28.7.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 246/55


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (rifusione)»

[COM(2016) 767 final — 2016/0382 (COD)]

(2017/C 246/09)

Relatore:

Lutz RIBBE

Correlatore:

Stefan BACK

Consultazione

Parlamento europeo, 1.3.2017

Consiglio europeo, 6.3.2017

Base giuridica

Articolo 194 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

11.4.2017

Adozione in sessione plenaria

26.4.2017

Sessione plenaria n.

525

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

108/1/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta di revisione della direttiva sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. In combinazione con le altre proposte del cosiddetto «Pacchetto inverno», quella per lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabili (FER) svolge un ruolo decisivo ai fini del conseguimento degli obiettivi dell’Unione europea dell’energia e di quelli dell’UE in materia di protezione del clima, nonché dell’obiettivo dell’Unione europea di diventare nuovamente leader mondiale nel campo delle FER. L’UE mira a portare la quota di consumo energetico finale rappresentata dall’energia da fonti rinnovabili al 27 % entro il 2030.

1.2.

Ai fini del conseguimento degli obiettivi di protezione del clima e della riduzione della dipendenza dalle importazioni, un «obiettivo del 27 %» ha soltanto un’utilità limitata. Vero è che tale obiettivo deve essere considerato in congiunzione con altre misure (quali ad esempio l’aumento dell’efficienza energetica) volte a ridurre le emissioni di CO2, per cui in effetti potrebbe essere sufficiente, in particolare se le disposizioni in materia di governance inducessero gli Stati membri ad adottare le ulteriori misure eventualmente necessarie; tuttavia, se si considera l’obiettivo del 27 % in rapporto all’aspirazione dell’UE a svolgere il ruolo di leader mondiale nel campo delle FER e si tiene conto che, secondo la Commissione, senza una revisione della direttiva la quota del consumo finale di energia costituita da rinnovabili raggiunta nel 2030 sarebbe già del 24,7 %, è lecito chiedersi se tale obiettivo sia sufficientemente ambizioso.

1.3.

Il CESE ribadisce il suo rammarico per il fatto che la proposta in esame, pur dettando disposizioni in materia di pianificazione e monitoraggio nel quadro del sistema di governance dell’Unione dell’energia, non fissi obiettivi nazionali vincolanti.

1.4.

Il CESE condivide, nella sostanza, l’idea che le rinnovabili debbano misurarsi con il mercato. A suo avviso, infatti, un sovvenzionamento permanente — sia esso destinato ai combustibili fossili, al nucleare o alle FER — è fuori questione per tutta una serie di motivi.

1.5.

Tuttavia, l’energia da fonti rinnovabili potrà essere introdotta con successo sui mercati dell’elettricità soltanto se si saranno create condizioni di parità per tutte le fonti di energia. Se oggi le energie da fonti rinnovabili hanno ancora bisogno di un sostegno pubblico, lo si deve in larga misura al fatto che la produzione di energia convenzionale è fortemente sovvenzionata. È quindi indispensabile che vengano eliminate le attuali distorsioni a danno delle rinnovabili, ad esempio attraverso una combinazione tra tassazione dell’energia e sistema di scambio di quote di emissioni (ETS) che tenga conto della totalità dei costi esterni (cfr. il parere del CESE — non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale — in merito alla revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia). Il CESE sottolinea che tutto questo può e deve essere realizzato al minimo costo supplementare possibile per i consumatori o per le imprese.

1.6.

La nuova politica in materia di energia dovrebbe essere imperniata su tre «D»: decentramento, digitalizzazione e democratizzazione. Per le rinnovabili bisogna anche riorganizzare il mercato in modo da adeguarlo alle strutture decentrate di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

1.7.

Il CESE appoggia lo sviluppo, proposto dalla Commissione, di strutture di mercato decentrate e intelligenti, ma chiede che si dia assai più vigorosa attuazione all’invito della Commissione stessa a porre i consumatori e i cittadini al centro della politica energetica europea. Lo sviluppo di nuove strutture di mercato intelligenti potrebbe liberare il potenziale «rivoluzionario» offerto, secondo la Commissione, dalla transizione energetica, in modo da massimizzare i benefici sociali e regionali.

1.8.

Il CESE si compiace del fatto che si riconosca che i prosumatori sono attori di primo piano del nuovo mercato dell’energia: il rafforzamento del ruolo attivo dei consumatori — grandi e piccoli — e dei cittadini costituisce, infatti, un passo in avanti verso la democrazia energetica. Le opportunità che vengono loro offerte nella proposta rappresentano già un certo progresso rispetto alla situazione attuale, ma non sono assolutamente sufficienti, ad esempio per quanto riguarda il diritto esigibile di accedere e utilizzare la rete pubblica o le reti elettriche. Purtroppo, quindi, la proposta in esame si può considerare soltanto una prima tappa sul lungo cammino ancora da percorrere per liberare il vero potenziale sociale, economico e regionale racchiuso nei mercati orientati ai prosumatori.

1.9.

