Bruxelles, 23.5.2018

COM(2018) 428 final

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE

Italia

Relazione elaborata a norma dell’articolo 126, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea


RELAZIONE DELLA COMMISSIONE

Italia

Relazione elaborata a norma dell’articolo 126, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

1.Introduzione

L’articolo 126 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) stabilisce la procedura per i disavanzi eccessivi. La procedura è ulteriormente specificata dal regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio per l’accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi 1 , che fa parte del patto di stabilità e crescita. Il regolamento (UE) n. 473/2013 2 contiene disposizioni specifiche per gli Stati membri della zona euro soggetti a una procedura per i disavanzi eccessivi.

A norma dell’articolo 126, paragrafo 2, TFUE, la Commissione esamina la conformità alla disciplina di bilancio sulla base dei due criteri seguenti: a) se il rapporto tra il disavanzo pubblico, previsto o effettivo, e il prodotto interno lordo superi il valore di riferimento del 3% e b) se il rapporto debito/PIL superi il valore di riferimento del 60% a meno che detto rapporto non si stia riducendo in misura sufficiente e non si avvicini al valore di riferimento a un ritmo adeguato.

L’articolo 126, paragrafo 3, TFUE prevede che, se uno Stato membro non rispetta i requisiti previsti da uno o entrambi i predetti criteri, la Commissione prepari una relazione. La relazione “tiene conto anche dell’eventuale differenza tra il disavanzo pubblico e la spesa pubblica per gli investimenti e tiene conto di tutti gli altri fattori significativi, compresa la posizione economica e di bilancio a medio termine dello Stato membro”.

La presente relazione, che costituisce la prima fase della procedura per i disavanzi eccessivi, esamina la conformità dell’Italia al criterio del debito stabilito dal trattato, tenendo debitamente conto del contesto economico e di altri fattori significativi. Il 22 novembre 2017 la Commissione ha inviato alle autorità italiane una lettera 3 che annunciava la sua intenzione di valutare nuovamente la conformità dell’Italia con il criterio del debito nella primavera 2018, sulla base dei dati relativi ai risultati per il 2017 e del bilancio 2018 definitivo adottato dal Parlamento italiano.

I dati comunicati dalle autorità nell’aprile 2018 4 e successivamente convalidati da Eurostat 5 indicano che il disavanzo pubblico dell’Italia è sceso al 2,3% del PIL nel 2017 (dal 2,5% del 2016), mentre il debito si è stabilizzato attestandosi al 131,8% del PIL (rispetto al 132,0% del 2016), ossia al di sopra del valore di riferimento del 60% del PIL. Per il 2018, il programma di stabilità 2018 dell’Italia 6 , adottato dal governo il 26 aprile 2018, prevede che il rapporto debito/PIL diminuisca di 1 punto percentuale, passando al 130,8%. Il programma di stabilità prevede che nel 2019 il rapporto debito/PIL diminuisca ulteriormente (di 2,8 punti percentuali), attestandosi al 128,0%. Sulla base dei dati comunicati e delle previsioni di primavera 2018 della Commissione, l’Italia non ha rispettato il parametro per la riduzione del debito né nel 2016 (scostamento del 5,9% del PIL) né nel 2017 (scostamento del 5,1% del PIL) (cfr. tabella 1).

Nel complesso, la non conformità dell’Italia con il parametro per la riduzione del debito nel 2016 e nel 2017 è un elemento che dimostra a prima vista l’esistenza di un disavanzo eccessivo ai sensi del patto di stabilità e crescita, prima, tuttavia, che vengano considerati tutti i fattori illustrati di seguito. Inoltre, in base alle previsioni di primavera 2018 della Commissione il rapporto debito/PIL dell’Italia dovrebbe essere al di sopra del parametro per la riduzione del debito sia nel 2018 che nel 2019 (con uno scostamento del 5,1% del PIL all’anno).

La Commissione ha pertanto elaborato la presente relazione per valutare globalmente l’allontanamento dal parametro per la riduzione del debito, al fine di stabilire se, una volta presi in considerazione tutti i fattori significativi, si giustifichi l’avvio di una procedura per i disavanzi eccessivi. La sezione 2 della relazione esamina il criterio del disavanzo, la sezione 3 esamina il criterio del debito, mentre la sezione 4 analizza gli investimenti pubblici e altri fattori significativi, tra cui la conformità con il necessario percorso di aggiustamento verso l’obiettivo a medio termine. La relazione tiene conto delle previsioni di primavera 2018 della Commissione, pubblicate il 3 maggio 2018.

Tabella 1 - Disavanzo e/o debito pubblico (% del PIL)a

2.Criterio del disavanzo

Tra il 2010 e il 2013 l’Italia ha realizzato un notevole sforzo di bilancio, aumentando l’avanzo primario a più del 2% del PIL e consentendo così al paese di uscire dalla procedura per i disavanzi eccessivi nel 2013, mantenendo il disavanzo nominale a un livello non superiore al 3% del PIL a partire dal 2012 (in calo rispetto al valore superiore al 5% del 2009). Tuttavia la disciplina di bilancio si è allentata negli ultimi anni. Nel 2017 l’avanzo primario è sceso all’1,5% e il disavanzo nominale si è stabilizzato attorno al 2,3% del PIL. Entrambi dovrebbero però migliorare nel 2018 sulla scorta di un’inflazione più elevata. Si stima che il saldo primario strutturale dell’Italia sia peggiorato tra il 2013 e il 2017 (passando dal 4,2% al 2,1% del PIL) e sia destinato a subire un’ulteriore contrazione nel periodo 2018-2019. Avvantaggiandosi anche della diminuzione della spesa per interessi, l’allentamento della disciplina di bilancio è stato in parte utilizzato per ridurre l’onere fiscale e agevolare l’adozione/attuazione delle riforme strutturali 7 .

I dati comunicati indicano per il 2017 un disavanzo pubblico del paese pari al 2,3% del PIL. Stando al programma di stabilità 2018 e alle previsioni di primavera 2018 della Commissione, il disavanzo pubblico dell’Italia dovrebbe rispettare il valore di riferimento del 3% del PIL stabilito dal trattato nel periodo 2018-2019. La Commissione prevede che il disavanzo scenda ulteriormente all’1,7% del PIL nel 2018, per poi rimanere stabile nel 2019, nell’ipotesi di politiche invariate. La proiezione di disavanzo del programma di stabilità è sostanzialmente in linea con le previsioni della Commissione nel 2018 (1,6% del PIL), ma nettamente inferiore per il 2019 (0,8% rispetto all’1,7%), grazie a una crescita del PIL reale più forte (1,4% rispetto all’1,2%) e ad un aumento dell’IVA tuttora previsto per il 2019 pari a circa 12,5 miliardi di EUR (ossia lo 0,7% del PIL) che la Commissione non include nelle sue previsioni elaborate nell’ipotesi di politiche invariate, in considerazione delle ripetute abrogazioni degli scorsi anni. Il programma di stabilità indica che nel 2020 il disavanzo dovrebbe scendere ulteriormente fino ad avvicinarsi allo zero.

L’Italia rispetta pertanto il criterio del disavanzo definito nel trattato e nel regolamento (CE) n. 1467/97.

3.Criterio del debito

Dopo essere aumentato in media di circa cinque punti percentuali all’anno durante la recessione a doppia v nel periodo 2008-2013, il rapporto debito pubblico/PIL italiano ha continuato a crescere nel periodo 2014-2015 al ritmo più lento di 1 punto percentuale in media all’anno, prima di stabilizzarsi attorno al 132% nel periodo 2016-2017. A partire dal 2018 il rapporto debito/PIL è destinato a scendere, soprattutto grazie a una più forte crescita nominale, per attestarsi al di sotto del 130% del PIL entro il 2019. Condizioni di finanziamento favorevoli stanno contribuendo a sostenere la ripresa economica e ridurre l’effetto “valanga”. Tuttavia, l’inflazione ancora bassa, l’incremento modesto dell’avanzo primario e proventi da privatizzazioni inferiori agli obiettivi continuano a rallentare il ritmo della riduzione del debito. Benché i rischi di rifinanziamento del debito risultino limitati nel breve periodo, il debito pubblico elevato rimane un’importante fonte di vulnerabilità per l’economia italiana.

