2.3.2018   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 81/65


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Tassazione dell’economia collaborativa — analisi di possibili politiche fiscali di fronte alla crescita dell’economia collaborativa»

(parere esplorativo richiesto dalla presidenza estone)

(2018/C 081/09)

Relatore:

Giuseppe GUERINI

Correlatore:

Krister ANDERSSON

Consultazione

Parere esplorativo (richiesto dalla presidenza estone), 17.3.2017

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

5.10.2017

Adozione in sessione plenaria

19.10.2017

Sessione plenaria n.

529

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

168/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE considera che l’economia collaborativa, in quanto generatrice di valore sociale nel contesto dell’economia digitale, possa costituire una nuova occasione di crescita e sviluppo per i paesi dell’Unione europea, poiché consente di mobilitare risorse inespresse e attivare l’iniziativa dei singoli cittadini. Il CESE distingue chiaramente tra l’economia collaborativa, l’economia digitale o la platform economy, per l’intensità e la portata diverse della sua dimensione inclusiva e collaborativa.

1.2.

Per quanto la diffusione dell’economia collaborativa sia favorita e potenziata dalla diffusione delle nuove tecnologie informatiche e delle comunicazioni, trovando soprattutto nelle piattaforme digitali e nell’ampia diffusione degli smartphone un veicolo formidabile, il CESE stima importante valutare il fenomeno dell’economia collaborativa nel suo complesso e non assimilarlo totalmente all’economia digitale.

1.3.

Il CESE è del parere che l’UE non possa perdere l’opportunità offerta dall’economia collaborativa per innovare il sistema delle relazioni tra istituzioni, imprese, cittadini e mercati. Tuttavia, data la particolare fluidità e velocità di evoluzione di questo settore, è indispensabile che i sistemi di regolazione fiscale e i regimi di tassazione siano adattati con intelligenza e flessibilità al nuovo contesto dell’economia collaborativa e, più in generale, dell’economia digitale.

1.4.

Il CESE non ritiene sia necessario un nuovo e specifico regime di tassazione per le imprese dell’economia collaborativa. Ritiene invece indispensabile aumentare le forme di collaborazione e coordinamento tra gli Stati membri e tra le diverse amministrazioni coinvolte all’interno dei diversi Stati membri, cosicché le autorità pubbliche possano restare al passo con la velocità e il dinamismo dell’economia digitale e dell’economia collaborativa.

1.5.

Il CESE raccomanda che il sistema di tassazione per l’economia collaborativa rispetti il principio di neutralità (cioè non deve interferire con lo sviluppo del mercato), individuando meccanismi di tassazione adeguati ed equi per le diverse forme di impresa che operano nell’ambito dell’economia collaborativa o nelle forme tradizionali.

1.6.

Il CESE auspica che si strutturi rapidamente un sistema europeo omogeneo e integrato che garantisca regole comuni tra i vari Stati membri rispetto al fenomeno dell’economia digitale, in considerazione della naturale tendenza delle reti digitali ad operare in un contesto trans-frontaliero. Sarebbe quindi deleterio si sviluppassero forme di regolazione diverse in ciascuno degli Stati membri ed è necessario un autentico approccio europeo.

1.7.

Il CESE invita le autorità europee a mettere in campo tutti gli sforzi possibili per istituire forme di cooperazione internazionale extra-europea finalizzate a stabilire alcune regole di base per l’economia digitale, giacché il potenziale delle reti digitali consente ormai di gestire attività di servizio e scambio di beni in ogni parte del mondo, attraverso una piattaforma digitale situata in un solo luogo del pianeta.

1.8.

Il CESE ritiene inoltre necessario adattare adeguatamente le regole e i principi vigenti a contesti che sono nuovi e differenziati rispetto al passato anche grazie alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie, così da garantire un trattamento uniforme e proporzionato a tutti gli operatori economici che svolgano determinate attività secondo forme tradizionali o nel campo dell’economia digitale.

1.9.

Il CESE incoraggia la Commissione e gli Stati membri a collaborare per l’adozione di un quadro giuridico generale relativo all’economia digitale che sappia coordinare e rendere omogenee le regole fiscali applicabili a queste nuove forme di economia.

1.10.