Il CESE sottolinea l’importanza di creare e sviluppare rapidamente reti intelligenti, in modo da garantire la stabilità e la sicurezza dell’approvvigionamento e l’integrazione settoriale mediante il raccordo alla rete, anche a livello micro, della produzione combinata di calore ed elettricità, della conversione dell’elettricità in gas e dei veicoli elettrici, consentendo così un agevole svolgimento degli scambi tra pari, affinché i prosumatori possano partecipare pienamente al mercato dell’energia elettrica su un piano di parità.

1.10.

La digitalizzazione offrirà ai prosumatori la possibilità di partecipare non soltanto alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ma anche al suo commercio. Il CESE, pertanto, raccomanda vivamente di formulare in materia un diritto positivo adeguato.

1.11.

Il potenziale offerto all’economia regionale dalle fonti di energia rinnovabili, e in particolare dalle bioenergie (compresi i carburanti alternativi), è sì menzionato nei considerando, ma non viene poi preso in considerazione nel testo legislativo vero e proprio. Manca una strategia adeguata che colleghi le rinnovabili allo sviluppo economico regionale. Inoltre, non viene riconosciuta l’importanza delle città, dei comuni e delle regioni, come anche delle PMI, in quanto forze motrici della transizione verso le fonti di energia rinnovabili.

1.12.

La connessione che si rende possibile tra la nuova politica energetica e lo sviluppo regionale non è importante soltanto per l’economia regionale. La partecipazione dei soggetti locali pertinenti a progetti energetici decentrati, infatti, è importante anche per favorire l’accettazione da parte dell’opinione pubblica: che un parco eolico sia di proprietà di un fondo internazionale di private equity o di soggetti locali può non fare alcuna differenza ai fini della protezione del clima o della sicurezza energetica, ma è fondamentale per la sua accettazione da parte dei cittadini.

1.13.

La povertà energetica è un problema sociale, che deve essere affrontato nel quadro della politica sociale. Il CESE richiama l’attenzione sul potenziale finora non sfruttato che il connubio tra la produzione di energia termica ed elettrica a partire da FER, il risparmio energetico, lo spostamento del carico e il prosumerismo offre per affrontare questo problema. Lo sfruttamento di tale potenziale presuppone che si trovino soluzioni per finanziare gli investimenti iniziali, ad esempio attraverso fondi sociali o strumenti di investimento, e si intervenga in maniera sistematica per eliminare le barriere che ostacolano l’accesso al capitale. Ogni cittadino e ogni consumatore europeo dovrebbe essere messo in condizione di diventare un prosumatore.

1.14.

Nel titolo della direttiva proposta si parla di «promozione» delle rinnovabili, ma nel suo testo non si fa alcun riferimento a strumenti specifici di sostegno. Senonché, se si vuol garantire la sicurezza degli investimenti, è indispensabile dettare regole perspicue e appropriate. Pertanto, le comunità energetiche e i prosumatori hanno bisogno di un regime di sostegno specifico, chiaro e preciso; e il CESE chiede che, per garantire la massima certezza giuridica e attirare così gli investimenti, siano aggiornate le norme vigenti in materia di aiuti di Stato.

1.15.

Il CESE accoglie con favore l’obiettivo di promuovere le fonti di bioenergia e i carburanti alternativi sostenibili, ma si rammarica che le disposizioni in merito contenute nella proposta siano, in alcuni casi, non abbastanza flessibili da consentire un adeguamento alle circostanze locali per quanto concerne l’impiego delle materie prime e dei materiali residui. Nell’abbandonare gradualmente i biocarburanti non sostenibili, occorre evitare di creare «attività irrecuperabili» (sunken assets).

2.   Osservazioni generali sulla promozione dell’energia da fonti rinnovabili

2.1.

Secondo il CESE, le FER possono apportare all’Unione europea i quattro vantaggi fondamentali di seguito indicati. Nella sua proposta di direttiva, tuttavia, la Commissione fa riferimento soltanto a due di tali vantaggi, talora peraltro in maniera eccessivamente vaga.

a)    Mitigazione dei cambiamenti climatici

2.2.

Le rinnovabili svolgono un ruolo determinante nel realizzare l’obiettivo di decarbonizzare, più o meno completamente, il sistema energetico europeo. Tuttavia, per far questo devono essere soddisfatte due condizioni:

sono necessari progressi significativi in termini di efficienza energetica (cfr. il parere del CESE in merito alla revisione della direttiva sull’efficienza energetica),

i trasporti e il settore del riscaldamento e del raffreddamento svolgono un ruolo di primo piano nella riduzione delle emissioni di gas serra. Utilizzare energia elettrica proveniente al 100 % da fonti rinnovabili contribuirà in misura rilevante a rendere più sostenibili i settori del riscaldamento e della mobilità. In quest’ottica sono particolarmente importanti le proposte sulla connessione dei veicoli elettrici alla rete elettrica, la regolamentazione in materia di produzione combinata di calore e di energia elettrica nonché di conversione dell’elettricità in gas, e lo sviluppo delle reti intelligenti (1).

b)    Sicurezza dell’approvvigionamento

2.3.

