziativa intesa a favorire modalità di lavoro flessibili. In assenza di una strategia globale, l’efficacia di queste politiche rimane tuttavia limitata. Più positivo è il fatto che il divario retributivo di genere sia relativamente ridotto.

Lintroduzione del Reddito di inclusione (ReI) nel marzo 2017 può contribuire a incrementare leffetto dei trasferimenti sociali sulla riduzione della povertà. Il nuovo piano diventerà operativo nel 2018 e aspira a diventare, a medio termine, una misura dal carattere universale. Laddove il piano precedente era incentrato principalmente sulla povertà infantile, la legge di bilancio 2018 stanzia risorse per estendere il ReI a tutte le persone che versano nella stessa condizione di povertà, a prescindere dalla situazione familiare. Si tratta di un importante passo in direzione del diritto a un reddito minimo.

Per il 2018 sono stati introdotti nuovi incentivi fiscali a sostegno dell’occupazione giovanile con contratto a tempo indeterminato. La legge di bilancio 2018 comprende la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro per determinate categorie di lavoratori tramite:

·il dimezzamento permanente dei contributi sociali (fino a un massimo di 3 000 EUR lanno) a carico dei datori di lavoro privati che assumono giovani al di sotto dei 30 anni (al di sotto dei 35 nel 2018) per i primi tre anni di un contratto a tempo indeterminato;

·e lesenzione totale (fino a un massimo di 3 000 EUR lanno) per il primo anno in caso di trasformazione dellapprendistato in un contratto a tempo indeterminato e per i primi tre anni in caso di assunzione di uno studente dopo un apprendistato o un tirocinio.

Tale misura, che ha le potenzialità per facilitare il passaggio dall’istruzione al mondo del lavoro e contribuire a ridurre la disoccupazione giovanile, può tuttavia limitare le opportunità occupazionali per i lavoratori di età superiore alla soglia stabilita.

Altri indicatori suggeriscono che il ristagno nel mercato del lavoro sia superiore a quanto indicato dal tasso di disoccupazione. Tra il 2008 e il 2016 i posti di lavoro a tempo pieno sono diminuiti di 1 milione di unità, mentre i posti a tempo parziale sono aumentati di 780 000 unità. Il lavoro a tempo parziale involontario sta diminuendo con estrema lentezza e interessa tuttora oltre il 60% del totale dei lavoratori a tempo parziale. I lavoratori scoraggiati (persone formalmente inattive, disponibili a lavorare ma non alla ricerca di un’occupazione), prima a livelli estremamente alti, sono tuttavia in rapido calo: da 3,6 milioni nel 2015 a 3,3 milioni nel 2016.

I voucher (lavoro accessorio) sono stati sostituiti da un sistema più restrittivo. Il sistema dei voucher era stato introdotto nel 2003 e successivamente esteso a tutti i settori delleconomia; il ricorso a tale sistema era drasticamente aumentato (di 1 949 000 unità) tra il 2008 e il 2016 (Commissione europea, 2017d), fino allabrogazione nellaprile 2017. La legge 96/2017 ha introdotto una nuova forma di lavoro atipico, il lavoro occasionale ( 27 ).

Aumenta il lavoro somministrato e a chiamata. Il numero dei lavoratori assunti da agenzie di lavoro interinale è aumentato del 23% su base annua nel secondo trimestre del 2017. Nell’ottobre 2017 (Ebitemp, 2017) la quota del lavoro somministrato nell’occupazione totale è passata all’1,9%, contro l’1,7% dell’ottobre 2016. Tale incremento è collegato anche all’abrogazione di alcuni contratti di collaborazione nel 2016. Anche il ricorso al lavoro a chiamata — un contratto con una forte componente ciclica e a bassa intensità di occupazione (meno di 10 giorni al mese) — ha preso slancio, in particolare in seguito all’abolizione dei voucher per lavoro accessorio. Inoltre l’occupazione a tempo parziale sta crescendo più rapidamente di quella a tempo pieno (2,6% contro l’1,0% per l’occupazione a tempo pieno nel 2016).

Lavoro autonomo

Sebbene in calo, la percentuale di lavoro autonomo rimane elevata. A quota 4,6 milioni, i lavoratori autonomi rappresentavano il 20,5% dell’occupazione totale nel terzo trimestre del 2017, contro il 22,9% del 2008. La percentuale di occupati che rischiano di non avere diritto all’indennità di malattia (il 20%) e all’indennità di disoccupazione (circa il 25%) rimane elevata. La legge 81/2017, adottata nel maggio 2017, comprende norme intese a rafforzare le misure di tutela dei lavoratori autonomi. Essa estende inoltre ai lavoratori autonomi economicamente dipendenti alcune opportunità per conseguire un miglior equilibrio tra vita lavorativa e vita privata, ad esempio il congedo parentale. Queste misure rappresentano un passo in direzione di una migliore tutela per tutti i lavoratori, sebbene sia possibile che alcune norme si rivelino inefficaci nella pratica. (Un possibile esempio è la norma che tutela i lavoratori in congedo di malattia dal licenziamento, fatto salvo il “venir meno dell’interesse del committente”.)

Non sono in programma altre azioni relative al lavoro non dichiarato, nonostante la sua significativa portata. Secondo l’ISTAT, nel 2015 l’economia sommersa (comprese le attività illecite) ammontava a 208 miliardi di EUR, ossia al 12,9% del PIL. Il tasso di lavoro “irregolare” (la quota totale di unità di lavoro parzialmente o completamente non dichiarato) si è attestato al 15,9%, toccando quota 47,6% nel settore delle “altre attività di servizi per la persona”. Secondo l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), circa la metà del lavoro irregolare è svolta da lavoratori completamente non dichiarati. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, istituito dal Jobs Act, è operativo da gennaio 2017 ma tuttora in fase di consolidamento. Nel 2016 il precedente servizio ispettivo aveva comminato oltre 43 000 ammende. Nel 2017 le ispezioni dell’INPS hanno rilevato che il 54% circa del lavoro nel settore dell’agricoltura è svolto da lavoratori completamente non dichiarati.

Contrattazione collettiva e dialogo sociale

La contrattazione collettiva è diffusa, ma i contratti “di secondo livello” non lo sono. L’accordo intersettoriale di riferimento che definisce il quadro per la contrattazione è giunto a scadenza nel 2013 e non è ancora stato rinegoziato. Nel novembre 2016, tuttavia, i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro che rappresentano le PMI e il settore del commercio hanno firmato due importanti accordi che lasciano un più ampio margine di manovra per i negoziati a livello aziendale. Un accordo importante che stabilisce le norme e le procedure per la misura della rappresentanza delle organizzazioni sindacali è stato firmato dalle principali parti sociali nel gennaio 2014 e sarà applicato per la prima volta nel 2019. La distribuzione dei contratti nazionali “minori” ha condotto a un incremento dei contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL), passati da 398 nel 2008 a 809 nel 2017, con conseguente aumento della frammentazione e dell’incertezza. Le deroghe ai contratti nazionali (previste dalla legge 138/2011) sono applicate raramente e la contrattazione a livello aziendale o territoriale rimane limitata, anche a causa della prevalenza di piccole imprese in Italia. Ciò può andare a discapito del rapido adeguamento delle retribuzioni alle condizioni economiche locali.

Sono state introdotte nel 2016, e rafforzate nel 2017, agevolazioni fiscali sugli aumenti salariali legati alla produttività per gli accordi di secondo livello. Nel 2016-2017 sono stati negoziati ed eseguiti oltre 25 000 contratti aziendali e/o locali che, secondo i dati provvisori pubblicati dall’INAPP, hanno interessato in media circa 2,2 milioni di lavoratori l’anno. L’efficacia degli incentivi fiscali è di difficile valutazione, poiché sull’aumento registrato potrebbe incidere la formalizzazione, da parte delle aziende, di contratti preesistenti in modo da aver diritto alle agevolazioni. Ci si attende che il loro costo stimato aumenti gradualmente fino a raggiungere quasi 1 miliardo di EUR l’anno nel 2019. Secondo la Banca d’Italia, la percentuale di aziende (con oltre 20 dipendenti) con contratti di secondo livello rimane stabile intorno al 20% e non è aumentata tra il 2015 e il 2016 (Banca d’Italia, 2017b).

Il dialogo sociale e la consultazione delle parti sociali hanno una lunga tradizione in Italia. Il coinvolgimento delle parti sociali nell’elaborazione delle politiche non è istituzionalizzato. La loro partecipazione all’elaborazione delle riforme del 2014-2015 è stata scarsa. Dal 2016 la situazione è migliorata, e sono attualmente in corso discussioni sul mercato del lavoro, sulle pensioni e sul futuro del lavoro.

Partecipazione al mercato del lavoro e occupazione femminile

In assenza di una strategia integrata a sostegno delle donne e delle famiglie, continua a destare preoccupazione il numero ridotto di donne che lavorano o cercano lavoro. Nonostante sia ai massimi storici, il tasso di occupazione femminile è tuttora il secondo più basso nell’UE, con profonde disparità regionali. Il divario di genere nei livelli di occupazione, pari a circa 20 punti percentuali, si estende alla durata della vita lavorativa (in Italia le donne lavorano 9,5 anni in meno degli uomini, una differenza quasi doppia rispetto alla media UE di 4,9 anni) e alla quota di lavoro a tempo parziale (32,7% per le donne, 8% per gli uomini). I tassi di attività variano in base ai livelli di istruzione: le donne nella fascia 50-64 anni con un grado di istruzione elevato mostrano tassi di attività estremamente alti (pari all’81,1%).

Tra le ragioni principali del tasso ridotto di donne che lavorano figura la necessità di prestare assistenza ai bambini e agli anziani. Secondo i dati dellIspettorato Nazionale del Lavoro, nel 2016 quasi l80% delle donne che si sono dimesse erano madri di età compresa tra i 26 e i 45 anni. Il 40% ha dichiarato di aver preso questa decisione a causa delle difficoltà connesse alla conciliazione tra lavoro e responsabilità familiari. Particolarmente colpite sembrano essere le donne con un livello di istruzione più basso (Carta e Rizzica, 2015), forse più condizionate dai costi della cura dellinfanzia e dai disincentivi nel sistema fiscale e previdenziale ( 28 ). Lerogazione di servizi di cura dellinfanzia presenta profonde differenze a livello nazionale (cfr. Commissione europea, 2016b). La percentuale di bambini di età inferiore a 3 anni inseriti in strutture formali di cura dellinfanzia era pari al 34,4% nel 2015: un notevole incremento rispetto al 2014 (22,9%). Linvecchiamento della popolazione si traduce inoltre in un aumento della domanda di assistenza. La disponibilità limitata di servizi di assistenza di qualità per gli anziani e le persone con disabilità può gravare pesantemente sulloccupazione femminile.

Le misure introdotte finora per far fronte alla ridotta percentuale di donne che lavorano e al basso tasso di natalità difettano di pianificazione strategica e valutazione. Nonostante l’impatto dei “bonus bebè” non sia mai stato valutato, la legge di bilancio 2018 ha prorogato l’erogazione degli assegni di natalità. Sono state introdotte anche altre prestazioni in denaro indipendenti dal reddito, come il “premio alla nascita” (un bonus di 800 EUR per ogni nuovo nato) e un “contributo asili nido” (1 000 EUR l’anno) utilizzabile in strutture pubbliche e private (riquadro 4.1.1). Tra le misure figurano inoltre la possibilità di “scambiare” il congedo parentale con voucher che permettono l’acquisto di servizi di baby-sitting e disposizioni per favorire modalità di lavoro flessibili. Il congedo di paternità è stato esteso da due a quattro giorni ma resta estremamente limitato; è improbabile che il congedo parentale abbia un impatto se non vengono adottate misure sufficienti a incoraggiare la fruizione del congedo da parte del primo percettore di reddito. Manca un approccio globale a sostegno dell’occupazione femminile e del tasso di natalità che comprenda sostegno e incentivi finanziari, modalità di lavoro flessibili, l’erogazione di servizi di assistenza di qualità e la valutazione delle misure esistenti e in programma.

Politiche attive del mercato del lavoro

La riforma delle politiche attive del mercato del lavoro rimane incompleta. Nel gennaio 2017 è stata istituita la nuova Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro (ANPAL), con il compito di coordinare e monitorare un ampio ventaglio di portatori di interessi. A seguito del referendum costituzionale del 2016 non è tuttavia andata a buon fine la prevista ricentralizzazione delle politiche attive del mercato del lavoro: le competenze in materia sono dunque rimaste alle regioni, e sono emersi problemi di governance del sistema. In particolare, i lunghi negoziati tra le regioni e il governo sul bilancio per i servizi pubblici per l’impiego hanno ritardato la piena attuazione della riforma prevista. È stata trovata una soluzione con la legge di bilancio 2018, che rende disponibili risorse per assicurare la continuità occupazionale del personale dei servizi pubblici per l’impiego. In questo modo è stata anche sbloccata l’adozione di un piano strategico sulle politiche attive del mercato del lavoro (Piano per le Politiche attive), che prevede il sostegno del Fondo sociale europeo per il periodo 2014-2020 (6,7 miliardi di EUR).

In tale contesto non vi sono sostanziali miglioramenti nellattuazione delle politiche attive del mercato del lavoro. Nel 2017 è stato avviato un progetto pilota sullassegno di ricollocazione (cfr. Commissione europea, 2017e), ma la sua diffusione è stata molto inferiore alle aspettative: solo il 10% del campione selezionato ha presentato domanda. La capacità di collocamento dei servizi pubblici per limpiego rimane estremamente limitata, con qualche eccezione. La riforma delle politiche attive del mercato del lavoro prevede che lANPAL stabilisca gli standard nazionali per lerogazione dei servizi e valuti le prestazioni delle agenzie di collocamento mediante una serie di indicatori. Al momento gli standard di qualità per la prestazione di servizi sono tuttavia ancora fissati a livello regionale e presentano profonde variazioni a livello nazionale. In assenza di una metodologia comune per la raccolta dei dati, anche il monitoraggio e la valutazione delle prestazioni sono deboli. Le relazioni annuali sullattuazione delle disposizioni del Jobs Act relative alle politiche attive del mercato del lavoro, sebbene previste dalla legge, non sono ancora state pubblicate. Tali carenze incidono sulla corretta attuazione di alcune recenti riforme sociali e del lavoro, ossia lattuazione di misure di attivazione come condizione per ricevere lindennità di disoccupazione ( 29 ) e il nuovo Reddito di inclusione.

Malgrado le difficoltà, la Garanzia Giovani ha dato frutti. Il programma ha costituito un traino per le riforme e le innovazioni nell’elaborazione delle politiche, contribuendo all’istituzione di sistemi di supporto a livello nazionale. I giovani iscritti al programma dal suo esordio hanno toccato quota 1,5 milioni nel gennaio 2018 (rapporto ANPAL, 2017). Oltre 1 milione sono stati presi in carico dai servizi pubblici per l’impiego o da operatori privati e oltre 520 000 hanno completato una misura di politica attiva del mercato del lavoro. Rimane tuttavia elevata la percentuale di giovani iscritti al programma che non hanno ricevuto alcuna offerta per oltre 4 mesi (75,2%). La quota di NEET che partecipano al programma Garanzia Giovani, sebbene in aumento, rimane bassa (14,1%). Sono necessari ulteriori sforzi per assicurare che i giovani, compresi quelli che si scontrano con molteplici ostacoli, ricevano tempestivamente offerte di elevata qualità adattate alle loro esigenze. Dal 2018 saranno disponibili risorse supplementari derivanti dai fondi dell’UE.

4.3.2.Istruzione e competenze*

La qualità generale dell’istruzione scolastica in Italia è migliorata negli ultimi anni, sebbene persistano ampie disparità regionali. Secondo l’indagine PISA 2015 dell’OCSE (OCSE, 2016a), la percentuale di studenti con risultati insufficienti nelle scienze (23,2%) e in lettura (21%) in Italia è aumentata rispetto al 2012. La percentuale di studenti con risultati insufficienti in matematica è ulteriormente diminuita (dal 24,9% nel 2009 al 24,7% nel 2012, fino al 23,3% nel 2015), ma rimane al di sopra della media UE. Gli alunni del Nord-Est del paese si sono piazzati ai primi posti della classifica OCSE, mentre gli alunni del Sud occupano posizioni di coda (OCSE, 2016b). Sebbene in costante diminuzione, il tasso di abbandono scolastico dell’Italia rimane al di sopra della media UE (13,8% contro 10,7% nel 2016) ed è particolarmente elevato fra gli studenti nati all’estero (30% contro la media UE del 19,7%).

