Bruxelles, 9.9.2015

COM(2015) 452 final

2015/0211(COD)

Proposta di

REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

che istituisce un elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri
ai fini della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale, e che modifica la direttiva 2013/32/UE


RELAZIONE

1.CONTESTO DELLA PROPOSTA

1.1.Ragioni e obiettivi della proposta

   Istituzione di un elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri

Il 13 maggio 2015 la Commissione europea ha presentato l’agenda europea sulla migrazione 1 , un documento completo che espone, oltre alle misure immediate proposte subito dopo dalla Commissione per far fronte alla situazione di crisi nel Mediterraneo, ulteriori iniziative da intraprendere per giungere a soluzioni strutturali che permettano di gestire meglio la migrazione in tutti i suoi aspetti. Nell’ambito delle iniziative strutturali prese in considerazione e alla luce dell’attuale pressione senza precedenti sui sistemi di asilo degli Stati membri, la Commissione ha sottolineato la necessità di affrontare gli abusi in modo più efficace e ha indicato l’intenzione di rafforzare le disposizioni sui paesi di origine sicuri di cui alla direttiva 2013/32/UE recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale (in appresso “direttiva 2013/32/UE”), a sostegno del rapido trattamento delle domande di asilo presentate da persone provenienti da paesi designati sicuri. Come sottolineato dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 25 e 26 giugno 2015, ciò comprende l’istituzione di un elenco comune a livello di UE di paesi di origine sicuri.

La direttiva 2013/32/UE consente agli Stati membri di applicare specifiche norme procedurali, in particolare procedure accelerate e svolte alla frontiera, se il richiedente è cittadino di un paese (o apolide in relazione a un paese terzo di precedente residenza abituale) che è stato designato come paese di origine sicuro dal diritto nazionale e, inoltre, può essere considerato sicuro per il richiedente in funzione delle sue particolari circostanze. Solo alcuni Stati membri hanno adottato elenchi nazionali di paesi di origine sicuri. Inoltre tali elenchi nazionali presentano alcune divergenze che potrebbero derivare da differenze nella valutazione della sicurezza di taluni paesi terzi o da differenze nella natura dei flussi di cittadini di paesi terzi verso gli Stati membri.

La direttiva 2013/32/UE stabilisce criteri comuni per la designazione dei paesi terzi di origine sicuri da parte degli Stati membri nel suo allegato I, il quale recita:

“Un paese è considerato paese di origine sicuro se, sulla base dello status giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che non ci sono generalmente e costantemente persecuzioni quali definite nell’articolo 9 della direttiva 2011/95/UE 2 , né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

Per effettuare tale valutazione si tiene conto, tra l’altro, della misura in cui viene offerta protezione contro le persecuzioni ed i maltrattamenti mediante:

a) le pertinenti disposizioni legislative e regolamentari del paese ed il modo in cui sono applicate;

b) il rispetto dei diritti e delle libertà stabiliti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e/o nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e/o nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, in particolare i diritti ai quali non si può derogare a norma dell’articolo 15, paragrafo 2, di detta Convenzione europea;

c) il rispetto del principio di “non-refoulement” conformemente alla convenzione di Ginevra;

d) un sistema di ricorsi effettivi contro le violazioni di tali diritti e libertà.”

Attualmente l’ordinamento dell’UE non dispone di un elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri La presente proposta mira a istituire un siffatto elenco comune dell’UE, sulla base dei criteri comuni stabiliti nella direttiva 2013/32/UE, in quanto faciliterà l’utilizzo da parte di tutti gli Stati membri delle procedure connesse all’applicazione del concetto di paese di origine sicuro, in modo da migliorare l’efficienza complessiva dei loro sistemi di asilo per quanto riguarda le domande di protezione internazionale che hanno maggiore probabilità di essere infondate. Un elenco comune dell’UE consentirà inoltre di ridurre le divergenze esistenti fra gli elenchi nazionali di paesi di origine sicuri elaborati dagli Stati membri, facilitando la convergenza delle procedure e scoraggiando i movimenti secondari dei richiedenti protezione internazionale.

   Paesi terzi da includere nell’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri

Sulla base di tutte le informazioni pertinenti a sua disposizione, in particolare le relazioni del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) e le informazioni trasmesse dagli Stati membri, dall’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO), dal Consiglio d’Europa, dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e da altre pertinenti organizzazioni internazionali, la Commissione europea è giunta alla conclusione che l’Albania, la Bosnia-Erzegovina, l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, il Kosovo* 3 , il Montenegro, la Serbia e la Turchia sono paesi di origine sicuri ai sensi della direttiva 2013/32/UE e dovrebbero essere inseriti nell’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri.

La Commissione europea si è avvalsa in particolare di relazioni del SEAE, comprese le relazioni specifiche per paese del 31 agosto e del 1º settembre 2015, di informazioni trasmesse dagli Stati membri, incluse le normative nazionali sulla designazione dei paesi di origine sicuri, di informazioni dell’EASO, incluse relazioni scritte e l’esito di una riunione di coordinamento sui paesi di origine sicuri con la partecipazione di esperti degli Stati membri tenutasi il 2 settembre 2015, nonché di informazioni pubblicamente disponibili del Consiglio d’Europa, dell’UNHCR e di altre pertinenti organizzazioni internazionali.

Per quanto riguarda l’Albania, la base giuridica per la protezione contro la persecuzione e i maltrattamenti riposa su una normativa sui diritti umani e contro le discriminazioni adeguata sotto il profilo sia sostanziale sia procedurale, compresa l’adesione a tutti i principali trattati internazionali in materia di diritti umani. Non vi sono indicazioni di episodi di respingimento dei propri cittadini. Si verificano tuttora singoli casi isolati di faide, violenza domestica e discriminazione o violenza contro persone appartenenti a minoranze etniche o gruppi di persone vulnerabili, compresi i Rom, i Balcano-egiziani e le persone LGBTI 4 . L’adesione dell’Albania alla convenzione europea sui diritti dell’uomo comporta la possibilità di adire la Corte europea dei diritti dell’uomo, che rappresenta una salvaguardia a garanzia dell’efficienza del sistema dei mezzi di tutela giurisdizionale contro tali violazioni dei diritti umani. Nel 2014 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto violazioni in quattro casi su 150. Nel 2014 gli Stati membri hanno ritenuto fondato il 7,8% (1040) delle domande di asilo presentate da cittadini albanesi. Almeno otto Stati membri hanno designato l’Albania come paese di origine sicuro. Il Consiglio europeo ha designato l’Albania quale paese candidato. È opportuno che gli Stati membri prestino particolare attenzione alle circostanze summenzionate nel determinare se un paese terzo incluso nell’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri debba essere considerato un paese di origine sicuro per un determinato richiedente, nonché nell’esaminare una domanda avvalendosi delle agevolazioni procedurali di cui alla direttiva 2013/32/UE, per quanto riguarda i richiedenti provenienti da un paese di origine sicuro. Su questa base, la Commissione conclude che l’Albania è un paese di origine sicuro ai sensi della direttiva 2013/32/UE.

