COMMISSIONE EUROPEA
Bruxelles, 31.7.2018
COM(2018) 562 final
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO
Valutazione dei programmi di misure condotti dagli Stati membri a norma della direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino
{SWD(2018) 393 final}
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO
Valutazione dei programmi di misure condotti dagli Stati membri a norma della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino
Vita e risorse marine: un’ancora di salvezza per il nostro pianeta
L’importanza dei mari e degli oceani per il benessere del nostro pianeta è un fatto indiscutibile. Le attività umane esercitano pressioni tali da influenzare la vita nei mari e i loro habitat, e le funzioni essenziali dei nostri oceani. Iniziative recenti hanno fatto opera di sensibilizzazione sulla salute e lo stato dei nostri mari e degli oceani. Fra tali iniziative figurano l’obiettivo di sviluppo sostenibile 14 “Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile”; la comunicazione congiunta sulla governance internazionale degli oceani; la “Conferenza sugli oceani” sull’obiettivo di sviluppo sostenibile 14; e la serie di conferenze “Our Ocean”, l’ultima delle quali è stata ospitata dall’Unione nel mese di ottobre 2017.
Negli ultimi 6 anni gli Stati membri dell’UE hanno sviluppato strategie per l’ambiente marino tese a conformarsi alla direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino. La direttiva richiede agli Stati membri di valutare la qualità dell’ambiente marino, definire un buono stato ecologico, fissare obiettivi ambientali appropriati e redigere programmi di monitoraggio adeguati e attuare misure per raggiungere l’obiettivo fondamentale della direttiva di assicurare il “buono stato ecologico” per tutte le acque marine dell’UE entro il 2020. Il concetto di “buono stato ecologico” è definito dalla direttiva tramite descrittori, quali la conservazione della biodiversità o la gestione delle pressioni antropogeniche che riguardano la pesca, i danni ai fondali marini, i rifiuti marini e i contaminanti. Una nuova decisione della Commissione, in vigore da giugno 2017, prevede che gli Stati membri rispettino criteri e standard metodologici comuni quando definiscono il concetto di “buono stato ecologico” in termini quantitativi per le acque marine che rientrano nella loro competenza territoriale. È importante rilevare che la direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino prevede esplicitamente che gli Stati membri collaborino con i paesi vicini all’interno di una regione o sottoregione marina.
La presente relazione si basa sulle valutazioni della Commissione delle strategie per l’ambiente marino degli Stati membri condotte nel 2014 e nel 2017 e valuta i programmi di misure che tutti gli Stati membri avevano l’obbligo di trasmettere alla Commissione entro il 31 marzo 2016. Al termine della presente valutazione sono riportati, sotto forma di una serie di raccomandazioni rivolte agli Stati membri, orientamenti generalmente applicabili alle modifiche necessarie al miglioramento della coerenza e dell’efficacia delle misure. Le raccomandazioni specifiche per ciascuno Stato membro sono riportate nel documento di lavoro dei servizi che accompagna la presente relazione.
Purtroppo, solo 6 Stati membri hanno comunicato il programma nazionale di misure entro i termini. La Commissione ha pertanto avviato i procedimenti d’infrazione opportuni. Entro il termine ultimo del mese di febbraio 2017, complessivamente 16 Stati membri dei 23 Stati membri con sbocco sul mare avevano comunicato i loro programmi nazionali. Per i programmi trasmessi dagli altri 7 Stati membri successivamente al termine ultimo non è stato possibile effettuare una valutazione in tempo per la redazione della presente relazione.
La valutazione della Commissione del 2014 aveva evidenziato considerevoli differenze fra gli Stati membri nelle definizioni e negli obiettivi correlati all’obiettivo del “buono stato ecologico”. La presente valutazione considera anche fino a che punto le misure adottate dagli Stati membri permettono una migliore comparabilità dei rispettivi sforzi tesi a combattere le pressioni sull’ambiente marino; per ciascun descrittore, valuta altresì in che misura gli Stati membri possano raggiungere un buono stato ecologico entro il 2020, come previsto dalla direttiva.
Quali misure hanno finora adottato gli Stati membri per raggiungere un buono stato ecologico?
Nei programmi di misure gli Stati membri spesso indicano come misure iniziative esistenti o attività di attuazione delle politiche in corso, ad esempio azioni intraprese in conformità alla legislazione dell’UE in materia ambientale o ad altre norme, quali la direttiva quadro sui rifiuti, la direttiva quadro sulle acque, la direttiva Uccelli selvatici, la direttiva Habitat, la direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane o il regolamento sulla politica comune della pesca. Nei programmi degli Stati membri sono stati inclusi anche gli impegni internazionali in vigore, ad esempio quelli assunti nell’ambito dell’Organizzazione marittima internazionale. Gli Stati membri fanno inoltre frequentemente riferimento ad iniziative prese nell’ambito delle convenzioni marittime regionali. È positivo osservare che in alcuni casi gli Stati membri fanno riferimento a misure specificamente concordate con i paesi vicini nell’ambito di una determinata regione marina dell’UE, in particolare tramite le convenzioni marittime regionali pertinenti, o nell’ambito di una sottoregione. Circa il 25% delle misure sono state definite “nuove”, vale a dire poste in essere proprio ai fini della direttiva. È altresì positivo osservare che grazie alla direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino gli Stati membri sono progressivamente passati, per la protezione dell’ambiente marino, da un approccio frammentario a uno più strategico, riunendo diversi filoni di lavoro.
Eccezioni
La direttiva consente altresì agli Stati membri, in circostanze ben definite, di applicare eccezioni al conseguimento dei traguardi ambientali o del buono stato ecologico previsto in tutti i loro aspetti o entro le scadenze previste. Tali circostanze ben definite comprendono il fatto che il conseguimento di detti traguardi sia correlato ad azione od omissione non imputabile allo Stato membro interessato, a eventi di forza maggiore, ovvero al fatto che le condizioni naturali non consentono miglioramenti dello stato delle acque marine nei tempi richiesti. Otto Stati membri sui 16 interessati riferiscono di applicare eccezioni. Altri Stati membri dichiarano di non aver applicato eccezioni a causa di lacune nelle conoscenze e nei dati tali da non consentire loro di concludere se occorra applicare eccezioni nello stato di attuazione in oggetto.
Tipi di misure
Gli Stati membri hanno prevalentemente concepito misure che, attraverso un intervento giuridico o tecnico, contribuiscono direttamente a ridurre la pressione (cosiddette “misure dirette” di cui alla figura 1). Tali misure comprendono, ad esempio, soluzioni tecniche (ad esempio, motori per navi meno rumorosi) o restrizioni della portata spaziale di talune attività (ad esempio, attraverso procedure specifiche per l’attribuzione di licenze). Alcuni Stati membri, tuttavia, hanno altresì comunicato misure che contribuirebbero indirettamente a contrastare la pressione in oggetto (cosiddette “misure indirette” di cui alla figura 1). Tali misure comprendono azioni di governance, campagne di sensibilizzazione o comunicazione (ad esempio, per la riduzione dei rifiuti). Gli Stati membri, laddove non hanno conoscenze sufficienti relativamente a una particolare pressione (ad esempio, specie non indigene, fonti sonore sottomarine), hanno ravvisato la necessità di condurre ulteriori ricerche che consentano di orientare meglio le misure future e/o porre in essere ulteriori attività di monitoraggio. Tali misure sarebbero state segnalate più opportunamente nell’ambito dei programmi di monitoraggio degli Stati membri.