La realizzazione della riforma “La buona scuola” procede sostanzialmente secondo le previsioni, sebbene alcune misure non siano state ancora pienamente attuate. Tra le misure solo parzialmente attuate figurano la mobilità geografica degli insegnanti (con conseguenti carenze di personale docente nel Nord), la possibilità per i dirigenti scolastici di assumere direttamente insegnanti in base alle necessità della scuola e la valutazione del personale docente e dirigente. È ormai operativo il nuovo sistema di formazione e di accesso nei ruoli di docente della scuola secondaria, inteso a migliorare la qualità, che coniuga un anno di apprendimento formale e due anni di tirocinio remunerato che culmineranno in un contratto a tempo indeterminato. In questo modo sarà superato il problema delle lunghe liste d’attesa per gli insegnanti.

Le competenze degli studenti sono ora messe alla prova durante l’intero percorso di studi, in modo da monitorarne adeguatamente i progressi. Nella scuola primaria e secondaria la valutazione persegue fini principalmente formativi e la bocciatura ha carattere eccezionale. La partecipazione ad attività di alternanza scuola-lavoro è obbligatoria.

L’istruzione superiore continua ad essere caratterizzata da tassi di abbandono scolastico elevati e da una durata degli studi relativamente lunga. Il settore è inoltre insufficientemente finanziato: la spesa pubblica è inferiore allo 0,4% del PIL. Il tasso di istruzione terziaria per le persone di età compresa tra i 30 e i 34 anni, al 26,2% nel 2016, rimane ben al di sotto della media UE del 39,1%, con un ampio divario di genere (19,9% per gli uomini contro 32,5% per le donne). Dopo un calo nel periodo 2012-2015, i tassi di transizione dall’istruzione secondaria a quella terziaria sembrano essersi stabilizzati al 50% (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, 2016). I laureati italiani guadagnano meno e tardano a trovare lavoro rispetto agli omologhi europei (OCSE, 2016a). Gli incentivi a proseguire gli studi dopo la scuola secondaria sono dunque ridotti, mentre aumenta il rischio di fuga di cervelli. Più positiva è l’inversione di tendenza per quanto riguarda il calo dei finanziamenti per l’istruzione superiore. Sono state introdotte nuove misure finanziarie per migliorare l’accesso all’istruzione superiore e il sostegno agli studenti (ad esempio, l’esonero dal pagamento delle tasse universitarie).

Si stanno adottando provvedimenti per espandere l’istruzione terziaria non universitaria in Italia. Il Ministero dell’Istruzione ha previsto un sistema coordinato di formazione terziaria professionalizzante, che sarebbe basato sugli Istituti Tecnici Superiori (ITS) già esistenti e sull’introduzione di lauree professionalizzanti che danno accesso alle professioni regolamentate. La legge di bilancio 2018 stanzia ulteriori risorse per un valore di 65 milioni di EUR nel corso di 3 anni per aumentare gradualmente il numero di studenti degli ITS (da 9 000 a 15 000 entro il 2020).

Un decreto legislativo adottato ad aprile 2017 ha rivisto il quadro dell’istruzione e della formazione professionale a livello regionale e nazionale, dando vita a maggiori sinergie tra i diversi sistemi. Sono stati resi disponibili finanziamenti supplementari per l’attuazione delle nuove misure, in particolare per aumentare il personale. È inoltre facilitato il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro tramite percorsi di alternanza scuola-lavoro obbligatori nelle scuole secondarie (sia di istruzione e formazione professionale sia di istruzione generale). Il tasso di partecipazione all’istruzione degli adulti è in aumento, ma la percentuale di adulti scarsamente qualificati che partecipano all’istruzione degli adulti rispetto alle altre categorie è tra le più basse dell’UE. Il potenziamento delle competenze degli adulti scarsamente qualificati rientra nell’ampio rapporto “Strategia per le competenze dell’OCSE Italia” presentato nell’ottobre 2017 in collaborazione con l’OCSE e la Commissione europea. Lo studio evidenzia che l’Italia stenta, più di altre economie avanzate, a compiere la transizione verso una società prospera e dinamica basata sulle competenze e ha bisogno di allineare la domanda e l’offerta di competenze (OCSE, 2017a). L’attuazione di questa strategia avrà importanza cruciale. È necessario profondere maggiori sforzi per conseguire un impatto sistemico tramite un approccio integrato al miglioramento del livello delle competenze e alla convalida dell’apprendimento in linea con la raccomandazione del Consiglio dell’UE sui percorsi di miglioramento del livello delle competenze del dicembre 2016. È attualmente in corso la creazione di una banca dati nazionale delle qualifiche rilasciate nelle diverse aree del sistema di apprendimento permanente.

4.3.3.Politiche sociali*

Le debolezze strutturali di lunga data dell’economia contribuiscono a livelli elevati di povertà e disparità di reddito (cfr. anche sezione 1). Le pari opportunità in Italia sono promosse dal sistema di istruzione (cfr. sezione 4.3.2), ma minate dalla povertà infantile e dalla disparità nell’accesso all’assistenza sanitaria. Quest’ultimo è più dipendente dal reddito che nella maggior parte dei paesi dell’UE. La percentuale di minori a rischio di povertà o di esclusione sociale è pari al 32,8%, e dunque al di sopra della media UE del 26,4%. La povertà lavorativa (11,8% nel 2016) è tra le più elevate dell’UE e ancora in aumento.

La trasformazione del piano anti-povertà da misura provvisoria a permanente ha rappresentato una svolta nellelaborazione delle politiche sociali. Il nuovo programma Reddito di inclusione (REI), introdotto nel settembre 2017, dà finalmente attuazione alla riforma delle politiche sociali avviata nel 2000 (legge 328/2000) ed è frutto di sinergie tra politiche e fondi UE e nazionali. La sua concezione è stata contrassegnata da ampie consultazioni e da un approccio fortemente partecipativo, che hanno condotto alla firma, nellaprile 2017, di un memorandum dintesa con una piattaforma di organizzazioni della società civile (lAlleanza contro la povertà). A differenza del piano precedente (Sostegno per lInclusione Attiva — SIA), principalmente incentrato sulla povertà infantile, il REI aspira, a medio termine, a essere una misura dal carattere universale. La legge di bilancio 2018 stanzia risorse per estendere la misura a tutte le persone che versano nella stessa condizione di povertà, a prescindere dalla situazione familiare. Si prevede, in questo modo, di aumentare considerevolmente leffetto delle prestazioni sociali sulla povertà, una questione ancora critica nel 2016 (riquadro 4.3.1.) ( 30 ).

Il nuovo piano è diventato operativo nel gennaio 2018. Rispetto al piano precedente, il REI presenta importanti novità: la prestazione è calcolata in base a nuove regole ed è proporzionale alla differenza tra il reddito familiare effettivo e una soglia di reddito netto. Le risorse sono passate da 1,7 miliardi di EUR originariamente disponibili a 2 miliardi di EUR nel 2018 (circa lo 0,1% del PIL), e continueranno a crescere progressivamente fino a toccare quota 2,7 miliardi di EUR nel 2020. Secondo le stime del governo, il piano ha le potenzialità per raggiungere una platea di 2 500 000 persone (compresi 700 000 minori). Il REI sostituisce inoltre l’assegno sociale di disoccupazione (ASDI) — un primo passo verso la razionalizzazione della spesa sociale. Tra le innovazioni positive figurano anche meccanismi intesi a facilitare le procedure di domanda, il rafforzamento della governance e la valutazione. Accanto alle misure nazionali, sono stati varati numerosi regimi di reddito minimo regionali che in alcuni casi allargano la platea degli aventi diritto.

Un aspetto chiave dell’attuazione della riforma sarà il rafforzamento dei servizi che forniscono misure di attivazione. Il governo e le regioni hanno stabilito standard per i servizi e per i progetti personalizzati di attivazione che fissano le condizioni per ricevere le prestazioni. Le famiglie sono sostenute da un’équipe multidisciplinare composta almeno da un assistente sociale e da un operatore dei servizi per l’impiego. Data la difficile situazione in cui versano attualmente i servizi sociali, che spesso presentano carenze di organico, il successo del piano dipende in larga misura dallo stanziamento di risorse sufficienti. Per questo motivo una parte delle risorse del REI sarà dedicata a sostenere questi servizi. Nonostante il rafforzamento dei servizi sociali sia già in fase di attuazione, permangono le sfide connesse alla realizzazione dei progetti personalizzati da parte dei servizi per l’impiego. Il Fondo sociale europeo ha stanziato fondi per l’assunzione di 600 nuovi operatori in tutto il paese.

Sanità, assistenza a lungo termine e disabilità

I risultati dell’Italia nell’ambito della sanità si collocano generalmente al di sopra della media UE e il sistema sanitario presenta un buon rapporto costi/efficacia. La speranza di vita in Italia è rimasta costantemente al di sopra della media UE e i tassi di mortalità evitabile sono tra i più bassi dell’UE (OCSE/Osservatorio europeo delle politiche e dei sistemi sanitari, 2017). Sono in fase di attuazione i sistemi sanitari online (Ehealth), così come i sistemi di informazione a sostegno della valutazione delle prestazioni. Sebbene l’Italia presenti un rapporto infermieri-medici più basso rispetto alla maggior parte dei paesi dell’UE (1,5 contro una media UE di 2,3), negli ultimi anni è stato formato un numero considerevole di infermieri e si sta procedendo alla regolamentazione dei prestatori di assistenza remunerati per rispondere alle necessità di una popolazione che invecchia. La spesa sanitaria pubblica è ancora al di sotto della media UE. Si potrebbero generare risparmi tramite la centralizzazione degli acquisti e un maggior ricorso ai farmaci generici.

Il fabbisogno di cure mediche che rimane insoddisfatto è tuttavia sempre più elevato. La percentuale di italiani che riferisce necessità di cure mediche insoddisfatte è aumentata significativamente negli ultimi anni, specialmente tra i gruppi a reddito più basso (dal 5,0% nel 2010 al 7,2% nel 2015, più del doppio rispetto alla media UE del 3,2%). Apparentemente, dunque, i cittadini italiani incontrano sempre più difficoltà nell’accesso all’assistenza sanitaria, principalmente per motivi di ordine finanziario, che costituiscono un ostacolo significativo. La situazione è tuttavia parzialmente controbilanciata dall’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria per vari gruppi vulnerabili. La compresenza di pubblico e privato spinge i pazienti a rivolgersi all’assistenza sanitaria privata, in parte a causa dei lunghi tempi di attesa del sistema pubblico, specialmente nelle regioni meridionali. La parità di accesso all’assistenza sanitaria è inoltre pregiudicata da differenze regionali nella qualità e nell’organizzazione dell’assistenza, compresa la quota di partecipazione alla spesa per gli specialisti. Sebbene il governo abbia recentemente affrontato il problema dei tassi ridotti di copertura vaccinale dei bambini, sono state adottate poche misure intese a garantire effettivamente la parità di accesso all’assistenza sanitaria per tutti. A seguito dei piani di riduzione del disavanzo, sono aumentate nella maggior parte delle regioni le quote di partecipazione alla spesa sanitaria per i farmaci e per l’utilizzo improprio del pronto soccorso.

La spesa sociale per le persone con disabilità è elevata ma i risultati sono disomogenei. Il principale strumento a sostegno delle persone con disabilità è l’indennità di accompagnamento, una prestazione in denaro a carattere non contributivo e indipendente dal reddito. Nel 2016 questa misura è costata circa 12,1 miliardi di EUR e ha interessato circa 2 milioni di beneficiari (per il 78% ultrasessantacinquenni). I servizi di assistenza sono tuttavia spesso inadeguati, con disparità tra un comune e l’altro. Poiché l’indennità non è sufficiente, spesso si finisce per ricorrere a prestatori di assistenza meno costosi ma non qualificati o per incoraggiare le donne a rimanere a casa a prendersi cura dei familiari. Tale situazione è confermata anche dalla percentuale ridotta di anziani (5-6%) che fruiscono di servizi pubblici di assistenza. Un recente studio comparativo (Albertini e Pavolini, 2017) evidenzia che i sistemi di assistenza basati sull’erogazione di servizi favoriscono un maggiore accesso all’assistenza formale e riducono le disparità.

4.3.4.Sfide demografiche e migrazione

La dinamica della popolazione italiana pone sfide a medio termine. Per determinare l’impatto socioeconomico delle tendenze demografiche è fondamentale la combinazione di due fattori principali: la variazione dell’entità della popolazione e la sua struttura. Entrambi i fattori dipendono dall’andamento del tasso di fecondità e dai flussi migratori. Tra il 2005 e il 2015 la popolazione in età lavorativa è aumentata di circa 770 000 unità, grazie a un saldo migratorio netto positivo pari a circa 1 610 000 unità. Secondo le proiezioni, tuttavia, la popolazione in età lavorativa (15-64 anni) subirà una contrazione del 19% entro il 2050. In uno scenario a migrazione zero il calo sarebbe quasi il doppio. Nel 2016 la percentuale della popolazione italiana al di sopra dei 65 anni di età (22%) era inoltre superiore alla media UE (19,2%). Di conseguenza, l’indice di dipendenza degli anziani si è attestato al 34,3% (UE: 29,3%) e, secondo le previsioni, supererà il 60% entro il 2045 (Commissione europea, 2017e) (cfr. sezione 4.1).

Fecondità e struttura demografica

Il tasso di fecondità dellItalia è destinato a rimanere basso. Dal 1996 al 2015 il tasso si è mantenuto intorno alla soglia di 1,3, considerata bassa-bassissima ( 31 ). Dal 1994 la tendenza del saldo naturale è negativa. Fino al 2014 il saldo naturale negativo era controbilanciato da un saldo migratorio ampiamente positivo (grafico 4.3.2.). Nel 2015 il saldo netto è diventato tuttavia negativo, con conseguente perdita netta di popolazione.

Le politiche di sostegno alle famiglie sono frammentarie e non sufficientemente mirate. La decisione di avere figli o meno dipende generalmente da vari fattori, tra cui il livello di istruzione, il livello di incertezza del contesto socioeconomico, la concezione dello Stato sociale e il livello di parità di genere. Elementi concreti dimostrano che il basso tasso di fecondità in Italia è dovuto a una drastica diminuzione della propensione ad avere il secondo e i successivi figli (Rondinelli et al., 2006), mentre non è mutata la probabilità di avere il primo (Dalla Zuanna, 2004). Tale dato suggerisce che l’erogazione di un premio alla nascita potrebbe non essere una politica efficace per favorire l’aumento della fecondità. Più idonee sembrano essere le politiche volte a promuovere gli asili nido e le strutture per la custodia dei bambini, istituzioni adeguate e affidabili (cfr. sezione 4.4) e la promozione della parità di genere sia nella vita lavorativa sia nella vita privata (Billari e Galasso, 2009; Aasve et al., 2015, 2016; Rindfuss et al., 2003).

Flussi migratori

La migrazione non compenserà più il saldo naturale negativo. Fino al 2014 l’alto livello di immigrazione ha mantenuto positivo il saldo migratorio, controbilanciando ampiamente il saldo naturale negativo. Nel 2015 la popolazione è tuttavia diminuita per la prima volta. Dal 2010 al 2015 il saldo migratorio è stato in costante calo, a causa sia della riduzione dell’immigrazione (il 2014 e il 2015 hanno registrato il più basso numero di ingressi dal 2002) sia dell’aumento dell’emigrazione (il 2015 ha visto il numero di uscite più elevato dal 1990). Nel 2016 la migrazione netta è tornata ad aumentare ed è destinata a stabilizzarsi al di sopra delle 200 000 persone l’anno.

Sempre più italiani si trasferiscono in altri paesi dell’UE. Dal 2006 l’emigrazione è aumentata del 60% (Fondazione Migrantes, 2017). Nel gennaio 2017 erano circa 5 milioni gli italiani ufficialmente residenti all’estero (circa l’8,2% della popolazione totale), ma è probabile che il numero totale degli emigrati sia più elevato. Nel 2015 i laureati e i lavoratori altamente qualificati che hanno lasciato il paese erano il 13% in più rispetto all’anno precedente. Il 40% degli emigrati è inoltre costituito da giovani (18-34 anni). Vale la pena rilevare che l’emigrazione di persone altamente qualificate è particolarmente forte nelle regioni meridionali, in cui dal 2014 il saldo migratorio netto è diventato negativo. Tenendo conto anche dell’aumento della migrazione interna verso le regioni settentrionali più ricche, la fuga di cervelli potrebbe comportare una perdita permanente di persone altamente qualificate nel Sud del paese.