In seguito all’abrogazione della procedura per i disavanzi eccessivi nel giugno 2013, l’Italia ha beneficiato di un periodo transitorio di tre anni, iniziato nel 2013 e terminato nel 2015, per conformarsi al parametro per la riduzione del debito. Il parametro per la riduzione del debito standard è divenuto applicabile nel 2016, dopo la fine del periodo transitorio. Sulla base dei dati comunicati e delle previsioni della Commissione, lo scostamento rispetto al parametro di riferimento del debito è stato pari al 5,9% del PIL nel 2016 e al 5,1% nel 2017. Inoltre, sulla base del programma di stabilità per il 2018 e delle previsioni della Commissione, è da prevedere che l’Italia non riuscirà a rispettare il parametro di riferimento per la riduzione del debito né nel 2018 (scostamento rispetto al parametro di riferimento del debito rispettivamente dell’1,3 % e del 5,1% del PIL) né nel 2019 (scostamento rispetto al parametro di riferimento del debito rispettivamente dello 0,8% e del 5,1% del PIL).

Più in particolare, nel 2017 il rapporto debito pubblico/PIL ha raggiunto il 131,8%, cioè 0,2 punti percentuali in meno rispetto al 2016. La diminuzione è stata limitata a causa in parte dell’effetto “valanga” che continua a determinare un aumento del debito, poiché il costo reale implicito del debito 8 , pur in calo progressivo (al 2,3%, dal 2,7% del 2013), è rimasto superiore alla crescita del PIL reale (1,5%). Di fatto, i tassi di interesse reali a pronti sulle nuove emissioni di titoli di Stato, che nel periodo 2015-2017 erano prossimi allo zero, si sono riflessi solo gradualmente sul costo reale del servizio per lo stock di debito in essere, vista la durata del debito italiano e il periodo di rinnovo associati all’inflazione bassa (crescita del deflatore del PIL dello 0,6%) - cfr. anche il riquadro 1 e il grafico 1. Il differenziale positivo tra tasso di interesse e tasso di crescita (di 0,8 punti percentuali, rispetto all’1,3 nel periodo 2015-2016) ha comportato ancora un forte impatto in termini di incremento del debito derivante dall’effetto “valanga” (1,1% del PIL, rispetto all’1,7% nel periodo 2015-2016, cfr. tabella 2). D’altro canto, un avanzo primario sostanzialmente stabile all’1,5% del PIL ha contribuito nel 2017 a contenere la dinamica del debito, mentre l’aggiustamento stock/flussi ha procurato un lieve effetto di incremento del debito nel 2017 (0,2%), soprattutto a causa dell’impatto degli strumenti derivati e del sostegno al settore bancario 9 , in parte compensato dalla riduzione della riserva di liquidità, in assenza di proventi delle privatizzazioni 10 .

Secondo il programma di stabilità, nel 2018 il rapporto debito/PIL dovrebbe scendere al 130,8%, con un calo di 1 punto percentuale rispetto al livello del 2017. La dinamica positiva prevista è principalmente dovuta a un effetto “valanga” finalmente a decremento del debito (0,2% del PIL) 11 e a un leggero miglioramento dell’avanzo primario (all’1,9% del PIL) che ha più che compensato l’aggiustamento stock/flussi ad incremento del debito (1,1% del PIL). La Commissione prevede che nel 2018 il rapporto debito/PIL scenda al 130,7% del PIL, sostanzialmente in linea con il programma di stabilità. La differenza marginale è dovuta a un aggiustamento stock/flussi leggermente inferiore (0,9% del PIL rispetto all’1,1% nel programma di stabilità) connesso alla minore differenza di cassa, mentre l’accumulazione netta di attività finanziarie è inferiore nelle previsioni governative anche perché esse comprendono lo 0,3% del PIL dei proventi delle privatizzazioni che le previsioni della Commissione non includono, in considerazione dell’ulteriore incertezza connessa alla formazione di un nuovo governo e dei recenti risultati in materia di privatizzazioni al di sotto degli obiettivi.

Per il 2019 il programma di stabilità prevede un ulteriore significativo calo del rapporto debito/PIL al 128,0%, determinato principalmente da un forte aumento del saldo primario (al 2,7% del PIL) e da un effetto “valanga” a decremento del debito (-0,5% del PIL) riconducibile a una crescita del PIL nominale più alta rispetto al 2018, ma dovuto anche all’aumento dell’IVA e solo in parte controbilanciato da un aggiustamento stock/flussi ad incremento del debito (0,6% del PIL). Nel 2019 la Commissione prevede un calo più contenuto del rapporto debito/PIL, al 129,7%. La differenza è legata anche al mancato aumento dell’IVA e a una crescita del PIL reale inferiore, che comportano un avanzo primario più basso (1,7% del PIL). Inoltre, a causa della minore crescita del PIL nominale (2,5% rispetto al 3,2%), l’effetto “valanga” produce ancora un lieve effetto di incremento del debito (0,3%) secondo le previsioni della Commissione. Infine, la Commissione include soltanto metà dello 0,3% del PIL di proventi delle privatizzazioni previsto dal governo per il 2019. Tanto per le proiezioni sul debito della Commissione quanto per quelle del programma di stabilità, i rischi sono collegati a prospettive di crescita peggiori del previsto, a minori proventi delle privatizzazioni e a un tasso di inflazione più basso.

Come illustrato nel grafico 1, la graduale riduzione del costo reale implicito del servizio del debito (linea nera tratteggiata) e la ripresa della crescita del PIL reale (linea blu) già nel 2017 determinavano una consistente contrazione del loro differenziale (in giallo), il quale è persino leggermente negativo nel 2018, per la prima volta dall’inizio della crisi finanziaria mondiale. Di conseguenza, nel 2017 l’effetto “valanga” a incremento del debito è sceso all’1,1% del PIL, rispetto alla media pre-crisi dell’1,2% nel periodo 2000-2007. Pertanto la non conformità dell’Italia con il parametro per la riduzione del debito nel 2017 è ascrivibile solo in piccola parte all’effetto “valanga” e lo sarà ancor meno negli anni a venire.

Nel complesso, dall’analisi si desume a prima vista che il criterio del debito, sia ai sensi del trattato che del regolamento (CE) n. 1467/97, non è rispettato, stando sia al programma di stabilità 2018 che alle previsioni della Commissione, se non si considerano tutti i fattori significativi illustrati di seguito.

Tabella 2 - Dinamica del debitoa

Grafico 1 - Cause dell’effetto “valanga” sul debito pubblico

4.Fattori significativi

A norma dell’articolo 126, paragrafo 3, TFUE, la relazione della Commissione “tiene conto anche dell’eventuale differenza tra il disavanzo pubblico e la spesa pubblica per gli investimenti e tiene conto di tutti gli altri fattori significativi, compresa la posizione economica e di bilancio a medio termine dello Stato membro”. Questi fattori sono ulteriormente specificati all’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio, a norma del quale vanno tenuti nella debita considerazione anche “tutti gli altri fattori che, secondo lo Stato membro interessato, sono significativi per valutare complessivamente l’osservanza dei criteri relativi al disavanzo e al debito e che tale Stato membro ha sottoposto al Consiglio e alla Commissione”.

