20.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 264/11


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Più equità nella mobilità dei lavoratori all’interno dell’UE»

(parere esplorativo)

(2016/C 264/02)

Relatrice:

Laura GONZÁLEZ DE TXABARRI ETXANIZ

Correlatrice:

Dorthe ANDERSEN

Con lettera del 16 dicembre 2015, il ministero neerlandese degli Affari sociali e del lavoro, a nome della presidenza neerlandese del Consiglio e conformemente all’articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo di elaborare un parere esplorativo sul tema:

Più equità nella mobilità dei lavoratori all’interno dell’UE

(parere esplorativo)

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 4 aprile 2016.

Alla sua 516a sessione plenaria, dei giorni 27 e 28 aprile 2016 (seduta del 27 aprile 2016), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 232 voti favorevoli, 2 voti contrari e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE ritiene che nell’attuale contesto politico sia la Commissione che gli Stati membri debbano compiere uno sforzo particolare per garantire e promuovere la libera circolazione dei lavoratori nell’UE, abolendo ogni discriminazione basata sulla nazionalità, evitando restrizioni ingiustificate sia per i lavoratori che per le imprese, nella misura in cui si tratta di una libertà fondamentale sancita dal TFUE e uno dei risultati più apprezzati del processo di costruzione europea. Il CESE sostiene le iniziative in grado di incoraggiare e promuovere la mobilità dei lavoratori all’interno dell’UE, espresse dall’obiettivo della presidenza neerlandese e della Commissione di promuovere la mobilità.

1.2

La mobilità dei lavoratori, quando si esplica sulla base di condizioni eque ed è la risposta a un’opzione positiva, può essere arricchente e vantaggiosa per i lavoratori, i datori di lavoro e la società nel suo insieme. Tale mobilità è una pietra angolare del mercato interno e può contribuire a creare opportunità occupazionali e prosperità per i cittadini e le imprese europei. Essa può rappresentare un importante elemento per il raggiungimento degli obiettivi di occupazione e crescita economica nell’UE, aiutando a garantire l’equilibrio tra i diversi livelli di occupazione negli Stati membri, facendo affluire lavoratori e talento dove sono necessari; può permettere una migliore allocazione delle risorse umane e promuovere inoltre il trasferimento di conoscenze, l’innovazione e lo sviluppo di competenze, cosa importante in un mondo di cambiamenti tecnologici. Allo stesso tempo può contribuire ad attenuare le conseguenze dell’invecchiamento della manodopera nel paese di destinazione.

1.3

La mobilità dei lavoratori può anche portare, in alcuni casi e in alcuni settori, alla cosiddetta «fuga di cervelli», fenomeno per cui in particolare i giovani di certi paesi con alti tassi di disoccupazione si spostano in cerca di un’occupazione o di migliori opportunità di lavoro. Allo stesso tempo, il valore positivo della libera circolazione del lavoro non deve essere indebolito o messo in discussione da timori, privi di fondamento, di ogni sorta di abusi.

1.4

Al fine di evitare situazioni di questo tipo, il CESE esorta la Commissione e gli Stati membri a promuovere politiche economiche volte a migliorare la crescita e la produttività e a creare posti di lavoro di qualità in tutti gli Stati membri per migliorare le condizioni di vita di tutti i cittadini europei.

1.5

Una mobilità equa richiede che, conformemente all’acquis europeo, sia garantito il rispetto dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione a causa della nazionalità per tutti i lavoratori mobili europei che esercitino il diritto alla libera circolazione, i quali sono soggetti alle condizioni di lavoro e alle norme salariali dello Stato di accoglienza, nel pieno rispetto dei sistemi nazionali di contrattazione collettiva e di relazioni industriali.

1.6

Il CESE incoraggia la Commissione ad affrontare, in consultazione con le parti sociali, tutte le questioni necessarie riguardanti i lavoratori distaccati in modo da lottare contro pratiche sleali che portano al dumping sociale. Analogamente, qualsiasi nuova misura a livello europeo deve rispettare le competenze nazionali in materia di contrattazione collettiva e i diversi sistemi di relazioni industriali.