In conformità a quanto richiesto dalla direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino, nei loro programmi di misure tutti gli Stati membri riferiscono sull’uso di misure di protezione spaziale. Si tratta di misure tese a creare reti coerenti e rappresentative di zone marine protette, quali aree speciali di conservazione ai sensi della direttiva Habitat, zone di protezione speciali ai sensi della direttiva Uccelli selvatici o altre zone protette convenute nell’ambito di accordi internazionali o regionali. Tali misure spaziali sono state spesso comunicate in relazione alla pesca o alla protezione di taluni habitat; sono trattate nelle rispettive sezioni di seguito e ulteriormente descritte nelle valutazioni tecniche. Due Stati membri elencano chiaramente le nuove zone marine protette, altri otto hanno comunicato l’intenzione di programmare o definire nuove zone marine protette come misure. L’estensione complessiva è aumentata in modo significativo grazie alla direttiva Uccelli selvatici, alla direttiva Habitat e alle convenzioni internazionali.
Figura 1 Percentuale di misure dirette e indirette nei programmi di misure dell’UE
Misure adottate per far fronte alle pressioni sull’ambiente marino
La presente sezione analizza le misure poste in essere per far fronte ai descrittori della direttiva che riguardano specificatamente le pressioni antropogeniche.
Specie non indigene
Le specie non indigene possono minacciare la biodiversità marina quando diventano “invasive”. Nelle acque dell’Unione, gli Stati membri identificano nei trasporti marittimi e nell’acquacoltura le due principali attività che possono causare l’introduzione e la diffusione di specie non indigene.
Il ricorso alla gestione dell’acqua di zavorra avviene in 13 Stati membri per far fronte alle specie introdotte attraverso i trasporti marittimi. Misure aggiuntive, quali il rispetto degli orientamenti in materia di incrostazioni biologiche dell’Organizzazione marittima internazionale, possono contribuire tuttavia a combattere la pressione in quanto limitano le incrostazioni sullo scafo della nave. Le misure indicate dai 16 Stati membri nei programmi di misure si basano spesso sulle attività regionali e sulle norme vigenti dell’UE, quali i regolamenti dell’UE sulle specie aliene invasive e sulle specie aliene in acquacoltura. Alcuni Stati membri hanno già introdotto misure mirate volte a ridurre il rischio di introdurre specie non indigene attraverso gli allevamenti di acquacoltura, mentre molte altre segnalano di dover ancora condurre altre attività di ricerca per comprendere meglio la pressione.
Le misure recentemente introdotte spaziano dalla gestione diretta delle specie non indigene da parte dei pescatori agli incentivi messi a disposizione delle imbarcazioni ecologiche e/o a campagne di sensibilizzazione prevalentemente incentrate su attività ricreative.
Non è dato conoscere se gli Stati membri conseguiranno entro il 2020 un buono stato ecologico relativamente alle pressioni derivanti dalle specie non indigene, come previsto dalla direttiva, stante la mancanza d’informazioni trasmesse dagli Stati membri su tale aspetto ovvero l’impossibilità a trasmetterle. Polonia, Cipro e Malta hanno segnalato eccezioni giustificate al conseguimento del buono stato ecologico, dichiarando che l’introduzione di specie non indigene è dovuta a situazioni che esulano dal loro controllo (ad esempio, nel caso del Mediterraneo, tali specie possono entrare attraverso il Canale di Suez).
Misura → Svezia: sistema nazionale di allarme e reazione per i piani di rilevazione precoce, gestione ed emergenza
La Svezia ha istituito un sistema nazionale di allarme e reazione per le sue acque che consente di allertare immediatamente le autorità in caso di individuazione di specie non indigene. Il sistema permette di attivare misure di reazione rapida di eradicazione e controllo di tali specie, ovvero ogni altra azione ritenuta opportuna in base a piani di emergenza. Il sistema è collegato al sistema di monitoraggio della Svezia.
Sfruttamento commerciale eccessivo di pesci e molluschi
L’eccessivo sfruttamento degli stock ittici può avere gravi conseguenze e condurre al progressivo depauperamento e all’esaurimento finale degli stock. Tutti i 16 Stati membri i cui programmi sono esaminati nella presente valutazione hanno introdotto misure per ridurre al minimo la pressione esercitata dall’attività di pesca a fini commerciali. Quattordici Stati membri hanno altresì introdotto misure specifiche per ridurre gli impatti derivanti dalla pesca ricreativa.
La pressione esercitata dall’attività di pesca interessa tutte le regioni marine dell’UE, ed è particolarmente forte nel Mar Mediterraneo. Nei programmi nazionali gli Stati membri fanno coerentemente riferimento alle misure prese in conformità alla politica comune della pesca, che prevede di raggiungere un rendimento massimo sostenibile per gli stock di pesca entro il 2020, contribuendo così al conseguimento dell’obiettivo del buono stato ecologico fissato dalla direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino. Tali misure nazionali comprendono la riduzione delle dimensioni della flotta peschereccia, la riduzione del pescato complessivo, il divieto di pesca o di alcuni tipi di pratiche di pesca (ad esempio la pesca a strascico) in talune zone.
Gran parte degli Stati membri hanno altresì introdotto nuove misure per ridurre la pressione sugli stock eccessivamente sfruttati, ad esempio prevedendo l’uso di attrezzature di pesca specifiche, o introducendo restrizioni o divieti temporali/spaziali mirati. Gran parte degli Stati membri hanno posto in essere misure di protezione spaziale, sia nell’ambito della rete Natura 2000 ovvero rafforzando i piani di gestione per le aree marine protette esistenti. Numerosi Stati membri hanno altresì introdotto misure di sensibilizzazione nei confronti di pratiche di pesca distruttive. Molti di loro collegano esplicitamente le misure agli accordi conclusi a livello regionale e internazionale, quali gli accordi sottoscritti nell’ambito delle organizzazioni regionali di gestione della pesca nel Mar Mediterraneo o della Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico. I programmi comprendono azioni intraprese attraverso le convenzioni marittime regionali, in particolare HELCOM e la convenzione di Barcellona.
Sebbene la direttiva preveda il conseguimento del buono stato ecologico da parte degli Stati membri relativamente alle pressioni esercitate dall’attività di pesca entro il 2020, i programmi nazionali devono altresì esprimere una buona sinergia con i requisiti della politica comune della pesca e gran parte degli Stati membri non ha ancora definito quando tale obiettivo sarà raggiunto. Tre Stati membri hanno comunicato eccezioni, sostenendo motivatamente che il buono stato ecologico sarà conseguito dopo il 2020: Finlandia e Regno Unito affermano che il buono stato ecologico per lo sfruttamento a fini commerciali di pesci e molluschi non sarà conseguito a causa delle condizioni naturali, mentre Malta indica la necessità di attuare iniziative transfrontaliere e regionali per raggiungere l’obiettivo.
Misure → Belgio: migliore attività di controllo e monitoraggio della pesca ricreativa
Il Belgio ha recentemente introdotto una misura giuridica volta a facilitare il monitoraggio della pesca ricreativa, un’attività che può incidere significativamente sull’ambiente marino ma che è spesso non regolamentata dagli Stati membri. La misura nazionale, che va oltre i requisiti della politica comune della pesca, contribuirà a migliorare la raccolta dei dati, che sono fondamentali per comprendere le condizioni degli stock ittici, ma anche per regolamentare, qualora necessario e in modo più mirato, talune attività di pesca.
