COMMISSIONE EUROPEA
Bruxelles, 11.4.2018
COM(2018) 185 final
2018/0090(COD)
Proposta di
DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993, la direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, la direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell'UE relative alla protezione dei consumatori
(Testo rilevante ai fini del SEE)
{SWD(2018) 96}
{SWD(2018) 98}
RELAZIONE
1.CONTESTO DELLA PROPOSTA
1.1.Motivi e obiettivi della proposta
La presente proposta è volta a modificare quattro direttive dell'UE che tutelano gli interessi economici dei consumatori. La maggior parte delle modifiche interessano la direttiva sulla pratiche commerciali sleali (2005/29/CE) e la direttiva sui diritti dei consumatori (2011/83/UE). Le altre due direttive – la direttiva sulle clausole abusive nei contratti (93/13/CEE) e la direttiva sull'indicazione dei prezzi (98/6/CE) – sono modificate solo per quanto riguarda le sanzioni. La presente proposta viene presentata insieme a una proposta relativa alle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e che abroga la direttiva 2009/22/CE.
I trattati (articoli 114 e 169 del TFUE) e la Carta dei diritti fondamentali (articolo 38) impongono un livello elevato di protezione dei consumatori nell'Unione. La legislazione dell'Unione sulla tutela dei consumatori contribuisce inoltre al corretto funzionamento del mercato interno. Essa è volta in effetti a garantire che le relazioni fra le imprese e i consumatori siano leali e trasparenti, cosa che in definitiva va a vantaggio del benessere generale dei consumatori europei e dell'economia dell'Unione.
La presente proposta segue il controllo dell'adeguatezza e dell'efficacia della regolamentazione (REFIT) riguardante la legislazione dell'UE in materia di consumatori e di commercializzazione pubblicato il 23 maggio 2017 (in appresso "controllo dell'adeguatezza"'), e la valutazione della direttiva sui diritti dei consumatori (consumer rights directive – CRD) (2011/83/UE), svolta parallelamente al controllo dell'adeguatezza e pubblicata lo stesso giorno (in appresso "valutazione CRD").
Il controllo dell'adeguatezza e la valutazione CRD hanno concluso che le norme sostanziali dell'UE a tutela dei consumatori figuranti nelle quattro direttive modificate dalla presente proposta sono in generale adatte al loro scopo. I risultati tuttavia hanno anche evidenziato l'importanza di applicare e attuare meglio le norme, e di modernizzarle in linea con gli sviluppi del settore digitale. È stata inoltre sottolineata l'importanza di ridurre gli oneri regolamentari in alcuni ambiti.
I risultati della valutazione hanno assunto tanta più importanza alla luce delle recenti violazioni transfrontaliere del diritto dell'UE in materia di protezione dei consumatori, in particolare dello scandalo "Dieselgate" (nel cui ambito costruttori di automobili hanno installato nelle auto tecnologia per eludere i test sulle emissioni). Tali violazioni minano la fiducia dei consumatori nel mercato unico, e hanno inoltre sollevato un dibattito sul fatto che l'UE disponga o meno di meccanismi sufficientemente solidi per trattare tali questioni, attuare le norme di tutela dei consumatori e risarcire le vittime.
Per tali ragioni, nel discorso sullo stato dell'Unione del 2017, il Presidente della Commissione JeanClaude Juncker ha annunciato un "new deal" per i consumatori, volto a rafforzare l'attuazione del diritto dell'UE in materia di protezione dei consumatori a fronte di un rischio crescente di infrazioni su scala dell'UE. La presente proposta, che introduce modifiche mirate nelle quattro direttive relative al diritto dei consumatori, è una parte fondamentale di questo "new deal". In sintesi, la proposta è volta a introdurre i miglioramenti sotto delineati.
·Sanzioni più effettive, proporzionate e dissuasive per le infrazioni diffuse transfrontaliere. Il recentemente adottato regolamento (UE) 2017/2394 disciplina le modalità di lavoro congiunto delle autorità nazionali di tutela dei consumatori contro le infrazioni diffuse del diritto dei consumatori. In particolare, esso si concentra sulle infrazioni diffuse che danneggiano i consumatori in più Stati membri, e sulle infrazioni diffuse aventi una dimensione unionale. Per questo tipo di infrazione diffusa, le autorità nazionali possono aver bisogno di infliggere sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive in maniera coordinata. Tuttavia, le sanzioni applicabili alle violazioni del diritto dei consumatori sono molto diverse all'interno dell'UE, e spesso sono fissate ad un livello basso. Per tali infrazioni diffuse, la proposta prevede che le autorità nazionali abbiano la facoltà di infliggere sanzioni pecuniarie per un importo massimo che sia come minimo pari al 4 % del fatturato del professionista. Più in generale, le autorità nazionali dovrebbero decidere in merito al livello delle sanzioni in base a parametri comuni, in particolare la natura transfrontaliera della violazione. Queste norme rafforzate sulle sanzioni saranno inserite nelle quattro direttive interessate.
·Diritto a rimedi individuali per i consumatori. La proposta prevede che i consumatori abbiano diritto a rimedi individuali quando vengono danneggiati da pratiche commerciali scorrette, come un marketing aggressivo. In particolare, gli Stati membri dovrebbero rendere disponibili rimedi contrattuali ed extracontrattuali. I rimedi contrattuali dovrebbero includere, come minimo, il diritto di porre fine al contratto. I rimedi extracontrattuali dovrebbero includere, come minimo, il diritto al risarcimento danni. Questi diritti saranno aggiunti nella direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali.
·Maggiore trasparenza per i consumatori sui mercati online. Oggi, nel visitare i mercati online, i consumatori sono esposti a una varietà di offerte da fornitori terzi che vendono su tali mercati (e a offerte provenienti dal mercato online stesso). Spesso i consumatori non sanno in che modo sono state classificate le offerte che appaiono loro sul mercato online, né da chi stanno comprando (se da commercianti professionisti o da altri consumatori). Molti consumatori hanno l'impressione di star comprando dal mercato online, e di stipulare quindi un contratto con esso. In realtà, possono star comprando da un fornitore terzo elencato sul mercato online che non è un professionista. Di conseguenza i consumatori possono pensare erroneamente di star trattando con commercianti professionisti (e di beneficiare quindi dei diritti dei consumatori). Questa confusione può creare problemi nel caso in cui qualcosa vada storto con un acquisto online, poiché non è sempre semplice stabilire chi sia il responsabile. La proposta introduce obblighi di informazione supplementari nella direttiva 2011/83/UE, in base ai quali i mercati online devono chiaramente comunicare ai consumatori: a) i principali parametri che determinano la classificazione delle varie offerte; b) se il contratto è concluso con un professionista o con un privato; c) se si applica la normativa di tutela dei consumatori, e d) quale professionista (fornitore terzo o mercato online) è responsabile di garantire i diritti dei consumatori relativi al contratto (come il diritto di recesso o la garanzia legale).
·Inoltre, i consumatori che usano applicazioni digitali come mercati digitali, strumenti di confronto, app store (portali per scaricare applicazioni a pagamento) o motori di ricerca si aspettano risultati di ricerca "naturali" od "organici" basati sulla pertinenza, non sul pagamento da parte di terzi. In linea con il documento di orientamento del 2016 relativo alla direttiva 2005/29/CE, le pertinenti disposizioni di detta direttiva dovrebbero essere precisate in modo da rendere chiaro che le piattaforme online devono indicare i risultati di ricerca che contengono "posizionamenti a pagamento" (cioè i casi in cui i terzi pagano per comparire ai primi posti), o "inclusioni a pagamento" (cioè i casi in cui i terzi pagano per figurare nell'elenco dei risultati).
·Ampliamento della tutela dei consumatori rispetto ai servizi digitali. La proposta estende l'applicazione della direttiva 2011/83/UE ai servizi digitali per i quali i consumatori non pagano denaro ma forniscono dati personali, come l'archiviazione su cloud, i media sociali e gli account di posta elettronica. Dato il crescente valore economico dei dati personali, tali servizi non possono essere considerati semplicemente "gratuiti". I consumatori dovrebbero quindi avere lo stesso diritto a ottenere informazioni precontrattuali e a sciogliere il contratto entro un periodo di diritto di recesso di 14 giorni, indipendentemente dal fatto che paghino il servizio in denaro o che forniscano dati personali.
·Eliminazione di oneri per le imprese. La proposta modifica la direttiva 2011/83/UE accordando ai professionisti una maggiore flessibilità nello scegliere il mezzo di comunicazione più appropriato con i consumatori. Essa consentirà ai professionisti di usare i nuovi mezzi di comunicazione online, come moduli web o chat in alternativa alla tradizionale posta elettronica, purché il consumatore possa tenere traccia di tali comunicazioni. La proposta elimina inoltre due specifici obblighi per i professionisti riguardo al periodo di diritto di recesso di 14 giorni, poiché si sono rivelati un onere sproporzionato: il primo è l'obbligo, per il professionista, di accettare il recesso anche nel caso in cui un consumatore abbia usato una merce ordinata e non si sia limitato a provarla come avrebbe potuto fare in un negozio tradizionale. Il secondo è l'obbligo, per il professionista, di rimborsare il consumatore ancor prima di aver ricevuto indietro le merci restituite.
·Chiarezza sulla libertà degli Stati membri di adottare norme su alcuni aspetti e forme delle vendite fuori dai locali commerciali. Se le vendite negoziate fuori dai locali commerciali costituiscono un canale legittimo e consolidato, la proposta chiarisce che la direttiva 2005/29/CE non impedisce agli Stati membri di adottare provvedimenti per proteggere gli interessi legittimi dei consumatori rispetto a pratiche particolarmente aggressive o ingannevoli di commercializzazione o vendita, nel quadro di visite non richieste di un professionista presso l'abitazione del consumatore o nell'ambito di escursioni promozionali organizzate da un professionista con lo scopo o con l'effetto di pubblicizzare o vendere prodotti ai consumatori, ove tali restrizioni siano giustificate da motivi di ordine pubblico o dal rispetto della vita privata.
·Chiarezza sulle norme relative alla commercializzazione ingannevole di prodotti "a duplice qualità". La proposta modifica la direttiva 2005/29/CE indicando esplicitamente che una pratica di marketing che promuova un prodotto come identico ad uno stesso prodotto commercializzato in vari altri Stati membri mentre essi hanno una composizione o caratteristiche significativamente diverse, e che induca o sia idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso, è una pratica commerciale ingannevole che le autorità competenti dovrebbero valutare e trattare caso per caso secondo le disposizioni della direttiva.
1.2.Coerenza con le disposizioni vigenti nel settore normativo interessato
La presente proposta è coerente con varie altre azioni legislative e non legislative nel settore della tutela dei consumatori. È coerente, in particolare, con il recentemente riveduto regolamento (UE) 2017/2394 sulla cooperazione per la tutela dei consumatori (consumer protection cooperation, CPC), volto a incoraggiare l'intervento pubblico a livello transfrontaliero per l'esecuzione delle norme di tutela dei consumatori. Le rafforzate norme sulle sanzioni applicabili alle violazioni del diritto dell'UE in materia di protezione dei consumatori, presentate in questa proposta, aumenteranno l'effetto deterrente e l'efficacia delle azioni coordinate in ambito CPC per le infrazioni diffuse e le infrazioni diffuse aventi una dimensione unionale. Durante i negoziati per la revisione del regolamento CPC è stata sottolineata l'importanza fondamentale di disporre di sanzioni "effettive, proporzionate e dissuasive in tutti gli Stati membri ai fini del successo del regolamento. Tuttavia, i colegislatori che hanno lavorato al regolamento CPC hanno deciso che era più appropriato occuparsi della necessità di un livello rafforzato di sanzioni come parte di una possibile revisione delle norme sostanziali dell'Unione relative ai consumatori.
Le norme sui rimedi individuali per che è interessato da violazioni della direttiva 2005/29/CE saranno complementari agli sforzi dell'UE volti a facilitare ai consumatori la possibilità di cercare riparazione. Questo grazie all'altra proposta del pacchetto "Un new deal per i consumatori", cioè la proposta relativa alle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e che abroga la direttiva 2009/22/CE. Inoltre, i singoli consumatori interessati da violazioni della direttiva 2005/29/CE posso contare sui rimedi proposti anche nel quadro del procedimento europeo per le controversie di modesta entità e della risoluzione alternativa/online delle controversie. Nel quadro della direttiva sulla risoluzione alternativa delle controversie per i consumatori (alternative dispute resolution, ADR), i consumatori dell'UE hanno accesso a sistemi extragiudiziali di risoluzione delle controversie, di comprovata qualità, per le controversie di natura contrattuale sia nazionali che transfrontaliere. La Commissione ha inoltre creato una piattaforma di risoluzione delle controversie online (piattaforma ODR, online dispute resolution), che aiuta i consumatori e i professionisti a risolvere le controversie nazionali e transfrontaliere sugli acquisti online di beni e servizi.
La presente proposta va di pari passo con sforzi per garantire una migliore conoscenza del diritto dei consumatori dell'UE fra i consumatori stessi, i professionisti e gli operatori del diritto. Per realizzare ciò sono programmate varie attività, come di seguito elencato.
·Nel 2018 la Commissione avvierà una campagna di sensibilizzazione su scala europea relativa ai diritti dei consumatori, che si baserà sugli insegnamenti tratti da una campagna sui diritti dei consumatori lanciata nel periodo 2014-2016.
·La Commissione sta realizzando un progetto pilota sulla formazione delle piccole e medie imprese nell'era digitale (l'iniziativa "ConsumerLawReady" sul diritto dei consumatori).
·La Commissione programma di sviluppare una serie di attività di formazione per i giudici e altri operatori del diritto nel quadro della rinnovata strategia per la formazione giudiziaria europea 20192025.
·Per agevolare a tutti gli operatori di mercato la comprensione dei loro diritti ed obblighi di natura contrattuale, la Commissione sta coordinando un'iniziativa di autoregolamentazione nel quadro del gruppo delle parti interessate della piattaforma REFIT. L'iniziativa è volta a presentare più chiaramente ai consumatori sia le informazioni precontrattuali obbligatorie che i termini e le condizioni standard.
·Per rafforzare ulteriormente la certezza del diritto per tutti gli operatori di mercato, la Commissione ha lavorato su vari documenti di orientamento per una migliore comprensione del diritto dei consumatori dell'UE, e sta per pubblicare una nuova banca dati sul diritto dei consumatori nell'ambito del portale della giustizia elettronica. Tale banca dati conterrà la giurisprudenza dell'UE e quella nazionale e consentirà inoltre l'accesso alle decisioni amministrative sulla legislazione dell'UE in materia di tutela dei consumatori.
1.3.Coerenza con le altre normative dell'Unione
Le quattro direttive sul diritto dei consumatori modificate dalla presente proposta si applicano trasversalmente a tutti i settori economici. In virtù del loro ambito di applicazione generale, si applicano a molti aspetti delle transazioni fra imprese e consumatori che rientrano anche in altre normative dell'UE. L'interazione fra i vari corpus normativi è disciplinata dal principio della lex specialis, in virtù del quale le disposizioni delle direttive in materia di diritto generale dei consumatori intervengono solo quando gli aspetti rilevanti delle transazioni fra imprese e consumatori non sono disciplinati da disposizioni di specifiche normative settoriali dell'UE. Queste direttive in materia di diritto generale dei consumatori fungono quindi da "rete di sicurezza", garantendo che possa essere mantenuto un livello elevato di tutela dei consumatori in tutti i settori, completando e colmando eventuali lacune delle normative settoriali dell'Unione.
Le modifiche proposte che vertono sulla mancanza di trasparenza nelle transazioni fra imprese e consumatori sui mercati online e di tutela dei consumatori per quanto riguarda i servizi digitali aiuteranno a completare il mercato unico digitale (digital single market, DSM) e garantiranno la coerenza con un altro importante elemento della strategia per il mercato unico digitale, ossia la proposta della Commissione di direttiva sui contratti di fornitura di contenuto digitale. Tale proposta definisce i diritti dei consumatori nei casi in cui il contenuto digitale e i servizi digitali da essi acquistati non siano conformi al contratto, e riguarda anche i contratti che non contemplano un pagamento in denaro da parte del cliente. Anche la direttiva 2011/83/UE si applica alla fornitura di contenuto digitale: al momento però vi rientrano solo i servizi, compresi i servizi digitali, forniti contro un pagamento in denaro. Secondo la proposta relativa al contenuto digitale, vi è in particolare un difetto di conformità quando il contenuto o i servizi non corrispondono alle specifiche fornite nelle informazioni precontrattuali – e gli obblighi di informazione precontrattuale sono stabiliti nella direttiva 2011/83/UE. Per le ragioni di cui sopra, è necessario allineare il campo d'applicazione della direttiva 2011/83/UE a quello dell'attuale direttiva sul contenuto digitale per quanto riguarda le definizioni di "contenuto digitale" e "servizi digitali". Il Consiglio "Giustizia e Affari interni" ha specificamente invitato la Commissione a garantire la coerenza fra la direttiva 2011/83/UE e la proposta relativa al contenuto digitale in particolare per quanto riguarda le definizioni di "contenuto digitale" e "servizi digitali".