Per quanto riguarda la Bosnia-Erzegovina, la Costituzione dello Stato è la base su cui si fonda la ripartizione dei poteri tra i popoli costitutivi del paese. La base giuridica per la protezione contro la persecuzione e i maltrattamenti riposa su una normativa sui diritti umani e contro le discriminazioni adeguata sotto il profilo sia sostanziale sia procedurale, compresa l’adesione a tutti i principali trattati internazionali in materia di diritti umani. Non vi sono indicazioni di episodi di respingimento dei propri cittadini. Si verificano tuttora singoli casi di discriminazione o violenza contro singoli per motivi etnici o religiosi o a causa delle loro opinioni politiche, nonché contro persone appartenenti a gruppi vulnerabili quali persone LGBTI, giornalisti e bambini. L’adesione della Bosnia-Erzegovina alla convenzione europea sui diritti dell’uomo comporta la possibilità di adire la Corte europea dei diritti dell’uomo, che rappresenta una salvaguardia a garanzia dell’efficienza del sistema dei mezzi di tutela giurisdizionale contro tali violazioni dei diritti umani. Nel 2014 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto violazioni in cinque casi su 1196. Nel 2014 gli Stati membri hanno ritenuto fondato il 4,6% (330) delle domande di asilo presentate da cittadini bosniaci-erzegovini. Almeno nove Stati membri hanno designato la Bosnia-Erzegovina come paese di origine sicuro. È opportuno che gli Stati membri prestino particolare attenzione alle circostanze summenzionate nel determinare se un paese terzo incluso nell’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri debba essere considerato un paese di origine sicuro per un determinato richiedente, nonché nell’esaminare una domanda che si avvale delle agevolazioni procedurali di cui alla direttiva 2013/32/UE, per quanto riguarda i richiedenti provenienti da un paese di origine sicuro. Su questa base, la Commissione conclude che la Bosnia-Erzegovina è un paese di origine sicuro ai sensi della direttiva 2013/32/UE.

Per quanto riguarda l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, la base giuridica per la protezione contro la persecuzione e i maltrattamenti riposa su una normativa sui diritti umani e contro le discriminazioni adeguata sotto il profilo sia sostanziale sia procedurale, compresa l’adesione a tutti i principali trattati internazionali in materia di diritti umani. Non vi sono indicazioni di episodi di respingimento dei propri cittadini. Si verificano tuttora casi isolati di discriminazione o violenza contro persone appartenenti a gruppi di persone vulnerabili, fra cui i bambini, le persone con disabilità, i Rom e le persone LGBTI. L’adesione dell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia alla convenzione europea sui diritti dell’uomo comporta la possibilità di adire la Corte europea dei diritti dell’uomo, che rappresenta una salvaguardia a garanzia dell’efficienza del sistema dei mezzi di tutela giurisdizionale contro tali violazioni dei diritti umani. Nel 2014 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto violazioni in sei casi su 502. Nel 2014 gli Stati membri hanno ritenuto fondato lo 0,9% (70) delle domande di asilo presentate da cittadini dell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia. Almeno sette Stati membri hanno designato l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia come paese di origine sicuro. Il Consiglio europeo ha designato l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia quale paese candidato. È opportuno che gli Stati membri prestino particolare attenzione alle circostanze summenzionate nel determinare se un paese terzo incluso nell’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri debba essere considerato un paese di origine sicuro per un determinato richiedente, nonché nell’esaminare una domanda che si avvale delle agevolazioni procedurali di cui alla direttiva 2013/32/UE, per quanto riguarda i richiedenti provenienti da un paese di origine sicuro. Su questa base, la Commissione conclude che l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia è un paese di origine sicuro ai sensi della direttiva 2013/32/UE.

Per quanto riguarda il Kosovo*, la base giuridica per la protezione contro la persecuzione e i maltrattamenti riposa su una normativa sui diritti umani e contro le discriminazioni adeguata sotto il profilo sia sostanziale sia procedurale. La non adesione del Kosovo* ai pertinenti strumenti internazionali in materia di diritti umani, quali la CEDU, deriva dalla mancanza di un consenso internazionale sulla sua condizione di Stato sovrano. Non vi sono indicazioni di episodi di respingimento dei propri cittadini. Si verificano tuttora singoli casi di discriminazione o violenza nei confronti di singoli appartenenti a gruppi di persone vulnerabili quali le donne, le persone LGBTI e le persone appartenenti a minoranze etniche, fra cui l’etnia serba. Nel 2014 gli Stati membri hanno ritenuto fondato il 6,3% (830) delle domande di asilo presentate da cittadini del Kosovo*. Almeno sei Stati membri hanno designato il Kosovo* come paese di origine sicuro. È opportuno che gli Stati membri prestino particolare attenzione alle circostanze summenzionate nel determinare se un paese terzo incluso nell’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri debba essere considerato un paese di origine sicuro per un determinato richiedente, nonché nell’esaminare una domanda che si avvale delle agevolazioni procedurali di cui alla direttiva 2013/32/UE, per quanto riguarda i richiedenti provenienti da un paese di origine sicuro. Su questa base, la Commissione conclude che il Kosovo* è un paese di origine sicuro ai sensi della direttiva 2013/32/UE.