Introduzione di nutrienti
L’introduzione di quantitativi eccessivi di nutrienti e di sostanze organiche in mare favorisce la fioritura algale, causando l’eutrofizzazione. Tale pressione può soffocare la vita marina, soprattutto nelle zone costiere e in acque profonde. Sebbene riguardino in qualche misura tutte le acque marine dell’UE, gli impatti dell’introduzione di nutrienti sono più evidenti nel Mar Baltico. L’arricchimento di nutrienti è in genere dovuto all’agricoltura, all’industria, agli effluenti urbani, all’acquacoltura e, in misura minore, ai trasporti marittimi. Il problema è amplificato dall’accumulo di tali nutrienti sui fondali marini.
Nei programmi nazionali tutti gli Stati membri hanno fatto riferimento a misure adottate nei rispettivi piani di gestione dei bacini idrografici per conseguire l’obiettivo del “buono stato ecologico” stabilito dalla direttiva quadro sulle acque e rispettare i parametri previsti da altre norme correlate alle acque. Alcuni Stati membri hanno incluso nelle strategie per l’ambiente marino misure più specifiche, quali la promozione di pratiche di acquacoltura e agricole sostenibili, istituendo zone di controllo delle emissioni di ossidi di azoto (NOx) per i trasporti marittimi, la costruzione di opportune infrastrutture portuali per il gas naturale liquefatto e il controllo delle acque di scarico non trattate delle navi.
La prospettiva che gli Stati membri hanno di conseguire un buono stato ecologico per gestire l’introduzione di nutrienti entro il 2020 è coerente all’interno delle singole regioni marine. Ad esempio, gran parte degli Stati membri del Mar Baltico non prevede di conseguire tale obiettivo entro il 2020, mentre nel Mar Mediterraneo la maggior parte degli Stati membri ha indicato che l’obiettivo è già stato raggiunto.
Almeno 5 Stati membri hanno chiesto eccezioni per le pressioni derivanti dall’introduzione di nutrienti. Sono state, tuttavia, addotte motivazioni diverse, a dimostrazione di un approccio regionale meno coerente nonostante la natura transfrontaliera della pressione. Nel Mar Baltico, Finlandia, Lettonia e Polonia hanno addotto situazioni motivate che sfuggono al loro controllo, laddove la Polonia ha indicato le condizioni naturali come giustificazione aggiuntiva, esattamente come la Svezia. Per l’Atlantico nordorientale, Svezia e Paesi Bassi hanno argomentato con motivazioni simili a quelle invocate per giustificare le eccezioni nel Mar Baltico.
Misura → Finlandia: ridurre l’introduzione di nutrienti nell’ambiente
Attraverso lo spargimento di gesso nei campi, la misura diretta mira a ridurre la concentrazione nel suolo di fosforo, un nutriente utilizzato in agricoltura e che può causare eutrofizzazione. L’uso del gesso riduce la lisciviazione del fosforo nei sistemi di acqua dolce e dunque nell’ambiente marino. Il vantaggio consiste nel migliorare le proprietà del suolo e di conseguenza ridurre l’erosione.
Cambiamenti idrografici
Le attività umane, quali lo sviluppo delle infrastrutture costiere, il dragaggio, l’estrazione di sabbia e la desalinizzazione, possono incidere sulle proprietà fisiche delle acque marine. Si possono osservare impatti in termini di cambiamenti di correnti marine o azione delle onde, regimi di marea, temperatura, livelli di pH, salinità o torbidità e tutti questi effetti possono ripercuotersi negativamente sulle specie e sugli habitat marini. La maggior parte delle misure comunicate dagli Stati membri si riferiscono ai quadri normativi esistenti, quali la direttiva quadro sulle acque, la direttiva per la valutazione dell’impatto ambientale e la direttiva sulla valutazione ambientale strategica, nonché alle procedure specifiche per l’attribuzione di licenze, che dovrebbero generalmente contemplare tutte le pressioni e gli impatti possibili. Tuttavia, non sempre è chiaro il modo in cui gli Stati membri prevedono di applicare al contesto marino le misure adottate nell’ambito di tali direttive. Alcuni Stati membri hanno riferito che nell’ambito delle misure adottate stanno attualmente sviluppando orientamenti per i progetti infrastrutturali pertinenti. Solo due Stati membri, tuttavia, affrontano chiaramente gli impatti cumulativi di tali infrastrutture.
Per quanto riguarda le pressioni antropogeniche che sono causa di cambiamenti idrografici, gli Stati membri non hanno chiesto le eccezioni di cui all’articolo 14 per il conseguimento di un buono stato ecologico. Dei 16 Stati membri i cui programmi nazionali sono oggetto della valutazione della presente relazione, 4 hanno dichiarato l’avvenuto conseguimento del buono stato ecologico, mentre 2 Stati membri sostengono che tale obiettivo sarà conseguito entro il 2020. Altri Stati membri non hanno specificato quando sarà conseguito il buono stato ecologico, ovvero non sono in grado di prevederlo.
Misura → Francia: valutazione degli impatti cumulativi
La Francia sta attualmente sviluppando un documento di orientamento per aiutare le autorità competenti e i portatori d’interesse a valutare gli impatti cumulativi delle attività umane, in particolare per i progetti che richiedono una valutazione d’impatto ambientale o una valutazione ambientale strategica. Ciò sarà particolarmente pertinente per le pressioni idrogeologiche, i cui impatti cumulativi sono stati finora raramente affrontati.
Contaminanti presenti nei pesci e nei frutti di mare
La maggior parte dei contaminanti, provenienti in genere dai pesticidi utilizzati in agricoltura, da antincrostanti per navi, prodotti farmaceutici e effluenti urbani compresi i metalli pesanti, finisce in mare. Gli scarichi trasformano mari e oceani in un ambiente potenzialmente dannoso alla vita marina e in ultima analisi contaminano i frutti di mare destinati al consumo umano. Per ragioni di tutela dell’ambiente e della salute umana è pertanto importante garantire che i livelli di contaminanti presenti nell’ambiente marino rimangano bassi e contenuti entro limiti di sicurezza.
Di tutte le fonti di contaminanti, la deposizione atmosferica nell’ambiente marino è la fonte di cui i programmi nazionali comunicati dagli Stati membri tengono meno conto.
I programmi comprendono poche misure direttamente orientate alla lotta ai contaminanti nei frutti di mare destinati al consumo umano, in quanto si sostiene che le misure per la lotta ai contaminanti siano potenzialmente in grado di ridurre anche gli impatti negativi sui frutti di mare. Fra le misure segnalate in tale ambito, gli Stati membri fanno riferimento alle misure necessarie ad assicurare la conformità alle norme sulla sicurezza alimentare dell’UE e ad altre norme applicabili ai prodotti della pesca e dell’acquacoltura, in particolare in materia di tracciabilità, requisiti di qualità sanitaria, condizioni di allevamento e di coltura, valutazioni del rischio e misure di gestione.
