15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/155


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Rafforzare la protezione degli informatori a livello di Unione europea»

[COM(2018) 214 final]

e sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione»

[COM(2018) 218 final]

(2019/C 62/26)

Relatrice:

Franca SALIS-MADINIER

Consultazione

Parlamento europeo, 28.5.2018

Consiglio dell’Unione europea, 29.5.2018

Commissione europea, 18.6.2018

Base giuridica

Articolo 43, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

26.9.2018

Adozione in sessione plenaria

18.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

158/77/15

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE ritiene che la protezione degli informatori, oltre a tutelare questi ultimi, sia uno strumento importante per aiutare le imprese a meglio affrontare atti illeciti e contrari all’etica.

1.2.

Il Comitato si compiace del fatto che alcune imprese abbiano introdotto procedure volte a proteggere gli informatori e che 10 Stati membri su 28 dispongano già di quadri generali per la protezione degli informatori.

1.3.

Il CESE ritiene che l’ambito di applicazione della direttiva dovrebbe essere esaminato sulla base della valutazione dell’attuazione di quest’ultima e che dovrebbe essere sufficientemente ampio da salvaguardare l’interesse generale.

1.4.

Il CESE invita la Commissione a rivedere la base giuridica della direttiva per includervi anche i diritti dei lavoratori, facendo riferimento all’articolo 153 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

1.5.

Gli ex impiegati, i rappresentanti sindacali dei lavoratori e le persone giuridiche di cui all’articolo 3 possono effettuare segnalazioni beneficiando della stessa protezione e devono figurare esplicitamente all’articolo 2 della direttiva.

1.6.

Il CESE raccomanda (articolo 13) una procedura di segnalazione a due livelli che consenta all’informatore di accedere in primo luogo, a sua scelta, alla via interna o alle autorità competenti, poi, se del caso, alla società civile/ai media, nell’interesse dell’equità e della certezza giuridica.

1.7.

Il CESE raccomanda che gli informatori possano rivolgersi ai rappresentanti sindacali in qualsiasi fase della segnalazione di informazioni e che questi ultimi siano legittimati a rappresentarli e a fornire loro consigli e sostegno.

1.8.

La direttiva deve incoraggiare in modo più chiaro la negoziazione, con i rappresentanti sindacali dei lavoratori, di un sistema di segnalazione interno come oggetto del dialogo sociale, conformemente alla raccomandazione del Consiglio d’Europa del 2014 e alla relazione del Parlamento europeo del 2017.

1.9.

Il CESE raccomanda che, in caso di divulgazione della sua identità, l’informatore, che ha fatto una segnalazione in forma anonima goda della protezione prevista dalla direttiva in esame.

1.10.

Il CESE raccomanda una modifica all’articolo 15, paragrafo 5, sull’onere della prova prima facie. È sufficiente che l’informatore «presenti elementi di fatto che confermano di avere effettuato una segnalazione».

1.11.

Il CESE raccomanda che all’articolo 15, paragrafo 6, la questione del risarcimento dei danni non sia rinviata al diritto nazionale (variabile), ma che la direttiva preveda il pieno risarcimento per danni, senza massimale, sull’esempio della normativa britannica.

1.12.

Il CESE chiede la soppressione dell’articolo 17, paragrafo 2, in quanto superfluo (le sanzioni in caso di diffamazione o di false accuse sono stabilite dal diritto nazionale).

1.13.

Il CESE incoraggia la Commissione a includere un’esplicita clausola di non regressione all’articolo 19, al fine di garantire che l’applicazione della direttiva non permetta in nessun caso di ridurre i diritti degli informatori, accordati prima della direttiva, negli Stati membri e nei settori ai quali essa si applica, se i diritti esistenti sono più favorevoli.

1.14.

Il CESE raccomanda di rendere obbligatoria la pubblicazione delle relazioni periodiche degli enti pubblici e degli Stati membri.

1.15.

