25.7.2018   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 262/35


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai requisiti prudenziali delle imprese di investimento e che modifica i regolamenti (UE) n. 575/2013, (UE) n. 600/2014 e (UE) n. 1093/2010

[COM(2017) 790 final — 2017/0359 (COD)]

e sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla vigilanza prudenziale sulle imprese di investimento e recante modifica delle direttive 2013/36/UE e 2014/65/UE

[COM(2017) 791 final — 2017/0358 (COD)]

(2018/C 262/06)

Relatore:

Jarosław MULEWICZ

Consultazione

Parlamento europeo — COM(2017) 790 final: 18.1.2018 e COM(2017) 791 final: 18.1.2018

Consiglio dell'Unione europea — COM(2017) 790 final: 14.2.2018 e COM(2017) 791 final: 14.2.2018

Base giuridica

Articoli 114 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

 

 

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

26.3.2018

Adozione in sessione plenaria

19.4.2018

Sessione plenaria n.

534

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

193/2/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore le proposte della Commissione europea e si augura che esse contribuiscano in maniera efficace al conseguimento degli obiettivi fissati dalla Commissione stessa.

1.1.1

L'UE ha bisogno di mercati dei capitali più robusti per promuovere gli investimenti, sbloccare le fonti di finanziamento esistenti per le imprese e garantirne di nuove, offrire alle famiglie migliori opportunità finanziarie e rafforzare l'Unione economica e monetaria (UEM). La Commissione si è impegnata a porre in essere tutti gli elementi costitutivi che ancora servono per completare l'Unione dei mercati dei capitali entro il 2019.

1.1.2

Il secondo obiettivo riguarda la Brexit e la necessità di attirare nell'UE le imprese di investimento. La decisione del Regno Unito di recedere dall'Unione europea, infatti, determina la necessità di aggiornare il quadro normativo dell'UE al fine di renderla una sede interessante per le imprese finanziarie. Data la sua centralità per i mercati dei capitali e le attività d'investimento, il Regno Unito conta il maggior numero di imprese di investimento (la metà circa) dello spazio economico europeo (SEE), seguito da Germania, Francia, Paesi Bassi e Spagna. Le imprese di investimento del SEE sono per la maggior parte medio-piccole: l'Autorità bancaria europea (ABE) stima che l'80 % circa degli attivi di tutte le imprese di investimento del SEE sia controllato da otto imprese di investimento, con sede nel Regno Unito.

1.1.3

Il terzo obiettivo è quello di creare un quadro giuridico ad hoc per le imprese di investimento. L'attuale quadro prudenziale si concentra per lo più sugli enti creditizi e sui rischi che li riguardano. Le imprese di investimento non accettano depositi né erogano prestiti, il che significa che esse sono assai meno esposte al rischio di credito e al rischio che i clienti ritirino i propri depositi con un breve preavviso. Le imprese di investimento prestano servizi incentrati su strumenti finanziari, i quali, a differenza dei depositi, non sono pagabili alla pari ma fluttuano secondo i movimenti del mercato; tuttavia, esse sono in concorrenza con gli enti creditizi nell'offerta di servizi di investimento che tali enti possono fornire alla clientela in virtù della loro autorizzazione bancaria. Gli enti creditizi e le imprese di investimento costituiscono pertanto istituti di tipo diverso. Tuttavia, le imprese di investimento a rilevanza sistemica («imprese di investimento sistemiche») non esulano dall'ambito di applicazione del regolamento e della quarta direttiva sui requisiti patrimoniali (rispettivamente CRR e CRD IV) (1), essendo equiparate agli enti creditizi. In virtù di tale equiparazione, quindi, tali imprese dovrebbero continuare a rientrare nell'ambito di applicazione del regolamento (UE) n. 575/2013 e della direttiva 2013/36/UE ed essere soggette alla vigilanza delle autorità competenti, compresa la Banca centrale europea (BCE), nel quadro del meccanismo di vigilanza unico previsto per gli enti creditizi.