Anche al fine di una più semplice gestione del regime fiscale e soprattutto per facilitare l’applicazione dell’IVA, il CESE ritiene che la sperimentazione di una «stabile organizzazione virtuale» potrebbe rivelarsi fruttuosa nel contesto sempre più transfrontaliero e sempre meno territoriale in cui si sviluppano l’economia digitale e l’economia collaborativa.

1.11.

Il CESE stima inoltre importante ricordare che, oltre ad un regime fiscale appropriato, è importante vengano garantite la protezione e il rispetto: i) dei diritti dei consumatori, ii) della privacy e delle regole sul trattamento dei dati personali; iii) dei lavoratori e dei prestatori di servizi coinvolti nei nuovi modelli d’impresa e nell’attività delle piattaforme di collaborazione.

2.   Introduzione

2.1.

Il settore dell’economia collaborativa è sempre più rilevante e risulta in rapida crescita, come dimostrano chiaramente alcuni dati. Nel 2015, i ricavi legati all’economia collaborativa nell’Unione europea erano stimati attorno ai 28 miliardi di euro (solo l’anno precedente tali ricavi ammontavano alla metà).

2.1.1.

A partire dal 2015, notevoli investimenti da parte di grandi piattaforme hanno aumentato ulteriormente lo sviluppo del settore tanto che, per il futuro, si stima che l’economia collaborativa potrebbe coinvolgere un giro d’affari ricompreso fra 160 e 572 miliardi di euro a livello UE.

2.2.

Come dimostrano i dati, l’economia collaborativa sta interessando sempre più settori e gode del potenziale per creare ulteriore valore, generare occupazione a più livelli e garantire buoni servizi a prezzo competitivo per i consumatori europei.

2.3.

Allo stesso tempo, tuttavia, il settore dell’economia collaborativa pone una serie di sfide per il legislatore europeo, che è chiamato a garantire principi e regole volti all’istituzione di un quadro giuridico chiaro e prevedibile (1), senza però pregiudicare con il proprio intervento regolatorio l’alto potenziale innovativo mostrato sino ad ora dal settore.

2.4.

La definizione «economia collaborativa» (collaborative economy») viene spesso utilizzata in modo intercambiabile con la definizione «sharing economy» (economia della condivisione), tanto che nel 2015 l’Oxford Dictionary ha accolto la locuzione «sharing economy» fra i neologismi, definendola «un sistema economico nel quale beni o servizi sono condivisi tra privati, gratuitamente o in cambio di una somma di denaro, tipicamente attraverso la rete Internet».

2.5.

Ai fini del presente parere verrà utilizzata la definizione «economia collaborativa», come adottata dalla Commissione europea nella sua comunicazione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni dal titolo «Un’agenda europea per l’economia collaborativa» del 2 giugno 2016.

2.6.

Più precisamente, l’espressione «economia collaborativa» si riferisce ai modelli imprenditoriali le cui attività sono agevolate da piattaforme di collaborazione che permettono l’uso temporaneo di beni o servizi spesso forniti da privati.

2.6.1.

L’economia collaborativa coinvolge tre tipologie di soggetti: i) i prestatori di servizi che condividono beni, risorse, tempo e/o competenze e possono essere sia privati che professionisti; ii) gli utenti di tali servizi; iii) gli intermediari che, attraverso una apposita piattaforma («piattaforma di collaborazione»), collegano i prestatori di servizi e gli utenti finali. Le transazioni dell’economia collaborativa generalmente non implicano un trasferimento di proprietà e possono essere effettuate a scopo di lucro o senza scopo di lucro.

2.7.

In particolare, l’economia collaborativa dà la possibilità di accedere in modo più facile ed efficiente, rispetto a quanto succedeva in passato, a beni e servizi attraverso apposite piattaforme di collegamento e collaborazione, facilitando l’incontro fra la domanda del consumatore e l’offerta di beni e servizi, che possono essere forniti sia da soggetti professionisti che non professionisti.

2.8.

L’utilizzo della tecnologia e di piattaforme di collegamento efficienti ha rivoluzionato diversi settori, come per esempio quello dei trasporti a breve e ampio raggio, oltre a quello alberghiero o di gestione degli affitti di case o camere, che consentono di organizzare servizi di incontro tra la domanda e l’offerta, con grande efficienza e rapidità.

