15.1.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 13/73


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «L’industria europea offshore: prospettive di sviluppo intelligente, sostenibile e a lungo termine, e relazioni con i settori marittimi dell’Unione europea»

(parere d’iniziativa)

(2016/C 013/12)

Relatore:

Marian KRZAKLEWSKI

Correlatore:

José Custodio LEIRIÃO

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 22 gennaio 2015, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d’iniziativa sul tema:

L’industria europea offshore: prospettive di sviluppo intelligente, sostenibile e a lungo termine, e relazioni con i settori marittimi dell’UE

(parere d’iniziativa).

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI), incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 15 luglio 2015, sulla base del progetto predisposto dal relatore KRZAKLEWSKI e dal correlatore LEIRIÃO.

Alla sua 510a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 settembre 2015 (seduta del 16 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 132 voti favorevoli, 1 voto contrario e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

L’industria offshore comprende la produzione di energia elettrica e l’estrazione di gas, petrolio e minerali dal mare. Il CESE ritiene che i mercati legati a questi settori si stiano sviluppando in modo particolarmente dinamico e offrano opportunità di crescita a lungo termine, sostenibile e intelligente.

1.2.

Il CESE è convinto che, al fine di garantire lo sviluppo sostenibile dell’industria offshore, sia necessario un quadro strategico con una visione europea coerente, in grado di assicurare a questa industria tecnologie avanzate e soluzioni innovative. Le tecnologie, infatti, sono al centro di un quadro strategico di questo tipo.

1.3.

Il Comitato è del parere che attualmente non esista una strategia europea complessiva per l’industria offshore nel suo insieme e i suoi singoli comparti. È vero che la Commissione e il Consiglio stanno progressivamente ampliando lo spettro delle normative che disciplinano questo settore, e in particolare il comparto dell’estrazione offshore di petrolio e di gas; tuttavia, nelle misure in questione non è possibile scorgere alcun progetto coerente e globale.

1.4.

Il CESE è dell’avviso che l’assenza di un quadro strategico per l’industria offshore derivi anche dalla mancanza di una cooperazione sufficiente tra l’industria offshore, le istituzioni dell’UE, gli Stati membri e le organizzazioni della società civile. Ritiene pertanto che l’elaborazione e l’attuazione di una visione strategica per l’industria offshore consentirebbero di raggiungere un livello efficace di cooperazione, a beneficio delle parti interessate, compresi gli altri settori (ad esempio quello del turismo) che beneficiano delle risorse offshore.

1.5.

Richiamando le sue precedenti proposte, il CESE rileva con preoccupazione che sia alle due riunioni del gruppo di studio che all’audizione pubblica svoltasi ad Aberdeen, intese a preparare questo parere d’iniziativa sull’industria offshore europea, non era presente alcun rappresentante della Commissione europea.

1.6.

Nel quadro di un’analisi globale dei rapporti tra l’industria offshore e l’industria marittima europea, il CESE osserva che la prima genera forze trainanti notevoli — nonché, in molti casi, «verdi» — per la seconda, e in particolare per i comparti della costruzione, della riparazione e delle attrezzature navali. Anzi, si può sostenere che, grazie alla domanda da parte dell’industria offshore, la cantieristica navale è riuscita ad evitare la perdita di massa critica che, fino a poco tempo fa, la minacciava.

1.7.

Il Comitato reputa che, alla luce del costante processo di attuazione della direttiva sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi, la Commissione europea, in cooperazione con gli Stati membri, dovrebbe organizzare un sistema di verifica e indicare i modi di accrescere la capacità finanziaria degli operatori economici del settore di far fronte ai costi delle misure correttive adottate in risposta ad incidenti.

1.7.1.

Occorrerebbe predisporre e attuare un programma per la «cultura della sicurezza», e adottare misure per promuovere e sostenere l’accreditamento degli istituti di formazione, da parte di imprese dell’industria offshore, a fornire una formazione più ampia nel campo della sicurezza, che includa anche gli aspetti di protezione ambientale. Il CESE osserva che, nell’industria offshore, il conseguimento di un livello di sicurezza elevato dipende anche dal fatto di garantire buone condizioni di lavoro in mare.