In caso di palese violazione del criterio del debito, l’analisi dei fattori significativi è particolarmente giustificata, perché la dinamica del debito è influenzata da fattori che sfuggono al controllo del governo in misura maggiore rispetto al disavanzo. Questo è riconosciuto dall’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1467/97, a norma del quale nel valutare la conformità con il criterio del debito occorre tener conto di tutti i fattori significativi, a prescindere dalla gravità della violazione. A tale riguardo, nel valutare la conformità con il criterio del debito occorre tener conto (come in passato) 12 almeno dei tre aspetti principali seguenti, visto il loro impatto sulla dinamica e sulla sostenibilità del debito:

1.aderenza all’obiettivo a medio termine o al percorso di aggiustamento verso tale obiettivo che, in circostanze macroeconomiche normali, dovrebbe garantire la sostenibilità o rapidi progressi verso di essa. Poiché, per definizione, l’obiettivo a medio termine specifico per paese tiene conto del livello del debito e delle passività implicite, la conformità con l’obiettivo a medio termine o con il percorso di aggiustamento verso tale obiettivo dovrebbe garantire, perlomeno a medio termine, la convergenza dei rapporti debito/PIL verso livelli prudenti;

2.riforme strutturali, già attuate o descritte dettagliatamente in un piano specifico, che dovrebbero aumentare la sostenibilità a medio termine grazie ai loro effetti sulla crescita, contribuendo a portare il rapporto debito/PIL su un percorso decrescente soddisfacente. Nel complesso, in circostanze economiche normali l’aderenza all’obiettivo a medio termine (o al percorso di aggiustamento verso tale obiettivo), associata all’attuazione delle riforme strutturali (nell’ambito del semestre europeo), dovrebbe portare la dinamica del debito su un percorso sostenibile, attraverso l’effetto combinato sul livello del debito stesso (mediante il raggiungimento di una posizione di bilancio solida all’obiettivo a medio termine) e sulla crescita economica (per mezzo delle riforme);

3.condizioni macroeconomiche sfavorevoli e, in particolare, la bassa inflazione, che possono ostacolare la riduzione del rapporto debito/PIL e rendere particolarmente difficile l’osservanza delle disposizioni del patto di stabilità e crescita. Un contesto di bassa inflazione impone agli Stati membri sforzi più impegnativi per conformarsi al parametro per la riduzione del debito. In queste condizioni, l’aderenza all’obiettivo a medio termine o al percorso di aggiustamento verso tale obiettivo è un fattore significativo importante di cui occorre tener conto nel valutare la conformità con il criterio del debito.

Basandosi su tali disposizioni, le sottosezioni seguenti esaminano: 1) la posizione economica a medio termine, compreso lo stadio di attuazione delle riforme strutturali; 2) la posizione di bilancio a medio termine, compresa la valutazione della conformità con il necessario aggiustamento verso l’obiettivo a medio termine e degli investimenti pubblici; 3) l’evoluzione a medio termine del debito pubblico, compresa la sua sostenibilità; 4) altri fattori considerati significativi dalla Commissione; 5) altri fattori addotti dallo Stato membro.

4.1.Posizione economica a medio termine

Le condizioni macroeconomiche stanno migliorando e non possono più essere considerate come una circostanza attenuante per spiegare l’ampio scostamento dell’Italia rispetto alla conformità con il parametro per la riduzione del debito nella sua configurazione prospettica. D’altro canto, la modesta crescita della produttività limita ancora la crescita potenziale dell’Italia e ostacola una più rapida riduzione del rapporto debito/PIL. L’Italia ha compiuto alcuni progressi nel dar seguito alle raccomandazioni specifiche per paese del 2017, ma l’effetto positivo di queste riforme sulla crescita dipenderà dalla loro efficace attuazione a medio termine, mentre nel breve periodo è ancora difficile distinguere questo effetto dalla ripresa ciclica in corso.

Condizioni congiunturali, crescita potenziale e inflazione

Nel 2017 la crescita del PIL reale dell’Italia ha raggiunto l’1,5%. Sia il programma di stabilità 2018 che le previsioni della Commissione prospettano lo stesso livello di crescita del PIL reale nel 2018, seguito da un indebolimento nel 2019. Si stima che la crescita potenziale sia finalmente divenuta positiva nel 2017, attestandosi allo 0,3% (in crescita rispetto a -0,2% nel 2016) e che continui a salire nel periodo 2018-2019, pur restando a un livello molto basso. Di conseguenza, la Commissione stima che il divario negativo tra prodotto effettivo e potenziale dell’Italia si sia ridotto rapidamente, passando da -3,4% del PIL potenziale nel 2015 a -0,1% nel 2018, per riprendere una traiettoria positiva nel 2019 (allo 0,5%).

Nonostante i progressi compiuti in importanti ambiti di riforma (ad esempio, la riforma del mercato del lavoro e della pubblica amministrazione pubblica, la lotta contro l’evasione fiscale, il risanamento dei bilanci delle banche), il retaggio della crisi e le rimanenti debolezze strutturali continuano a pesare sulla crescita potenziale dell’Italia 13 . Il PIL del paese è ancora al di sotto del livello pre-crisi e non è cresciuto rispetto a 15 anni fa, mentre la crescita annua ha raggiunto una media dell’1,2% nel resto della zona euro. Ciò è anche spiegato da fattori strutturali che ostacolano un’allocazione efficiente delle risorse e costituiscono un freno alla produttività. La quota ancora consistente della spesa pubblica complessiva del paese destinata alle pensioni di vecchiaia e al servizio del debito comprime gli elementi della spesa a favore della crescita, come l’istruzione e le infrastrutture. L’elevato carico fiscale sui fattori di produzione e un adempimento degli obblighi tributari ancora scarso continuano a frenare la crescita economica. L’occupazione è in aumento, anche grazie alle riforme del mercato del lavoro e agli incentivi all’assunzione, ma è in gran parte determinata da contratti a tempo determinato ed è ancora caratterizzata da elevati livelli di disoccupazione di lunga durata e giovanile che gravano sulle future prospettive di crescita economica. Il contesto in cui operano le imprese continua a frenare l’imprenditorialità, anche a causa di carenze nella pubblica amministrazione e di procedimenti di giustizia civile e penale molto lunghi. Gli investimenti, in particolare in attività immateriali, sono ancora modesti. In tale contesto, la ripresa in corso in Italia offre un’importante opportunità per portare avanti il processo di riforma al fine di migliorare le prospettive di crescita a medio termine e rafforzare la sostenibilità delle finanze pubbliche del paese.

Dopo essere rimasta molto modesta nel 2015 e nel 2016 (rispettivamente pari a 0,1% e 0,1%), principalmente a causa della debolezza della domanda aggregata, delle scarse spinte al rialzo dei salari e della riduzione dei prezzi dell’energia, l’inflazione generale misurata dall’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) è aumentata all’1,3% nel 2017, soprattutto trainata dall’aumento dei prezzi dell’energia. Si prevede tuttavia che essa scenda lievemente all’1,2% nel 2018, in gran parte a causa di effetti base negativi ascrivibili ai prodotti alimentari non trasformati, per poi risalire nuovamente all’1,4% nel 2019, sulla scia dell’aumento costante dei prezzi dei prodotti e dei servizi industriali non energetici. L’inflazione di fondo è anch’essa destinata a crescere gradualmente nel periodo di riferimento, in linea con una crescita salariale moderata, per raggiungere l’1,4% nel 2019.

Fino a poco tempo fa il basso livello di inflazione, che implica entrate fiscali più basse del solito, ha reso più difficile in Italia tagliare la spesa pubblica in percentuale del PIL mediante un congelamento dei salari e delle pensioni in termini nominali. Inoltre, le condizioni macroeconomiche sfavorevoli, tra cui condizioni di finanziamento restrittive, hanno portato a moltiplicatori fiscali più elevati della media, che la politica monetaria, condizionata dal limite inferiore dello zero, ha ulteriormente amplificato 14 . Nel complesso, per l’Italia la possibilità di effettuare ampi aggiustamenti di bilancio e abbassare il rapporto debito/PIL è stata finora ostacolata in qualche misura dalle condizioni macroeconomiche e dal rischio che politiche di bilancio eccessivamente restrittive avrebbero potuto essere controproducenti, con il rapporto debito/PIL e il saldo primario che hanno risentito negativamente dell’andamento contenuto dei prezzi. Mentre aggiustamenti di bilancio troppo ampi potrebbero ancora avere un impatto significativo sulla crescita, la recente accelerazione della crescita del PIL sia in termini reali che nominali a partire dal 2017 indica che le condizioni macroeconomiche stanno migliorando e non possono più essere considerate come una circostanza attenuante per spiegare l’ampio scostamento dell’Italia rispetto alla conformità con il parametro per la riduzione del debito nella sua configurazione prospettica. In effetti, sia la Commissione che il programma di stabilità prevedono una crescita nominale vicina al 3% nel 2018, e il programma di stabilità prospetta un valore al di sopra del 3% nel periodo 2019-2020.