2.8.1.

In questo contesto si sono affermati alcuni grandi gestori, che per lo più hanno sede al di fuori dell’Unione europea e costituiscono chiari esempi della crescente affermazione dell’economia collaborativa. Tali esempi hanno dimostrato il grande potenziale di crescita di questo settore, ma anche le problematiche che esso pone al legislatore sotto il profilo legale, sul piano del regime di tassazione e con riferimento alle forme di regolazione del lavoro e della previdenza e assicurazione dei lavoratori.

2.9.

Ai settori sopra menzionati se ne stanno aggiungendo anche altri progressivamente interessati dal fenomeno dell’economia collaborativa, come alcuni servizi finanziari, la cura della persona e i servizi sanitari. Ulteriori settori e servizi si aggiungeranno nei prossimi anni, contribuendo a rendere ancora più rilevante il fenomeno dell’economia collaborativa: è quindi evidente che una adeguata riflessione sui profili regolatori e fiscali della materia risulta oggi non solo utile, ma anche necessaria.

3.   L’economia collaborativa e i nuovi modelli d’impresa

3.1.

La diffusione degli strumenti delle Tecnologie dell’informazione e comunicazione e del cosiddetto Internet delle cose ha portato all’affermarsi di molte nuove società tecnologiche. Oggi si profilano molteplici modelli di impresa riconducibili al settore dell’economica digitale e collaborativa. Tali modelli si distinguono in funzione della loro struttura e delle dimensioni di impresa, oltre che con riferimento all’ampiezza dei mercati di riferimento, alle modalità di utilizzo delle tecnologie e al modello organizzativo. Rispetto al trattamento fiscale, possiamo tuttavia individuare tre raggruppamenti di sintesi:

il modello delle grandissime imprese che svolgono diverse funzioni su base digitale attraverso il web, in cui la maggior parte degli introiti è generata dalla vendita e gestione dei dati raccolti e dalla pubblicità (esempio Google);

il modello delle piattaforme di gestione e incontro di domanda e offerta, basato sulla messa in contatto tra consumatori e fornitori che utilizzano le piattaforme digitali come strutture di collegamento e dove le transazioni generano reddito sia per la piattaforma di collegamento che per i prestatori di servizi finali (esempio Airbnb, Uber);

il modello delle piattaforme di scambio pear-to-pear dove teoricamente non esistono transazioni economiche in forma monetaria, ma che possono generare scambio di beni e servizi alla pari tra utenti e prestatori.

3.2.

Per quanto riguarda il modello delle grandi piattaforme di ricerca generalista sul web, la piattaforma consente il trattamento dei dati e la creazione di valore aggiunto, che può essere quindi adeguato alla domanda specifica dei consumatori e venduto.

3.3.

In questo contesto il CESE desidera sottolineare il valore specifico dei dati, che sono stati addirittura definiti come «la nuova moneta» (2). Il valore aggiunto è soggetto all’IVA e gli si applica il principio del paese di destinazione. Tuttavia, può risultare difficile valutare l’entità della creazione di valore nelle diverse fasi e quindi ripartire gli obblighi fiscali.

3.4.

La rapida crescita di nuovi modelli imprenditoriali richiede una valutazione globale della creazione di valore e degli obblighi fiscali.

3.5.

Per quanto riguarda le piattaforme che intermediano l’incontro di domanda e offerta, (il modello Uber), una rilevante questione preliminare concerne la possibilità di fissare regole e requisiti di accesso al mercato a carico delle piattaforme digitali attive nel settore dell’economia collaborativa e, soprattutto, a carico dei prestatori di servizi che fanno riferimento a tali piattaforme.

3.5.1.

I requisiti di accesso al mercato possono comprendere la necessità di ottenere autorizzazioni amministrative per l’esercizio d’impresa, obblighi di licenza o requisiti minimi di qualità (ad esempio le dimensioni dei locali o il tipo di autovettura, gli obblighi di assicurazione o di deposito ecc.). Il reddito generato è spesso valutato e attribuito a una persona o a un’organizzazione aziendale, assoggettata all’imposta sugli utili delle società.

3.6.