La modifica della direttiva 2011/83/UE per includervi i servizi digitali forniti indipendentemente da un pagamento in denaro è complementare al regolamento generale sulla protezione dei dati 2016/679. Nello specifico, il diritto di porre fine al contratto per i servizi digitali entro il periodo di diritto di recesso di 14 giorni eliminerà la base contrattuale per il trattamento dei dati personali nel quadro del regolamento generale sulla protezione dei dati. Questo, a sua volta, attiverà l'attivazione dei diritti previsti dal regolamento generale sulla protezione dei dati, ad esempio il diritto all'oblio e il diritto alla portabilità dei dati.
Per quanto riguarda la modifica proposta riguardante i mercati online, la comunicazione del 2016 sulle piattaforme online indica che la Commissione "[n]el 2017 [...] valuterà inoltre eventuali necessità ulteriori di aggiornamento delle norme esistenti in materia di tutela dei consumatori relativamente alle piattaforme, nell'ambito del controllo dell'idoneità della normativa UE in materia di consumatori e di marketing". Nel dicembre 2016, il Comitato economico e sociale europeo ha suggerito di adattare gli obblighi di informazione precontrattuale alle necessità dei consumatori che acquistano da piattaforme di e-commerce in generale. Il Consiglio europeo, il 19 ottobre 2017, ha sottolineato "la necessità di una maggiore trasparenza nelle prassi e nell'uso delle piattaforme".
La presente proposta è complementare all'azione della Commissione relativa ai termini contrattuali e alle pratiche commerciali sleali fra piattaforme e imprese (l'iniziativa piattaforme-imprese) annunciata nella revisione intermedia del maggio 2017 del mercato unico digitale. La presente proposta e l'iniziativa piattaforme-imprese perseguono difatti gli obiettivi comuni di maggiore trasparenza e correttezza nelle transazioni che avvengono sulle piattaforme online. La presente proposta verte su problemi specifici già individuati dalla valutazione CRD, vale a dire sul fatto che i consumatori spesso non sanno chi sia la loro controparte contrattuale quando fanno acquisti attraverso mercati online. Di conseguenza, spesso per loro non è chiaro se possano esercitare i diritti dei consumatori dell'UE e, in caso positivo, a chi devono rivolgersi per garantire che tali diritti siano rispettati. Un altro elemento rispetto al quale la presente proposta e l'iniziativa piattaforme-imprese sono complementari è il fatto che entrambe cercano di garantire trasparenza per quanto riguarda i principali parametri che determinano la classificazione nelle relazioni, rispettivamente, piattaforme-consumatori e piattaforme-imprese.
Ci si aspetta inoltre che una migliore legislazione dell'UE in materia di tutela dei consumatori vada a vantaggio di altri settori dell'UE in cui le transazioni commerciali fra imprese e consumatori svolgono un ruolo importante. Un esempio è il lavoro della Commissione sul consumo sostenibile, anche attraverso il piano d'azione sull'economia circolare, che contiene anche azioni per contrastare le dichiarazioni ambientali ingannevoli e l'obsolescenza programmata. Anche se già acquisiti con la direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali, sanzioni e rimedi più rigorosi consentiranno di combattere più efficacemente le violazioni dei diritti dei consumatori in questi settori.
2.BASE GIURIDICA, SUSSIDIARIETÀ E PROPORZIONALITÀ
·Base giuridica
La protezione dei consumatori è una competenza concorrente dell'UE e degli Stati membri. Come stabilito dall'articolo 169 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, l'UE deve contribuire a tutelare gli interessi economici dei consumatori nonché a promuovere il loro diritto all'informazione e all'educazione per la salvaguardia dei loro interessi. La presente proposta è basata sull'articolo 114 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, (che si riferisce alla realizzazione del mercato interno) e sull'articolo 169 dello stesso trattato.
·Sussidiarietà (per la competenza non esclusiva)
La presente proposta modifica norme dell'UE relative alla protezione dei consumatori, la cui adozione a livello dell'UE è stata ritenuta necessaria e conforme al principio di sussidiarietà. Un migliore funzionamento del mercato interno non può essere realizzato solo con leggi nazionali. Le norme dell'UE relative alla protezione dei consumatori rimangono rilevanti poiché il mercato interno si intensifica, e il numero di transazioni effettuate dai consumatori fra Stati membri aumenta.
Da un punto di vista economico, è probabile che il comportamento dei professionisti nei riguardi dei consumatori abbia un ampio impatto sul funzionamento dei mercati al consumo. Questo perché i professionisti hanno una vastissima influenza sul processo decisionale e sull'informazione dei consumatori su tali mercati. La politica in materia di tutela dei consumatori ha pertanto il potenziale per migliorare le forze di mercato. Questo può aiutare a promuovere la concorrenza e a migliorare l'efficienza.
All'interno dell'UE, il volume e l'intensità degli scambi transfrontalieri sono abbastanza elevati (di fatto, sono superiori a quelli di qualsiasi altra ampia area commerciale nel mondo) da rendere tali scambi transfrontalieri vulnerabili a scelte politiche incoerenti – o anche semplicemente divergenti – degli Stati membri. Inoltre, i professionisti possono raggiungere i consumatori attraverso le frontiere degli Stati membri. Questo può creare problemi che i legislatori e le autorità di regolamentazione nazionali non sono in grado di affrontare adeguatamente nell'isolamento.
La presente proposta modifica le attuali norme dell'UE relative alla protezione dei consumatori. La direttiva 2005/29/CE garantisce la piena armonizzazione delle norme nazionali sulle pratiche commerciali sleali lesive degli interessi economici dei consumatori. La direttiva 2011/83/UE apporta sostanzialmente norme pienamente armonizzate sugli obblighi di informazione precontrattuale e sul diritto di recesso per i contratti dei consumatori. Nuove normative nazionali nell'ambito di applicazione di queste direttive andrebbero contro l'acquis pienamente armonizzato che già esiste.
Il fatto che la natura del problema si situi a livello dell'Unione, e a tale livello richieda appropriate misure di esecuzione, è particolarmente evidente nel caso delle pratiche illegali che interessano i consumatori in più Stati membri dell'UE allo stesso tempo. Queste violazioni diffuse dei diritti dei consumatori sono state ora giuridicamente definite dal regolamento CPC riveduto, che crea un potente quadro procedurale per la cooperazione fra le autorità nazionali di esecuzione. Per essere pienamente efficaci, le azioni di esecuzione nell'UE devono anche essere fondate su un quadro giuridico sostanziale comune e uniforme. L'applicazione dei diritti dei consumatori e le opportunità di riparazione nell'UE non possono essere rese più efficaci da azioni intraprese esclusivamente dagli Stati membri da soli.
Per quanto riguarda il commercio online, a livello nazionale non sembra possibile affrontare i problemi che incontrano i consumatori. In particolare, molti mercati online e fornitori di servizi digitali operano in tutta l'Europa e attraverso le frontiere.
Il controllo dell'adeguatezza e la valutazione CRD hanno confermato che l'acquis dell'UE riguardante la legislazione in materia di consumatori e di commercializzazione ha contribuito a costruire un elevato livello di tutela dei consumatori in tutta l'UE. Ha anche contribuito ad un migliore funzionamento del mercato interno e a ridurre i costi per le imprese che svolgono attività di vendita transfrontaliera di prodotti e servizi. Le imprese che vendono i loro prodotti e servizi a consumatori in altri paesi dell'UE beneficiano della legislazione armonizzata che facilita tali vendite transfrontaliere.
La direttiva 2005/29/CE, in particolare, ha sostituito le regolamentazioni divergenti esistenti nell'UE fornendo un quadro giuridico uniforme per tutti gli Stati membri. Il suo approccio trasversale, basato sui principi, fornisce un quadro utile e flessibile per tutta l'UE, mentre l'introduzione della lista nera ha contribuito ad eliminare alcune pratiche scorrette su vari mercati nazionali. Analogamente, la direttiva 2011/83/UE ha contribuito in maniera significativa al funzionamento del mercato interno e ha garantito un livello comune elevato di tutela dei consumatori eliminando le differenze fra le leggi nazionali relative ai contratti fra imprese e consumatori. Ha anche aumentato la certezza del diritto per i professionisti e i consumatori, specialmente per quelli attivi nel commercio transfrontaliero. In particolare, negli ultimi anni, si è constatato un significativo aumento della fiducia dei consumatori nel mercato in crescita del commercio elettronico transfrontaliero.
La relazione sul controllo dell'adeguatezza ha indicato che il maggiore contributo apportato dalla legislazione dell'UE in materia di protezione dei consumatori è dato dal suo insieme di normi comuni armonizzate, che permettono alle autorità nazionali di esecuzione di affrontare più efficacemente le infrazioni transfrontaliere che danneggiano i consumatori in diversi Stati membri. Ad esempio, senza un'ulteriore azione a livello dell'UE per garantire che le sanzioni pecuniarie siano "effettive, proporzionate e dissuasive", gli attuali sistemi nazionali divergenti per quanto riguarda tali sanzioni pecuniarie probabilmente non potrebbero garantire condizioni di equa concorrenza per i professionisti adempienti e minerebbero la cooperazione in materia di esecuzione di cui al regolamento CPC riveduto. Creare condizioni di concorrenza più eque grazie al ravvicinamento delle norme nazionali sulle sanzioni pecuniarie permetterebbe inoltre di allineare maggiormente la legislazione dell'UE in materia di protezione dei consumatori ai quadri sanzionatori delle normative dell'UE riguardanti la concorrenza e la protezione dei dati. Le sinergie fra questi tre settori, in particolare nel coordinamento delle attività di esecuzione, sono state riconosciute in maniera crescente a livello dell'UE.
È altresì conforme al principio di sussidiarietà il fatto di chiarire, nell'ambito della direttiva 2005/29/CE, la libertà degli Stati membri di adottare disposizioni per proteggere gli interessi legittimi dei consumatori da visite non richieste per scopi di commercializzazione diretta o da escursioni promozionali, ove tali restrizioni siano giustificate da motivi di ordine pubblico o dalla tutela del rispetto della vita privata. Ciò garantirà in effetti che gli Stati membri siano autorizzati a regolamentare un settore in cui l'impatto sul mercato unico è considerato molto limitato.
·Proporzionalità
Le misure previste nella proposta sono proporzionate agli obiettivi di maggiore osservanza della legislazione in materia di tutela dei consumatori, di modernizzazione e di riduzione degli oneri.
Per quanto riguarda le sanzioni, la proposta ne armonizza il livello minimo chiedendo agli Stati membri di introdurre sanzioni pecuniarie basate sul fatturato del professionista solo per le infrazioni diffuse e le infrazioni diffuse aventi una dimensione unionale, poiché una tale armonizzazione è chiaramente necessaria per garantire il coordinamento delle sanzioni richiesto dal regolamento CPC riveduto. Per tutte le altre infrazioni, la proposta si limita a stabilire criteri non esaustivi che dovrebbero essere presi in considerazione nell'applicazione delle specifiche sanzioni. Per queste altre infrazioni, la proposta non armonizza le sanzioni e precisa addirittura che i criteri indicati non si applicano necessariamente alle violazioni di lieve entità.
Per quanto riguarda le condizioni relative ai rimedi individuali nel caso di violazioni della direttiva 2005/29/UE, la proposta conferisce agli Stati membri una certa libertà di manovra sulle specifiche possibilità da rendere disponibili. La proposta richiede solo, come condizione minima, il rimedio contrattuale che prevede la possibilità di porre fine a un contratto, e il rimedio extracontrattuale del risarcimento danni. Si tratta dei due tipi di rimedi attualmente più comuni nel diritto civile degli Stati membri.
La proporzionalità della proposta estensione della direttiva 2011/83/UE ai servizi digitali forniti senza corrispettivo in denaro è garantita allineando il campo d'applicazione a quello della futura direttiva sul contenuto digitale, e anche esentando i contratti per i servizi digitali forniti solo in cambio di dati personali da alcuni dei requisiti formali della direttiva 2011/83/UE, che sono rilevanti solo nel caso di contratti pagati in denaro. Si tratta del requisito di ottenere dal consumatore il consenso per l'immediata prestazione del servizio, che ha conseguenze solo in termini di pagamento in denaro per i servizi forniti durante il periodo di diritto di recesso prima dell'esercizio di tale diritto.
Le modifiche proposte alle norme sui mercati online sono proporzionate nel senso che non impongono a tali mercati nessun obbligo di controllare o verificare la veridicità delle informazioni comunicate da fornitori terzi sul loro status di professionisti o non professionisti. Le modifiche sono quindi basate su una pura autodichiarazione e il compito del mercato è solo quello di garantire che i fornitori terzi comunichino questa informazione sul sito web perché sia trasmessa al consumatore. Per quanto riguarda la trasparenza nella classificazione, il mercato online deve informare in merito ai principali parametri che determinano la classificazione delle offerte senza prescrivere nessun particolare criterio di classificazione predefinito.
La proposta rafforza inoltre la proporzionalità della legislazione riducendo i costi di regolamentazione per i professionisti ove questo non mini l'obiettivo della legislazione, come nel caso dei due requisiti dei professionisti riguardanti il diritto di recesso e le proposte misure di riduzione degli oneri per gli obblighi di informazione. Ci si aspetta che queste modifiche che eliminano oneri non necessari apportino particolari benefici alle piccole imprese.
·Scelta dello strumento
Poiché la presente proposta modifica quattro direttive esistenti, lo strumento più appropriato è una direttiva.
3.RISULTATI DELLE VALUTAZIONI EX POST, DELLE CONSULTAZIONI DEI PORTATORI DI INTERESSI E DELLE VALUTAZIONI D'IMPATTO
·Valutazioni ex post / Vaglio di adeguatezza della legislazione vigente
La presente proposta si basa sui risultati del controllo dell'adeguatezza della legislazione dell'UE in materia di consumatori e di commercializzazione e della valutazione CRD, entrambi pubblicati nel maggio 2017.
Il controllo dell'adeguatezza ha concluso che la maggior parte delle disposizioni sostanziali delle direttive rilevanti sono complessivamente adatte al loro scopo. Anche se le disposizioni di tutela dei consumatori figurano anche in molti strumenti settoriali dell'UE, il controllo dell'adeguatezza ha concluso che le direttive generali oggetto dell'analisi e la legislazione settoriale dell'UE di tutela dei consumatori si completano a vicenda. Il controllo dell'adeguatezza ha concluso anche che le parti interessate sono ampiamente concordi nel riconoscere che la combinazione di norme generali e di norme settoriali fornisce un quadro giuridico europeo chiaro e coerente.
Il controllo dell'adeguatezza ha concluso tuttavia che l'efficacia delle norme è ostacolata: a) dalla scarsa conoscenza delle stesse da parte dei professionisti e dei consumatori, e b) dalle insufficienti possibilità di esecuzione e di riparazione per i consumatori. Per quanto riguarda la presente proposta, il controllo dell'adeguatezza ha raccomandato che vengano intraprese in futuro azioni per migliorare l'osservanza delle norme, rafforzando le azioni di esecuzione e agevolando le possibilità di riparazione per i consumatori, in particolare aumentando l'effetto deterrente delle sanzioni per le violazioni del diritto dei consumatori e introducendo rimedi per i consumatori lesi da pratiche commerciali sleali in violazione della direttiva 2005/29/CE. Il controllo dell'adeguatezza ha inoltre raccomandato di modernizzare il quadro normativo e di ridurre gli oneri regolamentari eliminando doppioni ingiustificati di obblighi di informazione fra la direttiva 2005/29/CE e la direttiva 2011/83/UE.
