10.8.2018   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 283/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito a «Le imprese dell’economia sociale come motore dell’integrazione dei migranti»

(parere d’iniziativa)

(2018/C 283/01)

Relatore:

Giuseppe GUERINI

Decisione dell’Assemblea plenaria

21.1.2016

Base giuridica

Articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

27.4.2018

Adozione in sessione plenaria

23.5.2018

Sessione plenaria n.

535

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

186/1/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il fenomeno migratorio nella sua recente evoluzione ha messo alla prova il sistema di ingresso nell’Unione europea, determinando un vero proprio «stress test» delle politiche migratorie, sociali, di sicurezza pubblica dell’Unione e dei paesi membri.

1.2.

Il CESE ritiene fondamentale che le istituzioni europee, insieme ai governi dei paesi membri, promuovano politiche coordinate per rendere più chiare, sostenibili ed efficaci le modalità attraverso cui persone provenienti da paesi terzi possono entrare e stabilirsi in Europa, lavorare, diventare cittadini, ottenere protezione internazionale. Il Comitato invita a rivolgere particolare attenzione alle persone migranti che possono essere a rischio di esclusione sociale come, ad esempio, persone malate o con disagio psichico, persone disabili, anziani.

1.3.

Il CESE ha rilevato che le imprese per l’economia sociale hanno saputo declinare i principi comuni della loro azione (1) (inclusiva, sussidiaria e di tutela delle persone più svantaggiate) affrontando la sfida dell’assistenza alle persone migranti in maniera propositiva e mobilitando le comunità di riferimento e i cittadini.

1.4.

Per questa propensione ad essere imprese inclusive, le imprese dell’economia sociale vanno maggiormente riconosciute, pertanto il CESE chiede che la Commissione europea dia priorità a queste forme di impresa nell’impostazione delle politiche dell’UE e nella programmazione dei fondi europei, con particolare riferimento all’impostazione del Pilastro europeo dei diritti sociali, come del resto è stato evidenziato sia nella conferenza sull’economia sociale del 16 novembre 2017, sia nel vertice europeo del 17 novembre 2017 svoltisi a Göteborg.

1.5.

Le imprese dell’economia sociale creano posti di lavoro di qualità in settori ad alta intensità di lavoro e, in particolare, ad alta incidenza di manodopera extra-europea. In queste imprese dell’economia sociale, la dimensione partecipativa ha rilevanza in termini di sicurezza e protezione nel momento in cui si struttura l’attività economica, perché portano all’emersione dall’economia informale e dal lavoro irregolare.

1.6.

Le imprese dell’economia sociale stanno avendo così un ruolo fondamentale, intervenendo su quattro aspetti chiave per il processo di integrazione delle persone migranti: la salute e l’assistenza; l’abitazione; la formazione e l’educazione (in particolare accompagnando alla consapevolezza di diritti e doveri che derivano dallo stabilirsi nell’Unione europea); il lavoro e l’inserimento attivo delle persone migranti nelle società che le ricevono.

1.7.

Il CESE ritiene che, data la loro particolare propensione ad operare nei settori del lavoro di cura e nelle attività della sharing economy e dell’economia circolare, le imprese dell’economia sociale possano favorire e sostenere, oltre che nuova occupazione, anche l’imprenditorialità e l’accesso alle attività economiche di migranti e rifugiati. L’Unione europea deve continuare a promuovere le imprese dell’economia sociale, come una delle leve della crescita e dell’inclusione lavorativa e sociale dei migranti. Il Comitato chiede quindi alle istituzioni europee di dare priorità alle politiche rivolte alle imprese dell’economia sociale, come richiamato anche nel contributo dato al programma di lavoro 2018 della Commissione europea (2).

1.8.

Alla luce delle evidenze che sostengono la validità delle imprese dell’economia sociale per favorire l’inclusione lavorativa e sociale dei migranti, il Comitato invita l’Unione, gli Stati membri e la comunità internazionale a stabilire incentivi per l’occupazione a cui possano accedere le imprese dell’economia sociale che si occupano di inserimento lavorativo.

