19.8.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 303/116


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla gestione sostenibile delle flotte da pesca esterne e recante abrogazione del regolamento (CE) n. 1006/2008 del Consiglio»

[COM(2015) 636 final — 2015/0289 (COD)]

(2016/C 303/16)

Relatore:

Gabriel SARRÓ IPARRAGUIRRE

Il Parlamento europeo e il Consiglio, rispettivamente in data 17 dicembre 2015 e 22 dicembre 2015, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 43, paragrafo 2, e 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla gestione sostenibile delle flotte da pesca esterne e recante abrogazione del regolamento (CE) n. 1006/2008 del Consiglio

[COM(2015) 636 final — 2015/0289 (COD)].

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 11 maggio 2016.

Alla sua 517a sessione plenaria, dei giorni 25 e 26 maggio 2016 (seduta del 25 maggio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 146 voti favorevoli, 4 voti contrari e 8 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) approva gli obiettivi perseguiti dalla Commissione con la proposta all’esame e, pertanto, giudica necessario rivedere il regolamento in vigore per favorire la semplificazione, incrementare la trasparenza, migliorare la governance, garantire un efficace controllo dell’attuazione delle norme, ribadire la reciprocità con i paesi terzi e preservare la millenaria cultura dell’attività di pesca garantendone la sostenibilità.

1.2

Tuttavia, se non venissero messi a disposizione i necessari mezzi tecnici, materiali ed umani, il Comitato ritiene che, nella sua forma attuale, la proposta potrebbe creare, per la Commissione europea, gli Stati membri e gli operatori, oneri amministrativi e burocratici eccessivi al punto da compromettere l’auspicato esercizio di semplificazione e da provocare conseguenze socioeconomiche negative per i datori di lavoro e i lavoratori del settore della pesca.

1.3

Il CESE chiede di destinare sufficienti risorse finanziarie e umane sia all’unità della direzione generale della Pesca e degli affari marittimi della Commissione europea competente in questa materia sia alle autorità di controllo degli Stati membri in modo che possano svolgere adeguatamente i loro compiti.

1.4

Il Comitato è favorevole ad affidare il rilascio delle autorizzazioni di pesca agli Stati membri, il che consente alla Commissione europea di verificare la validità dell’autorizzazione in base a criteri di ammissibilità. La Commissione, nella sua funzione di custode dei Trattati, farà sì che gli Stati membri adempiano ai loro obblighi.

1.5

Il CESE chiede alla Commissione europea, al Consiglio dei ministri della pesca dell’UE e al Parlamento europeo di tenere conto delle osservazioni generali e particolari formulate nel presente parere.

2.   Contesto

2.1

L’obiettivo della politica comune della pesca (PCP) è quello di conservare le risorse biologiche marine e di gestire le attività di pesca e le flotte che sfruttano tali risorse. Nel suo ambito rientrano sia le attività di pesca portate avanti nelle acque dell’Unione sia quelle praticate in acque extraunionali da pescherecci dell’Unione. La PCP è stata modificata dal regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2013.

2.2

Il regolamento (CE) n. 1006/2008 del Consiglio del 29 settembre 2008 disciplina le autorizzazioni concesse alle navi dell’Unione per la pesca in acque extraunionali e le autorizzazioni concesse alle navi di paesi terzi per la pesca nelle acque dell’Unione.

2.3

La Commissione raccomanda di rivedere l’attuale regolamento sulle autorizzazioni di pesca al fine di includervi opportunamente gli obiettivi della nuova PCP e garantire coerenza con i regolamenti (CE) n. 1005/2008 del Consiglio del 29 settembre 2008, che istituisce un regime comunitario per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, e (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca.

2.4

La Commissione sottolinea inoltre gli obblighi internazionali dell’Unione, che le derivano dall’essere parte contraente della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, dall’aver aderito all’accordo della FAO inteso a favorire il rispetto delle misure internazionali di conservazione e di gestione da parte dei pescherecci in alto mare e dall’aver approvato il Piano internazionale della FAO per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.

