Bruxelles, 7.6.2017

COM(2017) 315 final

DOCUMENTO DI RIFLESSIONE

SUL FUTURO DELLA DIFESA EUROPEA



Documento di riflessione sul futuro della difesa europea (2025)

Premessa

Il 1° marzo 2017 la Commissione europea ha presentato il Libro bianco sul futuro dell’Europa, in seguito al quale è stata pubblicata una serie di documenti di riflessione imperniati su tematiche fondamentali per il futuro dell’Unione a 27 Stati membri.

Il documento di riflessione sul futuro della difesa europea è il quarto della serie: delinea le principali tendenze e sfide che daranno forma al nostro futuro in materia di sicurezza e difesa e, su queste basi, indica le opzioni in tre diversi scenari di transizione verso un’Unione della sicurezza e della difesa. Sebbene non si escludano a vicenda, gli scenari esprimono livelli di ambizione differenti per quanto riguarda la collaborazione in materia di sicurezza e di difesa all’interno dell’UE.

L’Unione europea ha apportato al nostro continente un periodo di pace senza precedenti; tuttavia, la crescente instabilità - nel vicinato dell’Europa e a livello mondiale - e l’emergere di nuove minacce per la sicurezza causate da fattori economici, ambientali e tecnologici pongono serie sfide alla nostra sicurezza. I cittadini si sentono sempre meno al sicuro e guardano all’Unione in cerca di protezione. Per rispondere alle loro aspettative, sicurezza e difesa devono svolgere un ruolo di maggior rilievo nel futuro del progetto europeo, come riconosciuto nella Dichiarazione di Roma che contiene la visione di un’Unione sicura, impegnata a rafforzare la sicurezza e la difesa comuni.

Abbiamo fatto i primi, ambiziosi passi verso un’Unione della sicurezza e della difesa: il presente documento di riflessione va a integrare il lavoro in corso sul pacchetto difesa, che ha ricevuto l’appoggio del Consiglio europeo nel dicembre 2016 e che consiste nell’attuazione della strategia globale dell’UE in materia di sicurezza e difesa, nel piano d’azione europeo in materia di difesa e nella cooperazione fra l’UE e la NATO. Questi tre elementi fondanti si stanno traducendo in azioni molto concrete: riforma delle strutture della politica di sicurezza e di difesa comune, sviluppo delle capacità e degli strumenti civili e militari, approfondimento della cooperazione europea nel settore della difesa e intensificazione del partenariato con i paesi partner e le organizzazioni partner, quali l’Organizzazione delle Nazioni Unite e la NATO. Detto questo, occorre fare di più se ci si aspetta dall’Unione l’assunzione di responsabilità maggiori per la sicurezza europea.

Sulla base di quanto finora realizzato, è il momento di valutare in concreto le ambizioni sul futuro ruolo dell’Unione in materia di sicurezza e di difesa. Con il presente documento di riflessione la Commissione europea contribuisce a questo dibattito, che proseguirà poi nei 27 Stati membri.

La posta in gioco è alta, per l’Europa e per i nostri concittadini. Tocca a noi mantenere la promessa di pace nei confronti della presente generazione e di quelle che verranno.

“In questi tempi di cambiamenti, e consapevoli delle preoccupazioni dei nostri cittadini, sosteniamo il programma di Roma e ci impegniamo ad adoperarci per realizzare:

[...] un’Unione pronta ad assumersi maggiori responsabilità e a contribuire alla creazione di un’industria della difesa più competitiva e integrata; un’Unione impegnata a rafforzare la propria sicurezza e difesa comuni, anche in cooperazione e complementarità con l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, tenendo conto degli impegni giuridici e delle situazioni nazionali [...].”

Dichiarazione di Roma del 25 marzo 2017

“Ritengo inoltre che l’Europa debba essere resa più forte in termini di sicurezza e di difesa. Certo, l’Europa ha principalmente un potere di persuasione, ma a lungo andare anche il potere di persuasione più forte ha bisogno di un minimo di capacità di difesa integrate.”

Jean-Claude Juncker

Presidente della Commissione europea

Orientamenti politici per la Commissione europea, 15 luglio 2014.

1.Introduzione

Sulle ceneri di due guerre mondiali costate 80 milioni di vite umane, la nascita dell’Unione ha segnato una visione di pace duratura nel continente europeo. Oltre sessant’anni dopo, la maggior parte degli europei ha vissuto in pace per tre generazioni e sette decenni, il periodo più lungo nella storia tormentata dell’Europa (figura 1).

In quest’arco di tempo il mondo è cambiato, profondamente, ma non il nostro impegno per la pace, che resta incrollabile. Godiamo oggi di opportunità senza precedenti nella vita quotidiana, ma dobbiamo anche far fronte a minacce e sfide nuove: pace e sicurezza in casa non possono più esser date per scontate quando potenze mondiali e regionali corrono al riarmo, i terroristi colpiscono al cuore le città in Europa e nel mondo e gli attacchi informatici aumentano in modo esponenziale.

In questo contesto, l’Unione europea e gli Stati membri hanno il dovere e la responsabilità di proteggere i cittadini e promuovere gli interessi e i valori europei. Per i cittadini europei la sicurezza è diventata una delle maggiori preoccupazioni e si rivolgono all’Unione in cerca di protezione: chiedono e devono potersi sentire al sicuro in Europa, ne hanno pieno diritto.

La tutela della nostra società e delle nostre libertà è una responsabilità comune; per continuare a mantenere la promessa di pace nei confronti delle prossime generazioni, come è stato fatto per la nostra, sicurezza e difesa devono avere un ruolo di maggior rilievo nel progetto europeo. Solo a livello di Unione europea è possibile ottenere il massimo valore aggiunto per quanto riguarda il futuro della sicurezza e della difesa europee.

Le minacce che oggi dobbiamo affrontare non rispettano i confini nazionali. Se è vero che gli Stati membri restano in prima linea e sono responsabili del dispiegamento di forze armate e di polizia ogni qual volta sia necessario, è vero anche che per i nuovi tipi di minacce la prevenzione e il contrasto sono massimamente efficaci se attuati lavorando insieme.