1.7

Per quanto concerne i lavoratori frontalieri, il CESE ritiene che sia necessario monitorare la situazione e raccogliere dati a livello di UE, allo scopo di rimuovere possibili ostacoli e garantire una mobilità libera ed equa di tali lavoratori.

1.8

Il CESE si rivolge alla Commissione perché, in linea con la sua volontà proclamata di mettere fine al dumping sociale e agli abusi, non consenta che altre iniziative concernenti il mercato interno (tra cui il previsto passaporto di servizio) finiscano per permetterli.

1.9

I servizi di ispettorato del lavoro sono chiamati a svolgere un ruolo fondamentale nell’assicurare una mobilità equa. A tal fine, il CESE invita gli Stati membri a formare adeguatamente e a dotare di personale sufficiente, nonché di competenze e risorse adeguate, i servizi d’ispettorato nazionali e le autorità di controllo del mercato del lavoro, sostenendo nel contempo il miglioramento degli strumenti transfrontalieri di ispezione del mercato del lavoro, compreso il miglioramento dell’applicazione transfrontaliera delle sanzioni.

1.10

Il CESE sostiene la semplificazione delle norme sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e la cooperazione tra gli Stati membri per la loro applicazione, e sottolinea la necessità che qualsiasi revisione del regolamento (CE) n. 883/2004 (1) rispetti in ogni caso il principio della parità di trattamento dei lavoratori mobili per evitare che essi perdano diritti già acquisiti o restino privi di diritti a causa del fatto di essersi trasferiti per lavoro in un altro Stato membro.

2.   Introduzione

2.1

Il parere in oggetto è stato richiesto dalla presidenza neerlandese, che elencando le sue priorità afferma che la mobilità dei lavoratori può dare slancio alla crescita economica e all’occupazione, ma che i suoi aspetti negativi vanno affrontati allo scopo di aumentare il sostegno dei cittadini alla libera circolazione dei lavoratori e dei servizi.

2.2

La libera circolazione dei lavoratori è una delle libertà fondamentali del mercato interno e costituisce uno dei pilastri dell’integrazione europea. È anche uno dei risultati più apprezzati dalla cittadinanza europea. Sorto sulla base della libertà di circolazione, il mercato interno ha contribuito a generare crescita economica, occupazione e opportunità per i cittadini, i lavoratori e le imprese. La mobilità dei lavoratori, esercitata in condizioni eque, può essere vantaggiosa per i lavoratori, le imprese e la società nel suo insieme, e pertanto deve essere agevolata, eliminando, per quanto possibile, gli ostacoli che la rendono difficoltosa. Non si dovrà accettare la concorrenza sleale o la discriminazione dei lavoratori nel mercato interno.

2.3

La mobilità dei lavoratori può anche condurre a una serie di problemi che devono essere affrontati al fine di ridurre i rischi che comportano e consentire a lavoratori e imprese di beneficiare appieno delle opportunità offerte dalla mobilità.

2.4

L’UE si sta adoperando per rendere più equa la mobilità dei lavoratori in Europa eliminando gli ostacoli che vi si frappongono. La Commissione europea aveva annunciato, nel suo programma di lavoro per il 2016, che avrebbe presentato proposte «a favore della mobilità dei lavoratori […] volte a combattere gli abusi grazie a una migliore applicazione della legislazione e al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale», e avrebbe proposto «una revisione mirata della direttiva sul distacco dei lavoratori (2) per lottare contro le pratiche sleali che danno origine al dumping sociale e alla fuga dei cervelli, garantendo una retribuzione uguale per lo stesso lavoro nello stesso luogo», nonché misure per promuovere la mobilità del lavoro nell’UE.