2.5

La proposta estende il campo di applicazione ad aspetti quali il rilascio di autorizzazioni dirette in casi in cui non vi sia un accordo di partenariato per una pesca sostenibile con i paesi terzi in questione, l’autorizzazione e la notifica delle navi di appoggio ai pescherecci, il controllo del cambio di bandiera, la riassegnazione delle possibilità di pesca non utilizzate e la necessità di istituire un quadro giuridico che consenta all’Unione di migliorare il controllo delle attività dei pescherecci utilizzati nell’Unione in conformità alle disposizioni adottate dalle organizzazioni regionali per la pesca competenti.

2.6

La proposta copre molte altre questioni quali lo scambio di dati elettronici tra gli Stati membri e la Commissione, l’istituzione di un registro elettronico dell’Unione sulle autorizzazioni di pesca, le norme per le navi di paesi terzi operanti nelle acque dell’Unione, compresi i dati relativi alle catture, in linea con quelle applicabili ai pescherecci dell’Unione, e l’eventuale adozione, da parte della Commissione, di atti delegati e, se del caso, atti di esecuzione immediatamente applicabili.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE approva gli obiettivi perseguiti dalla Commissione con la proposta all’esame, vale a dire rafforzare la capacità dell’UE di monitorare la propria flotta di pesca al di fuori delle acque dell’UE, indipendentemente dal contesto in cui svolgono la loro attività, tenendo conto della necessità di trovare un equilibrio tra un migliore controllo della flotta dell’UE e una riduzione del carico di lavoro delle amministrazioni nazionali e dell’UE. Il Comitato giudica necessario rivedere il regolamento in vigore per favorire la semplificazione, incrementare la trasparenza, migliorare la governance, garantire un efficace controllo dell’attuazione delle norme, ribadire la reciprocità con i paesi terzi e preservare la millenaria cultura dell’attività di pesca garantendone la sostenibilità.

3.2

Tuttavia, se non venissero messi a disposizione i necessari mezzi tecnici, materiali ed umani, il Comitato ritiene che nella sua forma attuale la proposta, la quale non precisa gli strumenti adeguati per la semplificazione del sistema, potrebbe comportare oneri amministrativi e burocratici eccessivi al punto da pregiudicare l’auspicato esercizio di semplificazione. È necessario istituire una procedura di rilascio delle licenze che sia efficace e ne garantisca la legalità, ma che sia al tempo stesso semplice e veloce. In caso contrario, gli operatori dell’UE si vedrebbero seriamente danneggiati, subirebbero le conseguenze dei ritardi nel rilascio delle licenze e, pertanto, perderebbero giorni di pesca e ne risentirebbero da un punto di vista socioeconomico.

3.3

Il CESE si rende conto della penuria di personale all’interno sia dell’unità della direzione generale della Pesca e degli affari marittimi della Commissione europea competente in questa materia sia delle autorità di controllo degli Stati membri. Chiede pertanto di destinare ad esse risorse finanziarie e umane sufficienti per poter svolgere il loro lavoro in modo adeguato.

3.4

Nel riaffermare il ruolo importante della Commissione europea in tutto questo processo, il Comitato è favorevole ad affidare il rilascio delle autorizzazioni di pesca agli Stati membri, consentendo al tempo stesso alla Commissione europea di verificare la validità dell’autorizzazione in base a criteri di ammissibilità.

4.   Osservazioni particolari

4.1

A giudizio del CESE, la definizione di «programma di osservazione» di cui all’articolo 3, lettera f) dovrebbe prevedere, oltre al regime nell’ambito di un’organizzazione regionale di gestione della pesca (ORGP), anche quello degli Stati membri e non soltanto per verificare la conformità della nave alle norme, ma anche per raccogliere dati.

4.2

L’articolo 5, punto 1, lettera d), della proposta prevede che lo Stato membro di bandiera potrà rilasciare un’autorizzazione ad esercitare attività di pesca unicamente se all’operatore e al peschereccio non siano state irrogate sanzioni a seguito di una grave infrazione durante i dodici mesi precedenti la domanda di autorizzazione. Il CESE ritiene che si debba sopprimere tale criterio di ammissibilità, poiché può dar luogo a una doppia sanzione sproporzionata e discriminatoria. Il Comitato ritiene che i regolamenti (CE) n. 1224/2009 (regime di controllo) e (CE) n. 1005/2008 (pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata) prevedano già la procedura e le sanzioni applicabili in caso di infrazioni gravi commesse dentro o fuori delle acque dell’UE.