1.8.

Il CESE propone che la Commissione e gli Stati membri interessati, in cooperazione con l’OIL e le parti sociali, adottino provvedimenti per valutare la possibilità di estendere la convenzione sul lavoro marittimo (CLM) ai lavoratori delle industrie offshore del petrolio e del gas (offshore oil and gas — OOG) e dell’energia eolica (offshore wind energy — OWE), nell’UE e nel resto del SEE.

1.9.

Il Comitato reputa che la Commissione e le parti sociali settoriali europee che rappresentano l’industria offshore dovrebbero rifarsi al buon esempio offerto dalla direttiva del 2009 recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo.

1.10.

In previsione della carenza di lavoratori qualificati e di competenze nell’industria offshore, nell’UE e nel resto del SEE, il CESE ritiene che questo problema dovrebbe essere affrontato garantendo buone condizioni di lavoro (grazie all’attuazione delle disposizioni della CLM), applicando politiche di adeguamento delle competenze e della formazione e incoraggiando i giovani a lavorare in mare.

1.11.

In relazione all’industria offshore, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero promuovere la cooperazione e il partenariato pubblico-privato (PPP), ossia, tra le altre cose, associazioni temporanee di imprese (joint ventures), garanzie, accordi di condivisione della produzione e concessioni. Il coordinamento dovrebbe riguardare il quadro giuridico, gli studi geologici, la pianificazione territoriale e la protezione dell’ambiente in relazione alla questione dell’uso sostenibile delle risorse energetiche.

1.12.

Il CESE ritiene che uno degli aspetti di una regolamentazione paneuropea del comparto estrattivo offshore dovrebbe essere la partecipazione della Commissione a un ampio programma di ricerche geologiche che si avvalga delle TIC. Scopo del programma dovrebbe essere quello di rendere disponibili dati che consentano, oggi e in futuro, un uso più sostenibile delle risorse marine.

1.13.

Il CESE reputa che, di fronte alla concorrenza mondiale ed europea e ai requisiti posti dalla normativa, le sfide principali per l’industria offshore siano:

l’estrazione in acque profonde e, nel comparto offshore dell’energia eolica, il passaggio verso la localizzazione degli impianti a una maggiore distanza dalla costa e in acque aperte più profonde,

le procedure per la perforazione orizzontale e la fratturazione idraulica per l’attività estrattiva offshore, nel rispetto dei requisiti ambientali,

la gestione delle infrastrutture degli impianti offshore vetusti o senescenti,

la ricerca, la rilevazione e lo sfruttamento delle risorse nelle zone artiche,

la risposta all’impulso ambientale della convenzione Marpol, della convenzione per la gestione delle acque di zavorra e del regolamento relativo al riciclaggio delle navi.

1.14.

Il CESE incoraggia il collegamento in rete dei comparti dell’industria offshore, delle regioni costiere e delle imprese nella catena di approvvigionamento con i centri di ricerca e le università nel quadro del programma Orizzonte 2020, nonché i progetti nel campo della «specializzazione intelligente». Nel quadro di tale cooperazione, occorrerebbe prestare maggiore attenzione agli aspetti dell’innovazione e della protezione dell’ambiente, nonché sfruttare le opportunità offerte dal Fondo europeo per gli investimenti strategici.

1.14.1.

Il CESE invita la Commissione a considerare la possibilità di apportare delle modifiche ai fondi strutturali o al piano Juncker per sostenere gli investimenti nell’innovazione nell’industria offshore.

1.15.

Il Comitato ritiene che sia necessario aggiornare (riesaminare) la strategia Europa 2020 per soddisfare i requisiti dell’UE riguardanti le attività marittime, i progetti, le risorse, una forza lavoro qualificata, il finanziamento e la promozione dello sviluppo sostenibile, tenendo conto del gran numero, e della grande diversità, dei profili professionali e delle competenze necessari nel campo delle attività offshore.

1.16.

Il CESE invita la Commissione europea a promuovere un dibattito sul potenziale di una strategia specifica per il Mare del Nord, che tenga conto delle sfide da affrontare per garantire la sostenibilità e la competitività dell’industria offshore in Europa.