Per quanto riguarda il Montenegro, la base giuridica per la protezione contro la persecuzione e i maltrattamenti riposa su una normativa sui diritti umani e contro le discriminazioni adeguata sotto il profilo sia sostanziale sia procedurale, compresa l’adesione a tutti i principali trattati internazionali in materia di diritti umani. Non vi sono indicazioni di episodi di respingimento dei propri cittadini. Si verificano tuttora situazioni di discriminazione o violenza contro persone appartenenti a gruppi vulnerabili, fra cui persone con disabilità, giornalisti, Rom e persone LGBTI. L’adesione del Montenegro alla convenzione europea sui diritti dell’uomo comporta la possibilità di adire la Corte europea dei diritti dell’uomo, che rappresenta una salvaguardia a garanzia dell’efficienza del sistema dei mezzi di tutela giurisdizionale contro tali violazioni dei diritti umani. Nel 2014 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto violazioni in un caso su 447. Nel 2014 gli Stati membri hanno ritenuto fondato il 3,0% (40) delle domande di asilo presentate da cittadini montenegrini. Almeno nove Stati membri hanno designato il Montenegro come paese di origine sicuro. Il Consiglio europeo ha designato il Montenegro quale paese candidato e sono stati avviati i negoziati. È opportuno che gli Stati membri prestino particolare attenzione alle circostanze summenzionate nel determinare se un paese terzo incluso nell’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri debba essere considerato un paese di origine sicuro per un determinato richiedente, nonché nell’esaminare una domanda che si avvale delle agevolazioni procedurali di cui alla direttiva 2013/32/UE, per quanto riguarda i richiedenti provenienti da un paese di origine sicuro. Su questa base, la Commissione conclude che il Montenegro è un paese di origine sicuro ai sensi della direttiva 2013/32/UE.

Per quanto riguarda la Serbia, la Costituzione è la base su cui si fonda l’autonomia delle minoranze nei settori dell’istruzione, dell’utilizzo della lingua, dell’informazione e della cultura. La base giuridica per la protezione contro la persecuzione e i maltrattamenti riposa su una normativa sui diritti umani e contro le discriminazioni adeguata sotto il profilo sia sostanziale sia procedurale, compresa l’adesione a tutti i principali trattati internazionali in materia di diritti umani. Non vi sono indicazioni di episodi di respingimento dei propri cittadini. Si verificano tuttora situazioni di discriminazione nei confronti di singoli appartenenti a gruppi di persone vulnerabili, comprese le minoranze etniche, fra cui le persone di etnia albanese, le minoranze religiose, fra cui i musulmani, i Rom e le persone LGBTI. L’adesione della Serbia alla convenzione europea sui diritti dell’uomo comporta la possibilità di adire la Corte europea dei diritti dell’uomo, che rappresenta una salvaguardia a garanzia dell’efficienza del sistema dei mezzi di tutela giurisdizionale contro tali violazioni dei diritti umani. Nel 2014 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto violazioni in sedici casi su 11 490. Nel 2014 gli Stati membri hanno ritenuto fondato l’1,8% (400) delle domande di asilo presentate da cittadini serbi. Almeno nove Stati membri hanno designato la Serbia come paese di origine sicuro. Il Consiglio europeo ha designato la Serbia quale paese candidato e sono stati avviati i negoziati. È opportuno che gli Stati membri prestino particolare attenzione alle circostanze summenzionate nel determinare se un paese terzo incluso nell’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri debba essere considerato un paese di origine sicuro per un determinato richiedente, nonché nell’esaminare una domanda che si avvale delle agevolazioni procedurali di cui alla direttiva 2013/32/UE, per quanto riguarda i richiedenti provenienti da un paese di origine sicuro. Su questa base, la Commissione conclude che la Serbia è un paese di origine sicuro ai sensi della direttiva 2013/32/UE.

Per quanto riguarda la Turchia, la base giuridica per la protezione contro la persecuzione e i maltrattamenti riposa su una normativa sui diritti umani e contro le discriminazioni adeguata sotto il profilo sia sostanziale sia procedurale, compresa l’adesione a tutti i principali trattati internazionali in materia di diritti umani. Non vi sono indicazioni di episodi di respingimento dei propri cittadini. Si verificano tuttora situazioni di discriminazione e violazioni dei diritti umani nei confronti di persone appartenenti a gruppi vulnerabili quali le minoranze, fra cui l’etnia curda, i giornalisti e le persone LGBTI. L’adesione della Turchia alla convenzione europea sui diritti dell’uomo comporta la possibilità di adire la Corte europea dei diritti dell’uomo, che rappresenta una salvaguardia a garanzia dell’efficienza del sistema dei mezzi di tutela giurisdizionale contro tali violazioni dei diritti umani. Nel 2014 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto violazioni in 94 casi su 2899. Nel 2014 gli Stati membri hanno ritenuto fondato il 23,1% (310) delle domande di asilo presentate da cittadini turchi. Uno Stato membro ha designato la Turchia come paese di origine sicuro. Il Consiglio europeo ha designato la Turchia quale paese candidato e sono stati avviati i negoziati. È opportuno che gli Stati membri prestino particolare attenzione alle circostanze summenzionate nel determinare se un paese terzo incluso nell’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri debba essere considerato un paese di origine sicuro per un determinato richiedente, nonché nell’esaminare una domanda che si avvale delle agevolazioni procedurali di cui alla direttiva 2013/32/UE, per quanto riguarda i richiedenti provenienti da un paese di origine sicuro. Su questa base, la Commissione conclude che la Turchia è un paese di origine sicuro ai sensi della direttiva 2013/32/UE.

La presente proposta rappresenta il primo passo verso l’obiettivo di istituire a livello dell’Unione un elenco comune completo di paesi di origine sicuri. Pertanto, la Commissione potrà proporre l’inserimento di altri paesi terzi che soddisfino i criteri per essere designati come sicuri nell’elenco comune dell’UE, successivamente alla sua adozione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio. Sarà data priorità ai paesi terzi di origine di un numero significativo di richiedenti protezione internazionale nell’UE, quali il Bangladesh, il Pakistan e il Senegal.

Come indicato nella presente proposta, la Commissione intende presentare una relazione tre anni dopo l’entrata in vigore del regolamento, se adottato dal Parlamento europeo e del Consiglio, in merito alla possibilità di adottare ulteriori misure di armonizzazione che potrebbero comportare l’eliminazione dell’esigenza di elenchi nazionali di paesi di origine sicuri.

1.2.Coerenza con le disposizioni vigenti nel settore

La presente proposta è coerente con le procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale di cui alla direttiva 2013/32/UE e con gli altri strumenti del sistema europeo comune di asilo.