La valutazione CRD ha indicato che la direttiva 2011/83/UE ha contribuito in modo positivo al funzionamento del mercato interno tra imprese e consumatori e ha garantito un livello comune elevato di tutela dei consumatori. La valutazione ha tuttavia individuato alcune lacune nelle norme, in particolare dovute agli sviluppi dell'economia digitale, e ha evidenziato una serie di aspetti sotto i quali delle modifiche legislative potrebbero essere rilevanti, inclusi i seguenti:
(a)trasparenza delle transazioni sui mercati online;
(b)allineamento delle norme riguardanti i contratti per la fornitura di contenuto digitale alle norme per i servizi digitali "gratuiti" (come l'archiviazione sul cloud e la webmail);
(c)semplificazione di alcuni degli obblighi di informazione della direttiva 2005/29/CE e della direttiva 2011/83/UE, che si sovrappongono;
(d)riduzione degli oneri per i professionisti, soprattutto per le piccole e medie imprese, nel quadro del diritto di recesso nel caso di vendite a distanza e vendite negoziate fuori dei locali commerciali, riguardanti: 1) il diritto del consumatore di restituire anche merci che sono state usate al di là di quanto strettamente necessario, e 2) l'obbligo di rimborsare il consumatore anche prima di aver ricevuto indietro la merce;
(e)modernizzazione dei mezzi di comunicazione fra i professionisti e i consumatori.
La valutazione ha inoltre raccomandato ulteriori azioni di sensibilizzazione e documenti di orientamento come follow-up.
·Consultazioni dei portatori di interessi
Nel preparare la proposta la Commissione ha consultato i portatori di interessi attraverso:
·il meccanismo di feedback sulla valutazione d'impatto iniziale;
·la consultazione pubblica online;
·una consultazione mirata di gruppo con le piccole e medie imprese;
·consultazioni mirate con gli Stati membri e altri portatori di interessi attraverso sondaggi e riunioni con le reti delle autorità degli Stati membri e delle organizzazioni dei consumatori della Direzione generale della giustizia e dei consumatori;
·una consultazione con i rappresentanti dei consumatori e delle imprese attraverso il gruppo di esperti delle parti interessate REFIT.
L'obiettivo delle consultazioni era raccogliere prove qualitative e quantitative dai gruppi rilevanti dei portatori di interessi (consumatori, associazioni dei consumatori, Stati membri, autorità, operatori del diritto) e dai cittadini. È stato difficile raggiungere specifici tipi di imprese, come i mercati online e i fornitori di servizi digitali "gratuiti". Le consultazioni sono state pubblicizzate attraverso riunioni regolari, Twitter, Facebook e email alle reti della Direzione generale della giustizia e dei consumatori, e attraverso discorsi pronunciati dal Commissario e da altri funzionari di alto livello della Commissione.
La proposta si basa anche sulle attività di consultazione svolte come parte del controllo dell'adeguatezza e della valutazione CRD.
Le misure incluse nella proposta godono di vari livelli di sostegno da parte dei portatori di interessi. La consultazione pubblica ha indicato che molte associazioni di consumatori e autorità pubbliche sostengono il fatto di esprimere il livello massimo delle sanzioni pecuniarie in termini di percentuale del fatturato del professionista. Tuttavia, solo poche associazioni imprenditoriali concordano con questa idea. Nel gruppo PMI, invece, non meno dell'80% dei partecipanti alla consultazione ritiene che il modo più proporzionato, effettivo e dissuasivo di stabilire il livello massimo delle sanzioni pecuniarie sia esprimere tale livello come percentuale del fatturato del professionista, possibilmente combinato con un importo assoluto, a seconda di qual è il più elevato.
Nell'ambito della consultazione pubblica, l'ampia maggioranza delle autorità pubbliche, delle associazioni di consumatori e dei consumatori che hanno risposto ha affermato che, per garantire che i professionisti rispettino maggiormente le norme di tutela dei consumatori, dovrebbe essere introdotto un diritto di riparazione a livello UE nel quadro della direttiva 2005/29/UE. Tuttavia, il sostegno a questa idea è basso fra le associazioni imprenditoriali (35 %) e le singole imprese (31 %). Nella consultazione del gruppo PMI, l'87 % dei partecipanti si è dichiarato a favore dell'introduzione di un tale diritto di riparazione a livello UE nel quadro della direttiva 2005/29/UE.
Molti portatori di interessi sostengono l'introduzione di nuovi requisiti di trasparenza per i contratti conclusi sui mercati online. Le associazioni dei consumatori, le autorità pubbliche, i singoli cittadini e la maggior parte delle imprese e delle associazioni imprenditoriali concordano sul fatto che i consumatori che effettuano acquisti sui mercati online debbano ricevere informazioni sull'identità e sullo status del fornitore. Concordano anche sul fatto che ciò aumenterebbe la fiducia dei consumatori. Anche molte piccole e medie imprese sono a favore dell'obbligo di informare i consumatori sull'identità e sullo status giuridico della controparte contrattuale. Anche le associazioni imprenditoriali si sono dichiarate a favore della trasparenza. Alcuni grossi mercati online hanno indicato che le nuove norme ridurrebbero i costi, mentre altri hanno dichiarato di non saper rispondere.
La maggior parte dei portatori di interessi sostengono l'idea di ampliare il campo d'applicazione della direttiva 2011/83/UE affinché contempli anche i servizi digitali forniti senza corrispettivo in denaro. I professionisti si sono espressi a favore dell'introduzione di obblighi di informazione per aiutare i consumatori ad essere più consapevoli, ma sono divisi sul fatto di introdurre un diritto di recesso per questi servizi digitali. Le associazioni imprenditoriali sono contrarie all'introduzione di un diritto di recesso per i servizi digitali forniti senza corrispettivo in denaro.
Le associazioni imprenditoriali si sono espresse a favore della soppressione degli obblighi di informazione della direttiva 2005/29/CE che si sovrappongono con gli obblighi di informazione precontrattuale della direttiva 2011/83/UE. Le associazioni dei consumatori si sono dichiarate contrarie alla soppressione degli obblighi di informazione in questi casi. La maggior parte delle autorità pubbliche ritengono che fornire ai consumatori informazioni sul trattamento dei reclami non sia importante nella fase pubblicitaria.
I portatori di interessi si sono dichiarati ampiamente a favore della sostituzione dell'attuale obbligo per i professionisti di fornire un indirizzo elettronico con un riferimento neutro dal punto di vista tecnologico ai mezzi di comunicazione elettronica. I portatori di interessi si sono anche dichiarati ampiamente a favore della soppressione del riferimento a un numero di fax nella direttiva 2011/83/UE.
Nell'ambito della consultazione pubblica, il 35 % delle imprese online hanno indicato di aver incontrato grossi problemi dovuti agli specifici obblighi sopra menzionati, per i professionisti, relativi al diritto di recesso. La maggior parte delle associazioni imprenditoriali ha confermato che i professionisti si trovano a dover gestire un onere sproporzionato/superfluo risultante da tali obblighi, Nel gruppo PMI, quasi la metà delle imprese individuali e delle micro o piccole imprese che effettuano vendite online ai consumatori hanno segnalato oneri sproporzionati. Tuttavia, la maggior parte delle associazioni dei consumatori, delle pubbliche autorità e dei singoli individui si sono espressi contro la soppressione di questi obblighi per i professionisti.
·Valutazione d'impatto
La presente proposta è basata su una valutazione d'impatto (VI). Il 12 gennaio 2018, il comitato per il controllo normativo della Commissione (Regulatory Scrutiny Board - RSB) ha formulato dapprima un parere negativo corredato di ampie osservazioni. Dopo una significativa revisione della bozza iniziale, il 9 febbraio 2018 l'RSB ha formulato un parere positivo con ulteriori osservazioni. L'allegato I della VI spiega come sono state affrontate le osservazioni dell'RSB.
La valutazione d'impatto tratta separatamente le opzioni, da un lato, per rafforzare l'osservanza delle norme di tutela dei consumatori, e quelle, d'altro lato, riguardanti la modernizzazione e la riduzione degli oneri.
Per rafforzare l'osservanza delle norme, oltre allo scenario di base sono state prese in considerazione tre opzioni:
(1)l'opzione di limitarsi ad aumentare la deterrenza e la proporzionalità dell'intervento pubblico per l'applicazione delle norme attraverso regole più severe in materia di sanzioni ed azioni inibitorie più efficaci;
(2)l'opzione di aggiungere alle misure di cui al punto (1) il diritto del consumatore a rimedi individuali;
(3)l'opzione di aggiungere alle misure di cui ai punti (1) e (2) misure di ricorso collettivo dei consumatori.
L'opzione preferita è stata l'opzione 3, che combina tutte le misure. La presente proposta verte sulle parti dell'opzione preferita relative alle regole più severe in materia di sanzioni e al diritto dei consumatori a rimedi individuali per le violazioni della direttiva 2005/29/CE. Gli elementi attinenti alle azioni inibitorie e ai ricorsi collettivi sono trattati dalla proposta parallela relativa alle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e che abroga la direttiva 2009/22/CE.
Per quanto riguarda le sanzioni, la proposta ne renderà l'applicazione più coerente in tutta l'UE. Questo grazie a un elenco di criteri comuni, non esaustivi, per valutare la gravità delle violazioni (eccetto per quelle di lieve entità). Le autorità responsabili dell'esecuzione sarebbero tenute a prendere questi criteri in considerazione nel decidere se irrogare sanzioni e nello stabilirne il livello. Se la sanzione da infliggere è di tipo pecuniario, nello stabilirne l'importo le autorità sarebbero tenute a prendere in considerazione il fatturato del professionista inadempiente, gli utili netti ed eventuali sanzioni pecuniarie inflitte per violazioni uguali od analoghe in altri Stati membri. In caso di "infrazioni diffuse" e "infrazioni diffuse aventi una dimensione unionale" come definite nel regolamento CPC riveduto, le sanzioni pecuniarie dovrebbero essere introdotte come elemento obbligatorio, e gli Stati membri dovrebbero fissare la sanzione pecuniaria massima per tali infrazioni a un livello che è pari almeno al 4 % del fatturato annuo del professionista.
Per quanto riguarda i rimedi individuali, la proposta prevede che gli Stati membri garantiscano che i consumatori danneggiati da pratiche commerciali sleali abbiano accesso almeno al rimedio contrattuale con cui poter porre fine al contratto, e al rimedio extracontrattuale del risarcimento danni. In particolare, la controversia "Dieselgate" (nel cui ambito costruttori di automobili hanno installato nelle auto tecnologia per eludere i test sulle emissioni) ha mostrato che i rimedi extracontrattuali, come il diritto extracontrattuale al risarcimento del danno, possono a volte essere più importanti per i consumatori dei rimedi contrattuali. Nel caso Dieselgate, molti consumatori non sono stati in grado di esperire rimedi neanche negli Stati membro che già offrono riparazione a chi viene leso da pratiche commerciali sleali: questo perché i rimedi disponibili sono solo di tipo contrattuale, e possono pertanto essere applicati nei confronti della controparte contrattuale del consumatore, che in questo caso è generalmente il venditore di autoveicoli e non il fabbricante.
Quanto ai costi delle misure in oggetto, inizialmente i professionisti potrebbero dover sostenere costi di familiarizzazione. Tuttavia, nell'ambito della consultazione del gruppo PMI, la maggior parte dei partecipanti ha indicato che inasprire le sanzioni non avrebbe alcun impatto sui loro costi. Per i rimedi individuali, il valore mediano dei costi una tantum stimati, come quelli per le consulenze legali, riportati nella consultazione di gruppo PMI era pari a 638 euro. Il valore mediano dei costi di gestione annuali stimati era pari a 655 euro. Nell'ambito della consultazione pubblica, la maggior parte delle autorità pubbliche ha indicato che, con l'inasprimento delle norme in materia di sanzioni, i costi di attuazione a livello amministrativo e giudiziario aumenterebbero. Le autorità e gli organi giurisdizionali nazionali dovrebbero inoltre sostenere alcuni costi iniziali di familiarizzazione dopo l'introduzione del diritto ai rimedi individuali. Nessuna autorità pubblica ha fornito stime riguardo a un aumento o a un calo dei costi d'attuazione. I costi per le autorità pubbliche di esecuzione e per gli organi giurisdizionali comportano un possibile aumento nel numero di casi di esecuzione e di casi giudiziari. Tuttavia, è probabile che questi costi vengano compensati dalla prevista riduzione generale delle violazioni del diritto dell'UE in materia di consumatori grazie al maggiore effetto deterrente di sanzioni e rimedi più forti.
La proposta porterebbe anche risparmi per i professionisti che svolgono attività transfrontaliere grazie alla maggiore armonizzazione delle norme. In particolare, vi sarebbe maggiore chiarezza sulle possibili conseguenze, per i professionisti, in caso di inadempienza. Questo comporterebbe costi di valutazione dei rischi inferiori e più accurati.
Per quanto riguarda la modernizzazione e la riduzione degli oneri, la VI ha esaminato le opzioni per: a) la trasparenza sui mercati online; b) la tutela dei consumatori rispetto ai servizi digitali forniti senza corrispettivo in denaro, e c) le misure di riduzione degli oneri, discusse nella seguente sezione sull'efficienza normativa e la semplificazione.
Per quanto riguarda la trasparenza dei mercati online, la VI ha valutato le opzioni di promozione di autoregolamentazione, coregolamentazione, e modifiche legislative della direttiva 2011/83/UE che impongono obblighi di informazione supplementari sui mercati online. Pochissimi partecipanti alla consultazione mirata e alla consultazione pubblica hanno fornito stime quantitative dei costi. Alcuni grossi mercati online hanno indicato che nuove norme sulla trasparenza completamente armonizzate porterebbero alcune riduzioni nei costi, mentre altri non hanno saputo fornire una risposta su un tale eventuale calo dei costi. Dei 4 mercati online che hanno risposto alla domanda sui costi, 2 hanno dichiarato che i costi per conformarsi ai nuovi obblighi di informazione (costi una tantum e costi di gestione) sarebbero ragionevoli, 1 ha dichiarato di non trovarli ragionevoli, e 1 non ha saputo dare una risposta.
L'estensione del campo d'applicazione della CRD ai servizi digitali "gratuiti" rappresenta un chiarimento legislativo che comporterebbe per le imprese costi moderati di adeguamento dei siti web / dell'interfaccia online. Le piccole e medie imprese hanno stimato che il valore mediano dei costi annuali derivanti dall'estensione del campo d'applicazione della direttiva 2011/83/UE ai servizi digitali forniti senza pagamento di un corrispettivo era di 33 euro per gli obblighi di informazione precontrattuale e di 50 euro per il diritto di recesso.
La modifica della direttiva 2005/29/CE – che prevede che gli Stati membri possano adottare disposizioni per tutelare i legittimi interessi dei consumatori rispetto a pratiche commerciali o di vendita particolarmente aggressive o ingannevoli nel contesto di visite non richieste di un professionista presso l'abitazione di un consumatore, oppure rispetto a escursioni promozionali organizzate da un professionista con lo scopo o con l'effetto di promuovere o vendere prodotti ai consumatori, ove tali disposizioni siano giustificate da motivi di ordine pubblico o dal rispetto della vita privata -, è necessaria per chiarire la relazione fra la direttiva e le norme nazionali relative a tali attività di marketing.
Alcuni Stati membri hanno introdotto divieti o restrizioni rispetto a specifici tipi di vendite negoziate fuori dai locali commerciali, come le vendite a domicilio non richieste, anche per motivi di protezione della vita privata e per motivi di ordine pubblico. Benché vadano contro il carattere di piena armonizzazione della direttiva 2005/29/CE, tali restrizioni (per la natura stessa delle vendite fuori dai locali commerciali) non hanno implicazioni transfrontaliere o hanno implicazioni transfrontaliere molto limitate. Tali restrizioni non avrebbero quindi alcun impatto significativo sul mercato unico. La modifica proposta riconoscerebbe lo status quo che esiste in alcuni Stati membri che hanno adottato certe restrizioni per le vendite a domicilio e/o per le escursioni promozionali. Eventuali altri impatti dipenderebbero dall'utilizzo di tale possibilità da parte di altri Stati membri. Pertanto, si ritiene che chiarire la possibilità, per gli Stati membri, di introdurre tali restrizioni per motivi di ordine pubblico o di protezione della privacy dei consumatori non abbia un'incidenza immediata sul mercato unico e sia in linea col principio di sussidiarietà.