Il CESE esorta la Commissione a prevedere nella direttiva campagne di sensibilizzazione a livello europeo e nazionale, in particolare destinate ai giovani, per modificare il modo in cui gli informatori vengono percepiti.

2.   Contesto del parere

2.1.

Attività illecite e abusi del diritto possono verificarsi in qualsiasi organizzazione, pubblica o privata. Essi possono assumere forme molto diverse, come la corruzione o la frode, gli illeciti commessi nell’esercizio delle proprie funzioni, l’evasione fiscale o la negligenza e, se non vi si pone rimedio, possono arrecare grave danno all’interesse pubblico e al benessere dei cittadini in uno o più Stati membri dell’UE.

2.2.

Essere in grado di prevenire, correggere o far cessare una situazione rischiosa è vantaggioso per le imprese, i cittadini, i lavoratori (morti o feriti, azioni legali, perdite finanziarie, rischio per la reputazione). La denuncia di irregolarità che la Commissione propone di proteggere con la direttiva in oggetto è una segnalazione presentata in nome dell’interesse generale che va a vantaggio della società nel suo insieme.

2.3.

Coloro che lavorano per un’organizzazione o in rapporto con essa, nel quadro della loro attività professionale sono spesso i primi ad essere informati di atti illeciti. Le persone che segnalano (all’interno dell’organizzazione interessata o a un’autorità esterna) o rivelano tali irregolarità, ovvero gli informatori, possono pertanto svolgere un ruolo importante per farle cessare. Tuttavia, sono molti coloro che si astengono dal farlo. Secondo studi internazionali, le ragioni principali di tale silenzio sono: la paura di ritorsioni, il timore che la segnalazione cada nel vuoto e il fatto di non sapere a chi rivolgersi per farla. L’85 % dei partecipanti alla consultazione pubblica, condotta dalla Commissione nel 2017, ritiene che i lavoratori segnalino raramente o molto raramente le minacce o i danni all’interesse pubblico per timore di conseguenze giuridiche e finanziarie, ma anche a causa dell’esistenza di una percezione negativa degli informatori. In alcuni paesi, permane una certa confusione tra informatore, traditore o delatore. Fare una segnalazione è però un atto di coraggio, a differenza della delazione che è un atto di viltà.

2.4.

Per tali motivi, è importante garantire una protezione efficace degli informatori. Strumenti già esistono a livello internazionale e in diversi Stati membri. Il Consiglio d’Europa, il Parlamento europeo, il Consiglio dell’UE, nonché le organizzazioni della società civile e i sindacati hanno già chiesto l’adozione di una legislazione a livello dell’UE in materia di protezione degli informatori che agiscono nel pubblico interesse. Alcune imprese europee hanno introdotto procedure volte a tutelare gli informatori. La proposta della Commissione scaturisce dalla constatazione che, attualmente, la protezione degli informatori nell’Unione europea è insufficiente, non uniforme tra gli Stati membri e da un settore all’altro.

2.5.

La Commissione propone pertanto una direttiva che istituisce la protezione degli informatori in ambiti precisi, completata da una comunicazione che delinea un quadro strategico a livello dell’UE, comprendente misure volte a sostenere le autorità nazionali.

2.6.

Obiettivo della proposta è quello di stabilire un insieme di norme minime comuni volte a proteggere contro le ritorsioni nei confronti degli informatori che segnalano violazioni del diritto dell’UE in materia di: i) appalti pubblici; ii) servizi finanziari; iii) riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo; iv) sicurezza dei prodotti; v) sicurezza dei trasporti; vi) tutela dell’ambiente; vii) sicurezza nucleare; viii) sicurezza degli alimenti e dei mangimi; ix) salute e benessere degli animali; x) salute pubblica; xi) protezione dei consumatori; xii) tutela della vita privata e dei dati personali e sicurezza delle reti e dei sistemi informativi.

2.7.