Le rinnovabili recheranno un contributo indispensabile alla sicurezza dell’approvvigionamento e ridurranno la dipendenza dalle importazioni di energia, a condizione che se ne coordini la produzione e l’utilizzo, come anche l’adeguamento della domanda. A tal fine sono però necessari incentivi specifici, e il CESE dubita che le misure di sostegno previste nella proposta in esame e in quelle sull’assetto del mercato dell’energia elettrica siano sufficienti: dato il problema della produzione di energia da FER «a costi marginali pari a zero», probabilmente si renderà necessario adottare ulteriori misure.

c)    Superamento della povertà energetica

2.4.

La curva dei costi per le rinnovabili è in costante discesa, le FER sono più economiche che mai e il loro prezzo è ormai talmente basso che esse potrebbero contribuire già ora in maniera costruttiva a ridurre il problema della povertà energetica. E sviluppare il prosumerismo rappresenta un’opzione molto efficace in tal senso. Ad esempio, uno studio del Centro comune di ricerca (JRC Scientific and policy reports — Cost Maps for Unsubsidised Photovoltaic Electricity) indica che, già nel 2014, per l’80 % degli europei l’elettricità autogenerata da fonte solare era meno costosa di quella proveniente dalla rete. Tuttavia, la Commissione non ha ancora elaborato una strategia appropriata per sfruttare questa opzione (cfr. il parere del CESE sul nuovo assetto del mercato dell’energia elettrica e gli impatti potenziali sui consumatori vulnerabili).

2.5.

Accedere al capitale necessario è particolarmente difficile per le categorie a basso reddito, ragion per cui è necessario fornire un sostegno adeguato. Questo aspetto non viene affrontato nella direttiva in esame né nel Pacchetto inverno, anche se è pertinente all’obiettivo della Commissione mettere i cittadini al centro della politica energetica, nello spirito degli articoli 17 e 21 della direttiva stessa.

2.6.

In tale contesto, il CESE ritiene che sia opportuno esaminare tutte le opzioni percorribili per consentire a tutti i cittadini, nella misura del possibile, di partecipare attivamente, a condizioni eque, all’«economia dell’energia». Ciò significa anche consentire specialmente agli impianti di piccole dimensioni e ai microimpianti di beneficiare dei finanziamenti a titolo del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) o di qualsiasi altro strumento di investimento. Se i consumatori a basso reddito potessero accedere al capitale necessario per installare impianti decentrati per la produzione di energia da fonti rinnovabili, potrebbero diventare prosumatori. I sistemi di misurazione del consumo netto, applicati in alcuni Stati membri — e in particolare in Italia, nei Paesi Bassi e in Belgio (Vallonia), Polonia e Slovenia — consentono di alleggerire direttamente i costi, il che, a sua volta, potrebbe alleviare il problema della povertà energetica.

d)    Valore aggiunto regionale

2.7.

Le fonti di energia rinnovabili sono, per loro natura, risorse regionali che ormai tutti avrebbero le possibilità tecniche di sfruttare. Questo vantaggio è particolarmente importante nelle regioni con infrastrutture carenti, dove occorre sviluppare nuove opportunità di valore aggiunto, e a giusto titolo la Commissione vi fa riferimento a più riprese nei considerando.

2.8.

Generare valore aggiunto regionale, tuttavia, significa coinvolgere in modo strategico e consapevole i soggetti interessati locali e regionali nei processi economici, consentendo loro di contribuire ad adattarli alle proprie esigenze e quindi di partecipare allo sviluppo economico. Tale coinvolgimento produce come ricaduta positiva non solo un maggiore consenso nei confronti dello sviluppo delle infrastrutture necessarie, ma anche il contributo al loro cofinanziamento.

2.9.

Il CESE, tuttavia, lamenta l’assenza di una strategia chiara tesa a creare un collegamento tra lo sviluppo regionale e la diffusione delle FER. Gli Stati membri avrebbero dovuto definire strategie di questo tipo già in seguito all’adozione dell’attuale direttiva sulle FER, ma così non è stato.

3.   Osservazioni generali sulla proposta di direttiva

3.1.

Il CESE sostiene da sempre gli sforzi profusi dalla Commissione affinché l’UE torni ad essere leader mondiale nel campo delle energie rinnovabili. In effetti, molte delle proposte vanno nella direzione giusta (è il caso, ad esempio, della prevedibilità dei quadri di sostegno, compresa l’esclusione di misure retroattive), anche se vi è il rischio che le tre carenze fondamentali in appresso indicate possano continuare a interferire nello sviluppo delle FER.

a)    L’adeguatezza degli strumenti di sostegno

3.2.

La proposta di direttiva si basa sugli obiettivi definiti dal Consiglio europeo dell’ottobre 2014 e aggiorna la precedente quota-obiettivo, ossia il 20 % del consumo finale di energia entro il 2020, portandola a un 27 % da raggiungere entro il 2030, dunque con un aumento di meno di un punto percentuale all’anno. Senza una revisione della direttiva, nel 2030 l’UE raggiungerebbe una quota pari a circa il 24,7 %, per cui l’obiettivo è quello di conseguire un ulteriore 2,3 %.