Tabella 3 - Andamento macroeconomico e di bilancioa

Riforme strutturali

Tenuto conto delle discussioni in corso per formare un nuovo governo dopo le elezioni politiche del 4 marzo, ad aprile 2018 il governo in carica per gli affari correnti ha adottato un programma nazionale di riforma 15 che non propone nuove iniziative legislative ma prende in considerazione le riforme già adottate che riguardano diversi ambiti, quali la pubblica amministrazione e il sistema giudiziario, la concorrenza, il mercato del lavoro, l’istruzione e la competitività. L’impatto di queste riforme è stimato al 2,9% del PIL nell’arco di 5 anni e al 4,7% nell’arco di 10 anni rispetto allo scenario di riferimento. L’impatto a lungo termine è stimato persino al 10% del PIL.

Nella relazione per paese 2018 la Commissione ha ritenuto che l’Italia abbia compiuto alcuni progressi nell’attuare le raccomandazioni specifiche del 2017, ma anche che il ritmo delle riforme è rallentato e che permangono sfide significative in diversi ambiti di riforma. Più in particolare, l’Italia ha compiuto progressi significativi nell’adozione di misure volte ad accrescere l’adempimento degli obblighi tributari e ridurre la corruzione. Si osservano alcuni progressi nell’ambito della riforma della pubblica amministrazione, delle restrizioni alla concorrenza, del risanamento del sistema bancario e della razionalizzazione della spesa sociale. Il paese ha compiuto solo progressi limitati per quanto riguarda il trasferimento del carico fiscale, la riduzione della durata del processo civile e la riforma della disciplina dell’insolvenza. Permangono lacune anche nella riforma della contrattazione collettiva, nelle politiche attive del mercato del lavoro e nel miglioramento dell’accesso al lavoro per i secondi percettori di reddito. Gli squilibri macroeconomici dell’Italia, principalmente collegati all’elevatissimo debito pubblico e alla crescita lenta della produttività, non sono più in peggioramento, ma rimangono importanti 16 . La Commissione conclude pertanto che l’Italia continua a presentare squilibri macroeconomici eccessivi 17 .

Più specificamente, nel settore delle finanze pubbliche il governo ha adottato una riforma globale del processo di bilancio che è stata attuata per la prima volta con il bilancio 2018. Esso ha inoltre introdotto importanti misure di lotta all’evasione fiscale, come l’obbligo di fatturazione elettronica. Tuttavia, i progressi nel trasferire il carico fiscale dai fattori produttivi ai consumi e ai patrimoni e nell’incentivare l’obbligatorietà dei pagamenti elettronici sono stati limitati, gli obiettivi di privatizzazione del passato non sono stati raggiunti e le disposizioni contenute nei bilanci 2017 e 2018 hanno segnato una parziale inversione di tendenza rispetto alle passate riforme pensionistiche, aggravando l’attuale sbilanciamento della spesa pubblica verso le pensioni di vecchiaia.

Per quanto riguarda il contesto in cui operano le imprese, l’Italia si è adoperata nel 2017 per riformare la pubblica amministrazione, il sistema giudiziario e il quadro anticorruzione, e ha infine adottato la legge annuale sulla concorrenza 2015. Tuttavia, l’efficienza della pubblica amministrazione rimane inferiore a quella di altri paesi comparabili. La gestione e la razionalizzazione delle imprese pubbliche continuano a porre delle difficoltà. Inoltre, la durata dei procedimenti civili resta eccessiva, soprattutto nei gradi di giudizio più elevati, anche a causa della mancanza di un’adeguata applicazione delle norme procedurali contro l’abuso del contenzioso nell’ambito di un ampio accesso agli avvocati. Benché la revisione della prescrizione abbia rafforzato il quadro anticorruzione del paese, persistono inefficienze nel funzionamento della giustizia penale e le difficoltà di attuazione ostacolano la prevenzione e la repressione della corruzione. Infine, permangono ostacoli rilevanti alla concorrenza e alcuni settori, tra cui quello dei servizi professionali e dei servizi pubblici locali, risentono ancora di un’eccessiva regolamentazione.

Per quanto riguarda il settore bancario, gli sforzi volti a risolvere i gravi problemi del settore e a far fronte alla massiccia quantità di crediti deteriorati stanno dando i loro frutti. In particolare, lo stock totale lordo di crediti deteriorati è sceso dal suo livello massimo di 360 miliardi di EUR (ossia il 18,2% del totale dei crediti verso la clientela) nel 2015 a 285 miliardi di EUR (ossia il 14,5% del totale dei crediti verso la clientela) alla fine del quarto trimestre del 2017. Malgrado questo netto calo, lo stock di crediti deteriorati resta elevato rispetto a paesi comparabili dell’UE. Deve ancora essere completata la riforma della disciplina dell’insolvenza. Quanto al mercato del lavoro, la contrattazione salariale “di secondo livello” è poco diffusa e si registrano ritardi nell’attuazione della riforma delle politiche attive del mercato del lavoro. Inoltre, le misure previste per promuovere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro sembrano insufficienti. È positivo tuttavia che sia stato istituito un piano generale per la lotta alla povertà, che è un importante passo avanti, anche se l’Italia presenta ancora un elevato rischio di povertà ed esclusione sociale.

4.2.Posizione di bilancio a medio termine

La valutazione ex post della conformità dell’Italia con il braccio preventivo indica una certa deviazione dal percorso di aggiustamento verso l’obiettivo a medio termine sia nel 2016 che nel 2017, una volta considerata la tolleranza concessa a norma delle clausole di flessibilità e/o per eventi inconsueti. Invece, per quanto riguarda il 2018, si prevede che l’aggiustamento di bilancio non sia adeguato alla luce delle sfide in materia di sostenibilità cui l’Italia deve far fronte. La valutazione tiene conto della legge di bilancio 2018 e presuppone politiche invariate per il futuro.

Saldo nominale, saldo strutturale e aggiustamento verso l’obiettivo a medio termine

Per quanto riguarda il 2016, nel maggio 2017 18 la Commissione ha concluso che il percorso di aggiustamento del paese verso l’obiettivo a medio termine fosse sostanzialmente conforme ai requisiti del braccio preventivo del patto di stabilità e crescita. In effetti, secondo le previsioni di primavera 2017 della Commissione il peggioramento del saldo strutturale pari allo 0,7% del PIL indica una certa deviazione dal necessario aggiustamento dello 0,5% del PIL verso l’obiettivo a medio termine nel 2016, una volta considerate le seguenti tolleranze: i) 0,5% del PIL ai sensi della clausola sulle riforme strutturali; ii) 0,21% del PIL ai sensi della clausola sugli investimenti; iii) 0,06% del PIL per le spese aggiuntive dovute all’afflusso eccezionale di rifugiati; iv) 0,06% del PIL per le spese connesse alla sicurezza in relazione alla minaccia terroristica. Tuttavia, parte delle tolleranze di cui sopra, vale a dire lo 0,1% del PIL ai sensi della clausola sulle riforme strutturali e lo 0,25% del PIL ai sensi della clausola sugli investimenti, è stata concessa a luglio 2016 a determinate condizioni, tra le quali figura l’esistenza di piani credibili per la ripresa del percorso di aggiustamento verso l’obiettivo a medio termine a partire dal 2017.