La proposta si applica anche alle violazioni delle norme dell’UE in materia di concorrenza, alle violazioni e agli abusi delle norme applicabili all’imposizione fiscale delle imprese e alle violazioni che danneggiano gli interessi finanziari dell’UE.

2.8.

Secondo la proposta, gli Stati membri sono tenuti a garantire che le imprese con almeno 50 dipendenti (o il cui fatturato annuo è superiore a 10 milioni di EUR) e gli enti pubblici istituiscano canali e procedure di segnalazione interni per ricevere e seguire eventuali segnalazioni. Essi dovranno inoltre garantire che le autorità competenti dispongano di canali di segnalazione esterni. Tali canali devono assicurare la riservatezza delle identità e delle informazioni. Le piccole imprese e le microimprese sono esenti dall’obbligo di dotarsi di canali di segnalazione interni (tranne nel settore finanziario o in settori sensibili).

2.9.

La proposta vieta ritorsioni dirette o indirette nei confronti degli informatori e stabilisce le misure che gli Stati membri sono tenuti ad adottare per assicurarne la protezione.

2.10.

Infine, prevede sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, che sono necessarie per scoraggiare: i) le azioni volte a ostacolare le segnalazioni, gli atti di ritorsione e i procedimenti vessatori nei confronti delle persone segnalanti e le violazioni dell’obbligo di riservatezza sulla loro identità; e ii) le segnalazioni dolose e infondate.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Ad oggi, solo 10 dei 28 Stati membri dell’UE dispongono già di una legislazione generale sulla protezione degli informatori. In Europa, la frammentazione e le lacune concernenti tale protezione sono pregiudizievoli per l’interesse generale e potrebbero ostacolare le segnalazioni. Nel caso di reati transfrontalieri o commessi in imprese multinazionali, il grado di protezione di cui gode un informatore varia a seconda della legislazione e della giurisprudenza dello Stato che gli vengono applicate.

3.2.

Il CESE accoglie con favore l’obiettivo di promuovere la segnalazione responsabile e volontaria, allo scopo di difendere l’interesse pubblico.

3.3.

Nel 2016 (1) la Commissione ha osservato che «l’applicazione e l’attuazione della legislazione dell’UE rimangono una sfida e necessitano di una maggiore attenzione all’attuazione per essere al servizio dell’interesse generale». L’obiettivo perseguito è quello di una legislazione proattiva, anziché reattiva, e che rappresenti un «elemento sistemico dell’applicazione del diritto dell’UE».

3.4.

Il CESE prende atto che la proposta di direttiva è coerente con l’acquis europeo (Consiglio d’Europa, Parlamento, Commissione), in termini di norme e obiettivi, in particolare, con la raccomandazione CM/Rec(2014)7 del Consiglio d’Europa, del 30 aprile 2014, e conforme in larga misura alle norme internazionali. La proposta in esame è altresì complementare ai dispositivi settoriali dell’Unione in essere (servizi finanziari, trasporti, ambiente) e con le politiche dell’Unione (lotta alla corruzione, finanza sostenibile, imposizione fiscale più equa).

3.5.

Conformemente al principio di sussidiarietà, l’ambito di applicazione materiale è stato limitato alle violazioni del diritto dell’UE (attività illecite e abuso del diritto) e ai settori specifici in cui:

1.

occorre rafforzare l’applicazione della legge;

2.

l’assenza quasi totale di segnalazioni di violazione è un fattore essenziale;

3.

eventuali violazioni possono arrecare grave pregiudizio al pubblico interesse.

3.6.

Tuttavia, il CESE ritiene che il rapporto tra il diritto dell’Unione e il diritto nazionale, che può essere causa di controversie e difficoltà nell’applicazione dei principi sanciti dalla direttiva, debba essere chiarito.

3.7.