1.1.4

Il quarto obiettivo della Commissione è quello di creare, a livello di Unione europea, un quadro normativo integrato unico per le imprese di investimento. Data la diversità dei profili aziendali delle imprese di investimento, vi sono molte esenzioni legali diverse nei vari paesi, fatto che mette di fronte molte imprese, specie se operano in molti paesi, a una situazione di complessità normativa. Questo comporta un rischio supplementare. L'attuazione del quadro giuridico vigente da parte degli Stati membri dà luogo a una frammentazione del paesaggio regolamentare complessivo per le imprese di investimento, lasciando margini per un esiziale arbitraggio normativo, che potrebbe minacciare l'integrità e il funzionamento del mercato unico. Le norme prudenziali proposte dalla Commissione per le imprese di investimento si applicano a gran parte delle piccole e medie imprese di investimento in tutti gli Stati membri dell'UE.

1.2

Il CESE osserva che, per quanto non sia questo l'intento, le imprese di investimento con sede nel Regno Unito si sposterebbero negli Stati membri appartenenti all'Unione bancaria o alla zona euro, e in particolare nei centri finanziari di paesi di tale zona quali la Germania, la Francia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi e l'Irlanda, mentre gli Stati membri dell'UE — che non fanno parte dell'eurozona non verrebbero presi in considerazione.

1.3

Il CESE apprezza il fatto che ci si aspetta che le PMI siano tra i principali beneficiari della direttiva e del regolamento. Un quadro prudenziale più proporzionato e adatto per queste imprese dovrebbe contribuire a migliorare le condizioni in cui esse svolgono la loro attività e a rimuovere le barriere al loro ingresso nel mercato. Ciò vale in particolare per i requisiti patrimoniali e gli oneri amministrativi. Il CESE osserva che le norme potrebbero incoraggiare le imprese innovative a sforzarsi di crescere utilizzando strumenti digitali, ad esempio rendendo più agevole l'accesso ai finanziamenti per le PMI che non sono esse stesse banche o imprese di investimento. Un quadro prudenziale più adeguato dovrebbe contribuire a liberare capitali dalle pastoie create da procedure normative inutili e consentire alle piccole imprese di investimento di fornire servizi migliori ai loro clienti, ivi comprese altre PMI. Ciò dovrebbe inoltre contribuire ad aiutare le imprese di investimento a fungere da intermediari nella mobilitazione degli investimenti dei risparmiatori in tutta l'UE e a facilitare in tal modo l'accesso delle imprese europee a fonti di finanziamento non bancarie.

1.4

La direttiva e il regolamento proposti dalla Commissione relativamente ai requisiti e alla vigilanza prudenziali per le imprese di investimento dettano le norme e i requisiti necessari in materia di capitale iniziale ed esistente, poteri di vigilanza, pubblicazione e remunerazione. Questo consente di ridurre il rischio insito nelle operazioni finanziarie delle società di investimento. Rimane la questione della misura in cui il rischio sostenuto dalle società di investimento sarà trasferito ai singoli investitori e alle imprese che sono loro clienti. Se le imprese agiscono esclusivamente per conto dei loro clienti e si limitano a fornire servizi di consulenza in materia di investimenti o gestione del portafoglio, il rischio insito negli strumenti finanziari sarà sostenuto per lo più dai clienti stessi.

1.5

Resta aperta la questione di sapere se l'introduzione unilaterale, da parte dell'UE, di un quadro giuridico specifico per le imprese di investimento nell'Unione senza tener conto di mercati come gli Stati Uniti, il Giappone, la Cina o l'India, in un contesto di globalizzazione e di mercati elettronici, non si tradurrà in una fuga degli investitori dall'Europa. La grande complessità del quadro normativo MiFID II e l'obbligo di registrare i prodotti finanziari hanno fatto sì che una percentuale compresa tra il 20 e il 50 % di tali prodotti non sia più offerta. Pertanto, nel caso di un quadro legislativo specifico per le imprese d'investimento, occorrerà monitorare gli effetti delle nuove regole e modificarle in modo flessibile se la reazione dei mercati finanziari si mostrerà negativa. Il CESE condivide la preoccupazione riguardante l'importante rischio che può rappresentare il volume delle operazioni finanziarie, che può raggiungere il 54 % del PIL mondiale. Tuttavia, tali operazioni costituiscono allo stesso tempo una grande opportunità per finanziare lo sviluppo. Se il quadro giuridico non sarà modificato in modo flessibile, allora, nonostante le buone intenzioni, le imprese di investimento stabilite nel Regno Unito si trasferiranno non nell'UE bensì negli Stati Uniti.