1.9.

Il Comitato, visto il rapporto sull’avanzamento delle azioni presentato lo scorso novembre 2017, conferma la necessità di un approccio coordinato dell’Unione e dei paesi membri (3). In particolare è evidente che, in assenza di un sistema di ingresso efficace per i migranti, continuerà l’utilizzo improprio delle richieste di protezione internazionale che abbiamo osservato in questi anni. Il Comitato ribadisce con forza che i casi di utilizzo improprio del sistema di protezione internazionale non giustificano l’introduzione da parte di alcuni paesi membri di restrizioni alla possibilità di cittadini di paesi terzi di far domanda di asilo sul proprio territorio.

1.10.

Il CESE incoraggia Commissione e Consiglio a stabilire un maggiore coordinamento con gli Stati di origine e transito delle migrazioni, per costruire prospettive di miglioramento delle condizioni di vita, in particolare alle popolazioni che si muovono per ragioni economiche o a causa di carestie o delle mutazioni climatiche, mentre sarebbe auspicabile una politica estera europea più incisiva verso i Paesi in cui guerre, dittature e persecuzioni causano la fuga di persone.

1.11.

In particolare, il Comitato sollecita l’Unione ad affrontare il fenomeno migratorio sin dalle cause che determinano le necessità di spostamento delle persone: povertà, conflitti, discriminazioni, cambiamento climatico. Una tale azione passa inevitabilmente da un rinnovato impegno dell’Unione europea nell’ambito della diplomazia e della cooperazione internazionale allo sviluppo, anche con un vero e proprio «piano straordinario di investimenti in cooperazione allo sviluppo».

2.   Osservazioni generali

2.1.

Le imprese dell’economia sociale sono un attore chiave dell’economia e della società europea, rappresentano una ricchezza della diversità dell’Unione e contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020, costruendo un’Europa più intelligente, sostenibile, inclusiva (4).

2.2.

Le imprese dell’economia sociale hanno contribuito significativamente ad affrontare i cambiamenti avvenuti nella società. Le imprese dell’economia sociale sono presenti in molti settori della società e hanno creato iniziative innovative per rispondere al crescente bisogno di assistenza e cura delle persone non autosufficienti, in particolare anziani e persone con disabilità. In molti casi lo hanno fatto incrementando la partecipazione delle donne nel mondo del lavoro, non solo per la loro implicazione diretta nelle imprese dell’economia sociale, ma anche realizzando nuovi servizi per l’infanzia e le famiglie (5). Allo stesso tempo, le imprese dell’economia sociale promuovono la creazione di opportunità di lavoro per persone svantaggiate, rivolgendo particolare attenzione a soggetti potenzialmente a rischio di grave esclusione sociale come persone disabili, soggetti affetti da disagio psichico o da dipendenze da alcol e droghe. Le imprese dell’economia sociale si confermano un soggetto chiave nella promozione del modello sociale europeo (6).

2.3.

Tra le sfide che l’Unione ha dovuto affrontare nel corso degli ultimi anni, ha assunto particolare importanza la gestione del crescente flusso migratorio che ha visto milioni di persone attraversare i confini del continente per fuggire da guerre, fame, persecuzione, condizioni di vita rese estreme dal cambiamento climatico. Il fenomeno ha messo alla prova il sistema di ingresso dei paesi membri, le politiche migratorie, sociali, di sicurezza pubblica. In un certo senso, le politiche migratorie dell’Unione stanno subendo uno «stress test»: è importante cogliere quest’occasione per analizzare con attenzione le reazioni che il sistema sta generando e i segnali che ha prodotto, per poter promuovere interventi mirati e accrescere efficienza e efficacia delle politiche dell’UE.

2.4.

L’integrazione dei nuovi arrivati è un processo dinamico, che muta nel corso del tempo evolvendo assieme al contesto economico, sociale e culturale del paese in cui queste persone si stabiliscono. Questo processo interroga l’Unione, i paesi membri e la società europea innanzitutto su come cittadini non europei possano entrare, stabilirsi, vivere e lavorare nell’Unione, così come ottenere protezione internazionale.