Il CESE sottolinea l’aspetto positivo della direttiva che incoraggia gli Stati ad adottare norme nazionali «complete e coerenti» sulla base dei principi formulati nella raccomandazione del Consiglio d’Europa e della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Al tempo stesso, sarebbe importante assicurare il buon funzionamento dei quadri consolidati esistenti negli Stati membri, nella misura in cui rispettano i principi della direttiva.

3.8.

Analogamente, il riferimento all’adozione di disposizioni più favorevoli secondo gli Stati membri è positivo. Tuttavia, il CESE ritiene indispensabile aggiungervi una clausola di non regressione, perché la direttiva non deve servire a sopprimere o pregiudicare le norme nazionali più favorevoli.

3.9.

Infine, il CESE raccomanda di valutare la direttiva alla luce degli elementi di prova che potrebbero emergere in futuro e che potrebbero scaturire dalla valutazione della sua attuazione. Il Comitato ritiene pertinente l’indicazione di un’eventuale futura estensione possibile dell’ambito di applicazione materiale della direttiva, alla luce di tale valutazione.

3.10.

Il CESE riafferma l’importanza dell’attuazione di questa direttiva negli Stati membri per un migliore funzionamento della democrazia in relazione alle sfide attuali o future e per rafforzare lo Stato di diritto, le libertà e l’integrità pubblica, perché la libertà di dire la verità (ossia «parresìa») è considerata un pilastro fondamentale della democrazia.

3.11.

Il CESE è favorevole alla creazione di un’Agenzia europea di segnalazione o di un mediatore europeo, che avrebbero il compito di coordinare le autorità nazionali di segnalazione e di monitorare le linee di segnalazione.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE reputa inaccettabile che non sia stato possibile condurre una consultazione delle parti sociali sulla proposta di direttiva, come previsto dall’articolo 154 del TFUE. La Commissione non deve riproporre tale prassi.

4.2.

Il Comitato raccomanda che anche il settore sociale sia disciplinato dalla direttiva con l’aggiunta dell’articolo 153 del TFUE ai 16 riferimenti giuridici della direttiva. Il CESE sottolinea che, all’art. 1 (ambito di applicazione materiale) riguardante le violazioni del diritto che gli informatori possono segnalare, la tutela dei lavoratori è omessa. Discriminazioni, comportamenti vessatori, violenza nel luogo di lavoro ecc. non sono considerati nella proposta. Raccomanda quindi di integrare tali aspetti nella direttiva.

5.   Ambito di applicazione personale

5.1.

Il CESE prende atto dell’ampiezza dell’ambito di applicazione personale della direttiva: le persone segnalanti che lavorano nel settore pubblico o privato che hanno acquisito informazioni sulle violazioni nel contesto lavorativo. La nozione di persona che lavora è ampia: tutte le persone aventi la qualità di lavoratore ai sensi dell’articolo 45 del TFUE, le persone aventi la qualità di lavoratore autonomo ai sensi dell’articolo 449 del TFUE, ma anche volontari, tirocinanti non retribuiti, consulenti, fornitori, subappaltatori, azionisti o membri dell’organo direttivo di un’impresa. Questa direttiva dovrebbe contribuire a ridurre il rischio di danni alla reputazione al quale le imprese potrebbero essere esposte.

5.2.

Gli ex impiegati, i rappresentanti sindacali dei lavoratori e le persone giuridiche di cui all’articolo 3 possono effettuare segnalazioni beneficiando della stessa protezione e devono figurare esplicitamente all’articolo 2 della direttiva.

5.3.

Il CESE osserva che i funzionari dell’UE dovrebbero beneficiare di una protezione uguale a quella dei lavoratori degli Stati membri.

6.   Procedure di segnalazione

6.1.

Per quanto riguarda l’istituzione di canali di segnalazione interna, il CESE raccomanda che i lavoratori e i loro rappresentanti sindacali siano attivamente coinvolti nella progettazione e attuazione di tali canali.

6.2.