In merito alle azioni più generalmente volte a ridurre la presenza di contaminanti in mare, alcuni Stati membri comunicano numerose misure derivanti da requisiti UE, quali le misure necessarie a conseguire la conformità alla direttiva nitrati, alla direttiva sulle acque reflue urbane, alla direttiva sulle emissioni atmosferiche, alla direttiva relativa all’inquinamento provocato dalle navi e al regolamento REACH. Gli Stati membri fanno altresì riferimento agli impegni internazionali assunti nell’ambito della convenzione MARPOL o delle convenzioni marittime regionali, sebbene nei programmi nazionali spesso non sia chiaro quali azioni concrete siano specificamente previste per detti impegni internazionali. Oltre ai requisiti UE o internazionali esistenti, 10 Stati membri hanno introdotto alcune misure dirette, ad esempio volte a regolamentare ulteriormente lo scarico di contaminanti, ridurre l’uso di pesticidi, migliorare l’acquacoltura e le pratiche di drenaggio, nonché misure indirette, quali attività di sensibilizzazione e ricerca.
Le eccezioni al conseguimento di un buono stato ecologico per i contaminanti sono state chieste da Polonia e Svezia nella regione del Baltico, e da Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia nella regione dell’Atlantico nordorientale. Non sempre le giustificazioni addotte per beneficiare di tali eccezioni risultano tecnicamente convincenti, ad esempio quando si indicano costi sproporzionati senza fornire giustificazioni sufficienti o un’analisi costi-benefici o un’analisi dei vantaggi e svantaggi di azioni correttive alternative. Oltre a ciò, le tempistiche per il conseguimento di un buono stato ecologico variano fra regioni, e tale aspetto è preoccupante nel caso di una pressione così frequentemente segnalata, soggetta a una serie di leggi e iniziative politiche a livello sia dell’UE sia internazionale.
Due Stati membri giustificano le loro eccezioni al conseguimento di un buono stato ecologico relativamente ai contaminanti presenti nei frutti di mare con il fatto che le fonti inquinanti si trovano anche al di fuori delle acque marine. La maggior parte degli Stati membri dell’Atlantico nordorientale pare unanime nel concordare che il traguardo di un buono stato ecologico sarà conseguito entro il 2020, mentre negli altri tre mari regionali non si riescono a fare stime o si prevede che l’obiettivo sarà conseguito solo dopo il 2020.
Misura → Polonia: lotta a diverse fonti di contaminanti
La Polonia ha adottato una serie di misure per la lotta a contaminanti diversi che finiscono nelle sue acque marine. Il programma comprende misure che disciplinano l’uso di contaminanti, quali materiali di dragaggio, paraffina e relativi derivati. Il paese ha intrapreso la ricostruzione dei sistemi di acque pluviali e reflue, introducendo al contempo misure volte a ridurre la presenza dei contaminanti negli effluenti dai sistemi di trattamento degli scarichi. La Polonia segnala nuove azioni tese a ridurre i rischi derivanti dall’inquinamento da idrocarburi e da altre sostanze dannose. Fra le altre misure figurano piani di ammodernamento della flotta di navi adibite alla navigazione interna, che prevedono disposizioni per lo scarico delle acque reflue industriali e il miglioramento della gestione idrica di sette bacini idrografici.
Rifiuti marini
I rifiuti esercitano una pressione sull’ambiente marino in quanto finiscono sui fondali marini e sulle spiagge. L’attuazione della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino ha comportato una migliore comprensione dei macro- e microrifiuti, in particolare di plastica. Le fonti di rifiuti marini sono state prevalentemente attribuite alle seguenti attività umane: turismo e attività ricreative, rifiuti urbani, attività industriali, trasporti marittimi e pesca a fini commerciali. Le attività di lotta ai rifiuti marini degli Stati membri poggiano su una serie di norme dell’UE vigenti, in particolare in materia di gestione dei rifiuti, acque reflue urbane o impianti portuali di raccolta dei rifiuti, nonché su accordi internazionali e sui piani d’azione delle convenzioni marittime regionali. Dai programmi nazionali emerge che tutti i 16 Stati membri stanno adottando, o prevedono di adottare, misure di miglioramento della gestione dei rifiuti nel settore della pesca. Le misure più comuni segnalate sono la pulizia delle spiagge, il recupero dei rifiuti in mare e le iniziative di comunicazione. Sebbene tali azioni influiscano in modo modesto sulla riduzione della pressione, contribuiscono a sensibilizzare l’opinione pubblica e dunque a prevenire l’inquinamento futuro. Le misure mirate per la lotta ai rifiuti sulle spiagge, quali la limitazione del proliferare della plastica monouso o la riduzione delle microplastiche e dei rifiuti derivanti dall’acquacoltura, appaiono tuttavia non sufficientemente sviluppate. Ad esempio, solo cinque Stati membri hanno adottato misure specificamente rivolte all’acquacoltura.
Misura → Francia: riduzione dei rifiuti marini e molluschicoltura
La Francia ha adottato due misure di particolare rilevanza per la lotta ai rifiuti marini. La prima misura rientra nel programma nazionale di prevenzione dei rifiuti e consta di quattro azioni: 1) estendere la responsabilità dei produttori; 2) limitare l’uso di taluni prodotti, quali i sacchetti di plastica monouso; 3) promuovere azioni volontarie di riduzione e riciclaggio dei rifiuti marini; e 4) allineare i piani regionali di prevenzione e gestione dei rifiuti agli strumenti delle politiche delle acque e marittime e ai piani portuali di raccolta e trattamento dei rifiuti. La seconda misura concerne la molluschicoltura, un’attività che può costituire una fonte significativa di rifiuti, ma di cui raramente si tiene conto nei programmi di misure di altri Stati membri. La Francia prevede di limitare il degrado degli habitat danneggiati limitando l’accesso agli allevamenti marini interessati nelle zone soggette alla marea e raccogliendo e riciclando i rifiuti generati da tali allevamenti.
I programmi di misure relativi ai rifiuti marini vanno inquadrati nel contesto più ampio di sviluppi a livello UE, che ha portato all’adozione del pacchetto di misure sull’economia circolare, della strategia europea per la plastica e di una proposta di legge sui rifiuti marini e le plastiche monouso.
Dei 16 Stati membri, solo 6 prevedono di conseguire un buono stato ecologico relativamente ai rifiuti entro il 2020. Malta è l’unico Stato membro che ha chiesto un’eccezione asserendo che le azioni dei paesi confinanti ostacolerebbero i suoi sforzi; una tale giustificazione, tuttavia, non risulta esaurientemente documentata e non viene indicata una tempistica alternativa.
Energia, comprese le fonti sonore sottomarine
L’uso di energia, ad esempio sotto forma di sistemi di riscaldamento ed elettrici, fonti sonore, radiazioni elettromagnetiche, onde radio o vibrazioni, può esercitare una pressione sull’ambiente marino. La maggior parte degli Stati membri ha finora concentrato i propri sforzi sulle fonti sonore sottomarine, i cui effetti sono complessi e non ancora pienamente conosciuti. Il rumore può, ad esempio, scacciare dalle zone di riproduzione le specie marine, comprometterne l’udito e dunque renderle più vulnerabili. L’effetto dipende anche dal tipo di rumore, continuo o a impulsi, e dalla frequenza. Il rumore può essere causato da trasporti marittimi, attività di ricerca marina, piattaforme energetiche in alto mare, operazioni di costruzione e attività di difesa. Ancora una volta gli Stati membri si sono basati sulle norme dell’UE, quali la direttiva Habitat e la direttiva per la valutazione dell’impatto ambientale. I programmi di misure fanno riferimento, anche in questo caso, ad accordi internazionali e a iniziative intraprese attraverso le convenzioni marittime regionali. Le misure prevedono la protezione di zone specifiche da fonti sonore continue e a impulsi, lo sviluppo di imbarcazioni ecologiche, la limitazione dell’uso di taluni tipi di luci sulle piattaforme petrolifere e gassifere, nonché le azioni di sensibilizzazione, lo svolgimento di attività di ricerca e lo sviluppo di orientamenti per la valutazione delle fonti sonore. La maggior parte delle pressioni, se da un lato sono effettivamente prese in considerazione, dall’altro sono spesso trattate indirettamente nell’attività di ricerca che gli Stati membri hanno comunicato insieme alle misure adottate.