2.   Contesto

2.1.

L’industria offshore comprende principalmente la produzione di energia elettrica e l’estrazione di gas, petrolio e minerali dal mare. Se poi si tiene conto della catena di approvvigionamento e dei servizi a tale industria, quest’ultima risulta connessa con tutta una serie di settori di attività legate al mare: la cantieristica navale (costruzione, riparazione, manutenzione e conversione di navi), la produzione di attrezzature e forniture navali, nonché il settore degli impianti industriali offshore.

2.2.

L’industria europea collegata ai comparti offshore dispone sia delle competenze specialistiche moderne che del potenziale umano necessari per fruire efficacemente dei vantaggi derivanti dal fatto di operare su mercati connessi con tutti i suddetti comparti.

2.3.

Nel quadro di un’analisi della situazione dell’industria europea offshore e di una valutazione delle sue opportunità di sviluppo a lungo termine e sostenibile, il presente parere:

fa il punto della situazione dell’industria petrolifera e gasiera offshore nel contesto mondiale, evidenziandone le sfide e i fattori trainanti,

delinea le caratteristiche generali del comparto dell’energia eolica offshore nell’UE,

descrive le relazioni tra l’industria marittima e l’industria offshore in Europa,

analizza il fabbisogno di innovazione e sviluppo sostenibile nel contesto delle sfide attuali e dei potenziali ambiti di sviluppo dell’industria offshore europea,

formula proposte per garantire che, nelle questioni occupazionali dell’industria offshore, vi sia una dimensione sociale e di sviluppo sostenibile,

esamina il quadro normativo dell'UE dell’industria offshore europea,

avanza l’idea di promuovere una strategia dell’UE per il Mare del Nord che tenga conto delle sfide poste alla sostenibilità e dalla competitività dell’industria offshore.

3.   L’industria estrattiva petrolifera e gasiera offshore: la situazione attuale

3.1.

Nel 2012 i prodotti petroliferi ed il gas rappresentavano il 26 % del mix energetico europeo, nel quale la quota più rilevante, il 29 %, era costituita dall’energia nucleare, mentre le rinnovabili, compresa l’energia idroelettrica, rappresentavano il 22 %.

3.1.1.

L’UE è il primo importatore di energia al mondo; importa il 53 % della sua energia, con un costo annuo pari a 400 miliardi di euro. L’88 % del petrolio e il 66 % del gas sono importati, principalmente dalla Russia.

3.2.

In Europa il problema principale per il settore petrolifero e gasiero offshore è se l’industria OOG europea tradizionale crescerà, in un contesto di diversificazione e di fronte alle sfide poste dallo sviluppo delle fonti di energia rinnovabili, e sarà in grado di gestire in modo efficiente questi cambiamenti.

3.3.

L’industria petrolifera e gasiera offshore in Europa è caratterizzata da:

alti costi operativi,

forti rischi ambientali e un grado di regolamentazione elevato,

necessità di operare a maggiori profondità,

rischi di natura fiscale — prezzi bassi che comportano alti rischi di investimento,

potenziali problemi con i prodotti a basso prezzo provenienti dagli Stati Uniti.

3.4.

L’industria offshore europea del petrolio e del gas si trova già oggi ad affrontare molteplici sfide, tra cui:

la necessità di indagini sismiche al fine di aggiornare le mappe dei depositi geologici,

la mancanza di armonizzazione e condivisione dei dati, che rallenta il ritmo dello sviluppo,

la pressione esercitata dai paesi produttori per la scoperta di nuovi giacimenti,

problemi con le gare di appalto per l’estrazione, nelle quali concorrono imprese nazionali e internazionali,

la gestione del ciclo di vita del settore nelle diverse fasi che vi si susseguono: prospezione, scoperta, FEED (1), produzione, decomposizione.

3.4.1.