La modifica della direttiva 2005/29/CE per quanto riguarda la "duplice qualità" dei prodotti è necessaria per fornire maggiore chiarezza giuridica alle autorità degli Stati membri responsabili dell'attuazione della direttiva. La Commissione ha affrontato questa materia negli orientamenti del 25 maggio 2016 sull'applicazione della direttiva 2005/29/CE, e più recentemente nella comunicazione del 26.9.2017 "sull'applicazione delle norme in materia di tutela degli alimenti e dei consumatori alle questioni di differenze di qualità dei prodotti – Il caso specifico degli alimenti". Tuttavia, l'esperienza acquisita in materia di attuazione mostra che le autorità nazionali trarrebbero vantaggio dal fatto di basarsi su un insieme di disposizioni esplicito. Queste sono necessarie per consentire di affrontare più efficacemente le pratiche commerciali che comportano un'attività di marketing che promuova un prodotto come identico ad uno stesso prodotto commercializzato in diversi altri Stati membri, mentre essi hanno una composizione o caratteristiche significativamente diverse, e che induca o sia idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
·Efficienza normativa e semplificazione
Poiché la presente proposta fa parte del programma REFIT, verificare gli oneri regolamentari era un aspetto importante delle valutazioni alla base di questo lavoro. Le valutazioni hanno mostrato che la legislazione generale dell'UE in materia di tutela dei consumatori non è particolarmente onerosa, sia in termini assoluti sia raffrontata ad altri ambiti della regolamentazione europea. Pertanto, alla luce dei grandi vantaggi che la legislazione dell'UE relativa ai consumatori apporta in termini di loro tutela e di agevolazione del mercato unico, queste valutazioni hanno individuato solo una portata limitata in termini di riduzione degli oneri.
La proposta modifica delle normative che si applicano a tutti i professionisti, comprese le micro imprese, e non vi sono motivi sostanziali per esentare le micro imprese dalla sua applicazione. È probabile che le micro imprese traggano vantaggio in particolare dalle proposte misure di riduzione degli oneri riguardanti il diritto di recesso. Questo perché tali imprese possono attualmente avere minore flessibilità nell'assorbire le perdite dovute agli obblighi in vigore. Le micro imprese probabilmente saranno meno interessate dal proposto inasprimento delle sanzioni per le infrazioni diffuse e le infrazioni diffuse aventi una dimensione unionale, poiché tali infrazioni sono tipicamente commesse da imprese più grandi, che diventano quindi oggetto di azioni coordinate di esecuzione ai sensi del regolamento CPC.
La prima modifica, riguardante il diritto di recesso, pone fine all'obbligo del professionista di accettare la restituzione delle merci anche quando i consumatori le hanno utilizzate più di quanto fosse consentito.. Le piccole e medie imprese riportano perdite annue in media di 2 223 euro (importo mediano 100 euro) dovute all'obbligo vigente di accettare queste "merci indebitamente provate". Le opinioni delle associazioni imprenditoriali e delle imprese indicano anche che i professionisti, e in particolare le piccole e medie imprese, trarranno vantaggio da una riduzione di questo onere. Per quanto riguarda l'obbligo del professionista di rimborsare i consumatori prima di aver avuto la possibilità di ispezionare i beni restituiti, le perdite annuali medie stimate a causa dalle norme vigenti, secondo quanto riportato dalla consultazione del gruppo PMI, erano di 1 212 euro (valore mediano 0). Le opinioni delle associazioni imprenditoriali e delle imprese indicano anche che i professionisti, e in particolare le piccole e medie imprese, trarranno vantaggio da una riduzione di questo onere.
Sono risultati disponibili dati quantitativi molto limitati sull'eliminazione dell'obbligo del professionista di fornire informazioni sul trattamento dei reclami nella fase pubblicitaria. Tuttavia, le opinioni espresse delle associazioni imprenditoriali suggeriscono che questo porterebbe a risparmi, anche significativi, per le imprese. Per quanto riguarda l'eliminazione dell'obbligo del professionista di indicare il numero di fax, e la possibilità di avvalersi di mezzi di comunicazione più moderni (come moduli web) in alternativa all'indirizzo elettronico, il fatto che molti professionisti già propongano tali mezzi più moderni ai consumatori (parallelamente all'indirizzo e-mail) suggerisce che tali canali sono più efficienti della posta elettronica. Eliminare l'obbligo di indicare il numero di fax può non incidere sui costi, poiché attualmente si tratta di un'informazione obbligatoria solo per quei pochi professionisti che ancora usano questo strumento nei contatti con i clienti.
Tutte le modifiche della proposta sono redatte in un modo neutrale dal punto di vista tecnologico, per garantire che non siano rapidamente sorpassate dagli sviluppi tecnologici. Pertanto, la definizione esistente di "mercato online" in altre normative dell'UE è in corso d'aggiornamento per eliminare riferimenti specifici a una tecnologia concreta, come "siti web", e garantire che resti valida anche in futuro. L'estensione della direttiva 2011/83/UE ai servizi digitali forniti senza un corrispettivo in denaro permetterebbe di affrontare l'attuale situazione delle transazioni digitali per i consumatori attraverso norme neutre dal punto di vista del contenuto e adatte anche alle esigenze future. Questo completerebbe le norme dell'UE in materia di protezione dei dati. Cambiare le norme della direttiva 2011/83/UE sui mezzi di comunicazione sarà neutro dal punto di vista tecnologico e quindi reggerà agli sviluppi futuri. Questo perché sarà fatto riferimento ad altri mezzi di comunicazione elettronica che consentono al consumatore di conservare il contenuto della comunicazione piuttosto che a una tecnologia specifica.
·Diritti fondamentali
La proposta è in linea con l'articolo 38 della Carta dei diritti fondamentali, che stabilisce che l'UE debba garantire un livello elevato di protezione dei consumatori. Le misure per: a) rafforzare l'osservanza della legislazione di tutela dei consumatori, e b) modernizzare le norme di tutela dei consumatori per quanto riguarda i mercati online e i servizi digitali aumentano il livello di protezione dei consumatori. Le migliori possibilità di rimedi individuali contro le pratiche commerciali sleali contribuirebbero a loro volta a garantire il diritto a un ricorso effettivo sancito dall'articolo 47 della Carta. La proposta rispetta infine il diritto alla protezione dei dati di carattere personale degli individui di cui all'articolo 8 della Carta, e il diritto degli Stati membri di limitare specifici aspetti e forme delle vendite fuori dai locali commerciali per garantire il rispetto della vita privata del consumatore è in linea con l'articolo 7 della Carta.
Le misure di riduzione degli oneri per quanto riguarda a) il diritto di recesso, b) la semplificazione degli obblighi di informazione, e c) la modernizzazione dei mezzi di comunicazione contribuiranno all'applicazione dell'articolo 16 della Carta, che garantisce la libertà d'impresa conformemente al diritto dell'UE e alle legislazioni e prassi nazionali. Al tempo stesso, la semplificazione degli obblighi di informazione e la modernizzazione dei mezzi di comunicazione non porteranno ad alcuna riduzione sostanziale della protezione dei consumatori. Le misure relative al diritto di recesso, infine, introducono diritti ed obblighi più equilibrati per i professionisti e i consumatori, dato che elimineranno oneri superflui interessando solo una minoranza di consumatori.
4.INCIDENZA SUL BILANCIO
5.ALTRI ELEMENTI
·Piani attuativi e modalità di monitoraggio, valutazione e informazione
La Commissione valuterà l'efficacia, l'efficienza, la pertinenza, la coerenza e il valore aggiunto per l'UE di questo intervento secondo gli indicatori individuati nella valutazione d'impatto. Questi indicatori possono servire come base per la valutazione che dovrebbe essere presentata non prima di 5 anni dopo l'entrata in applicazione, per garantire che sia disponibile una quantità sufficiente di dati dopo la piena attuazione in tutti gli Stati membri.
Statistiche esaurienti sul commercio online nell'UE, e più precisamente sul commercio online al dettaglio, sono disponibili nella banca dati Eurostat. Tali statistiche potrebbero essere usate come fonti primarie di dati per la valutazione, e saranno completate dalle indagini rappresentative con i consumatori e i dettaglianti nell'UE effettuate periodicamente per i quadri di valutazione dei consumatori che vengono pubblicati con scadenza biennale. Queste indagini esaminano esperienze e percezioni, che sono due fattori importanti d'influenza del comportamento dei consumatori e delle imprese nel mercato unico. Il monitoraggio includerà anche una consultazione pubblica e sondaggi mirati con specifici gruppi di portatori di interessi (consumatori, soggetti riconosciuti, mercati online, professionisti che forniscono servizi digitali senza corrispettivo in denaro). Per quanto riguarda specificamente la prospettiva delle imprese, essa sarà trattata attraverso l'indagine con i dettaglianti svolta periodicamente per il quadro di valutazione dei consumatori, così come attraverso inchieste mirate da effettuare fra i mercati online e i fornitori di servizi digitali "gratuiti".
Questa raccolta di dati alimenterà anche le relazioni della Commissione sul recepimento e l'attuazione. La Commissione resterà inoltre in stretto contatto con gli Stati membri e con tutti i portatori di interessi rilevanti per monitorare gli effetti dell'eventuale atto legislativo. Per limitare l'onere amministrativo supplementare, per gli Stati membri e il settore privato, derivante dalla raccolta delle informazioni usate per il monitoraggio, gli indicatori proposti a tal fine si basano, ogniqualvolta ciò sia possibile, su fonti di dati esistenti.
La raccolta dei dati servirà a individuare con maggiore precisione la misura in cui i cambiamenti negli indicatori possono essere attribuiti alla proposta. Ad esempio, se ci si aspetta che il conferimento ai consumatori degli stessi diritti in tutta l'UE li renda più sicuri nel far valere tali diritti nelle transazioni transfrontaliere, e contribuisca quindi a ridurre i pregiudizi eventualmente subiti, la percentuale di consumatori che ottiene effettiva riparazione sarà influenzata anche da altri fattori. Tali fattori rilevanti sono esposti sopra, con la descrizione del problema. Le indagini svolte per i quadri di valutazione dei consumatori hanno serie temporali per la maggior parte degli indicatori, che permettono in linea di principio (attraverso l'analisi statistica) di distinguere l'impatto di una particolare iniziativa politica da tendenze più generali.
·Documenti esplicativi (per le direttive)
Poiché la proposta introduce specifiche modifiche a quattro direttive esistenti gli Stati membri dovrebbero fornire alla Commissione il testo delle specifiche modifiche apportate alle disposizioni nazionali, oppure, in mancanza di tali modifiche, dovrebbero spiegare quale particolare disposizione di legge nazionale attua già le modifiche apportate dalla proposta.
·Illustrazione dettagliata delle singole disposizioni della proposta
Articolo 1 – Modifiche della direttiva 2005/29/CE
L'articolo 1 della proposta modifica la direttiva 2005/29/CE per quanto riguarda due punti principali: introduce il diritto a rimedi individuali per i consumatori e rafforza le norme in materia di sanzioni. La proposta chiarisce inoltre l'applicazione delle disposizioni vigenti della direttiva riguardanti la pubblicità occulta e la pubblicità ingannevole dei prodotti "a duplice qualità". Tratta infine la questione delle norme nazionali relative a specifiche forme di vendita fuori dai locali commerciali.
Per quanto riguarda i rimedi individuali per i consumatori, nella direttiva 2005/29/CE viene inserito un nuovo articolo 11 bis. Esso impone agli Stati membri di garantire che nell'ambito del diritto nazionale siano disponibili determinati tipi specifici di rimedi contrattuali ed extracontrattuali per le violazioni di detta direttiva. L'introduzione del diritto a rimedi individuali pone i consumatori lesi da pratiche commerciali sleali nelle condizioni di agire contro i professionisti per risolvere i problemi da essi causati.
Per quanto riguarda le sanzioni, nell'articolo 13 della direttiva viene introdotto un elenco di criteri comuni, non esaustivi, per valutare la gravità delle violazioni (tranne che per quelle di lieve entità). Le autorità responsabili dell'esecuzione sarebbero tenute a prendere questi criteri in considerazione nel decidere se irrogare sanzioni e nello stabilirne il livello. Se la sanzione da infliggere è di tipo pecuniario, nello stabilirne l'importo le autorità sarebbero tenute a prendere in considerazione il fatturato del professionista inadempiente, gli utili netti così come eventuali sanzioni pecuniarie inflitte per la stessa violazione in altri Stati membri. Inoltre, in caso di "infrazioni diffuse" e "infrazioni diffuse aventi una dimensione unionale" come definite nel regolamento CPC riveduto (UE) 2017/2395, gli Stati membri dovranno prevedere nel loro diritto nazionale sanzioni pecuniarie il cui importo massimo sia come minimo pari al 4% del fatturato del professionista inadempiente nello Stato membro o negli Stati membri interessati. Ciò significa che, se le autorità nazionali competenti che cooperano nel quadro di un'azione coordinata CPC designano un'autorità competente per imporre una sanzione pecuniaria unica, la sanzione massima applicabile in tal caso dovrebbe essere come minimo pari al 4% del fatturato combinato del professionista in tutti gli Stati membri interessati.
Per quanto riguarda la pubblicità occulta, va osservato che i consumatori che usano applicazioni digitali come mercati online, strumenti di confronto, app store (portali per scaricare applicazioni a pagamento) o motori di ricerca si aspettano risultati di ricerca "naturali" od "organici" basati sulla pertinenza, non sul pagamento da parte di terzi. Tuttavia, come indica anche il documento di orientamento del 2016 relativo alla direttiva 2005/29/CE, i risultati delle ricerche spesso contengono "posizionamenti a pagamento" (cioè i casi in cui i terzi pagano per comparire ai primi posti), o "inclusioni a pagamento" (cioè i casi in cui i terzi pagano per figurare nell'elenco dei risultati). I posizionamenti a pagamento e le inclusioni a pagamento spesso non sono indicate affatto, o lo sono in un modo ambiguo non chiaramente distinguibile da parte dei consumatori. Le disposizioni rilevanti della direttiva 2005/29/CE sul divieto di pubblicità occulta dovrebbero pertanto essere precisate per rendere chiaro che esse si applicano non solo ai contenuti redazionali ma anche ai risultati di ricerche online effettuate dal consumatore.
Quanto alle specifiche forme di vendita fuori dai locali commerciali, la modifica dell'articolo 3 della direttiva autorizza gli Stati membri a proteggere gli interessi legittimi dei consumatori rispetto a pratiche commerciali o di vendita aggressive o ingannevoli nel contesto di visite non richieste di un professionista presso l'abitazione di un consumatore (in altre parole, visite non effettuate su invito del consumatore, ad esempio fissando un appuntamento col professionista) e rispetto a escursioni promozionali organizzate da un professionista con lo scopo o con l'effetto di promuovere o vendere prodotti ai consumatori, ove tali disposizioni siano giustificate da motivi di ordine pubblico o dalla tutela del rispetto della vita privata. Per garantire la piena trasparenza di tali misure, gli Stati membri dovranno notificarle alla Commissione, che le renderà pubbliche.
Per quanto attiene ai prodotti "a duplice qualità", la modifica dell'articolo 6, paragrafo 2, della direttiva stabilisce espressamente che una pratica commerciale che comporti il marketing di un prodotto come identico ad uno stesso prodotto commercializzato in vari altri Stati membri mentre essi hanno una composizione o caratteristiche significativamente diverse, e che induca o sia idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso, è una pratica commerciale ingannevole che le autorità competenti dovrebbero valutare e trattare caso per caso secondo le disposizioni della direttiva.
Articolo 2 – Modifiche della direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori
L'articolo 2 della proposta modifica la direttiva 2011/83/UE su una serie di punti.