3.3.

Questo lento tasso di incremento, però, potrebbe comportare in seguito la necessità di aumentare in misura esponenziale la quota di rinnovabili da raggiungere tra il 2030 e il 2050, se si vogliono realizzare gli obiettivi fissati nella tabella di marcia per l’energia per il 2050 (COM(2011) 885 final). E le misure necessarie a questo scopo potrebbero comportare costi economici supplementari. In ogni caso, lo sviluppo delle FER dovrebbe essere attentamente monitorato, sì da consentire l’adozione delle misure correttive nel modo più tempestivo ed economico possibile;

3.4.

La conclusione della valutazione d’impatto della direttiva proposta (SWD(2016) 418 final) è che, a quadro giuridico costante, si renderà necessario adottare delle misure di sostegno almeno fino al 2030. Ad avviso del CESE, quindi, la direttiva proposta dovrebbe anche delineare in modo assai chiaro tali regimi di sostegno, che verrebbero così attuati rapidamente ed efficacemente; essa, tuttavia, non vi provvede affatto.

3.5.

«Attuare» i meccanismi di sostegno è compito degli Stati membri, i quali li devono applicare nel rispetto delle norme dell’UE sugli aiuti di Stato. Senonché l’attuale diritto dell’UE in materia lascia loro margini di manovra estremamente limitati, ragion per cui è necessario e urgente provvedere a modificarlo.

3.6.

Le norme europee vigenti in materia di aiuti di Stato hanno infatti comportato, tra l’altro, una riduzione drastica degli strumenti di sostegno che finora si erano dimostrati efficaci, quali l’immissione prioritaria nella rete e le tariffe di riacquisto, di cui facevano largo impiego soprattutto i piccoli operatori e i nuovi attori del mercato. Nuovi strumenti, ad esempio gare d’appalto, rappresentano in alcuni casi degli ostacoli quasi insormontabili per i prosumatori, le comunità energetiche e altri attori del mercato.

3.7.

Le misure di promozione previste nella proposta riguardano principalmente la struttura del mercato e alcune disposizioni generali sulla necessità di strumenti di sostegno stabili conformi alle norme in materia di aiuti di Stato. Ma tutto ciò, da solo, non è sufficiente. È quindi essenziale, secondo il CESE, che. a) il regolamento generale di esenzione per categoria in relazione agli aiuti di Stato [regolamento (CE) n. 800/2008]; e b) gli attuali orientamenti riguardanti gli aiuti di Stato in materia ambientale per il periodo 2014-2020 siano riveduti con urgenza al fine di garantirne la compatibilità con gli obiettivi della proposta, in particolare per quanto riguarda le esigenze dei prosumatori e delle PMI.

3.8.

Così, ad esempio, la deroga per i piccoli progetti (punti 125 e 127 dei suddetti orientamenti) deve essere ampliata, e i valori corrispondenti devono essere sanciti nella direttiva sulle FER al fine di garantire assoluta chiarezza.

3.9.

Il CESE dubita dell’efficacia di una soluzione consistente nell’introdurre quote per l’accesso ai regimi di sostegno per impianti in altri Stati membri, in particolare alla luce dell’obiettivo di promuovere la produzione decentrata di energia da fonti rinnovabili e lo sviluppo economico regionale.

b)    Le distorsioni del mercato ostacolano le rinnovabili

3.10.

Il messaggio dell’intero Pacchetto inverno non potrebbe essere più chiaro: la filosofia della Commissione è che d’ora in avanti — o almeno il più presto possibile — le rinnovabili dovranno misurarsi con il mercato. Tuttavia, questo approccio, in sé lodevole, risulterà problematico finché non si sarà provveduto a correggere due distorsioni fondamentali attualmente presenti nel mercato. Innanzitutto, a) le centrali elettriche che utilizzano risorse fossili continuano a beneficiare di sovvenzioni nazionali dirette; inoltre, b) l’internalizzazione dei costi esterni è ancora assolutamente inadeguata. Pertanto, l’elettricità prodotta da centrali a combustibili fossili o trasformando altre forme di energia ottenute a partire da risorse fossili gode di un vantaggio sistematico rispetto all’energia da fonti rinnovabili, che genera costi esterni nulli o del tutto marginali. Il Fondo monetario internazionale stima che le sovvenzioni all’energia «sporca» ammontino, a livello mondiale, a 5 300 miliardi di dollari statunitensi (USD) all’anno; per l’UE si calcola che esse siano nell’ordine di 330 miliardi di USD all’anno.

3.11.

Sebbene queste distorsioni del mercato a danno dell’energia da fonti rinnovabili siano ben note da anni, e nonostante le promesse di porre fine a tale disparità di condizioni, ciò che è stato fatto è ben poco. Tra le lacune da colmare che ostacolano lo sviluppo delle rinnovabili, questa è senz’altro la principale.

3.12.