4.3

L’articolo 7, punto 5, prevede che, su richiesta della Commissione, lo Stato membro di bandiera possa rifiutare, sospendere o revocare l’autorizzazione in caso di imperativi motivi politici. Il CESE ritiene che questa formulazione sia troppo ambigua e possa condurre a una situazione di incertezza giuridica per gli operatori, in funzione di ciò che la Commissione europea consideri, caso per caso «imperativi motivi politici». Nell’articolo si dovrebbe specificare che il rifiuto, la sospensione o la revoca di un’autorizzazione avverranno su richiesta della Commissione nei casi in cui quest’ultima ritenga possibile una grave minaccia d’infrazione.

4.4

L’articolo 8 stabilisce che un peschereccio dell’Unione può esercitare attività di pesca nelle acque di un paese terzo soltanto se tale paese è parte contraente o parte cooperante non contraente di una ORGP. Il CESE richiama l’attenzione sulla situazione in Guinea Bissau, paese con cui l’UE ha stipulato un accordo di partenariato per una pesca sostenibile, ma che non è parte contraente né parte cooperante non contraente della Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (ICCAT). Il CESE ritiene pertanto che l’UE non debba intromettersi in questioni che incidono sulla sovranità dei paesi terzi. Un requisito del genere metterebbe inoltre la flotta dell’UE in una posizione di svantaggio competitivo nei confronti di flotte di paesi terzi esenti dal rispetto di tale obbligo. Il CESE invita comunque la Commissione europea a proseguire i suoi sforzi, attraverso l’accordo di partenariato sulla pesca, affinché la Guinea Bissau partecipi ai lavori dell’ICCAT ai fini di uno sfruttamento sostenibile delle risorse.

4.5

Per quanto riguarda l’articolo 12, punti 3 e 4, il CESE teme che la Commissione europea possa rallentare la procedura per il rilascio delle autorizzazioni di pesca.

4.6

In relazione agli articoli 13 e 14, che si riferiscono alla riassegnazione delle possibilità di pesca non utilizzate nell’ambito di accordi di partenariato per una pesca sostenibile, il Comitato invita la Commissione a garantire che tali norme vengano applicate, per motivi di coerenza interna, alla riassegnazione delle possibilità di pesca sia nelle acque dell’UE sia negli accordi di pesca bilaterali con paesi terzi quali la Norvegia.

4.7

L’articolo 18, lettera c) prevede che lo Stato membro di bandiera possa rilasciare un’autorizzazione di pesca solo se un operatore ha fornito le prove della sostenibilità delle sue attività di pesca sulla base dei seguenti elementi: una valutazione scientifica fornita dal paese terzo e/o da un’organizzazione regionale di gestione della pesca e l’esame di tale valutazione da parte dello Stato membro di bandiera sulla base della valutazione del proprio istituto scientifico nazionale. Il Comitato ritiene che tale ultimo esame da parte dello Stato membro di bandiera dovrebbe essere soppresso.

4.8

L’articolo 19 punto 2 stabilisce che la Commissione europea dispone di un termine di quindici giorni per esaminare i documenti forniti dagli Stati membri e, laddove vi sia un problema riguardante un’imbarcazione (l’imbarcazione stessa o l’armatore) di altri due mesi di tempo per opporsi al rilascio dell’autorizzazione. L’applicazione di questo paragrafo potrebbe comportare notevoli ritardi nel rilascio delle autorizzazioni dirette all’esercizio di attività di pesca.

4.9

L’articolo 27 prevede che lo Stato membro di bandiera notifichi l’autorizzazione di pesca alla Commissione almeno quindici giorni prima dell’inizio dell’attività di pesca in alto mare. In linea con quanto precede, il CESE ritiene che il termine di 15 giorni dovrebbe essere eliminato, disponendo semplicemente che la notifica alla Commissione europea deve essere effettuata prima dell’inizio delle attività.