2.5.

Le imprese dell’economia sociale, pur nelle diverse articolazioni con cui operano nei diversi contesti nazionali, hanno saputo declinare i principi comuni della loro azione (inclusiva, sussidiaria e di tutela delle persone più svantaggiate), affrontando la sfida dell’assistenza alle persone migranti in maniera propositiva.

2.6.

Tra le caratteristiche principali degli interventi realizzati dalle imprese dell’economia sociale, sottolineiamo la capacità di mobilitare e coinvolgere le comunità locali di riferimento, attivando reti e partenariati, che migliorano le relazioni con le amministrazioni centrali e locali per organizzare percorsi di assistenza e inclusione che vengono meglio accettati dalle popolazioni locali.

2.7.

Le imprese dell’economia sociale stanno avendo così un ruolo fondamentale, intervenendo su quattro aspetti chiave per il processo di integrazione delle persone migranti: la salute e l’assistenza; l’abitazione; la formazione e l’educazione (in particolare accompagnando alla consapevolezza dei diritti e doveri che derivano dallo stabilirsi nell’Unione europea); il lavoro e l’inserimento attivo delle persone migranti nelle società che li ricevono. Nel fare ciò, le imprese dell’economia sociale e le organizzazioni della società civile costruiscono luoghi di incontro tra cittadini europei e nuovi arrivati, favorendone il dialogo, contribuendo in questo modo a ridurre pregiudizi e paure.

3.   Le migrazioni in Europa: inquadramento degli ultimi anni

3.1.

L’inquadramento del fenomeno migratorio è un’operazione complessa, dato che è caratterizzato da una costante evoluzione. Le guerre, la presenza di regimi dittatoriali, i cambiamenti climatici, le condizioni di estrema povertà e deprivazione hanno creato le premesse per la situazione che viviamo oggi.

3.2.

Secondo le Nazioni Unite, nel 2015 oltre 244 milioni di persone, ovvero il 3,3 % della popolazione mondiale, hanno attraversato le frontiere del proprio paese di origine alla ricerca di rifugio politico, lavoro, condizioni economiche e climatiche più «ospitali» (7).

3.3.

L’Europa ha visto crescere negli ultimi anni il numero di persone che hanno cercato di raggiungerla. In termini assoluti, i dati Eurostat del 2015 mostrano che gli immigrati nell’UE-28 provenienti da paesi terzi sono stati 2,7 milioni, per il 56 % uomini e per il 44 % donne.

3.4.

Il flusso straordinario è particolarmente influenzato dall’instabilità generata dalla guerra, sia in paesi in situazione di conflitto come la Siria, sia in paesi in cui il processo di stabilizzazione post bellica incontra ancora oggi serie difficoltà, come in Iraq e Afghanistan. Difatti, sono questi i paesi da cui è provenuto nel 2016 circa il 54 % dei migranti che hanno cercato rifugio nei paesi dell’Unione (8).

3.5.

Oltre a ciò, resta importante la migrazione di persone che si trovano, nel proprio paese di origine, a versare in gravi condizioni economiche o ambientali. Si tratta in molti casi di persone provenienti dal continente africano, un flusso su cui ha inciso la crescente instabilità dei paesi della costa meridionale del Mediterraneo.

3.6.

In questo contesto, il sistema di regole previste dall’Unione europea ha evidenziato alcune lacune e difficoltà, dimostrando l’insufficiente gestione delle frontiere esterne dell’Unione e l’inadeguatezza della regolazione degli ingressi, evidenziando la necessità di rivedere i principi e le modalità con cui orientare l’azione degli Stati membri.

3.7.

Il Comitato ha affrontato in numerose occasioni il tema delle politiche migratorie (9) e accoglie con favore l’iniziativa della Commissione europea, che ha adottato l’Agenda europea sulla migrazione. In particolare, nel rapporto del novembre 2017, la Commissione è intervenuta per promuovere un maggiore coordinamento tra i paesi dell’Unione e rilanciare il confronto con gli Stati di origine e di transito delle migrazioni (10). Il Comitato auspica che si preveda una revisione del meccanismo delle quote, alla luce della sua difficile attuazione.

3.8.

È importante rivedere quindi lo schema di regole che consente ai migranti di intraprendere percorsi legali di ingresso nell’Unione, sia sapendo tutelare i richiedenti asilo, sia dando l’opportunità a chi fugge da condizioni climatiche ed economiche avverse di trovare nell’Europa un luogo di approdo e contribuire alla crescita dell’Unione, garantendo i loro diritti. Una tale azione attuerebbe le raccomandazioni delle Nazioni Unite per un fenomeno migratorio «che è nell’interesse di tutti che avvenga in maniera sicura e legale, in una forma regolata piuttosto che illegale» (11).

3.9.

Il Comitato accoglie con favore le conclusioni del vertice informale dei capi di Stato e di governo di Göteborg del 17 novembre scorso, in cui si è affrontato il tema della costruzione di un futuro dell’Europa con al centro l’equità del lavoro e la crescita. Il Comitato inoltre sottolinea l’importanza del side event«Quale ruolo per l’economia sociale nel futuro del lavoro» che ha aperto i lavori della riunione di Göteborg, rimarcando il contributo dell’economia sociale nell’accompagnare le politiche dell’Unione.

3.10.

È inoltre incoraggiante l’accordo tra Consiglio e Parlamento europeo che, sul budget 2018 dell’Unione, riconosce tra le priorità di intervento «la crescita economica e la creazione di lavoro, il rafforzamento della sicurezza e affrontare le sfide poste dal fenomeno migratorio» (12).

3.11.

Il Comitato incoraggia le istituzioni europee ad affrontare le criticità che si sono evidenziate nell’applicazione del regolamento di Dublino. Il Parlamento europeo ha adottato il 16 novembre 2017 una risoluzione che propone delle linee di lavoro per la revisione di tale regolamento, con un importante riferimento alla partecipazione di tutti i paesi membri al meccanismo automatico e permanente di collocamento.

4.   Trasformare le criticità in opportunità: le imprese dell’economia sociale come motore di assistenza e inclusione

4.1.

Uno degli elementi che non consente ai nuovi arrivati di intraprendere un percorso di inclusione e di contribuire quindi alla vita economia e sociale delle comunità in cui si stabiliscono è identificabile nell’incertezza del loro status e del protrarsi nel tempo dell’esame delle domande di asilo.

4.2.

Confinare i nuovi arrivati nell’ambito dell’assistenza umanitaria per anni, senza accesso a educazione, formazione professionale e opportunità di reddito impedisce lo sviluppo del loro capitale umano e limita la loro abilità di contribuire positivamente all’economia e alla società del paese che li ospita (13). In questo percorso il Comitato ha recentemente sottolineato il ruolo determinante delle imprese dell’economia sociale nel prevenire il radicalismo e promuovere valori condivisi, pace e non violenza (14).

4.3.

Il Comitato auspica che il dibattito affronti la necessità di verificare l’efficacia degli attuali meccanismi che consentono la presentazione di domande di ingresso da parte di cittadini di paesi terzi per stabilirsi all’interno dell’Unione europea per motivi di lavoro.

4.4.

Allo stesso modo è centrale che l’Unione affronti il fenomeno migratorio sin dalle cause che determinano le necessità di spostamento delle persone: povertà, conflitti, discriminazioni, cambiamento climatico. Una tale azione passa inevitabilmente da un rinnovato impegno dell’Unione europea nell’ambito della diplomazia e della cooperazione internazionale allo sviluppo.

4.5.

Sebbene il suo uso sia stato piuttosto limitato, una revisione del sistema della Blue Card può rispondere anche alle esigenze di nuove possibilità legali di ingressi all’interno dell’Unione. Infatti, il Comitato ha ricordato che è necessaria una strategia europea per attrarre manodopera extra-europea per garantire crescita e prosperità all’Unione. Nel fare ciò si deve tenere conto degli effetti delle migrazioni nei paesi di origine degli immigrati, da sostenere nel loro ulteriore sviluppo oltre che in quello dei loro sistemi di istruzione (15). Il Comitato suggerisce di valutare l’allargamento della platea dei potenziali beneficiari della Blue Card, in particolare tenendo conto di coloro che intendono avviare un’attività di impresa, promuovendo anche l’attenzione all’imprenditoria sociale.

4.6.

In molti casi la società civile si è mobilitata per promuovere percorsi di legalità e trasparenza, collaborando con le istituzioni a livello locale, nazionale e internazionale e fornendo segnali incoraggianti. Il progetto «Corridoi umanitari» realizzato in Italia dalla Comunità Sant’Egidio, la Federazione delle chiese evangeliche in Italia, la Tavola valdese e il governo italiano è un importante esempio di azione pilota. In questo modo è stato possibile per oltre 1 000 persone da febbraio 2016 ad oggi richiedere un percorso di protezione internazionale e ricevere assistenza nella gestione delle domande prima di intraprendere un viaggio verso un paese dell’Unione (16).

4.7.

È auspicabile che si guardi a questi interventi pilota nella costruzione delle future politiche in materia di immigrazione. In particolare, sarebbe opportuno un maggiore coordinamento tra istituzioni internazionali, da un lato per una gestione non episodica di queste forme di ingresso, dall’altro lato per evitare discriminazioni tra i «pochi eletti» che possono beneficiare dei corridoi umanitari, con ampie tutele anche per il percorso successivo alla fase di accoglienza, e i tanti esclusi dai percorsi, che rimangono vittime di trafficanti e percorsi caratterizzati dall’illegalità.

4.8.

Il ruolo delle imprese dell’economia sociale è determinante per l’azione di inclusione sociale e lavorativa che possono svolgere, andando ad attivare le potenzialità della persona migrante che, nella maggior parte dei casi, decide di abbandonare il proprio paese di origine proprio per cercare condizioni di vita migliori e opportunità di lavoro.

4.9.

È stato riconosciuto in numerosi casi l’importante ruolo delle persone migranti nell’Unione, auspicando, ad esempio, il rafforzamento della loro creatività e capacità innovativa. Il raggiungimento di un tale obiettivo è propedeutico alla crescita dei posti di lavoro ma, al tempo stesso, incrementa l’internazionalizzazione dei settori produttivi e favorisce la nascita di legami, anche commerciali, con i paesi di origine dei migranti (17). Rafforzare quindi la capacità inclusiva del tessuto economico e sociale europeo delle persone migranti è fondamentale anche per migliorare l’efficacia delle politiche europee a favore delle PMI, in particolare per la capacità di affrontare mercati sempre più globalizzati, come sottolineato dal parere del CESE sul tema (18).

4.10.

Le imprese dell’economia sociale in molti casi hanno avuto un ruolo importante per questo riconoscimento del ruolo economico e sociale positivo dei migranti, poiché esse creano posti di lavoro di qualità sia in settori ad alta intensità di lavoro che in aree di innovazione tecnologica e digitalizzazione. Tra le attività più importanti vi sono sicuramente quelle realizzate nella cura della persona, nel garantire l’accesso a servizi sociali, servizi all’infanzia e, in generale, all’assistenza alle persone non autosufficienti e a rischio di esclusione sociale. In molti casi questi settori sono quelli a più alta incidenza di lavoratori provenienti da paesi terzi.

4.11.

Tuttavia, in alcuni settori, come quello dell’assistenza, tra i braccianti agricoli, nelle costruzioni e nella ristorazione, permangono molte sacche di occupazione irregolare; proprio per questo è importante promuovere la presenza di imprese dell’economia sociale che hanno dimostrato di poter svolgere un’importante funzione inclusiva e di regolarizzazione dei contratti di lavoro, valorizzando il ruolo della persona migrante e garantendo i diritti dei lavoratori in questi comparti, in coerenza con le politiche europee in materia e contrastando l’abuso delle qualifiche di lavoratore autonomo (19).

4.12.

Nel settore dei lavori di assistenza domiciliare, dove abbiamo una presenza prevalente di donne che vengono impiegate nei lavori di cura direttamente presso le famiglie, spesso si creano condizioni che impediscono una crescita professionale. Uno studio recente sulle determinanti dell’imprenditorialità delle donne migranti ha dimostrato che la mancanza del riconoscimento delle proprie competenze è uno degli elementi che porta all’attivazione auto-imprenditoriale (20). Le imprese dell’economia sociale in questi settori possono svolgere un ruolo importante per la regolarizzazione dal lavoro e il potenziamento delle opportunità di crescita delle persone migranti, se sostenute da adeguate politiche pubbliche.

4.13.

Molte imprese dell’economia sociale che si occupano di inserimento lavorativo di persone svantaggiate, operano in settori che fanno parte della cosiddetta economia circolare: raccolta e trattamento differenziato dei rifiuti, recupero e riuso di materiali, agricoltura sociale, manutenzione del verde pubblico. Questi settori sono un bacino di occupazione importante e la metodologia delle imprese di inserimento lavorativo sembra particolarmente efficace anche per l’inclusione lavorativa di persone migranti.

4.14.

L’occupazione delle persone migranti in molti casi consente di invertire processi di esclusione sociale e impoverimento culturale dell’Unione, andando a rivitalizzare mestieri tradizionali e artigianato in contesti di difficoltà di ricambio generazionale (21). Sono molte infatti le imprese artigianali e del piccolo commercio che vengono avviate da cittadini migranti.

4.15.

Nei progetti di ospitalità per persone migranti molte organizzazioni dell’economia sociale hanno promosso accordi con le istituzioni centrali e le amministrazioni locali per superare le criticità emerse nel sistema e favorire la distribuzione dei nuovi arrivati sul territorio, introducendo il concetto di «accoglienza diffusa» con l’obiettivo di facilitare meccanismi equi di presa in carico da parte delle comunità locali (22).

4.16.

In questi progetti si è data priorità all’attivazione di processi di inclusione delle persone migranti, prevedendo corsi di lingua, percorsi di valutazione delle competenze, corsi di formazione professionale. Si riesce in questo modo a favorire meccanismi di riconoscimento dei percorsi di studio o esperienze professionali pregresse, utili per aumentare le possibilità occupazionali dei nuovi arrivati.

4.17.

Alcune di queste esperienze di «accoglienza diffusa» stanno contribuendo al ripopolamento di aree territoriali marginali, soprattutto nelle zone di montagna, dove la presenza di migranti contribuisce al mantenimento di attività economiche e di servizio (a cominciare dalla scuole) che limitano il rischio di spopolamento di queste aree. In ogni caso, per garantire il successo di questi interventi è necessario che siano accompagnati da politiche occupazionali e di insediamento abitativo.

4.18.

Le imprese dell’economia sociale possono in tali contesti fare da rete con il mondo dell’imprenditoria tradizionale, consentendo alle persone migranti di inserirsi nel mondo del lavoro attraverso percorsi formativi e di tirocinio appositamente predisposti (23).

4.19.

Il modello creato dalle imprese cooperative in questo senso è stato sicuramente quello che ha ricevuto maggiore attenzione da parte della ricerca, che ha indagato in maniera approfondita il ruolo delle cooperative in relazione alle persone migranti. In queste imprese dell’economia sociale, la dimensione partecipativa ha rilevanza in termini di sicurezza e protezione nel momento in cui si struttura l’attività economica, perché portano all’emersione dall’economia informale e dal lavoro irregolare.

4.20.

Un’analisi specifica condotta dall’Organizzazione internazionale del lavoro ha individuato gli ambiti in cui l’intervento delle cooperative incide positivamente sull’inclusione di migranti e rifugiati: inserimento lavorativo; cura e assistenza; educazione e formazione; supporto alla vita quotidiana e all’autonomia; accesso al mercato; accesso alla finanza; assistenza legale e counselling; assistenza per bisogni primari (24).