2.   Contesto

2.1

Nell'UE vi sono molti tipi diversi di imprese di investimento, che forniscono servizi differenti a clientele differenti. Secondo i dati dell'ABE, alla fine del 2015 nel SEE vi erano 6 051 imprese di investimento, per la maggior parte di dimensioni medie o piccole, e l'ABE stima che l'80 % circa degli attivi di tutte le imprese di investimento del SEE sia per lo più controllato da otto imprese di investimento, che hanno sede nel Regno Unito. Sempre secondo i dati dell'ABE, circa il 40 % delle imprese di investimento del SEE è autorizzato esclusivamente a prestare consulenza in materia di investimenti. L'80 % delle imprese di investimento del SEE si limita a svolgere attività di consulenza in materia di investimenti, ricezione e trasmissione di ordini, gestione del portafoglio ed esecuzione di ordini, mentre circa il 20 % di esse è autorizzato a svolgere attività di negoziazione e sottoscrizione per conto proprio, ossia a fornire i servizi che sono attualmente soggetti ai requisiti prudenziali più rigorosi.

2.2

Data la sua centralità per i mercati dei capitali e le attività d'investimento, il Regno Unito conta il maggior numero di imprese di investimento del SEE (la metà circa), seguito da Germania, Francia, Paesi Bassi e Spagna. Le imprese di investimento del SEE sono per la maggior parte medio-piccole. Attualmente, le imprese di investimento considerate sistemiche sono in genere società controllate da gruppi bancari o intermediari finanziari indipendenti (broker-dealer) statunitensi, svizzeri o giapponesi.

2.3

L'ABE ha finora suddiviso le imprese di investimento in 11 categorie, principalmente in base ai servizi di investimento che esse sono autorizzate a prestare ai sensi della direttiva MiFID (2) e al fatto di essere autorizzate o meno a detenere denaro e titoli appartenenti ai loro clienti. Le imprese di investimento che prestano un'ampia gamma di servizi sono soggette alle stesse regole vigenti per gli enti creditizi per quanto concerne i requisiti patrimoniali relativi al rischio di credito, di mercato e operativo e, potenzialmente, quelli in materia di liquidità, remunerazione e governance, mentre le imprese autorizzate a prestare solo una gamma limitata di servizi (in genere quelli considerati meno rischiosi, ossia la consulenza in materia di investimenti e la ricezione e trasmissione di ordini) sono esenti dalla maggior parte di tali requisiti. L'ABE propone adesso una nuova categorizzazione delle imprese di investimento, che, anziché in 11, risulterebbero suddivise in tre grandi categorie. In base alle raccomandazioni iniziali, le imprese di investimento sistemiche costituirebbero la «classe 1» e continuerebbero a rientrare nell'ambito di applicazione del CRR e della CRD IV. Le imprese di classe 2, invece, sarebbero quelle che: negoziano per conto proprio e sostengono il rischio di mercato e di controparte; salvaguardano e amministrano attività dei clienti; detengono liquidità dei clienti od oltrepassano determinate soglie dimensionali (attività gestite nel quadro di gestioni discrezionali di portafoglio e operazioni non discrezionali (consulenza) per un valore superiore a 1,2 mld di euro; ordini di clienti trattati per un valore di almeno 100 mio di euro al giorno per le operazioni a pronti e/o di almeno 1 mld di euro al giorno per i derivati; uno stato patrimoniale superiore a 100 mio di euro; ricavi lordi complessivi superiori a 30 mio di euro). Queste imprese dovranno calcolare i requisiti patrimoniali loro applicabili con riferimento a una serie di nuovi fattori di rischio (fattori K). Le imprese di classe 3 sarebbero quelle che non svolgono le attività di cui sopra e rimangono al di sotto di tutte le soglie sopraindicate. Tali imprese non saranno tenute a soddisfare un insieme di requisiti patrimoniali con riferimento ai fattori K.