1.3.Coerenza con le altre politiche dell’Unione

La proposta di istituire un elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri e di inserirvi, in particolare, i paesi terzi designati dal Consiglio europeo quali paesi candidati è coerente con la politica di allargamento dell’Unione. Quando il Consiglio europeo ha designato l’Albania, l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, il Montenegro, la Serbia e la Turchia come paesi candidati, ha considerato che soddisfacevano i criteri stabiliti dal Consiglio europeo di Copenaghen del 21 e 22 giugno 1993 relativi alla stabilità delle istituzioni che garantiscono la democrazia, allo Stato di diritto, ai diritti umani e al rispetto e alla tutela delle minoranze, e che dovranno continuare a soddisfarli per diventare membri. Ogni anno la relazione annuale della Commissione sullo stato di avanzamento contiene una valutazione dei progressi compiuti nel soddisfare i criteri politici ed economici, nonché nell’allineamento con l’acquis. La presente proposta di includere l’Albania, l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, il Montenegro, la Serbia e la Turchia nell’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri lascia impregiudicate le prossime relazioni annuali di avanzamento che la Commissione europea presenterà riguardo a ciascuno di questi paesi terzi.

2.CONSULTAZIONE DELLE PARTI INTERESSATE

Nelle conclusioni del 25 e del 26 giugno 2015 il Consiglio europeo ha fatto riferimento, riguardo alla necessità di accelerare il trattamento delle domande di asilo, all’intenzione della Commissione di rafforzare le disposizioni sul paese d’origine sicuro della direttiva 2013/32/UE, compresa l’eventuale redazione di un elenco comune dell’UE relativo ai paesi d’origine sicuri.

Le conclusioni del Consiglio “Giustizia e affari interni” del 20 luglio 2015 sui paesi di origine sicuri hanno accolto con favore la possibile istituzione di un elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri. Il Consiglio ha rilevato, “relativamente ai paesi dei Balcani occidentali, che la maggioranza degli elenchi nazionali relativi ai paesi di origine sicuri comprende tali paesi, che il Consiglio europeo ha ribadito in numerose occasioni la loro prospettiva europea e che Albania, Bosnia-Erzegovina, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Montenegro e Serbia sono stati trasferiti nell’elenco dei paesi i cui cittadini sono esenti dall’obbligo del visto a partire, rispettivamente, dal 19 dicembre 2009 e dal 15 dicembre 2010. Inoltre, in tutta l’UE il tasso di riconoscimento medio del diritto di asilo per i paesi dei Balcani occidentali era piuttosto basso nel 2014, il che suggerisce che questi paesi potrebbero essere ritenuti paesi di origine sicuri da parte di tutti gli Stati membri”.

In seguito alle conclusioni del Consiglio “Giustizia e affari interni”, il 2 settembre 2015 l’EASO ha organizzato una riunione di esperti con gli Stati membri in cui si è raggiunto un ampio consenso per considerare l’Albania, la Bosnia-Erzegovina, il Kosovo*, l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, il Montenegro e la Serbia paesi di origine sicuri ai sensi della direttiva 2013/32/UE.

3.BASE GIURIDICA, SUSSIDIARIETÀ, PROPORZIONALITÀ, DIRITTI FONDAMENTALI

3.1.Base giuridica

La proposta si basa sull’articolo 78, paragrafo 2, lettera d), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), che costituisce la base giuridica per le misure in materia di procedure comuni per il riconoscimento e la revoca dello status uniforme in materia di asilo e di protezione sussidiaria. La proposta mira a istituire un elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri ai fini della direttiva 2013/32/UE e a modificare detta direttiva, adottata sulla base dell’articolo 78, paragrafo 2, lettera d), del TFUE.

3.2.Sussidiarietà

Il titolo V del TFUE, relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, conferisce all’Unione europea determinate competenze da esercitarsi in conformità dell’articolo 5 del trattato sull’Unione europea, ossia se e in quanto gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione, essere conseguiti meglio a livello dell’Unione.

La proposta mira a istituire un elenco comune di paesi di origine sicuri a livello dell’Unione, volto a facilitare l’utilizzo da parte di tutti gli Stati membri delle procedure connesse all’applicazione del concetto di paese di origine sicuro. La proposta intende anche superare alcune divergenze esistenti tra gli elenchi nazionali di paesi di origine sicuri istituiti dagli Stati membri, le quali fanno sì che i richiedenti protezione internazionale provenienti da un medesimo paese terzo non siano sempre soggetti alle stesse procedure negli Stati membri. L’obiettivo generale dell’azione proposta non è conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e può essere conseguito meglio a livello dell’Unione europea.

3.3.Proporzionalità

In conformità al principio di proporzionalità, le modifiche al quadro legislativo vigente proposte non vanno al di là di quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo fissato. L’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri sarà istituito secondo i criteri già stabiliti dalla direttiva 2013/32/UE per la designazione dei paesi di origine sicuri e vi sarà un riesame periodico dei paesi figuranti in detto elenco comune. Le modifiche alla direttiva 2013/32/UE proposte si limitano a quanto necessario per garantire che le disposizioni della direttiva 2013/32/UE relative all’applicazione del concetto di paese di origine sicuro si applichino ai paesi terzi che figurano nell’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri.

3.4.Scelta dello strumento

La scelta del regolamento per istituire un elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri si giustifica per la natura di un siffatto elenco comune, istituito a livello dell’Unione e direttamente applicabile negli ordinamenti giuridici degli Stati membri.

3.5.Diritti fondamentali

La presente proposta rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta, ivi compreso il diritto di asilo e di protezione contro il respingimento di cui agli articoli 18 e 19 della Carta.

Si ricorda in particolare che, in linea con la direttiva 2013/32/UE, il fatto che un paese terzo figuri sull’elenco comune dell’UE di paesi d’origine sicuri non costituisce una garanzia assoluta di sicurezza per i cittadini di tale paese e pertanto non elimina la necessità di esaminare adeguatamente le singole domande di protezione internazionale presentate da cittadini di tali paesi. Si rammenta inoltre che, quando un richiedente dimostra che vi sono gravi motivi per non ritenere sicuro tale paese per la sua situazione particolare, la designazione del paese come sicuro non può più applicarsi al suo caso.

I paesi terzi per i quali si propone l’inclusione nell’elenco comune dell’UE dei paesi di origine sicuri soddisfano le condizioni stabilite dalla direttiva 2013/32/UE per essere designati come sicuri. Ciò comporta che, sulla base dello status giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che in tali paesi non si verificano generalmente e costantemente persecuzioni quali definite nell’articolo 9 della direttiva 2011/95/UE, né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

4.INCIDENZA SUL BILANCIO

La proposta non comporta alcuna incidenza sul bilancio dell’UE e non dovrebbe avere impatti sui bilanci degli Stati membri.