Per quanto riguarda il 2017, è stato raccomandato all’Italia di realizzare un aggiustamento strutturale pari o superiore allo 0,6% del PIL in modo da compiere progressi sufficienti verso l’obiettivo a medio termine. Il programma di stabilità 2018 conferma tuttavia che l’incidenza sul consuntivo dell’afflusso eccezionale di rifugiati e del piano di investimenti a fini di prevenzione per la tutela del territorio nazionale contro i rischi sismici è stata significativa nel 2017, pari allo 0,35% circa del PIL, soltanto lievemente al di sopra della stima ex ante. Su tale base, la Commissione ritiene di poter confermare la tolleranza concessa in via preliminare ai sensi della clausola sugli eventi inconsueti 19 . Pertanto, al fine di tenere conto di questi costi, l’aggiustamento verso l’obiettivo di bilancio a medio termine richiesto per il 2017 è stato ridotto.

Stando alle previsioni di primavera 2018 della Commissione, il saldo strutturale dell’Italia dovrebbe registrare un deterioramento dello 0,3% del PIL nel 2017 20 , attestandosi a -1,7% del PIL. Questa nuova stima del deterioramento strutturale va raffrontata con la stima dello 0,4% del PIL basata sulle previsioni d’autunno 2017 della Commissione. La ragione principale della differenza è che gli aumenti salariali già concordati per il 2017 in settori specifici avranno un impatto di bilancio solo a partire dal 2018, mentre altre spese inferiori alle previsioni sono state compensate da minori entrate (cfr. anche riquadro 1).

Stando alle previsioni di primavera 2018 della Commissione, il parametro di riferimento della spesa indica una certa deviazione sia su un anno (scostamento dello 0,3% del PIL) che sul 2016 e sul 2017 considerati congiuntamente (scostamento dello 0,1% del PIL all’anno, in media) dato che il tasso di crescita della spesa pubblica al netto delle misure di entrata discrezionali e delle misure una tantum ha superato il tasso di riferimento applicabile per la spesa (-0,6% in termini reali) nel 2017. Il pilastro del saldo strutturale indica una certa deviazione su un anno (scostamento dello 0,5% del PIL) e una deviazione significativa sul 2016 e sul 2017 considerati congiuntamente (scostamento dello 0,4% del PIL all’anno, in media). Sia nel 2016 che nel 2017 il saldo strutturale risente dell’impatto negativo della significativa diminuzione delle entrate e di un deflatore del PIL più basso di quello alla base del parametro di riferimento per la spesa, che sono solo parzialmente compensati dal calo della spesa per interessi. Tenendo conto dei fattori di cui sopra, la valutazione globale indica una certa deviazione nel 2017.

Riquadro 1 - Miglioramento del parametro di riferimento per la spesa dell’Italia nel 2017

Le previsioni d’autunno 2017 della Commissione prevedevano un deterioramento del saldo strutturale dell’Italia pari allo 0,4% del PIL nel 2017. Su tale base, il parametro di riferimento per la spesa indicava il rischio di una deviazione significativa sia su un anno (scostamento dello 0,9% del PIL) che sul 2016 e sul 2017 considerati congiuntamente (scostamento dello 0,4% del PIL all’anno, in media). La stessa conclusione poteva essere tratta sulla base del pilastro del saldo strutturale, sia su un anno (scostamento dell’1,0% del PIL) che sul 2016 e sul 2017 considerati congiuntamente (scostamento dello 0,7% del PIL all’anno, in media).

Stando ai dati sui risultati di bilancio per il 2017 e alle previsioni di primavera 2018 della Commissione, si prevede un deterioramento del saldo strutturale dell’Italia pari allo 0,3% del PIL nel 2017. Come indicato, dopo aver tenuto conto ex post della tolleranza dello 0,35% del PIL per eventi inconsueti, il parametro di riferimento per la spesa indica ora una certa deviazione sia nel 2017 (scostamento dello 0,3% del PIL) che nel 2016 e nel 2017 considerati congiuntamente (scostamento dello 0,1% del PIL all’anno, in media).

Il motivo principale di tale miglioramento rispetto alle previsioni d’autunno 2017 della Commissione è che nel 2017 l’aumento della spesa pubblica al netto delle misure discrezionali in materia di entrate e delle misure una tantum è stato inferiore alle previsioni formulate in autunno per circa 1,7 miliardi di EUR (pari allo 0,1% del PIL), principalmente a causa delle minori retribuzioni dei dipendenti, in quanto gli aumenti salariali in settori specifici già approvati per il 2017 avranno un impatto di bilancio solo a partire dal 2018.

Più precisamente, da una parte l’aumento della spesa (primaria) aggregata corretta è risultato inferiore dello 0,05% circa del PIL, principalmente a causa delle minori retribuzioni dei dipendenti rispetto alle previsioni e degli incentivi alla produzione di energia verde. Questo rallentamento della spesa strutturale è stato in parte compensato da un’accelerazione delle spese una tantum (circa lo 0,5% del PIL), in larga parte dovuta all’incidenza sul bilancio delle operazioni di salvataggio delle banche. Dall’altra parte, la variazione del volume complessivo delle misure discrezionali in materia di entrate al netto delle misure una tantum è peggiorata dello 0,45% circa del PIL, in gran parte a causa di minori entrate fiscali dovute agli incentivi fotovoltaici e di una quota maggiore di entrate una tantum di natura discrezionale.

Per quanto riguarda il 2018, all’Italia è stato raccomandato di assicurare nel 2018 un tasso nominale di riduzione della spesa pubblica primaria netta almeno dello 0,2%, equivalente ad un aggiustamento strutturale annuo almeno dello 0,6% del PIL. Tuttavia, nella comunicazione del maggio 2017 sul semestre europeo 2017 21 la Commissione ha dichiarato che sarebbe pronta a far uso dei margini di valutazione di cui dispone nei casi in cui l’impatto sulla crescita e l’occupazione di un ampio aggiustamento di bilancio fosse particolarmente significativo. Nel complesso, per conciliare le attuali esigenze di stabilizzazione dell’Italia e le sfide esistenti in materia di sostenibilità, la Commissione ritiene che nel 2018 sarebbe adeguato uno sforzo strutturale di bilancio pari almeno allo 0,3% del PIL, senza margini aggiuntivi di deviazione su un anno. Questo valore corrisponde a un tasso nominale di crescita della spesa pubblica primaria netta non superiore allo 0,5%.

Secondo le previsioni di primavera 2018 della Commissione il saldo strutturale dell’Italia dovrebbe rimanere stabile a -1,7% del PIL, mentre nel programma di stabilità 2018 il governo ha previsto un modesto sforzo strutturale 22 dello 0,1% del PIL. Sulla base delle previsioni di primavera 2018 della Commissione e tenendo conto dell’aggiustamento richiesto per il 2018, il parametro di riferimento per la spesa indica un aggiustamento di bilancio insufficiente (scostamento dello 0,7% del PIL) nel 2018. Si può giungere alla medesima conclusione sulla base del pilastro del saldo strutturale (scostamento dello 0,3% del PIL). Il saldo strutturale risente dell’impatto negativo delle minori entrate (0,1% del PIL), che sono compensate dall’impatto positivo della diminuzione della spesa per interessi (0,2% del PIL) e da un deflatore del PIL e una stima puntuale della crescita del PIL leggermente più alti rispetto a quelli su cui si basa il parametro di riferimento per la spesa (0,3% del PIL). Nel complesso, stando alle previsioni di primavera 2018 della Commissione, l’aggiustamento di bilancio dell’Italia non può essere considerato adeguato alla luce delle sfide in materia di sostenibilità cui l’Italia è confrontata.