Anche l’integrazione delle persone provenienti da un contesto migratorio costituisce una sfida a lungo termine. Nel 2016 vivevano in Italia 3,5 milioni di cittadini di paesi terzi (il 5,8% della popolazione totale). Gli immigrati sono in media più giovani degli italiani e hanno un tasso di fecondità più elevato. Tuttavia, sebbene il tasso di occupazione delle persone nate al di fuori dell’UE sia paragonabile a quello degli italiani, tra i primi la percentuale di persone scarsamente qualificate è decisamente più elevata (il divario è pari a 19,2 punti percentuali): migliorandone le competenze si potrebbero mitigare le sfide dell’integrazione. Chi non è nato nell’UE è inoltre a maggiore rischio di povertà lavorativa.

Grafico 4.3.2:Scomposizione delle variazione della popolazione
(proiezioni di riferimento)

Fonte: Eurostat

Oltre allimmigrazione economica, anche il flusso di richiedenti asilo costituisce una sfida. Tra gennaio 2016 e luglio 2017 lItalia ha ricevuto 204 290 domande di asilo e ha adottato 51 765 decisioni positive. La legge 47/2017, che stabilisce misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati ( 32 ), e il nuovo piano nazionale dintegrazione adottato nel settembre 2017 forniscono un quadro più sistematico per le politiche di integrazione. Il piano si concentra tuttavia solamente sui titolari di protezione internazionale e non prende in considerazione i migranti economici. È opportuno monitorare lattuazione del piano e ladeguatezza dei finanziamenti, concentrando lattenzione sul coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, anche a livello regionale e locale.

4.4.    Investimenti e competitività*

4.4.1.Andamento delle esportazioni e competitività

L’erosione delle quote del mercato delle esportazioni dell’Italia si è interrotta. Dal 2010, dopo le consistenti perdite di quote del mercato delle esportazioni dei dieci anni precedenti, il volume delle esportazioni dell’Italia è cresciuto sostanzialmente in linea con le esportazioni mondiali. Gli sviluppi della quota del mercato basata sul valore delle esportazioni si sono stabilizzati solo nel 2013 e sono stati seguiti da una ripresa marginale. Tale miglioramento è stato sostenuto dal passato deprezzamento dell’euro, che, a partire dal 2015, ha favorito le esportazioni italiane verso paesi al di fuori della zona euro (grafico 4.4.1). La qualità media delle esportazioni italiane si è leggermente deteriorata tra il 2011 e il 2016 (Commissione europea, 2017f), nonostante la transizione molto graduale verso prodotti caratterizzati da un’intensità tecnologica più elevata.

Grafico 4.4.1:Quote del mercato delle esportazioni, tasso di cambio e indicatori della competitività di costo dellItalia

Note: le quote del mercato delle esportazioni basate sul valore si riferiscono a tutti i paesi. Le quote del mercato delle esportazioni basate sul volume si riferiscono a 36 mercati industriali.

Fonte: Commissione europea

La competitività esterna di costo è migliorata, soprattutto grazie alla crescita contenuta dei salari. Dopo consistenti perdite negli anni 2000, determinate da un apprezzamento considerevole del tasso di cambio effettivo nominale nonché da un rapido aumento del costo del lavoro per unità di prodotto, la competitività di costo dell’Italia è migliorata grazie alla contenuta crescita dei costi nominali del lavoro per unità di prodotto (0,5% in media nel periodo 2013-2017, rispetto allo 0,8% della zona euro). La crescita della produttività del lavoro (aumentata secondo le stime dello 0,4% nel 2017, dopo un calo dello 0,6% nel 2016) è lenta. Insieme a carenze strutturali a lungo termine, quali le dimensioni mediamente piccole delle imprese, tale situazione limita il potenziale per ripristinare completamente la competitività persa in passato.

I fattori della competitività non di prezzo continuano tuttavia a pesare sulle prospettive di esportazione dellItalia. Una specializzazione nelle importazioni sfavorevole, le dimensioni mediamente piccole delle imprese e la capacità di innovazione limitata rimangono sfide fondamentali. In primo luogo, la specializzazione geografica e merceologica dellItalia, in particolare nel corso della crisi, ha contribuito negativamente alla crescita delle esportazioni, sebbene la situazione sia lievemente migliorata dal 2013 (Commissione europea, 2017f). In secondo luogo, lItalia ha una quota rilevante di piccole imprese e microimprese che non sono attive sui mercati internazionali. Le piccole imprese con più di dieci dipendenti presentano tuttavia un miglior andamento delle esportazioni rispetto alla imprese comparabili in paesi europei analoghi. Lanalisi econometrica sottolinea limportanza delle caratteristiche strutturali e dei comportamenti strategici nel determinare le prestazioni internazionali delle imprese (Brancati et al., di prossima pubblicazione). Nello specifico, linvestimento nellinnovazione e nella R&S potrebbe incrementare i margini intensivi ed estensivi ( 33 ) delle esportazioni e consentire a imprese in precedenza non esportatrici di entrare nei mercati dellesportazione (al di fuori dellUE). Linnovazione di prodotto sembra essere il fattore predominante per migliorare landamento delle esportazioni, mentre il miglioramento dei processi organizzativi allinterno dellimpresa dovrebbe avere un effetto indiretto aggiuntivo sulle esportazioni, aumentando la produttività.

4.4.2.INVESTIMENTI E INNOVAZIONE*

Sebbene sia stata recentemente registrata una modesta ripresa, i livelli degli investimenti restano esigui rispetto agli altri paesi comparabili dell’UE. Nel 2016 gli investimenti costituivano il 17,1% del PIL, più di 3 punti percentuali al di sotto della media della zona euro. Nello stesso anno gli investimenti privati rappresentavano soltanto il 15% del PIL (media della zona euro: 17,7%), con gli investimenti realizzati da società non finanziarie che erano scesi al 9,2% del PIL rispetto al 10,7% del 2007. Gli investimenti pubblici rappresentano il 2,1% del PIL, in calo rispetto alla media del 3,1% nel periodo 2005-2009 e al di sotto della media della zona euro del 2,5%.

Gli investimenti immateriali hanno risentito di meno della crisi, ma rimangono bassi rispetto al resto della zona euro. Le attività immateriali ( 34 ) sono fondamentali per la produttività e la crescita economica e possono contribuire a spiegare le differenze tra i paesi (Thum-Thysen et al., 2017). In Italia gli investimenti in attività immateriali sono cresciuti in linea con il resto della zona euro fino allinizio degli anni 2000, quando si è iniziato a creare un divario (grafico 4.4.2). Nello 2016 gli investimenti in attività immateriali rappresentavano il 2,8% del PIL italiano (media della zona euro: 4,2%).

Grafico 4.4.2:Investimenti materiali e immateriali non residenziali in Italia e nel resto della zona euro, prezzi costanti

Fonte: Eurostat

In Italia gli investimenti in R&S rimangono modesti e nel contempo persistono disparità regionali. Nel 2016 la spesa totale in R&S era pari all’1,3% del PIL, al di sotto dell’obiettivo di Europa 2020 per il paese dell’1,5% e della media dell’UE del 2,0%. Inoltre le regioni settentrionali investono sistematicamente di più in R&S di quelle meridionali (ISTAT, 2016). Una migliore attuazione di strategie regionali di specializzazione intelligente potrebbe migliorare l’efficienza di tale spesa. La spesa pubblica in R&S ristagna dal 2013 e rappresenta lo 0,5% del PIL, rispetto allo 0,7% dell’UE nel suo complesso. Tra il 2008 e il 2016, gli stanziamenti di bilancio destinati dal governo italiano alle attività di R&S sono scesi da 10 a 8,7 miliardi di EUR. Tale riduzione potrebbe compromettere la capacità del settore della ricerca pubblica di trattenere ricercatori altamente qualificati nel paese. Nel 2016 la spesa delle imprese in R&S era pari allo 0,8%, ben al di sotto della media dell’UE dell’1,3%. Tre fattori principali contribuiscono a spiegare i livelli modesti di investimenti in R&S e in attività immateriali, e le deboli prestazioni in termini di innovazione dell’Italia: l’elevato numero di microimprese, la composizione settoriale dell’economia, con una specializzazione relativamente bassa in settori ad alta intensità di conoscenza, e il basso tasso di digitalizzazione.

Sono state introdotte misure di bilancio per favorire gli investimenti innovativi delle imprese. La riduzione dell’aliquota dell’imposta sul reddito delle società (dal 27,5% al 24% a partire dal 2017) dovrebbe sostenere tutti i tipi di spesa in conto capitale mentre la strategia Impresa 4.0 (denominata in precedenza Industria 4.0) si concentra sugli investimenti innovativi. Quest’ultima prevede incentivi fiscali quali la proroga dei crediti di imposta per gli investimenti in R&S fino al 2020, che sono stati aumentati al 50% per tutte le attività di R&S, e la possibilità per le società di dedurre il 140% dell’importo degli investimenti e il 250% dell’importo degli investimenti in tecnologie dell’informazione e della comunicazione (“iper- ammortamento”) (cfr. sezione 4.1). Una nuova disposizione della legge di bilancio introduce nel 2018 crediti di imposta per spese supplementari in attività di formazione nell’ambito delle tematiche previste da Impresa 4.0 che potrebbero contribuire a rimediare le attuali carenze di competenze digitali del personale dipendente. Tuttavia non sono state ancora attuate importanti misure volte a facilitare il processo di digitalizzazione delle PMI (Centri di Competenza e Punti Impresa Digitale), il che potrebbe compromettere l’efficacia a lungo termine dei crediti d’imposta. Dall’introduzione della relativa legge nel 2012, sono state create 8 581 start up innovative, che rappresentano lo 0,54% dei circa 1,6 milioni di società di capitali attive in Italia. Il 75,8% delle start up innovative e il 77,4% delle PMI innovative sono situate nelle regioni centrali e settentrionali (Ministero dello sviluppo economico, 2018).

Le politiche per l’innovazione sono state spostate verso regimi di sostegno indiretto. Sebbene i finanziamenti indiretti possano ridurre i costi amministrativi per le imprese, essi potrebbero essere meno efficaci dei regimi di finanziamento diretto al fine di promuovere programmi di ricerca strategica o di concentrarsi su nuovi ambiti della ricerca e dell’innovazione. Occorre valutare tempestivamente l’efficacia di tutte le misure, non per ultimo per risolvere le disparità regionali.

Il contesto in cui operano le imprese non è stato favorevole all’imprenditoria e agli investimenti. Nonostante le recenti riforme, svolgere un’attività imprenditoriale in Italia rimane complesso. I motivi principali sono l’inefficienza della pubblica amministrazione, la lentezza dei procedimenti giudiziari e la concorrenza debole in settori dei servizi chiave, che ostacolano gli investimenti e la produttività (FMI, 2017; OSCE, 2017). Tali aspetti sono approfonditi nella sezione 4.5.1. Secondo analisi recenti (BEI, 2016), l’accesso alle fonti di finanziamento, il mercato del lavoro, la regolamentazione delle attività economiche, i costi elevati dell’energia e la mancanza di personale con le giuste competenze sono tra gli ostacoli a lungo termine agli investimenti. Tali caratteristiche strutturali possono inoltre scoraggiare gli investimenti diretti esteri (storicamente bassi rispetto ai paesi comparabili), che hanno registrato un’ulteriore diminuzione dopo la crisi. Nel 2016 l’afflusso di investimenti diretti esteri, sebbene in crescita su base annuale, è stato inferiore del 65% rispetto al 2007. Durante lo stesso periodo tali afflussi hanno subito un calo meno drastico in Francia e in Spagna (rispettivamente del 38% e del 45%), mentre sono aumentati considerevolmente in Germania (del 22%).

Gli utili delle imprese stanno perdendo terreno. La redditività delle imprese italiane è in calo dalla fine degli anni 90. La quota di utili lordi ( 35 ) delle società non finanziarie è diminuita passando dal 50% circa del PIL nel 1999 a poco più del 42,2% nel 2016 (sostanzialmente in linea con la media della zona euro). In termini di redditività le imprese dei settori dei beni non scambiabili sono indietro rispetto a quelle manifatturiere (Amici et al., 2017). La diminuzione dei profitti limita la possibilità di rimborsare i debiti e di autofinanziare gli investimenti.

Il finanziamento delle PMI italiane continua a essere fortemente dipendente dal settore bancario, ma lerogazione di crediti rimane modesta. Le tre principali fonti di finanziamento restano le linee di credito (56% delle PMI), i prestiti bancari (49%) e le sovvenzioni (50%). Soltanto il 2% delle PMI italiane è finanziato con capitale proprio, contro una media dellUE del 12% (Commissione europea, 2017l). Sebbene negli ultimi anni siano stati registrati miglioramenti in termini di accesso ai finanziamenti per le PMI ( 36 ), i vincoli di carattere finanziario costituiscono ancora unimportante limitazione alla crescita delle imprese, in particolare per le società orientate verso linnovazione e la R&S, a causa del considerevole rischio di mercato e tecnologico, nonché della domanda di credito più elevata (Brancati et al., di prossima pubblicazione). La ripresa in termini di volume dei prestiti è molto più evidente per le medie e grandi imprese rispetto alle piccole (rispettivamente, +0,6 e -1,0% su base annua) (dati di novembre della Banca dItalia, 2018x). Inoltre lelevato stock di crediti deteriorati continua a rappresentare un problema ai fini dellaccesso ai finanziamenti in quanto vincola ulteriormente la capacità delle banche di erogare credito (cfr. sezione 4.2).

Grafico 4.4.3:Quota di debito delle imprese in situazione di stress finanziario

Note: per “zombie” si intendono quelle società che hanno meno di 10 anni e per cui il coefficiente di copertura degli interessi è inferiore a uno da oltre 3 anni consecutivi (disponibile soltanto a partire dal 2014). L’analisi non include le imprese dei settori agricolo, finanziario e assicurativo, la pubblica amministrazione, il settore artistico e le famiglie in quanto datori di lavoro.

Fonte: calcoli della DG ECFIN basati su dati di Orbis.

Le imprese in situazione di stress finanziario sono in genere più piccole e considerevolmente meno produttive delle altre. Nel periodo 2013-2015 le società non finanziarie non hanno registrato alcun calo sensibile delle difficoltà finanziare (grafico 4.4.3). Le imprese in situazione di stress finanziario sono notevolmente meno produttive e rappresentano in media il 20% dei posti di lavoro. Investono anche di meno in quanto devono ridurre il livello di debito. Poiché non solo la loro produttività ma anche la loro crescita di produttività è più modesta, la percentuale elevata di imprese in situazione di stress finanziario potrebbe ostacolare il miglioramento della produttività aggregata dell’Italia (cfr. sezione 4.3).

4.4.3.Pubblica amministrazione*

La pubblica amministrazione italiana è considerata meno efficiente ed efficace rispetto ai paesi comparabili dell’UE. Le prestazioni dell’Italia sono inferiori a quelle delle altre grandi economie dell’UE secondo la maggior parte degli indicatori mondiali della governance 2017 della Banca mondiale (Banca mondiale, 2016a). Nel caso dell’Italia, l’indicatore di efficienza della funzione pubblica, che rispecchia la percezione della qualità dei servizi pubblici e la capacità della pubblica amministrazione, è passato dallo 0,45 del 2016 a 0,52, mostrando un miglioramento che è tuttavia ancora considerevolmente inferiore a quello degli altri paesi europei comparabili. L’Italia è inoltre lo Stato membro con la più alta percentuale di cittadini che non ha fiducia nelle amministrazioni pubbliche, a livello nazionale e locale. Gli uffici pubblici sono ritenuti un peso anziché un partner affidabile (Commissione europea, 2017g). Lo stesso vale per le imprese. Nonostante alcuni progressi della reattività delle amministrazioni alle esigenze delle PMI (Commissione europea, 2017i, k), la normativa statale, la complessità delle procedure amministrative e le competenze del personale statale registrano risultati insoddisfacenti per quanto riguarda il sostegno alle imprese nuove e in crescita (GEM 2016). Inoltre l’efficienza della pubblica amministrazione differisce notevolmente tra le regioni, il che contribuisce a rendere il contesto imprenditoriale nelle regioni meridionali meno favorevole (cfr. sezione 4.5).