Le modifiche dell'articolo 2 di detta direttiva apportano definizioni aggiuntive di "contenuto digitale" e di "servizio digitale" e dei rispettivi contratti per la fornitura di tali prodotti. Tali definizioni sono allineate a quelle della [direttiva sul contenuto digitale]. Esse incorporano nel campo d'applicazione della direttiva 2011/83/UE anche contratti per la fornitura di servizi digitali che non prevedono da parte del consumatore alcun corrispettivo in denaro bensì la comunicazione di dati personali. In linea con la [proposta di direttiva sul contenuto digitale], le definizioni di "contratto per la fornitura di contenuto digitale" e "contratto per servizi digitali" precisano che, in assenza di un pagamento in denaro, i diritti e gli obblighi della direttiva 2011/83/UE non saranno d'applicazione nei casi in cui i dati personali forniti dal consumatore siano trattati esclusivamente dal professionista ai fini della fornitura del contenuto o servizio digitale o ai fini dell'assolvimento degli obblighi di legge, e il professionista non tratti tali dati per nessun altro scopo. Le modifiche dell'articolo 2 introducono anche la definizione di "mercato online", che è soggetto a specifici obblighi supplementari di informazione precontrattuale ai sensi del nuovo articolo 6 bis.
L'articolo 5 sugli obblighi di informazione precontrattuale per i contratti diversi dai contratti negoziati fuori dei locali commerciali o dai contratti a distanza è modificato per motivi di coerenza, affinché, per quanto riguarda gli obblighi di informazione precontrattuale sull'interoperabilità e sulla funzionalità, esso contempli, oltre alla nozione già esistente di contenuto digitale, anche i servizi digitali appena definiti.
L'articolo 6 sugli obblighi di informazione precontrattuale per i contratti negoziati fuori dei locali commerciali o per i contratti a distanza è modificato per motivi di coerenza, affinché, per quanto riguarda gli obblighi di informazione precontrattuale sull'interoperabilità e sulla funzionalità, esso contempli, oltre alla nozione già esistente di contenuto digitale, anche i servizi digitali appena definiti. L'articolo 6 è inoltre modificato eliminando l'indicazione del fax dall'elenco dei possibili mezzi di comunicazione e consentendo ai professionisti di usare altri mezzi di comunicazione elettronica in alternativa al tradizionale indirizzo e-mail.
È inserito un nuovo articolo 6 bis che prevede specifici obblighi supplementari di informazione precontrattuale per i contratti conclusi sui mercati online. Occorre cioè indicare: (1) i principali parametri che determinano la classificazione delle varie offerte; (2) se il terzo che offre il prodotto è un professionista o meno; (3) se al contratto si applicano o meno i diritti dei consumatori derivanti dalla legislazione dell'UE sulla tutela dei consumatori, e (4) se il contratto è concluso con un professionista, a quale professionista spetta la responsabilità di garantire, in relazione al contratto, l'applicazione dei diritti dei consumatori derivanti dalla legislazione dell'UE sulla tutela dei consumatori.
L'articolo 7 della direttiva, che stabilisce i requisiti formali per i contratti negoziati fuori dei locali commerciali, è modificato per specificare che l'obbligo imposto ai professionisti dal paragrafo 3, di ottenere il consenso espresso del consumatore per la prestazione immediata dei servizi, si applica solo ai servizi forniti a pagamento. Questa modifica è necessaria nell'ottica dell'estensione del campo d'applicazione della direttiva anche ai servizi digitali forniti senza un corrispettivo in denaro, poiché l'obbligo del consenso espresso è rilevante solo ai fini del calcolo della compensazione monetaria che il consumatore deve fornire al professionista per l'uso del servizio durante il periodo di diritto di recesso se il consumatore decide di esercitare tale diritto.
L'articolo 8, che stabilisce specifici requisiti formali per i contratti a distanza, è modificato in vari punti. In primo luogo, al paragrafo 4, è introdotta una disposizione per escludere il modulo di recesso tipo dalle informazioni da fornire obbligatoriamente attraverso un mezzo di comunicazione a distanza usato per la conclusione del contratto che consenta uno spazio o un tempo limitato per la comunicazione delle informazioni stesse, incluse le telefonate. Questo è necessario perché il modulo di recesso tipo va compilato per iscritto: non può quindi essere fornito al consumatore tramite una chiamata telefonica e può risultare impossibile da fornire in modo utilizzabile attraverso altri mezzi di comunicazione previsti dall'articolo 8, paragrafo 4. In questi casi, è sufficiente fornire al consumatore il modulo di recesso tipo mediante altri mezzi, come il sito web del professionista, e includerlo nella conferma del contratto su un supporto durevole.
Il paragrafo 8 è modificato in modo analogo al paragrafo 3 dell'articolo 7 di cui sopra.
L'articolo 13 della direttiva 2011/83/UE, relativo agli obblighi del professionista in caso di recesso, è modificato per eliminare l'obbligo del professionista di rimborsare il consumatore anche prima di ricevere indietro le merci restituite. Di conseguenza, il professionista avrà sempre il diritto di trattenere il rimborso fino a quando avrà ricevuto le merci restituite e avrà avuto la possibilità di controllarle. Sono aggiunti riferimenti al regolamento generale sulla protezione dei dati e alla [direttiva sul contenuto digitale] per quanto riguarda gli obblighi del professionista rispetto all'uso dei dati del consumatore dopo l'estinzione del contratto.
L'articolo 14, relativo agli obblighi del consumatore nel caso di recesso, è modificato eliminando il diritto del consumatore di restituire le merci anche qualora le abbia utilizzate oltre quanto necessario per provarle, con la responsabilità di pagare per la diminuzione del valore. È aggiunta una disposizione analoga alla rispettiva norma della direttiva sul contenuto digitale, riguardante l'obbligo del consumatore di astenersi dall'utilizzare il contenuto digitale o i servizi digitali dopo l'estinzione del contratto. Infine, il paragrafo 4, lettera b), che stabilisce sanzioni contrattuali in caso di inosservanza, da parte del professionista, degli obblighi di informazione relativi al contenuto digitale, è modificato per motivi di coerenza eliminando dall'elenco delle ragioni alternative di questa sanzione la mancata conferma che il consumatore ha espressamente acconsentito e accettato la perdita del diritto di recesso conformemente all'eccezione di cui all'articolo 16, lettera m). Poiché l'articolo 14 riguarda le conseguenze del diritto di recesso, questa condizione è irrilevante, poiché il consenso espresso e l'accettazione portano all'effettiva perdita del diritto di recesso ai sensi dell'articolo 16, lettera m).
L'articolo 16, riguardante le eccezioni al diritto di recesso, è modificato in vari punti. In primo luogo, è introdotta una modifica alla lettera a) per garantire coerenza con l'articolo 7, paragrafo 3 e con l'articolo 8, paragrafo 7, per quanto riguarda gli obblighi del professionista nel caso in cui il consumatore richieda la prestazione immediata dei servizi. In secondo luogo, la lettera m) - che prevede l'esenzione dal diritto di recesso per il contenuto digitale fornito mediante un supporto materiale se il consumatore ha dato il previo consenso a iniziare l'esecuzione prima della scadenza del periodo di diritto di recesso e ha accettato il fatto che avrebbe perso il diritto di recesso -, è modificata per applicare queste due condizioni solo al contenuto fornito dietro pagamento. Questo intervento è stato fatto per garantire la coerenza con l'articolo 14, paragrafo 4, lettera b), che prevede una sanzione contrattuale (il consumatore non deve cioè pagare per il contenuto digitale utilizzato) nel caso in cui il professionista non rispetti queste condizioni. Il requisito di ottenere il consenso espresso e l'accettazione da parte del consumatore è di conseguenza rilevante solo per il contenuto digitale fornito dietro il pagamento di un prezzo. Infine, è aggiunta una nuova lettera n) per esentare dal diritto di recesso beni che il consumatore abbia usato più di quanto necessario per provarli.
L'articolo 24 della direttiva 2011/83/UE, relativo alle sanzioni, è modificato in maniera analoga all'articolo 13 sulle sanzioni della direttiva 2005/29/CE, sopra descritto.
Articolo 3 – Modifiche della direttiva 93/13/CEE sulle clausole abusive nei contratti
Nella direttiva 93/13/CEE è inserito un nuovo articolo sulle sanzioni analogo all'articolo 13 sulle sanzioni della direttiva 2005/29/CE, sopra descritto.
Articolo 4 – Modifiche della direttiva 98/6/CE sull'indicazione dei prezzi
L'articolo 8 sulle sanzioni della direttiva 98/6/CE è modificato in maniera analoga all'articolo 13 sulle sanzioni della direttiva 2005/29/CE, sopra descritto.
2018/0090 (COD)
Proposta di
DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993, la direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, la direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell'UE relative alla protezione dei consumatori
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 114,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria,
considerando quanto segue:
(1)L'articolo 169, paragrafo 1, e l'articolo 169, paragrafo 2, lettera a), del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) stabiliscono che l'Unione deve contribuire ad assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori mediante misure adottate a norma dell'articolo 114 TFUE. L'articolo 38 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea stabilisce che nelle politiche dell'Unione è garantito un livello elevato di protezione dei consumatori.
(2)La legislazione riguardante la tutela dei consumatori dovrebbe essere applicata efficacemente in tutta l'Unione. Tuttavia, l'ampio controllo dell'adeguatezza delle direttive in materia di diritto dei consumatori e del marketing, svolto dalla Commissione nel 2016 e nel 2017 nel quadro del programma di controllo dell'adeguatezza e dell'efficacia della regolamentazione (REFIT), ha concluso che l'efficacia della legislazione dell'Unione sui consumatori è compromessa dalla mancanza di conoscenza sia fra i professionisti che fra i consumatori, da azioni di esecuzione insufficienti e da limitate possibilità di riparazione per i consumatori.
(3)L'Unione ha già adottato una serie di misure per migliorare la conoscenza dei diritti dei consumatori fra i consumatori stessi, i professionisti e gli operatori del diritto, e per rafforzare l'attuazione dei diritti dei consumatori e dei rimedi. Restano tuttavia delle carenze, in particolare: la mancanza, nelle legislazioni nazionali, di sanzioni veramente effettive e proporzionate per scoraggiare e punire le infrazioni; rimedi individuali insufficienti per i consumatori danneggiati da violazioni della legislazione nazionale che recepisce la direttiva 2005/29/CE, e carenze nei provvedimenti inibitori ai sensi della direttiva 2009/22/CE. Una revisione della procedura per l'azione inibitoria dovrebbe essere affrontata tramite uno strumento separato di modifica e di sostituzione della direttiva 2009/22/CE.
(4)Le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE prevedono l'obbligo, per gli Stati membri, di stabilire sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive per le violazioni delle disposizioni nazionali che le recepiscono. Inoltre, l'articolo 21 del regolamento (UE) 2017/2394 sulla cooperazione per la tutela dei consumatori (consumer protection cooperation - CPC) impone agli Stati membri di adottare misure di esecuzione, compresa l'irrogazione di sanzioni, in modo efficace, efficiente e coordinato per far cessare o vietare le infrazioni diffuse o le infrazioni diffuse aventi una dimensione unionale.
(5)Le attuali norme nazionali in materia di sanzioni sono molto diverse nell'Unione. In particolare, non tutti gli Stati membri garantiscono l'irrogazione di sanzioni pecuniarie effettive, proporzionate e dissuasive ai professionisti che commettono infrazioni diffuse o infrazioni diffuse aventi una dimensione unionale. Per motivi di coerenza fra le varie direttive relative alla tutela dei consumatori, la questione delle sanzioni dovrebbe essere affrontata in modo orizzontale rivedendo le norme esistenti in materia nelle direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE, e introducendo nuove norme in materia di sanzioni nella direttiva 93/13/CEE.
(6)Per facilitare un'applicazione più coerente delle sanzioni, in particolare in caso di infrazioni intra-UE, di infrazioni diffuse e di infrazioni diffuse aventi una dimensione unionale di cui al regolamento (UE) 2017/2394, dovrebbero essere introdotti criteri comuni non esaustivi di applicazione delle sanzioni pecuniarie. Tali criteri dovrebbero includere la natura transfrontaliera della violazione, dovrebbero cioè esaminare se l'infrazione abbia danneggiato consumatori anche in altri Stati membri. Dovrebbe essere presa in considerazione anche un'eventuale azione di riparazione proposta dal professionista al consumatore per il danno causato. Le infrazioni reiterate da parte dello stesso soggetto dimostrano una propensione a commettere tali violazioni e sono pertanto un indice significativo della gravità del comportamento e quindi dell'esigenza di aumentare il livello della sanzione per conseguire un reale effetto dissuasivo. Il criterio dei benefici finanziari conseguiti o delle perdite evitate in virtù della violazione è rilevante soprattutto nei casi in cui la legislazione nazionale prevede sanzioni pecuniarie e ne stabilisce l'importo massimo in termini di percentuale del fatturato del professionista, e nei casi in cui l'infrazione interessi solo uno o più mercati in cui il professionista opera.
(7)Inoltre, in caso di irrogazione di sanzioni pecuniarie, si dovrebbe tenere conto del fatturato annuo e degli utili del professionista che ha commesso la violazione, così come di altre sanzioni pecuniarie inflitte al professionista in altri Stati membri per la stessa infrazione, in particolare nel contesto di infrazioni diffuse del diritto dei consumatori e di infrazioni diffuse aventi una dimensione unionale che sono oggetto di attività di indagine coordinate e di meccanismi di esecuzione ai sensi del regolamento (UE) 2017/2394.
(8)Questi criteri comuni e non esaustivi di applicazione delle sanzioni possono non essere rilevanti per tutte le infrazioni, e in particolare ai fini delle decisioni sanzionatorie riguardanti le infrazioni di lieve entità. Gli Stati membri dovrebbero inoltre tenere conto di altri principi generali del diritto applicabili all'imposizione di sanzioni, come il principio non bis in idem.
(9)Per garantire che le autorità degli Stati membri possano imporre sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive in caso di infrazioni diffuse del diritto dei consumatori e di infrazioni diffuse aventi una dimensione unionale che sono oggetto di attività di indagine coordinate e di meccanismi di esecuzione ai sensi del regolamento (UE) 2017/2394, le sanzioni pecuniarie dovrebbero essere introdotte come elemento obbligatorio per tali violazioni. Per garantire l'effetto deterrente delle sanzioni pecuniarie, gli Stati membri dovrebbero fissare nel loro diritto nazionale la sanzione pecuniaria massima per tali infrazioni a un livello che è pari almeno al 4 % del fatturato annuo del professionista nello Stato membro interessato.
(10)Quando, come risultato del meccanismo di coordinamento previsto dal regolamento (UE) 2017/2394, un'unica autorità nazionale competente ai sensi di tale regolamento infligge una sanzione pecuniaria a un professionista responsabile di un'infrazione diffusa o di un'infrazione diffusa avente una dimensione unionale, tale autorità dovrebbe poter infliggere una sanzione pecuniaria pari come minimo al 4 % del fatturato annuo del professionista in tutti gli Stati membri interessati dall'azione di esecuzione coordinata.
(11)Agli Stati membri non dovrebbe essere impedito di mantenere o introdurre nel loro diritto nazionale - per le infrazioni diffuse e per le infrazioni diffuse aventi una dimensione unionale del diritto dei consumatori, quali definite nel regolamento (UE) 2017/2394 - sanzioni pecuniarie massime più elevate basate sul fatturato. Il requisito di stabilire la sanzione pecuniaria a un livello non inferiore al 4 % del fatturato del professionista non si dovrebbe applicare alle norme aggiuntive degli Stati membri come penalità periodiche, come ammende giornaliere, per l'inosservanza di decisioni, ordinanze, misure provvisorie, impegni del professionista o altre misure con lo scopo di far cessare l'infrazione.
(12)Nel decidere per quale finalità usare le entrate generate dalle sanzioni pecuniarie, gli Stati membri dovrebbero tenere conto dell'obiettivo ultimo della legislazione riguardante i consumatori e della sua applicazione, che è la tutela dell'interesse generale dei consumatori. Gli Stati membri dovrebbero pertanto considerare di destinare almeno parte delle entrate generate dalle sanzioni pecuniarie al rafforzamento della protezione dei consumatori nello loro giurisdizioni, sostenendo ad esempio i movimenti o le attività dei consumatori volti a rafforzare le loro capacità.
(13)Nel contesto della direttiva 2005/29/CE dovrebbe essere rafforzato l'accesso ai rimedi individuali per chi è stato danneggiato da pratiche commerciali sleali, per porre il consumatore nella condizione in cui si sarebbe trovato se non fosse intervenuta tale pratica scorretta. Se in origine la direttiva 2005/29/CE era stata concepita principalmente per regolamentare il comportamento di mercato dei professionisti in base a misure di esecuzione a livello pubblico, l'esperienza tratta da più di 10 anni di applicazione evidenzia i limiti posti dalla mancanza di un quadro chiaro che stabilisca i diritti a rimedi individuali.