La direttiva sui servizi dispone che i requisiti di accesso al mercato previsti nei diversi Stati membri siano giustificati e proporzionati, considerando la specificità del modello imprenditoriale e dei servizi innovativi interessati e senza privilegiare un modello d’impresa o di gestione del servizio a scapito di altri (principio di neutralità).

3.7.

Il CESE condivide l’osservazione formulata dalla Commissione nella sua analisi annuale della crescita 2016, per cui una regolamentazione più flessibile dei mercati dei servizi, ivi compresi quelli appartenenti all’economia collaborativa, porterebbe a una maggiore produttività, agevolando l’ingresso sul mercato di nuovi operatori, riducendo il prezzo dei servizi e garantendo una scelta più ampia per i consumatori.

3.8.

Si auspica pertanto che i requisiti di accesso al mercato indirizzati al settore dell’economia collaborativa, se e quando previsti nei diversi ordinamenti giuridici nazionali, siano in linea con la direttiva sui servizi e garantiscano: i) condizioni di parità fra i diversi operatori economici attivi in settori dove coesistono operatori tradizionali e soggetti riconducibili all’economia collaborativa; ii) requisiti regolatori chiari, semplici e tali da favorire il potenziale di innovazione e le opportunità che l’economia collaborativa può offrire ad un numero sempre più ampio di persone.

4.   Cornice istituzionale

4.1.

Il settore dell’economia collaborativa, per la sua caratterizzazione come servizio online fornito tramite piattaforme digitali, supera almeno in parte il concetto di territorialità che caratterizza le attività economiche tradizionali. È di conseguenza importante che, anche rispetto al settore dell’economia collaborativa, si sviluppi una cornice regolatoria adeguata e chiara rispetto all’obiettivo generale perseguito dalla Commissione di tassare «i profitti laddove sono generati».

4.2.

Il CESE osserva che la certezza giuridica sarebbe supportata da regole per cui le società che offrono e promuovono servizi relativi all’economia collaborativa siano considerate come aventi un collegamento fiscale in Europa. A questo proposito, proprio in relazione alle specifiche caratteristiche delle imprese digitali, si sta discutendo la possibilità di individuare una nuova formula di insediamento virtuale delle imprese, che è stata definita «stabile organizzazione virtuale». Si tratta di una formulazione interessante per ovviare ai problemi di determinazione del luogo di stabilimento di questo tipo di attività, che necessità però di un’ampia riflessione e di uno studio adeguato da condursi nei prossimi anni. Questo consentirebbe di individuare una sede nell’UE per attività sviluppate attraverso il mercato digitale, assicurando che il valore economico della transazione sia tassato in Europa e, più in generale, ove avviene la creazione di valore.

4.3.

L’economia collaborativa potrebbe agevolare talune attività delle autorità fiscali nazionali, grazie alla digitalizzazione dei pagamenti eseguiti tramite piattaforme di collaborazione e grazie alla perfetta tracciabilità di tali pagamenti. L’assetto del sistema di pagamento potrebbe agevolare l’esecuzione degli obblighi fiscali da parte degli operatori del settore, come è per esempio avvenuto in Estonia, ove la procedura di dichiarazione dei redditi dei guidatori e di taluni prestatori di servizi viene semplificata grazie alla collaborazione con le piattaforme digitali.

4.4.

In termini generali, il CESE auspica che lo scambio di informazioni certe e tracciabili tra autorità fiscali, operatori e piattaforme di collaborazione aiuti a ridurre gli oneri amministrativi relativi all’attività di pagamento delle imposte nel settore dell’economia collaborativa e gli oneri di enforcement a carico delle autorità finanziarie, nell’ambito di una collaborazione resa più semplice e certa dal contesto tecnologico in cui le transazioni avvengono.

5.   Tassazione dell’economia collaborativa

5.1.

Per quanto concerne la tassazione dell’economia collaborativa è utile osservare che, nella sua relazione del 28 maggio 2014, il gruppo di esperti sulla tassazione dell’economia digitale, istituito dalla Commissione europea, ha osservato come non dovrebbero essere istituiti regimi speciali di tassazione dell’economia e delle imprese digitali, mentre si ritiene più opportuno adeguare le normative e i modelli fiscali vigenti ai contesti nuovi, avvalendosi della ampia tracciabilità delle transazioni che si realizzano sulle piattaforme dell’economia collaborativa per la gestione degli adempimenti fiscali.