Sei Stati membri, prevalentemente della regione dell’Atlantico nordorientale, prevedono di conseguire il traguardo di un buono stato ecologico entro il 2020. Tuttavia, stanti le attuali lacune in termini di conoscenze, alcuni non sono in grado di prevedere quando tale stato sarà raggiunto o non hanno ancora indicato una scadenza per il conseguimento. Nessuno Stato membro ha richiesto l’applicazione di un’eccezione.
Misura → Cipro: rumore prodotto dalle attività di esplorazione di idrocarburi
Cipro comunica una misura che contrasta le fonti sonore sottomarine a impulsi, nella misura in cui prevede condizioni di “avvio graduale/avvio lento” delle attività di esplorazione e sfruttamento di idrocarburi. Ciò comprende attività di ricerca sismica in mare, definite dalla direttiva per la valutazione ambientale strategica e dalla direttiva sulla valutazione dell’impatto ambientale, nonché nel protocollo offshore della convenzione di Barcellona.
Misure adottate per far fronte allo stato della diversità marina
Ridurre gli impatti negativi delle pressioni sull’ambiente marino dovrebbe migliorare le condizioni delle specie e degli habitat marini. Le misure descritte nelle sezioni precedenti dovrebbero pertanto contribuire a mantenere o a migliorare lo stato della biodiversità marina. La maggior parte degli Stati membri, tuttavia, non collega i due aspetti in modo sufficiente, e ciò rappresenta un limite all’efficacia dei programmi. Ciononostante, gli Stati membri hanno previsto misure applicabili a vari habitat marini, quali le misure di protezione spaziale, sebbene abbiano una portata spaziale limitata e possano non essere indicate per le zone in cui le pressioni sono maggiormente avvertite (ad esempio, la pesca a strascico sui fondali marini al di fuori delle zone protette).
Uccelli
Le catture accessorie durante le attività di pesca commerciale risultano essere la pressione che più di altre gli Stati membri hanno segnalato ripercuotersi sugli uccelli. Altre pressioni riferite riguardano i rifiuti marini, le specie non indigene, l’inquinamento da idrocarburi e le perturbazioni visive causate dalla luce. Nonostante la prevalenza di perdite di habitat a causa di attività umane, della presenza di contaminanti in mare e dell’attività di pesca, gli Stati membri hanno indicato tali aspetti meno frequentemente come pressioni. Non sorprende che la maggior parte delle misure faccia riferimento all’attuazione della direttiva Uccelli selvatici e della direttiva Habitat, e dunque alla creazione di zone di protezione speciale e zone speciali di conservazione per la protezione di habitat, nonché aree di riproduzione, nidificazione e nutrimento degli uccelli. Gli Stati membri riferiscono che stanno attuando le regole della politica comune della pesca per far fronte al problema delle catture accidentali, il che comporta limitare l’uso di alcune attrezzature da pesca, ad esempio per ridurre la probabilità che vengano catturati taluni uccelli, o promuovere strumenti e tecniche di pesca sostenibili. Gli Stati membri fanno riferimento solo occasionalmente alla direttiva sulla pianificazione dello spazio marittimo, che potrebbe contribuire a designare zone di pesca riducendo al contempo l’impatto sugli uccelli.
Tutti gli Stati membri della regione dell’Atlantico nordorientale associano le misure alle raccomandazioni OSPAR in materia di conservazione, mentre altri Stati membri della regione del Mar Baltico fanno riferimento al piano d’azione per il Mar Baltico HELCOM. Nel Mediterraneo la maggior parte degli Stati membri fa generalmente riferimento ai piani d’azione previsti dalla convenzione di Barcellona per le specie di uccelli e le aree marine protette.
Dieci Stati membri non comunicano quando conseguiranno il traguardo di un buono stato ecologico, indicando lacune nelle conoscenze quale principale motivazione, ovvero non fornendo ulteriori giustificazioni. Non è stata segnalata alcuna eccezione.
Misura → Malta: protezione degli uccelli dai predatori
Malta sta applicando una misura volta a proteggere la berta minore mediterranea (Puffinus yelkouan) dai ratti predatori. I rifiuti alimentari provenienti dalle attività ricreative umane in una zona di protezione speciale hanno comportato un incremento della presenza di ratti, con conseguenti significative pressioni predatorie sugli uccelli. Nell’intento di proteggere in modo più efficace le specie di uccelli e i loro habitat, il progetto mira a sensibilizzare maggiormente le persone nei confronti del problema e dunque a indurle a modificare il loro comportamento nei siti protetti al fine di ridurre i rifiuti e la presenza di organismi nocivi. La misura va oltre quanto già previsto dalla direttiva Uccelli.
Pesci e cefalopodi
Oltre all’ovvia pressione dovuta alla pesca di specie commerciali, le catture accessorie costituiscono una delle pressioni più importanti, seguita dai contaminanti. La perdita e i danni agli habitat, i rifiuti e le fonti sonore sottomarine sono indicati meno frequentemente dagli Stati membri nei loro programmi. Le specie commerciali sono solitamente tenute in debito conto nelle misure relative ai pesci e molluschi allevati a fini commerciali, come indicato in precedenza. Le misure comprendono i divieti di pesca in determinate zone e/o il divieto di talune pratiche di pesca, ad esempio la pesca a strascico. Le specie non commerciali invece non sono sempre coperte. Tredici Stati membri limitano l’uso di determinate tecniche di pesca, il che si ripercuote anche sulle catture accessorie. La maggior parte degli Stati membri segnala l’adozione di misure di protezione spaziale basate sulla rete Natura 2000 della direttiva Habitat per proteggere alcune specie di pesci e, in misura minore, sulla direttiva quadro sulle acque per proteggere le rotte migratorie dei pesci. Le misure spaziali sono state adottate per proteggere taluni habitat del fondo marino che fungono da zone di riproduzione e di crescita. Oltre a correlare le proprie misure alle convenzioni marittime regionali, come nel caso degli uccelli, gli Stati membri del Mediterraneo in particolare fanno riferimento ad iniziative condotte con organizzazioni della pesca regionali. Le campagne di sensibilizzazione, ad esempio volte a informare i consumatori su pratiche di pesca sostenibile o rivolte ai pescatori di professione o a coloro che praticano pesca ricreativa, forniscono valore aggiunto ad altre misure più dirette. Alcuni Stati membri segnalano la necessità di condurre più attività di ricerca, in particolare per comprendere quali sono gli impatti delle pressioni sul gruppo di specie in oggetto.
La Polonia ha chiesto un’eccezione al conseguimento del buono stato ecologico, adducendo altri fattori ambientali, quali cambiamenti climatici e salinità, che le impediscono di raggiungere tale traguardo. La richiesta è giustificabile solo in parte in base alle informazioni fornite (non sono state trasmesse prove di tendenze al cambiamento negli indicatori connessi a variazioni prevedibili di temperatura e salinità). Il Regno Unito riferisce un’eccezione giustificata, dovuta al tempo necessario alle popolazioni ittiche (biomassa) per reagire alle variazioni dei tassi di cattura, associate ad altre condizioni biologiche e climatiche. Tre Stati membri segnalano di riuscire a conseguire un buono stato ecologico entro il 2020.