Per tale industria, inoltre, si profilano nuove sfide, quali:

il progressivo assottigliarsi delle risorse attualmente sfruttate;

il calo dei prezzi del petrolio e la concorrenza di nuove materie prime correlate a basso costo,

le questioni legate all’imprenditorialità e al sostegno pubblico alle nuove imprese,

la necessità di stimolare la crescita attraverso l’innovazione e l’internazionalizzazione del settore,

la questione della crescita guidata dall’«economia verde».

3.5.

L’industria offshore europea del petrolio e del gas merita di essere sostenuta, in quanto:

presenta le caratteristiche di un’industria sostenibile, che tiene conto del contesto normativo dell’UE,

fornisce, direttamente o indirettamente, quasi 600 000 posti di lavoro (includendo anche la Norvegia),

è una delle principali forze trainanti dell’industria marittima dell’UE,

contribuisce a una trasformazione sociale positiva nelle regioni,

reca un contributo significativo alle entrate di bilancio degli Stati membri,

svolge un ruolo guida riguardo all’innovazione e al progresso tecnologico nell’ingegneria,

è contraddistinta da notevoli e crescenti esportazioni dalle imprese nella catena di approvvigionamento, che compensano la possibile perdita di entrate provenienti dalla produzione di combustibili.

3.6.

Nell’audizione svoltasi ad Aberdeen (2) sono stati presentati i risultati di un’analisi dei punti di forza e di debolezza, delle opportunità e dei rischi («analisi SWOT») dell’industria OOG. Tali risultati, integrati dalle proposte avanzate nel corso del dibattito in quella sede, figurano nell’allegato al presente parere.

4.   Il mercato dell’energia marina nell’UE

4.1.

Nei mari dell’UE sono oggi in esercizio circa 2 500 turbine, situate in 11 paesi, per una capacità totale di oltre 8 GW. La quota dell’UE nella produzione mondiale è quasi del 90 %. Una volta ultimati i 12 progetti attualmente in corso, la capacità installata aumenterà a 10,9 GW. Oggi nell’UE il 7 % dell’energia elettrica è generato da centrali eoliche, e 1/7 di questa quota proviene da impianti eolici offshore.

4.2.

In questo settore, le attuali tendenze nel campo dello sviluppo e dell’innovazione riguardano le turbine, le fondazioni e gli impianti a maggiore profondità e a maggiore distanza dalla costa.

4.3.

Ai fini dello sviluppo dell’energia eolica offshore, la pianificazione finanziaria assume ormai un rilievo sempre maggiore. Nel 2014 le imprese del settore hanno acceso prestiti a garanzia limitata (non recourse) per un totale di 3,14 miliardi di euro (3), che è il massimo importo mai percepito nella storia del settore. I partenariati finanziari sono la chiave del successo.

4.4.

Per i prossimi anni, le prospettive sono di un ulteriore aumento della capacità installata. Quanto al futuro più lontano, secondo le stime dell’Associazione europea per l’energia eolica (EWEA — European Wind Energy Association), è già stata autorizzata la costruzione di nuovi impianti per una capacità totale di 26,4 GW, mentre nei piani a lungo termine è previsto un incremento pari a 98 GW.

4.5.

Secondo i dati dell’EWEA, alla fine del 2011 in Europa il settore dell’energia eolica in Europa dava lavoro a 192 000 persone, delle quali circa 30-40 000 nel comparto dell’energia eolica offshore.

4.6.

Nell’UE la capacità installata di energia oceanica è pari a circa 1,5 GW (ovvero sei volte inferiore a quella dell’energia eolica offshore; ma si prevede che raggiunga i 3,6 GW entro il 2020), comprendendo quella degli impianti per la produzione di energia dal moto ondoso, dalle maree, dalle correnti e dal gradiente salino (energia osmotica), nonché per la conversione di energia talassotermica in energia elettrica.

5.   Le relazioni economiche tra i settori marittimi e l’industria offshore in Europa

5.1.

Nel 2014 l’importo globale degli appalti per natanti e galleggianti era pari a 370 miliardi di dollari statunitensi (USD), di cui 170 miliardi di USD per unità offshore. Si stima che, tra il 2014 e il 2025, la domanda globale di natanti e galleggianti offshore di vario tipo ammonterà a 1 230 - 1 970 unità. La domanda di piattaforme sommergibili aumenterà del 180 %, mentre quella di navi piattaforma, navi di servizio per parchi eolici o unità galleggianti offshore aumenterà del 50-60 %.