2.5

Il presente parere vuole affrontare i diversi aspetti della mobilità del lavoro in un contesto di mercati del lavoro che sono ancora caratterizzati da elevati tassi di disoccupazione e che stanno attraversando profonde trasformazioni, sullo sfondo della globalizzazione, dei cambiamenti sociali e dell’innovazione tecnologica.

2.6

Dopo decenni di scarsa mobilità intracomunitaria, l’allargamento dell’UE, insieme con l’aumento della disoccupazione e con la crisi iniziata nel 2008, ha condotto a un incremento della mobilità dei lavoratori. Nel 2014, si registravano circa 15 milioni di persone mobili nell’UE, rispetto a poco meno di 12 milioni nel 2006 (3). Nello stesso anno il numero di lavoratori mobili in età lavorativa che vivevano e lavoravano in un altro Stato membro era pari a 8,3 milioni di persone, vale a dire al 3,4 % dell’intera forza lavoro, oltre ai 1,6 milioni di persone che vivevano in un paese e lavoravano in un altro (lavoratori frontalieri) (4).

2.7

Oggi, tuttavia, la libera circolazione dei cittadini e dei lavoratori nell’UE è minacciata, e ciò a causa di diversi fattori. IL CESE esprime preoccupazione per questi sviluppi. Sia le restrizioni che alcuni Stati membri stanno imponendo allo spazio Schengen a seguito dell’afflusso di profughi (5), sia le deroghe alla parità di trattamento tra i lavoratori mobili all’interno dell’UE concesse al Regno Unito nella riunione del Consiglio europeo del 18 e 19 febbraio 2016 (6) potrebbero intaccare uno dei successi più apprezzati del processo di integrazione europea.

2.8

La libertà di circolazione dei lavoratori e l’abolizione di ogni discriminazione basata sulla nazionalità sono principi fondamentali sanciti nel TFUE, che devono essere garantiti e promossi. Parimenti, lo spazio Schengen costituisce un elemento centrale del processo di integrazione europea e del buon funzionamento dell’economia dell’UE. Per l’Unione e per i suoi Stati membri deve essere una priorità e una responsabilità garantire che le frontiere siano aperte e che i cittadini europei possano spostarsi, vivere e lavorare in condizioni di parità in qualsiasi paese dell’UE.

2.9

Date le ripercussioni sui lavoratori e le imprese in particolare, la Commissione deve consultare le parti sociali, sia a livello settoriale che intersettoriale, in merito alla necessità di qualsiasi iniziativa in questo campo e sui suoi possibili aspetti. Analogamente, qualsiasi nuova misura a livello europeo deve rispettare le competenze nazionali in materia di contrattazione collettiva e i diversi sistemi di relazioni industriali.

3.   Osservazioni generali

3.1

La libera circolazione dei lavoratori è disciplinata dagli articoli 3.2 del trattato sull’Unione europea e dagli articoli 4.2.a, 20, 26 e da 45 a 48 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Essa comporta l’eliminazione di qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. Essa consente l’accesso a diritti di mobilità e di soggiorno e a diritti economici e sociali, la cui disciplina di base è dettata dalla direttiva 2004/38/CE sulla libertà di circolazione e di soggiorno nell’UE (7) e dalla direttiva 2014/54/UE relativa alle misure intese ad agevolare l’esercizio del diritto di lavorare in un altro Stato membro (8).

3.2

La libera circolazione dei lavoratori conferisce il diritto di circolare liberamente e prendere dimora in uno degli Stati membri al fine di svolgervi un’attività di lavoro, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano l’occupazione dei lavoratori nazionali. Essa comprende pertanto la libertà di circolazione in sé e il diritto alla parità di trattamento in relazione, tra l’altro, al lavoro, ai servizi sociali, all’istruzione e alla formazione.

3.3

La mobilità dei lavoratori sulla base di condizioni eque, può essere vantaggiosa per i lavoratori, le imprese e la società nel suo insieme. Può costituire una grande opportunità di sviluppo personale, sociale ed economico dei cittadini e dei lavoratori e quindi deve essere facilitata.