5.2.

Nella pratica, i nuovi modelli d’impresa necessitano di un’attenzione particolare da parte della Commissione europea e delle autorità fiscali nazionali, in particolare quando le piattaforme hanno sede al di fuori dell’UE, per cercare di rendere equa e proporzionale la distribuzione del carico fiscale sul valore economico prodotto dai diversi attori: i fornitori, i fruitori beneficiari e le piattaforme di intermediazione.

5.3.

Il CESE ritiene che, nell’adattare le regole e i principi generali vigenti in materia fiscale al settore dell’economia collaborativa, sia necessario adottare un approccio ragionevole e proporzionato. Tale approccio dovrebbe garantire regole chiare e prevedibili per gli operatori di settore, in modo da non generare eccessivi costi di compliance che potrebbero pregiudicare la crescita di un settore di recente sviluppo e di prospettive future ampie, ma non ancora del tutto prevedibili e misurabili.

5.4.

Una eventuale e futura iniziativa europea nel campo della tassazione dei modelli di business dell’economia digitale dovrebbe tenere conto delle diverse iniziative antielusione promosse negli ultimi anni dalla Commissione europea in ambito fiscale in modo tale da far risultare i diversi interventi regolatori reciprocamente coordinati in un quadro di interventi organico e coerente.

5.5.

Un’iniziativa fiscale in materia di economia digitale allineata dovrebbe essere condotta al fine di rafforzare il mercato interno europeo e il suo sviluppo con riferimento a un settore che costituisce già una parte importante dell’economia europea e che è destinato a giocare un ruolo ancora più rilevante nei prossimi anni.

5.5.1.

A questo proposito, gli articoli 113 e 115 del trattato offrono una solida base giuridica per l’emanazione di regole in materia di imposte sia dirette che indirette nel campo dell’economia collaborativa finalizzate a consolidare il mercato interno e migliorarne il funzionamento.

5.6.

Alcuni Stati membri hanno deciso di intervenire nel settore della tassazione dell’economia digitale tramite una nuova e vincolante legislazione in materia, mentre altri hanno approvato linee guida destinate agli operatori di settore. Come detto in precedenza, sarebbe tuttavia necessaria un’iniziativa sulla tassazione dell’economia digitale a livello europeo.

5.7.

Il CESE auspica quindi che si possa realizzare un intervento legislativo a livello europeo sulla tassazione dell’economia digitale, prevedendo un adeguato coordinamento e coinvolgimento degli Stati membri con l’obiettivo di rafforzare il mercato interno e sfruttare appieno le opportunità che derivano dall’economia digitale.

5.8.

I fornitori di servizi dell’economia collaborativa sono certamente soggetti agli obblighi fiscali, tuttavia vi sono alcune difficoltà nell’individuazione dei contribuenti, anche in ragione del fatto che questi possono esercitare le proprie attività sia in modo professionale (ad esempio offrire continuativamente una prestazione di servizio), sia in modo occasionale (come forma di integrazione del reddito senza che questo divenga una professione). Alla difficile individuazione dei contribuenti si accompagna spesso la difficoltà di misurare con esattezza il reddito imponibile.

5.9.

Al riguardo, il CESE considera positiva l’individuazione di soglie di reddito minimo per distinguere se l’esercizio di una determinata attività sia da ritenersi professionale o meno, auspicando però che l’individuazione di tali soglie sia supportata da evidenze o motivazioni che ne giustifichino la scelta.

5.10.

Per quanto riguarda i nuovi modelli d’impresa, è necessario un coordinamento a livello UE al fine di evitare la doppia tassazione e gli abusi fiscali. Le buone pratiche di modelli di tassazione, in particolare per le imprese che gestiscono e realizzano l’attività di incontro tra la domanda e l’offerta mediante piattaforme digitali, dovrebbero essere introdotte e applicate dagli Stati membri. La Commissione europea deve assicurare il coordinamento tra le norme individuando, attraverso una direttiva, alcune regole comuni e condivise.

5.11.