2.4

Il quadro normativo UE per le imprese di investimento consta di due parti principali. La prima è costituita dalla direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari (MiFID) e, dal gennaio 2018, dalla MiFID II e dal MiFIR (3), che dettano le disposizioni in materia di autorizzazione, organizzazione e attività di tali imprese. La seconda consiste nel quadro prudenziale stabilito dal regolamento e dalla quarta direttiva sui requisiti patrimoniali (rispettivamente CRR e CRD IV), la stessa disciplina che si applica agli enti creditizi. La ragione di ciò sta nel fatto che le imprese di investimento possono essere in concorrenza con gli enti creditizi nella prestazione dei servizi di investimento che questi enti possono offrire alla clientela in virtù della loro autorizzazione bancaria. Gli enti creditizi sono, a loro volta, soggetti alle disposizioni fondamentali della MiFID, che allineano le condizioni per la prestazione di servizi di investimento da parte delle imprese di investimento e degli enti creditizi, sia in termini di norme a tutela degli investitori e regole di condotta della stessa MiFID sia in termini di requisiti prudenziali fondamentali del CRR e della CRD IV.

2.5

Come richiesto dagli articoli del CRR, il quadro prudenziale per le imprese di investimento è stato riveduto in consultazione con l'ABE, con l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) e con le autorità nazionali competenti. A seguito di una prima richiesta di consulenza avanzata dalla Commissione nel dicembre 2014, nel dicembre 2015 l'ABE ha pubblicato una relazione sul quadro prudenziale vigente per le imprese di investimento, nella quale chiedeva di cambiare impostazione. Nel giugno 2016 la Commissione ha formulato una seconda richiesta di consulenza, in seguito alla quale, nel novembre dello stesso anno, l'ABE ha pubblicato un documento di riflessione incentrato su un possibile nuovo regime prudenziale per la maggior parte delle imprese di investimento. Per un periodo di tre mesi è stato possibile inviare osservazioni in merito al documento, dopodiché, alla luce dei riscontri e dei dati supplementari raccolti presso le imprese di investimento in collaborazione con le autorità nazionali competenti, nel settembre 2017 l'ABE ha pubblicato le sue raccomandazioni finali, invitando le parti interessate a farle pervenire le loro osservazioni. Le raccomandazioni di nuovi requisiti patrimoniali sono state calibrate con esattezza in base a un processo minuzioso di raccolta di dati, che ha coinvolto le imprese di investimento. La raccolta è stata effettuata a nome dell'ABE dalle autorità nazionali competenti in due fasi, nel 2016 e nel 2017.

2.6

La relazione dell'ABE costituisce un'analisi dello status quo esauriente e accessibile al pubblico, completa di dati sul numero e sulla tipologia delle imprese di investimento che operano negli Stati membri. Essa propone inoltre un nuovo regime per la maggior parte delle imprese di investimento, che le sottrae completamente alla disciplina del CRR e della CRD IV, nel cui ambito di applicazione resterebbero soltanto le imprese di investimento sistemiche, individuate secondo l'impostazione riveduta prevista nella proposta. La proposta, inoltre, è coerente con la direttiva MiFID e con il binomio MiFID II/MiFIR. Nello stabilire requisiti prudenziali ritagliati su misura sull'attività e i rischi delle imprese di investimento, precisa i casi in cui e perché tali requisiti trovino applicazione. In tal senso, essa permette di superare i casi di applicazione arbitraria che si verificano perché, nel quadro attuale, i requisiti prudenziali sono stabiliti con riguardo ai servizi di investimento degli istituti creditizi elencati nella MiFID piuttosto che all'attività svolta dalle imprese di investimento.