Una gestione efficace del pubblico impiego è fondamentale per il miglioramento della pubblica amministrazione italiana. Il settore pubblico italiano esercita scarsa attrattiva sui lavoratori altamente qualificati (Commissione europea, 2017d). I rendimenti delle competenze degli impiegati pubblici sono più bassi rispetto a quelli dei settori privati comparabili. Sebbene si tratti di uno schema ricorrente nelle grandi economie, l’Italia presenta rendimenti delle competenze più bassi sia nel settore pubblico sia in quello privato, e quest’ultimo è meno della metà rispetto ai paesi comparabili dell’UE (grafico 4.4.4). Inoltre la differenza negativa tra i rendimenti delle competenze dei lavoratori giovani (25-34) e quelli dei lavoratori in uscita dal mercato del lavoro (55-64) è tre volte superiore rispetto alle economie comparabili (Pirelli et al. 2016). A tale fenomeno si accompagna un processo di selezione inefficiente, basato più sulle conoscenze accademiche che sulle capacità, e la mancanza di incentivi monetari e di carriera adeguati. Di conseguenza, sulle prestazioni delle pubbliche amministrazioni gravano un notevole disallineamento tra impiego e titolo di studio e un’autoselezione negativa nel processo di assunzione (ARAN, 2014).

Grafico 4.4.4:Rendimento delle competenze (competenze numeriche)

Note: stime Hanushek et al. basate su dati PIAAC (2012). Aumento percentuale del reddito associato a un incremento di una deviazione standard delle misure delle competenze.

Fonte: Banca d’Italia, 2016.

Lattuazione della riforma della pubblica amministrazione è stata quasi completata. Ad agosto 2015 è stata adottata unampia legge delega di riforma della pubblica amministrazione. Nel 2016 il governo ha adottato una serie di decreti legge molto efficaci volti a semplificare e accelerare il processo decisionale, nonché a promuovere la trasparenza e la digitalizzazione delle amministrazioni (Commissione europea, 2017d; 2016b). Nel 2017 lattuazione si è incentrata soprattutto sul pubblico impiego e sulle imprese pubbliche ( 37 ). Tutti i decreti legislativi di attuazione della riforma sono stati adottati. È tuttavia ancora necessaria una vasta riforma dei servizi pubblici locali (cfr. sezione 4.5.1).

Lattuazione della riforma del pubblico impiego sarà problematica. La riforma riguarda il livello necessario di personale, il processo di assunzione e la valutazione delle prestazioni. Le nuove disposizioni consentono alla pubblica amministrazione di stabilire e programmare le dimensioni e la ripartizione del personale secondo le esigenze effettive, in termini di numero e di competenze. Il sistema attuale prevede che il numero di posti disponibili per ciascuna amministrazione sia stabilito a livello centrale attraverso la determinazione della dotazione organica ( 38 ). La riforma va nella giusta direzione anche per quanto riguarda la selezione e lassunzione dei dipendenti pubblici. Introduce nelle selezioni più elementi incentrati sulle competenze, ad esempio una maggiore focalizzazione sui dottorati di ricerca, sulla padronanza delle lingue straniere e sulle esperienze lavorative precedenti. Tuttavia il sistema continua a dipendere eccessivamente da concorsi di assunzione basati sulle conoscenze anziché sulla valutazione delle competenze/abilità. Il Dipartimento della funzione pubblica sta attualmente rivedendo, sebbene senza un calendario specifico, le norme generali dei concorsi per introdurvi ulteriori elementi incentrati sulle competenze. La mancanza di correlazione tra i processi di valutazione e la promozione e la progressione salariale è un altro dei problemi affrontati. Il nuovo sistema di valutazione, oltre a essere più mirato, lega gli incentivi monetari alle prestazioni individuali e di gruppo. La sua attuazione potrebbe tuttavia rivelarsi difficile, in quanto comporta il cambiamento di prassi stabilite a tutti i livelli.

L’attuazione del nuovo quadro unico per gestire e razionalizzare le società a partecipazione pubblica è fondamentale. Le nuove norme equiparano le società a partecipazione pubblica alle società private e introducono criteri per costituire, acquisire e mantenere la partecipazione in tali società. Le norme rafforzano i meccanismi di controllo ex ante ed ex post e stabiliscono inoltre le revisioni annuali e le relative sanzioni. Le amministrazioni che non si conformano ai criteri stabiliti per le società a partecipazione pubblica o che non presentano la revisione delle proprie partecipazione possono subire sanzioni finanziarie o il congelamento dei diritti di voto nel consiglio di amministrazione dell’impresa. Tuttavia, viste le difficoltà dei tentativi di riforma passati, l’attuazione delle nuove norme e la relativa esecuzione potrebbero essere problematiche. La ricognizione di tutte le imprese pubbliche è stata completata a novembre 2017.

4.4.4.SISTEMA GIUDIZIARIO*

Lefficienza del sistema giudiziario ha registrato soltanto un lieve miglioramento e la durata dei procedimenti, specialmente nei gradi di giudizio più elevati, continua a destare preoccupazione. Un sistema giudiziario efficiente, capace di ridurre i tempi di giudizio e larretrato di casi pendenti razionalizzando lorganizzazione degli organi giurisdizionali e riducendo leccessivo tasso di litigiosità, potrebbe favorire lattività imprenditoriale e gli investimenti diretti esteri (Lorenzani e Lucidi, 2014). Nel 2016 il tempo necessario per definire i contenziosi civili e commerciali in Italia era ancora uno dei più lunghi dellUE in tutti i gradi di giudizio (grafico 4.4.5), il che rimane fonte di preoccupazione. In particolare, esso era pari a 1,4 anni per il primo grado, 2,7 anni per il secondo grado e 4 anni per il terzo (Commissione europea, 2018c). Sebbene inferiore al 2010, anche il tempo necessario per definire le cause amministrative (925 giorni per il primo grado) rimane preoccupante. Le riforme passate stanno contribuendo a ridurre il numero di cause civili pendenti in primo e secondo grado, ma larretrato è ancora considerevole ( 39 ). Inoltre larretrato presso la Corte di Cassazione ha continuato ad aumentare, del 4% dal 2014 (Corte di Cassazione, 2017a), ed è uno dei più elevati pro capite nellUE. Tale situazione induce a ritenere che le misure adottate non abbiano ancora apportato i miglioramenti previsti per la Corte di Cassazione. Più in generale, i guadagni di efficienza a seguito di passati sforzi di riforma sembrano essere limitati, il che è ulteriormente aggravato dalla mancanza di progressi nella revisione delle norme di procedura civile. Infatti, sebbene siano state recentemente approvate alcune riforme della giustizia civile di portata limitata ( 40 ), unimportante legge delega intesa a snellire i procedimenti civili e ad assicurare una più efficace deterrenza rispetto a processi puramente vessatori è ferma in Parlamento da due anni.

La semplificazione della gestione dei procedimenti e adeguate risorse umane rimangono essenziali per garantire l’efficiente funzionamento dei tribunali. Le misure volte a ridurre l’arretrato di vecchie cause, anche attraverso i principi di una gestione efficiente dei procedimenti nell’ambito del progetto “Strasburgo 2”, mostrano risultati iniziali incoraggianti. Il numero delle cause pendenti per più di 3 anni in primo grado e per più di 2 anni in secondo grado è diminuito drasticamente di oltre il 20% dal 2014. La differenza tra i tribunali rimane tuttavia considerevole, con picchi del 60% nella quota di cause totali pendenti da oltre 3 anni. Inoltre il numero di cause vecchie e la proporzione totale di cause pendenti davanti alla Corte di Cassazione sono ulteriormente aumentati dal 2014. In alcuni casi la difficoltà a smaltire l’arretrato può essere spiegata dalla percentuale ancora elevata di posti vacanti per i giudici (in media il 13% circa) e il personale giudiziario (in media il 23% circa). Tuttavia la copertura di 2 441 posti per giudici non togati a settembre 2017 e i concorsi in atto per coprire la maggior parte dei posti per giudici ordinari e personale amministrativo potrebbero contribuire ad accelerare i guadagni di efficienza da passate riforme della giustizia civile, che faticano ad emergere dai relativi dati. Una riforma della magistratura onoraria, completata a luglio 2017, unifica i vari statuti dei giudici onorari, estende le loro responsabilità e sottolinea la natura temporanea del loro servizio, limitandolo a due giorni alla settimana per due mandati di quattro anni ciascuno. A tal proposito i magistrati ordinari e onorari hanno espresso preoccupazione per il rischio di interruzioni temporanee dovute alla mancanza di risorse alla fine del periodo di transizione.

Grafico 4.4.5:Tempo necessario per definire i contenziosi civili e commerciali

Fonte: Commissione europea, 2018c.

I dati più recenti non indicano che le riforme volte a evitare gli abusi del processo siano già efficaci. Tra le misure introdotte per ridurre il contenzioso e rafforzare la disciplina procedurale, ad esempio, il rito sommario non è divenuto il procedimento automatico nelle corti dappello, come intendeva il legislatore; lutilizzo del “filtro di inammissibilità” per gli appelli rimane incoerente e limitato in secondo grado ( 41 ), e non riesce quindi a produrre lattesa riduzione delle cause in entrata. Inoltre la mediazione e le altre forme di risoluzione extragiudiziale sembrano avere prodotto soltanto risultati modesti (Corte di Cassazione, 2017b). Nel 2016 il numero totale di cause civili in entrata è aumentato del 5% in primo grado e del 6% in secondo grado. Ciò rappresenta uninversione di tendenza rispetto alla lieve riduzione registrata dal 2010, in parte dovuta al costante aumento dei tassi appello (22% nel 2016 in secondo grado rispetto al 18% del 2014). Anche il numero delle controversie civili in entrata dinanzi alla Corte di Cassazione è rimasto stabile dal 2012. Nel 2016 il 13% dei ricorsi per Cassazione è stato dichiarato inammissibile, in aumento rispetto all8% del 2005, confermando la recente tendenza al rialzo (Corte di Cassazione, 2017c). In generale, la capacità della Corte di Cassazione di trattare le cause in entrata è diminuita, in concomitanza con un aumento considerevole (del 40%) delle cause non penali in entrata (comprese quelle tributarie) dal 2012. Tale situazione potrebbe compromettere il ruolo della Corte di Cassazione nel garantire luniformità della giurisprudenza, correggere le incongruenze e mantenere la fiducia dellopinione pubblica nel sistema giudiziario (Consiglio consultivo dei giudici europei, CCJE, 2017). La letteratura disponibile (Bielen e Marneffe, 2017; Mora-Sanguinetti e Garoupa, 2015; Buonanno e Galizzi, 2014; Carmignani e Giacomelli, 2010) indica inoltre che la tendenza a non far rispettare adeguatamente la disciplina procedurale, nel contesto di un ampio accesso agli avvocati, potrebbe rappresentare un ostacolo alleffettiva riduzione del contenzioso, nonostante le riforme passate.

4.4.5.Lotta alla corruzione*

La corruzione resta una grande sfida per il contesto imprenditoriale e il settore degli appalti pubblici in Italia. Nel 2017 l’Italia ha registrato un leggero miglioramento dell’indicatore di “controllo della corruzione” della Banca mondiale, nonché delle prestazioni relative ai pagamenti irregolari, alle tangenti e alla distrazione di fondi pubblici (FEM, 2017). Tuttavia l’Italia continua a riportare risultati mediocri per quanto riguarda i favoritismi nelle decisioni dei pubblici ufficiali e i rilevamenti (Eurobarometro Flash 457) indicano che è il paese dell’UE con la più alta percentuale di imprese che considerano i favoritismi e la corruzione ostacoli alla concorrenza (95% rispetto alla media del 74% dell’UE). L’intolleranza dell’opinione pubblica nei confronti della corruzione sembra essere aumentata: dai rilevamenti emerge che il 79% della popolazione ritiene la corruzione inaccettabile, rispetto al 68% del 2013 (Eurobarometro Speciale 470). Anche la corruzione nel settore degli appalti pubblici rappresenta ancora un rischio particolarmente serio. Nel 2016 il 31% di tutte le procedure al di sopra della soglia UE si è svolto in base a un’unica offerta e il 9% delle aggiudicazioni non è stato preceduto dalla pubblicazione di alcun bando di gara (Single Market Scoreboard, 2017). Un numero crescente di imprese sembra ritenere che la corruzione e il rischio di specifiche tecniche definite su misura negli appalti pubblici gestiti dalle autorità nazionali siano diffusi (rispettivamente l’80% e il 67% rispetto al 76% e al 61% nel 2015).

LItalia ha migliorato il proprio quadro anticorruzione anche rivedendo listituto della prescrizione, ma linefficienza della giustizia penale continua a ostacolare la repressione della corruzione. A giugno 2017 il governo ha modificato il codice penale, anche rivedendo listituto della prescrizione ( 42 ), che da lungo tempo ostacolava la repressione efficace della corruzione. La riforma prevede la sospensione dei termini di prescrizione (fino a un massimo di un anno e mezzo, fino alla deposizione della sentenza successiva) per tutti i reati dopo una condanna in primo e secondo grado. Prolunga inoltre i termini fino al 50% per reati specifici di corruzione. Sebbene non interrompa i termini di prescrizione dopo la condanna in primo grado, come raccomandato dal gruppo di Stati contro la corruzione del Consiglio dEuropa (GRECO), la riforma potrebbe ridurre il ricorso ad abusi del contenzioso in ambito penale come tattica per ritardare i successivi gradi di giudizio. In tal modo potrebbe attenuare un timore di lunga data che le cause di corruzione cadano in prescrizione dopo la condanna in primo grado. Nel 2016, infatti, il rapporto tra le cause penali prescritte e quelle concluse, che non rispecchia ancora gli effetti della nuova legge, rimane alto (8% in primo grado, 23,4% in secondo grado e 1,3 in terzo grado). Inoltre le inefficienze della giustizia penale continuano a ostacolare la repressione della corruzione. Nel 2014, ad esempio, lItalia aveva il numero più elevato di cause penali in entrata e pendenti in secondo e terzo grado (CEPEJ, 2016), anche a causa di uno dei più elevati tassi di ricorso per Cassazione (52%). Ne risultava, nel 2016, uno dei più lunghi tempi di giudizio nellUE: 0,9 anni in primo grado, 2,4 anni in secondo grado e 0,5 anni in terzo grado (Ministero della giustizia). Incentivare il ricorso a procedimenti abbreviati e scoraggiare gli abusi del sistema processuale (GRECO, 2016) potrebbero pertanto contribuire a rendere più efficace la giustizia penale italiana la lotta contro la corruzione, a beneficio della fiducia dellopinione pubblica e degli investitori nello Stato di diritto.

L’autorità nazionale anticorruzione svolge un ruolo fondamentale nell’attuazione del nuovo quadro anticorruzione rafforzato. Per rafforzare ancora il quadro anticorruzione, l’Italia ha esteso la protezione dei whistelblower (informatori) ai lavoratori del settore privato e allineato ulteriormente il reato di corruzione tra privati alle norme internazionali. Il codice “antimafia” è stato rafforzato con l’introduzione di poteri aggiuntivi di sequestro e confisca dei beni dei mafiosi che commettano reati contro la pubblica amministrazione tra cui l’appropriazione indebita e la corruzione. Inoltre il nuovo codice degli appalti mira a prevenire i cartelli nelle gare di appalto, rafforzare la concorrenza nelle trattative private e stabilire un massimale per i subappalti. L’ANAC ha assunto un ruolo di maggiore peso nel monitoraggio dell’attuazione di questo nuovo quadro. In particolare, sebbene siano stati ridotti i poteri dell’autorità di sospendere le procedure di appalto irregolari, essa può ora emettere pareri di precontenzioso per definire le controversie prima che arrivino dinanzi al giudice e appellare davanti al giudice amministrativo qualsiasi atto che costituisca una grave violazione del nuovo codice. Le sue responsabilità sono state estese e includono anche la protezione dei whistleblower contro le ritorsioni. Tuttavia la maggior parte dei nuovi poteri deve essere resa operativa mediante un regolamento dell’ANAC e l’autorità può emettere soltanto pareri di precontenzioso non vincolanti se le parti non raggiungono un accordo preliminare. Sebbene il personale e i finanziamenti dell’ANAC siano stati recentemente aumentati, lo svolgimento delle nuove responsabilità potrebbe comportare una nuova carenza di risorse. Infine l’Italia manca ancora di un quadro unificato per regolamentare l’attività di lobbismo.