L’UE può avviare, agevolare e rafforzare questa cooperazione, che contribuisce a rendere più incisiva l’azione collettiva. L’Unione può fornire agli Stati membri il quadro e gli incentivi per sviluppare e mantenere più capacità di difesa e migliori, grazie ad una cooperazione più sistematica e allo sviluppo congiunto delle tecnologie e capacità necessarie per tenere al sicuro l’Europa.

Uno dei principali punti di forza dell’approccio dell’UE è la combinazione di persuasione e coercizione: l’Unione si avvale infatti di strumenti di sicurezza e di difesa insieme alla diplomazia, alle sanzioni, alla cooperazione allo sviluppo e al commercio al fine di prevenire i conflitti; promuove la pace, la crescita inclusiva, i diritti umani, lo stato di diritto e la tutela dell’ambiente tanto al proprio interno quanto all’esterno. Laddove la sola forza di persuasione potrebbe non bastare in un mondo instabile, questo approccio integrato è fondamentale per una sicurezza stabile e duratura.

L’Unione offre una piattaforma ineguagliabile per coordinare le politiche di sicurezza e di difesa con i partner fondamentali, tra cui l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico e l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Una dinamica senza precedenti tende attualmente ad avvicinare l’UE e la NATO.

Nel discorso sullo stato dell’Unione del 2016, il Presidente Juncker ha auspicato un’“Europa che protegge e difende, sia al proprio interno che all’esterno”. Il presente documento di riflessione esamina le questioni che contano per il futuro della nostra sicurezza e difesa, andando al di là delle attuali discussioni e decisioni; valuta piuttosto le tendenze strutturali soggiacenti, presenta diversi scenari possibili per il futuro della sicurezza e della difesa europee da qui al 2025 e traccia i possibili sviluppi futuri.

Figura 1: Guerra e pace nella storia europea

Fonte: Centro europeo di strategia politica

2.Principali tendenze

Varie tendenze politiche, strategiche, economiche e tecnologiche suggeriscono che i tempi sono maturi per un salto di qualità dell’Europa in materia di sicurezza e di difesa.

Fattori strategici

Dopo decenni di pace in Europa emergono nuove realtà dentro e fuori dalle nostre frontiere: a est, i paesi si trovano di fronte a minacce e vulnerabilità militari, economiche, politiche e di sicurezza energetica; sull’altra sponda del Mediterraneo e in parte dell’Africa subsahariana, la diffusione di spazi non governati e di conflitti ha lasciato un vuoto nel quale prosperano terroristi e criminali. Le rivalità regionali sono in ascesa esponenziale e si assiste a un forte aumento delle vittime civili e dei profughi nel mondo, con più di 60 milioni di sfollati. La maggiore connettività rende sfocati i confini tra sicurezza interna ed esterna. I cambiamenti climatici e la scarsità delle risorse, associati alla crescita demografica e alla fragilità degli Stati, rischiano di favorire situazioni di conflitto e instabilità nel mondo.

Peraltro, le relazioni transatlantiche sono in fase evolutiva. L’onere di migliorare la sicurezza europea fa capo innanzitutto agli europei. Le risorse ci sono: collettivamente, i paesi europei sono al secondo posto nel mondo in termini di spese militari. Insieme agli Stati Uniti e ad altri paesi, l’Europa ha la sua parte di responsabilità nella pace e nella sicurezza mondiali. Agire insieme ai nostri partner continuerà ad essere la norma e la linea preferenziale dell’UE, ma dobbiamo essere in grado di intervenire da soli laddove necessario.

Nel 2016 i governi nazionali, in risposta alle preoccupazioni dei cittadini, hanno reagito in modo più deciso alle pressanti minacce per la sicurezza. I bilanci della difesa sono aumentati di conseguenza, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Per procedere verso l’autonomia strategica dell’Europa è necessario spendere di più per la difesa, spendere meglio e insieme (figura 2). Gli Stati Uniti investono nella difesa già più del doppio di tutti gli Stati membri insieme, e nel 2018 intendono aumentare la dotazione finanziaria di quasi il 10%. La Cina ha aumentato il bilancio del 150% nell’ultimo decennio, con un ulteriore aumento del 7% previsto nel 2017, mentre l’anno scorso la Russia ha investito nella difesa il 5,4% del PIL.

Figura 2: Spesa per la difesa europea in una prospettiva comparata

Fonte: Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (dati 2016), Janes, Centro europeo di strategia politica

Fattori politici

I leader dell’UE si sono impegnati a rafforzare la sicurezza e la difesa europee, secondo le richieste e le attese dei cittadini. I sondaggi indicano chiaramente nella sicurezza la prima preoccupazione della maggior parte dei cittadini europei (figura 3), anche se i motivi del senso d’insicurezza differiscono da uno Stato membro all’altro.

Gli europei concordano inoltre sul fatto che l’azione collettiva dei paesi dell’UE è indispensabile per la loro sicurezza. Un’ampia maggioranza in tutti gli Stati membri vorrebbe vedere «più Europa» in materia di sicurezza e di difesa (figura 3). In uno spazio in cui merci, servizi, capitali e persone circolano liberamente, la sicurezza non può essere compartimentata né pienamente garantita dagli Stati membri unilateralmente. Il messaggio dei cittadini europei è chiarissimo: sicurezza e difesa dovrebbero essere parte integrante delle attività dell’Unione.

Figura 3: Preoccupazioni e richieste dei cittadini

Fonte: Eurobarometro

Fattori economici e tecnologici

Oggi i mercati della difesa sono assai frammentati, con conseguente mancata interoperabilità e costi-opportunità equivalenti ad almeno 30 miliardi di euro. Rispetto all’ammontare della spesa, le capacità di difesa ottenute restano penosamente limitate (figura 4) e ci sono differenze fra i contributi alla difesa europea apportati dagli Stati membri.

In un mondo connesso, controverso e complesso, gli Stati membri sono decisamente troppo piccoli per ottenere da soli risultati apprezzabili. Le potenze di scala continentale sono molto meglio attrezzate rispetto a Stati di piccole o medie dimensioni. Le economie di scala sono più che mai importanti per migliorare l’efficacia e l’efficienza.

Questo vale a maggior ragione in un momento in cui la pressione sui bilanci nazionali è e resta forte. La tensione tra vincoli di bilancio e priorità concorrenti di politica pubblica continuerà a caratterizzare l’economia politica di molti Stati membri. Allo stesso tempo la concorrenza tra i grandi operatori industriali sullo scacchiere internazionale è destinata ad aumentare e questo imporrà un uso più efficiente delle risorse (economia circolare). Per competere su scala mondiale l’Europa dovrà mettere in comune e integrare il meglio delle sue capacità industriali e tecnologiche.

L’evoluzione tecnologica trasforma anche radicalmente la natura e l’aspetto della sicurezza e della difesa. I megadati, la tecnologia cloud, i veicoli telecomandati e l’intelligenza artificiale stanno rivoluzionando il settore della difesa, innalzando anche l’avanguardia tecnologica del settore civile nell’ambito della difesa. Tuttavia, la relativa facilità di accesso alla tecnologia è anche causa del rapido aumento delle minacce non convenzionali, transnazionali e asimmetriche, ad esempio attacchi ibridi, terroristici, informatici, chimici, biologici e radiologici. L’aumento degli utenti di Internet ha fatto della criminalità informatica e dell’uso di Internet a fini terroristici una nuova frontiera della guerra nel XXI secolo.

In futuro, l’efficacia della sicurezza e della difesa europee poggerà sull’efficienza di coordinamento dei grandi investimenti che l’UE e gli Stati membri verseranno nelle attività di ricerca e sviluppo, che aiuterà a tenere il passo con le nuove tendenze e generare le capacità tecnologiche e industriali di cui l’Europa ha bisogno per garantirsi un’autonomia strategica.

Figura 4: Duplicazioni della spesa per la difesa europea

 

Fonte: Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (dati 2016), Istituto internazionale di studi strategici (valutazione annuale delle capacità militari (Military Balance) 2017), Centro europeo di strategia politica

 

3.L’Europa nel 2025: verso un’Unione della sicurezza e della difesa

Le minacce alla sicurezza non sono lontane dai confini dell’Europa e dai nostri concittadini, i leader politici hanno già cominciato a reagire in risposta a queste tendenze. Sono in corso varie iniziative volte ad attuare la strategia globale nel settore della sicurezza e della difesa, a costruire relazioni più strette fra l’UE e la NATO e a permettere agli Stati membri di condurre assieme attività di ricerca nel settore della difesa e di sviluppare assieme capacità di difesa.

Si stanno gradualmente gettando le fondamenta di un’Unione della sicurezza e della difesa: soltanto proseguendo con determinazione su questa via i cittadini d’Europa si sentiranno e saranno al sicuro. Per realizzare quest’obiettivo dovremo compiere progressi in diversi ambiti, illustrati qui di seguito.

In primo luogo, per acquisire maggiore forza e sovranità in un mondo globalizzato gli Stati membri devono cooperare di più all’interno dell’Unione europea, anche nella difesa, sempre nel totale rispetto dei diritti e delle responsabilità costituzionali di ciascun paese. Una cooperazione sistematica e un’integrazione graduale nel settore della difesa contribuiranno di fatto a salvaguardare la sovranità nazionale di ciascuno.

In secondo luogo, storicamente si sono sviluppate percezioni delle minacce e culture strategiche divergenti da uno Stato all’altro. La stessa natura delle minacce è mutata nel corso del tempo: ci troviamo oggi di fronte a minacce ibride e transnazionali e ad un significativo impatto dei conflitti in regioni limitrofe. Un’Unione della sicurezza e della difesa mira ad incoraggiare un maggiore allineamento delle culture strategiche e un’interpretazione comune sia delle minacce che delle risposte adeguate. Inoltre, essa implica la condivisione del processo decisionale e dell’azione, così come una maggiore solidarietà finanziaria a livello europeo.

In terzo luogo, la natura delle relazioni transatlantiche è in evoluzione, per cui oggi più che mai gli europei devono assumersi maggiori responsabilità per la propria sicurezza. Come già oggi avviene, l’UE e la NATO continuerebbero a coordinarsi nelle attività di sicurezza militare (“hard”) e di sicurezza cooperativa (“soft”). In parallelo, l’UE costituirebbe l’ambito nel quale i 27 Stati membri (dopo la Brexit), 21 dei quali sono membri dell’alleanza NATO (figura 5), rafforzerebbero collettivamente la difesa e colmerebbero le carenze esistenti. L’UE a 27 potrebbe così prendere più saldamente in mano le redini della propria sicurezza e compiere un vero balzo in avanti nel contributo offerto alla pace e alla sicurezza internazionali.

In quarto luogo, è necessario potenziare l’entità e l’efficienza della spesa per la difesa: la duplicazione delle iniziative intraprese separatamente da ciascuno Stato membro ha un impatto sull’interoperabilità dei rispettivi equipaggiamenti, così come può determinare una mancanza di preparazione e di reattività delle forze armate e lacune nelle capacità di difesa. Per ovviare al problema, gli Stati membri dovrebbero coordinare meglio la spesa. La maggior parte delle risorse finanziarie destinate alla difesa continuerà in ogni caso a essere attinta a fonti nazionali. Tuttavia, un bilancio UE atto a rispecchiare una nuova ambizione nel settore della difesa, abbinato a un Fondo europeo per la difesa di ampie proporzioni, consentirebbe agli europei di spendere meglio e in maniera più efficiente. Il Consiglio europeo potrebbe esaminare in che modo le attuali limitazioni al finanziamento comune degli aspetti militari dell’UE possano essere superate via via che si avanzerà verso una difesa comune.

Infine, la cooperazione sistematica e l’integrazione nel settore presuppongono a loro volta un autentico mercato unico della difesa, il quale implica la necessità di incoraggiare la concorrenza, l’accesso transfrontaliero delle industrie più piccole alla catena di approvvigionamento, la specializzazione, le economie di scala per i fornitori, l’ottimizzazione della capacità di produzione, l’abbassamento dei costi di produzione e la sicurezza dell’approvvigionamento. Il mercato unico della difesa favorirebbe inoltre la ricerca nei settori critici e la nascita di nuove imprese finalizzate a sviluppare le tecnologie fondamentali di cui l’Europa ha bisogno per rispondere alle sfide che le si pongono nel settore della sicurezza. Peraltro, la transizione avrà un costo e le preoccupazioni legittime dovranno trovare risposta in misure adeguate, senza che venga meno la tutela degli interessi nazionali in materia di sicurezza.

Figura 5: Stati membri dell’UE e membri della NATO (2017)

Fonte: Centro europeo di strategia politica

Guardando al 2025 sono ipotizzabili tre scenari, in base alla volontà politica degli Stati membri di andare avanti su questi aspetti.

Gli scenari, che seguono una logica di progressione nella stessa direzione, tengono tutti conto delle diverse tendenze e spinte strategiche elencate supra. Gli elementi fondanti di ciascuno scenario non sono esaustivi né si escludono a vicenda: mettono piuttosto in luce le diverse componenti dei diversi livelli di ambizione per l’Unione della sicurezza e della difesa in termini di solidarietà, operazioni, capacità, industria e impiego delle risorse finanziarie. Gli scenari illustrano in che misura si può liberare il potenziale valore aggiunto dell’UE secondo l’ambizione degli Stati membri. Alcuni degli elementi citati negli scenari sono già in fase di attuazione o di esame. I tre scenari sono meramente illustrativi e non ipotecano la posizione giuridica e politica definitiva della Commissione.

a) Cooperazione nel settore della sicurezza e della difesa

In questo scenario la cooperazione fra gli Stati membri dell’UE a 27 nel settore della sicurezza e della difesa sarebbe più frequente che in passato.

La cooperazione rimarrebbe in gran parte volontaria e dipenderebbe da decisioni ad hoc via via assunte all’emergere di nuove minacce o crisi. Sebbene la sempre maggiore complessità e instabilità del mondo giustifichino una cooperazione più intensa rispetto ai decenni passati, gli Stati membri non sarebbero vincolati - né politicamente né giuridicamente - a seguire una direzione comune nella sicurezza e nella difesa. Ciascuno Stato membro caso per caso darebbe l’interpretazione e l’espressione volute alla solidarietà.

L’Unione europea rimarrebbe in grado di dispiegare missioni civili e missioni e operazioni militari di scala relativamente ridotta a fini di gestione delle crisi; concentrerebbe l’attività principalmente sulle missioni di sviluppo delle capacità, volte a rafforzare e riformare gli apparati di sicurezza e di difesa di paesi partner, migliorando nel contempo la resilienza dell’UE. La guida delle operazioni di più larga scala e più complesse sarebbe affidata agli Stati membri dotati delle maggiori capacità. Il margine di manovra strategico dell’Unione dipenderebbe in ogni caso dal livello di accordo tra gli Stati membri.

L’UE verrebbe a integrare le iniziative dei singoli Stati membri e dei suoi partner fondamentali. Si continuerebbe in particolare a intensificare la cooperazione con la NATO su aspetti quali le minacce ibride, la cibersicurezza e la sicurezza marittima, per i quali l’efficacia della risposta implica una combinazione del potere di coercizione e del potere di persuasione. In caso di compresenza di UE e NATO, tuttavia, la NATO continuerebbe ad affidarsi alle maggiori capacità militari di cui dispone, mentre l’UE sfrutterebbe lo strumentario più ricco a sua disposizione, associando strumenti, meccanismi e azioni più “di persuasione” a missioni e operazioni militari mirate.

La risposta alle minacce non convenzionali che stanno a cavallo fra politica interna e politica esterna, quali il terrorismo, le minacce ibride o quelle informatiche, rimarrebbe in larga misura nella sfera nazionale, ma acquisirebbe efficacia grazie al maggiore sostegno a livello di UE. L’Unione europea favorirebbe una maggiore condivisione delle informazioni per migliorare la sensibilizzazione e aumentare la resilienza degli Stati membri. I servizi di sicurezza e di informazione nazionali si scambierebbero informazioni in maniera più sistematica per contribuire a una comprensione migliore e collettiva delle minacce esterne. Gli Stati membri intensificherebbero lo scambio di informazioni sulle minacce e sugli attacchi informatici, il che permetterebbe loro di stabilire a livello nazionale strategie, capacità e risposte più efficaci. L’Unione contribuirebbe direttamente a migliorare la resilienza delle infrastrutture critiche, delle catene di approvvigionamento e, in settori quali l’energia e lo spazio, della società in generale. La guardia di frontiera e costiera europea contribuirebbe al controllo e alla protezione delle frontiere esterne dell’UE.

La cooperazione in materia di difesa resterebbe un obiettivo politico. Si lavorerebbe di più insieme, in particolare allo sviluppo di determinate tecnologie critiche o ai fattori logistici necessari per le operazioni militari. La cooperazione s’intensificherebbe soprattutto sotto la spinta dal basso dei fattori economici e tecnologici illustrati supra, ma anche grazie allo sforzo di maggiore trasparenza compiuto dagli Stati membri nella pianificazione della difesa, alla creazione di un programma UE di ricerca nel settore della difesa e all’istituzione del Fondo europeo per la difesa per sviluppare insieme capacità nuove. Queste iniziative promuoverebbero l’autonomia strategica dell’Europa nelle tecnologie critiche e contribuirebbero a una spesa per la difesa più efficiente.

L’industria europea della difesa rimarrebbe tuttavia frammentata: per la maggior parte delle capacità di difesa, in particolare le piattaforme complesse, lo sviluppo e gli appalti resterebbero confinati alla dimensione nazionale; in genere, il lieve incremento della spesa per la difesa degli Stati membri non sarebbe destinato a spese collaborative; di conseguenza solo qualche paese dell’UE, o forse nessuno, manterrebbe forze armate sull’intero spettro. Poiché le attività dell’UE nel settore della sicurezza e della difesa continuerebbero a basarsi sui contributi volontari degli Stati membri, la cooperazione in settori critici quali le capacità di punta risulterebbe insufficiente, con conseguente limitazione della capacità dell’UE di intraprendere le missioni più impegnative.

b) Sicurezza e difesa condivise

In questo scenario gli Stati membri dell’UE a 27 passerebbero a una condivisione della sicurezza e della difesa, instaurando nel settore una solidarietà finanziaria e operativa molto maggiore, basata su una comprensione più vasta e profonda della rispettiva percezione delle minacce e sulla convergenza delle culture strategiche.

L’UE migliorerebbe così la capacità di proiettare potenza militare e di impegnarsi totalmente nella gestione delle crisi esterne e nello sviluppo delle capacità di sicurezza e di difesa dei partner. Migliorerebbe altresì la capacità di proteggere l’Europa nei settori che stanno a cavallo fra politica interna e politica esterna, quali l’antiterrorismo, il contrasto delle minacce ibride e informatiche, il controllo delle frontiere e la sicurezza energetica e marittima.

S’intensificherebbe ulteriormente la cooperazione fra l’UE e la NATO, che coopererebbero e si coordinerebbero sistematicamente per mobilitare l’intera gamma dei rispettivi strumenti e meccanismi. Nella sfera esterna l’UE e la NATO potenzierebbero il coordinamento delle azioni di gestione delle crisi e di sviluppo delle capacità, ad esempio coordinando operazioni di sorveglianza, interventi contro gruppi terroristici o missioni di sicurezza marittima e di protezione delle frontiere. Nel punto d’incontro fra sicurezza interna ed esterna, l’UE interverrebbe in maniera più decisa per affrontare le minacce e le sfide che restano al di sotto della soglia prevista dalla clausola di difesa collettiva del trattato di Washington.

Nella gestione delle crisi l’UE aumenterebbe sensibilmente la capacità di proiettare forza militare all’esterno e questo le consentirebbe di condurre operazioni ad alta intensità di contrasto del terrorismo e delle minacce ibride. Le missioni UE - civili e militari - di sviluppo delle capacità salirebbero di livello, contribuendo ad aumentare la resilienza nei paesi sia delle regioni circostanti sia di quelle più lontane. Strutture più efficienti e più solide di gestione delle crisi verrebbero a favorire quest’evoluzione, che implicherebbe anche una maggiore disponibilità degli Stati membri dotati delle forze armate più forti di effettuare insieme missioni e operazioni impegnative di gestione delle crisi a nome dell’Unione, in conformità dell’articolo 44 del trattato sull’Unione europea. Alla maggiore capacità d’azione si abbinerebbe la volontà politica: il processo decisionale diverrebbe più rapido, adattandosi al ritmo di un contesto strategico in rapida evoluzione. A termine l’UE diverrebbe un garante della sicurezza più forte e più reattivo, dotato dell’autonomia strategica che gli permette di agire sia da solo sia insieme ai partner fondamentali.

In questo scenario l’UE sarebbe implicata più direttamente nella protezione degli Stati membri e dei cittadini in caso di attacchi o perturbazioni gravi perpetrati contro un paese e/o le sue infrastrutture critiche. L’UE metterebbe gli Stati membri in condizione di cooperare nella segnalazione sistematica degli attacchi informatici; aiuterebbe ad aumentare la resilienza e a potenziare le esercitazioni informatiche includendovi una dimensione di difesa. La cooperazione più intensa e l’effettività dell’azione penale migliorerebbero la capacità di rintracciare e punire i criminali, rafforzando così il deterrente contro gli attacchi informatici. Sistematicamente gli Stati membri si scambierebbero e metterebbero in comune i dati di intelligence (analisi e valutazioni delle minacce) e l’Unione manterrebbe una pressione particolare sulla lotta al finanziamento del terrorismo, alla criminalità organizzata e al riciclaggio. La guardia di frontiera e costiera europea, potenziata ulteriormente e usata al massimo delle sue potenzialità, controllerebbe e proteggerebbe le frontiere esterne dell’UE operando in sinergia con le forze di difesa. L’Unione intensificherebbe i lavori volti a diversificare le fonti energetiche, sviluppare e promuovere norme di sicurezza energetica, coordinare la preparazione alle minacce sanitarie e migliorare la gestione dei rischi doganali. Infine, l’Unione svilupperebbe ulteriormente i programmi spaziali, offrendo servizi supplementari per la sicurezza e la difesa, fra cui servizi di sorveglianza marittima e delle frontiere, funzioni di ricerca e soccorso o protezione delle comunicazioni delle amministrazioni pubbliche. Si potrebbe estendere l’ambito di applicazione del quadro di sostegno al servizio di sorveglianza e di localizzazione per inserirvi le minacce informatiche o le minacce di altro tipo che interessano i satelliti o le infrastrutture a terra.

Nel settore della difesa la cooperazione tra gli Stati membri diverrebbe la norma piuttosto che l’eccezione. Gli Stati membri spingerebbero molto più avanti l’allineamento della pianificazione della difesa, agevolando la cooperazione nelle acquisizioni e nella manutenzione delle capacità e, quindi, migliorando l’interoperabilità. Sarebbero ridotte considerevolmente le duplicazioni fra gli Stati membri; lo sviluppo e l’acquisizione di piattaforme complesse verrebbero gestiti in cooperazione. Potendo contare su un Fondo europeo per la difesa ambizioso, gli Stati membri sarebbero più sistematici nello sviluppare capacità multinazionali in vari settori, fra cui il trasporto strategico, i sistemi aerei a pilotaggio remoto, la sorveglianza marittima, la comunicazione satellitare e le capacità offensive. Queste capacità multinazionali sarebbero sostenute da strutture di pianificazione e di comando e da una logistica congiunte a livello di UE. In particolare, le missioni e operazioni dell’UE riceverebbero sostegno effettivo dalle componenti della forza multinazionale in attesa e da un comando medico e dell’aviotrasporto competente per tutta l’UE, mentre programmi comuni di istruzione e di formazione ed esercitazioni comuni su vasta scala promuoverebbero una cultura militare europea condivisa. Lo sviluppo delle tecnologie critiche s’iscriverebbe in programmi europei, in particolare nel settore dell’intelligenza artificiale, delle biotecnologie e del supercalcolo. Potrebbe essere istituito un osservatorio europeo per analizzare gli investimenti esteri diretti in tali tecnologie critiche e valutarne il potenziale effetto. Gli europei acquisirebbero incisività grazie all’interoperabilità delle capacità di difesa terrestre, aerea, spaziale e marittima. Le risorse verrebbero usate in modo più razionale grazie alle economie di scala di cui beneficerebbe un’industria della difesa unificata che opera su un mercato dei materiali di difesa a dimensione UE e a condizioni di finanziamento favorevoli alle piccole e medie imprese lungo l’intera catena di approvvigionamento.

c) Difesa e sicurezza comuni

In questo scenario gli Stati membri approfondirebbero la cooperazione e l’integrazione dirigendosi verso una sicurezza e una difesa comuni. Quest’Unione della sicurezza e della difesa muoverebbe dai fattori strategici, economici e tecnologici esistenti su scala mondiale, ma anche dall’impulso politico verso una sicurezza e una difesa comuni in Europa impresso dai cittadini europei.

Nel settore della sicurezza e della difesa la solidarietà e l’assistenza reciproca tra Stati membri diverrebbe la norma grazie allo sfruttamento di tutte le possibilità offerte dall’articolo 42 del trattato sull’Unione europea, che comprende la graduale definizione di una politica di difesa comune che conduca a una difesa comune.

Nel pieno rispetto degli obblighi degli Stati membri che ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, la protezione dell’Europa diverrebbe una responsabilità sinergica dell’UE e della NATO. In modo complementare alla NATO, la sicurezza e la difesa europee comuni aumenterebbero la resilienza dell’Europa, proteggerebbero l’Unione da varie forme di aggressione e offrirebbero ai nostri concittadini le rassicurazioni che si attendono.

L’UE sarebbe in grado di effettuare operazioni di punta per proteggere meglio l’Europa, comprese in potenza operazioni contro gruppi terroristici, operazioni navali in ambiente ostile o azioni di difesa informatica.

Le minacce alla sicurezza sarebbero sistematicamente monitorate e valutate insieme, in stretta cooperazione con i servizi di sicurezza e di informazione degli Stati membri. La pianificazione di contingenza sarebbe effettuata a livello europeo, avvicinando così la sfera della sicurezza interna a quella della sicurezza esterna. L’interconnessione degli interessi di sicurezza nazionali condurrebbe a interessi di sicurezza autenticamente europei.

La maggiore capacità di azione a livello di UE poggerebbe su una maggiore integrazione delle forze di difesa degli Stati membri, che aumenterebbe ulteriormente la solidarietà tra questi. Tali forze sarebbero preposizionate e disponibili permanentemente per un dispiegamento rapido a nome dell’Unione, effettuerebbero periodicamente esercitazioni militari comuni e periodicamente sarebbero formate in accademie europee per la difesa, in modo da favorire la convergenza delle culture strategiche.

Sul piano interno l’UE aumenterebbe la propria resilienza e quella degli Stati membri attraverso politiche settoriali su aspetti quali la sicurezza informatica, la protezione delle infrastrutture critiche o il contrasto dell’estremismo violento. Ai fini della sicurezza informatica, l’UE coordinerebbe gli scenari di risposta e gli interventi in caso di attacchi informatici o di ingerenze esterne nei processi democratici degli Stati membri, anche attraverso la condivisione sistematica delle informazioni, la cooperazione tecnologica e la comunanza delle dottrine. La guardia di frontiera e costiera europea farebbe affidamento su forze marittime europee permanenti e su mezzi d’intelligence europei, quali sistemi aerei a pilotaggio remoto o satelliti. Verrebbe istituita una forza europea di protezione civile in grado di reagire rapidamente alle calamità naturali o antropogeniche. Gli accordi permanenti fra Stati membri permetterebbero di spostare rapidamente i materiali militari all’interno dell’Europa.

Gli Stati membri sincronizzerebbero totalmente la pianificazione della difesa e le priorità nazionali per lo sviluppo di capacità terrebbero conto delle priorità concordate a livello europeo. Tali capacità sarebbero poi sviluppate in base a una cooperazione stretta, se non addirittura all’integrazione o alla specializzazione.

In settori quali lo spazio, la sorveglianza marittima e aerea, le comunicazioni, il trasporto aereo strategico e l’informatica, gli Stati membri acquisirebbero in comune le capacità, con il sostegno del Fondo europeo per la difesa al fine di garantire risposte immediate. L’Europa sarebbe in grado di dispiegare capacità informatiche offensive e di rilevazione. Sarebbero potenziati sensibilmente i programmi multinazionali di sviluppo e acquisizione collaborativi in settori quali gli aeromobili da trasporto, gli elicotteri, i mezzi di ricognizione o le capacità di difesa CBRN. Tutto questo sarebbe sostenuto da un mercato della difesa autenticamente europeo, completato da un meccanismo europeo di monitoraggio e di protezione delle attività strategiche fondamentali dalle acquisizioni ostili provenienti dall’esterno. Un’apposita Agenzia europea di ricerca nel settore della difesa sosterrebbe un’innovazione proiettata nel futuro e contribuirebbe a tradurla nelle capacità militari del domani. Sarebbero messe in comune le conoscenze di avanguardia, così da permettere alla ricerca critica e alle nuove imprese innovative di sviluppare le tecnologie essenziali per superare le sfide di sicurezza che si pongono all’Europa. L’efficienza della spesa per la difesa e risultati maggiori e migliori nel settore sarebbero conseguiti grazie alla giusta combinazione di concorrenza e unificazione, specializzazione, economie di scala, condivisione di costosi mezzi militari e innovazione tecnologica, allo scopo di ottenere il miglior rapporto qualità/prezzo.

Principi

Azioni

Capacità

Efficienza

Scenario a)

Cooperazione nel settore della sicurezza e della difesa

L’UE integra gli sforzi degli Stati membri, la solidarietà rimane ad hoc e ogni Stato membro la interpreta come meglio crede.

Missioni di sviluppo delle capacità, modeste operazioni di gestione delle crisi, maggiore scambio di dati di intelligence, sostegno dell’UE alla resilienza degli Stati membri. La cooperazione UE-NATO prosegue invariata.

Sviluppo di alcune tecnologie fondamentali a livello UE, ma difficoltà a mantenere capacità sull’intero spettro; uso limitato del Fondo europeo per la difesa.

Economie di scala al primo stadio.

Scenario b)

Sicurezza e difesa condivise

L’UE si aggiunge agli Stati membri nello sforzo, la solidarietà operativa e finanziaria diventa la norma.

Gestione delle crisi, sviluppo delle capacità e collegamento fra protezione all’interno e all’esterno. Gli Stati membri monitorano la situazione e si assistono reciprocamente riguardo alle minacce informatiche e allo scambio di dati di intelligence, la guardia di frontiera e costiera europea protegge le frontiere esterne. UE e NATO si coordinano nell’intera gamma che spazia dalla sicurezza militare alla sicurezza cooperativa.

Finanziamento congiunto di capacità essenziali e acquisto in comune di capacità multinazionali con il sostegno del Fondo europeo per la difesa;

pianificazione comune e sviluppo delle catene del valore.

Considerevoli economie di scala grazie al mercato della difesa a dimensione europea, condizioni di finanziamento favorevoli lungo l’intera catena di approvvigionamento della difesa.

Scenario c)

Difesa e sicurezza comuni

Solidarietà e assistenza reciproca, difesa comune come previsto dal trattato.

Operazioni esecutive impegnative a guida UE; monitoraggio/valutazione delle minacce e pianificazione di contingenza svolti in comune. Sicurezza informatica a livello di UE; la guardia di frontiera e costiera europea fa affidamento su forze marittime permanenti e su mezzi d’intelligence europei, quali droni e satelliti; forza di protezione civile europea. In modo complementare alla NATO, la sicurezza e la difesa europee comuni aumentano la resilienza dell’Europa e proteggono l’Unione da varie forme di aggressione.

Finanziamento e acquisizione in comune di capacità con il sostegno del bilancio dell’UE. Indipendenza tecnologica.

Efficienza della spesa per la difesa grazie a maggiori economie di scala, specializzazione, condivisione di costosi mezzi militari e innovazione tecnologica finalizzata a ridurre i costi della difesa, attrezzandosi meglio ad affrontare la concorrenza internazionale.

Figura 6: Componenti di un’Unione della sicurezza e della difesa

4.Prossime tappe

Il rafforzamento della sicurezza europea è d’obbligo e in questo gli Stati membri sono al posto di comando: a loro spetterà definire e attuare il livello dell’ambizione europea, con il sostegno delle istituzioni dell’UE. Le iniziative attualmente in corso indicano chiaramente che gli Stati membri e le istituzioni dell’UE hanno già intrapreso questa strada. Ma che tempi si danno gli Stati membri per costruire in Europa un’autentica Unione della sicurezza e della difesa? In che misura sono pronti ad anticipare il contesto strategico anziché reagirvi? In che misura ritengono che la sicurezza europea sia una responsabilità europea?

Le vecchie riserve sono note, e vanno superate. Il futuro dell’Unione europea come progetto di pace per le generazioni successive dipende ora anche dalla creazione di un’Unione della sicurezza e della difesa: spetterà agli Stati membri, nella prospettiva del 2025, decidere il percorso e il ritmo che vogliono seguire per proteggere i cittadini d’Europa.



APPENDICE

Trattato sull’Unione europea

Disposizioni sulla politica di sicurezza e di difesa comune

Articolo 42

1. La politica di sicurezza e di difesa comune costituisce parte integrante della politica estera e di sicurezza comune. Essa assicura che l’Unione disponga di una capacità operativa ricorrendo a mezzi civili e militari. L’Unione può avvalersi di tali mezzi in missioni al suo esterno per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite. L’esecuzione di tali compiti si basa sulle capacità fornite dagli Stati membri.

2. La politica di sicurezza e di difesa comune comprende la graduale definizione di una politica di difesa comune dell’Unione. Questa condurrà a una difesa comune quando il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità, avrà così deciso. In questo caso, il Consiglio europeo raccomanda agli Stati membri di adottare una decisione in tal senso conformemente alle rispettive norme costituzionali.

La politica dell’Unione a norma della presente sezione non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri, rispetta gli obblighi di alcuni Stati membri, i quali ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite l’Organizzazione del trattato del Nord-Atlantico (NATO), nell’ambito del trattato dell’Atlantico del Nord, ed è compatibile con la politica di sicurezza e di difesa comune adottata in tale contesto.

3. Gli Stati membri mettono a disposizione dell’Unione, per l’attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune, capacità civili e militari per contribuire al conseguimento degli obiettivi definiti dal Consiglio. Gli Stati membri che costituiscono tra loro forze multinazionali possono mettere anche tali forze a disposizione della politica di sicurezza e di difesa comune.

Gli Stati membri s’impegnano a migliorare progressivamente le loro capacità militari. L’Agenzia nel settore dello sviluppo delle capacità di difesa, della ricerca, dell’acquisizione e degli armamenti (in appresso denominata “Agenzia europea per la difesa”) individua le esigenze operative, promuove misure per rispondere a queste, contribuisce a individuare e, se del caso, mettere in atto qualsiasi misura utile a rafforzare la base industriale e tecnologica del settore della difesa, partecipa alla definizione di una politica europea delle capacità e degli armamenti, e assiste il Consiglio nella valutazione del miglioramento delle capacità militari.

4. Le decisioni relative alla politica di sicurezza e di difesa comune, comprese quelle inerenti all’avvio di una missione di cui al presente articolo, sono adottate dal Consiglio che delibera all’unanimità su proposta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza o su iniziativa di uno Stato membro. L’alto rappresentante può proporre il ricorso sia ai mezzi nazionali sia agli strumenti dell’Unione, se del caso congiuntamente alla Commissione.

5. Il Consiglio può affidare lo svolgimento di una missione, nell’ambito dell’Unione, a un gruppo di Stati membri allo scopo di preservare i valori dell’Unione e di servirne gli interessi. Lo svolgimento di detta missione è disciplinato dall’articolo 44.

6. Gli Stati membri che rispondono a criteri più elevati in termini di capacità militari e che hanno sottoscritto impegni più vincolanti in materia ai fini delle missioni più impegnative instaurano una cooperazione strutturata permanente nell’ambito dell’Unione. Detta cooperazione è disciplinata dall’articolo 46. Essa lascia impregiudicato l’articolo 43.

7. Qualora uno Stato membro subisca un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri sono tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in conformità dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Ciò non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri.

Gli impegni e la cooperazione in questo settore rimangono conformi agli impegni assunti nell’ambito dell’Organizzazione del trattato del Nord-Atlantico che resta, per gli Stati che ne sono membri, il fondamento della loro difesa collettiva e l’istanza di attuazione della stessa.

Articolo 43

1. Le missioni di cui all’articolo 42, paragrafo 1, nelle quali l’Unione può ricorrere a mezzi civili e militari, comprendono le azioni congiunte in materia di disarmo, le missioni umanitarie e di soccorso, le missioni di consulenza e assistenza in materia militare, le missioni di prevenzione dei conflitti e di mantenimento della pace e le missioni di unità di combattimento per la gestione delle crisi, comprese le missioni tese al ristabilimento della pace e le operazioni di stabilizzazione al termine dei conflitti. Tutte queste missioni possono contribuire alla lotta contro il terrorismo, anche tramite il sostegno a paesi terzi per combattere il terrorismo sul loro territorio.

2. Il Consiglio adotta decisioni relative alle missioni di cui al paragrafo 1 stabilendone l’obiettivo, la portata e le modalità generali di realizzazione. L’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, sotto l’autorità del Consiglio e in stretto e costante contatto con il comitato politico e di sicurezza, provvede a coordinare gli aspetti civili e militari di tali missioni.

Articolo 44

1. Nel quadro delle decisioni adottate in conformità dell’articolo 43, il Consiglio può affidare la realizzazione di una missione a un gruppo di Stati membri che lo desiderano e dispongono delle capacità necessarie per tale missione. Tali Stati membri, in associazione con l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, si accordano sulla gestione della missione.

2. Gli Stati membri che partecipano alla realizzazione della missione informano periodicamente il Consiglio dell’andamento della missione, di propria iniziativa o a richiesta di un altro Stato membro. Gli Stati membri partecipanti investono immediatamente il Consiglio della questione se la realizzazione di tale missione genera conseguenze di ampia portata o se impone una modifica dell’obiettivo, della portata o delle modalità della missione stabiliti nelle decisioni di cui al paragrafo 1. In tal caso il Consiglio adotta le decisioni necessarie.

Articolo 45

1. L’Agenzia europea per la difesa, di cui all’articolo 42, paragrafo 3 e posta sotto l’autorità del Consiglio, ha il compito di:

a) contribuire a individuare gli obiettivi di capacità militari degli Stati membri e a valutare il rispetto degli impegni in materia di capacità assunti dagli Stati membri;

b) promuovere l’armonizzazione delle esigenze operative e l’adozione di metodi di acquisizione efficienti e compatibili;

c) proporre progetti multilaterali per il conseguimento degli obiettivi in termini di capacità militari e assicurare il coordinamento dei programmi attuati dagli Stati membri e la gestione di programmi di cooperazione specifici;

d) sostenere la ricerca nel settore della tecnologia della difesa, coordinare e pianificare attività di ricerca congiunte e studi per delineare le soluzioni tecniche che rispondono alle esigenze operative future;

e) contribuire a individuare e, se del caso, attuare qualsiasi misura utile per potenziare la base industriale e tecnologica del settore della difesa e per migliorare l’efficacia delle spese militari.

2. L’Agenzia europea per la difesa è aperta a tutti gli Stati membri che desiderano parteciparvi. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, adotta una decisione che fissa lo statuto, la sede e le modalità di funzionamento dell’Agenzia. Detta decisione tiene conto del grado di partecipazione effettiva alle attività dell’Agenzia. Nell’ambito dell’Agenzia sono costituiti gruppi specifici che riuniscono gli Stati membri impegnati in progetti congiunti. L’Agenzia svolge i suoi compiti in collegamento con la Commissione, se necessario.

Articolo 46

1. Gli Stati membri che desiderano partecipare alla cooperazione strutturata permanente di cui all’articolo 42, paragrafo 6 e che rispondono ai criteri e sottoscrivono gli impegni in materia di capacità militari specificati nel protocollo sulla cooperazione strutturata permanente notificano la loro intenzione al Consiglio e all’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.

2. Entro tre mesi dalla notifica di cui al paragrafo 1, il Consiglio adotta una decisione che istituisce la cooperazione strutturata permanente e fissa l’elenco degli Stati membri partecipanti. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata previa consultazione dell’alto rappresentante.

3. Ogni Stato membro che, in una fase successiva, desideri partecipare alla cooperazione strutturata permanente notifica la sua intenzione al Consiglio e all’alto rappresentante.

Il Consiglio adotta una decisione che conferma la partecipazione dello Stato membro interessato che risponde ai criteri e sottoscrive gli impegni di cui agli articoli 1 e 2 del protocollo sulla cooperazione strutturata permanente. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata previa consultazione dell’alto rappresentante. Solo i membri del Consiglio che rappresentano gli Stati membri partecipanti prendono parte al voto.

Per maggioranza qualificata s’intende quella definita conformemente all’articolo 238, paragrafo 3, lettera a) del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

4. Se uno Stato membro partecipante non soddisfa più i criteri o non può più assolvere gli impegni di cui agli articoli 1 e 2 del protocollo sulla cooperazione strutturata permanente, il Consiglio può adottare una decisione che sospende la partecipazione di questo Stato.

Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. Solo i membri del Consiglio che rappresentano gli Stati membri partecipanti, ad eccezione dello Stato membro in questione, prendono parte al voto.

Per maggioranza qualificata s’intende quella definita conformemente all’articolo 238, paragrafo 3, lettera a) del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

5. Se uno Stato membro partecipante desidera ritirarsi dalla cooperazione strutturata permanente notifica la sua decisione al Consiglio, che prende atto del fatto che la partecipazione dello Stato membro in questione termina.

6. Le decisioni e le raccomandazioni del Consiglio prese nel quadro della cooperazione strutturata permanente, diverse da quelle previste ai paragrafi da 2 a 5, sono adottate all’unanimità. Ai fini del presente paragrafo l’unanimità è costituita dai voti dei soli rappresentanti degli Stati membri partecipanti.