Di recente, inoltre, sono state stranamente sollevate delle critiche per le pretese distorsioni del mercato che sarebbero causate dalle misure di sostegno alle energie rinnovabili. Sono critiche che non hanno alcun fondamento: il fatto che continui a essere necessario sostenere le energie rinnovabili è in gran parte dovuto proprio al sovvenzionamento della produzione di energia convenzionale. In altri termini, se si ponesse fine alle sovvenzioni alla produzione di energia nelle centrali a combustibili fossili, creando quindi reali condizioni di parità, gran parte del sostegno fornito alle energie rinnovabili non sarebbe più necessario. Il CESE ribadisce la sua posizione secondo cui occorre creare, anche mediante strumenti di economia di mercato, condizioni di parità che eliminino le distorsioni del mercato e facciano sì che le energie rinnovabili non siano più svantaggiate (cfr. il parere del CESE in merito alla revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia).

c)    Il mercato dell’elettricità attuale non è adatto alle rinnovabili

3.13.

In passato, il settore dell’energia è stato caratterizzato da un numero relativamente basso di impianti, ciascuno dei quali con un’elevata capacità di produzione. Un sistema energetico improntato sulle energie rinnovabili è caratterizzato invece da impianti più piccoli e decentrati.

3.14.

Il CESE si è già espresso in merito a possibili nuovi approcci per organizzare gli scambi di energia elettrica nei sistemi decentrati, come ad esempio l’«approccio cellulare» (2). Essi si basano sul principio secondo cui anche i piccoli operatori dovrebbero essere in grado di comunicare direttamente gli uni con gli altri e di commerciare energia. Si tratta quindi non soltanto di migliorare le possibilità di produzione, ma anche di partecipare agli scambi.

3.15.

Queste operazioni tra pari consentirebbero ad ampie fasce della società di partecipare non soltanto alla produzione e all’autoconsumo, ma anche alla gestione attiva degli impianti energetici minori e di livello regionale, aprendo così opportunità di creare valore completamente nuove. Tra queste ultime figura anche l’integrazione tra settori, perché in molti casi l’energia impiegata per il riscaldamento e quella utilizzata per la mobilità sono beni locali prodotti e consumati in piccole unità.

3.16.

Il CESE fa presente che, a causa di ostacoli amministrativi e di una generale mancanza di regolamentazione, al momento attuale le operazioni tra pari sono impossibili in molti Stati membri. La proposta in esame e quella sull’assetto del mercato dell’energia elettrica dovrebbero cambiare tale situazione, ma il CESE constata gravi carenze in entrambe queste proposte.

3.17.

L’apertura dei mercati dell’energia elettrica alle operazioni tra pari in tutta l’UE contribuirebbe a liberare l’enorme potenziale sociale ed economico offerto dalle rinnovabili. Ignorando questo aspetto, e dunque non tenendo conto neanche di ostacoli molto concreti quali ad esempio le soglie per il commercio di energia, la Commissione ha perso un’importante occasione di migliorare nettamente la situazione dei cittadini, dei piccoli e grandi prosumatori e delle PMI europei sul mercato dell’elettricità, di consentire alle entità di maggiori dimensioni di esportare «soluzioni energetiche» verso i mercati extraeuropei e, in generale, di rendere meglio accetta alla società questa transizione energetica.

4.   Osservazioni specifiche sul testo della direttiva

a)    Mancanza di obiettivi nazionali vincolanti

4.1.

Il Comitato ribadisce la sua critica (3) al fatto che, diversamente dalla direttiva del 2009, la nuova direttiva non definisca più alcun obiettivo nazionale vincolante. Il Comitato nutre ancora dei dubbi circa il fatto che il previsto processo di governance possa «motivare» gli Stati membri contrari all’introduzione di obiettivi nazionali vincolanti a svolgere un ruolo più propositivo. Nella proposta non è previsto alcuno strumento specifico che consenta di intervenire se l’obiettivo del 27 % non viene raggiunto (cfr. il parere del CESE sulla governance dell’Unione dell’energia). Il CESE prende tuttavia atto della responsabilità collettiva prevista all’articolo 3 della proposta in esame, dal momento che, conformemente alla proposta di regolamento sulla governance, sono previste sanzioni finanziarie se tali obiettivi non sono raggiunti collettivamente nei piani nazionali integrati per l’energia e il clima. In che modo ciò sarà messo in atto, però, resta ancora da chiarire.

b)    Mancanza di una strategia per lo sviluppo regionale

4.2.

La Commissione riconosce, ad avviso del CESE, l’importanza di una partecipazione attiva dei soggetti locali e regionali interessati, in termini sia di accettazione delle politiche intraprese che di ricadute sull’economia regionale. Le prevista crescita della mobilità elettrica schiuderà, da sola, nuove ed enormi opportunità per l’economia regionale, a condizione che il necessario sviluppo delle infrastrutture di generazione e di distribuzione sia costantemente imperniato su modelli di gestione decentrata (4).

4.3.