Il CESE ritiene che il principio di una segnalazione per gradi (interna, alle autorità competenti, pubblica) risponda al principio della segnalazione responsabile. Tuttavia, il CESE reputa che l’informatore debba avere le stesse possibilità di scelta in relazione all’accesso al canale interno o alle autorità competenti, e raccomanda pertanto una procedura a due, e non tre, livelli, nell’interesse dell’equità e della certezza del diritto. Da un lato, studi internazionali, anche in paesi in cui non vi è l’obbligo del canale interno (Regno Unito, Irlanda), mostrano che il lavoratore dipendente ricorre in primo luogo al canale interno, per un senso di lealtà; non sussiste quindi il pericolo di un aggiramento massiccio del canale interno. Inoltre, nel caso in cui il canale interno sia obbligatorio, è difficile prevedere tutte le necessarie eccezioni. D’altro canto, alcune legislazioni nazionali prevedono il ricorso diretto alle autorità (ad esempio per le fattispecie di reato). Infine, tale obbligo si applica solo ai lavoratori dipendenti, essendone esonerati gli altri lavoratori. Ciò configura una violazione del principio di uguaglianza e una situazione d’incertezza giuridica.

6.3.

Il CESE ritiene che, sul posto di lavoro, l’informatore debba potersi mettere in contatto con i rappresentanti sindacali, ed essere da loro rappresentato, in qualsiasi fase della procedura di segnalazione. Questi ultimi, vicini ai lavoratori, possono svolgere un ruolo essenziale nel fornire consigli e protezione.

6.4.

Il CESE raccomanda che le garanzie di riscontro di cui beneficiano le segnalazioni esterne siano applicate anche alle segnalazioni interne: conferma del ricevimento della segnalazione, riscontro sul seguito dato alla segnalazione.

6.5.

Alcuni studi indicano che le persone più vulnerabili, o in possesso di fascicoli che possono mettere in pericolo la loro vita o le loro famiglie, sono costrette all’anonimato. Se viene rivelata l’identità di un informatore che ha fatto una segnalazione in forma anonima, il CESE ritiene che questi debba beneficiare della protezione conferita dalla direttiva. Infine, il fatto che un fascicolo sia pervenuto in forma anonima non può essere un pretesto per non dar seguito alla segnalazione.

7.   Protezione degli informatori: onere della prova e risarcimento dei danni

7.1.

Secondo la proposta di direttiva, per beneficiare dell’onere della prova, l’informatore che subisce ritorsioni deve provare prima facie che tali ritorsioni siano la conseguenza della segnalazione (doppia verifica). Tuttavia, in linea con il principio dell’inversione dell’onere della prova (cfr. la direttiva sulla discriminazione), spetta al datore di lavoro dimostrare che le misure di ritorsione non sono conseguenza della segnalazione.

7.2.

La direttiva deve specificare le misure di risarcimento in caso di ritorsioni (articolo 15, paragrafo 6) e non rinviarle al quadro giuridico nazionale che, come abbiamo visto, varia da paese a paese o è addirittura inesistente. È necessario che, per proteggere in modo efficace gli informatori da qualsiasi forma di sanzioni dirette o indirette, la direttiva preveda l’obbligo di un risarcimento integrale dei danni, senza massimale (compresi gli anni di pensione perduti in caso di licenziamento), alla stregua del Public Interest Disclosure Act del Regno Unito del 1998.

8.   Sanzioni

8.1.

Il CESE ritiene che l’obiettivo della direttiva sia quello di agevolare la segnalazione e proteggerla. Pertanto, è opportuno stralciare l’articolo 17, paragrafo 2, che crea confusione tra la segnalazione responsabile e la diffamazione o le false accuse, reati che sono già previsti dalle legislazioni nazionali.

9.   Trattamento più favorevole e clausola di non regressione

9.1

Il CESE accoglie favorevolmente la possibilità, prevista dalla direttiva, di consentire agli Stati membri di adottare una normativa che sia più favorevole ai diritti degli informatori. Tuttavia, deve essere aggiunta un’esplicita clausola di non regressione al fine di mantenere le leggi o le disposizioni più favorevoli esistenti in alcuni Stati membri.