(14)Le norme nazionali sui rimedi individuali per i consumatori danneggiati da pratiche commerciali sleali sono divergenti. La situazione attuale, in cui la facoltà di determinare se e come siano disponibili rimedi è lasciata in larga misura allo Stato membro, impedisce che la direttiva 2005/29/EC sia pienamente efficace. La direttiva ha quindi ancora il potenziale per raggiungere pienamente il suo duplice scopo, che è contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e realizzare un livello elevato di tutela dei consumatori. Nonostante le possibilità di riparazione esistenti nell'ambito delle legislazioni nazionali, il controllo dell'adeguatezza non ha individuato esempi significativi di giurisprudenza che trattino la richiesta di riparazione da parte di persone lese da pratiche commerciali sleali. Questo è in contrasto col fatto che in Europa le pratiche commerciali scorrette sono il problema più frequente legato ai diritti dei consumatori. Questa situazione indica che le possibilità di riparazione esistenti non garantiscono che i consumatori possano risolvere i loro problemi in caso di violazione dei loro diritti ai sensi della direttiva. Di conseguenza, l'introduzione di un quadro chiaro per i rimedi individuali faciliterebbe l'esecuzione a livello privato e sarebbe complementare al requisito esistente, per gli Stati membri, di garantire che esistano mezzi adeguati ed efficaci al fine di garantire l'osservanza della direttiva. Sarebbe anche in linea con l'approccio ai rimedi individuali di altre direttive riguardanti la tutela dei consumatori, come la direttiva 93/13/CEE e la direttiva 1999/44/CE, garantendo un applicazione più coerente e uniforme dell'acquis relativo ai consumatori.
(15)Gli Stati membri dovrebbero garantire la disponibilità di rimedi per i consumatori danneggiati da pratiche commerciali sleali per eliminare tutti gli effetti di tali pratiche scorrette. Per realizzare tale obiettivo, essi dovrebbero rendere disponibili rimedi sia contrattuali che extracontrattuali. I rimedi contrattuali previsti dagli Stati membri dovrebbero come minimo includere il diritto di porre fine al contratto. I rimedi extracontrattuali previsti dal diritto nazionale dovrebbero includere, come minimo, il diritto al risarcimento del danno. Agli Stati membri non si impedirebbe di mantenere o introdurre il diritto a rimedi supplementari per i consumatori danneggiati da pratiche commerciali sleali per garantire l'eliminazione totale degli effetti di tali pratiche.
(16)Il controllo dell'adeguatezza delle direttive in materia di diritto dei consumatori e del marketing e la parallela valutazione della direttiva 2011/83/UE hanno inoltre individuato una serie di settori in cui le vigenti norme di tutela dei consumatori dovrebbero essere modernizzate e in cui dovrebbero essere ridotti gli oneri sproporzionati per i professionisti.
(17)Quando ai consumatori vengono offerti prodotti sui mercati online, sia il mercato online che il fornitore terzo intervengono nella comunicazione delle informazioni precontrattuali richieste dalla direttiva 2011/83/UE. Di conseguenza, può succedere che i consumatori che si avvalgono del mercato online non capiscano chiaramente chi sono le loro controparti contrattuali e quali sono le conseguenze sui loro diritti ed obblighi.
(18)Ai fini della direttiva 2011/83/UE, i mercati online dovrebbero essere definiti in modo analogo a quanto previsto dal regolamento (UE) 524/2013 e dalla direttiva 2016/1148/UE. Tuttavia, la definizione dovrebbe essere aggiornata e resa più neutra dal punto di vista tecnologico per poter contemplare le nuove tecnologie. È quindi opportuno riferirsi, invece che a un "sito web", alla nozione di "interfaccia online" di cui al regolamento (UE) 2018/302.
(19)Nella direttiva 2011/83/UE dovrebbero quindi essere previsti specifici requisiti di trasparenza per i mercati online, onde comunicare ai consumatori che si avvalgono di tali mercati le seguenti informazioni: i principali parametri che determinano la classificazione delle offerte; se il contratto è concluso con un professionista o con un non professionista (ad esempio un altro consumatore); se si applica o meno la legislazione in materia di protezione dei consumatori, e a quale professionista spetta la responsabilità dell'esecuzione del contratto e di garantire l'esercizio dei diritti dei consumatori quando tali diritti sono d'applicazione. Queste informazioni dovrebbero essere fornite in modo chiaro e comprensibile e non solo rinviando ai termini e alle condizioni standard o ad analoghi documenti contrattuali. Gli obblighi di informazione per i mercati online dovrebbero essere proporzionati e dovrebbero mantenere un equilibrio fra un elevato livello di tutela dei consumatori e la competitività di tali mercati. I mercati online non dovrebbero essere tenuti a elencare gli specifici diritti dei consumatori quando li informano sulla loro applicabilità o non applicabilità. Le informazioni da fornire sulla responsabilità di garantire i diritti dei consumatori dipendono dagli accordi contrattuali fra il mercato online e i professionisti terzi rilevanti. Il mercato online può indicare il professionista terzo come unico responsabile per garantire i diritti dei consumatori, oppure può descrivere le sue specifiche responsabilità nel caso in cui si incarichi di certi aspetti del contratto, ad esempio la consegna o l'esercizio del diritto di recesso. L'obbligo di fornire informazioni sui principali parametri che determinano la classificazione dei risultati delle ricerche non pregiudica eventuali segreti commerciali riguardanti gli algoritmi sottostanti. Le informazioni dovrebbero spiegare i principali parametri di default utilizzati dal mercato, ma non devono essere presentate in modo customizzato in ogni ricerca effettuata.
(20)Conformemente all'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2000/31/CE, i mercati online non dovrebbero essere tenuti a verificare lo status giuridico dei fornitori terzi. Dovrebbero invece imporre ai fornitori terzi di prodotti su tali mercati di indicare il loro status come professionista o non professionista ai fini del diritto dei consumatori, e di fornire questa informazione sullo stesso mercato online.
(21)I contenuti digitali e i servizi digitali sono spesso forniti online nell'ambito di contratti che non prevedono, da parte del consumatore, il pagamento di un prezzo, bensì la comunicazione di dati personali al professionista. I servizi digitali sono caratterizzati dal continuo intervento del professionista, per tutta la durata del contratto, per permettere al consumatore di utilizzare il servizio, ad esempio per quanto riguarda la creazione, l'elaborazione, la memorizzazione e la condivisione di dati in forma digitale e l'accesso a questi. Esempi di servizi digitali sono i contratti d'abbonamento a piattaforme di contenuti, l'archiviazione su cloud, la webmail, i media sociali e le applicazioni su cloud. La continua implicazione del fornitore di servizi giustifica l'applicazione delle norme sul diritto di recesso previste dalla direttiva 2011/83/UE, che permettono effettivamente al consumatore di provare il servizio e di decidere, entro un periodo di 14 giorni dalla conclusione del contratto, se mantenerlo o no. Invece, i contratti per la fornitura di servizi digitali mediante un supporto non materiale sono caratterizzati da un'unica azione da parte del professionista per fornire al consumatore uno o più elementi specifici del contenuto digitale, come file musicali o video. Il fatto che la fornitura di contenuto digitale abbia tale caratteristica di azione unica da parte del professionista è alla base dell'eccezione dal diritto di recesso di cui all'articolo 16, lettera m) della direttiva 2011/83/UE, che prevede che il consumatore perda tale diritto una volta cominciata l'esecuzione del contratto, come il download o lo streaming dello specifico contenuto.
(22)La direttiva 2011/83/UE si applica già ai contratti per la fornitura di contenuto digitale mediante un supporto non materiale (cioè la fornitura di contenuto digitale online), indipendentemente dal fatto che il consumatore paghi un prezzo o fornisca dati personali. Invece, tale direttiva si applica solo ai contratti di servizi, compresi i contratti di servizi digitali, che prevedono che il consumatore paghi o si impegni a pagare un prezzo. Di conseguenza, la direttiva non si applica ai contratti di servizi digitali nel cui ambito il consumatore fornisce al professionista dati personali e non paga alcun prezzo. Data la loro somiglianza e la loro interscambiabilità, i servizi digitali a pagamento e i servizi digitali forniti contro dati personali dovrebbero essere soggetti alle stesse norme ai sensi della direttiva 2011/83/UE.
(23)Dovrebbe inoltre garantita la coerenza fra il campo d'applicazione della direttiva 2011/83/UE e la [direttiva sul contenuto digitale], che riguarda i contratti di fornitura di contenuto digitale o di servizi digitali nell'ambito dei quali il consumatore fornisce al professionista dati personali.
(24)Pertanto, il campo d'applicazione della direttiva 2011/83/UE dovrebbe essere ampliato per contemplare anche i contratti nel cui ambito il professionista fornisce o si impegna a fornire un servizio digitale al consumatore, e il consumatore comunica o si impegna a comunicare dati personali. Analogamente ai contratti per la fornitura di contenuto digitale mediante un supporto non materiale, la direttiva dovrebbe applicarsi ogniqualvolta il consumatore fornisce o si impegna a fornire dati personali al professionista, eccetto nei casi in cui i dati personali forniti dal consumatore siano trattati esclusivamente dal professionista ai fini della fornitura del contenuto digitale o del servizio digitale, e il professionista non tratti tali dati per nessun altro scopo. Il trattamento dei dati personali dovrebbe essere conforme al regolamento (UE) 2016/679.
(25)Quando il contenuto digitale e i servizi digitali non sono forniti contro il pagamento di un prezzo, la direttiva 2011/83/UE non dovrebbe inoltre applicarsi alle situazioni in cui il professionista raccoglie dati personali esclusivamente per mantenere in conformità il contenuto digitale o un servizio digitale o per il solo scopo di assolvere agli obblighi di legge. Tali situazioni potrebbero includere i casi in cui la registrazione del consumatore è richiesta dalla legge applicabile ai fini di sicurezza e di identificazione, o i casi in cui lo sviluppatore di un software open-source raccoglie dati dai consumatori solo per garantire la compatibilità e l'interoperabilità di tale software.
(26)La direttiva 2011/83/UE non dovrebbe poi applicarsi alle situazioni in cui il professionista raccoglie solo metadati, come l'indirizzo IP, la cronologia del browser o altre informazioni raccolte e trasmesse ad esempio dai cookie, tranne nel caso in cui tale situazione sia considerata come un contratto dal diritto nazionale. La direttiva 2011/83/UE non dovrebbe neanche applicarsi alle situazioni in cui il consumatore, senza avere concluso un contratto con il professionista, è esposto a pubblicità solo allo scopo di ottenere l'accesso a un contenuto digitale o a un servizio digitale. Tuttavia, gli Stati membri dovrebbero rimanere liberi di estendere l'applicazione delle norme della direttiva 2011/83/UE a tali situazioni, o di regolamentare altrimenti sutuazioni di questo tipo escluse dal campo d'applicazione di detta direttiva.
(27)Ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 3, e dell'articolo 8, paragrafo 8, della direttiva 2011/83/UE i professionisti, rispettivamente per i contratti negoziati fuori dei locali commerciali e per i contratti a distanza, sono tenuti a ottenere il previo consenso espresso del consumatore per iniziare l'esecuzione del contratto prima della scadenza del periodo di diritto di recesso. L'articolo 14, paragrafo 4, lettera a), prevede una sanzione contrattuale nel caso in cui il professionista non rispetti questa condizione, cioè che il consumatore non debba pagare per i servizi forniti. Il requisito di ottenere il consenso espresso del consumatore è di conseguenza rilevante solo per i servizi, compresi i servizi digitali, forniti dietro il pagamento di un prezzo. È quindi necessario modificare l'articolo 7, paragrafo 3, e l'articolo 8, paragrafo 8, in modo che l'obbligo per i professionisti di ottenere il previo consenso del consumatore si applichi solo ai contratti di servizi che impongono al consumatore l'obbligo di pagare.
(28)L'articolo 16, lettera m) della direttiva 2011/83/UE prevede un'eccezione al diritto di recesso per quanto riguarda il contenuto digitale fornito mediante un supporto non materiale, se il consumatore ha dato il consenso a far cominciare l'esecuzione del contratto prima della scadenza del periodo di diritto di recesso e ha accettato il fatto che avrebbe perso il diritto di recesso. L'articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva prevede una sanzione contrattuale nel caso in cui il professionista non rispetti questa condizione, cioè che il consumatore non debba pagare per il contenuto digitale utilizzato. Il requisito di ottenere il consenso espresso e l'accettazione da parte del consumatore è di conseguenza rilevante solo per il contenuto digitale fornito dietro il pagamento di un prezzo. È quindi necessario modificare l'articolo 16, lettera m), in modo che l'obbligo per i professionisti di ottenere il previo consenso e l'accettazione da parte del consumatore si applichi solo ai contratti che impongono al consumatore l'obbligo di pagare.
(29)L'articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2005/29/CE stabilisce gli obblighi di informazione nel caso di un "invito all'acquisto" di un prodotto a un prezzo specifico. Questi obblighi di informazione si applicano già nella fase pubblicitaria, mentre la direttiva 2011/83/UE impone gli stessi, e altri, più dettagliati obblighi di informazione nella posteriore fase precontrattuale (cioè subito prima che il consumatore concluda il contratto). Di conseguenza, i professionisti potrebbero essere tenuti a fornire la stessa informazione sia nella fase pubblicitaria (ad esempio un annuncio online su un sito web) che nella fase precontrattuale (ad esempio sulle pagine dei loro negozi online).
(30)Gli obblighi di informazione al consumatore ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2005/29/CE includono le modalità di trattamento dei reclami da parte del professionista. I risultati del controllo dell'adeguatezza mostrano che questa informazione assume la massima rilevanza nella fase precontrattuale, che è disciplinata dalla direttiva 2011/83/UE. L'obbligo di fornire questa informazione negli inviti all'acquisto nella fase pubblicitaria ai sensi della direttiva 2005/29/CE dovrebbe quindi essere soppresso.
(31)L'articolo 6, paragrafo 1, lettera h) della direttiva 2011/83/UE fa obbligo ai professionisti di fornire ai consumatori informazioni precontrattuali sul diritto di recesso, compreso il modulo di recesso tipo di cui all'allegato I, parte B, della direttiva. L'articolo 8, paragrafo 4 della stessa direttiva prevede obblighi di informazioni precontrattuali più semplici nel caso in cui il contratto sia concluso mediante un mezzo di comunicazione a distanza che consente uno spazio o un tempo limitato per visualizzare le informazioni, ad esempio per telefono o per SMS. In tal caso, gli elementi precontrattuali da fornire obbligatoriamente mediante lo specifico mezzo di comunicazione a distanza comprendono le informazioni sul diritto di recesso come specificato all'articolo 6, paragrafo 1, lettera h), includendo di conseguenza anche il modulo di recesso tipo di cui all'allegato I, parte B. Far pervenire tale modulo è tuttavia impossibile quando il contratto è concluso tramite mezzi come il telefono, e dal punto di vista tecnico potrebbe non essere fattibile e agevole farlo tramite altri mezzi di comunicazione a distanza rientranti nell'articolo 8, paragrafo 4. È quindi opportuno escludere il modulo di recesso tipo dagli elementi che i professionisti devono fornire in ogni caso tramite gli specifici mezzi di comunicazione a distanza usati per la conclusione del contratto ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 2011/83/UE.
(32)L'articolo 16, lettera a), della direttiva 2011/83/UE prevede un'eccezione al diritto di recesso riguardante i contratti di servizi dopo la piena prestazione del servizio se l'esecuzione è iniziata con l'accordo espresso del consumatore e con l'accettazione del fatto che questi perderà il diritto di recesso a seguito della piena esecuzione del contratto da parte del professionista. Per contro, l'articolo 7, paragrafo 3, e l'articolo 8, paragrafo 7, della stessa direttiva, che vertono sugli obblighi del professionista nei casi in cui l'esecuzione del contratto sia cominciata prima della scadenza del periodo di diritto di recesso, fanno obbligo ai professionisti di ottenere solo il previo consenso espresso ma non l'accettazione del fatto che il diritto di recesso sarà perso una volta eseguito il contratto. Per garantire la coerenza fra le disposizioni giuridiche di cui sopra è necessario sopprimere, all'articolo 16, lettera a), il riferimento all'accettazione del fatto che il diritto di recesso sarà perso una volta eseguito completamente il contratto.