5.ALTRI ELEMENTI

5.1.Disposizioni sul monitoraggio, sulla valutazione e sulla rendicontazione

La proposta prevede la possibilità di considerare in futuro, trascorso un periodo di tre anni dall’entrata in vigore del regolamento e sulla base di una relazione presentata dalla Commissione, l’adozione di ulteriori misure di armonizzazione che potrebbero eliminare l’esigenza di elenchi nazionali di paesi di origine sicuri.

5.2.Spiegazione dettagliata delle disposizioni specifiche della proposta

La proposta di regolamento istituisce un elenco comune dell’UE di paesi terzi considerati paesi di origine sicuri ai sensi della direttiva 2013/32/UE. Essa modifica inoltre la direttiva 2013/32/UE per consentire l’applicazione delle disposizioni di detta direttiva in materia di paesi di origine sicuri relativamente ai paesi terzi figuranti nell’elenco comune dell’UE.

L’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri è riportato nell’allegato I del regolamento proposto. I paesi terzi riportati nell’allegato soddisfano le condizioni di cui all’allegato I della direttiva 2013/32/UE per la designazione dei paesi di origine sicuri. La Commissione ritiene che l’Albania, la Bosnia-Erzegovina, l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, il Kosovo*, il Montenegro, la Serbia e la Turchia soddisfino tali condizioni e debbano, in una prima fase, essere inclusi nell’elenco comune dell’UE.

La proposta prevede l’obbligo per la Commissione di riesaminare periodicamente la situazione nei paesi terzi che figurano nell’elenco comune dell’UE, sulla base di una gamma di fonti di informazioni fra cui, in particolare, le relazioni periodiche del SEAE e le informazioni trasmesse dagli Stati membri, dall’EASO, dall’UNHCR, dal Consiglio d’Europa e da altre pertinenti organizzazioni internazionali.

La proposta prevede che eventuali modifiche all’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri siano adottate secondo la procedura legislativa ordinaria. Tuttavia, si prevede che, in caso di repentino deterioramento della situazione di un paese terzo incluso nell’elenco, sia conferito alla Commissione il potere di adottare un atto delegato a norma dell’articolo 290 del TFUE per sospendere, per un periodo di un anno, l’inclusione di detto paese terzo nell’elenco qualora ritenga, sulla base di una valutazione circostanziata, che non siano più soddisfatte le condizioni per considerare tale paese terzo un paese di origine sicuro. La Commissione potrebbe prorogare detta sospensione per un periodo non superiore a un anno qualora abbia proposto una modifica del regolamento al fine di depennare tale paese terzo dall’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri. La proposta contiene disposizioni dettagliate in merito alle condizioni della delega di poteri alla Commissione, anche per quanto riguarda la durata, la facoltà del Parlamento europeo e del Consiglio di revocarla in qualsiasi momento, l’obbligo per la Commissione di notificare l’adozione di atti delegati al Parlamento europeo e al Consiglio e il fatto che gli atti delegati possono entrare in vigore solo se nessuna obiezione è stata sollevata da tali istituzioni entro un mese dal ricevimento della notifica.

2015/0211 (COD)

Proposta di

REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

che istituisce un elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri
ai fini della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale, e che modifica la direttiva 2013/32/UE

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 78, paragrafo 2, lettera d),

vista la proposta della Commissione europea,

previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo 5 ,

visto il parere del Comitato delle regioni 6 ,

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria,

considerando quanto segue:

(1)La direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio 7 consente agli Stati membri di applicare specifiche norme procedurali, in particolare procedure accelerate e svolte alla frontiera, in circostanze definite in cui è probabile che una domanda di protezione internazionale sia infondata, ad esempio se il richiedente è cittadino di un paese che è stato designato paese di origine sicuro dal diritto nazionale e, inoltre, può essere considerato sicuro per il richiedente in funzione delle sue particolari circostanze. Le stesse norme possono essere applicate nel caso degli apolidi in relazione ai paesi terzi in cui precedentemente avevano la residenza abituale.

(2)La direttiva 2013/32/UE stabilisce criteri comuni per la designazione, da parte degli Stati membri, dei paesi terzi di origine sicuri. Tuttavia, solo alcuni Stati membri hanno provveduto a designare paesi di origine sicuri nella loro normativa nazionale e di conseguenza non tutti gli Stati membri attualmente possono avvalersi delle agevolazioni procedurali connesse previste dalla direttiva 2013/32/UE. Inoltre, a causa delle divergenze esistenti tra i diversi elenchi nazionali di paesi di origine sicuri adottati dagli Stati membri, che potrebbero derivare da diverse valutazioni della sicurezza di taluni paesi terzi o dalla diversa natura dei flussi di cittadini di paesi terzi verso ciascuno Stato membro, il concetto di paese di origine sicuro quale definito nella direttiva 2013/32/UE attualmente non è sempre applicato dagli Stati membri nei confronti dei medesimi paesi terzi.

(3)Alla luce del forte aumento del numero di domande di protezione internazionale presentate nell’Unione, verificatosi a partire dal 2014, e delle conseguenti pressioni senza precedenti esercitate sui sistemi di asilo degli Stati membri, l’Unione ha riconosciuto la necessità di rafforzare l’applicazione delle disposizioni sui paesi di origine sicuri di cui alla direttiva 2013/32/UE in quanto strumento essenziale a sostegno del rapido trattamento di domande probabilmente infondate. In particolare, nelle conclusioni del 25 e 26 giugno 2015 il Consiglio europeo ha fatto riferimento, riguardo alla necessità di accelerare il trattamento delle domande di asilo, all’intenzione della Commissione di rafforzare queste disposizioni, compresa la possibile istituzione di un elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri, come esplicitato nella comunicazione sull’agenda europea sulla migrazione 8 . Inoltre, nelle conclusioni del 20 luglio 2015 sui paesi di origine sicuri il Consiglio “Giustizia e affari interni” ha accolto con favore l’intenzione della Commissione di rafforzare le disposizioni sui paesi di origine sicuri della direttiva 2013/32/UE, compresa la possibile istituzione di un elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri.