Allo stesso tempo, il CESE incoraggia la pubblicazione, da parte delle amministrazioni finanziarie nazionali, di appositi orientamenti e linee guida finalizzati a fornire indicazioni chiare a favore dei prestatori di servizi che operano nell’ambito dell’economia collaborativa. Dato che i prestatori di servizi sono spesso dei privati, è effettivamente necessario fornire informazioni circa gli obblighi fiscali, in quanto tali soggetti spesso non sanno di essere assoggettati ad imposizione fiscale.

5.12.

Il CESE auspica che le normative europee e nazionali prevedano meccanismi per favorire la cooperazione fra gli operatori dell’economia collaborativa e le autorità fiscali. Grazie all’ampio utilizzo di dati certi e tracciabili questa collaborazione potrebbe favorire la semplificazione e la trasparenza fiscale, fino ad arrivare alla possibilità che, per talune attività, le piattaforme digitali diventino «sostituti per il versamento diretto dell’imposta» in collaborazione con le autorità fiscali.

5.12.1.

A tale riguardo il CESE sottolinea che, per garantire la certezza fiscale, occorre prestare una particolare attenzione alla rapida evoluzione e crescita di nuovi modelli d’impresa, che intensificano le preoccupazioni per l’incertezza in materia fiscale e per l’impatto di tali modelli sul commercio e gli investimenti transfrontalieri, in particolare nell’ambito della fiscalità internazionale (3).

5.13.

Il CESE sottolinea che potenzialmente l’economia collaborativa potrebbe ampliare la base imponibile nazionale creando nuovi posti di lavoro e apportando nuove risorse all’economia. Per sfruttare tale nuova base, le autorità nazionali competenti dovrebbero mettere a punto sistemi più efficienti per lo scambio e la condivisione delle informazioni. Questi dati combinati con nuove opportunità tecnologiche potrebbero creare maggiore certezza fiscale con costi inferiori sia per i prestatori di servizi che per le autorità fiscali. Poiché la piattaforma digitale, il fornitore di servizi e il cliente possono trovarsi in diversi Stati membri, la questione dovrebbe essere ulteriormente esplorata a livello comunitario per dare un’attenzione adeguata alla protezione dei dati transfrontaliera.

6.   L’IVA

6.1.

Con riferimento alle attività dell’economia collaborativa e alla loro assoggettabilità a IVA, è innanzitutto necessario distinguere fra le attività condotte dai diversi nuovi modelli d’impresa, per esempio le attività condotte direttamente dalle piattaforme di collaborazione e le attività dei singoli prestatori di servizio che si registrano presso le piattaforme stesse, e i modelli che avvalendosi delle piattaforme sviluppano attività diverse, ad esempio la vendita di spazi o dati degli utenti per inserzioni e annunci pubblicitari.

6.2.

Per quanto riguarda questi ultimi casi, le imprese sono già assoggettate all’imposta sugli utili delle società. Esse raccolgono informazioni dagli utilizzatori — ogni volta che uno di essi lancia una ricerca, le imprese raccolgono delle informazioni che possono poi vendere agli inserzionisti e ad altre parti interessate e, se viene creato del valore, si dovrebbe riscuotere l’IVA sullo scambio dei dati (raccolta e vendita di informazioni).

6.3.

Per quanto riguarda i modelli che lavorano sull’incontro domanda offerta, si può ritenere che essi creino «valore aggiunto» fornendo un servizio e consentendo una transazione/scambio tra clienti e conducenti; tale valore aggiunto dovrebbe quindi essere soggetto ad IVA.

6.4.

In generale, ai fini IVA è necessario distinguere tre diversi casi per quanto riguarda le modalità di pagamento delle prestazioni rese nel contesto dell’economia collaborativa: i) casi in cui le prestazioni sono rese a fronte del pagamento di una somma di denaro; ii) casi in cui la remunerazione rispetto al servizio avviene non in denaro, ma tramite un’altra prestazione o con una remunerazione non monetaria; iii) casi in cui la prestazione è resa in modo gratuito e senza alcuna «consideration».

6.5.

La disciplina IVA applicabile al caso: i) sopra menzionato può essere ricavata dalle regole e dai principi della legislazione vigente come elaborata dalla Corte di giustizia dell’UE, mentre il caso iii) potrebbe non rientrare nell’ambito dell’applicabilità della normativa IVA oggi esistente.