(33)La direttiva 2011/83/UE prevede regole pienamente armonizzate per quanto riguarda il diritto di recesso dai contratti a distanza e dai contratti negoziati fuori dei locali commerciali. In tale contesto, due obblighi concreti si sono rivelati un onere sproporzionato per i professionisti e dovrebbero essere eliminati.
(34)Il primo riguarda il diritto del consumatore di recedere da contratti di vendita conclusi a distanza o fuori dei locali commerciali, anche dopo aver utilizzato le merci oltre quanto necessario per stabilire la natura, le caratteristiche e il funzionamento. Ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2011/83/UE, un consumatore può ancora recedere da un acquisto online/fuori dai locali commerciali anche se ha usato i beni più di quanto consentito. In tal caso, tuttavia, il consumatore può essere responsabile della diminuzione del valore dei beni.
(35)L'obbligo di accettare la restituzione di tali beni crea difficoltà ai professionisti, che sono tenuti a valutare la "diminuzione del valore" dei beni restituiti, e devono rivenderli come beni di seconda mano oppure scartarli. Questo altera l'equilibrio fra un elevato livello di tutela dei consumatori e la competitività delle imprese perseguiti dalla direttiva 2011/83/UE. Il diritto dei consumatori di restituire merci in tali situazioni dovrebbe quindi essere soppresso. L'allegato I della direttiva 2011/83/UE ("Informazioni relative all'esercizio del diritto di recesso") andrebbe a sua volta adattato in funzione di questa modifica.
(36)Il secondo obbligo riguarda l'articolo 13 della direttiva 2011/83/UE, ai sensi del quale i professionisti possono trattenere il rimborso finché non abbiano ricevuto i beni oppure finché il consumatore non abbia dimostrato di aver rispedito i beni, a seconda di quale situazione si verifichi per prima. La seconda opzione, in alcune circostanze, può effettivamente obbligare i professionisti a rimborsare i consumatori prima di aver ricevuto le merci restituite e prima di avere avuto la possibilità di controllarle. Questo altera l'equilibrio fra un elevato livello di tutela dei consumatori e la competitività delle imprese perseguiti dalla direttiva 2011/83/UE. Pertanto, l'obbligo, per il professionista, di rimborsare il consumatore sulla mera base della prova che le merci sono state rispedite dovrebbe essere soppresso. L'allegato I della direttiva 2011/83/UE ("Informazioni relative all'esercizio del diritto di recesso") andrebbe a sua volta adattato in funzione di questa modifica.
(37)L'articolo 14, paragrafo 4, della direttiva 2011/83/UE stabilisce le condizioni a cui, in caso di esercizio del diritto di recesso, il consumatore non sostiene i costi per la prestazione di servizi, la fornitura di utenze e la fornitura di contenuto digitale non mediante un supporto materiale. Quando ricorre una di queste condizioni, il consumatore non deve pagare il prezzo del servizio, delle utenze o del contenuto digitale ricevuti prima dell'esercizio del diritto di recesso. Per quanto riguarda il contenuto digitale, una di queste condizioni non cumulative è la mancata conferma del contratto da parte del professionista, compresa la mancata conferma del previo consenso espresso del consumatore a iniziare l'esecuzione del contratto prima della scadenza del periodo di diritto di recesso, e la conferma dell'accettazione che di conseguenza tale diritto sarebbe stato perso. Questa condizione non è rilevante nel contesto dell'esercizio del diritto di recesso, poiché il consumatore è stato debitamente informato e ha accettato la perdita di tale diritto. Essa dovrebbe quindi essere soppressa dall'articolo 14, paragrafo 4, lettera b), anche per garantire la coerenza con l'articolo 16, lettera m), che definisce un'eccezione dal diritto di recesso nel caso dei contenuti digitali.
(38)Tenuto conto degli sviluppi tecnologici, è necessario sopprimere il riferimento al numero di fax dall'elenco dei mezzi di comunicazione dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera c) della direttiva 2011/83/UE, dato che il fax è usato raramente ed è ampiamente obsoleto. Inoltre, in alternativa all'indirizzo e-mail, i professionisti dovrebbero poter fornire altri mezzi di comunicazione online con i consumatori, ad esempio moduli online e chat, purché tali mezzi alternativi permettano al consumatore di conservare il contenuto della comunicazione su un supporto durevole in modo analogo alla posta elettronica. L'allegato I della direttiva ("Informazioni relative all'esercizio del diritto di recesso") andrebbe a sua volta adattato in funzione di questa modifica.
(39)Negli strumenti modificati dalla presente direttiva dovrebbero essere introdotte una serie di modifiche supplementari per chiarire l'applicazione delle specifiche norme.
(40)Il punto 11 dell'allegato I della direttiva 2005/29/CE, che vieta la pubblicità occulta nei contenuti redazionali dei media, dovrebbe essere adattato per precisare che lo stesso divieto si applica anche nel caso in cui un professionista fornisca informazioni a un consumatore sotto forma di risultati di ricerca in risposta a una ricerca online del consumatore.
(41)L'articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE garantisce la libertà d'impresa conformemente al diritto dell'Unione e alle legislazioni e prassi nazionali. Tuttavia, le attività di marketing, negli Stati membri, che promuovano prodotti come identici, mentre essi hanno in realtà una composizione o caratteristiche significativamente diverse, possono ingannare i consumatori e indurli ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
(42)Una tale pratica può pertanto essere qualificata come contraria alla direttiva 2005/29/CE in base ad una valutazione caso per caso degli elementi rilevanti. Per facilitare l'applicazione delle normative esistenti da parte delle autorità degli Stati membri preposte alla tutela dei consumatori e al controllo degli alimenti, la comunicazione della Commissione del 26.9.2017 "sull'applicazione delle norme in materia di tutela degli alimenti e dei consumatori alle questioni di differenze di qualità dei prodotti – Il caso specifico degli alimenti" fornisce orientamenti sull'applicazione delle vigenti norme dell'UE nelle situazioni di duplice livello di qualità nei prodotti alimentari. In tale contesto, il Centro comune di ricerca della Commissione sta attualmente sviluppando un approccio comune alle verifiche comparative sui prodotti alimentari.
(43)Tuttavia, l'esperienza acquisita in materia di attuazione ha mostrato che, in assenza di disposizioni esplicite, i consumatori, i professionisti e le autorità nazionali competenti possono non avere una visione chiara di quali pratiche commerciali possano essere contrarie alla direttiva 2005/29/CE. Pertanto, la direttiva 2005/29/CE deve essere modificata per garantire certezza del diritto sia ai professionisti che alle autorità responsabili dell'esecuzione delle normative, inserendo un esplicito riferimento alle attività di marketing che promuovano un prodotto come identico ad uno stesso prodotto commercializzato in vari altri Stati membri, mentre essi hanno una composizione significativamente diversa. Le autorità competenti dovrebbero valutare e trattare tali pratiche caso per caso secondo le disposizioni della direttiva. Nell'intraprendere la sua valutazione l'autorità competente dovrebbe considerare se una tale differenziazione sia facilmente individuabile dai consumatori. Dovrebbe inoltre tenere conto del diritto del professionista di adattare prodotti dello stesso marchio per mercati geografici diversi in virtù di fattori legittimi come la disponibilità o la stagionalità delle materie prime, le specifiche preferenze dei consumatori o strategie volontarie volte a migliorare l'accesso a prodotti alimentari sani e nutrienti, così come del diritto del professionista di offrire prodotti dello stesso marchio in confezioni di diverso peso o volume su mercati geografici diversi.
(44)Le vendite negoziate fuori dai locali commerciali costituiscono un canale legittimo e consolidato, come le vendite presso i locali commerciali del professionista e le vendite a distanza. Tuttavia alcune pratiche commerciali particolarmente aggressive o ingannevoli, nel contesto di visite presso l'abitazione del consumatore senza previo accordo di questi, o in occasione di escursioni promozionali, possono mettere i consumatori sotto pressione inducendoli all'acquisto di beni che altrimenti non avrebbero comprato e/o all'acquisto a prezzi eccessivi, spesso con pagamento immediato. Tali pratiche spesso prendono di mira persone anziane o altre categorie di consumatori vulnerabili. Alcuni Stati membri, in cui tali pratiche sono indesiderate, ritengono necessario limitare alcuni aspetti e forme delle vendite fuori dai locali commerciali ai sensi della direttiva 2011/83/UE, come la commercializzazione o la vendita aggressiva o ingannevole di un prodotto nel contesto di visite non richieste presso l'abitazione del consumatore o nell'ambito di escursioni promozionali, e questo per motivi di ordine pubblico o ai fini del rispetto della vita privata del consumatore, tutelata dall'articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE. Conformemente al principio di sussidiarietà e per facilitare l'attuazione delle norme, va pertanto chiarito che la direttiva 2005/29/CE lascia impregiudicata la libertà degli Stati membri di adottare provvedimenti, senza la necessità di una valutazione caso per caso della specifica pratica, per proteggere gli interessi legittimi dei consumatori rispetto a visite non richieste presso la loro abitazione privata da parte di un professionista che offra o venda prodotti, o nel contesto di escursioni promozionali organizzate da un professionista con lo scopo o con l'effetto di pubblicizzare o vendere prodotti ai consumatori, ove tali provvedimenti siano giustificati da motivi di ordine pubblico o dalla tutela della vita privata. Tutte le disposizioni di questo tipo dovrebbero essere proporzionate e non discriminatorie. Gli Stati membri dovrebbero essere tenuti a notificare alla Commissione eventuali misure nazionali adottate a tale riguardo, in modo che la Commissione possa rendere tali informazioni disponibili a tutte le parti interessate e possa controllare il carattere proporzionato e la legalità di tali misure.
(45)Conformemente alla dichiarazione politica comune del 28 settembre 2011 degli Stati membri e della Commissione sui documenti esplicativi, gli Stati membri si sono impegnati ad accompagnare, in casi debitamente motivati, la notifica delle loro misure di recepimento con uno o più documenti che chiariscano il rapporto tra le componenti della direttiva e le parti corrispondenti degli strumenti nazionali di recepimento. Per quanto riguarda la presente direttiva, il legislatore ritiene che la trasmissione di tali documenti sia giustificata.
(46)Poiché gli obiettivi della presente direttiva relativa a una migliore attuazione e modernizzazione della normativa di tutela dei consumatori non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, ma possono essere conseguiti meglio a livello dell'Unione dato che il carattere delle questioni si situa su tale scala, l'Unione può adottare misure conformemente al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. In ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, la presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi.
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Modifiche della direttiva 2005/29/CE
La direttiva 2005/29/CE è così modificata:
(1)L'articolo 3 è così modificato:
a) Il paragrafo 5 è sostituito dal seguente:
La presente direttiva non osta a che gli Stati membri adottino disposizioni per tutelare i legittimi interessi dei consumatori rispetto a pratiche commerciali o di vendita aggressive o ingannevoli nel contesto di visite non richieste di un professionista presso l'abitazione di un consumatore, oppure rispetto a escursioni promozionali organizzate da un professionista con lo scopo o con l'effetto di promuovere o vendere prodotti ai consumatori, purché tali disposizioni siano giustificate da motivi di ordine pubblico o dalla tutela del rispetto della vita privata.
b) Il paragrafo 6 è sostituito dal seguente:
Gli Stati membri notificano alla Commissione senza indugio le disposizioni nazionali applicate sulla base del paragrafo 5 e ogni loro eventuale modifica successiva. La Commissione rende queste informazioni facilmente accessibili ai consumatori e ai professionisti su un apposito sito web.
(2)All'articolo 6, paragrafo 2, è inserita la seguente lettera c):
c) una qualsivoglia attività di marketing che promuova un prodotto come identico ad uno stesso prodotto commercializzato in diversi altri Stati membri, mentre essi hanno una composizione o caratteristiche significativamente diverse.
(3)All'articolo 7, paragrafo 4, la lettera d) è sostituita dalla seguente:
d) le modalità di pagamento, consegna ed esecuzione qualora esse siano difformi dagli obblighi imposti dalla diligenza professionale;
(4)È inserito il seguente articolo 11 bis:
'Articolo 11 bis
Rimedi
1. Oltre all'obbligo, enunciato all'articolo 11, di prevedere mezzi adeguati ed efficaci per garantire l'osservanza delle disposizioni della presente direttiva, gli Stati membri provvedono a che siano disponibili rimedi contrattuali ed extracontrattuali per i consumatori lesi da pratiche commerciali sleali, per eliminarne ogni effetto conformemente alla legislazione nazionale.
2. I rimedi contrattuali includono, come minimo, la possibilità, per il consumatore, di porre fine unilateralmente al contratto.
3. I rimedi extracontrattuali includono, come minimo, la possibilità di un risarcimento per i danni subiti dal consumatore.
(5)L'articolo 13 è sostituito dal seguente:
'Articolo 13
Sanzioni
1. Gli Stati membri determinano le norme in materia di sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate conformemente alla presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per garantirne l'attuazione. Le sanzioni stabilite devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.
2. Gli Stati membri assicurano che le autorità amministrative o gli organi giurisdizionali, nel decidere se irrogare o meno una sanzione e nello stabilirne il livello, tengano adeguatamente conto dei seguenti criteri ove rilevanti:
(a)natura, gravità e durata o effetti nel tempo della violazione;
(b)numero di consumatori interessati, anche in altri Stati membri;
(c)eventuali azioni intraprese dal professionista per attenuare il danno subito dai consumatori o per porvi rimedio;
(d)ove appropriato, il carattere doloso o colposo della violazione;
(e)eventuali violazioni commesse in precedenza dal professionista;
(f)i benefici finanziari conseguiti o le perdite evitate dal professionista in conseguenza della violazione;
(g)eventuali altri fattori aggravanti o attenuanti applicabili alle circostanze del caso.
3. Se la sanzione da irrogare è di tipo pecuniario, nella determinazione dell'importo vengono presi in considerazione anche il fatturato annuo e gli utili netti del professionista che ha commesso la violazione, così come altre sanzioni pecuniarie inflitte per la stessa o altre violazioni della presente direttiva in altri Stati membri.
4. Gli Stati membri provvedono a che le sanzioni inflitte per le infrazioni diffuse e per le infrazioni diffuse aventi una dimensione unionale ai sensi del regolamento (UE) n. 2017/2934 possano essere di tipo pecuniario, e prevedano un importo massimo che sia come minimo pari al 4 % del fatturato annuo del professionista nello Stato membro o negli Stati membri interessati.
5. Nel decidere in merito alla destinazione delle entrate generate dalle sanzioni pecuniarie gli Stati membri tengono conto dell'interesse generale dei consumatori.
6. Entro [termine di recepimento della direttiva] gli Stati membri notificano le loro norme in materia di sanzioni alla Commissione, e la informano immediatamente delle eventuali successive modificazioni.'
(6)Nell'allegato 1, il punto 11) è sostituito dal seguente:
11. Impiegare contenuti redazionali nei media, o comunicare informazioni durante una ricerca online del consumatore, per promuovere un prodotto, qualora i costi di tale promozione siano stati sostenuti dal professionista senza che ciò emerga chiaramente dai contenuti, o dai risultati della ricerca, o da immagini o suoni chiaramente individuabili per il consumatore (advertorial ovvero pubblicità redazionale, posizionamento a pagamento o inclusione a pagamento). Tale disposizione è senza pregiudizio della direttiva 2010/13/UE.
Articolo 2
Modifiche della direttiva 2011/83/UE
La direttiva 2011/83/UE è così modificata:
(1)L'articolo 2 è così modificato:
(a)È inserito il seguente punto 4 bis):
'4 bis) 'dato personale': dato personale quale definito all'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2016/679;'
(b)Il punto 6) è sostituito dal seguente:
'6) 'contratto di servizi': qualsiasi contratto diverso da un contratto di vendita in base al quale il professionista fornisce o si impegna a fornire un servizio al consumatore e il consumatore paga o si impegna a pagarne il prezzo. Il riferimento a 'servizi' comprende anche i 'servizi digitali' e il riferimento a 'contratto di servizi' comprende anche il 'contratto per servizi digitali';
(c)Il punto 11) è sostituito dal seguente:
'11) 'contenuto digitale': i dati prodotti e forniti in formato digitale, inclusi file video o file audio, applicazioni, giochi digitali e qualsiasi altro tipo di software';
(d)Sono inseriti i seguenti punti:
'16) 'contratto per la fornitura di contenuto digitale mediante un supporto non materiale': un contratto in base al quale un professionista fornisce o si impegna a fornire uno specifico contenuto digitale al consumatore e il consumatore paga o si impegna a pagarne il prezzo. Sono compresi i contratti in base ai quali il consumatore fornisce o si impegna a fornire dati personali al professionista, tranne i casi in cui i dati personali forniti dal consumatore siano trattati esclusivamente dal professionista ai fini della fornitura del contenuto digitale o dell'assolvimento degli obblighi di legge cui il professionista è soggetto, e questi non tratti tali dati per nessun altro scopo;
17) 'servizio digitale': a) un servizio che consente al consumatore la creazione, la trasformazione o la memorizzazione di dati in formato digitale o l'accesso agli stessi; oppure b) un servizio che consente la condivisione di dati in formato digitale caricati o creati dal consumatore e da altri utenti di tale servizio o qualsiasi altra interazione con tali dati, inclusi la condivisione video a audio e altri tipi di file hosting, il trattamento testi o i giochi offerti nell'ambiente di cloud computing e nei media sociali.