Per il 2019 all’Italia è raccomandato di assicurare che il tasso di crescita nominale della spesa pubblica primaria netta non superi lo 0,1%, corrispondente a un aggiustamento strutturale annuo dello 0,6% del PIL. Stando alle previsioni di primavera 2018 della Commissione, il saldo strutturale dell’Italia dovrebbe registrare un deterioramento dello 0,3% del PIL nel 2019, attestandosi a -2,0% del PIL, nell’ipotesi di politiche invariate. Il parametro di riferimento della spesa indica un rischio di deviazione significativa sia su un anno (scostamento dell’1% del PIL) che nel 2018 e nel 2019 considerati congiuntamente (scostamento dello 0,8% del PIL all’anno, in media), dato che il tasso di crescita della spesa pubblica al netto delle misure di entrata discrezionali e delle misure una tantum supererà il tasso di riferimento applicabile per la spesa (0,1% in termini nominali) nel 2019. La stessa conclusione può essere tratta sulla base del pilastro del saldo strutturale, che indica un rischio di deviazione significativa sia su un anno (scostamento dello 0,9% del PIL) che nel 2018 e nel 2019 considerati congiuntamente (scostamento dello 0,6% del PIL all’anno, in media). Il saldo strutturale è influenzato positivamente da una stima puntuale di crescita del PIL potenziale leggermente più elevata rispetto alla media a medio termine su cui si basa il parametro di riferimento per la spesa (0,2% del PIL). Tenendo conto dei fattori di cui sopra, la valutazione globale indica una certa deviazione per il 2019.

Le previsioni della Commissione per il periodo 2018-2019 si basano sull’ipotesi di politiche invariate successivamente al bilancio 2018, dato che è in corso la formazione di un nuovo governo a seguito alle elezioni politiche del 4 marzo e che il governo in carica per gli affari correnti ha adottato il 26 aprile un programma di stabilità che contiene solo un quadro tendenziale a legislazione vigente.

Investimenti pubblici

Per quanto riguarda gli investimenti pubblici, in Italia la formazione lorda di capitale fisso dello Stato è stata in media pari al 3% circa del PIL nel periodo 1999-2010 ma, a causa della necessità di rispondere rapidamente alla crisi del debito sovrano, gli investimenti pubblici hanno registrato una considerevole flessione, scendendo al 2,4% circa del PIL, in media, nel periodo 2011-2016. Nel 2017 il rapporto investimenti pubblici/PIL ha raggiunto un nuovo minimo, attestandosi al 2% del PIL (-5,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, in termini nominali). La Commissione prevede che tale rapporto resti all’incirca costante al 2% del PIL nel periodo 2018-2019, in quanto la ripresa degli investimenti procede sostanzialmente in linea con la crescita del PIL nominale. In sintesi, visto che sono fortemente diminuiti negli anni, gli investimenti pubblici non sembrano essere un fattore attenuante per giustificare la non conformità dell’Italia al parametro per la riduzione del debito.

4.3.Posizione del debito pubblico a medio termine

L’elevato debito pubblico italiano è una notevole fonte di vulnerabilità per l’economia. Le misure di recente adozione, insieme alle tendenze demografiche avverse, rischiano di invertire la tendenza positiva innescata dalle passate riforme delle pensioni e di indebolire la sostenibilità di bilancio a lungo termine, ancor più se i tassi di interesse reali crescessero più di quanto attualmente previsto.

Dopo aver raggiunto il 131,8% nel 2017, il rapporto debito/PIL dell’Italia è destinato a diminuire al 130,7% nel 2018 e al 129,7% nel 2019 secondo le previsioni di primavera 2018 della Commissione. Ciò è dovuto anche a una più forte crescita del PIL nominale nel corso del periodo oggetto della previsione. Tuttavia, il limitato incremento dell’avanzo primario, una dinamica dell’inflazione ancora modesta e proventi delle privatizzazioni sistematicamente inferiori agli obiettivi continuano a ostacolare il ritmo di riduzione del debito.

Secondo l’indicatore di rischio S0 della sostenibilità di bilancio a breve termine della Commissione, l’Italia non sembra confrontata a sfide di sostenibilità a breve termine, sebbene vi siano vulnerabilità a livello di bilancio 23 . Benché l’Italia sia esposta a improvvisi aumenti dell’avversione al rischio sui mercati finanziari a causa del fabbisogno di rinnovo collegato al suo debito pubblico - un fabbisogno che, seppur in miglioramento, rimane elevato (circa 20% del PIL nel 2017) - i rischi provenienti dal contesto macrofinanziario restano di fatto limitati, anche grazie alla politica monetaria accomodante della BCE.

A medio termine l’Italia dovrà confrontarsi con sfide importanti in materia di sostenibilità. Le proiezioni indicano che, nell’ipotesi di politiche invariate, nel 2019 l’avanzo primario strutturale scenderà ulteriormente all’1,5% del PIL, dal 3,5% del 2015. Ciò potrebbe innalzare i rischi per la sostenibilità a medio termine, in quanto una posizione di bilancio debole potrebbe aumentare i premi di rischio. Questa situazione è rilevata dall’indicatore di rischio S1 della sostenibilità di bilancio a medio termine della Commissione europea, che segnala un “alto rischio”, in ragione del fatto che per conseguire un rapporto debito/PIL del 60% entro il 2032 l’Italia dovrebbe di fatto compiere un imponente sforzo di bilancio cumulativo pari al 7,5% del PIL nel periodo 2020-2024.

L’indicatore di rischio S2 della sostenibilità di bilancio a lungo termine segnala ancora un “rischio basso”, in quanto sarebbe necessario un aumento permanente dell’avanzo primario strutturale di circa 1,8 punti percentuali di PIL per mantenere stabile a lungo termine il rapporto debito pubblico/PIL, se si tiene conto anche del costo dell’invecchiamento. Tuttavia, la sostenibilità a lungo termine garantita dalle passate riforme pensionistiche mediante il contenimento delle passività implicite derivanti dall’invecchiamento della popolazione si sta lentamente deteriorando. Ciò è dovuto al peggioramento delle tendenze demografiche previsto da Eurostat e al fatto che i bilanci 2017 e 2018 contenevano misure che hanno segnato una parziale inversione di tendenza rispetto alle passate riforme delle pensioni e hanno lievemente aumentato la spesa pensionistica a medio termine. Quest’ultima, pari al 15% circa del PIL potenziale nel 2016, è già una delle più elevate dell’UE/OCSE. Nel complesso, l’ulteriore marcia indietro rispetto all’attuazione delle passate riforme dell’assistenza sanitaria e delle pensioni, in particolare l’adeguamento dell’età pensionabile, potrebbe aggravare ulteriormente i rischi per la sostenibilità a lungo termine dell’Italia.

I proventi delle privatizzazioni hanno disatteso l’obiettivo dello 0,5% del PIL previsto dal governo sia nel 2016 che nel 2017, quando si sono attestati, rispettivamente, allo 0,05% e allo 0,01% del PIL. Per il futuro il programma di stabilità prevede ancora proventi da privatizzazioni pari allo 0,3% del PIL all’anno nel periodo 2018-2020. Per quanto riguarda il 2018, la Commissione non include ex ante i proventi delle privatizzazioni, alla luce dell’ulteriore incertezza connessa alla formazione di un nuovo governo e dei risultati in materia di privatizzazioni ottenuti finora. Per quanto riguarda il 2019, a scopo prudenziale nelle previsioni è inclusa solo la metà dei proventi attesi.

In tale contesto, un ulteriore aggiustamento di bilancio e il proseguimento degli sforzi di riforma per stimolare la crescita potenziale nel medio-lungo periodo rimangono di fondamentale importanza per seguire in futuro un percorso soddisfacente di riduzione del debito.