2.7

Dei risultati della revisione condotta dall'ABE (4) si è discusso con gli Stati membri in sede di comitato per i servizi finanziari, nel marzo e nell'ottobre 2017, e di gruppo di esperti sull'attività bancaria, i pagamenti e le assicurazioni, nel giugno e nel settembre dello stesso anno. La Commissione ha tenuto conto anche dei contributi da essa ricevuti da parte delle parti interessate in occasione della valutazione d'impatto iniziale pubblicata nel marzo 2017, così come di quelli ricevuti in precedenza in risposta all'invito generico a presentare riscontri oggettivi dell'efficienza, della coerenza e dell'organicità della disciplina complessiva dell'UE in materia di servizi finanziari. Data l'esaustività della consultazione pubblica e della raccolta di dati effettuate dall'ABE, la Commissione non ha ritenuto necessario procedere in parallelo a una consultazione pubblica generale; i suoi servizi hanno invece optato per una consultazione mirata delle parti interessate. La consultazione si è articolata in:

una tavola rotonda con gli operatori del settore (imprese di investimento, investitori, studi legali, consulenti) sui progetti presentati dall'ABE in vista delle proposte di regime futuro (27 gennaio 2017);

un seminario sui costi del regime vigente (30 maggio 2017);

un seminario sul progetto finale di raccomandazioni dell'ABE (17 luglio 2017).

2.8

Secondo le stime dell'ABE, la nuova normativa determinerebbe, in volume aggregato per tutte le imprese di investimento dell'UE che non hanno rilevanza sistemica, un incremento del 10 % dei requisiti patrimoniali rispetto agli attuali requisiti e una loro diminuzione del 16 % rispetto ai requisiti complessivi risultanti dalle maggiorazioni del primo pilastro. Il modo in cui questi effetti si distribuiranno fra le imprese di investimento sarà funzione delle dimensioni di ciascuna, dei servizi di investimento che esse erogano e del modo in cui si applicheranno ad esse i nuovi requisiti patrimoniali. Riguardo alla disponibilità di fondi propri, l'ABE ritiene che soltanto poche imprese — un numero esiguo di consulenti d'investimento, imprese di negoziazione e imprese multiservizi — non disporrebbero di capitale sufficiente a soddisfare agevolmente i nuovi requisiti. Comunque, per le imprese di questo gruppo, per le quali i requisiti attuali risulterebbero più che raddoppiati, si potrebbe prevedere l'applicazione di un tetto massimo per un periodo di alcuni anni.

2.9

Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea conferisce all'UE il potere di stabilire le opportune disposizioni riguardanti «l'instaurazione e il funzionamento del mercato interno» (articolo 114 TFUE) e di adottare direttive al fine di agevolare l'accesso alle attività commerciali e il loro esercizio in tutta l'UE (articolo 53 TFUE). Ciò vale anche per la normativa in materia di vigilanza prudenziale sui prestatori di servizi finanziari, nel caso di specie sulle imprese di investimento. Le disposizioni della proposta di direttiva in esame sostituiscono, per quanto riguarda le imprese di investimento, quelle della CRD IV, basate anch'esse sull'articolo 53 TFUE, mentre le norme del regolamento proposto sostituiscono, sempre per quanto concerne le imprese di investimento, quelle del CRR, basate a loro volta sull'articolo 114 TFUE.

2.10

La nuova normativa non avrà alcuna incidenza sul bilancio dell'Unione europea.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE accoglie con favore il fatto che la normativa proposta detti disposizioni in materia di designazione delle autorità di vigilanza prudenziale, capitale iniziale ed esistente delle imprese di investimento, liquidità, rischio di concentrazione, poteri e strumenti di vigilanza prudenziale di cui dispongono le autorità competenti, obblighi di segnalazione, informazione e pubblicazione, revisione e valutazione prudenziali, governance societaria e remunerazione. Così la direttiva stabilisce una serie di norme per la vigilanza e il controllo delle imprese di investimento e riduce tutti i tipi di rischi inerenti alle attività delle imprese di investimento; essa si applica a tutte le imprese di investimento disciplinate dalla MiFID II, la quale è entrata in vigore il 3 gennaio 2018.