3.4

La mobilità, inoltre, è un fattore cruciale di occupabilità e sviluppo di talenti e può essere un mezzo per affrontare il divario tra i livelli di occupazione dei vari Stati membri, potendo contribuire a compensare la carenza di manodopera laddove essa si verifica e a fare un uso migliore delle competenze dei lavoratori e delle lavoratrici. Offre maggiori opportunità occupazionali ai lavoratori e alle lavoratrici e un maggiore bacino di ricerca di talenti ai datori di lavoro. In tal senso, la mobilità può costituire un elemento importante nel conseguimento degli obiettivi di occupazione e di crescita economica della strategia Europa 2020.

3.5

La mobilità dei lavoratori può anche contribuire a promuovere il trasferimento di conoscenze, l’innovazione e lo sviluppo del capitale umano, che è fondamentale in un contesto di rapidi cambiamenti tecnologici e di globalizzazione. In condizioni appropriate, la mobilità equa dei lavoratori dovrebbe incoraggiare l’interazione tra cittadini europei e migliorare la conoscenza reciproca e l’accettazione e contribuire così a una società più tollerante e inclusiva.

3.6

Ma non si può ignorare che la mobilità del lavoro genera anche un certo numero di inconvenienti. I lavoratori europei che lavorano in un altro Stato membro sono a volte, e per ragioni diverse, più vulnerabili agli abusi e alla discriminazione in ambiti quali la sicurezza sociale, le condizioni di lavoro e le retribuzioni, l’accesso alle prestazioni sociali e all’istruzione, il trattamento fiscale ecc. Tutto ciò può anche generare una distorsione della concorrenza tra le imprese, specie in settori ad alta intensità di manodopera come la costruzione, che presenta un’alta concentrazione di imprese molto piccole. La mobilità può anche condurre alla separazione delle famiglie e a difficoltà di integrazione in un altro paese, conseguenza di barriere linguistiche e culturali ecc. Il CESE ha elaborato una serie di pareri sull’importanza di sostenere la mobilità all’interno dell’UE e di rimuovere questi ostacoli (9).

3.7

Il persistere di prospettive economiche negative, elevati tassi di disoccupazione e la mancanza di prospettive di lavoro in alcuni paesi dell’UE stanno portando alcuni lavoratori, in particolare i giovani, a cercare un lavoro o un miglioramento delle condizioni di retribuzione e di lavoro in altri paesi. Questo può avere un aspetto positivo, in quanto consente ai giovani di lavorare all’estero, facendo un’esperienza e sviluppando le loro competenze, invece di essere disoccupati nel loro paese di origine. Inoltre, una volta rientrati, l’esperienza acquisita sarà vantaggiosa per il loro paese. Ma allo stesso tempo può determinare un problema di una cosiddetta «fuga di cervelli» e un aggravamento delle conseguenze dell’invecchiamento della popolazione nei paesi d’origine.

3.8

Inoltre, un’elevata mobilità può far sorgere sfide considerevoli e generare tensioni nel mercato del lavoro dei paesi di destinazione, specie se la situazione economica non assicura un livello adeguato di crescita e di creazione di posti di lavoro che eviti l’aumento della disoccupazione.

3.9

Un prerequisito per massimizzare i vantaggi della mobilità dei lavoratori nel seno dell’UE, e al tempo stesso ridurne i rischi e permettere che sia i lavoratori che le imprese possano avvalersi appieno delle opportunità che tale mobilità offre, si trova nella promozione di una politica economica orientata a potenziare la crescita, la produttività e la creazione di posti di lavoro e che consenta di migliorare le condizioni di vita in tutti i paesi.