5.2.

Si prevede che le commesse per natanti e galleggianti di ogni tipo aumenteranno del 3,7 % entro il 2025; una proiezione che, se confrontata con le stime assai più elevate riguardanti le unità offshore, mostra quanto potente sia già e sarà in futuro la forza di traino dell’industria offshore per il settore delle costruzioni navali. Nel 2014 in Europa le unità offshore rappresentavano il 30 % dell’intera produzione di tale comparto della cantieristica.

5.3.

Analogamente, l’industria offshore è strettamente legata all’industria europea delle attrezzature marittime, leader mondiale nella produzione di moduli di perforazione, motori, argani, gru e componenti elettronici.

5.4.

L’energia offshore è una forza trainante «verde» per i settori marittimi. A livello mondiale, il suo potenziale per il periodo 2012-2022 è stimato in oltre 19 miliardi di euro (circa 2 miliardi di euro all’anno). Tali stime si basano sul numero di navi e attrezzature necessarie per la realizzazione e il funzionamento dei parchi eolici già previsti.

5.5.

Un nuovo tipo di domanda di prodotti e servizi dei settori marittimi europei sta emergendo anche in relazione al progressivo spostarsi delle attività verso acque più profonde; ciò in particolare nei comparti petrolifero e gasiero offshore, ma anche nel comparto della produzione di energia dal mare.

5.6.

Lo scioglimento dei ghiacci artici apre nuove opportunità di estrazione di materie prime e di apertura di vie navigabili (benché in questo caso a trainare il settore non sia uno sviluppo particolarmente «verde»). Tale tendenza si lega, tra le altre cose, alla previsione di domanda di costruzione di navi rompighiaccio e navi antighiaccio, sia da trasporto che di servizio.

5.7.

Anche il settore — relativamente nuovo — dell’energia oceanica è destinato a costituire una forza trainante sempre più significativa per i settori marittimi europei, e specialmente per i settori rappresentati dall’associazione SEA Europe.

5.8.

La gamma dei prodotti della cantieristica navale per il comparto petrolifero-gasiero offshore è legata al ciclo di vita di quest’ultimo, in quanto:

l’esplorazione e l’individuazione di giacimenti crea una domanda di navi appoggio,

per la perforazione sono necessarie piattaforme e unità di trivellazione,

lo sviluppo dei giacimenti crea una domanda di speciali navi da costruzione,

durante lo sfruttamento del giacimento sono necessarie piattaforme galleggianti o unità di estrazione e stoccaggio, e

dopo lo smantellamento dell’impianto vengono utilizzate navi per l’installazione di turbine eoliche o altre attrezzature offshore.

5.9.

Per garantire anche in futuro l’approvvigionamento di petrolio e gas, l’attività di trivellazione offshore dovrà aumentare in modo significativo, e ciò comporta una forte domanda di moduli per piattaforme tecnicamente avanzati, nonché di riparazione e conversione di diversi tipi di impianti e di torri di perforazione offshore. Tutti servizi, questi, che sono una fonte importante di reddito per i comparti della costruzione e riparazione navale nell’UE.

5.10.

Prospettive interessanti sono poi aperte da un nuovo segmento specializzato della cantieristica navale: navi non solo per il trasporto di gas naturale liquefatto (GNL) galleggiante, ma anche per la fornitura di vari servizi per l’industria offshore del petrolio e del gas, compresa la sostituzione dei terminali terrestri per il GNL con terminali mobili. Ciò riguarda le versioni FPSO GNL (strutture galleggianti di produzione, stoccaggio e scarico del GNL) e FSRU (unità galleggianti di stoccaggio e di rigassificazione).

5.11.

Anche i porti europei possono trarre vantaggio dalla forza trainante dell’industria offshore. Ad essere interessate sono le attività portuali di movimentazione di merci varie e di componenti per l’industria eolica offshore: segmenti di torri, generatori, pale di rotori e altre attrezzature richieste dall’industria offshore.