(4)È opportuno istituire un elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri, sulla base dei criteri comuni stabiliti nella direttiva 2013/32/UE, in quanto faciliterà l’utilizzo da parte di tutti gli Stati membri delle procedure connesse all’applicazione del concetto di paese di origine sicuro, in modo da migliorare l’efficienza complessiva dei loro sistemi di asilo per quanto riguarda le domande di protezione internazionale che hanno maggiore probabilità di essere infondate. L’istituzione di un elenco comune dell’UE consentirà anche di superare alcune divergenze esistenti tra gli elenchi nazionali di paesi di origine sicuri istituiti dagli Stati membri, le quali fanno sì che i richiedenti protezione internazionale provenienti da un medesimo paese terzo non siano sempre soggetti alle stesse procedure negli Stati membri. Sebbene sia opportuno che gli Stati membri conservino la facoltà di applicare o introdurre norme legislative che consentano di designare a livello nazionale paesi terzi diversi da quelli che figurano nell’elenco comune dell’UE quali paesi di origine sicuri, l’istituzione di un elenco comune garantirà l’applicazione uniforme, da parte di tutti gli Stati membri, del concetto di paese di origine sicuro ai richiedenti originari di paesi inclusi in tale elenco. In tal modo si favorirà la convergenza nell’applicazione delle procedure, contribuendo altresì a scoraggiare i movimenti secondari dei richiedenti protezione internazionale. In tale contesto, è opportuno prevedere la possibilità di considerare in futuro, trascorso un periodo di tre anni dall’entrata in vigore del presente regolamento e sulla base di una relazione presentata dalla Commissione, l’adozione di ulteriori misure di armonizzazione che potrebbero eliminare l’esigenza di elenchi nazionali di paesi di origine sicuri.

(5)Le disposizioni della direttiva 2013/32/UE relative all’applicazione del concetto di paese di origine sicuro dovrebbero applicarsi nei confronti dei paesi terzi che figurano nell’elenco comune dell’UE istituito dal presente regolamento. Ne deriva in particolare che l’inclusione di un paese terzo nell’elenco comune dell’UE di paesi d’origine sicuri non costituisce una garanzia assoluta di sicurezza per i cittadini di tale paese e pertanto non elimina la necessità di esaminare adeguatamente le singole domande di protezione internazionale. È anche opportuno ricordare che, quando un richiedente dimostra che vi sono gravi motivi per non ritenere sicuro tale paese per la sua situazione particolare, la designazione del paese come sicuro non può più applicarsi al suo caso.

(6)La Commissione dovrebbe riesaminare periodicamente la situazione nei paesi terzi che figurano nell’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri. In caso di repentino deterioramento della situazione di un paese terzo incluso nell’elenco comune dell’UE, dovrebbe essere conferito alla Commissione il potere di adottare un atto delegato a norma dell’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea per sospendere, per un periodo di un anno, l’inclusione di detto paese terzo nell’elenco comune dell’UE qualora ritenga, sulla base di una valutazione circostanziata, che non siano più soddisfatte le condizioni stabilite dalla direttiva 2013/32/UE per considerare tale paese terzo un paese di origine sicuro. Ai fini di detta valutazione circostanziata, la Commissione dovrebbe prendere in considerazione una gamma di fonti di informazione a sua disposizione, tra cui, in particolare, le sue relazioni annuali di avanzamento relative ai paesi terzi designati dal Consiglio europeo quali paesi candidati, le relazioni periodiche del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) e le informazioni trasmesse dagli Stati membri, dall’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO), dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), dal Consiglio d’Europa e da altre organizzazioni internazionali pertinenti. La Commissione, qualora abbia proposto una modifica del presente regolamento al fine di depennare tale paese terzo dall’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri, dovrebbe avere la facoltà di prorogare la sospensione di un paese terzo dall’elenco comune dell’UE per un periodo non superiore a un anno. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti. Nella preparazione e nell’elaborazione degli atti delegati la Commissione dovrebbe provvedere alla contestuale, tempestiva e appropriata trasmissione dei documenti pertinenti al Parlamento europeo e al Consiglio.

(7)In seguito alle conclusioni del Consiglio “Giustizia e affari interni” del 20 luglio 2015 sui paesi di origine sicuri, in cui gli Stati membri si sono trovati concordi per dare la priorità alla valutazione, da parte di tutti gli Stati membri, della sicurezza dei Balcani occidentali, il 2 settembre 2015 l’EASO ha organizzato una riunione di esperti con gli Stati membri, in cui si è raggiunto un ampio consenso per considerare l’Albania, la Bosnia-Erzegovina, il Kosovo* 9 , l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, il Montenegro e la Serbia paesi d’origine sicuri ai sensi della direttiva 2013/32/UE.

(8)Ai sensi della direttiva 2013/32/UE un paese è considerato paese di origine sicuro se, sulla base dello status giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che non vi sono generalmente e costantemente persecuzioni quali definite nell’articolo 9 della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio 10 , né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

(9)Sulla base di una gamma di fonti di informazioni, comprese in particolare le relazioni del SEAE e le informazioni trasmesse dagli Stati membri, dall’EASO, dall’UNHCR, dal Consiglio d’Europa e da altre organizzazioni internazionali pertinenti, un certo numero di paesi terzi soddisfano le condizioni per essere considerati paesi di origine sicuri.

(10)Per quanto riguarda l’Albania, la base giuridica per la protezione contro la persecuzione e i maltrattamenti riposa su una normativa sui diritti umani e contro le discriminazioni adeguata sotto il profilo sia sostanziale sia procedurale, compresa l’adesione a tutti i principali trattati internazionali in materia di diritti umani. Nel 2014 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto violazioni in quattro casi su 150. Non vi sono indicazioni di episodi di respingimento dei propri cittadini. Nel 2014 gli Stati membri hanno ritenuto fondato il 7,8% (1040) delle domande di asilo presentate da cittadini albanesi. Almeno otto Stati membri hanno designato l’Albania come paese di origine sicuro. Il Consiglio europeo ha designato l’Albania quale paese candidato. All’epoca, si è valutato che l’Albania soddisfaceva i criteri stabiliti dal Consiglio europeo di Copenaghen del 21 e 22 giugno 1993 relativi alla stabilità delle istituzioni che garantiscono la democrazia, allo Stato di diritto, ai diritti umani e al rispetto e alla tutela delle minoranze; l’Albania dovrà continuare a soddisfare detti criteri per diventare membro, in linea con le raccomandazioni formulate nella relazione annuale sullo stato di avanzamento.