3.10

La percezione generale in alcuni paesi secondo cui la mobilità dei lavoratori può comportare concorrenza sociale e salariale, nonché la convinzione infondata che i lavoratori mobili abusino dei servizi pubblici e sociali, ossia pratichino il cosiddetto «turismo sociale», contribuiscono ad alimentare un sentimento di ostilità nei confronti della mobilità dei lavoratori. Di fronte a tale percezione, diversi studi giungono alla conclusione che non vi è alcuna prova che una delle spinte principali alla mobilità professionale sia il fatto che, in alcuni paesi, le prestazioni di assistenza sociale siano più elevate di quelle offerte nei paesi di origine dei migranti. Una conclusione, questa, suffragata dal minore ricorso a queste prestazioni da parte dei lavoratori mobili intra-UE rispetto ai cittadini dei paesi ospitanti. Quando i primi fanno un uso più intenso di talune prestazioni, ciò è dovuto a circostanze socio-economiche specifiche ai lavoratori mobili (10). Gli studi dimostrano che la relazione tra la mobilità e le prestazioni sociali è minima, mentre è ben più decisivo il tasso di disoccupazione o il livello salariale esistente nel paese (11).

4.   Osservazioni particolari

4.1    Più equità nella mobilità dei lavoratori all’interno dell’UE

Una mobilità dei lavoratori equa presuppone che si garantisca che i lavoratori mobili che esercitano il loro diritto alla libera circolazione conformemente all’acquis dell’UE siano trattati secondo i principi di parità di trattamento e non discriminazione. A tal fine è necessario che gli Stati membri garantiscano la piena applicazione della legislazione in vigore in materia di diritti sociali e di condizioni di lavoro e salariali ai lavoratori mobili onde evitare il rischio di dumping sociale e salariale, nonché di concorrenza sleale tra imprese. Ciò rappresenta anche un valore positivo per il mercato interno.

4.1.1

Analogamente, è necessario superare le barriere linguistiche, amministrative e istituzionali che continuano a ostacolare la mobilità del lavoro, adottando misure concrete come la fornitura di informazioni e consulenza ai lavoratori mobili, in collaborazione con la rete EURES e la Rete europea dei servizi pubblici per l’impiego, misure per migliorare le competenze linguistiche, il riconoscimento delle qualifiche professionali ecc. in linea con le proposte formulate dal CESE nei suoi precedenti pareri (12).

4.1.2

Una mobilità equa dei lavoratori deve inoltre essere accompagnata da misure volte a garantire la crescita e la creazione di posti di lavoro in tutti i paesi dell’Unione, al fine di evitare l’approfondimento delle disparità tra essi e di assicurare che tutti possano beneficiare della mobilità.

4.1.3

Solo a queste condizioni può essere garantita un’equa mobilità dei lavoratori, intesa come un’opzione positiva per i lavoratori e le lavoratrici, e non come una scelta obbligata.

4.2    Distacco dei lavoratori

4.2.1

I lavoratori distaccati sono soggetti a un regime giuridico differenziato nella misura in cui essi non stanno esercitando i loro diritti di libera circolazione, ma è invece il datore di lavoro a far uso della sua libertà di prestare servizi per inviare lavoratori all’estero su base temporanea. Tanto il datore di lavoro quanto il lavoratore beneficiano del fatto di non dover modificare il luogo di esecuzione del contratto di lavoro e possono mantenere i contributi previdenziali nel paese di origine.

4.2.2

Il regime giuridico di questi lavoratori distaccati è disciplinato dalla direttiva 96/71/CE (13), in combinato disposto con la direttiva 2014/67/UE (14), adottata nel maggio 2014, concernente l’applicazione della legislazione relativa al distacco dei lavoratori.

4.2.3

Benché non vi siano statistiche ufficiali sulle retribuzioni dei lavoratori distaccati, una relazione commissionata dalla Commissione europea (15) rileva che, nei settori dell’edilizia e dei trasporti, tali lavoratori percepiscono retribuzioni fino al 50 % più basse di quelle dei lavoratori locali. Tali differenze possono essere spiegate con la non corretta applicazione dei salari minimi e con altre ragioni, come la tendenza a inquadrare i lavoratori distaccati a un livello basso della scala convenzionale delle qualifiche. Differenze, sia pur di minore entità, si registrano anche in altri settori produttivi, variabili in funzione dei paesi. È degna di menzione l’eterogeneità delle fonti d’informazione: ispettorato del lavoro, relazioni dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro, mezzi di comunicazione (16).