Questo contribuirebbe inoltre al raggiungimento dell’obiettivo di abbassare il più possibile il costo di utilizzo delle rinnovabili per i contribuenti e per i consumatori. A tal fine, però, non ci si deve basare sui soli prezzi dell’elettricità, bensì su una prospettiva economica generale a livello nazionale e regionale. Ad esempio, occorre tener conto della creazione di posti di lavoro a livello regionale (cfr. il considerando 49). Il CESE sottolinea la tendenza, tutt’oggi diffusa in numerosi Stati membri: a) a imporre oneri inutili e ingiustificati sull’energia prodotta e consumata localmente, e b) a non considerare minimamente gli aspetti regionali.

4.4.

In molti casi, inoltre, la regolamentazione vigente negli Stati membri non tiene conto dei costi della rete e del sistema. Il CESE è convinto che, in ultima analisi, le soluzioni decentrate riducano i costi della rete e del sistema, e al riguardo condivide il punto di vista espresso dalla Commissione nel considerando 52.

4.5.

Il suddetto considerando è ripreso dalla direttiva 2009/28/CE, pur non avendo mai spinto, in questi anni, gli Stati membri a elaborare corrispondenti strategie regionali specifiche. Il CESE ha già avuto modo di osservare (nella relazione finale del suo studio sul ruolo della società civile nell’attuazione della direttiva UE sulle energie rinnovabili, intitolato «Cambiare il futuro dell’energia: la società civile protagonista nella generazione di energia rinnovabile») che in molti Stati membri i regolamenti e i programmi di sostegno non fanno alcun riferimento agli aspetti locali e regionali, e che molti governi e amministrazioni nazionali adducono persino a giustificazione la legislazione europea. Al riguardo, quindi, è necessaria una maggiore specificità. Pur creando le condizioni formali per il decentramento e lo sviluppo regionale, la proposta non impone alcun obbligo di attuare una strategia coerente in questo senso. Il CESE ritiene che indicare dei principi senza corroborarli sul piano giuridico non sia un modo efficace di legiferare.

4.6.

Al fine di chiarire meglio il tenore del considerando 49, la Commissione dovrebbe precisare, nell’articolato, che cosa si intende quando si afferma che «la Commissione e gli Stati membri dovrebbero pertanto sostenere le azioni di sviluppo nazionali e regionali … e promuovere il ricorso ai fondi strutturali in tale settore». Anche il contenuto del considerando 50 risulta vago quando recita che: «è necessario tener conto dell’impatto positivo sullo sviluppo a livello regionale e locale, sulle prospettive di esportazione, sulla coesione sociale e sulla creazione di posti di lavoro, in particolare per quanto riguarda le PMI e i produttori indipendenti di energia». Infine, con riferimento al considerando 52 («… consentire lo sviluppo delle tecnologie decentrate per la produzione di energia da fonti rinnovabili a condizioni non discriminatorie e senza ostacolare il finanziamento degli investimenti nelle infrastrutture»), il CESE si compiace che sia riconosciuto il valore degli approcci decentrati, ma reputa anche che sul punto occorrano chiarimenti e precisazioni sostanziali.

c)    Necessità di regole più chiare sul prosumerismo e sui diritti dei consumatori

4.7.

Il CESE accoglie favorevolmente il fatto che venga data una definizione quantomeno parziale di «teleriscaldamento», «autoconsumatore di energia rinnovabile», «autoconsumo di energia rinnovabile», «PMI» e «comunità produttrici/consumatrici di energia» (articolo 21), e apprezza quindi che tali concetti siano riconosciuti come termini giuridici pertinenti ai fini della politica energetica e della regolamentazione. In passato, la mancanza di chiarezza nella terminologia ha creato notevole incertezza in materia di investimenti. Vi sono, tuttavia, due problemi. In primo luogo, manca ancora una chiara definizione di prosumerismo, e nel Pacchetto inverno le definizioni proposte non sono sempre applicate in maniera coerente. In secondo luogo, il contenuto giuridico della direttiva non offre gli strumenti adatti per tradurre realmente in pratica questi concetti. Lo sviluppo di norme siffatte dipende da un’attuazione efficace, e il CESE si rammarica del fatto che la Commissione non proponga orientamenti chiari al riguardo.

4.8.

Per quanto concerne la questione degli autoconsumatori di energia rinnovabile:

il CESE accoglie con favore le disposizioni in materia di cui all’articolo 21 (paragrafi da 1 a 3). Tuttavia, tali norme potrebbero rimanere prive di effetto se nell’articolo non si spiegherà in maniera esaustiva che cosa si intende quando si afferma che gli autoconsumatori sono «autorizzati a praticare l’autoconsumo e a vendere […] le eccedenze di produzione di energia elettrica rinnovabile senza essere soggetti a procedure sproporzionate e oneri che non tengono conto dei costi». Sarebbe opportuno integrare il riferimento ai loro diritti in quanto consumatori con un rimando al capo III della proposta di direttiva sul mercato interno dell’energia elettrica, che stabilisce i diritti specifici concretamente attribuiti ai consumatori di elettricità autogenerata e i modi in cui questi possono esercitarli, in particolare per quanto riguarda il diritto di ricorrere alle operazioni tra pari.