(11)Per quanto riguarda la Bosnia-Erzegovina, la Costituzione dello Stato è la base su cui si fonda la ripartizione dei poteri tra i popoli costitutivi del paese. La base giuridica per la protezione contro la persecuzione e i maltrattamenti riposa su una normativa sui diritti umani e contro le discriminazioni adeguata sotto il profilo sia sostanziale sia procedurale, compresa l’adesione a tutti i principali trattati internazionali in materia di diritti umani. Nel 2014 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto violazioni in cinque casi su 1196. Non vi sono indicazioni di episodi di respingimento dei propri cittadini. Nel 2014 gli Stati membri hanno ritenuto fondato il 4,6% (330) delle domande di asilo presentate da cittadini bosniaci-erzegovini. Almeno nove Stati membri hanno designato la Bosnia-Erzegovina come paese di origine sicuro.

(12)Per quanto riguarda l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, la base giuridica per la protezione contro la persecuzione e i maltrattamenti riposa su una normativa sui diritti umani e contro le discriminazioni adeguata sotto il profilo sia sostanziale sia procedurale, compresa l’adesione a tutti i principali trattati internazionali in materia di diritti umani. Nel 2014 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto violazioni in sei casi su 502. Non vi sono indicazioni di episodi di respingimento dei propri cittadini. Nel 2014 gli Stati membri hanno ritenuto fondato lo 0,9% (70) delle domande di asilo presentate da cittadini dell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia. Almeno sette Stati membri hanno designato l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia come paese di origine sicuro. Il Consiglio europeo ha designato l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia quale paese candidato. All’epoca, si è valutato che l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia soddisfaceva i criteri stabiliti dal Consiglio europeo di Copenaghen del 21 e 22 giugno 1993 relativi alla stabilità delle istituzioni che garantiscono la democrazia, allo Stato di diritto, ai diritti umani e al rispetto e alla tutela delle minoranze; l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia dovrà continuare a soddisfare detti criteri per diventare membro, in linea con le raccomandazioni formulate nella relazione annuale sullo stato di avanzamento.

(13)Per quanto riguarda il Kosovo*, la base giuridica per la protezione contro la persecuzione e i maltrattamenti riposa su una normativa sui diritti umani e contro le discriminazioni adeguata sotto il profilo sia sostanziale sia procedurale. La non adesione del Kosovo* ai pertinenti strumenti internazionali in materia di diritti umani, quali la Corte europea dei diritti dell’uomo, deriva dalla mancanza di un consenso internazionale sulla sua condizione di Stato sovrano. Non vi sono indicazioni di episodi di respingimento dei propri cittadini. Nel 2014 gli Stati membri hanno ritenuto fondato il 6,3% (830) delle domande di asilo presentate da cittadini del Kosovo*. Almeno sei Stati membri hanno designato il Kosovo* come paese di origine sicuro.

(14)Per quanto riguarda il Montenegro, la base giuridica per la protezione contro la persecuzione e i maltrattamenti riposa su una normativa sui diritti umani e contro le discriminazioni adeguata sotto il profilo sia sostanziale sia procedurale, compresa l’adesione a tutti i principali trattati internazionali in materia di diritti umani. Nel 2014 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto violazioni in un caso su 447. Non vi sono indicazioni di episodi di respingimento dei propri cittadini. Nel 2014 gli Stati membri hanno ritenuto fondato il 3,0% (40) delle domande di asilo presentate da cittadini montenegrini. Almeno nove Stati membri hanno designato il Montenegro come paese di origine sicuro. Il Consiglio europeo ha designato il Montenegro quale paese candidato e sono stati avviati i negoziati. All’epoca, si è valutato che il Montenegro soddisfaceva i criteri stabiliti dal Consiglio europeo di Copenaghen del 21 e 22 giugno 1993 relativi alla stabilità delle istituzioni che garantiscono la democrazia, allo Stato di diritto, ai diritti umani e al rispetto e alla tutela delle minoranze; il Montenegro dovrà continuare a soddisfare detti criteri per diventare membro, in linea con le raccomandazioni formulate nella relazione annuale sullo stato di avanzamento.

(15)Per quanto riguarda la Serbia, la Costituzione è la base su cui si fonda l’autonomia delle minoranze nei settori dell’istruzione, dell’utilizzo della lingua, dell’informazione e della cultura. La base giuridica per la protezione contro la persecuzione e i maltrattamenti riposa su una normativa sui diritti umani e contro le discriminazioni adeguata sotto il profilo sia sostanziale sia procedurale, compresa l’adesione a tutti i principali trattati internazionali in materia di diritti umani. Nel 2014 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto violazioni in sedici casi su 11 490. Non vi sono indicazioni di episodi di respingimento dei propri cittadini. Nel 2014 gli Stati membri hanno ritenuto fondato l’1,8% (400) delle domande di asilo presentate da cittadini serbi. Almeno nove Stati membri hanno designato la Serbia come paese di origine sicuro. Il Consiglio europeo ha designato la Serbia quale paese candidato e sono stati avviati i negoziati. All’epoca, si è valutato che la Serbia soddisfaceva i criteri stabiliti dal Consiglio europeo di Copenaghen del 21 e 22 giugno 1993 relativi alla stabilità delle istituzioni che garantiscono la democrazia, allo Stato di diritto, ai diritti umani e al rispetto e alla tutela delle minoranze; la Serbia dovrà continuare a soddisfare detti criteri per diventare membro, in linea con le raccomandazioni formulate nella relazione annuale sullo stato di avanzamento.

(16)Per quanto riguarda la Turchia, la base giuridica per la protezione contro la persecuzione e i maltrattamenti riposa su una normativa sui diritti umani e contro le discriminazioni adeguata sotto il profilo sia sostanziale sia procedurale, compresa l’adesione a tutti i principali trattati internazionali in materia di diritti umani. Nel 2014 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto violazioni in 94 casi su 2899. Non vi sono indicazioni di episodi di respingimento dei propri cittadini. Nel 2014 gli Stati membri hanno ritenuto fondato il 23,1% (310) delle domande di asilo presentate da cittadini turchi. Uno Stato membro ha designato la Turchia come paese di origine sicuro. Il Consiglio europeo ha designato la Turchia quale paese candidato e sono stati avviati i negoziati. All’epoca, si è valutato che la Turchia soddisfaceva i criteri stabiliti dal Consiglio europeo di Copenaghen del 21 e 22 giugno 1993 relativi alla stabilità delle istituzioni che garantiscono la democrazia, allo Stato di diritto, ai diritti umani e al rispetto e alla tutela delle minoranze; la Turchia dovrà continuare a soddisfare detti criteri per diventare membro, in linea con le raccomandazioni formulate nella relazione annuale sullo stato di avanzamento.

(17)Poiché gli obiettivi del presente regolamento non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell’azione in questione, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato dell’Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

(18)Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta.