4.4.Altri fattori considerati significativi dalla Commissione

Tra gli altri fattori ritenuti significativi dalla Commissione è prestata particolare attenzione ai contributi finanziari a sostegno della solidarietà internazionale e della realizzazione degli obiettivi delle politiche dell’Unione, al debito contratto sotto forma di sostegno bilaterale e multilaterale tra gli Stati membri nell’ambito della salvaguardia della stabilità finanziaria e al debito relativo alle operazioni di stabilizzazione finanziaria durante gravi perturbazioni finanziarie (articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1467/97). Per quanto riguarda il sostegno pubblico al settore finanziario durante la crisi finanziaria, le passività potenziali a sostegno della liquidità degli enti finanziari ammontavano all’1,5% circa del PIL alla fine del 2017 (su un totale di passività potenziali pari al 3,7% del PIL), in crescita rispetto allo 0,5% del PIL di fine 2016.

Il sostegno agli enti finanziari che ha un impatto sul debito pubblico ammontava quasi all’1% del PIL nel 2017 (in crescita rispetto allo 0,2% di fine 2016) ed era principalmente connesso alla liquidazione di due banche regionali italiane (Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca) e alla ricapitalizzazione precauzionale di Banca Monte dei Paschi di Siena, con un impatto sul disavanzo prossimo allo 0,4% del PIL. Un ulteriore rischio per le finanze pubbliche è connesso all’effetto (una tantum) che il sostegno agli enti finanziari può avere anche sul disavanzo per il 2018, così come all’effetto dell’ampio stock di debiti commerciali pregressi della pubblica amministrazione.

A norma dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 473/2013, la presente relazione esamina anche “la misura in cui lo Stato membro in questione ha tenuto conto del parere della Commissione” nel suo documento programmatico di bilancio di cui all’articolo 7, paragrafo 1, del medesimo regolamento. In entrambi i pareri sui documenti programmatici di bilancio 2017 24 e 2018 25 dell’Italia, la Commissione ha evidenziato un rischio di non conformità con le disposizioni del patto di stabilità e crescita e ha invitato le autorità ad adottare le misure necessarie nell’ambito del processo di bilancio nazionale per garantire la conformità. Tuttavia, nonostante il rischio segnalato di non conformità con il patto di stabilità e crescita, sia il bilancio 2017 che il bilancio 2018 sono stati adottati senza modifiche sostanziali rispetto ai documenti programmatici di bilancio.

4.5.Altri fattori addotti dallo Stato membro

Il 14 maggio 2018 le autorità italiane hanno trasmesso documenti relativi ai fattori significativi a norma dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1467/97 26 . L’analisi presentata in altre sezioni della presente relazione comprende già la maggior parte dei fattori addotti dalle autorità italiane.

Il primo fattore significativo esaminato nella relazione è la disciplina di bilancio dimostrata dall’Italia, che trova riscontro negli avanzi primari consistenti e nella moderazione della dinamica della spesa primaria corrente in termini nominali degli ultimi anni. Il secondo fattore significativo evidenziato dalle autorità è che, se si tiene conto dell’ampia flessibilità concessa dalla Commissione per il periodo 2015-2017, nel 2017 l’Italia ha rispettato il percorso di aggiustamento verso l’obiettivo a medio termine, in particolare sulla base del paramento di riferimento per la spesa.

Il terzo fattore significativo sottolineato dalle autorità è il persistere di pressioni deflazionistiche, che ostacola gli sforzi dell’Italia intesi a ridurre il rapporto debito pubblico/PIL e riconquistare competitività sotto il profilo dei prezzi e dei salari in un contesto di crescita salariale fiacca in Europa e in altre economie avanzate.

Il quarto fattore significativo è la sottovalutazione del ristagno dell’economia italiana, anche dopo la revisione della “metodologia concordata”, finalizzata a misurare il divario tra prodotto effettivo e potenziale tenendo conto di alcune modifiche tecniche proposte dalla delegazione italiana del gruppo di lavoro sull’output gap. Mentre la nuova stima indica un ampliamento del divario tra prodotto effettivo e potenziale dell’Italia per il 2017 a 1,2% del PIL potenziale (da -0,6%, secondo le previsioni d’autunno 2017 della Commissione), le stime rivedute della Commissione continuano a indicare che l’attività economica del paese dovrebbe raggiungere il suo potenziale nel 2018. Secondo le autorità queste stime non sono in linea con l’intuizione economica, alla luce della forte perdita di produzione dell’Italia rispetto al 2008, del tasso di disoccupazione - ancora elevato - all’11% e della sostanziale stabilità dei salari e dei prezzi. La relazione presenta pertanto stime alternative che, stando alle previsioni del governo, indicano nel 2018 un divario tra prodotto effettivo e potenziale ancora prossimo a 3% del PIL potenziale, considerando il quale l’Italia avrebbe raggiunto il suo obiettivo a medio termine negli ultimi anni e avrebbe soddisfatto il parametro per la riduzione del debito nella sua configurazione “corretta per il ciclo” e nell’ipotesi aggiuntiva di un tasso di inflazione “normale” (basato sul deflatore del PIL) del 2%.

Tra gli altri fattori significativi presentati dalle autorità in relazione al debito pubblico italiano figurano: la sostenibilità del debito, in quanto il paese presenta ancora un basso rischio di sostenibilità a lungo termine, nonostante il peggioramento delle previsioni demografiche; l’accessibilità del servizio del debito, alla luce della tendenza al ribasso della spesa per interessi; il livello estremamente basso delle passività potenziali e del debito del settore privato.

La relazione sottolinea inoltre lo sforzo di riforma strutturale profuso dall’Italia nel 2017, soprattutto in materia di risanamento e ristrutturazione del sistema bancario, miglioramento della riscossione delle imposte e potenziamento della concorrenza nei servizi. Le autorità italiane stimano l’effetto positivo sulla crescita del PIL reale generato dalle riforme strutturali intraprese nel periodo 2014-2017 pari a 2,2 punti percentuali del PIL entro il 2020, a 3,4 punti percentuali entro il 2025 e a 8,2 punti percentuali nel lungo periodo.

5.    Conclusioni

Il debito lordo delle amministrazioni pubbliche in Italia ha raggiunto il 131,8% del PIL nel 2017, ben al di sopra del valore di riferimento del 60% del PIL, e l’Italia non ha rispettato il parametro per la riduzione del debito né nel 2016 né nel 2017. Inoltre, secondo le previsioni della Commissione l’Italia non rispetterà il parametro per la riduzione del debito nel periodo 2018-2019 e lo scostamento resterà ampio anche a causa del significativo deterioramento del saldo strutturale, che passerebbe da -0,6% del PIL potenziale nel 2015 a -2,0% nel 2019, nell’ipotesi di politiche invariate. Ciò suggerisce a prima vista che, se non si considerano tutti i fattori significativi, il criterio del debito stabilito dal trattato non sembra soddisfatto. In conformità al trattato, la presente relazione prende in esame anche i fattori significativi.

Le condizioni macroeconomiche sono migliorate nel 2017 e la crescita nominale del PIL dovrebbe ulteriormente salire al 2,9% nel 2018, prima di subire un lieve calo al 2,5% nel 2019. Di conseguenza, per il periodo 2017-2019 le prospettive macroeconomiche non possono più essere considerate come una circostanza attenuante per spiegare l’ampio scostamento dell’Italia dal parametro per la riduzione del debito nella sua configurazione prospettica.

La valutazione ex post della conformità dell’Italia con il braccio preventivo nel 2017 indica la sostanziale conformità con il percorso di aggiustamento verso l’obiettivo a medio termine, una volta considerata la tolleranza concessa per gli eventi inconsueti. Invece, per quanto riguarda il 2018, l’aggiustamento di bilancio dell’Italia è attualmente inadeguato alla luce delle sfide in materia di sostenibilità cui l’Italia deve far fronte. Pertanto, dal 2018 dovrebbero essere adottate le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni del patto di stabilità e crescita. L’impiego di eventuali entrate straordinarie per ridurre ulteriormente il rapporto debito pubblico/PIL rappresenterebbe una risposta prudente.

Inoltre, l’Italia ha compiuto alcuni progressi nel dar seguito alle raccomandazioni specifiche per paese 2017, ma l’effetto delle riforme strutturali sulla crescita dipenderà essenzialmente dalla loro attuazione ed è ancora difficile distinguere questo effetto dalla ripresa ciclica in corso.