6.   La necessità di innovazione e sviluppo sostenibile nel contesto delle sfide attuali e dei potenziali ambiti di sviluppo delle industrie europee offshore

6.1.

Da un decennio a questa parte gli investimenti dell’UE nell’innovazione sono costantemente più limitati di quelli dei suoi maggiori concorrenti (e in particolare degli Stati Uniti). Ciò ha un impatto su tutti i settori industriali, compreso quello dell’estrazione offshore di idrocarburi.

6.2.

Una delle sfide principali per le imprese del settore petrolifero e del gas consiste nel garantire uno sfruttamento sicuro del loro capitale fisso senescente. In tutto il mondo in media il 30 % delle piattaforme è in esercizio da più di 20 anni, e molte di esse hanno ormai superato la durata di vita originariamente prevista.

6.3.

Nel settore petrolifero e gasiero offshore, gli ambiti principali in cui è necessario intervenire per fronteggiare la senescenza dei capitali fissi sono:

il monitoraggio, e la comprensione della questione, dell’integrità dei materiali,

la comprensione della corrosione sotto isolamento,

i problemi relativi all’ispezione, alla riparazione e alla manutenzione nel contesto della gestione della senescenza,

il recupero e la valorizzazione delle apparecchiature usate.

6.4.

La crescita del settore dipende da tecnologie innovative a supporto dell’attività estrattiva, che consentano di «spremere» il più possibile dagli impianti senescenti e di prolungare la vita di alcuni giacimenti di produzione.

6.4.1.

Le nuove tecnologie svolgono un ruolo fondamentale anche nella prospezione e produzione in acque profonde, che necessitano di investimenti per miliardi di euro. Lo sviluppo di nuove tecnologie ha lo scopo di ridurre i costi e i rischi operativi e consentire lo sfruttamento di pozzi in condizioni di temperature e pressioni più elevate.

6.5.

Ad avviso del CESE, la Commissione dovrebbe valutare la possibilità di introdurre adeguamenti ai fondi strutturali e/o al piano Juncker per sostenere gli investimenti nell’innovazione nell’industria offshore, principalmente nei seguenti ambiti:

gestione della senescenza delle infrastrutture e garanzia della continuità della produzione,

nuove tecnologie per «spremere» produzione da vecchi giacimenti di petrolio e di gas,

fronteggiare la crescente complessità dei pozzi di produzione.

Nuove aree di sviluppo

6.6.

Lo sviluppo del gas di scisto nel rispetto dei requisiti ambientali sta diventando una prospettiva sempre più attraente anche per il comparto petrolifero e gasiero offshore. E ciò è dovuto ai significativi miglioramenti della tecnologia per la fratturazione idraulica delle rocce sottomarine. Ma anche il sequestro del CO2 in mare può essere un altro fattore di crescita «verde» per l’industria offshore nella corsa allo sviluppo di un’economia a basse emissioni di carbonio.

6.7.

Altre nuove aree di sviluppo sono la costruzione di piattaforme industriali multifunzione in esito a progetti pilota (7o programma quadro) e la realizzazione di attrezzature e impianti completi per produrre energia a partire dalle onde e dalle maree degli oceani.

6.8.

Per i responsabili politici dell’UE, la sfida consiste nello sfruttare il potenziale del programma Orizzonte 2020 per massimizzare la ricerca scientifica e l’innovazione (4) nell’ambito dell’industria offshore europea.

7.   Il quadro normativo dell’UE riguardante l’industria offshore europea

7.1.

L’industria offshore europea opera all’interno di un quadro normativo sempre più fitto. Tra i principali dispositivi che la riguardano, occorre menzionare almeno:

le direttive sulle emissioni (direttiva IED), sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (direttiva IPPC) e sulla limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione (direttiva LCP),

la direttiva sulla limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi (direttiva MCP), che riguarda la produzione di petrolio e di gas,

il sistema di scambio di quote di emissione (ETS UE),

la direttiva sulla sicurezza marittima.

7.2.

La direttiva sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi è entrata in vigore nel 2013 e deve essere recepita negli ordinamenti giuridici nazionali entro il luglio 2015; le imprese del settore dovranno adeguarsi alle nuove disposizioni entro il luglio 2016.