(19)[A norma dell’articolo 3 del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea, detti Stati membri hanno notificato che desiderano partecipare all’adozione e all’applicazione del presente regolamento.]

OPPURE

[A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e fatto salvo l’articolo 4 di tale protocollo, detti Stati membri non partecipano all’adozione del presente regolamento, non sono da esso vincolati, né sono soggetti alla sua applicazione.]

OPPURE

[A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e fatto salvo l’articolo 4 di tale protocollo, il Regno Unito non partecipa all’adozione del presente regolamento, non è da esso vincolato, né è soggetto alla sua applicazione.

A norma dell’articolo 3 del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea, (con lettera del ...) l’Irlanda ha notificato che desidera partecipare all’adozione e all’applicazione del presente regolamento.]

OPPURE

[A norma dell’articolo 3 del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea, (con lettera del ...) il Regno Unito ha notificato che desidera partecipare all’adozione e all’applicazione del presente regolamento.

A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e fatto salvo l’articolo 4 di tale protocollo, l’Irlanda non partecipa all’adozione del presente regolamento, non è da esso vincolata, né è soggetta alla sua applicazione.]

(20)A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la Danimarca non partecipa all’adozione del presente regolamento, non è da esso vincolata, né è soggetta alla sua applicazione,



HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

Oggetto

Il presente regolamento istituisce un elenco comune dell’UE di paesi terzi considerati paesi di origine sicuri ai sensi della direttiva 2013/32/UE.

Articolo 2

Elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri

1.    I paesi terzi elencati nell’allegato I sono paesi di origine sicuri.

2.    La Commissione riesamina periodicamente la situazione nei paesi terzi che figurano nell’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri, sulla base di una gamma di fonti di informazioni fra cui, in particolare, le relazioni periodiche del SEAE e le informazioni trasmesse dagli Stati membri, dall’EASO, dall’UNHCR, dal Consiglio d’Europa e da altre pertinenti organizzazioni internazionali.

3.    Le modifiche all’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri sono adottate secondo la procedura legislativa ordinaria.

4.    Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 3 per sospendere un paese terzo dall’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri.

Articolo 3

Depennamento di un paese terzo dall’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri in caso di cambiamento repentino della situazione

1.    Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati alle condizioni stabilite nel presente articolo.

2.    In caso di cambiamento repentino della situazione di un paese terzo che figura nell’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri, la Commissione esegue una valutazione circostanziata del rispetto da parte di quel paese delle condizioni di cui all’allegato I della direttiva 2013/32/UE e, se tali condizioni non sono più soddisfatte, adotta, a norma dell’articolo 290 del TFUE, una decisione che sospende tale paese terzo dall’elenco comune dell’UE per un periodo di un anno.

3.    Qualora abbia proposto una modifica del presente regolamento al fine di depennare un paese terzo dall’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri, la Commissione può, sulla base della valutazione circostanziata di cui al paragrafo 2, prorogare la validità della decisione delegata adottata ai sensi del paragrafo 2 per un periodo non superiore a un anno.

4.    Il potere di adottare atti delegati di cui al presente articolo è conferito alla Commissione per un periodo di 5 anni a decorrere [dalla data di entrata in vigore del presente regolamento]. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di 5 anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo.

5.    La delega di potere di cui al presente articolo può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.

6.    Non appena adotta un atto delegato a norma del presente articolo, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio.

7.    L’atto delegato adottato ai sensi del presente articolo entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di un mese dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni.

Articolo 4

Modifiche della direttiva 2013/32/UE

La direttiva 2013/32/UE è così modificata:

1)    all’articolo 36, il paragrafo 1 è sostituito dal seguente:

1.   Un paese terzo designato paese di origine sicuro a norma della presente direttiva dal diritto nazionale o compreso nell’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri istituito dal regolamento (UE) XXXX/2015 del Parlamento europeo e del Consiglio* [il presente regolamento] può essere considerato paese di origine sicuro per un determinato richiedente, previo esame individuale della domanda, solo se questi:

a) ha la cittadinanza di quel paese ovvero

b)

è un apolide che in precedenza soggiornava abitualmente in quel paese,

e non ha invocato gravi motivi per ritenere che quel paese non sia un paese di origine sicuro nelle circostanze specifiche in cui si trova il richiedente stesso e per quanto riguarda la sua qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE.”;

2)    all’articolo 37, il paragrafo 1 è sostituito dal seguente:

1.   Gli Stati membri possono mantenere in vigore o introdurre una normativa che consenta, a norma dell’allegato I, di designare a livello nazionale paesi di origine sicuri diversi da quelli che figurano nell’elenco comune dell’UE dei paesi di origine sicuri istituito dal regolamento (UE) XXXX/2015 [il presente regolamento], ai fini dell’esame delle domande di protezione internazionale.”;

3)    nell’allegato I, il titolo è sostituito dal seguente:

 “Designazione dei paesi di origine sicuri ai fini dell’articolo 36 e dell’articolo 37, paragrafo 1”.

____________

*    Regolamento (UE) XXXX/2015 del Parlamento europeo e del Consiglio, del [data], che istituisce un elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri ai fini della direttiva 2013/32/UE, e che modifica la direttiva 2013/32/UE.

Articolo 5

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri conformemente ai trattati.

Fatto a Bruxelles, il

Per il Parlamento europeo    Per il Consiglio

Il presidente    Il presidente

(1) COM(2015) 240 final del 13.5.2015.
(2) Direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 337 del 20.12.2011, pag. 9).
(3) * Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione 1244 (1999) dell’UNSC e con il parere della CIG sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo.
(4) Lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali.
(5) GU C , , pag. .
(6) GU C , , pag. .
(7) Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 60).
(8) COM(2015) 240 final del 13.5.2015.
(9) * Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione 1244 (1999) dell’UNSC e con il parere della CIG sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo.
(10) Direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 337 del 20.12.2011, pag. 9).

Bruxelles, 9.9.2015

COM(2015) 452 final

ALLEGATO

della

Proposta di
REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
che istituisce un elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri
ai fini della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale, e che modifica la direttiva 2013/32/UE


ALLEGATO

Elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri di cui all’articolo 2

Albania

Bosnia-Erzegovina

ex Repubblica jugoslava di Macedonia

Kosovo* 1

Montenegro

Serbia

Turchia

(1) * Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione 1244 (1999) dell’UNSC e con il parere della CIG sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo.