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2.3.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 81/1 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Il potenziale delle piccole imprese familiari e tradizionali per stimolare lo sviluppo e la crescita economica nelle regioni»
(parere d’iniziativa)
(2018/C 081/01)
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Relatore: |
Dimitris DIMITRIADIS |
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Decisione dell’Assemblea plenaria |
26 gennaio 2017 |
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Base giuridica |
Articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno |
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Parere d’iniziativa |
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Sezione competente |
Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale |
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Adozione in sezione |
07 settembre 2017 |
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Adozione in sessione plenaria |
18 ottobre 2017 |
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Sessione plenaria n. |
529 |
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Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
199/0/1 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
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1.1. |
In una serie di suoi precedenti pareri il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha ripetutamente riservato un’accoglienza favorevole alle politiche dell’UE volte a sostenere le piccole e medie imprese (PMI) (1). Le PMI sono però una categoria estremamente eterogenea, e questo significa che è necessario uno sforzo particolare per modulare correttamente le politiche in funzione dei vari sottogruppi di tali aziende, soprattutto nel caso delle piccole imprese familiari e tradizionali (PIFT). |
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1.2. |
L’importanza di questo sottogruppo risiede nel fatto che la maggior parte dei posti di lavoro nelle regioni dell’UE è riconducibile a questo tipo di impresa. Pur ribadendo le conclusioni già espresse in passato e ricordando le raccomandazioni formulate nei suoi pareri precedenti (2), il CESE intende approfondire ed esaminare le sfide cui sono confrontate le PIFT. Lo scopo è quello di offrire un’opportunità per influenzare in modo costruttivo il processo di definizione delle politiche, sia a livello dell’UE che sul piano nazionale e regionale. |
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1.3. |
Il CESE esorta la Commissione europea a prendere in esame le modalità per sostenere e promuovere le PIFT, in quanto queste imprese rappresentano l’elemento cruciale per creare nuove attività e generare reddito in aree che dispongono di risorse limitate. Esse apportano un valore aggiunto al processo di sviluppo regionale, soprattutto nelle regioni meno sviluppate, dato che sono profondamente radicate nell’economia locale, nel cui ambito effettuano investimenti e preservano posti di lavoro. |
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1.4. |
Il Comitato ritiene che esista un notevole potenziale di sviluppo in molte regioni che registrano ancora dei ritardi, e che questo potenziale sottoutilizzato possa essere sfruttato attraverso le PIFT locali. Questa sfida dovrebbe riguardare non solo la Commissione europea, ma anche altri soggetti che dovrebbero essere attivamente coinvolti, tra cui gli enti pubblici territoriali e gli intermediari locali, come le organizzazioni imprenditoriali e le istituzioni finanziarie. |
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1.5. |
Il CESE invita la Commissione a prestare attenzione al fatto che i recenti sviluppi e andamenti sul piano economico e industriale hanno inciso negativamente sulle PIFT, che stanno perdendo competitività e devono affrontare crescenti difficoltà nello svolgimento delle loro operazioni. |
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1.6. |
Il CESE esprime preoccupazione dato che gli strumenti strategici di sostegno non sono pensati per le PIFT e tali imprese hanno scarse probabilità di beneficiarne in misura significativa. In generale, il sostegno alle PMI è rivolto a potenziare le attività di ricerca e innovazione all’interno di questo tipo di imprese, oltre che nelle aziende in fase di avviamento (le cosiddette «start-up»). Pur non mettendo in discussione l’importanza di tali politiche, il CESE desidera sottolineare che solo una piccolissima percentuale di tutte le PMI ne trarrà beneficio e, in genere, le PIFT non sono tra queste. Il CESE accoglie con favore l’intenzione della Commissione europea di rivedere la definizione di PMI; i lavori in proposito, già avviati dalla DG GROW, sono stati provvisoriamente messi in calendario per l’inizio del 2019 (3). |
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1.6.1. |
L’attuale definizione di PMI è ormai obsoleta, e per questo motivo il Comitato ritiene che la sua revisione, già prevista, possa essere utile per fornire una comprensione più adeguata della natura delle PMI e per elaborare politiche più rispondenti alle loro necessità. Il CESE invita la Commissione europea a condurre, nel quadro del processo di consultazione, una valutazione sulle modalità di applicazione dell’attuale definizione al momento di attuare le misure strategiche per le PMI a livello europeo, nazionale e regionale, prestando una particolare attenzione alle PIFT. |
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1.6.2. |
Il CESE ritiene che, con la revisione della definizione, occorra almeno:
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1.7. |
Secondo il CESE, è importante che le PIFT siano riconosciute come un sottogruppo specifico, dato che generalmente sono le imprese più colpite nei casi di fallimento del mercato. Il Comitato raccomanda pertanto di elaborare politiche di sostegno concepite su misura per le loro necessità. Per affrontare i problemi più urgenti, queste politiche devono essere almeno volte a:
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2. Piccole imprese familiari e tradizionali — Contesto e importanza
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2.1. |
Una serie di sviluppi e tendenze industriali di attualità — la digitalizzazione, l’industria 4.0, i modelli imprenditoriali in rapida evoluzione, la globalizzazione, l’economia collaborativa e fonti più innovative di vantaggi competitivi — è in questo momento al centro del processo di elaborazione delle politiche dell’UE. Al tempo stesso, occorre riconoscere che le persone dovrebbero essere in grado di vivere ovunque nell’UE, anche in molte regioni che l’industria 4.0 non riuscirà probabilmente a raggiungere con facilità. |
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2.2. |
Senza voler sminuire l’importanza di queste nuove tendenze e pur sostenendo gli sforzi politici volti a promuoverle, è necessario ricordare che la stragrande maggioranza dei posti di lavoro nelle regioni dell’UE è attualmente riconducibile a PMI (6) molto tradizionali e a piccole imprese familiari (7), la maggior parte delle quali vanta una lunga storia e tradizioni consolidate, oltre a una vasta esperienza e a numerosi successi riscossi nel corso del tempo. Questo gruppo di imprese solitamente comprende i seguenti sottogruppi:
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2.3. |
Come già precedentemente affermato dal CESE, le PIFT costituiscono l’ossatura di molte economie in tutto il mondo e il loro tasso di crescita è impressionante. Esse svolgono una funzione fondamentale nell’ambito dello sviluppo regionale e locale e hanno anche un ruolo distintivo e costruttivo all’interno delle comunità locali. Le imprese familiari riescono a resistere meglio ai periodi difficili di recessione e stagnazione. Queste imprese hanno caratteristiche uniche sul piano gestionale, dal momento che i loro titolari hanno profondamente a cuore le prospettive a lungo termine dell’impresa, soprattutto perché la posta in gioco sono le sorti, la reputazione e il futuro delle loro famiglie. La loro gestione è solitamente caratterizzata da un eccezionale attaccamento alla continuità dell’azienda e comporta un’attenzione più assidua nei confronti dei propri dipendenti, come pure la ricerca di legami più stretti con la clientela a sostegno dell’attività. In passato il CESE ha invitato la Commissione europea a mettere in campo una strategia attiva per promuovere tra gli Stati membri le buone pratiche in materia di imprese familiari (8). |
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2.4. |
Negli ultimi anni numerose PIFT hanno incontrato crescenti difficoltà nello svolgimento delle loro attività, in quanto:
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2.5. |
L’Unione europea conta poco meno di 23 milioni di piccole e medie imprese, con una percentuale più elevata di PMI in proporzione al numero totale di imprese negli Stati meridionali dell’Unione (10). Le PMI non solo rappresentano il 99,8 % del totale delle imprese del settore non finanziario dell’UE (11), ma impiegano anche quasi il 67 % di tutti i lavoratori dipendenti e generano quasi il 58 % del valore aggiunto complessivo del settore non finanziario (12). Le microimprese, incluse le aziende unipersonali, sono di gran lunga le più ampiamente rappresentate in termini numerici. |
3. Linee politiche e priorità a livello dell’Unione
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3.1. |
È norma comune procedere alla generale razionalizzazione del sostegno alle PMI, in modo da aumentare la ricerca e l’innovazione all’interno delle PMI e da potenziare il loro sviluppo (13). Se si considera che la capacità di innovare e quella di agire a livello globale sono riconosciute come i due principali motori di crescita, va detto che le PMI presentano in genere delle carenze su entrambi i fronti (14). La metà delle tipologie di strumenti individuate nel corso dell’ultimo periodo di finanziamento persegue obiettivi quasi esclusivamente in termini di innovazione. Si tratta di strumenti che sostengono l’innovazione tecnologica e non tecnologica, l’eco-innovazione, la creazione di imprese innovative, i progetti di ricerca e sviluppo, nonché il trasferimento di conoscenze e tecnologie. |
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3.2. |
Nel periodo 2007-2013 (15) il sostegno del FESR alle PMI è stato di circa 47,5 miliardi di EUR (ossia, il 76,5 % per il sostegno alle imprese e il 16 % della dotazione totale del FESR per quel periodo). Inoltre, su un totale di 18,5 milioni di imprese, sono state individuate circa 246 000 PMI beneficiarie. Il confronto tra il numero dei beneficiari e il numero totale delle imprese indica chiaramente che tale importo è assolutamente insufficiente e dimostra che l’UE non è riuscita a sostenere questa importantissima categoria di imprese. La Commissione europea non si sofferma su questa importante questione a causa della mancanza di risorse e della grande eterogeneità delle caratteristiche di tali aziende. |
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3.3. |
Nello stesso periodo è stato applicato un numero relativamente elevato di strumenti strategici con un forte grado di variabilità, dato che il numero di beneficiari a cui tali strumenti si applicavano andava da 1 a 8 000-9 000. La scelta di creare strumenti applicabili a un numero estremamente ridotto di beneficiari è palesemente inefficiente e solleva la questione se valga la pena elaborare un numero così elevato di strumenti. Inoltre, occorre interrogarsi sulla loro efficacia ed efficienza, valutando le risorse umane e finanziarie coinvolte nella loro progettazione rispetto agli effetti prodotti (ammesso che ve ne siano). Al contempo, la casistica ha evidenziato un processo di auto-selezione o di soft targeting («bersaglio facile da centrare»), in cui un insieme specifico di beneficiari (di solito caratterizzati da una maggiore capacità di assorbimento) è divenuto il destinatario di un dato strumento strategico per effetto del modo stesso in cui quest’ultimo è stato progettato. |
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3.4. |
Una rassegna generale (16) di un totale di 670 strumenti strategici nell’ambito dei 50 programmi operativi (PO) attuati durante il periodo di programmazione rivela che la distribuzione tra le diverse politiche è piuttosto disomogenea. La rassegna mostra che meno del 30 % di tutti gli strumenti strategici era rivolto alle esigenze delle imprese tradizionali. Il CESE ha già manifestato il proprio sostegno a favore delle imprese innovative e in forte espansione (17). Al tempo stesso, tuttavia, il Comitato si rammarica che gli strumenti strategici siano orientati, in misura prevalente e sproporzionata, agli obiettivi di innovazione delle PMI, dato che la maggior parte delle piccole e medie imprese dell’Unione non dispone di alcun potenziale innovativo (e non ne disporrà in un prossimo futuro), né tale potenziale è richiesto dall’attività primaria che queste imprese svolgono. È vero che i prodotti innovativi potrebbero essere sviluppati a costi estremamente contenuti e potrebbero avere un elevato potenziale di crescita, ma questo tipo di crescita è chiaramente l’eccezione e non la regola per le imprese tradizionali e familiari, che operano secondo una filosofia totalmente diversa. L’innovazione è in certa misura possibile e opportuna, e le nuove generazioni, essendo di più ampie vedute, stanno iniziando a innovare, ma nella maggior parte dei casi l’innovazione è soltanto frammentata e non rientra nell’attività principale di queste imprese (18). |
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3.5. |
Le PIFT non sono il principale obiettivo degli strumenti strategici di sostegno, come dimostra il fatto che una minoranza di tali strumenti (solo il 7 % del contributo pubblico totale) è orientato alle PMI operanti in settori particolari, il più comune dei quali è il turismo. Lo dimostra anche il fatto che circa il 54 % delle PMI beneficiarie si concentra nel settore manifatturiero e nelle TIC (10 %), mentre soltanto il 16 % delle PMI opera nei settori del commercio all’ingrosso e al dettaglio, e il 6 % nei servizi ricettivi e di ristorazione, che sono considerati settori tradizionali. Ad aggravare la situazione c’è anche il fatto che nell’ultimo periodo di programmazione il sostegno alle PMI è stato strutturato in funzione della grave crisi economica, tenendo conto della necessità di spostare le risorse dall’innovazione per destinarle a una più generica crescita. |
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3.6. |
Al contempo i dati dimostrano che, nei primi cinque anni dall’inizio della crisi del 2008, il numero delle PMI è aumentato, mentre il valore aggiunto e il numero dei dipendenti sono diminuiti (19). Tali dati statistici lasciano intendere che in questo periodo «l’imprenditoria per necessità» ha prevalso sull’«imprenditoria per opportunità». Ovviamente le persone si sono industriate per trovare un modo di resistere alla crisi e le aziende si sono sforzate di sopravvivere, ma il sostegno è stato insufficiente o inadeguato (20). |
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3.7. |
Numerosi studi recenti hanno chiaramente dimostrato che esistono differenze significative tra le esigenze delle PMI dell’Europa settentrionale e di quelle dell’Europa meridionale, e tali differenze si osservano anche a livello nazionale. Questo giudizio è inoltre pienamente confermato dalla relazione annuale 2014-2015 della Commissione europea sulle PMI europee, secondo cui il gruppo di paesi con il punteggio minimo si colloca per lo più nell’Europa meridionale. Questi Stati riportano percentuali estremamente basse in rapporto alla riuscita dei progetti, anche nella componente PMI di Orizzonte 2020. |
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3.8. |
Un’ulteriore importante sfida in termini di fornitura di un sostegno efficace alle PIFT è rappresentata dal fatto che le politiche di promozione sono per lo più formulate in base alle dimensioni delle aziende da sostenere, e non di caratteristiche più pertinenti che hanno un impatto maggiore sulle loro attività. Si tratta di un approccio che potrebbe risultare obsoleto e non sufficientemente mirato, e che non riesce a tener conto delle diverse esigenze di gruppi differenti come le PIFT. Nei suoi pareri il CESE ha pertanto costantemente sottolineato l’esigenza, in Europa, di politiche di promozione delle PMI maggiormente mirate e meglio definite, come pure la necessità di aggiornare la definizione di PMI per tener meglio conto dell’eterogeneità di tali imprese (21). |
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3.9. |
Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che soltanto una piccola percentuale del sostegno a titolo del FESR abbia sinora prodotto effetti documentati (22), dimostrando così di avere un effetto reale sull’economia. Ciò rimette in discussione l’impatto effettivo dei fondi investiti per sostenere le PMI, e il CESE insiste affinché sia realizzata una valutazione dell’impatto reale che comprenda un’analisi del sostegno concesso alle PIFT. |
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3.10. |
Il FESR non è l’unica fonte di sostegno per le PIFT. Le PMI ricevono un sostegno anche da altre fonti — come il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) (23), il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (24) o il Fondo sociale europeo (FSE) (25) — che possono essere utilizzate separatamente o attraverso gli strumenti territoriali (lo sviluppo locale di tipo partecipativo (Community-Led Local Development — CLLD) e gli investimenti territoriali integrati (ITI)]. Tuttavia tali fondi non sono pensati in funzione delle PIFT e solo una minima parte dei finanziamenti va a tali imprese. Secondo i rappresentanti delle PIFT, le loro esigenze specifiche non sono ben comprese oppure non sono adeguatamente soddisfatte. |
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3.10.1. |
Questa situazione potrebbe spiegarsi col fatto che, al momento di elaborare gli strumenti strategici di sostegno, i responsabili politici e le amministrazioni a livello europeo, nazionale e locale mostrano per certi versi un’eccessiva rigidità e non riescono a tener conto dei punti di vista delle imprese e delle parti sociali, al fine di comprendere le reali esigenze delle piccole e piccolissime aziende. |
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3.10.2. |
Naturalmente la colpa non può essere attribuita soltanto alle amministrazioni, ma anche alle organizzazioni intermediarie, che non sono riuscite a comunicare in modo efficace le reali esigenze delle PMI. Un valido esempio in tal senso è che le PMI sembrano mostrare una spiccata preferenza per le sovvenzioni alle imprese, in contrasto con la crescente importanza attribuita nel dibattito politico al finanziamento con capitale di rischio, al sostegno rimborsabile e al sostegno indiretto. |
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3.10.3. |
Anche i partenariati tra imprese e centri di ricerca e il ricorso a soggetti intermediari affinché forniscano assistenza alle PMI sembrano essere meno diffusi di quanto previsto, nonostante tali tematiche attirino una grande attenzione. È stato sostenuto che tale disallineamento potrebbe in parte essere giustificato dalla crisi, ma in fase di recessione economica i responsabili politici avrebbero potuto optare per strumenti strategici più «tradizionali» per sostenere le economie locali in un momento critico. |
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3.10.4. |
Nella realtà, la possibilità di ricorrere a vari strumenti finanziari specifici non è alla portata delle PIFT a causa delle difficoltà connesse all’attuazione di tali strumenti e alla mancanza di esperienza e conoscenze. |
4. Necessità di tener conto dell’eterogeneità delle PMI
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4.1. |
Se considerate in percentuale del fatturato, le esportazioni delle piccole imprese sono in genere minori rispetto a quelle delle medie e grandi imprese, il che lascia supporre l’esistenza di una correlazione tra le dimensioni di un’azienda e le sue capacità di esportazione. |
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4.2. |
L’accesso ai finanziamenti rappresenta un problema serio per le PMI e le imprese in fase di avviamento («start-up»). In una relazione informativa il CESE ha richiamato l’attenzione sul fatto che dal 2008 l’attività delle PMI è limitata dall’insufficiente erogazione di credito (26). Sebbene la situazione sia recentemente migliorata, i progressi si sono rivelati tanto più lenti quanto minori sono le dimensioni dell’azienda, una situazione che indica ancora una volta l’importanza della dimensione delle imprese nel modellarne esigenze e prestazioni. Inoltre, le PMI fanno perlopiù assegnamento sui prestiti bancari per ottenere dei finanziamenti, ma il sistema bancario non si adatta bene alle necessità di questo tipo di imprese, e in particolare delle PIFT. |
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4.3. |
Di recente il sostegno finanziario è stato principalmente rivolto alle imprese in fase di avviamento («start-up»), che rappresentano una quota molto modesta delle PMI dell’Unione, ma non sono ancora state adeguatamente affrontate né l’urgente necessità di fornire capitali per il finanziamento delle imprese in espansione («scale-up»), né l’esigenza della stragrande maggioranza delle imprese tradizionali di finanziare le loro attività ordinarie, che hanno risentito della recente crisi. Sono stati segnalati casi di dissesti di alcune banche che hanno portato al fallimento di talune piccole imprese semplicemente per problemi di liquidità. |
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4.4. |
Un’altra grave difficoltà che le PMI incontrano, a differenza delle grandi imprese, riguarda l’accesso alle informazioni e ai nuovi mercati. Queste aziende hanno inoltre maggiori difficoltà ad assumere e a conservare una forza lavoro altamente qualificata, nonché a conformarsi a requisiti normativi e burocratici che diventano sempre più numerosi. Questa situazione di svantaggio si aggrava ulteriormente nel caso delle PMI situate nelle regioni meno sviluppate dell’Unione europea, che devono far fronte alla mancanza di opportunità di cooperazione con le grandi imprese nel quadro della loro catena del valore, a minori opportunità di partecipazione a cluster competitivi, a un’insufficiente fornitura di beni pubblici, all’accesso a un numero minore di strutture e istituzioni di sostegno e spesso anche a una clientela in calo. Tutti questi fattori possono anche causare un aumento dei costi per collocare i prodotti sul mercato. |
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4.5. |
Pertanto, per le PMI tradizionali e per quelle situate nelle regioni meno sviluppate dell’UE, gli strumenti strategici di vitale importanza non sono quelli incentrati sulla promozione dell’innovazione, l’accesso ai nuovi mercati, l’internalizzazione, l’accesso ai mercati dei capitali e così via, quanto piuttosto quelli che aiutano le PMI a migliorare se stesse e le proprie prestazioni nell’ambito delle loro attività primarie, come ad esempio strumenti che agevolino l’accesso al credito bancario ordinario, alle informazioni, a una forza lavoro qualificata e ad opportunità imprenditoriali immediate (miglioramento dell’operatività quotidiana). Per queste imprese anche dare inizio a un cambiamento comportamentale non ha senso nel breve periodo, perché per prima cosa è necessario cambiare il contesto generale in cui operano. |
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4.6. |
Mentre in alcuni paesi gli incubatori di imprese funzionano correttamente, in altri i loro effetti positivi sono piuttosto limitati. Il principale fattore di successo è una cultura di condivisione delle risorse organizzative e delle reti di sostegno, che in linea di principio non sono abbastanza consolidate nelle regioni meno sviluppate dell’UE. |
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4.7. |
La crescente importanza di una produzione ad alto contenuto di conoscenze quale vantaggio competitivo aumenta ulteriormente l’eterogeneità delle PMI, operando una distinzione tra le PMI a forte crescita e altre PMI il cui sviluppo è frenato da ostacoli tradizionalmente legati alle loro dimensioni ridotte, alla loro ubicazione e al loro portafoglio clienti. |
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4.8. |
Il CESE invita la Commissione europea a sostenere l’approccio Act Small First («agire anzitutto in piccolo») e a prestare particolare attenzione alle PIFT nella fase di elaborazione degli strumenti strategici. |
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4.9. |
Trenta o quarant’anni fa l’Europa contava numerose regioni in ritardo di sviluppo, territori che sul piano geografico o funzionale erano distanti dai motori della crescita economica. Alcune di esse oggi sono prospere grazie all’azione di amministrazioni locali aperte, responsabili e oneste, all’efficiente operato delle organizzazioni imprenditoriali e alla creazione di reti locali funzionanti tra le imprese. |
5. Le sfide e i modi per affrontarle, al fine di promuovere più efficacemente lo sviluppo delle piccole imprese familiari e tradizionali
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5.1. |
L’accesso ai finanziamenti è un problema ben noto. Rispetto alle imprese di maggiori dimensioni, le PIFT presentano una varianza maggiore in termini di redditività, sopravvivenza e crescita, il che spiega i particolari problemi che tali imprese devono affrontare per finanziarsi. Solitamente le PMI, a causa delle scarse garanzie depositabili, tendono a essere esposte a tassi di interesse più elevati e a un razionamento del credito. Le difficoltà di finanziamento differiscono notevolmente fra le aziende che crescono lentamente e quelle in rapida crescita. |
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5.2. |
L’espansione dei fondi di capitale di rischio, dei mercati del private equity (compresi i mercati informali e i business angels) e del microfinanziamento diffuso (o crowdfunding), nonché lo sviluppo dell’Unione dei mercati dei capitali hanno generalmente migliorato l’accesso al capitale di rischio per particolari categorie di PMI, ma le PIFT molto probabilmente non sono in grado di trarre grande profitto da questi sviluppi e continuano a dipendere in larghissima misura dai prestiti bancari tradizionali. Questi strumenti non sono sempre di facile uso persino per le aziende innovative, le imprese in fase di avviamento («start-up») e le società di medie dimensioni, e le differenze tra i paesi rimangono considerevoli a causa del livello di sviluppo dei mercati di capitali locali e della mancanza di una normativa adeguata. |
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5.3. |
La strategia della Commissione europea intesa ad agevolare l’accesso ai finanziamenti fornendo garanzie è senz’altro da accogliere favorevolmente. Tuttavia, il sistema prescelto sembra generare distorsioni sul mercato delle garanzie e, in ultima analisi, conseguenze indesiderate per l’attività degli istituti di garanzia. Esistono dati empirici (la Spagna è un esempio al riguardo) secondo cui le banche commerciali suggeriscono esplicitamente ai loro mutuatari di rivolgersi all’UE affinché emetta nei loro confronti una garanzia diretta, in modo che la banca possa coprire i rischi correnti tramite la garanzia emessa senza necessità di aumentare la loro classe di rischio. A essere tagliate fuori sono le cosiddette «PMI svantaggiate» (cioè quelle che fanno fatica a ottenere il credito). Una maggiore iniezione di fondi pubblici, erogati tramite controgaranzie, aumenterà l’efficienza nell’utilizzo di tali fondi e avrà un effetto moltiplicatore più forte sul mercato e sull’economia nel suo complesso. |
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5.4. |
Gli oneri normativi europei e locali sono tuttora un ostacolo rilevante per le PIFT, che tendono a essere scarsamente preparate quando si tratta di affrontare i problemi derivanti da un’eccessiva regolamentazione. Per affrontarli esse hanno bisogno di un agevole accesso alle informazioni sulle normative e devono essere meglio informate sulle norme tecniche e ambientali. I responsabili politici devono provvedere affinché le procedure intese ad assicurare l’adempimento degli obblighi non siano inutilmente dispendiose, complesse o lunghe. Inoltre, sarebbe opportuno un controllo attento e sistematico delle nuove normative e della loro attuazione da parte delle pertinenti associazioni locali di categoria. |
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5.5. |
È necessario un accesso a informazioni migliori, non soltanto in relazione ai requisiti normativi; anche le informazioni sull’ambiente imprenditoriale locale e sulle opportunità di mercato a livello regionale sono di vitale importanza per le imprese tradizionali e familiari. Le tecnologie moderne hanno un notevole potenziale in termini di riduzione del divario informativo se concepite in modo da risultare facilmente fruibili per gli utenti. Sarebbe di grande utilità l’istituzione di uno «sportello unico», ossia di un’unica «centrale» che metta a disposizione tutte le necessarie informazioni aventi un’incidenza su strategie e decisioni aziendali, come già accade in alcuni paesi. Le misure intese a promuovere le reti informative devono cercare di personalizzare le banche dati e di evitare il sovraccarico di informazioni. |
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5.6. |
Le recenti misure volte ad agevolare l’accesso ai mercati si sono principalmente concentrate sui mercati internazionali. In tale ambito le strategie cercano di affrontare gli svantaggi di cui risentono le PMI a causa del mancato accesso alle risorse umane, ai mercati esterni e alla tecnologia. Tuttavia, come già detto, per le piccole imprese tradizionali e familiari si tratta spesso di un fattore di scarsa rilevanza. Pertanto, gli sforzi dovrebbero puntare a migliorare il coordinamento tra gli organizzatori di missioni commerciali a livello regionale e a fornire un’assistenza migliore nella ricerca di partner commerciali affidabili. Un’altra possibilità nello stesso settore consiste nel potenziare gli sforzi per aumentare la «quota» dei contratti della pubblica amministrazione che le piccole imprese ottengono nell’ambito degli appalti pubblici. |
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5.7. |
Un problema molto specifico che le piccole imprese tradizionali e familiari hanno affrontato di recente è l’accesso alla manodopera qualificata. Nelle zone remote e in molte regioni in ritardo di sviluppo il quadro demografico si sta deteriorando e, di conseguenza, in molte aree si osserva una significativa scarsità di manodopera specializzata. Le PIFT necessitano pertanto di assistenza sia per individuare e attrarre risorse umane che per formarle. I programmi di formazione dovrebbero essere destagionalizzati e concepiti in funzione delle necessità. Andrebbe inoltre creato un sistema che offra periodicamente questo tipo di programmi, in quanto è possibile che le piccole imprese debbano fare fronte a un alto tasso di avvicendamento del personale. |
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5.8. |
In un’impresa familiare è comune che i discendenti della famiglia del fondatore, ma anche altri soggetti che non lo sono, lavorino per quell’impresa. Fa parte della tradizione e giova all’andamento degli affari, perché agevola un ordinato passaggio di proprietà dell’azienda da una generazione all’altra o consente di acquisire familiarità con il futuro lavoro. In questi casi i titolari e/o i gestori dovrebbero sempre tenere presente che le condizioni di lavoro devono rispettare quanto disposto dalle convenzioni dell’OIL n. 138 e n. 182 sul lavoro minorile. |
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5.9. |
La formazione è necessaria, benché questo non valga solo per i dipendenti delle PIFT. Nelle zone rurali e remote i dipendenti delle banche e le organizzazioni dei datori di lavoro spesso non sono a conoscenza dei vari programmi e delle differenti possibilità che la Commissione europea mette a disposizione, e tanto meno sanno quali sono le procedure e la documentazione correlate. Questa rete di intermediari è estremamente importante ai fini di un sostegno efficiente alle PIFT. Andrebbero promossi i programmi di informazione e lo scambio di buone pratiche tra tali intermediari. Bisognerebbe inoltre istituire un unico punto di contatto per tutte le forme di finanziamento e tutti i tipi di programma. |
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5.10. |
Un’importante misura strategica dovrebbe essere quella di rafforzare la «qualità» dei titolari e/o gestori delle PIFT, dal momento che all’interno di tali aziende tutto è direttamente correlato a tale fattore. Si potrebbe procedere in tal senso promuovendo la formazione e/o assicurando un facile accesso a servizi di orientamento e di consulenza. Andrebbe promosso l’apprendimento permanente: gli strumenti didattici online relativi a materie quali la pianificazione aziendale, le norme di produzione, la legislazione sulla protezione dei consumatori o altre regolamentazioni potrebbero costituire un passo nella giusta direzione. |
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5.11. |
Un’altra possibile misura consiste nell’incentivare le PIFT affinché reinvestano gli utili. Se incentivate ad agire in questo modo, tali imprese diventeranno più stabili e meno dipendenti dai prestiti delle banche, e saranno anche meno esposte alle crisi. |
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5.12. |
Sarebbe molto utile preparare un compendio delle buone pratiche attuate in vari paesi nei settori con un’elevata presenza di PIFT — come il turismo, l’agricoltura, la pesca ecc. — per poi presentarlo agli Stati membri. |
Bruxelles, 18 ottobre 2017
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Georges DASSIS
(1) Cfr. i pareri del CESE sui temi Misure politiche per le PMI (GU C 27 del 3.2.2009, pag. 7), Gli appalti pubblici internazionali (GU C 224 del 30.8.2008, pag. 32), Uno Small Business Act per l’Europa (GU C 182 del 4.8.2009, pag. 30), Strumenti derivati OTC, controparti centrali e repertori di dati sulle negoziazioni (GU C 54 del 19.2.2011, pag. 44) e Accesso ai finanziamenti per le PMI (EESC-2014-06006-00-00-RI-TRA).
(2) Cfr. i pareri del CESE sui temi Impresa familiare (GU C 13 del 15.1.2016, pag. 8), Riesame dello «Small Business Act» (GU C 376 del 22.12.2011, pag. 51) e Diversità delle forme d’impresa (GU C 318 del 23.12.2009, pag. 22).
(3) Valutazione d’impatto iniziale (2017)2868537 dell’8 giugno 2017.
(4) Articolo 4 dell’allegato alla raccomandazione della Commissione 2003/361/CE.
(5) Direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013.
(6) Le piccole imprese tradizionali sono quelle che da molto tempo mantengono lo stesso modello imprenditoriale e sono al servizio di una clientela proveniente da comunità relativamente piccole, come, ad esempio, piccoli ristoranti e caffetterie, distributori di benzina indipendenti, panifici, alberghi a conduzione familiare, piccole aziende attive nel settore dei trasporti e del commercio ecc.
(7) Non esiste una definizione univoca di impresa familiare, ma esistono invece varie definizioni operative che sono andate modificandosi nel corso degli anni. Tali definizioni mettono in evidenza che le imprese familiari sono quelle in cui una famiglia controlla in larga misura l’attività imprenditoriale partecipando all’assetto proprietario e detenendo posizioni direttive. (Sciascia e Mazzola, Family Business Review, vol. 21, n. 4, 2008). Nei paesi dell’OCSE le imprese a conduzione familiare rappresentano complessivamente più dell’85 % di tutte le aziende; alcune di esse sono grandi società, ma il presente parere concentra l’attenzione sulle piccole imprese familiari.
(8) Cfr. il parere del CESE sul tema L’impresa familiare in Europa (GU C 13 del 15.1.2016, pag. 8).
(9) Studi vari (ad esempio, Parlamento europeo, 2011; Centro per i servizi di strategia e valutazione (Centre for Strategy and Evaluation Services — CSES, 2012; Commissione europea 2008; OCSE, 1998).
(10) La raccomandazione della Commissione 2003/361/CE fornisce una definizione delle piccole e medie imprese, che vengono poi ulteriormente classificate in tre categorie: micro, piccole e medie imprese, a seconda del numero di persone occupate e del fatturato. Le principali fonti statistiche non forniscono dati sulle imprese definite come piccole e medie imprese, a causa di una rigida applicazione della suddetta definizione di PMI. I dati a disposizione si basano sul criterio del numero di dipendenti. Pertanto, i dati statistici citati nel presente parere si basano su questa definizione. Va sottolineato che l’utilizzo dei criteri relativi al fatturato e/o agli attivi totali non dovrebbe comportare modifiche significative dei dati statistici, ma l’applicazione delle norme sull’autonomia delle imprese potrebbe avere un impatto sostanziale sui risultati; in uno studio condotto in Germania, l’applicazione di questa norma ha ridotto il numero totale delle «PMI» del 9 % (CSES, 2012).
(11) Il settore non finanziario è costituito da tutti i settori economici dell’UE a 28 o degli Stati membri, esclusi i servizi finanziari, i servizi pubblici, l’istruzione, la sanità, l’arte e la cultura, l’agricoltura, la silvicoltura e la pesca.
(12) Relazione annuale 2014-2015 sulle PMI europee, Commissione europea.
(13) Final Report, Work Package 2, ex post evaluation of Cohesion Policy programmes 2007-2013, focusing on the European Regional Development Fund (ERDF) and the Cohesion Fund (CF) [«Relazione finale, pacchetto di lavoro 2, valutazione ex post dei programmi della politica di coesione per il periodo 2007-2013, con particolare riferimento al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e al Fondo di coesione»], contratto: 2014CE16BAT002, http://ec.europa.eu/regional_policy/en/policy/evaluations/ec/2007-2013/
(14) Support to SMEs — Increasing Research and Innovation in SMEs and SME Development, Work Package 2, First Intermediate Report, Volume I: Synthesis Report, Ex post evaluation of Cohesion Policy programmes, 2007-2013, focusing on the European Regional, Development Fund (ERDF) and the Cohesion Fund (CF), [«Sostegno alle PMI — Rafforzare la ricerca e l’innovazione all’interno delle PMI e potenziare il loro sviluppo, pacchetto di lavoro 2, prima relazione intermedia, volume I: relazione di sintesi, valutazione ex post dei programmi della politica di coesione per il periodo 2007-2013, con particolare riferimento al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e al Fondo di coesione» (FC)], contratto: 2014CE16BAT002, luglio 2015.
(15) Stessa fonte della nota 13.
(16) Stessa fonte della nota 14.
(17) Cfr. il parere d’iniziativa del CESE sul tema Promuovere le imprese innovative e in forte espansione (GU C 75 del 10.03.2017, pag. 6).
(18) Un buon esempio è il turismo rurale, che attualmente per la commercializzazione si affida in larga misura alle piattaforme digitali.
(19) Dati tratti dallo SME Performance Review («Rassegna delle prestazioni delle PMI») della Commissione europea (edizione 2014).
(20) Un «imprenditore per necessità» è una persona che si è vista costretta a diventare un imprenditore perché non disponeva di un’alternativa migliore. Un «imprenditore per opportunità» è invece una persona che ha scelto attivamente di avviare una nuova impresa basandosi sulla percezione dell’esistenza di un’opportunità commerciale inesplorata o sottoutilizzata. Gli elementi raccolti lasciano intendere che l’imprenditoria per necessità e l’imprenditoria per opportunità esercitano un influsso molto diverso sulla crescita economica e lo sviluppo. Di solito l’imprenditoria per necessità non ha alcun impatto sullo sviluppo economico, mentre l’imprenditoria per opportunità influisce su di esso in modo positivo e significativo.
(21) GU C 383 del 17.11.2015, pag. 64.
(22) Sulla base delle informazioni rese disponibili dal sistema di monitoraggio e da altre fonti (ad esempio, la valutazione ad hoc), risulta che soltanto il 12 % di tutti gli strumenti politici danno prova evidente dei loro risultati positivi. Gli strumenti politici che si possono considerare inefficaci rappresentano fino al 5 % del totale.
(23) https://ec.europa.eu/fisheries/cfp/emff_it
(24) https://ec.europa.eu/agriculture/cap-funding_en
(25) http://ec.europa.eu/esf/home.jsp?langId=it
(26) Cfr. la relazione informativa del CESE sul tema Accesso ai finanziamenti per le PMI e le società a media capitalizzazione nel periodo 2014-2020: opportunità e sfide.