Infine, il debito pubblico elevato rimane una fonte importante di vulnerabilità per l’economia italiana e continua a essere cruciale un giusto equilibrio tra riforme orientate alla crescita e responsabilità di bilancio. Per contro, le misure di recente adozione, insieme alle tendenze demografiche avverse, rischiano di invertire la tendenza positiva innescata dalle passate riforme delle pensioni e di indebolire la sostenibilità di bilancio a lungo termine, ancor più se i tassi di interesse reali crescessero più di quanto attualmente previsto.

L’analisi contenuta nella presente relazione comprende la valutazione di tutti i fattori significativi, vale a dire: i) il miglioramento delle condizioni macroeconomiche, che non giustificano più l’ampio scostamento dell’Italia dal parametro per la riduzione del debito; ii) la conformità ex post con l’aggiustamento verso l’obiettivo a medio termine richiesto per il 2017; iii) alcuni progressi nell’adozione e nell’attuazione di riforme strutturali atte a favorire la crescita. Nel complesso l’analisi indica che il criterio del debito definito nel trattato e nel regolamento (CE) n. 1467/97 dovrebbe considerarsi attualmente soddisfatto, e che una procedura per i disavanzi eccessivi non è pertanto giustificata in questa fase, tenuto conto in particolare della conformità ex post dell’Italia con i requisiti del braccio preventivo nel 2017. Tuttavia, stando alle previsioni di primavera 2018 della Commissione, l’aggiustamento nel 2018 appare inadeguato a garantire la conformità con il percorso di aggiustamento verso l’obiettivo a medio termine per il 2018. La Commissione valuterà nuovamente la conformità sulla base dei dati ex post per il 2018 che saranno comunicati nella primavera 2019.

(1) 1    GU L 209 del 2.8.1997, pag. 6. La relazione tiene inoltre conto delle specifiche sull’attuazione del patto di stabilità e crescita e linee direttrici sulla presentazione e il contenuto dei programmi di stabilità e convergenza, approvate dal Consiglio ECOFIN il 5 luglio 2016, disponibili al seguente indirizzo:    
http://ec.europa.eu/economy_finance/economic_governance/sgp/pdf/coc/code_of_conduct_en.pdf  
(2) 2    Regolamento (UE) n. 473/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio sulle disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro (GU L 140 del 27.5.2013, pag. 11).
(3) Cfr.: https://ec.europa.eu/info/business-economy-euro/economic-and-fiscal-policy-coordination/eu-economic-governance-monitoring-prevention-correction/stability-and-growth-pact/annual-draft-budgetary-plans-dbps-euro-area-countries/draft-budgetary-plans-2018_en  
(4)    A norma del regolamento (CE) n. 479/2009 del Consiglio, gli Stati membri devono comunicare alla Commissione due volte l’anno i livelli previsti ed effettivi del loro disavanzo e del loro debito pubblico. La comunicazione più recente dell’Italia è disponibile al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/eurostat/web/government-finance-statistics/excessive-deficit-procedure/edp-notification-tables  
(5)    Comunicato stampa di Eurostat n. 69/2018 del 23 aprile 2018, disponibile al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/eurostat/documents/2995521/8824490/2-23042018-AP-EN.pdf/6e5b346e-e302-4132-920a-854b00ac196d      
(6)   https://ec.europa.eu/info/2018-european-semester-national-reform-programmes-and-stability-convergence-programmes_en  
(7) Ad esempio, la riforma del mercato del lavoro contenuta nel Jobs Act e investimenti innovativi attraverso incentivi fiscali. Per l’analisi di tali incentivi, cfr. la relazione per paese relativa all’Italia 2018.
(8) Il costo reale implicito del debito nel periodo di tempo t può essere definito come il rendimento nominale pagato dal governo per garantire il servizio del debito in essere nel periodo di tempo t-1, al netto dell’impatto dell’inflazione nel periodo di tempo t. Nella tabella 2 la variazione annuale del rapporto debito/PIL dovuta al costo reale implicito del debito si ottiene aggiungendo i contributi rispettivamente della spesa per interessi (ad incremento del debito) e del deflatore del PIL (a decremento del debito).
(9) Di fatto, sulla base dei dati comunicati, le operazioni di salvataggio di Banca Monte Paschi e delle due banche venete hanno inciso sul debito in misura pari a quasi l’1% del PIL e sul disavanzo in misura pari a quasi lo 0,4% del PIL.
(10)  Non sono riportate le altre operazioni minori che incidono sull’aggiustamento stock/flussi. Cfr. anche Ministero dell’Economia e delle Finanze, “Rapporto sul debito pubblico 2016”, al seguente indirizzo: www.dt.mef.gov.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/debito_pubblico/presentazioni_studi_relazioni/Rapporto_sul_Debito_Pubblico_2016.pdf  
(11) In particolare, l’effetto “valanga” è ridotto in virtù di una crescita del PIL reale molto più elevata, nonostante la tendenza leggermente al rialzo del costo reale implicito del debito dovuta al persistere di bassi livelli di inflazione nel 2017.
(12) Cfr. le relazioni ai sensi dell’articolo 126, paragrafo 3: COM(2015) 113 final del 27.2.2015 e COM(2016) 305 final del 18.5.2016.
(13) Cfr. documento di lavoro dei servizi della Commissione “Relazione per paese relativa all’Italia 2018, comprensiva dell’esame approfondito sulla prevenzione e sulla correzione degli squilibri macroeconomici” (SWD(2018) 210 final del 7.3.2018).
(14) Cfr., ad esempio, O. Blanchard e D. Leigh (2013), disponibile all’indirizzo: www.imf.org/external/pubs/ft/wp/2013/wp1301.pdf  
(15)   http://www.dt.mef.gov.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/analisi_progammazione/documenti_programmatici/def_2018/DEF_2018_-_Sez.3_-_PNR.pdf  
(16) Cfr. “Relazione per paese relativa all’Italia 2018”. Ibid.
(17) Cfr. comunicazione della Commissione “Semestre europeo 2018: valutazione dei progressi in materia di riforme strutturali, prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici e risultati degli esami approfonditi a norma del regolamento (UE) n. 1176/2011” (COM(2018) 120 final).
(18) Cfr. COM(2017) 511 final del 22.5.2017, disponibile al seguente indirizzo: http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52017DC0511&rid=1  
(19)  In particolare, le spese ammissibili nel 2017 ammontano allo 0,16% del PIL per l’afflusso eccezionale di rifugiati e allo 0,18% del PIL per la tutela del territorio dai rischi sismici.
(20) Nell’intero documento, tutti i riferimenti alle variazioni del saldo strutturale si riferiscono al saldo di bilancio corretto per il ciclo al netto delle misure temporanee e una tantum, o previsto dalla Commissione o ricalcolato dalla Commissione sulla base delle informazioni contenute nel documento programmatico di bilancio, secondo la metodologia concordata.
(21)   http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52017DC0500&qid=1526460633742&from=EN  
(22) Ricalcolato in base alla metodologia concordata.
(23) L’indicatore S0 è destinato a risultare nel 2017 inferiore alla soglia di “alto rischio” benché, con un valore pari a 0,4, rimanga tra i più elevati dell’UE, principalmente a causa dell’altissimo debito pubblico dell’Italia. Inoltre, il sottoindice di bilancio si colloca al di sopra della soglia critica.
(24)  Parere della Commissione sul documento programmatico di bilancio dell’Italia (C(2016) 8009 final del 16.11.2016).
(25)  Parere della Commissione sul documento programmatico di bilancio dell’Italia (C(2017) 8019 final del 22.11.2017).
(26) Cfr. Ministero dell’Economia e delle Finanze, “Relevant Factors Influencing Debt Developments in Italy”, maggio 2018, al seguente indirizzo:     www.mef.gov.it/inevidenza/documenti/Italy_Report_Relevant_Factors_May_2018.pdf