Riquadro 4.4.1: Sfide legate agli investimenti e riforme in Italia

Sezione 1. Prospettiva macroeconomica

Dall’inizio della crisi l’Italia ha registrato un calo degli investimenti più marcato rispetto alla media dell’UE. La diminuzione della spesa per investimenti ha riguardato gli investimenti privati e pubblici e quelli residenziali e non residenziali; questi ultimi rappresentano due terzi del drastico calo totale. Gli investimenti nelle attività immateriali hanno dato prova di maggiore resilienza, ma l’Italia è ancora in ritardo rispetto ai paesi della zona euro. Anche la recente ripresa, associata a un rafforzamento della domanda nel 2016 e nel 2017, è stata più debole che in paesi comparabili. In Italia il calo degli investimenti è stato determinato soprattutto dalla riduzione della domanda interna, dal calo degli utili delle imprese e dalla stretta creditizia, in particolare a causa della vulnerabilità del settore bancario con il suo elevato stock di prestiti deteriorati. Inoltre le imprese italiane si finanziano in maniera più frequente facendo ricorso al debito piuttosto che al capitale proprio, il che contribuisce al loro accesso limitato a ulteriori crediti. Infine il disavanzo di bilancio e l’elevato debito delle amministrazioni pubbliche continuano a frenare gli investimenti pubblici. Per quanto riguarda il piano di investimenti, a settembre 2017 il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) aveva approvato 91 progetti in Italia, per un totale di investimenti legati al Fondo di 33 miliardi di EUR.

Sezione 2. Valutazione degli ostacoli agli investimenti e delle riforme in corso

Oltre ai vincoli macroeconomici, anche il contesto imprenditoriale generale dellItalia non è favorevole agli investimenti, in particolare nelle regioni meridionali, come confermato dalla valutazione della Commissione europea ( VI ). La sovrapposizione di responsabilità tra le amministrazioni locali e il governo centrale e la qualità istituzionale relativamente scarsa, che implica ad esempio una lenta esecuzione dei contratti, pesano sugli investimenti. Alcune riforme sono state adottate o sono in preparazione, in particolare per quanto riguarda il sistema giudiziario, la legislazione del lavoro e il quadro normativo sulla concorrenza, ma lattuazione è lontana dallessere completata e devono essere ancora affrontati altri ostacoli.

Principali ostacoli agli investimenti

1. L’accesso delle imprese ai finanziamenti rimane pesantemente sbilanciato a favore delle banche nelle quali persistono sacche di vulnerabilità, mentre i mercati di capitali non sono ancora sufficientemente sviluppati (cfr. sezioni 4.2 e 4.4). La mancanza di fonti alternative di finanziamento ostacola in particolare le giovani imprese innovative.

2. Inoltre il quadro normativo rimane gravoso e imprevedibile, il che ostacola l’attività delle imprese. Le inefficienze della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario, le modifiche alla legislazione frequenti e spesso imprevedibili e la lenta esecuzione dovuta a procedimenti lunghi indeboliscono l’efficacia della legislazione italiana e compromettono la certezza del diritto (cfr. sezione 4.4).

3. Il livello elevato di tassazione dei fattori di produzione riduce gli incentivi delle imprese a investire (cfr. sezione 4.1). 

4.5.    Politiche settoriali

4.5.1.concorrenza sui mercati dei prodotti e dei servizi e contesto imprenditoriale*

Concorrenza

Diversi settori italiani sono ancora sovraregolamentati e protetti dalla concorrenza. Essi includono i servizi professionali, il settore sanitario, i trasporti pubblici locali, il trasporto ferroviario e il sistema di assegnazione delle concessioni per la gestione dei beni pubblici. La normativa italiana prevede un esercizio annuale volto a liberalizzare ulteriormente l’economia nazionale. La prima legge annuale sulla concorrenza è stata presentata nel 2015 e adottata nell’agosto 2017. Sebbene il testo finale sia meno ambizioso della proposta originaria (Commissione europea, 2017d), l’adozione di una legge sulla concorrenza rappresenta un passo importante nella giusta direzione. Una nuova legge annuale sulla concorrenza, basata su una nuova raccomandazione dell’Autorità garante della concorrenza, è prevista per il 2018.

Una maggiore concorrenza nel settore italiano dei servizi si tradurrebbe in un incremento notevole della produttività per il settore manifatturiero. Facilitare laccesso al mercato dei nuovi concorrenti migliorerebbe lefficienza allocativa dei mercati dei servizi. Tali effetti positivi non si limitano al settore dei servizi, ma vanno a vantaggio delleconomia in generale e in particolare del settore produttivo, in cui i servizi sono un importante fattore di produzione. Studi accademici indicano che la deregolamentazione dei settori dei servizi “a monte” comporta aumenti di produttività nei settori manifatturieri “a valle” (Arnold et al., 2011; Arnold et al., 2013; Bas, 2014), ma ciò dipende, tra laltro, dallassetto istituzionale (Rodriguez & Rodrik 1999) ( 43 ). La riduzione degli ostacoli è più efficace se sostenuta dallassetto istituzionale (cfr. sezioni 4.4.3-4.4.5). Una maggiore concorrenza e una maggiore efficienza del settore dei servizi dovrebbe incrementare notevolmente la produttività nel settore manifatturiero italiano (Lusinyan e Muir, 2013) ( 44 ).

Grafico 4.5.1:Competitività generale dei servizi alle imprese, 2016

Fonte: Commissione europea

In Italia la pressione concorrenziale sui mercati dei servizi alle imprese resta bassa. Il livello delle restrittività concorrenziale è tra i più alti dell’UE (grafico 4.5.1). La legge sulla concorrenza annuale del 2015 mira a ridurre gli ostacoli normativi per determinate professioni. Per quanto riguarda i servizi legali, è stato abolito l’obbligo per gli avvocati di appartenere a una specifica associazione professionale. Sono ammesse anche società multiprofessionali e studi legali aperti a partner non giuristi, sia per la partecipazione (fino al 33% del capitale) sia per le funzioni di gestione non esecutiva. Inoltre la legge aumenta il numero di notai autorizzati ed estende il loro ambito territoriale, uniformando nel contempo le restrizioni alla pubblicità a quelle di altre professioni. Anche il monopolio di Poste italiane della notificazione di atti amministrativi e giudiziari è stato abolito. La legge sulla concorrenza consente, sebbene a condizioni rigorose, ai non farmacisti di acquisire farmacie, entro una soglia limite regionale del 20% del numero totale delle farmacie, e ne liberalizza gli orari di apertura. L’attuazione adeguata e tempestiva di tali misure può aumentare la produttività nei settori a valle. Nel dicembre 2017 il governo ha tuttavia reintrodotto l’equo compenso, limitando la concorrenza sul prezzo/sulle tariffe per tutti i professionisti che hanno rapporti contrattuali con parti che dispongono di un forte potere negoziale, come le banche e le assicurazioni.

L’economia della condivisione ha stimolato la domanda di trasporti e di servizi ricettivi. Le restrizioni al numero di autorizzazioni per i noleggi con conducente (NCC) e la possibile entrata in vigore della norma sul “rientro in garage” limitano tuttavia l’offerta di servizi di trasporto innovativi. Sulla base di una raccomandazione dell’Autorità garante della concorrenza, la legge sulla concorrenza del 2015 invita il governo a riorganizzare il settore dei servizi di trasporto innovativi entro 12 mesi, promuovere la concorrenza, stabilire norme comuni a tutto il paese e ad assicurare la fornitura di servizi di trasporto mediante piattaforme interconnesse. Tuttavia il relativo decreto legge non è stato ancora attuato. Per quanto riguarda il settore della ricettività, le regioni hanno sperimentato finora approcci differenti. A giugno 2017 il governo ha però adottato una nuova legge che definisce gli obblighi fiscali degli intermediari, incluse le piattaforme digitali. La legge prevede che gli intermediari trattengano l’imposta forfettaria sul reddito da locazioni brevi (oltre a eventuali imposte di soggiorno applicabili). Essa obbliga inoltre le piattaforme con sede all’estero a nominare un rappresentante fiscale in Italia.

A livello di vendita allingrosso, la concentrazione nel settore dellenergia elettrica in Italia è diminuita, in quanto lo sviluppo della rete elettrica e leccesso di offerta hanno rafforzato la concorrenza. I prezzi allingrosso dellenergia elettrica restano tuttavia tra i più elevati dEuropa. Nel settore del gas allingrosso i prezzi sono complessivamente in linea con la media dellUE28. Nonostante la liquidità del mercato piuttosto modesta, lintroduzione precoce di norme sulla gestione della congestione alla frontiera settentrionale ha leggermente migliorato il livello della concorrenza. A livello di vendita al dettaglio, in Italia i prezzi dellenergia elettrica e del gas restano tra i più elevati dEuropa, in particolare a causa dellelevata percentuale di imposte. Nel 2014 lItalia ha adottato tuttavia alcune misure (cosiddette “taglia bollette”) per ridurre lonere dei regimi di sostegno alle energie rinnovabili sulle bollette dellenergia elettrica per i consumatori e le piccole e medie imprese. I mercati al dettaglio dellenergia elettrica e del gas sono concentrati anche se il tasso annuo di cambio di fornitore delle famiglie è aumentato ( 45 ). Per quanto riguarda i mercati al dettaglio dellenergia elettrica e del gas, il “mercato tutelato” (per le sole famiglie) sarà gradualmente abolito a partire dal 1° luglio 2019, introducendo una maggiore concorrenza nel mercato italiano.

La qualità e l’efficienza del settore dei trasporti dovrebbero trarre vantaggio dalla maggiore concorrenza indotta dalle gare di appalto per i contratti di servizio pubblico. Le gare di appalto competitive per i servizi di trasporto pubblico sono però limitate (Commissione europea, 2016b). Nonostante l’esperienza positiva con le ferrovie ad alta velocità, in altre parti del settore prevale ancora l’aggiudicazione diretta degli appalti all’operatore storico e permangono ostacoli per i nuovi operatori. Per quanto riguarda le autostrade, oltre all’annoso problema delle concessioni assegnate direttamente all’operatore storico, non vi è ancora concorrenza nel mercato dei sistemi di telepedaggio. L’Autorità di Regolazione dei Trasporti è divenuta pienamente operativa e sta utilizzando i suoi ampi poteri per riformare il contesto normativo, concentrandosi in particolare su ferrovie, porti, diritti dei passeggeri, l’ambito di applicazione dei contratti di servizio pubblico e i requisiti di qualità.

I trasporti pubblici locali in Italia restano inefficienti, con un basso rapporto costi/ricavi. Inoltre un terzo degli utenti non è soddisfatto della qualità del servizio (contro una media dellUE del 17%) (Steer Davies Gleave, 2016). Nel 2017 il governo ha adottato nuove misure ( 46 ) che legano laccesso ai finanziamenti per i trasporti locali a obiettivi di efficienza, tra cui la crescita delle entrate e la qualità del servizio, e al ricorso a gare dappalto competitive. Lattuazione rigorosa degli incentivi, unitamente alla realizzazione del piano di investimenti infrastrutturali, può stimolare i miglioramenti necessari.

Contesto imprenditoriale

Svolgere unattività imprenditoriale in Italia è notevolmente più complicato rispetto ai paesi comparabili. Lo svolgimento di compiti che richiedono il coinvolgimento dellamministrazione pubblica implica, comparativamente, costi più elevati e procedure meno efficienti rispetto agli altri grandi paesi dellUE (Banca mondiale, 2016 e 2018). LItalia registra ancora risultati mediocri in termini di normativa statale e complessità delle procedure amministrative, situazione esacerbata dalle continue modifiche legislative (Commissione europea, 2017h). Il quadro è ulteriormente complicato da fattori quali gli oneri amministrativi associati ai pagamenti delle imposte e il costo elevato dellesecuzione dei contratti (pari in media al 23% del valore della domanda) ( 47 ). Tuttavia gli indicatori di prestazione indicano che, in settori specifici, lamministrazione è divenuta più reattiva alle esigenze delle PMI (Commissione europea, 2017i, k): le misure politiche si sono rivelate efficaci per accorciare i tempi necessari per avviare unimpresa (sebbene i costi complessivi restino molto elevati) ( 48 ), abbassare gli obblighi di capitale minimo versato e ridurre i tempi e i costi necessari al trasferimento di proprietà.

La reattività della pubblica amministrazione alle esigenze delle imprese varia notevolmente tra le regioni. Secondo l’indice europeo di qualità della governance, l’Italia è il paese dell’UE in cui le differenze sono più marcate (grafico 4.5.2). Tali disparità creano contesti imprenditoriali diversi a seconda della sede degli imprenditori, incidono sulla loro capacità di investire e di intraprendere attività innovative, e si ripercuotono anche sulla loro possibilità di sfruttare le opportunità offerte dai fondi strutturali e di investimento europei.

Il sistema italiano degli appalti pubblici è stato riformato. Tuttavia l’attuazione manca ancora di alcuni elementi, quali l’adozione di un piano nazionale per gli appalti pubblici “da punto a punto”, l’aggregazione degli appalti pubblici e le qualifiche richieste agli operatori economici. La creazione della Cabina di regia per gli appalti pubblici mira a far fronte alle inefficienze del sistema e alla tradizionale mancanza di coordinamento tra i diversi servizi pubblici. Tali riforme, se attuate completamente, dovrebbero migliorare il contesto imprenditoriale, la concorrenza e la trasparenza. Tuttavia l’attivazione effettiva della Cabina di regia rimane incerta, il che rischia di rallentare anche gli sforzi dell’Italia intesi a creare un sistema di appalti moderno e digitalizzato (appalti elettronici).

Grafico 4.5.2:Indice europeo della qualità del governo - regioni con i risultati migliori e peggiori per paese

Note: Sono esclusi i territori d’oltremare della Francia.

Fonte: Commissione europea, 2018e

4.5.2.Industrie di rete, energia, clima e ambiente

LItalia è in ritardo nello sviluppo di reti a banda larga. Il governo ha indetto una gara dappalto per dotare tutte le aree “bianche” ( 49 ) di reti di accesso “di nuova generazione” (NGA) con una velocità superiore a 30 Mbit/s (banda ad alta velocità). Dallultima revisione dei piani di investimento NGA degli operatori privati è emerso un ulteriore 8% di aree bianche per cui si deve ancora trovare una soluzione. Nel frattempo gli abbonamenti NGA sono aumentati del 94% tra giugno 2016 e giugno 2017, a fronte di una crescita solo del 5,7% degli abbonamenti alla banda larga nel corso dello stesso periodo ( 50 ). La seconda fase della strategia della banda larga veloce in Italia prevede misure a sostegno della domanda per 1,3 miliardi di EUR (ad es. voucher) per estendere la banda larga a 100 Mbit/s. Nel 2017 la penetrazione di tale tipo di banda larga era solo del 4,8%, al di sotto del livello delle economie comparabili e ben lontana dallobiettivo del 50% indicato dallagenda digitale dellUE ( 51 ).

Grafico 4.5.3:Copertura e penetrazione della banda larga ultraveloce nel 2017 (% di famiglie)

Fonte: Commissione europea

Secondo ledizione 2016 del quadro di valutazione dei trasporti, la qualità dellinfrastruttura principale italiana rimane al di sotto della media dellUE ( 52 ). Il settore ferroviario è ancora caratterizzato da un divario notevole tra le regioni settentrionali e meridionali in termini sia di dotazione infrastrutturale sia di tecnologia per la gestione del traffico. Tale settore dovrebbe essere uno dei maggiori beneficiari del fondo di investimento nazionale (ricevendo il 39,1% dei 46 miliardi di EUR stanziati fino al 2020). La nuova strategia mira a migliorare la pianificazione, dare priorità agli investimenti, concentrarsi sulla mobilità urbana sostenibile, promuovere la multimodalità e introdurre esami dei progetti. La spesa, controllata dallANAC, dovrebbe riguardare soprattutto il trasporto locale (miglioramento delle reti di metropolitana), la sicurezza delle ferrovie locali e regionali (ferrovie ex-concesse).

La transizione in corso verso fonti di energia rinnovabili richiede investimenti notevoli e modifiche alla struttura dei mercati dell’energia italiani. L’Italia non è ancora sufficientemente collegata al mercato dell’energia elettrica dell’UE e la capacità di interconnessione disponibile non è sempre pienamente sfruttata. L’aumento di capacità sulla rete nazionale migliorerebbe la sicurezza e la flessibilità del sistema. In particolare il paese fa ancora affidamento su notevoli importazioni di energia con il rischio di gravi problemi di congestione. Nel 2015 il settore delle energie rinnovabili contava in Italia 97 100 dipendenti (molto al di sopra della media dell’UE) con un fatturato stimato di circa 18,7 miliardi di EUR (EurObserv’ER, 2017).

L’Italia ha già raggiunto l’obiettivo nazionale in materia di energia da fonti rinnovabili per il 2020. L’Italia è tra i maggiori produttori europei di energia geotermica, solare e idrodinamica. Il paese è anche leader nell’uso delle pompe di calore. Tuttavia, negli ultimi anni, l’incertezza relativa al quadro normativo, le modifiche apportate in passato ai regimi di sostegno alle energie rinnovabili (come i tagli retroattivi alle tariffe di riacquisto per i progetti esistenti) e procedure amministrative gravose hanno limitato la crescita del mercato. Progressi nell’efficienza energetica sono stati registrati soprattutto nei settori manifatturiero e dei trasporti.

LItalia ricorre a una serie di misure normative e incentivi economici per promuovere lefficienza energetica. I crediti di imposta per i miglioramenti dellefficienza energetica nelledilizia residenziale hanno portato investimenti per 31,2 miliardi di EUR, associati ad agevolazioni fiscali pari a circa 18,2 miliardi di EUR tra il 2007 e il 2016 (ENEA, 2017) ( 53 ). A novembre 2017 lItalia ha adottato una nuova strategia energetica nazionale che prevede:

·un obiettivo nazionale di energie rinnovabili del 28% del consumo energetico lordo entro il 2030;

·un obiettivo di riduzione di 10 Mtep/anno del consumo energetico finale nel 2030;

·la dismissione completa delle centrali elettriche a carbone entro il 2025;

·lobiettivo di raddoppio degli investimenti in energie pulite da 222 milioni di EUR nel 2013 a 444 milioni di EUR nel 2021;

·misure per migliorare ladeguatezza, la flessibilità e la resilienza dei sistemi dellenergia elettrica e del gas.

Riquadro 4.5.1: Iniziative politiche principali: sistema di indicatori di benessere equo e sostenibile

Con la creazione del sistema degli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES), lItalia ha compiuto progressi considerevoli verso linclusione della dimensione dello sviluppo sostenibile nelle questioni di bilancio e finanziarie. Gli indicatori BES sono costituiti da 129 indicatori articolati in 12 domini. La legge ( VII ) che istituisce i BES istituisce anche un apposito comitato composto da rappresentanti del Ministero dellEconomia e delle Finanze (MEF), della Banca dItalia, dellIstituto nazionale di statistica (ISTAT) e da esperti di alto livello del settore accademico e della ricerca per individuare gli indicatori da allegare al Documento di Economia e Finanza. Inoltre, il MEF ha il compito di produrre unanalisi annuale sui progressi e sulle tendenze di detti indicatori, da presentare al Parlamento entro il 15 febbraio di ogni anno.

L’Italia è sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra fissato per il 2020. Stando alle ultime proiezioni nazionali basate su misure esistenti, le emissioni nei settori non coperti dal sistema di scambio delle quote di emissione (ETS) dell’UE dovrebbero diminuire del 21% tra il 2005 e il 2020, rispetto a un obiettivo del 13%. I dati approssimativi per il 2016 indicano una riduzione del 17%, rispetto all’obiettivo di riduzione del 10% per lo stesso anno.

Nel 2017 l’Italia ha adottato una strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile per guidare l’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile. La Presidenza del Consiglio dei Ministri coordinerà e gestirà la strategia e il governo provvederà a riesaminarne annualmente l’attuazione. A tal fine nel 2017 l’Italia è stata tra i primi ad adottare gli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES), che accompagnano la legge di bilancio annuale e che contribuiscono a monitorare la strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile. Il governo ha elaborato inoltre un catalogo di sovvenzioni rispettose e dannose per l’ambiente (secondo le prime stime per il 2016, le sovvenzioni rispettose e dannose per l’ambiente sono pari, rispettivamente, a 16,2 e 15,7 miliardi di EUR) e ha istituito un Comitato per il Capitale Naturale. Tuttavia il Green Act per promuovere la transizione verso un’economia circolare è ancora in corso di elaborazione.

La gestione dei rifiuti e le infrastrutture idriche necessitano di un miglioramento considerevole, in particolare nelle regioni meridionali. L’investimento necessario per il trattamento delle acque reflue urbane è stimato a circa 4,6 miliardi di EUR (Commissione europea, 2017j), il più elevato dell’UE in termini assoluti. Il riciclaggio dei rifiuti urbani è in aumento e ha toccato il 45,1% nel 2016, lievemente al di sotto della media dell’UE (45,6%) (Eurostat, 2017). Tuttavia portare le regioni meridionali ai livelli di quelle settentrionali del paese e creare un meccanismo strutturale per garantire che tutte le discariche siano adeguatamente controllate rimane una sfida fondamentale per la gestione dei rifiuti.

L’inquinamento atmosferico in Italia continua a destare gravi preoccupazioni per la salute umana. Nonostante una lieve diminuzione tra il 2013 e il 2014, l’Italia è ancora al secondo posto nell’UE per morti premature a causa dell’inquinamento atmosferico (Agenzia europea dell’ambiente, 2017). Il problema è particolarmente grave nelle regioni centrali e settentrionali.

Allegato A: Tabella di sintesi

Impegni

Sintesi della valutazione ( 54 )

Raccomandazioni specifiche per paese 2017

Raccomandazione 1: Perseguire un consistente sforzo di bilancio nel 2018, in linea con i requisiti del braccio preventivo del patto di stabilità e crescita, tenendo conto della necessità di rafforzare la ripresa in corso e di assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche dell’Italia. Provvedere a una tempestiva attuazione del programma di privatizzazioni e utilizzare le entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL. Trasferire il carico fiscale gravante sui fattori produttivi verso imposte meno penalizzanti per la crescita, con esiti neutri per il bilancio, con un’azione decisa per ridurre il numero e l’entità delle agevolazioni fiscali, con la riforma dell’obsoleto sistema catastale e con la reintroduzione dell’imposta sulla prima casa a carico delle famiglie con reddito elevato. Ampliare l’uso obbligatorio dei sistemi elettronici di fatturazione e pagamento.

L’Italia ha compiuto alcuni progressi nel dare seguito a questa raccomandazione.

La presente valutazione globale della raccomandazione 1 non comprende la valutazione del rispetto del patto di stabilità e crescita.

Perseguire un consistente sforzo di bilancio nel 2018, in linea con i requisiti del braccio preventivo del patto di stabilità e crescita, tenendo conto della necessità di rafforzare la ripresa in corso e di assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche dell’Italia.

La valutazione del rispetto del patto di stabilità e crescita avverrà in primavera quando saranno disponibili i dati definitivi per il 2017.

Provvedere a una tempestiva attuazione del programma di privatizzazioni e utilizzare le entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL.

Progressi limitati Dalla pubblicazione delle raccomandazioni specifiche per paese per il 2017, e nonostante la conferma di ambiziosi obiettivi di privatizzazione per il 2017 (0,2% del PIL) e per il 2018 (0,3% del PIL), non sono state effettuate nuove privatizzazioni. La Commissione prevede che il rapporto debito/PIL dell’Italia si stabilizzerà soltanto nel 2017 (al 132,1%) e calerà leggermente nel 2018 (al 130,8%).

Trasferire il carico fiscale gravante sui fattori produttivi verso imposte meno penalizzanti per la crescita, con esiti neutri per il bilancio, con un’azione decisa per ridurre il numero e l’entità delle agevolazioni fiscali, con la riforma dell’obsoleto sistema catastale e con la reintroduzione dell’imposta sulla prima casa a carico delle famiglie con reddito elevato.

Progressi limitati Sebbene siano state adottate misure per ridurre il carico fiscale sul lavoro e sul capitale, non è stato registrato uno spostamento verso la proprietà e il consumo. Le agevolazioni fiscali sono state riviste, ma non semplificate; non sono stati apportati cambiamenti alla tassa sui beni immobili; la riforma dei valori catastali è ancora pendente.

Ampliare l’uso obbligatorio dei sistemi elettronici di fatturazione e pagamento.

Progressi significativi La fatturazione elettronica obbligatoria è stata estesa al settore privato a partire dal 2019 (2018 per i carburanti e gli appalti pubblici). Non sono state intraprese azioni per promuovere i pagamenti elettronici.

Raccomandazione 2: Ridurre la durata del processo civile mediante una gestione efficiente dei procedimenti e norme per assicurare la disciplina processuale. Potenziare la lotta contro la corruzione, in particolare riformando l’istituto della prescrizione. Completare la riforma del pubblico impiego e migliorare l’efficienza delle imprese pubbliche. Adottare e attuare rapidamente la legge sulla concorrenza rimasta in sospeso e rimuovere le rimanenti restrizioni alla concorrenza.

L’Italia ha compiuto alcuni progressi nel dare seguito a questa raccomandazione.

Ridurre la durata del processo civile mediante una gestione efficiente dei procedimenti e norme per assicurare la disciplina processuale.

Progressi limitati Sono state adottate alcune riforme della giustizia civile di portata limitata, ma è ancora pendente una riforma complessiva del processo civile e dagli elementi disponibili non è ancora possibile concludere se le riforme consentiranno di evitare efficacemente gli abusi del processo. In generale i tempi di esaurimento non mostrano una chiara tendenza al ribasso rispetto agli anni passati.

Potenziare la lotta contro la corruzione, in particolare riformando l’istituto della prescrizione.

Progressi significativi Nel complesso l’Italia ha migliorato il quadro anticorruzione nell’anno trascorso, rivedendo l’istituto della prescrizione ed estendendo la protezione per gli informatori ai lavoratori del settore privato. Sebbene siano stati ridotti alcuni poteri dell’ANAC nel settore degli appalti pubblici, l’autorità ha assunto un ruolo di maggiore peso nel monitoraggio dell’attuazione del nuovo quadro. Tuttavia le nuove competenze devono essere rese operative mediante un regolamento.

Completare la riforma del pubblico impiego e migliorare l’efficienza delle imprese pubbliche.

Alcuni progressi L’attuazione della riforma della pubblica amministrazione è stata quasi completata. I decreti legislativi relativi alla riforma del pubblico impiego sono stati adottati e occorre attuarli. Il nuovo quadro per le società a partecipazione statale è stato approvato e deve essere attuato.

Adottare e attuare rapidamente la legge sulla concorrenza rimasta in sospeso e rimuovere le rimanenti restrizioni alla concorrenza.

Alcuni progressi La legge annuale sulla concorrenza per il 2015 è stata adottata e deve essere attuata. Non sono state intraprese azioni per eliminare le rimanenti restrizioni alla concorrenza.

Raccomandazione 3: Accelerare la riduzione dello stock dei crediti deteriorati e rafforzare gli incentivi alla ristrutturazione e al risanamento dei bilanci, in particolare nel segmento delle banche soggette alla vigilanza nazionale. Adottare la revisione complessiva del quadro normativo in materia di insolvenza e di escussione delle garanzie.

L’Italia ha compiuto alcuni progressi nel dare seguito a questa raccomandazione.

Accelerare la riduzione dello stock dei crediti deteriorati e rafforzare gli incentivi alla ristrutturazione e al risanamento dei bilanci, in particolare nel segmento delle banche soggette alla vigilanza nazionale.

Alcuni progressi Nel settore bancario il risanamento di alcune delle banche più deboli da parte delle autorità a metà 2017 che ha ridotto i rischi acuti per la stabilità finanziaria. L’elevato stock di crediti deteriorati è in diminuzione a seguito della loro dismissione, anche mediante il regime di cartolarizzazione dei crediti deteriorati sostenuto da garanzie statali (garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, GACS). Le autorità di vigilanza hanno rafforzato il controllo delle istituzioni meno importanti, anche annunciando orientamenti in materia di crediti deteriorati. Le diverse riforme relative al governo societario sono sostanzialmente sulla buona strada. Sono continuati il consolidamento e la ristrutturazione del settore bancario.

Adottare la revisione complessiva del quadro normativo in materia di insolvenza e di escussione delle garanzie.

Progressi limitati Per quanto riguarda la revisione del quadro normativo in materia di insolvenza, è stata adottata la legge delega ed entro un anno dovranno essere adottati i relativi decreti attuativi. Le banche non applicano ancora alle imprese il patto marciano, una misura adottata per ridurre i tempi di escussione delle garanzie.

Raccomandazione 4: Con il coinvolgimento delle parti sociali, rafforzare il quadro della contrattazione collettiva, al fine di permettere contratti collettivi che tengano maggiormente conto delle condizioni locali. Assicurare efficaci politiche attive del mercato del lavoro. Incentivare il lavoro dei secondi percettori di reddito. Razionalizzare la spesa sociale e migliorarne la composizione.

L’Italia ha compiuto progressi limitati nel dar seguito a questa raccomandazione

Con il coinvolgimento delle parti sociali, rafforzare il quadro della contrattazione collettiva, al fine di permettere contratti collettivi che tengano maggiormente conto delle condizioni locali.

Progressi limitati L’uso dei contratti di secondo livello è molto limitato. La maggior parte delle azioni in materia di contrattazione collettiva è stata adottata prima dell’adozione della pertinente raccomandazione, mentre l’accordo intersettoriale sul quadro di contrattazione non è stato ancora rinegoziato. Le parti sociali hanno aggiornato l’accordo sulla rappresentatività dei sindacati, che dovrebbe entrare in vigore soltanto nel 2019. Le agevolazioni fiscali sugli aumenti salariali legati alla produttività per gli accordi di secondo livello sono state rafforzate nel 2017.

Assicurare efficaci politiche attive del mercato del lavoro.

Progressi limitati La riforma delle politiche attive del mercato del lavoro è ancora incompleta. La nuova Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro è stata istituita a gennaio 2017, ma la governance del sistema è ancora a rischio. L’adozione da parte del Ministero del Lavoro di un piano strategico sulle politiche attive sul mercato del lavoro è stata ritardata. In tale contesto la capacità di collocamento dei servizi pubblici per l’impiego rimane estremamente limitata, con qualche eccezione. Nel 2017 è stato avviato un progetto pilota sull’assegno di ricollocazione, ma la sua diffusione è stata inferiore alle aspettative. In assenza di una metodologia comune per la raccolta dei dati, anche il monitoraggio e la valutazione delle prestazioni restano deboli. Le relazioni annuali sull’attuazione delle disposizioni del Jobs Act relative alle politiche attive del mercato del lavoro, previste dal decreto 150/2015, non sono ancora state pubblicate.

Incentivare il lavoro dei secondi percettori di reddito.

Progressi limitati Alcune misure sono state introdotte nella legge di bilancio, compresa l’estensione del congedo di paternità. Tuttavia le azioni politiche rimangono frammentate e continua a mancare una strategia globale.

Razionalizzare la spesa sociale e migliorarne la composizione.

Alcuni progressi Per combattere la povertà e l’esclusione sociale, è stata adottata una nuova misura permanente (il “reddito di inclusione”, REI), che include anche le indennità di disoccupazione e razionalizza parzialmente la spesa sociale. Quest’ultima rimane tuttavia sbilanciata a favore della spesa pensionistica. Infatti il bilancio 2018 estende ulteriormente alcune disposizioni del bilancio 2017, rovesciando parzialmente le riforme pensionistiche precedenti, il che aumenta la quota già elevata di pensioni della spesa sociale complessiva.

Europa 2020 (obiettivi nazionali e progressi realizzati)

Obiettivo in materia di tasso di occupazione: 6769%.

Il tasso di occupazione è aumentato considerevolmente fino a raggiungere il 61,6% nel 2016 e il 62,7% nel terzo trimestre del 2017 (rispetto al 60,5% nel 2015).

Obiettivo di R&S stabilito nel programma nazionale di riforma (PNR): 1,53% del PIL

L’Italia ha compiuto progressi limitati negli ultimi anni e non è sulla buona strada per raggiungere, entro il 2020, l’obiettivo dell’1,53% del PIL per la spesa in R&S.

L’intensità di R&S nel 2016 era pari all’1,29%, in aumento rispetto all’1,13% del 2007, con un tasso medio di crescita annuale dell’1,4% nel periodo 2007-2016. L’intensità di R&S è in calo dal 2014.

- L’intensità della spesa pubblica in R&S è su un percorso discendente dal 2013 e nel 2016 il suo valore (0,50%) era più basso rispetto al valore precedente la crisi nel 2007 (0,51%).

- L’intensità della spesa privata in R&S ha registrato un aumento dal 2007 ed era pari allo 0,75% del PIL nel 2016, molto al di sotto della media dell’UE dell’1,32%.

Obiettivo per le emissioni di gas a effetto serra:
-13% nel 2020 rispetto al 2005 (nei settori che non rientrano nel sistema di scambio delle quote di emissione dell
UE)

Stando alle ultime proiezioni nazionali presentate alla Commissione europea nel 2017 e tenendo conto delle misure vigenti, le emissioni di gas a effetto serra dovrebbero diminuire del 21% tra il 2005 e il 2020. L’Italia è quindi sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra fissato per il 2020

Obiettivo relativo alle energie rinnovabili per il 2020: 17%

Con una quota di energie rinnovabili pari al 17,5% nel 2016, l’Italia ha già raggiunto l’obiettivo per il 2020. La quota di energia elettrica da fonti rinnovabili nel consumo finale di energia elettrica e nel riscaldamento e condizionamento è più che raddoppiata tra il 2005 e il 2016, passando rispettivamente dal 16,3% al 34% e dall’8,2% al 18,8%.

Efficienza energetica, obiettivi di consumo di energia per il 2020:

l’obiettivo di consumo di energia dell’Italia per il 2020 è di 158 Mtep espresso in consumo di energia primaria (124 Mtep espresso in consumo di energia finale)

L’obiettivo è stato fissato a un livello tale da consentire l’aumento del consumo dell’energia nei prossimi anni. Dopo l’aumento del consumo di energia primario e di quello finale nel periodo 2013-2014, il consumo del paese sta adesso nuovamente diminuendo, in linea con la tendenza al ribasso registrata dal 2010. L’Italia ha ridotto il proprio consumo di energia primaria da 149,56 Mtep nel 2015 a 148,44 Mtep nel 2016. Il consumo finale di energia è diminuito da 116,23 Mtep nel 2015 a 116,44 Mtep nel 2016. Alla luce della recente ripresa economica, l’Italia necessita tuttavia ancora di ulteriori sforzi per confermare tali livelli fino al 2020.

Obiettivo relativo all’abbandono scolastico/della formazione: 16%.

L’Italia ha raggiunto l’obiettivo. Il tasso di abbandono scolastico (misurato in percentuale della popolazione di età compresa tra 18 e 24 anni con al massimo un titolo di istruzione secondaria inferiore che non segue ulteriori corsi di istruzione o formazione) era del 13,8% nel 2016, ancora superiore alla media dell’UE, ma in considerevole e costante diminuzione negli ultimi cinque anni.

Obiettivo relativo all’istruzione terziaria: 26-27% della popolazione di età compresa tra 30 e 34 anni.

L’Italia ha compiuto alcuni progressi verso il conseguimento dell’obiettivo. Il tasso di istruzione terziaria è salito al 26,2% nel 2016, ma è ancora ben al di sotto della media dell’UE.

Obiettivo di riduzione del numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale, espresso in termini di numero assoluto di persone: -2,2 milioni (anno base 2008: 15,1 milioni).

La percentuale di popolazione a rischio di povertà o di esclusione sociale era del 29,9% nel 2016, con un peggioramento di 1,2 punti percentuali rispetto al 2015.

Allegato B: Quadro di valutazione della procedura per gli squilibri macroeconomici

Tabella B.1: Quadro di valutazione della procedura per gli squilibri macroeconomici per lItalia
(Relazione 2018 sul meccanismo di allerta)

Flag: p: provvisorio. (1) La tabella riporta i dati pubblicati nella Relazione 2018 sul meccanismo di allerta, validi al 24.10.2017. Pertanto i dati di questa tabella potrebbero differire da altri dati più recenti contenuti altrove nel presente documento. (2) Le cifre evidenziate non rientrano nella soglia stabilita dalla relazione sul meccanismo di allerta della Commissione europea.

Fonte: Commissione europea 2017, Indice statistico della Relazione 2018 sul meccanismo di allerta, SWD(2017) 661.

Allegato C: Tabelle standard

Tabella C.1: Indicatori del mercato finanziario

(1) Dati più recenti: terzo trimestre 2017. (2) Dati più recenti: secondo trimestre 2017. (3) Definizione della BCE degli strumenti di debito deteriorato lordo. (4) I valori trimestrali non sono annualizzati.
*
Misurato in punti base.

Fonti: Commissione europea (tassi di interesse a lungo termine), Banca mondiale (debito esterno lordo), Eurostat (debito privato) BCE (tutti gli altri indicatori).



Tabella C.2: Indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale

† Il quadro di valutazione della situazione sociale comprende 14 indicatori principali, di cui 12 sono attualmente utilizzati per confrontare le prestazioni degli Stati membri. Gli indicatori “Partecipanti a politiche attive del mercato del lavoro (per 100 persone che desiderano lavorare)” e “Reddito da lavoro dipendente per ora lavorata (EUR)” non sono utilizzati a motivo di riserve di ordine tecnico da parte di alcuni Stati membri. Le possibili alternative saranno discusse nei pertinenti comitati.

(1) Persone a rischio di povertà o esclusione sociale (AROPE): individui che sono a rischio di povertà (AROP) e/o versano in stato di grave indigenza e/o vivono in una famiglia ad intensità di lavoro nulla o molto bassa.

(2) Le persone disoccupate sono le persone che non erano occupate, ma avevano cercato attivamente lavoro ed erano pronte ad iniziare a lavorare immediatamente o entro due settimane.

(3) Reddito disponibile lordo delle famiglie, definito in termini non corretti, secondo il progetto di relazione comune sull’occupazione 2018.

(4) Riduzione in percentuale del tasso di rischio di povertà dovuta ai trasferimenti sociali (calcolata raffrontando i tassi di rischio di povertà precedenti e successivi ai trasferimenti sociali; le pensioni non sono considerate trasferimenti sociali ai fini di questo calcolo).

(5) Media dei primi tre trimestri del 2017, tranne per l’indicatore “Persone con competenze digitali complessive di base o superiori” (dati annuali). I dati relativi al tasso di disoccupazione sono destagionalizzati.

Fonte: Eurostat”

Tabella C.3: Indicatori del mercato del lavoro e dellistruzione

* Indicatore che non rientra nel quadro di valutazione.

(1) I disoccupati di lunga durata sono le persone disoccupate da almeno 12 mesi.

(2) Differenza tra la retribuzione oraria lorda media dei dipendenti maschi e quella dei dipendenti femmine espressa in percentuale della retribuzione oraria lorda media dei dipendenti maschi. È definito “non corretto”, poiché non è corretto in funzione delle caratteristiche individuali (in tal modo fornisce un quadro generale delle disparità di genere in termini di retribuzione). Sono inclusi tutti i dipendenti di imprese con 10 o più dipendenti, senza limitazioni di età e di ore lavorate.

(3) Bassi risultati PISA (OCSE) sulle competenze matematiche, quindicenni.

(4) Impatto dello stato socio-economico e culturale sui risultati PISA (OCSE). I valori per il 2012 e il 2015 sono riferiti, rispettivamente, a matematica e scienze.

(5) Media dei primi tre trimestri del 2017. I dati relativi al tasso di disoccupazione giovanile sono destagionalizzati.

Fonti: Eurostat, OCSE.

Tabella C.4: Indicatori relativi allinclusione sociale e alla salute

* Indicatore che non rientra nel quadro di valutazione.

(1) Percentuale di persone a rischio di povertà (AROP): percentuale delle persone con un reddito disponibile equivalente inferiore al 60% del reddito equivalente mediano nazionale.

(2) Percentuale delle persone soggette ad almeno 4 delle seguenti forme di deprivazione: non potersi permettere di i) pagare l’affitto o le bollette, ii) riscaldare adeguatamente l’abitazione in cui vivono, iii) sostenere spese impreviste, iv) mangiare carne, pesce o un equivalente proteico ogni due giorni, v) andare una settimana in vacanza fuori casa una volta all’anno, vi) avere un’automobile, vii) avere una lavatrice, viii) avere una TV a colori, o ix) avere un telefono.

(3) Percentuale della popolazione totale che vive in abitazioni sovraffollate e presenta disagio abitativo.

(4) Persone che vivono in famiglie con un’intensità di lavoro molto bassa: percentuale di persone di età 0-59 che vivono in nuclei familiari in cui gli adulti (esclusi i figli a carico) hanno lavorato meno del 20% del loro potenziale tempo lavorativo totale nei precedenti 12 mesi.

(5) Rapporto fra il reddito mediano individuale lordo da pensione della fascia di età 65-74 anni e il reddito mediano individuale lordo da lavoro della fascia di età 50-59 anni.

(6) Diffusione della banda larga fissa (33%), diffusione della banda larga mobile (22%), velocità (33%) e accessibilità economica (11%), dal Quadro di valutazione digitale.

Fonti: Eurostat, OCSE.

Tabella C.5: Indicatori di risultato e politica relativi ai mercati del prodotto

(1) Le metodologie per questo indicatore (comprese le ipotesi) sono riportate in dettaglio allindirizzo: http://www.doingbusiness.org/methodology. (2) Media della risposta alla domanda Q7B_a. [Prestiti bancari]: Se avete richiesto o tentato di negoziare questo tipo di finanziamento negli ultimi sei mesi, qual è stato lesito?. Le risposte sono state codificate come segue: zero (0) se si è ricevuto lintero finanziamento richiesto, uno (1) se si è ricevuto quasi tutto il finanziamento richiesto, due (2) se si è ricevuta una parte ridotta del finanziamento richiesto, tre (3) se la richiesta è stata rifiutata o respinta e valori mancanti se la richiesta presentata è ancora in sospeso o lintervistato non sa cosa rispondere. (3) Percentuale della popolazione di età 15-64 che ha completato il ciclo di istruzione terziaria. (4) Percentuale della popolazione di età 20-24 che ha completato almeno il ciclo di istruzione secondaria superiore. (5) Indice: 0 = non regolamentato; 6 = molto regolamentato. Le metodologie per gli indicatori OCSE della regolamentazione dei mercati dei prodotti sono riportate in dettaglio allindirizzo
http://www.oecd.org/competition/reform/indicatorsofproductmarketregulationhomepage.htm. (6) Indicatori OCSE aggregati della regolamentazione in materia di energia, trasporti e comunicazioni (ETCR).

Fonti: Commissione europea; Fare impresa della Banca mondiale (indicatori dellesecuzione dei contratti e del tempo necessario per avviare unimpresa); OCSE (per gli indicatori della regolamentazione dei mercati dei prodotti); SAFE (indicatore dellesito delle richieste di prestiti bancari da parte delle PMI).    

Tabella C.6: Crescita verde

Tutti i macroindicatori di intensità sono espressi come il rapporto tra una quantità fisica e il PIL (prezzi 2010)

Intensità di energia: consumo interno lordo di energia (in kgep) diviso per il PIL (in EUR)

Intensità di carbonio: emissioni di gas serra (in equivalente kg CO2 diviso per il PIL (in EUR)

Intensità di risorse: consumo interno di materiali (in kg) diviso per il PIL (in EUR)

Intensità di rifiuti: rifiuti (in kg) diviso per il PIL (in EUR)

Bilancia commerciale del settore energetico: il saldo tra esportazioni e importazioni di energia, espresso in % del PIL.

Incidenza dell’energia sull’IPCA: la quota di voci relative all’energia nel paniere dei consumi utilizzato per costruire l’IPCA.

Differenza tra variazione del prezzo dell’energia e inflazione: componente energetica dell’IPCA e totale inflazione IPCA (variazione annua %).

Costo reale dell’energia per unità di prodotto: costi reali dell’energia come % del valore aggiunto totale per l’economia.

Intensità energetica dell’industria: consumo finale di energia nell’industria (in kgep) diviso per il valore aggiunto lordo dell’industria (in EUR 2010).

Costi reali dell’energia per unità di prodotto nell’industria manifatturiera esclusa la raffinazione: costi reali come % del valore aggiunto per i settori manifatturieri.

Quota di industrie ad alta intensità energetica nell’economia: quota del valore aggiunto lordo delle industrie ad alta intensità di energia sul PIL.

Prezzi dell’energia elettrica e del gas per gli utenti industriali medi: categoria di consumatori 500-2 000 MWh e 10 000-100 000 GJ; IVA esclusa.

Tasso di riciclaggio dei rifiuti urbani: rapporto tra i rifiuti urbani riciclati e compostati e i rifiuti urbani totali.

R&S pubblica nel settore energetico o ambientale: spesa pubblica in R&S per queste categorie in % del PIL.

Proporzione delle emissioni di gas serra coperta dal sistema di scambio di quote di emissione UE (esclusa l’aviazione): basata sulle emissioni di gas serra segnalate dagli Stati membri all’Agenzia europea dell’ambiente (escluse le attività connesse all’uso del suolo, ai cambiamenti di uso del suolo e alla silvicoltura).

Intensità di energia nei trasporti: consumo finale di energia nei trasporti (in kgep) diviso per il valore aggiunto lordo del settore dei trasporti (in EUR 2010).

Intensità di carbonio nei trasporti: emissioni di gas a effetto serra nei trasporti diviso per il valore aggiunto lordo del settore dei trasporti.

Dipendenza dalle importazioni di energia: importazioni nette di energia divise per il consumo interno lordo di energia compreso il carburante utilizzato nel trasporto marittimo internazionale.

Indice aggregato della concentrazione dei fornitori: riguarda il petrolio, il gas e il carbone. Valori più bassi indicano una maggiore diversificazione e quindi un rischio minore.

Diversificazione del mix energetico: indice Herfindahl per il gas naturale, i prodotti petroliferi totali, l’energia termo-nucleare, da fonti rinnovabili e da combustibili solidi.

* Commissione europea e Agenzia europea dell’ambiente

Fonti: Commissione europea e Agenzia europea dell’ambiente (Percentuale di emissioni di gas serra coperte dall’ETS); Commissione europea (Rapporto tra imposte ambientali e imposte sul lavoro e PIL); Eurostat (tutti gli altri indicatori).