4.2.4

La Corte di giustizia dell’UE ha affrontato la questione della retribuzione applicabile ai lavoratori distaccati ed ha contribuito, con la sua giurisprudenza, a generare una controversia di notevoli proporzioni. Una situazione, questa, che ha indotto la Commissione a proporre la direttiva 2014/67/UE (17), intesa a migliorare la lotta contro le frodi e gli abusi nel distacco dei lavoratori; gli Stati membri hanno tempo fino al 18 giugno del 2016 per recepire tale direttiva. Il Comitato è già giunto alla conclusione che tale direttiva, benché comporti un passo in direzione del rafforzamento della dimensione sociale del mercato interno, non risponde pienamente a quanto da esso auspicato (18).

4.2.5

Nel quadro del pacchetto sulla mobilità dei lavoratori, la Commissione ha annunciato una «revisione mirata della direttiva sul distacco dei lavoratori per lottare contro le pratiche sleali che danno origine al dumping sociale e alla fuga dei cervelli, garantendo una retribuzione uguale per lo stesso lavoro nello stesso luogo» (19). L’8 marzo ha pubblicato la sua proposta legislativa di revisione della direttiva (20), in previsione della presentazione del pacchetto sulla mobilità dei lavoratori e prima della scadenza del termine per il recepimento della direttiva di applicazione. Il CESE affronterà tutte le questioni relative a tale pacchetto in un parere specifico sulla proposta della Commissione.

4.2.6

In ogni caso, il CESE prende nota con interesse dell’intenzione dichiarata dalla Commissione europea di voler porre fine al dumping sociale. Il CESE ribadisce quanto affermato nel suo parere SOC/460 in cui ha sottolineato «l’importanza di garantire la protezione dei lavoratori distaccati, rispettare i diversi modelli di mercato del lavoro applicati negli Stati membri e scoraggiare il dumping sociale e la concorrenza sleale». È importante assicurare anche in futuro un giusto equilibrio tra la necessità di promuovere la libera prestazione dei servizi e la necessità di tutelare i diritti dei lavoratori distaccati. E il CESE non mancherà di ritornare su questo punto.

4.2.7

Il CESE si rivolge alla Commissione perché, in linea con la sua volontà proclamata di mettere fine al dumping sociale e agli abusi, non consenta che altre iniziative concernenti il mercato interno (tra cui il previsto passaporto di servizio) finiscano per permetterli.

4.3    I lavoratori frontalieri

A norma del regolamento (CE) n. 883/04, i lavoratori transfrontalieri sono coperti dal sistema di sicurezza sociale del paese in cui lavorano. Tuttavia, in certi essi potrebbero essere soggetti a determinate forme di discriminazione a causa dell’applicazione inadeguata delle norme in vigore. È pertanto necessario monitorare la situazione e raccogliere dati a livello di UE, al fine di rimuovere eventuali ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori e garantire la corretta applicazione della legislazione dell’UE e di quella nazionale, sulla base del principio di non discriminazione e di parità di trattamento.

4.4    Ruolo dell’ispettorato del lavoro

4.4.1

Il CESE ritiene che l’ispettorato del lavoro nazionale possa svolgere un ruolo essenziale nella lotta contro le imprese fittizie, le retribuzioni al disotto di un certo livello e il lavoro non dichiarato, facendo rispettare e applicare i diritti dei lavoratori mobili e di quelli distaccati ed evitando gli abusi, permettendo anche di prevenire la distorsione della concorrenza tra imprese.