Misura → Germania: sensibilizzare i consumatori alla pesca sostenibile
Una nuova misura introdotta in Germania riguarda l’introduzione di una campagna informativa rivolta a vari consumatori di frutti di mare per sensibilizzarli ad una “pesca sostenibile e rispettosa dell’ecosistema”. La campagna consiste nello sviluppo di materiale didattico e informativo basato sui migliori dati scientifici disponibili e sullo stato attuale della ricerca. L’obiettivo è un comportamento dei consumatori più rispettoso dell’ambiente e che promuova tecniche di pesca sostenibili. Indirettamente, la campagna mira a usare la domanda dei consumatori quale incentivo rivolto al settore della pesca, affinché adotti pratiche più sostenibili.
Mammiferi e rettili
Sui mammiferi e i rettili marini, (balene, foche e tartarughe) incidono pesantemente le catture accessorie derivanti da attività di pesca a fini commerciali, la perdita di habitat, i contaminanti, i rifiuti marini, le collisioni con imbarcazioni e le fonti sonore sottomarine. La maggior parte degli Stati membri segnala l’adozione di misure di protezione spaziale tramite la direttiva Habitat per proteggere gli habitat, ivi compresi i siti di riproduzione, di crescita e nidificazione. Di fatto, la maggior parte delle nuove misure sono incentrate sulla protezione spaziale, comprese quelle volte a ridurre le fonti sonore sottomarine. Le catture accessorie sono regolamentate dalla politica comune della pesca con nuove misure incentrate sull’uso di attrezzi da pesca più selettivi. Tuttavia, pochi Stati membri associano i rifiuti marini a mammiferi e tartarughe, sebbene tali specie spesso ingeriscano rifiuti o restino impigliate negli attrezzi da pesca persi o abbandonati in mare. Numerosi Stati membri hanno collegato le misure alla direttiva sulla pianificazione territoriale marittima e alla direttiva sulla valutazione dell’impatto ambientale; La maggior parte degli Stati membri collega le misure adottate alle convenzioni marittime regionali, all’accordo sulla conservazione dei piccoli cetacei del Mar Baltico e del Mare del Nord (ASCOBANS) e all’accordo sulla conservazione dei cetacei del Mar Nero, del Mar Mediterraneo e delle zone atlantiche contigue (ASCOBAMS). In altri casi è prevista la riduzione dell’impatto della perdita di attrezzi da pesca e l’introduzione di misure di attenuazione in caso d’inquinamento da idrocarburi. Fra le misure segnalate figurano anche le attività di sensibilizzazione, ad esempio informare i pescatori dell’impatto di tecniche di pesca aggressive applicate ai mammiferi e alle tartarughe ovvero incoraggiare i turisti a scegliere attività turistiche sostenibili.
Solo pochi Stati membri affermano di riuscire a conseguire un buono stato ecologico entro il 2020. La Polonia ha segnalato un’eccezione, affermando di non riuscire a conseguire il traguardo del buono stato ecologico entro il 2020 per le focene a causa della natura migratoria della specie e del fatto che gran parte delle catture accessorie avviene al di fuori delle sue acque marine. Tale giustificazione non risulta fondata, in quanto la questione delle catture accessorie al di fuori delle proprie acque può essere opportunamente controllata grazie a procedure di cooperazione transfrontaliera.
Misura → Italia: ridurre le collisioni con le imbarcazioni
Le imbarcazioni sono la causa di un numero significativo di casi di mortalità di cetacei nel Mar Mediterraneo. Attraverso il progetto REPCET , l’Italia intende installare software a bordo di tutte le imbarcazioni per poter rilevare la presenza e l’ubicazione dei cetacei sottomarini, riducendo in tal modo il numero di collisioni e il tasso di mortalità. La misura prevede altresì attività di formazione sull’uso del software per gli operatori delle imbarcazioni.
Habitat nella colonna d’acqua
Le specie che vivono in habitat nella colonna d’acqua sono esposte a una serie di pressioni: contaminanti, eutrofizzazione, specie non indigene, estrazione di pesci, catture accessorie e rifiuti ecc. I programmi degli Stati membri raramente associano le misure relative a tali pressioni agli habitat nella colonna d’acqua, rendendo in tal modo difficile agli Stati membri determinare come sia possibile conseguire un buono stato ecologico per tali habitat. È stato pertanto comunicato un numero molto limitato di misure specifiche.
Ciononostante, i piani di gestione delle zone marine protette, l’attuazione della rete Natura 2000 prevista dalla direttiva Habitat e l’adozione di altre misure di protezione spaziale nazionali contribuiscono al benessere di tali habitat. Anche la direttiva quadro sulle acque svolge un ruolo significativo in quanto riduce la concentrazione di nutrienti e contaminanti e migliora le condizioni idrogeologiche, riducendo in tal modo l’eutrofizzazione e l’inquinamento delle acque marine. Sono state realizzate connessioni regionali anche con altri tipi di habitat. Anche in questo caso, solo 3 Stati membri hanno comunicato di riuscire a conseguire un buono stato ecologico entro il 2020, ma nessuno Stato membro ha finora chiesto un’eccezione.
Misura → Svezia: rapporti fra pressione e stato per gli habitat nella colonna d’acqua
La Svezia ha collegato saldamente le misure per la biodiversità alle misure di lotta alle pressioni specifiche esercitate sugli habitat nella colonna d’acqua, trattando quindi le pressioni in modo cumulativo per salvaguardare la biodiversità marina. Tale approccio completo volto al raggiungimento di un buono stato ecologico per la biodiversità segue la logica alla base della decisione 2017/848/UE. Le misure in questione riguardano:
•pesci e molluschi a fini commerciali, attraverso la regolamentazione e gestione della pesca, zone marine protette e zone di fermo pesca stagionale;
•eutrofizzazione, con la riduzione del carico di nutrienti a lungo termine nelle baie eutrofizzate e nel Mar Baltico;
•contaminanti, con la gestione degli effluenti di sostanze dannose, quali sostanze antincrostanti e acque di scarico;
•specie non indigene, con misure indirette che comprendono attività di sensibilizzazione, piani di gestione e misure di riduzione del rischio.
Habitat dei fondali marini
I fondali marini subiscono l’impatto di diverse attività umane, in particolare attraverso elementi di perturbazione fisica, il più diffuso dei quali è la pesca commerciale a strascico. Nel corso del tempo ciò ha condotto a una perdita significativa di habitat sensibili dei fondali marini con danni diffusi e duraturi. Tra le altre attività potenzialmente dannose si annoverano il recupero di terreni, le operazioni portuali, lo smaltimento di rifiuti solidi (compresi i materiali di dragaggio), l’estrazione in mare di sabbia e ghiaia, la posa di cavi e condutture sottomarini e le operazioni legate alle energie rinnovabili. I programmi di misure hanno contemplato approcci normativi volti a regolamentare gran parte di tali attività. Ad esempio, le misure di protezione spaziale rappresentano lo strumento di elezione, comprese le misure previste dalla direttiva Habitat. Tutti i 16 Stati membri hanno riferito l’introduzione di iniziative per proteggere gli habitat vulnerabili dalle attività di pesca, in linea con le misure a favore di una pesca sostenibile (essenzialmente basate sulla politica comune della pesca, ad esempio il divieto di taluni tipi di pesca, compresa la pesca a strascico, e l’introduzione di attrezzi da pesca meno distruttivi dei fondali marini). Altri strumenti normativi fanno riferimento all’introduzione di valutazioni d’impatto ambientale per altre pressioni, ad esempio i livelli di nutrienti derivanti dall’acquacoltura. Per altri effetti connessi all’inquinamento, gli Stati membri segnalano l’adozione di misure previste dalla direttiva quadro sulle acque. Sono state realizzate connessioni regionali anche con altri tipi di habitat. Danni ai fondali marini possono verificarsi anche a seguito di attività ricreative, quali l’ancoraggio di imbarcazioni da diporto o la pesca da diporto, per le quali quattro Stati membri hanno segnalato di aver adottato misure. Tali misure, tuttavia, sono state spesso confinate a zone specifiche. Di conseguenza, una percentuale significativa di habitat dei fondali marini che si trovano al di fuori delle zone di protezione spaziale e subiscono gli impatti delle attività umane avranno poca probabilità di essere presi in considerazione dagli Stati membri.
Numerosi Stati membri hanno altresì condotto attività tese a sensibilizzare nei confronti della natura distruttiva di taluni metodi di pesca commerciale sugli habitat dei fondali marini e condotto ricerca consistita, ad esempio, nella mappatura degli habitat dei fondali marini.
Cinque Stati membri hanno riferito di riuscire a conseguire un buono stato ecologico entro il 2020. La Polonia ha fatto chiesto un’eccezione motivandola con le condizioni naturali: la lenta ripresa dell’ambiente marino, la presenza di specie non indigene che si sono ampiamente diffuse in modo significativo nelle acque polacche e la presenza di zone con livelli stagionali di ossigeno naturalmente bassi. Tuttavia, l’eccezione è solo in parte giustificata, in quanto non sono stati compiuti tentativi di individuare habitat specifici interessati dalle specie non indigene e la riduzione di ossigeno nel Mar Baltico è considerata in gran parte dovuta all’arricchimento di nutrienti.
Misura → Spagna: orientamenti per le attività marine ricreative
L’ancoraggio delle imbarcazioni danneggia fisicamente i fondali marini e, date le condizioni di vulnerabilità, può arrivare a provocarne la perdita di habitat. Gli impatti più gravi si osservano nelle praterie di Posidonia (Posidonia oceanica e Cymodocea nodosa) e su talune specie riportate nel catalogo spagnolo delle specie a rischio, quali la nacchera o pinna comune (Pinna nobilis) e la stellina rossa (Asterina pancerii). Per questo motivo, la Spagna ha avviato l’elaborazione di orientamenti rivolti alle autorità per disciplinare tale attività negli habitat protetti dei fondali marini. L’iniziativa va oltre le attività solitamente trattate nell’ambito della direttiva Habitat.
Che risultati ottengono gli Stati membri?
Efficacia delle misure nel contrastare le pressioni
Nei programmi di misure, gli Stati membri hanno combattuto, almeno in parte, una serie di pressioni: introduzione di specie non indigene, attività di pesca commerciale, introduzione di nutrienti, pressioni sugli habitat dei fondali marini, cambiamento delle condizioni idrogeologiche, contaminanti e rifiuti del mare. La figura 2 mostra quante delle pressioni riferite dagli Stati membri nelle loro valutazioni di cui all’articolo 8 sono state adeguatamente contrastate dalle misure.
Figura 2 Adeguatezza delle misure degli Stati membri a fronte delle pressioni (gli Stati membri sono presentati in ordine geografico per regione marina)
Per ciascuno Stato membro, il numero di volte in cui le misure specifiche per descrittore sono state giudicate adeguate (verde), parzialmente adeguate (arancione) e inadeguate (rosso) a far fronte a quanto lo Stato membro ha riferito in base all’articolo 8 (ad esempio “adeguato alle pressioni” significa che il programma ha affrontato adeguatamente le pressioni segnalate per tutti i descrittori).
Tempistiche, attuazione delle misure e loro efficacia
Le tempistiche segnalate dagli Stati membri indicano un quadro eterogeneo in merito a quando sarà conseguito il buono stato ecologico, come spiegato nelle precedenti rispettive sezioni e riportato in sintesi alla figura 3. Ciò può essere in parte dovuto al fatto che gli Stati membri riferiscono che alcune misure non erano operative entro il 2016 come previsto dalla direttiva. È altresì opportuno evidenziare che le misure riferite non sono sempre direttamente correlate alla determinazione di un buono stato ecologico e ai traguardi ambientali. Inoltre, la mancanza di coerenza a livello (sub)regionale nel definire il buono stato ecologico e i diversi livelli di ambizione degli Stati membri contribuiscono all’incertezza su quali siano le misure sufficienti a conseguire un buono stato ecologico entro il 2020. Si prevede che la piena attuazione della decisione 2017/848/UE offra un approccio più comparabile e coerente ai successivi aggiornamenti di tali determinazioni, favorendo dunque la valutazione della sufficienza delle misure.
Figura 3 Tempistiche segnalate dagli Stati membri relativamente al conseguimento del buono stato ecologico
La seconda osservazione riguarda la probabilità che tali misure siano attuate, in particolare quelle nuove (dato che è stato segnalato che altre misure sono in corso, ad esempio nell’ambito di altri quadri strategici). Risultano tre gruppi di Stati membri.
Molto probabile
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Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia, Regno Unito
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Gli Stati membri hanno condotto un’analisi costi/benefici al momento dell’introduzione di nuove misure e hanno indicato gli enti responsabili dell’attuazione. Hanno altresì riferito che l’attuazione era iniziata già nel 2016, sebbene alcune misure abbiano subito un lieve ritardo (2017 o 2018).
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Probabile
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Bulgaria, Lettonia, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo
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L’analisi costi/benefici comunicata non riguarda tutte le misure e non tutte le scadenze sono state indicate dagli Stati membri in questione. Un ampio numero di misure fra quelle riferite verrà presumibilmente attuato dopo il 2018 e alcune misure successivamente al 2020. Gli Stati membri hanno in genere indicato gli enti responsabili dell’attuazione di tali misure.
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Nessuna conclusione
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Cipro, Irlanda
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Le informazioni fornite da tali Stati membri non consentono di trarre conclusioni.
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Tabella 1 — Probabilità di attuazione delle nuove misure
Tuttavia, le valutazioni costi/benefici, laddove sono state condotte, non forniscono il quadro completo. Non sempre sono stati indicati l’autorità preposta all’attuazione, l’ammontare del finanziamento e gli stanziamenti a bilancio, il che dà adito a dubbi sulla probabilità che le misure in oggetto siano attuate. Neanche gli impatti potenziali delle misure sono stati quantificati e, nel migliore dei casi, ne è stata fornita una descrizione qualitativa.
Informazioni dettagliate avrebbero consentito di comprendere meglio l’obiettivo finale della misura. Non è stato possibile valutare gli effetti delle misure in corso sull’ambiente marino, e quindi neppure quantificare l’entità di riduzione della pressione o se le misure stesse siano sufficienti a conseguire il buono stato ecologico. Anche ammettendo che ciò per alcune misure sia comunque impossibile, ad esempio per mancanza di conoscenze, il risultato sarebbe stato più solido se gli sforzi degli Stati membri si fossero tradotti in una valutazione tangibile degli effetti positivi sull’ambiente marino.