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(1) ()    La presente relazione valuta leconomia italiana alla luce dellanalisi annuale della crescita pubblicata dalla Commissione europea il 22 novembre 2017, nella quale la Commissione esorta gli Stati membri dellUE ad attuare riforme per rendere leconomia europea più produttiva, resiliente e inclusiva. A tal fine, gli Stati membri sono incoraggiati a concentrarsi sui tre elementi del triangolo virtuoso della politica economica: promozione degli investimenti, prosecuzione delle riforme strutturali e gestione responsabile delle politiche di bilancio. Contestualmente a tale analisi, la Commissione ha pubblicato la relazione sul meccanismo di allerta con cui ha dato avvio al settimo ciclo annuale della procedura per gli squilibri macroeconomici, in cui lItalia è annoverata tra i paesi per i quali si giustifica un esame approfondito, contenuto nella presente relazione.
(2) ()    La crescita potenziale è stata in media pari a -0,4% nel periodo 2009-2016.
(3) ()    Il lavoro temporaneo in Italia ha rappresentato il 15,6% delloccupazione totale nel terzo trimestre del 2017, una percentuale superiore alla media UE (14,2%).
(4) ()    Durante questo periodo, le ore lavorate sono diminuite due volte più rapidamente del numero degli occupati, in parte a causa dellampio ricorso alla cassa integrazione guadagni (CIG).
(5) ()    La riforma pensionistica del 2012 e lintroduzione nel 2018 del piano per la lotta alla povertà (il reddito di inclusione, ReI), potrebbero in futuro contribuire a ridurre lo sbilanciamento della spesa sociale verso le pensioni. Tuttavia, in base al rapporto sulladeguamento delle pensioni (di prossima pubblicazione), lattuale sistema pensionistico, nonostante la spesa elevata, non offre una forte protezione contro la povertà e presenta limitate capacità ridistributive.
(6) ()    Tra gli altri elementi che contribuiscono potenzialmente alla modesta attività di finanziamento si annoverano la maggiore capacità di autofinanziamento delle grandi imprese, i margini di profitto più alti e un più ampio ricorso ai finanziamenti sul mercato dei capitali (sostenuto da incentivi normativi e dal Programma di acquisto di obbligazioni societarie della BCE a partire da giugno 2016) nonché le rimanenti necessità di ridurre lindebitamento delle imprese.
(7) ()    Linversione della bilancia dei redditi è in gran parte dovuta al programma di acquisto di attività della BCE, che ha ridotto il volume dei titoli di Stato italiani detenuti da soggetti non residenti.
(8) ()    Il saldo delle partite correnti corretto per il ciclo (o saldo sottostante) in percentuale del PIL è il saldo delle partite correnti che prevarrebbe se leconomia nazionale e i suoi 42 maggiori partner commerciali si trovassero al loro PIL potenziale, cfr. anche Salto e Turrini, 2010 e Commissione europea, 2017a.
(9) ()    Nel settembre 2017 la posizione patrimoniale netta sullestero dellItalia a fine 2016 è stata corretta in modo sostanziale da -251 miliardi di EUR a -165 miliardi di EUR. Ciò è dovuto a un aggiornamento dei dati sui titoli finanziari detenuti da società non finanziarie e a una revisione della stima delle azioni di fondi di investimento esteri depositate allestero.
(10) ()    Le passività TARGET2 della Banca dItalia nei confronti dellEurosistema sono aumentate a 412 miliardi di EUR (23,5% del PIL) nellottobre 2017 da 357 miliardi di EUR (21,2% del PIL) a fine 2016.
(11) ()    Il governo non è riuscito a trasferire, come aveva inizialmente previsto, le ulteriori partecipazioni detenute in ENAV ed ENI allIstituto nazionale di promozione Cassa Depositi e Prestiti entro fine 2017.
(12) ()    Per la valutazione di altre riforme attuate in passato si veda, in particolare, la sezione 4.
(13) ()    Per informazioni sui progressi registrati e sulle misure adottate per dar seguito alle indicazioni di intervento suggerite in ciascuna sottoparte delle raccomandazioni specifiche per paese, si veda la tabella di sintesi nellallegato A. Questa valutazione globale non comprende la valutazione del rispetto del patto di stabilità e crescita.
(14) ()    Lasterisco accanto al titolo della sotto-sezione indica che lanalisi in essa presentata contribuisce allesame approfondito previsto dalla procedura per gli squilibri macroeconomici.
(15) ()    Il costo implicito reale del debito nel periodo di tempo t può essere definito come il rendimento nominale pagato dal governo per garantire il servizio del debito in essere nel periodo di tempo t-1, al netto dellimpatto dellinflazione nel periodo di tempo t.
(16) ()    Sulla base esclusivamente dei pagamenti registrati, le autorità stimano tempi medi di pagamento di 58 giorni nel 2016.
(17) ()    Il cuneo fiscale sul lavoro è la differenza tra il costo totale sostenuto dal datore di lavoro per un dipendente e il guadagno netto del lavoratore.
(18) ()    Il divario dellIVA è la differenza tra gettito dellIVA effettivamente incassato e quello previsto.
(19) ()    Il regime di scissione dei pagamenti prevede che i pagamenti delle pubbliche amministrazioni ai fornitori privati non comprendano lIVA, che è versata direttamente al bilancio dello Stato.
(20) ()    La ricapitalizzazione precauzionale costituisce uneccezione prevista dalla direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche al principio secondo cui la concessione di aiuti di Stato a una banca fa sì che lautorità competente la consideri in dissesto o a rischio di dissesto (articolo 32, paragrafo 4, lettera d), punto iii), della direttiva).
(21) ()    I detentori vulnerabili di obbligazioni subordinate al dettaglio oggetto di vendita impropria da parte delle banche in liquidazione hanno diritto al risarcimento attraverso un meccanismo uguale a quello utilizzato per risarcire gli investitori al dettaglio in titoli subordinati delle quattro piccole banche oggetto di risoluzione nel 2015 (tramite il fondo di solidarietà gestito dal fondo interbancario italiano di tutela dei depositi).
(22) ()    Ciò a seguito dellapprovazione da parte del governo del decreto-legge “Salva risparmio” che disponeva misure a tutela delle banche vulnerabili. Il decreto-legge ha istituito un sistema di garanzia di liquidità e un meccanismo di ricapitalizzazione precauzionale (finanziato con 20 miliardi di EUR), un approccio di ripartizione degli oneri e un meccanismo di indennizzo per determinati detentori di obbligazioni subordinate al dettaglio (di cui si è avvalsa la Banca Monte dei Paschi di Siena).
(23) ()    Le principali novità introdotte dalle modifiche alla legge 130/1999 sono le seguenti: i) le società veicolo che acquisiscono e cartolarizzano crediti deteriorati sono autorizzate a concedere nuovi prestiti a determinate categorie di mutuatari ove questo agevoli la ristrutturazione della posizione finanziaria dei mutuatari e il rimborso del debito in essere; ii) le società veicolo sono autorizzate ad acquistare beni posti a garanzia di prestiti garantiti; iii) vengono semplificate le procedure di cessione dei crediti dalle banche che li hanno originati alle società veicolo, derogando agli obblighi di notifica ai mutuatari previsti dal codice civile.
(24) ()    Nel 2016 il tasso medio di recupero dei crediti deteriorati eliminati era del 23,5% (rispetto al 43,5% per i crediti deteriorati riassorbiti) (Conti et al, 2017).
(25) ()    Il "dualismo" si riferisce alla divisione del mercato del lavoro in due diversi segmenti, generalmente contratti a tempo determinato e contratti a tempo indeterminato.
(26) ()    Secondo i dati dellIstituto Nazionale della Previdenza Sociale, il tasso di licenziamento è nuovamente aumentato nel 2016. Tale incremento ha riguardato principalmente aziende di dimensioni molto ridotte (non interessate dalla riforma prevista dal Jobs Act) e i cittadini stranieri provenienti da paesi non appartenenti allUE-15. I dati potrebbero inoltre riflettere la maggiore copertura derivante dallintroduzione dellobbligo di comunicazione telematica dei licenziamenti nel marzo 2015.
(27) ()    I nuovi contratti si configureranno come segue: a) un "libretto di famiglia" di voucher prepagati nei settori dellassistenza familiare, del lavoro domestico e dellassistenza domiciliare; o b) uno specifico "contratto di prestazione occasionale" (con retribuzione oraria) nelle imprese con meno di 5 dipendenti con contratto a tempo indeterminato (esclusi alcuni settori) e nella pubblica amministrazione. Il compenso massimo annuale non può superare i 5 000 EUR per lavoratore e per azienda.
(28) ()    I disincentivi sono maggiori per le donne con un coniuge a basso reddito (Colonna e Marcassa, 2013, 2015).
(29) ()    Il Jobs Act ha esteso la copertura dellindennità di disoccupazione, ne ha prolungato la durata e ne ha rivisto i criteri di ammissibilità (cfr. Commissione europea, 2016b). A fronte di un anno di lavoro è possibile fruire dellindennità di disoccupazione per un periodo massimo di 26 settimane, in linea con la media UE; la copertura dei disoccupati di breve periodo, al 15,1%, è tuttavia ancora al di sotto della media UE. Per ulteriori informazioni comparative si rimanda al progetto di relazione comune sulloccupazione 2018, che si basa sullesercizio di analisi comparativa nellambito delle prestazioni di disoccupazione e delle politiche attive del mercato del lavoro condotto in sede di comitato per loccupazione.
(30) ()    Non è stato finora possibile adeguare il piano in base allesercizio di analisi comparativa del comitato per la protezione sociale, ma sarà dato un seguito in futuro.
(31) ()    Il tasso di fecondità basso-bassissimo interessa i paesi il cui tasso di fecondità totale (TFT) è al di sotto della soglia di 1,3. Un TFT che rimane a lungo al di sotto di 1,3 implica una riduzione delle nascite annuali del 50% e un conseguente dimezzamento della popolazione in meno di 45 anni (Billari, 2008).
(32) ()    La legge 47/2017, adottata nel marzo 2017, mette a disposizione risorse per i comuni che accolgono minori non accompagnati, favorisce il ricorso a tutori professionisti e promuove laffidamento familiare dei minori, armonizza le procedure di accertamento delletà e stabilisce standard minimi per le strutture di accoglienza loro dedicate.
(33) ()    Il margine estensivo delle esportazioni si riferisce al numero di imprese esportatrici (comprese le imprese esistenti che esportano nuovi prodotti o verso nuove destinazioni). Il margine intensivo delle esportazioni si riferisce al volume esportato da unimpresa esportatrice.
(34) ()    Le attività immateriali comprendono investimenti in R&S, innovazione e tecnologia, formazione/istruzione dei lavoratori, strutture organizzative interne, reti di clienti e istituzionali, esplorazione e sviluppo del mercato (commercializzazione), e software e tecnologie dellinformazione.
(35) ()    Definito dallEurostat come il risultato lordo di gestione diviso per il valore aggiunto lordo.
(36) ()    Le misure includono il venture capital pubblico, laccesso delle PMI ai fondi strutturali, i programmi “Imprese e competitività” e “Iniziativa PMI” a sostegno dellaccesso ai finanziamenti per le PMI nuove, innovative e competitive delle regioni meridionali, laccesso al crowdfunding per start up e PMI innovative, e laccesso al Fondo centrale di garanzia per le PMI (Commissione europea, 2018d).
(37) ()    Il decreto legge sulle società a partecipazione pubblica è stato adottato nel 2016. A novembre 2016 la Corte Costituzionale lo ha tuttavia dichiarato incostituzionale (insieme ai decreti legislativi sui servizi pubblici locali e sulla dirigenza pubblica). A giugno 2017 è stato adottato un decreto correttivo per le società a partecipazione pubblica, mentre la delega sui servizi pubblici locali e sulla dirigenza pubblica è scaduta.
(38) ()    Per dotazione organica si intende il numero di dipendenti pubblici che ciascuna amministrazione può assumere (per ruolo e retribuzione). Essa viene aggiornata ogni tre anni (articolo 6 del Testo Unico sul Pubblico Impiego, TUPI).
(39) ()    Dal 2010 le cause civili pendenti sono diminuite del 17,6% in primo grado e del 24,8% in secondo grado. Tuttavia alla fine del 2016 circa 4 milioni di cause civili erano ancora pendenti, rispetto agli oltre 5 milioni nel 2010 (CEPEJ, 2017).
(40) ()    La legge 46/2017 prevede per le procedure di protezione internazionale due gradi di giudizio anziché tre. La legge 24/2017 modifica le norme procedurali per favorire le risoluzioni extragiudiziali per i casi di responsabilità medica e di errori in campo sanitario. La legge 47/2017 semplifica le procedure di nomina dei tutori per i minorenni.
(41) ()    Nel 2016 il filtro ha consentito di dichiarare inammissibili soltanto l1,6% degli appelli (fonte: Ministero della giustizia), il che potrebbe essere dovuto anche agli obblighi addizionali da esso imposti a giudici che hanno un carico di lavoro eccessivo nella fase iniziale del procedimento.
(42) ()    Listituto della prescrizione di un paese è linsieme di disposizioni che stabiliscono i “termini di prescrizione” per gli illeciti civili e penali, ossia il periodo massimo di tempo dopo la commissione di un illecito durante il quale è possibile avviare unazione legale contro lo stesso. Se un procedimento è in corso quando decorrono i termini di prescrizione, esso è “prescritto” e si interrompe.
(43) ()    Arnold et al., 2011; Arnold et al., 2013; Bas, 2014; Arnold, J. M., Javorcik, B. S., & Mattoo, A., 2011.
(44) ()    Documento informativo della Commissione europea di prossima pubblicazione, DG GROW. Cfr. anche Lusine Lusinyan e Dirk Muir, Assessing the Macroeconomic Impact of Structural Reforms: The Case of Italy, FMI Working Paper WP/13/22.
(45) ()    Il mercato dellenergia elettrica ha registrato un peggioramento pari a 4,1 punti percentuali e si colloca ai posti più bassi dellUE. La valutazione del settore del gas resta tra le più basse dellUE; Quadro di valutazione dei mercati dei beni di consumo (2018), di prossima pubblicazione.
(46) ()    Decreto legge 50/2017.
(47) ()    Si registrano tre tipi di costi: spese di giustizia, spese di esecuzione e onorari medi degli avvocati.
(48) ()    Nel 2016 tali costi erano pari a 2 000 EUR mentre la media dellUE è di 360 EUR. Oltre la metà dei costi sono costituiti dalle spese notarili. (SME Performance Review 2017 – scheda informativa SBA sullItalia).
(49) ()    Per aree bianche si intendono le aree in cui la banda larga non è attualmente disponibile e in cui nessun operatore intende investire nelle reti di nuova generazione nei prossimi anni.
(50) ()    Tuttavia, secondo lAutorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), gli ultimi piani di investimento NGA degli operatori privati comportano un ulteriore aumento dell8% delle aree bianche.
(51) ()    Quadro di valutazione dei mercati dei beni di consumo (2018), di prossima pubblicazione.
(52) ()    Nonostante il miglioramento registrato a partire dal 2015, la valutazione dei consumatori dei trasporti locali (allultimo posto nellUE) e dei servizi ferroviari (al quartultimo posto nellUE) è inferiore alla media dellUE28. Fonte: Quadro di valutazione dei mercati dei beni di consumo (2018), di prossima pubblicazione.
(53) ()    Rapporto Annuale Detrazioni fiscali del 65% per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente, 2017, ENEA — Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, lenergia e lo sviluppo economico sostenibile.
(54) ()    Per valutare i progressi registrati nellattuazione delle raccomandazioni specifiche per paese del 2017 è utilizzata la classificazione seguente.Nessun progresso: lo Stato membro non ha né annunciato in modo credibile né adottato misure per dar seguito alla raccomandazione specifica per paese. Tale categoria copre una serie di situazioni tipiche da interpretare caso per caso, tenendo conto delle specifiche condizioni nazionali. Tali requisiti prevedono quanto segue:non sono state annunciate misure giuridiche, amministrative o di bilancio nel programma nazionale di riforma, né in altre comunicazioni ufficiali al Parlamento nazionale/alle competenti commissioni parlamentari o alla Commissione europea, né pubblicamente (comunicato stampa o sul sito del governo); lorgano esecutivo o legislativo non ha presentato atti non legislativi; lo Stato membro ha adottato misure iniziali per affrontare la raccomandazione specifica, come commissionare uno studio o incaricare un gruppo di studio di valutare le eventuali misure da adottare (tranne se la raccomandazione specifica richiede esplicitamente orientamenti o azioni esplorative). Tuttavia non ha proposto misure chiaramente specificate per dare seguito alla raccomandazione.Progressi limitati: lo Stato membro:ha annunciato alcune misure, che tuttavia danno seguito solo in parte alla raccomandazione specifica per paese; e/oha presentato atti legislativi tramite lorgano esecutivo o legislativo, che tuttavia non sono ancora stati adottati; sono necessari ulteriori sostanziali lavori non legislativi prima che sia dato seguito alla raccomandazione; ha presentato atti non legislativi, ma senza dare seguito in termini di attuazione necessaria per attuare la raccomandazione.Alcuni progressi: lo Stato membro ha adottato misure che: danno seguito in parte alla raccomandazione specifica e/o danno seguito alla raccomandazione specifica, ma è necessario ancora un notevole lavoro per dare pieno seguito alla raccomandazione, poiché solo alcune delle misure sono state attuate. Ad esempio, sono state adottate misure dal Parlamento nazionale o con decisione ministeriale, ma non vi sono decisioni di esecuzione in vigore.Progressi significativi: lo Stato membro ha adottato misure che contribuiscono notevolmente a dare seguito alla raccomandazione specifica per paese, la maggior parte delle quali è stata attuata.Pieno seguito: lo Stato membro ha attuato tutte le misure necessarie per dare pienamente seguito alla raccomandazione specifica per paese.
(I) ()Linvestimento pubblico è definito come la formazione lorda di capitale fisso + le sovvenzioni agli investimenti + le spese nazionali per lagricoltura e la pesca.
(II) ()Prima delladozione dei programmi, gli Stati membri sono tenuti a conformarsi a un numero di cosiddette condizionalità ex ante, le quali mirano a migliorare le condizioni per la maggior parte dei settori di investimento pubblico.
(III) ()Informazioni dettagliate sul modello QUEST e le sue applicazioni sono reperibili allindirizzo: http://ec.europa.eu/economy_finance/research/macroeconomic_models_en.htm
(IV) ()EUROMOD è il modello di microsimulazione del regime fiscale e previdenziale per lUE che simula i diritti alle prestazioni e le passività fiscali (compresi i contributi di previdenza sociale) dei singoli e delle famiglie secondo le norme vigenti in ciascuno Stato membro. Le simulazioni si fondano sui dati delle indagini campionarie rappresentative provenienti dalle statistiche europee sul reddito e sulle condizioni di vita (EU-SILC) e interessano i principali elementi delle imposte dirette, dei contributi sociali e delle prestazioni non contributive.
(V) () Il quadro di valutazione della situazione sociale comprende 14 indicatori principali, 12 dei quali sono attualmente utilizzati per confrontare i risultati degli Stati membri. Gli indicatori "partecipanti a politiche attive del mercato del lavoro per 100 persone che desiderano lavorare" e "reddito da lavoro dipendente per ora lavorata, in EUR" non sono utilizzati a causa delle preoccupazioni di ordine tecnico espresse degli Stati membri. Saranno vagliate possibili alternative in seno ai pertinenti comitati. GDHI: reddito lordo disponibile delle famiglie.
(VI) ()Cfr. “Sfide riguardanti il contesto degli investimenti negli Stati membri” (SWD(2015) 400 final) http://ec.europa.eu/europe2020/challenges-to-member-states-investment-environments/index_en.htm
(VII) ()Legge 4 agosto 2016, n. 163, articolo 1, comma 6, e articolo 14, G.U. 25.8.2016