3.2

Il CESE richiama l'attenzione sul fatto che la direttiva proposta impone agli Stati membri di designare un'autorità incaricata dell'esercizio dei poteri di vigilanza prudenziale a norma della direttiva stessa. Gli Stati membri possono attribuire questi poteri a un'autorità esistente, ricalcando le funzioni e i poteri conferiti a norma della CRD IV, oppure a una nuova autorità. Le autorità competenti dovrebbero avere il potere di riesaminare e valutare la situazione prudenziale delle imprese di investimento e di imporre, se del caso, cambiamenti in ambiti quali la governance e i controlli interni, i processi e le procedure di gestione del rischio, nonché, ove necessario, il potere di stabilire obblighi supplementari, in particolare in relazione ai requisiti patrimoniali e di liquidità.

3.3

Il CESE reputa di cruciale importanza il fatto che le autorità competenti dovranno cooperare strettamente con le autorità o gli organismi pubblici responsabili, nel rispettivo Stato membro, della vigilanza sugli enti creditizi e sugli enti finanziari. Gli Stati membri, infatti, dovranno assicurare che le autorità competenti, in qualità di parti del Sistema europeo di vigilanza finanziaria (SEVIF), cooperino, garantendo uno scambio di informazioni adeguate e affidabili con le altre parti del SEVIF. In particolare, tali autorità dovrebbero scambiarsi informazioni relative alla struttura di gestione e all'assetto proprietario dell'impresa di investimento e al rispetto dei requisiti patrimoniali da parte della stessa, nonché al rischio di concentrazione, alla liquidità dell'impresa d'investimento, alle sue procedure amministrative e contabili e ai suoi meccanismi di controllo interno e a ogni altro fattore pertinente che possa influire sul rischio rappresentato dall'impresa stessa. Tutto ciò, a parere del CESE, farà sì che il mercato europeo degli investimenti diventi assai più trasparente.

3.4

Le autorità competenti possono trasmettere informazioni riservate all'ABE, all'ESMA, al Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS), alle banche centrali degli Stati membri, al Sistema europeo di banche centrali (SEBC) e alla BCE, in qualità di autorità monetarie, nonché, se del caso, alle autorità pubbliche incaricate della vigilanza sui sistemi di pagamento e di regolamento, se dette informazioni sono necessarie allo svolgimento dei loro compiti. In tal modo, a parere del CESE, verrà a crearsi un sistema europeo di informazioni sulle imprese di investimento tale da impedire, almeno in teoria, alle imprese non conformi di compiere operazioni finanziarie.

3.5

I requisiti relativi al capitale iniziale, specie per le imprese di investimento di piccole e medie dimensioni che non detengono denaro o titoli dei clienti, aumentano leggermente, passando da 50 000 a 75 000 EUR, mentre i requisiti relativi al capitale iniziale delle imprese di investimento sistemiche sono dettati dal CRR e dalla CRD IV. Il CESE rileva ancora una volta che la proposta di direttiva sulla vigilanza prudenziale delle imprese di investimento crea un'opportunità per le PMI, e in particolare un'opportunità di crescita attraverso strumenti digitali.

3.6

Dai dati raccolti, relativi a oltre 1 200 imprese, risulta che l'80 % delle imprese soddisfa i requisiti minimi di liquidità proposti e che circa il 70 % delle imprese dispone di un importo tre volte superiore. Pertanto, secondo il CESE, la nuova normativa non eliminerà dal mercato la grande maggioranza delle imprese di investimento già esistenti.

3.7

La politica di remunerazione adottata nelle imprese di investimento dovrà essere trasparente e legata ai rischi sostenuti e agli utili generati. I sistemi di remunerazione dovranno essere soggetti all'approvazione e al controllo degli organi di vigilanza. Gli Stati membri dovrebbero imporre alle imprese di investimento di divulgare la loro politica di remunerazione e sarebbero tenuti ad assicurarsi che tali imprese forniscano alle autorità competenti le informazioni concernenti il numero delle persone fisiche la cui remunerazione è pari o superiore a 1 milione di euro per esercizio finanziario, comprese le informazioni concernenti le loro responsabilità professionali, le aree di attività interessate e i principali elementi della retribuzione, i bonus, le gratifiche a lungo termine e i contributi pensionistici. Tali informazioni sarebbero quindi trasmesse all'ABE e rese di pubblico dominio. A giudizio del CESE, queste sono le misure più appropriate per agganciare la remunerazione ai risultati economici delle imprese di investimento.