4.21.

Nella prima e seconda giornata europea delle imprese dell’economia sociale, organizzate dal Comitato nel 2016 e 2017, i casi di studio individuati hanno dimostrato l’attenzione al tema dei migranti (25) evidenziando l’attivazione di percorsi di formazione professionale e inclusione lavorativa, in particolare verso donne migranti.

4.22.

Anche la Commissione europea ha riconosciuto l’importanza delle imprese dell’economia sociale nell’affrontare la sfida delle migrazioni dedicando la Social Innovation Competition 2016 alle idee per l’accoglienza e l’integrazione dei rifugiati (26). Il Comitato auspica che l’attenzione della Commissione su iniziative nei confronti delle migrazioni abbia una continuità nel tempo e che diventi prioritaria nell’impostazione delle politiche dell’UE.

4.23.

Oltre all’importante ruolo svolto per l’inserimento lavorativo, l’educazione e formazione e l’assistenza, molte imprese dell’economia sociale sono attive anche nell’ambito dei progetti per rendere accessibile l’accesso alla casa di abitazione per molti migranti, in particolare per i rifugiati e richiedenti asilo. Questo modello di gestione di immobili da parte delle imprese dell’economia sociale ha raggiunto dimensioni economiche importanti in paesi come l’Italia con migliaia di unità immobiliari messe a disposizione di progetti di inclusione, che spesso servono anche a riqualificare quartieri o zone marginali.

4.24.

Infine, le imprese dell’economia sociale e la società civile nel suo complesso svolgono un’azione determinante nell’accesso ad assistenza e servizi sanitari, riducendo sensibilmente le difficoltà di accesso alla cura. Il Comitato chiede che i paesi membri garantiscano pieno accesso ai sistemi sanitari e ai servizi sociali alle persone migranti senza discriminazioni legate al loro status.

5.   Ulteriori considerazioni del gruppo permanente per le imprese dell’economia sociale del CESE

5.1.

Le imprese dell’economia sociale hanno una particolare propensione e sensibilità ad intervenire nei settori del lavoro di cura, della gestione dei beni culturali e ambientali, nelle attività della sharing economy e dell’economia circolare. Queste imprese possono essere un valido alleato per promuovere politiche di «transizione ecologica» del modello di sviluppo europeo, trovando per altro in queste aree di attività un importante bacino di nuova occupazione.

5.2.

Le imprese dell’economia sociale sostengono e favoriscono la propensione all’imprenditorialità delle persone e favoriscono l’accesso alle attività economiche delle persone a prescindere dalla loro disponibilità economica di un capitale iniziale per intraprendere un’attività. Questo è particolarmente vero per le imprese di tipo cooperativo, per questo sarebbe utile ed importante che nei programmi di cooperazione allo sviluppo realizzati dall’Unione europea nei paesi in via di sviluppo si introducessero programmi di promozione delle imprese dell’economia sociale.

5.3.

Alla luce delle evidenze che sostengono la validità delle imprese dell’economia sociale per favorire l’inclusione lavorativa e sociale di migranti, gli Stati membri andrebbero invitati a stabilire incentivi per l’occupazione a cui possono accedere le imprese dell’economia sociale che fanno inserimento lavorativo. Tali incentivi potrebbero essere validi per un biennio a seguito del riconoscimento dello status di beneficiario di protezione internazionale.

5.4.

Occorre considerare che nei prossimi anni aumenteranno sicuramente i migranti che si metteranno in movimento a causa e per effetto delle pesanti conseguenze dei cambiamenti climatici che stanno provocando un incremento della desertificazione, carestie e catastrofi ambientali. Questo fenomeno costringerà a rivisitare l’artificiale e discriminatoria distinzione tra rifugiati, richiedenti asilo e migranti economici, almeno nei casi in cui questi migranti siano in fuga da carestie e disastri ambientali.