7.2.1.

Se si vuole produrre un impatto a livello globale ed essere in grado di monitorare gli incidenti di rilievo in Europa e al di fuori di essa, è indispensabile che la Commissione, gli Stati membri e le imprese specializzate cooperino tra loro nei seguenti ambiti:

pubblicazione di una guida ai fattori che possono incidere sul rischio,

creazione di una «cultura della sicurezza» in questo campo,

accreditamento degli istituti di formazione, da parte delle società minerarie, a fornire una formazione più ampia,

elaborazione di un codice di buone prassi,

promozione di partenariati tra gli investitori e gli Stati membri,

cooperazione tra gli Stati membri e gli investitori in aree strategiche sensibili e in progetti relativi all’industria offshore che promuovano PPP per lo sviluppo sostenibile e l’impatto di tale industria su altri settori economici, come ad esempio il turismo e la pesca,

cooperazione nel campo della protezione delle infrastrutture offshore di rilievo cruciale dal terrorismo e dalla pirateria marittima.

7.3.

Attualmente, poi, i rappresentanti del settore considerano gli sviluppi del documento di riferimento (BREF) sulla ricerca e la produzione di idrocarburi nell’UE mediante la fratturazione idraulica ad elevato volume una questione di regolamentazione particolarmente delicata.

7.4.

Sempre a proposito dell’impatto del quadro normativo sullo sviluppo di tutti i settori dell’industria offshore, è necessario che questa si conformi anche alla direttiva che ha di recente (luglio 2014) istituito un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo.

7.5.

Inoltre, la comunicazione COM(2008) 699 sulla politica delle materie prime, che delinea un percorso verso una maggiore cooperazione internazionale tra gli istituti nazionali di studi geologici al fine di accrescere la base di conoscenze dell’UE, dovrebbe avere un impatto indiretto sull’industria estrattiva offshore.

7.6.

Vi sono poi questioni normative e politiche non meno importanti che hanno un impatto sull’intera industria offshore europea:

l’impatto della convenzione sul lavoro marittimo,

l’impatto della convenzione Marpol (che pone limiti alle emissioni di SO2 e NO2) e la convenzione per la gestione delle acque di zavorra.

8.   Ma in che modo si possono superare le difficoltà incontrate per garantire, nelle questioni occupazionali relative all’industria offshore, una dimensione sociale, di sviluppo sostenibile?

8.1.

La grande diversità delle industrie offshore europee e il notevole impatto della globalizzazione su questo settore dell’economia, nonché i problemi di dumping sociale e disparità di condizioni che ancora vi si riscontrano, hanno condotto a una situazione complessa per quanto attiene alle questioni del lavoro. A ciò si aggiungono problemi in materia di dialogo sociale, rapporti collettivi di lavoro e norme di protezione sociale.

8.1.1.

Tutti problemi, questi, che si potrebbero affrontare in modo globale sulla base della convenzione sul lavoro marittimo (CLM) del 2006, che è di recente entrata in vigore, e del relativo regolamento UE di esecuzione.

8.1.2.

Purtroppo, le opportunità per fare ampia applicazione di tale convenzione nel settore dell’industria offshore sono ancora limitate. Ciò è dovuto sia alla mancanza, nella stessa CLM, di disposizioni precise riguardo ai lavoratori dell’industria offshore, sia all’atteggiamento dei governi, degli operatori del settore e dei proprietari. E tale situazione è ulteriormente aggravata dai problemi esistenti nell’UE riguardo ai registri dei natanti e delle strutture industriali galleggianti.

8.2.

Il CESE reputa che la Commissione e le parti sociali settoriali europee che rappresentano l’industria offshore dovrebbero rifarsi al valido modello offerto dalla direttiva del 2009 recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo.

8.2.1.

Modello di riferimento potrebbe essere il contratto collettivo per l’industria offshore concluso dalla Federazione internazionale dei lavoratori del settore dei trasporti (ITF), la cui attuazione è tuttora ostacolata dalla mancanza di volontà politica da parte delle autorità nazionali, dalla situazione dei registri navali, dallo stato insoddisfacente in cui versa il dialogo sociale e dall’elevata percentuale di persone impiegate sulla base di contratti di lavoro «spazzatura» e come lavoratori autonomi fittizi.