Va inoltre rilevato che mentre la maggior parte degli Stati membri fa riferimento alle rispettive convenzioni marittime regionali e ad accordi internazionali, alcuni Stati membri indicano piani d’azione regionali e impegni regionali o internazionali solo in termini generali senza specificare le misure attuate. Ancora una volta, non è stato possibile stabilire l’obiettivo finale di tali misure. Nella maggior parte dei casi, le misure non sono rivolte a una regione o sottoregione, ma sono limitate a una zona geografica all’interno delle acque nazionali.
Conclusioni e raccomandazioni
Gli Stati membri hanno compiuto sforzi considerevoli per sviluppare i propri programmi di misure. Hanno integrato politiche e procedure diversi a livello nazionale, dell’UE e internazionale con l’unico scopo di proteggere l’ambiente marino. La maggior parte degli Stati membri ha anche introdotto nuove misure per combattere specificamente pressioni sull’ambiente marino altrimenti non considerate, dimostrando in tal modo il valore aggiunto della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino. Per talune pressioni a carattere transfrontaliero, tuttavia, la mancanza di coordinamento regionale o a livello UE conduce potenzialmente a un approccio di lotta frammentato e inefficace. Nel caso dei rifiuti marini in plastica, il problema è ora affrontato con azioni a livello UE, in particolare tramite la strategia europea per la plastica nell’economia circolare e successive azioni.
Ciononostante, la valutazione mostra che le misure adottate dagli Stati membri non affrontano adeguatamente tutte le pressioni sull’ambiente marino. I programmi stessi hanno livelli diversi di ambizione. Il conseguimento di un buono stato ecologico entro il 2020 in tutte le regioni marine europee e per tutti gli 11 descrittori della direttiva resta dunque improbabile. Sebbene gli ecosistemi siano notoriamente lenti a reagire ai cambiamenti, queste conclusioni sono deludenti nella misura in cui il principale obbligo della direttiva, vale a dire il buono stato ecologico, non sarà presumibilmente conseguito entro i termini previsti. Nel 2018 si prevede che gli Stati membri riferiscano in merito allo stato di attuazione del loro programma di misure, il che dovrebbe consentire una comprensione migliore dei progressi compiuti in merito.
Gli Stati membri dovranno anche segnalare eventuali aggiornamenti nella determinazione del buono stato ecologico, dei traguardi e della valutazione dello stato ambientale entro ottobre 2018. La Commissione si baserà su questi diversi elementi per redigere una relazione di attuazione nel 2019 in cui analizzerà i progressi realizzati, in previsione del termine del 2020 stabilito per il conseguimento di un buono stato ecologico.
In conclusione, secondo la Commissione si rendono necessari miglioramenti, di diversa entità per i diversi paesi, per tutti i programmi di misure, se questi devono essere considerati il quadro adatto per soddisfare i requisiti della direttiva. La tabella di seguito riporta una serie di raccomandazioni che contengono orientamenti applicabili alle modifiche necessarie. Gli orientamenti specifici per paese sono riportati sotto forma di raccomandazioni contenute nel documento di lavoro che accompagna la presente relazione:
Categoria
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Raccomandazioni
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Misurare l’efficacia:
Riferimenti internazionali e regionali
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Nel misurare l’efficacia delle misure gli Stati membri dovrebbero:
·individuare misure per ciascuna regione o sottoregione marina interessata, ad esempio utilizzando i piani d’azione regionali;
·spiegare quali misure specifiche, derivanti da iniziative regionali o internazionali, vengono attuate nell’ambito del loro programma e non si riferiscono genericamente a piani d’azione regionali e internazionali;
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Misurare l’efficacia:
Tempistiche per l’attuazione, finanziamento ed ente responsabile
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·individuare le tempistiche per l’attuazione, i finanziamenti garantiti e le entità incaricate dell’attuazione di tutte le misure;
·prevedere date alternative per conseguire il buono stato ecologico qualora non sia previsto per il 2020;
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Misurare l’efficacia:
Connessione con i traguardi
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·ricorrere sistematicamente a traguardi intermedi come pietre miliari verso il conseguimento di un buono stato ecologico grazie alle misure;
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Misurare l’efficacia:
Connessione con i programmi di monitoraggio
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·associare meglio le misure ai rispettivi programmi di monitoraggio, quando tali programmi saranno aggiornati nel 2020, al fine di valutarne gli effetti e dunque l’efficacia e l’efficienza nel raggiungere i traguardi e il buono stato ecologico;
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Misurare l’efficacia:
Quantificazione delle pressioni e connessione con il buono stato ecologico
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·quantificare le pressioni presenti nelle acque e il livello di riduzione atteso in conseguenza dell’attuazione delle misure stabilite. Tale operazione potrebbe essere agevolata da ulteriori sforzi per colmare le lacune di conoscenze e definire la metodologia alla base di tali previsioni a livello regionale o dell’UE. Tale quantificazione contribuirà altresì a connettere le misure per conseguire un buono stato ecologico.
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Far fronte alle pressioni:
Trattare pressioni non adeguatamente considerate
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Nel combattere le pressioni, gli Stati membri dovrebbero:
·analizzare meglio le pressioni e le attività umane associate, ivi compresi: l’introduzione di specie non indigene dalle attività di trasporto marittimo a causa delle incrostazioni biologiche, la pesca ricreativa, l’arricchimento di nutrienti derivanti da fonti atmosferiche, gli impatti cumulativi causati da progetti individuali sulle condizioni idrogeologiche, l’introduzione di contaminanti da fonti atmosferiche, l’introduzione di macro- e microrifiuti nell’ambiente marino provenienti da attività costiere o in alto mare, e la generazione di rumore sottomarino (nonché di calore ed energia, se pertinente) nell’ambiente marino proveniente da varie fonti;
·assicurare che le pressioni predominanti nella stessa regione o sottoregione marina siano affrontate da tutti gli Stati membri della regione interessata;
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Far fronte alle pressioni:
Copertura spaziale per specie e habitat
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·assicurare un’ampia copertura geografica nel gestire le pressioni su specie e habitat marini, in particolare in mare aperto, affinché le misure non siano limitate alle zone protette;
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Far fronte alle pressioni:
Combinazione di misure dirette e indirette (intervento o governance/sensibilizzazione)
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·attuare misure che regolano o guidano le attività in grado di produrre effetti sull’ambiente marino, oltre a misure più orizzontali volte a migliorare la governance, il coordinamento e a promuovere attività di sensibilizzazione;
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Far fronte alle pressioni:
Articolo 11/articolo 13
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·segnalare le iniziative di raccolta dati e monitoraggio previste dai programmi di monitoraggio ai sensi della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino (articolo 11) e non dal programma di misure (articolo 13). Tuttavia, qualora le conoscenze siano troppo esigue per progettare misure efficaci, può risultare utile indicare le azioni intraprese tramite iniziative di ricerca allo scopo di colmare tali lacune;
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Far fronte alle pressioni:
Rapporto tra pressione e stato
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·migliorare le connessioni fra i gruppi di misure comunicati per i descrittori delle pressioni e i loro potenziali benefici per i descrittori dello stato per poter disporre di una panoramica generale degli impatti;
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Far fronte alle pressioni:
Portata spaziale delle misure
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·definire nel dettaglio la portata spaziale delle misure;
·estendere la portata spaziale delle misure alle acque marine al di là delle acque costiere, se sono presenti pressioni significative;
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Far fronte alle pressioni:
Eccezioni
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·fornire ulteriori giustificazioni alle eccezioni di cui all’articolo 14 ritenute tecnicamente infondate o parzialmente fondate nella valutazione.
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