6.5.1.

Con riferimento ai casi concreti potenzialmente rientranti nell’ambito del punto ii), il CESE richiede venga approfondita la questione legata all’assoggettabilità o meno delle attività delle piattaforme di collaborazione agli adempimenti IVA. Il quadro giuridico in materia, infatti, non risulta oggi chiaro, soprattutto con riferimento ai servizi che, come menzionato più sopra, non richiedono un pagamento in denaro, ma utilizzano a fini commerciali i dati relativi al consumatore e alle sue preferenze.

6.6.

Il CESE ritiene importante che la Commissione affronti e regolamenti il tema dell’IVA nell’ambito dell’economia collaborativa all’interno del proprio piano d’azione, eventualmente facendo ricorso a regole e principi semplificati al di sotto di determinate soglie di giro d’affari — come è stato fatto in alcuni paesi —, così da contenere i costi di compliance soprattutto per le PMI e per i prestatori di servizi occasionali.

6.7.

Sarebbe inoltre opportuno che la Commissione europea e le amministrazioni fiscali nazionali promuovessero apposite attività di collaborazione e coordinamento con riferimento all’applicazione delle regole IVA al settore dell’economia collaborativa.

7.   Considerazioni finali

7.1.

Il CESE supporta il parere del Parlamento sull’agenda europea per l’economia collaborativa, laddove il PE «osserva che gli imprenditori europei mostrano una forte propensione alla creazione di piattaforme di collaborazione per fini sociali e riconosce un aumento dell’interesse nei confronti dell’economia collaborativa fondata su modelli imprenditoriali cooperativi» (4).

7.2.

Le caratteristiche peculiari dell’economia collaborativa, il suo potenziale innovativo e la necessità di adeguare le regole fiscali allo sviluppo esponenziale di tale settore suggeriscono un coinvolgimento della società civile organizzata nelle attività di consultazione e analisi promosse dalla Commissione europea, che si prefigga di riunire gli stakeholder del settore, i rappresentanti delle istituzioni dell’UE e delle amministrazioni finanziarie nazionali come pure gli esponenti del mondo accademico al fine di lanciare una riflessione congiunta sui temi della fiscalità dell’economia collaborativa.

7.3.

Il CESE invita la Commissione europea a proporre ulteriori raccomandazioni per migliorare lo scambio di informazioni tra le autorità fiscali nazionali e garantire la parità di trattamento fiscale dei prestatori di servizi. Il Comitato ritiene che sarebbe necessario elaborare un supplemento di parere per valutare ulteriormente le esigenze della politica fiscale, nonché l’impatto e i risultati della tassazione dell’economia digitale.

7.4.

Per quanto riguarda i diritti dei lavoratori e dei consumatori che partecipano all’economia collaborativa, il CESE rimanda al parere dal titolo L’economia della condivisione e l’autoregolamentazione  (5), Tuttavia in questo contesto è importante ricordare che l’impatto dell’economia collaborativa sul mercato del lavoro ha effetti molto rilevanti, tali da richiedere un’attenzione specifica per la tutela dei lavoratori, in particolar modo per quanto riguarda i versamenti contributivi per protezione sociale e sanitaria e per il sistema previdenziale.

7.4.1.

In questo senso, il CESE sottolinea ancora una volta la necessità di valutare l’impatto dell’economia collaborativa sul mercato del lavoro e fa rilevare che la piena tutela dei lavoratori e dei prestatori di servizi è un obiettivo che i legislatori UE e nazionali dovrebbero tenere sempre presente.

Bruxelles, 19 ottobre 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  GU C 303 del 19.8.2016, pag. 36, punto 8.2.4.

(2)  Per maggiori informazioni si veda l’articolo del Forum economico mondiale (World Economic Forum — WEF): https://www.weforum.org/agenda/2015/08/is-data-the-new-currency/

(3)  Per maggiori informazioni consultare la relazione dell'FMI e dell'OCSE per la riunione dei ministri delle finanze del G20 sulla certezza in materia fiscale

(4)  Relazione, su un'agenda europea per l'economia collaborativa [2017/2003(INI)], 11 maggio 2017.

(5)  GU C 303 del 19.8.2016, pag. 36, punto 8.2.4.