9.   Una strategia europea per la regione del Mare del Nord

9.1.

L’industria petrolifera e del gas si evolve ormai da 50 anni, e si prevede che continuerà a farlo per un altro mezzo secolo. Oggi essa si trova di fronte a cambiamenti di grande portata nel settore dell’energia:

un aumento della percentuale di energia generata a partire da fonti rinnovabili,

un aumento della percentuale di energia generata localmente e da un insieme eterogeneo di fonti locali,

la sfida, per l’attuale sistema di trasmissione dell’energia elettrica, di riuscire a garantire l’equilibrio tra la domanda e l’offerta,

gli obiettivi dell’UE di riduzione delle emissioni di CO2 entro il 2030.

Si pone quindi la questione se il tradizionale comparto petrolifero e gasiero sia all’altezza delle grandi sfide poste dalla diversificazione della produzione energetica, orientata verso fonti rinnovabili, e dalla necessità di gestire tale cambiamento.

9.2.

La commissione per il Mare del Nord ha il compito di lavorare insieme alla Camera dei Lord per coinvolgere il governo britannico nella promozione di un approccio integrato alla pianificazione dello spazio marittimo nel bacino di tale mare e nello sviluppo di un documento e di una strategia di comunicazione che rendano evidenti per i cittadini i benefici di una rete di distribuzione energetica del Mare del Nord.

9.3.

Il CESE invita la Commissione europea a promuovere un dibattito sul potenziale di una strategia specifica per il Mare del Nord che tenga conto delle sfide da affrontare per garantire la sostenibilità e la competitività dell’industria offshore in Europa, con particolare riferimento ai seguenti aspetti:

prodotto e progettazione,

questioni sociali,

produzione,

normativa,

finanziamento.

Bruxelles, 16 settembre 2015

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  FEED = Front-End Engineering Design (progettazione ingegneristica preliminare dettagliata).

(2)  L. Smyth, Camera di commercio di Aberdeen e della regione dei Grampian.

(3)  The European offshore wind industry — key trends and statistics 2014 [«Il settore eolico europeo offshore: tendenze fondamentali e statistiche 2014»].

(4)  Parere del CESE in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — «L’innovazione nell’economia blu: realizzare il potenziale di crescita e di occupazione dei nostri mari e dei nostri oceani»[(COM(2014) 254 final (GU C 12 del 15.1.2015, pag. 93)].


ALLEGATO

Risultati dell’analisi SWOT relativa all’industria petrolifera e gasiera offshore

Punti di forza

Punti di debolezza

Esperienza operativa in condizioni difficili e in acque profonde

Competenze specialistiche riconosciute in tutto il mondo

Personale altamente qualificato ed esperto

Organizzazione del comparto in cluster

Elevati costi di produzione

Efficienza produttiva inferiore alle attese

Incertezza del regime fiscale

Senescenza delle infrastrutture

Scarsa cooperazione

Opportunità

Rischi

Scoperta di nuovi giacimenti con costi di sfruttamento e sviluppo inferiori

Esportazione di prodotti, attrezzature e conoscenze su nuovi mercati

Cooperazione nei campi della «concezione comune» e della standardizzazione, dell’utilizzo delle infrastrutture e dello scambio di conoscenze

«Intesa» su un adeguamento del livello dei salari, all’insegna del motto «scendiamo sulla terra!»

Ricorso al programma di reindustrializzazione dell’UE

Calo dei prezzi mondiali del petrolio

Riduzione dei posti di lavoro nel settore in risposta al forte calo dei prezzi del petrolio tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015

Pensionamento, nei prossimi 10 anni, di un gran numero di lavoratori qualificati

«Crollo» dei prezzi a causa dell’aumento dell’estrazione di idrocarburi da sabbie e scisti bituminosi negli Stati Uniti

Rallentamento della crescita economica in Asia

Approccio dell’OPEC nei confronti delle limitazioni della produzione