10.   Relazioni, valutazione e revisione

10.1

Dovrebbe essere reso obbligatorio un bilancio dell’attuazione della direttiva, mediante la pubblicazione delle relazioni annuali (dati resi anonimi e statistiche) degli enti pubblici degli Stati membri, in modo da poter alimentare la relazione della Commissione, prevista per il 2027, e informare i cittadini.

Bruxelles, 18 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 18 del 19.1.2017, pag. 10.


ALLEGATO

I seguenti emendamenti, pur avendo ricevuto almeno un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso delle deliberazioni:

Punto 3.11

Aggiungere il seguente nuovo punto:

3.11.

Il CESE raccomanda di affrontare in modo più approfondito la questione della prevenzione dei rischi di ribasso per le imprese pubbliche e private in relazione a un uso indebito o alla divulgazione illecita di informazioni sensibili. La reputazione delle imprese e delle organizzazioni dovrebbe essere salvaguardata in misura sufficiente in caso di comportamento doloso.

Motivazione

La reputazione di ogni organizzazione è fondamentale per tutte le parti in causa, non da ultimo per i dipendenti.

Esito della votazione

Favorevoli

84

Contrari

130

Astensioni

15

Punto 4.1

Sopprimere il punto:

4.1.

Il CESE reputa inaccettabile che non sia stato possibile condurre una consultazione delle parti sociali sulla proposta di direttiva, come previsto dall’articolo 154 del TFUE. La Commissione non deve riproporre tale prassi.

Motivazione

Dal momento che la proposta non si basa sull’articolo 153 del TFUE, la consultazione delle parti sociali non è obbligatoria.

Esito della votazione

Favorevoli

79

Contrari

133

Astensioni

18

Punto 4.2

Modificare come segue:

4.2.

Il Comitato riconosce che la base giuridica della direttiva è abbastanza ampia da assicurare un’adeguata protezione degli informatori. Tuttavia, nell’interesse della certezza giuridica, il CESE chiede che sia fatta chiarezza sulla base giuridica applicabile in riferimento ai diritti dei lavoratori. raccomanda che anche il settore sociale sia disciplinato dalla direttiva con l’aggiunta dell’articolo 153 del TFUE ai 16 riferimenti giuridici della direttiva. Il CESE sottolinea che, all’art. 1 (ambito di applicazione materiale) riguardante le violazioni del diritto che gli informatori possono segnalare, la tutela dei lavoratori è omessa. Discriminazioni, comportamenti vessatori, violenza nel luogo di lavoro ecc. non sono considerati nella proposta. Raccomanda quindi di integrare tali aspetti nella direttiva.

Motivazione

Poiché vi sono opinioni divergenti circa la base giuridica della direttiva, occorre un chiarimento della Commissione per quanto riguarda la questione dei diritti dei lavoratori (articolo 153 del TFUE).

Esito della votazione

Favorevoli

82

Contrari

139

Astensioni

14

Punto 6.2

Modificare come segue:

6.2.

Il CESE ritiene che il principio di una segnalazione per gradi (interna, alle autorità competenti, pubblica) risponda al principio della segnalazione responsabile, in particolare al fine di individuare e porre fine alle violazioni in modo rapido ed efficace alla fonte e, quindi, attenuare i rischi interni o esterni. Tuttavia, il CESE reputa che l’informatore debba avere le stesse possibilità di scelta in relazione all’accesso al canale interno o alle autorità competenti, e raccomanda pertanto una procedura a due, e non tre, livelli, nell’interesse dell’equità e della certezza del diritto. Da un lato, studi internazionali, anche in paesi in cui non vi è l’obbligo del canale interno (Regno Unito, Irlanda), mostrano che il lavoratore dipendente ricorre in primo luogo al canale interno, per un senso di lealtà; non sussiste quindi il pericolo di un aggiramento massiccio del canale interno. Inoltre, nel caso in cui il canale interno sia obbligatorio, è difficile prevedere tutte le necessarie eccezioni. D’altro canto, alcune legislazioni nazionali prevedono il ricorso diretto alle autorità (ad esempio per le fattispecie di reato). Infine, tale obbligo si applica solo ai lavoratori dipendenti, essendone esonerati gli altri lavoratori. Ciò configura una violazione del principio di uguaglianza e una situazione d’incertezza giuridica.