La Commissione, ad esempio, dovrebbe chiarire anche che l’autoconsumo di energia elettrica senza l’utilizzo dell’infrastruttura dovrebbe essere esente da imposte e tasse, come l’autoconsumo di energia termica.

Le disposizioni secondo cui, a determinate condizioni, gli autoconsumatori non vanno considerati alla stregua dei fornitori di energia «tradizionali» vanno nella direzione giusta, ma devono essere rese più precise. «Autoconsumo» e «fornitura», infatti, sono in primo luogo due cose differenti. Le soglie indicate nella proposta di direttiva sono troppo basse. Basandosi su modelli imprenditoriali reali — e tenendo conto di quanto disposto per i piccoli progetti dai punti 125 e 127 degli orientamenti vigenti per gli aiuti di Stato — le soglie adeguate sarebbero di 20 MWh (6 000 MWh per l’energia eolica) per le famiglie e di 1 000 MWh (36 000 MWh per l’eolica) per le persone giuridiche.

La disposizione secondo cui gli autoconsumatori devono essere remunerati al valore di mercato per l’elettricità che immettono nella rete richiede una definizione del termine «valore di mercato». Non è corretto che tale valore sia determinato sulla base del livello dei prezzi del mercato all’ingrosso, finché il mercato sarà distorto dalle sovvenzioni alla produzione di energia a partire da combustibili fossili. Inoltre, la remunerazione in questione dovrebbe tener conto anche delle condizioni del sistema nel suo complesso (ad esempio per quanto concerne la capacità di carico della rete), in modo da incentivare gli autoconsumatori ad accumulare energia in maniera «utile al sistema» o a differire il carico.

Il CESE accoglie con favore la disposizione di cui al paragrafo 2, che disciplina la fornitura a edifici singoli, in quanto pone fine a una profonda ingiustizia che si protrae ormai da anni.

4.9.

Per quanto riguarda i requisiti amministrativi e le autorizzazioni, il CESE osserva che le intenzioni alla base degli articoli 15 e 16 sono sostanzialmente corrette, ma rileva che il testo proposto presenta una serie di problemi. In primo luogo, il termine «dispositivi decentrati» di cui all’articolo 15, paragrafo 1, lettera d), è troppo vago e va quindi definito con precisione. In secondo luogo, gli Stati membri non riescono praticamente mai a raggiungere l’obiettivo di mettere le comunità produttrici/consumatrici su un piano di parità con i grandi operatori del mercato, e in molti casi questa loro incapacità è dovuta alla loro interpretazione delle norme sugli aiuti di Stato. Tale parità, pertanto, non sarà raggiunta fino a quando le norme relative ai progetti di piccole dimensioni, all’autoconsumo e al prosumerismo non saranno rese più chiare. La Commissione deve intervenire con urgenza per porvi rimedio. In terzo luogo, il testo proposto agli articoli 15 e 16 si riferisce unicamente alla produzione. Affinché operatori quali le comunità produttrici/consumatrici abbiano pieno accesso al mercato e, soprattutto, siano in grado di effettuare operazioni tra pari, vi è bisogno di procedure semplificate per lo stoccaggio, il commercio e l’autoconsumo di elettricità.

4.10.

Per quanto concerne le garanzie di origine, il testo dell’articolo 19 della proposta non tiene sufficientemente conto del fatto che il mercato non funziona come dovrebbe. Mentre la normativa proposta è volta a far sì che le scelte dei consumatori incentivino lo sviluppo di capacità in materia di energie rinnovabili, l’attuale legislazione dell’UE consente le offerte ingannevoli di «elettricità verde». I fornitori sono cioè autorizzati a utilizzare le garanzie di origine per ammantarsi di un’immagine «ecologica», pur continuando a produrre, acquistare e vendere energia elettrica da fonti non rinnovabili. La futura legislazione dell’UE dovrebbe incaricare le autorità nazionali di regolamentazione di stabilire requisiti vincolanti per tutti gli operatori del mercato che offrono tariffe di «elettricità verde», e i fornitori dovrebbero documentare i benefici ambientali aggiuntivi derivanti da tali tariffe. Invece, l’attuale proposta della Commissione potrebbe accrescere la confusione dei consumatori e aumentare eccessivamente l’offerta di garanzie di origine. Inoltre, le comunità di prosumatori che commercializzano direttamente la loro energia elettrica dovrebbero essere esentate dall’obbligo di indicarne l’origine, dato che questa è già chiaramente riconoscibile come «civica» per il fatto stesso che l’energia è da loro prodotta o di loro proprietà.

d)    Obiettivi più ambiziosi e maggiore flessibilità per i biocombustibili e i carburanti alternativi

Biocarburanti

4.11.

Il CESE reputa che l’approccio delle proposte nei confronti dei biocarburanti sia troppo rigido. Se è vero che occorre attenersi all’obiettivo di non incidere sulla produzione alimentare, è però altrettanto importante consentire un utilizzo ottimale delle risorse disponibili. Il CESE ribadisce pertanto la necessità di sviluppare biocarburanti non derivati da prodotti agricoli — o comunque da un uso del suolo che interferisca con la produzione alimentare — bensì ricavati da altre fonti quali i prodotti residui, i sottoprodotti e i rifiuti, anche forestali (cfr. il parere del CESE sulla decarbonizzazione dei trasporti (5)). Il CESE, inoltre, sottolinea che qualsiasi misura di abolizione graduale dovrebbe essere attuata in modo tale da evitare il più possibile «attività irrecuperabili».