5.5.

Per questo serve infine proseguire l’azione di promozione di uno sviluppo sostenibile e di una transizione ecologica che potrebbe avere anche conseguenze positive per l’economia, valorizzando il contributo che sanno dare le imprese dell’economia sociale nel promuovere crescita, inclusione e benessere, come sottolineato dai recenti pareri del Comitato (27).

Bruxelles, 23 maggio 2018.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Sul ruolo delle imprese dell’economia sociale cfr. anche GU C 117 del 26.4.2000, pag. 52.

(2)  EESC contribution to the Commission’s 2018 work programme, in particolare punto 2.4.6 e seguenti.

(3)  «Progress report on the European Agenda on Migration».

(4)  GU C 318 del 23.12.2009, pag. 22.

(5)  In molti contesti queste attività sarebbero state svolte nell’ambito familiare quasi esclusivamente dalla componente femminile, impedendo la partecipazione delle donne al mondo del lavoro.

(6)  GU C 24 del 28.1.2012, pag. 1.

(7)  https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N17/002/18/PDF/N1700218.pdf?OpenElement.

(8)  Dati Eurostat — in «Rapporto sulla protezione internazionale» a cura di ANCI, Caritas italiana, Cittalia, Fondazione Migrantes, Servizio centrale dello SPRAR, in collaborazione con UNHCR cfr. anche http://ec.europa.eu/eurostat/web/asylum-and-managed-migration/data/main-tables.

(9)  https://www.eesc.europa.eu/en/policies/policy-areas/migration-and-asylum/opinions.

(10)  Cfr. nota n. 2.

(11)  Report of the Special Representative on Migration of the Secretary General of UN, 3 February 2017.

(12)  http://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2017/11/18/2018-eu-budget-agreement-reached/.

(13)  UNHCR 2003, Framework for durable solutions for refugees and persons of concern, May, Geneva.

(14)  GU C 129 dell'11.4.2018, pag. 11.

(15)  GU C 75 del 10.3.2017, pag. 75.

(16)  http://www.santegidio.org/pageID/11676/Corridoi-umanitari.html.

(17)  GU C 351 del 15.11.2012, pag. 16.

(18)  GU C 345 del 13.10.2017, pag. 15.

(19)  Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’istituzione di una piattaforma europea per il rafforzamento della cooperazione volta a prevenire e scoraggiare il lavoro sommerso, COM(2014) 221 final; GU C 161 del 6.6.2013, pag. 14; GU C 125 del 21.4.2017, pag. 1.

(20)  Corsi, M., De Angelis, M., Frigeri, D., working paper, The determinants of entrepreneurship for migrants in Italy. Do Italian migrants become entrepreneurs by «opportunity» or through «necessity»? Cfr. anche ILO, Cooperatives and the world of work n. 2, «Cooperating out of isolation: domestic workers’ cooperatives».

(21)  GU C 351 del 15.11.2012, pag. 16.

(22)  http://www.interno.gov.it/it/notizie/carta-buona-accoglienza-nuovo-modello-integrazione.

(23)  Elaborazioni interne, Consorzio «Veneto Insieme». Per ulteriori informazioni http://venetoinsieme.it/.

(24)  Literature review«Cooperatives and Refugees», ILO 2016 (unpublished).

(25)  In particolare il progetto Okus Doma nell’edizione 2016 e il progetto Solidarity Salt nel 2017 (cfr. anche https://www.eesc.europa.eu/en/agenda/our-events/events/2nd-european-day-social-economy-enterprises).

(26)  http://ec.europa.eu/growth/content/4-social-innovators-win-%E2%82%AC200000-2016-european-social-innovation-competition-0_en, cfr. anche http://eusic-2016.challenges.org/how-is-europe-supporting-the-integration-of-refugees-and-migrants/.

(27)  Parere Promuovere azioni a favore del clima da parte di attori non statali, GU C 227 del 28.6.2018, p. 35 e parere Nuovi modelli economici sostenibili, GU C 81 del 2.3.2018, pag. 57.