4.4.2

L’assenza di controlli che si registra in alcuni paesi, per mancanza di un’adeguata struttura di ispettori del lavoro o per mancanza di competenze e conoscenze adeguate o delle risorse necessarie, favorisce gli abusi. Gli ispettorati del lavoro e le altre autorità di controllo del mercato del lavoro gli organismi competenti possono operare efficacemente solo se dispongono delle risorse finanziarie e umane sufficienti, nonché di personale dotato di una formazione adeguata. In tal senso è necessario che vi siano norme di ambito europeo, volte tra l’altro anche a migliorare l’applicazione transfrontaliera delle sanzioni, nonché un sostegno per gli Stati membri che abbiano difficoltà a creare le suddette infrastrutture.

4.4.3

In combinazione con queste misure, il miglioramento di strumenti europei di ispezione transfrontaliera, in linea con quanto proposto dalla risoluzione del Parlamento europeo del 14 gennaio 2014 (21), contribuirebbe a individuare e combattere i casi di dumping sociale, in particolare tramite l’individuazione delle società di comodo.

4.4.4

Tale organismo si integrerebbe perfettamente con la Piattaforma europea per la lotta contro il lavoro sommerso istituita di recente.

4.5    La portabilità dei diritti sociali e la tutela dei lavoratori mobili

4.5.1

Il CESE sostiene la semplificazione delle norme sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e la cooperazione tra gli Stati membri per la loro applicazione, e sottolinea la necessità che qualsiasi revisione del regolamento (CE) n. 883/2004 rispetti in ogni caso il principio della parità di trattamento dei lavoratori mobili per evitare che essi perdano diritti già acquisiti o restino privi di diritti a causa del fatto di essersi trasferiti per lavoro in un altro Stato membro.

4.5.2

Anche la garanzia della portabilità dei diritti sociali dei lavoratori mobili è un aspetto necessario di una mobilità equa, sia per chi vada a lavorare in un altro paese sia per chi rientri nel proprio paese di origine dopo aver lavorato in un altro paese.

4.5.3

L’UE, per agevolare la libera circolazione delle persone e promuovere la mobilità dei lavoratori, ha portato avanti l’iniziativa del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale con lo scopo di regolamentare le relazioni tra sistemi nazionali, senza modificarne il contenuto normativo.

4.5.4

In attuazione dei Trattati sono state adottate norme di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, tra gli altri i regolamenti (CEE) n. 1408/71 (regolamento di base) e (CEE) n. 574/72 (regolamento di applicazione), che sono poi stati sostituiti dai regolamenti (CE) n. 883/2004 (di base) e (CE) n. 987/2009 (22) (di applicazione). È attualmente in corso una revisione del regolamento (CE) n. 883/2004.

4.5.5

Il CESE prevede di emettere un parere dettagliato non appena la Commissione comunicherà la proposta di revisione del regolamento (CE) n. 883/2004. Come già detto in un parere anteriore, il quadro legislativo deve adattarsi alla realtà in mutamento del mondo del lavoro, alle nuove forme di occupazione e, in particolare, alle nuove forme di mobilità (23).

4.5.6

Il CESE ritiene che i principi di parità di trattamento, cumulo dei periodi, esportabilità delle prestazioni e la determinazione della legislazione applicabile (principio di unicità) siano fondamentali per la libera circolazione dei lavoratori e dovrebbero essere garantiti in qualsiasi futura revisione del regolamento (CE) n. 883/04.

4.5.7

Per quanto riguarda la libera circolazione dei lavoratori in cerca di occupazione in un altro Stato membro, il CESE prende atto delle parole della commissaria Thyssen che a Dublino, il 13 novembre 2015, ha dichiarato: «A nostro parere il diritto alla circolazione dei lavoratori in cerca di occupazione va mantenuto, soprattutto considerando i tassi di disoccupazione degli Stati membri, ampiamente divergenti fra loro. È tuttavia essenziale che ciò non avvenga a spese del sistema di sicurezza sociale del paese di accoglienza. Tenendo presente tutto ciò, vogliamo dare la possibilità a chi abbia perso il lavoro di trasferire le sue indennità di disoccupazione in un altro paese in cui abbia migliori opportunità di trovare un lavoro. Ciò è già possibile per un periodo di 3 mesi». La Commissione vuole prolungare tale periodo a 6 mesi.