4.12.

Nel suo parere del 17 aprile 2013 sui cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni e i biocarburanti (6) il CESE chiedeva quale contributo quantitativo potessero dare i «biocarburanti avanzati», e a quale costo. Queste domande sono tuttora senza risposta.

4.13.

Il Comitato ha altresì sottolineato che l’aumento della coltivazione e dell’impiego di oleaginose nel quadro di un’agricoltura particolarmente sostenibile (colture miste) potrebbe aprire la strada ad alcune applicazioni assai utili, ad esempio per quanto concerne il funzionamento delle macchine agricole e forestali. Tuttavia, questo è un altro settore in cui la Commissione sembra non avere ancora una vera e propria strategia, e la proposta di direttiva in esame non risolve il problema.

4.14.

Il CESE reputa importante che si possa mantenere una certa flessibilità riguardo alla riduzione dei biocarburanti, dei biocombustibili liquidi e dei combustibili da biomassa prodotti a partire da colture alimentari o foraggere, purché essi soddisfino i criteri di sostenibilità di cui all’articolo 27 della direttiva proposta.

4.15.

Il CESE è nettamente favorevole all’introduzione degli obblighi posti dall’articolo 26, paragrafo 5, al fine di garantire una silvicoltura sostenibile, e raccomanda di riformulare la definizione di «permesso di raccolta» di cui all’articolo 2, lettera jj), onde includervi tutte le forme giuridicamente valide di autorizzazione a raccogliere la biomassa forestale.

La mobilità elettrica (elettromobilità)

4.16.

Nel fissare la quota per i combustibili alternativi, la direttiva non tiene adeguato conto del grande potenziale di crescita insito nell’elettromobilità. Quest’ultima sta ormai diventando una necessità, visto il rapido aumento della quota di energie rinnovabili nella produzione elettrica, in quanto offre flessibilità e, se attuata in modo appropriato da un punto di vista strategico, può svolgere un ruolo importante nello sviluppo di strutture di prosumazione.

4.17.

Al di là della quota per i combustibili alternativi, per il 2030 si potrebbe fissare, anche per motivi di politica industriale e regionale e per porre fine alla dipendenza energetica dell’Europa, una quota-obiettivo del 10-20 % per l’elettromobilità che utilizza l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili. Inoltre, è importante che i criteri di sostenibilità di cui all’articolo 27, relativi alla quota massima di energie rinnovabili nel consumo finale di energia, siano applicati anche al settore dei trasporti, onde evitare restrizioni eccessive all’impiego dei biocarburanti in quel settore.

e)    Nuovi impulsi a favore delle rinnovabili nel settore del riscaldamento e del teleriscaldamento

In merito al gas e al riscaldamento:

4.18.

la proposta, di cui all’articolo 23, di aumentare di almeno 1 punto percentuale ogni anno la quota di energia da fonti rinnovabili per il riscaldamento e il raffrescamento non è sufficiente: se vogliamo raggiungere gli obiettivi perseguiti in materia di clima, bisognerà fissare percentuali molto più ambiziose.

4.19.

L’obbligo — di cui all’articolo 20, paragrafo 1 — di valutare la necessità di estendere l’infrastruttura di rete del gas per agevolare l’integrazione del gas prodotto a partire da fonti energetiche rinnovabili è effettivamente opportuno, ma occorre tener presente che anche il gas è un combustibile fossile disponibile in quantità limitata. Al riguardo, si rimanda al parere del CESE sulla sicurezza dell’approvvigionamento di gas (7). Nella definizione dei criteri di valutazione bisogna tener conto dell’aspetto dell’integrazione settoriale.

4.20.

Il CESE accoglie con favore le disposizioni degli articoli 20, paragrafo 3, e 24, volte a rafforzare i sistemi di teleriscaldamento, in quanto rappresentano strumenti importanti per sviluppare l’integrazione settoriale, combattere la povertà energetica e rilanciare l’economia regionale. Al tempo stesso, il CESE rileva che, nel quadro dell’attuale legislazione dell’UE, le soluzioni urbane o regionali integrate spesso non funzionano a causa delle regolamentazioni nazionali.

Bruxelles, 26 aprile 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

George DASSIS


(1)  GU C 34 del 2.2.2017, pag. 151.

(2)  GU C 82 del 3.3.2016, pag. 13 e GU C 34 del 2.2.2017, pag. 78.

(3)  GU C 291 del 4.9.2015, pag. 8.

(4)  GU C 34 del 2.2.2017, pag. 78.

(5)  GU C 198 del 10.7.2013, pag. 56.

(6)  GU C 198 del 10.7.2013, pag. 56.

(7)  GU C 487 del 28.12.2016, pag. 70.