Motivazione

È importante che l’impresa abbia la possibilità di risolvere in primo luogo la questione a livello interno prima che l’informatore si rivolga all’esterno. Con la procedura a due livelli è più facile individuare e porre fine alle violazioni in modo rapido ed efficace alla fonte.

Esito della votazione

Favorevoli

78

Contrari

145

Astensioni

11

Punto 7.2

Modificare come segue:

7.2.

La direttiva deve specificare le misure di risarcimento in caso di ritorsioni (articolo 15, paragrafo 6) e non rinviarle le rinvia al quadro giuridico nazionale che, come abbiamo visto, varia da paese a paese o è addirittura inesistente. È necessario che, per Per proteggere in modo efficace gli informatori da qualsiasi forma di sanzioni dirette o indirette, l’attuazione della direttiva dovrebbe essere attentamente monitorata e valutata per quanto riguarda l’efficacia del quadro nazionale. preveda l’obbligo di un risarcimento integrale dei danni, senza massimale (compresi gli anni di pensione perduti in caso di licenziamento), alla stregua del Public Interest Disclosure Act del Regno Unito del 1998.

Motivazione

È importante che la sanzione e i sistemi di compensazione basati sui quadri nazionali soddisfino gli obiettivi fondamentali della direttiva per quanto riguarda la protezione dell’informatore, nel rispetto dei principi degli ordinamenti giuridici nazionali. Questa è una delle questioni chiave che devono essere oggetto di monitoraggio per quanto riguarda l’attuazione della direttiva.

Esito della votazione

Favorevoli

82

Contrari

144

Astensioni

10

Punto 8.1

Modificare come segue:

8.1.

Il CESE ritiene che l’obiettivo della direttiva sia quello di agevolare la segnalazione e proteggerla. Pertanto, è opportuno stralciare chiarire l’articolo 17, paragrafo 2, che crea potrebbe creare confusione tra la segnalazione responsabile e la diffamazione o le false accuse, reati che sono già previsti dalle legislazioni nazionali.

Motivazione

Sebbene sia necessario combattere le conseguenze di informazioni fasulle, fuorvianti e ingiustificate prevedendo sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, occorre chiarire adeguatamente l’ambito di applicazione di tali sanzioni negli Stati membri.

Esito della votazione

Favorevoli

87

Contrari

147

Astensioni

6

Punto 1.4

Modificare come segue:

1.4.

Il CESE invita la Commissione a rivedere riconosce che la base giuridica della direttiva è abbastanza ampia per assicurare una protezione adeguata degli informatori per includervi anche i diritti dei lavoratori, facendo riferimento all’articolo 153 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Tuttavia, nell’interesse della certezza giuridica, il CESE chiede che sia fatta chiarezza sull’ambito giuridico di applicazione in riferimento ai diritti dei lavoratori.

Motivazione

Gli articoli definiti dalla CE come base giuridica possono garantire pienamente il miglioramento dell’applicazione del diritto dell’Unione introducendo nuove disposizioni sulla protezione degli informatori volte a rafforzare il corretto funzionamento del mercato unico e la corretta attuazione delle politiche dell’Unione e a garantire, al tempo stesso, standard elevati e coerenti di protezione degli informatori negli strumenti settoriali dell’Unione dove esistono già norme pertinenti. Tuttavia, per evitare confusioni in merito alla base giuridica relativa ai diritti dei lavoratori sono necessari alcuni chiarimenti.