4.10

Il CESE giudica estremamente opportuno che tutti gli scambi di informazioni tra la Commissione e gli Stati membri, nonché con i paesi terzi, avvengano per via elettronica. Ritiene altresì necessario creare un registro elettronico delle autorizzazioni di pesca.

Bruxelles, 25 maggio 2016.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


ALLEGATO

Il seguente punto del parere della sezione specializzata è stato modificato conformemente ai corrispondenti emendamenti approvati dall’Assemblea, ma ha tuttavia ottenuto oltre un quarto dei voti espressi (articolo 54, paragrafo 4 del Regolamento interno).

Punto 4.2

L’articolo 5, punto 1, lettera d), della proposta prevede che lo Stato membro di bandiera potrà rilasciare un’autorizzazione ad esercitare attività di pesca unicamente se all’operatore e al peschereccio non siano state irrogate sanzioni a seguito di una grave infrazione durante i dodici mesi precedenti la domanda di autorizzazione. Il CESE ritiene che sia necessario sanzionare adeguatamente l’operatore che commette una grave infrazione; la mancata concessione dell’autorizzazione di pesca non è una doppia sanzione bensì l’applicazione di un criterio di ammissibilità. Il Comitato ritiene inoltre che tale misura dovrebbe applicarsi solo in caso di sentenze definitive.

Motivazione

La misura in questione può portare a una doppia sanzione, che sarebbe sproporzionata, in quanto l’operatore e il comandante della nave sarebbero soggetti non solo alle sanzioni previste dagli articoli da 90 a 92 del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca, e dagli articoli da 42 a 47 del regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008, che istituisce un regime comunitario per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, ma perderebbero anche la possibilità di ottenere l’autorizzazione.

I summenzionati articoli prevedono già, per gli operatori che commettono infrazioni gravi, pesanti sanzioni che vanno dalle pene pecuniarie (pari ad almeno cinque volte il valore dei prodotti della pesca ottenuti commettendo l’infrazione grave) alle seguenti sanzioni accessorie:

1)

il sequestro del peschereccio coinvolto nell’infrazione;

2)

l’immobilizzazione temporanea del peschereccio;

3)

la confisca di attrezzi da pesca, catture o prodotti della pesca vietati;

4)

la sospensione o la revoca dell’autorizzazione di pesca;

5)

la riduzione o la revoca dei diritti di pesca;

6)

l’esclusione temporanea o permanente dal diritto di ottenere nuovi diritti di pesca;

7)

il divieto temporaneo o permanente di fruire di aiuti o sovvenzioni pubbliche;

8)

la sospensione o la revoca dello status di operatore economico riconosciuto, concesso a norma dell’articolo 16, paragrafo 3.

L’articolo 92 del regolamento (CE) n. 1224/2009 prevede inoltre un sistema di punti per le infrazioni gravi. Se il numero totale di punti è pari o superiore a una determinata cifra, la licenza di pesca è automaticamente sospesa per un periodo minimo di due mesi. Tale periodo è fissato a quattro mesi se la licenza di pesca è sospesa una seconda volta, a otto mesi se la licenza di pesca è sospesa una terza volta e a un anno se la licenza di pesca è sospesa una quarta volta a seguito dell’assegnazione del suddetto numero di punti al titolare. Se detto numero di punti è assegnato al titolare una quinta volta, la licenza di pesca è revocata a titolo definitivo.

D’altra parte, riteniamo che la suddetta misura violi il principio di non discriminazione, in quanto a infrazioni uguali non sarebbero applicate sanzioni uguali dentro e fuori delle acque dell’Unione. Per la stessa infrazione, gli operatori attivi fuori dell’UE subirebbero una sanzione aggiuntiva, la non ammissibilità, per la durata di 12 mesi, al rilascio dell’autorizzazione di pesca. Si creerebbe così una disparità di trattamento per infrazioni simili.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

92

Voti contrari:

50

Astensioni:

23