3.8

Il CESE nota con soddisfazione che le succursali delle imprese di investimento estere saranno soggette a controlli e saranno tenute a comunicare annualmente informazioni concernenti la denominazione, la natura delle attività e l'ubicazione delle filiazioni e succursali, il fatturato, il numero di dipendenti in equivalenti a tempo pieno, l'utile o la perdita al lordo delle imposte, le imposte sull'utile o sulla perdita e i contributi pubblici ricevuti.

3.9

Il CESE, inoltre, si rallegra del fatto che, ai sensi dell'articolo 33 della direttiva proposta, le autorità competenti sarebbero tenute ad adottare provvedimenti adeguati qualora la revisione e la valutazione di cui al paragrafo 1, lettera e), di tale articolo abbiano evidenziato che il valore economico del capitale proprio dell'impresa di investimento è calato di oltre il 15 % del suo capitale. In genere a ciò dovrebbe provvedere l'impresa di investimento aumentando il proprio capitale.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Il CESE fa notare che, con l'estensione della MiFID a tutti i mercati dei derivati nel 2007, alcune imprese specializzate che si occupano di derivati su materie prime sono state esentate completamente dall'applicazione di tale direttiva e delle norme prudenziali. L'attività di molte di queste imprese concernente strumenti finanziari tende a concentrarsi sulla copertura dei rischi delle rispettive società madri relativi alla produzione fisica, al trasporto, allo stoccaggio o all'acquisto dei prodotti di base fisici sottostanti. A seconda del settore (ad esempio, energia o agricoltura), il volume di tale attività di copertura può essere considerevole, il che fa sì che, nell'ambito del quadro attuale, i requisiti patrimoniali assumano una notevole importanza. Adesso queste imprese dovranno operare nel rispetto della direttiva proposta in materia di vigilanza prudenziale delle imprese di investimento.

4.2

Il CESE ritiene particolarmente importante che la direttiva e il regolamento proposti introducano nuove metriche di rischio (i fattori K) e la possibilità di introdurre gradualmente requisiti più rigorosi e di fissare un tetto massimo per tali requisiti più rigorosi. I fattori K riflettono i rischi per il cliente (RtC) e per le imprese che negoziano per conto proprio ed eseguono ordini dei clienti a nome proprio, i rischi per il mercato (RtM) e i rischi per l'impresa (RtF).

4.3

Il CESE ricorda che, nei suoi pareri sul tema della Riforma del settore bancario — Modifiche dei requisiti patrimoniali e del quadro di risoluzione (ECO/424) (5) e in merito alla MiFID e al MiFIR (INT/790) (6), nonché in altri suoi precedenti pareri sul CRR e la CRD IV, si è sempre dichiarato favorevole alle norme prudenziali per i mercati dei capitali dell'UE.

Bruxelles, 19 aprile 2018.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU L 176 del 27.6.2013, pag. 1) e direttiva 2013/36/UE (direttiva CRD IV) (GU L 176 del 27.6.2013, pag. 338), i quali costituiscono insieme il quadro prudenziale vigente per le imprese di investimento.

(2)  Direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari: direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio (GU L 145 del 30.4.2004, pag. 1).

(3)  Direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE (GU L 173 del 12.6.2014, pag. 349) e regolamento (UE) n. 600/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sui mercati degli strumenti finanziari e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU L 173 del 12.6.2014, pag. 84).

(4)  Relazione dell'ABE sulle imprese di investimento, in risposta alla richiesta di consulenza formulata dalla Commissione nel dicembre 2014 (EBA/Op/2015/20). Come richiesto dagli articoli del CRR, il quadro prudenziale per le imprese di investimento è stato riveduto in consultazione con l'ABE, con l'ESMA e con le autorità nazionali competenti rappresentate in tali autorità europee di vigilanza (AEV).

(5)  GU C 209 del 30.6.2017, pag. 36.

(6)  GU C 303 del 19.8.2016, pag. 91.