Esito della votazione

Favorevoli

84

Contrari

133

Astensioni

6

Punto 1.4

Inserire un nuovo punto dopo l’attuale punto 1.4:

Il CESE è convinto che un quadro giuridico per la protezione degli informatori dovrebbe essere configurato in modo tale da consentire di distinguere tra informazioni che è opportuno divulgare solo all’interno dell’impresa e informazioni che possono essere divulgate alle autorità o anche al pubblico in generale. Questa distinzione è particolarmente importante nel caso di segreti commerciali.

Motivazione

La proposta dovrebbe precisare che gli informatori devono sempre comunicare all’interno dell’impresa informazioni che contengono segreti commerciali, perché, una volta che tali informazioni sono state rese pubbliche, il danno arrecato all’impresa è irreversibile.

Esito della votazione

Favorevoli

89

Contrari

149

Astensioni

7

Punto 1.6

Modificare come segue:

1.6.

Il CESE raccomanda (articolo 13) una procedura di segnalazione a due livelli che consenta all’informatore di accedere in primo luogo, a sua scelta, alla via interna allo scopo di individuare e far cessare rapidamente e efficacemente le violazioni o alle autorità competenti, poi, se del caso, alle autorità pubbliche competenti e, se opportuno, alla società civile/ai media, nell’interesse dell’equità e della certezza giuridica.

Motivazione

È importante che l’impresa abbia la possibilità di risolvere in primo luogo la questione a livello interno prima che l’informatore si rivolga all’esterno. Con la procedura a due livelli è più facile individuare e porre fine alle violazioni in modo rapido ed efficace alla fonte.

Esito della votazione

Favorevoli

89

Contrari

144

Astensioni

8

Punto 1.10

Sopprimere il punto:

1.10.

Il CESE raccomanda una modifica all’articolo 15, paragrafo 5, sull’onere della prova prima facie . È sufficiente che l’informatore «presenti elementi di fatto che confermano di avere effettuato una segnalazione».

Motivazione

Questa raccomandazione non si basa sul testo del progetto di parere (7.1). Pur potendo essere contestato, il principio dell’inversione dell’onere della prova è stato enunciato in modo neutrale nel testo.

Esito della votazione

Favorevoli

93

Contrari

148

Astensioni

7

Punto 1.11

Modificare come segue:

1.11.

Per proteggere in modo efficace gli informatori da qualsiasi forma di sanzioni dirette o indirette, l’attuazione della direttiva dovrebbe essere attentamente monitorata e valutata per quanto riguarda l’efficacia del quadro nazionale. Il CESE raccomanda che all’articolo 15, paragrafo 6, la questione del risarcimento dei danni non sia rinviata al diritto nazionale (variabile), ma che la direttiva preveda il pieno risarcimento per danni, senza massimale, sull’esempio della normativa britannica.

Motivazione

È importante che la sanzione e i sistemi di compensazione basati sui quadri nazionali soddisfino gli obiettivi fondamentali della direttiva per quanto riguarda la protezione dell’informatore, nel rispetto dei principi degli ordinamenti giuridici nazionali. Questa è una delle questioni chiave che devono essere oggetto di monitoraggio per quanto riguarda l’attuazione della direttiva.

Esito della votazione

Favorevoli

95

Contrari

143

Astensioni

9

Punto 1.12

Modificare come segue:

1.12.

Il CESE chiede la soppressione dell’articolo chiarimenti in merito all’articolo 17, paragrafo 2, in quanto superfluo (le sanzioni in caso di può creare confusione tra la segnalazione responsabile e la diffamazione o di le false accuse sono stabilite dal diritto nazionale).

Motivazione

Cfr. il punto 8.1.

Esito della votazione

Favorevoli

96

Contrari

147

Astensioni

7