18) 'contratto per servizi digitali': un contratto in base al quale un professionista fornisce o si impegna a fornire un servizio digitale al consumatore e il consumatore paga o si impegna a pagarne il prezzo. Sono compresi i contratti in base ai quali il consumatore fornisce o si impegna a fornire dati personali al professionista, tranne i casi in cui i dati personali forniti dal consumatore siano trattati esclusivamente dal professionista ai fini della fornitura del servizio digitale o dell'assolvimento degli obblighi di legge cui il professionista è soggetto, e questi non tratti tali dati per nessun altro scopo;
19) 'mercato online': un fornitore di servizi che permette ai consumatori di concludere contratti online con professionisti e consumatori sulla sua interfaccia online;
20) 'interfaccia online': un'interfaccia online quale definita all'articolo 2, punto 16), del regolamento (UE) 2018/302.'
(2)
All'articolo 5, paragrafo 1, le lettere g) e h) sono sostituite dalle seguenti:
'g) se applicabile, la funzionalità del contenuto digitale e dei servizi digitali, comprese le misure applicabili di protezione tecnica;
h) qualsiasi interoperabilità pertinente del contenuto digitale e dei servizi digitali con l'hardware e il software, di cui il professionista sia a conoscenza o di cui ci si può ragionevolmente attendere che sia venuto a conoscenza, se applicabili.'
(3)All'articolo 6, paragrafo 1, le lettere c), r) e s) sono sostituite dalle seguenti:
'c) l'indirizzo geografico dove il professionista è stabilito, così come il suo numero di telefono, l'indirizzo elettronico o qualsiasi altro mezzo di comunicazione elettronica che garantisca al consumatore di poter intrattenere con lui una corrispondenza su un supporto durevole, per consentire al consumatore di contattarlo rapidamente e di comunicare efficacemente con lui. Ove applicabile, il professionista fornisce anche l'indirizzo geografico e l'identità del professionista per conto del quale agisce;
r) se applicabile, la funzionalità del contenuto digitale e dei servizi digitali, comprese le misure applicabili di protezione tecnica;
s) qualsiasi interoperabilità pertinente del contenuto digitale e dei servizi digitali con l'hardware e il software, di cui il professionista sia a conoscenza o di cui ci si può ragionevolmente attendere che sia venuto a conoscenza, se applicabile;'
(4)È inserito il seguente articolo 6 bis:
'Articolo 6 bis
Obblighi di informazione supplementari per i contratti conclusi su mercati online
Prima che un consumatore sia vincolato da un contratto a distanza, o da una corrispondente offerta, su un mercato online, il mercato online indica anche:
(a)i principali parametri che determinano la classificazione delle offerte presentate al consumatore come risultato della sua ricerca sul mercato online;
(b)se il terzo che offre beni, servizi o contenuto digitale è un professionista o meno, sulla base della dichiarazione del terzo stesso sul mercato online;
(c)se al contratto concluso si applicano o meno i diritti dei consumatori derivanti dalla legislazione dell'Unione sulla tutela dei consumatori, e
(d)nel caso il contratto sia concluso con un professionista, a quale professionista spetta la responsabilità di garantire, in relazione al contratto, l'applicazione dei diritti dei consumatori derivanti dalla legislazione dell'Unione sulla tutela dei consumatori. Quest'obbligo lascia impregiudicata la responsabilità che il mercato online può avere o può assumersi rispetto a specifici elementi del contratto.'
(5)L'articolo 7, paragrafo 3, è sostituito dal seguente:
'3. Se un consumatore vuole che la prestazione dei servizi ovvero la fornitura di acqua, gas o elettricità, quando non sono messi in vendita in un volume limitato o in quantità determinata, o di teleriscaldamento inizi durante il periodo di recesso previsto all'articolo 9, paragrafo 2, e il contratto impone al consumatore l'obbligo di pagare, il professionista esige che il consumatore ne faccia esplicita richiesta su un supporto durevole.'
(6)L'articolo 8 è così modificato:
(a)il paragrafo 4 è sostituito dal seguente:
'4. Se il contratto è concluso mediante un mezzo di comunicazione a distanza che consente uno spazio o un tempo limitato per comunicare le informazioni, il professionista fornisce, su quello specifico mezzo e prima della conclusione del contratto, almeno le informazioni precontrattuali riguardanti le caratteristiche principali dei beni o servizi, l'identità del professionista, il prezzo totale, il diritto di recesso, la durata del contratto e, nel caso di contratti a tempo indeterminato, le condizioni di risoluzione del contratto, come indicato rispettivamente all'articolo 6, paragrafo 1, lettere a), b), e), h) e o), eccetto il modulo di recesso tipo figurante all'allegato I, parte B, di cui alla lettera h). Le altre informazioni di cui all'articolo 6, paragrafo 1, sono fornite dal professionista in un modo appropriato conformemente al paragrafo 1 del presente articolo.'
(b)il paragrafo 8 è sostituito dal seguente:
'8. Se un consumatore vuole che la prestazione dei servizi ovvero la fornitura di acqua, gas o elettricità, quando non sono messi in vendita in un volume limitato o in quantità determinata, o di teleriscaldamento inizi durante il periodo di recesso previsto all'articolo 9, paragrafo 2, e il contratto impone al consumatore l'obbligo di pagare, il professionista esige che il consumatore ne faccia richiesta esplicita.'
(7)L'articolo 13 è così modificato:
(a)il paragrafo 3 è sostituito dal seguente:
'3. Salvo che abbia offerto di ritirare egli stesso i beni, con riguardo ai contratti di vendita, il professionista può trattenere il rimborso finché non abbia ricevuto indietro i beni.'
(b)sono aggiunti i seguenti paragrafi:
'4. Per quanto riguarda i dati personali del consumatore, il professionista rispetta gli obblighi applicabili a norma del regolamento (UE) 2016/679.
5. Per quanto riguarda eventuali contenuti digitali che non siano dati personali, caricati o creati dal consumatore durante l'utilizzo del contenuto digitale o del servizio digitale fornito dal professionista, il professionista rispetta gli obblighi e può esercitare i diritti di cui alla [direttiva sul contenuto digitale].'
(8)L'articolo 14 è così modificato:
(1)Il paragrafo 2 è sostituito dal seguente:
'Dopo l'estinzione del contratto, il consumatore si astiene dall'utilizzare il contenuto digitale o il servizio digitale e dal metterlo a disposizione di terzi.'
(2)Il paragrafo 4, lettera b), è così modificato:
(a)Il punto ii) è così modificato:
'ii) il consumatore non ha riconosciuto di perdere il diritto di recesso quando ha espresso il suo consenso'.
(b)Il punto iii) è soppresso.
(9)L'articolo 16 è così modificato:
(a)La lettera a) è sostituita dalla seguente:
'a) i contratti di servizi dopo la piena prestazione del servizio se l'esecuzione è iniziata con l'accordo espresso del consumatore';
(1)La lettera m) è sostituita dalla seguente:
'm) i contratti per la fornitura di contenuto digitale mediante un supporto non materiale se l'esecuzione è iniziata e, se il contratto impone al consumatore l'obbligo di pagare, qualora il consumatore abbia dato il suo accordo espresso a iniziare la prestazione durante il periodo di diritto di recesso e abbia riconosciuto di perdere così il diritto di recesso;'
(2)è aggiunta la seguente lettera:
'n) la fornitura di beni che il consumatore abbia maneggiato, durante il periodo di diritto di recesso, oltre a quanto necessario per stabilirne la natura, le caratteristiche e il funzionamento.'
(10)L'articolo 24 è sostituito dal seguente:
'Sanzioni
1. Gli Stati membri determinano le norme in materia di sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate conformemente alla presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per garantirne l'attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.
2. Gli Stati membri assicurano che le autorità amministrative o gli organi giurisdizionali, nel decidere se irrogare o meno una sanzione e nello stabilirne il livello, tengano adeguatamente conto dei seguenti criteri ove rilevanti:
(a)natura, gravità e durata o effetti nel tempo della violazione;
(b)numero di consumatori interessati, anche in altri Stati membri;
(c)eventuali azioni intraprese dal professionista per attenuare il danno subito dai consumatori o per porvi rimedio;
(d)ove appropriato, il carattere doloso o colposo della violazione;
(e)eventuali violazioni commesse in precedenza dal professionista;
(f)i benefici finanziari conseguiti o le perdite evitate dal professionista in conseguenza della violazione;
(g)eventuali altri fattori aggravanti o attenuanti applicabili alle circostanze del caso.
3. Se la sanzione da irrogare è di tipo pecuniario, nella determinazione dell'importo vengono presi in considerazione anche il fatturato annuo e gli utili netti del professionista che ha commesso la violazione, così come altre sanzioni pecuniarie inflitte per la stessa o altre violazioni della presente direttiva in altri Stati membri.
4. Gli Stati membri provvedono a che le sanzioni inflitte per le infrazioni diffuse e per le infrazioni diffuse aventi una dimensione unionale ai sensi del regolamento (UE) n. 2017/2934 possano essere di tipo pecuniario, e prevedano un importo massimo che sia come minimo pari al 4 % del fatturato annuo del professionista nello Stato membro o negli Stati membri interessati.
5. Nel decidere in merito alla destinazione delle entrate generate dalle sanzioni pecuniarie gli Stati membri tengono conto dell'interesse generale dei consumatori.
6. Entro [termine di recepimento della direttiva] gli Stati membri notificano le loro norme in materia di sanzioni alla Commissione, e la informano immediatamente delle eventuali successive modificazioni.'
(11)L'allegato I è così modificato:
(1)La parte A è così modificata:
(a)il terzo paragrafo della parte A, sotto "Diritto di recesso" è sostituito dal seguente:
"Per esercitare il diritto di recesso, Lei è tenuto a informarci [2] della Sua decisione di recedere dal presente contratto tramite una dichiarazione esplicita (ad esempio una lettera inviata per posta o posta elettronica). A tal fine può utilizzare il modulo tipo di recesso allegato, ma non è obbligatorio. [3]"
(b)il secondo paragrafo sotto "Istruzioni per la compilazione" è sostituito dal seguente:
"[2.] Inserire il nome, l'indirizzo geografico e il numero di telefono o l'indirizzo di posta elettronica."
(c)il quarto paragrafo sotto "Istruzioni per la compilazione" è sostituito dal seguente:
"[4.] Per i contratti di vendita nei quali Lei non ha offerto di ritirare i beni in caso di recesso, inserire quanto segue: «Il rimborso può essere sospeso fino al ricevimento dei beni .»."
(d)la lettera c) del quinto paragrafo sotto "Istruzioni per la compilazione" è soppressa.
(2)Nella parte B, il primo trattino è così modificato:
"Destinatario [il nome, l'indirizzo geografico e, qualora disponibile, l'indirizzo di posta elettronica devono essere inseriti dal professionista]:"
Articolo 3
Modifiche della direttiva 93/13/CE
La direttiva 93/13/CEE è così modificata:
È inserito il seguente articolo 8 bis:
'Articolo 8 bis
1. Gli Stati membri determinano le norme in materia di sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate conformemente alla presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per garantirne l'attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.
2. Gli Stati membri assicurano che le autorità amministrative o gli organi giurisdizionali, nel decidere se irrogare o meno una sanzione e nello stabilirne il livello, tengano adeguatamente conto dei seguenti criteri ove rilevanti:
(a)natura, gravità e durata o effetti nel tempo della violazione;
(b)numero di consumatori interessati, anche in altri Stati membri;
(c)eventuali azioni intraprese dal professionista per attenuare il danno subito dai consumatori o per porvi rimedio;
(d)ove appropriato, il carattere doloso o colposo della violazione;
(e)eventuali violazioni commesse in precedenza dal professionista;
(f)i benefici finanziari conseguiti o le perdite evitate dal professionista in conseguenza della violazione;
(g)eventuali altri fattori aggravanti o attenuanti applicabili alle circostanze del caso.
3. Se la sanzione da irrogare è di tipo pecuniario, nella determinazione dell'importo vengono presi in considerazione anche il fatturato annuo e gli utili netti del professionista che ha commesso la violazione, così come altre sanzioni pecuniarie inflitte per la stessa o altre violazioni della presente direttiva in altri Stati membri.
4. Gli Stati membri provvedono a che le sanzioni inflitte per le infrazioni diffuse e per le infrazioni diffuse aventi una dimensione unionale ai sensi del regolamento (UE) n. 2017/2934 possano essere di tipo pecuniario, e prevedano un importo massimo che sia come minimo pari al 4 % del fatturato annuo del professionista nello Stato membro o negli Stati membri interessati.
5. Nel decidere in merito alla destinazione delle entrate generate dalle sanzioni pecuniarie gli Stati membri tengono conto dell'interesse generale dei consumatori.
6. Entro [termine di recepimento della direttiva] gli Stati membri comunicano le loro norme in materia di sanzioni alla Commissione, e la informano immediatamente di qualsiasi modifica apportata successivamente.'
Articolo 4
Modifiche della direttiva 98/6/CE
La direttiva 98/6/CE è così modificata:
L'articolo 8 è sostituito dal seguente:
'Articolo 8
1. Gli Stati membri determinano le norme in materia di sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate conformemente alla presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per garantirne l'attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.
2. Gli Stati membri assicurano che le autorità amministrative o gli organi giurisdizionali, nel decidere se irrogare o meno una sanzione e nello stabilirne il livello, tengano adeguatamente conto dei seguenti criteri ove rilevanti:
(h)natura, gravità e durata o effetti nel tempo della violazione;
(i)numero di consumatori interessati, anche in altri Stati membri;
(j)eventuali azioni intraprese dal professionista per attenuare il danno subito dai consumatori o per porvi rimedio;
(k)ove appropriato, il carattere doloso o colposo della violazione;
(l)eventuali violazioni commesse in precedenza dal professionista;
(m)i benefici finanziari conseguiti o le perdite evitate dal professionista in conseguenza della violazione;
(n)eventuali altri fattori aggravanti o attenuanti applicabili alle circostanze del caso.
3. Se la sanzione da irrogare è di tipo pecuniario, nella determinazione dell'importo vengono presi in considerazione anche il fatturato annuo e gli utili netti del professionista che ha commesso la violazione, così come altre sanzioni pecuniarie inflitte per la stessa o altre violazioni della presente direttiva in altri Stati membri.
4. Gli Stati membri provvedono a che le sanzioni inflitte per le infrazioni diffuse e per le infrazioni diffuse aventi una dimensione unionale ai sensi del regolamento (UE) n. 2017/2934 possano essere di tipo pecuniario, e prevedano un importo massimo che sia come minimo pari al 4 % del fatturato annuo del professionista nello Stato membro o negli Stati membri interessati.
5. Nel decidere in merito alla destinazione delle entrate generate dalle sanzioni pecuniarie gli Stati membri tengono conto dell'interesse generale dei consumatori.
6. Entro [termine di recepimento della direttiva] gli Stati membri comunicano le loro norme in materia di sanzioni alla Commissione, e la informano immediatamente di qualsiasi modifica apportata successivamente.'
Articolo 5
Recepimento
1.Gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro al massimo 18 mesi dalla sua adozione. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
Gli Stati membri cominciano ad applicare tali disposizioni 6 mesi dopo il termine di recepimento.
Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.
2.Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni principali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 6
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 7
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, il
Per il Parlamento europeo
Per il Consiglio
Il presidente
Il presidente