4.5.8

La complessità del regolamento (CE) n. 883/2004 esige una stretta cooperazione tra le autorità degli Stati membri, per garantire che la diversità delle norme nazionali non ostacoli la libera circolazione; richiede inoltre la massima chiarezza possibile nelle informazioni affinché i destinatari delle prestazioni e le imprese siano al corrente dei loro diritti e dei loro obblighi. È inoltre necessario rafforzare l’uso di mezzi elettronici e la cooperazione tra gli Stati membri in modo da minimizzare le richieste di informazioni rivolte ai lavoratori e alle imprese.

Bruxelles, 27 aprile 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1).

(2)  Direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (GU L 18 del 21.1.1997, pag. 1).

(3)  Commissione europea, Occupazione e sviluppi sociali in Europa 2015, pag. 33.

(4)  Commissione europea, Discorso della commissaria Marianne Thyssen sulla visione europea per una mobilità equa dei lavoratori, Dublino, 13 novembre 2015.

(5)  http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-we-do/policies/borders-and-visas/schengen/reintroduction-border-control/index_en.htm

(6)  Decisione dei capi di Stato o di governo, riuniti in sede di Consiglio europeo, concernente una nuova intesa per il Regno Unito nell’Unione europea, sezione D Prestazioni sociali e libera circolazione.

(7)  Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (GU L 158 del 30.4.2004, pag. 77).

(8)  Direttiva 2014/54/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle misure intese ad agevolare l’esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione dei lavoratori (GU L 128 del 30.4.2014, pag. 8).

(9)  GU C 424 del 26.11.2014, pag. 27 (GU C 18 del 19.1.2011, pag. 74; GU C 228 del 22.9.2009, pag. 14).

(10)  Commissione europea, A fact finding analysis on the impact on the Member States social security systems of the entitlements of non active intra-EU migrants to special no contributory cash benefits and healthcare granted on the basis of residence [Analisi conoscitiva sull’impatto, sui sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri, dei diritti dei migranti intra-UE non attivi alle prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo e all’assistenza sanitaria sulla base della residenza].

(11)  Giuletti Corrado, IZA-World of Labor, The welfare magnet hypothesis and the welfare take-up of migrants (L’ipotesi del magnete delle prestazioni sociali e il ricorso alle prestazioni sociali da parte dei migranti), pag. 5.

(12)  GU C 327 del 12.11.2013, pag. 65; GU C 424 del 26.11.2014, pag. 27; GU C 18 del 19.1.2011, pag. 74; e GU C 228 del 22.9.2009, pag. 14.

(13)  Op. cit.

(14)  Direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, concernente l’applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI») (GU L 159 del 28.5.2014, pag. 11).

(15)  Commissione europea, Study on wage setting systems and minimum rates of pay applicable to posted workers in accordance with Directive 96/71/EC in a selected number of Member States and sectors [Studio sui sistemi di determinazione dei salari e le tariffe minime salariali applicabili ai lavoratori distaccati ai sensi della direttiva 96/71/CE in un numero selezionato di Stati membri e di settori]. Final Report [Relazione finale].

(16)  Ibid., pagg. 18-20.

(17)  Op. cit.

(18)  GU C 351 del 15.11.2012, pag. 61.

(19)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Programma di lavoro della Commissione per il 2016 [COM(2015) 610 final].

(20)  Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi [COM/2016/0128 final].

(21)  Risoluzione del Parlamento europeo del 14 gennaio 2014 sulle ispezioni sul lavoro efficaci come strategia per migliorare le condizioni di lavoro in Europa P7_TA(2014)0012.

(22)  Regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 284 del 30.10.2009, pag. 1).

(23)  GU C 228 del 22.9.2009, pag. 14.