4.9.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 291/29


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Autoregolamentazione e coregolamentazione nel quadro legislativo dell’UE»

(parere d’iniziativa)

(2015/C 291/05)

Relatore unico:

Jorge PEGADO LIZ

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 10 luglio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere sul tema:

«Autoregolamentazione e coregolamentazione nel quadro legislativo dell’UE» (parere d'iniziativa).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 31 marzo 2015.

Alla sua 507a sessione plenaria, dei giorni 22 e 23 aprile 2015 (seduta del 22 aprile), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 117 voti favorevoli, 46 voti contrari e 9 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

L’autoregolamentazione e la coregolamentazione sono meccanismi spontanei o indotti che regolano interessi economici e sociali, oppure rapporti e pratiche commerciali dei vari attori economici (stakeholder).

1.2.

Devono essere considerate come importanti strumenti complementari o supplementari dell’eteroregolamentazione (hard law), ma mai come un’alternativa ad essa, a meno che non esista una base abilitante adeguata ancorata in «norme fondamentali».

1.3.

Tale base abilitante è assente sia nei Trattati dell’UE che nelle costituzioni degli Statimembri

1.4.

Perché l’autoregolamentazione e la coregolamentazione possano funzionare come strumento di regolamentazione valido e riconosciuto in qualsiasi ordine giuridico, la loro configurazione e il loro campo di applicazione devono essere definiti da norme espresse ed esplicite di legge inderogabili e giuridicamente applicabili, sia a livello nazionale che a livello europeo, che rispettino nel contempo la natura di questi strumenti, specialmente l’accordo volontario dei partecipanti.

1.5.

Tale normativa deve disciplinare con chiarezza i parametri relativi al loro riconoscimento, i principi che le devono reggere e i loro limiti come strumento accessorio di regolamentazione nell’ordinamento giuridico considerato.

1.6.

Tra questi principi di carattere generale, applicabili sia all’autoregolamentazione che alla coregolamentazione indipendentemente dai settori in cui si sviluppino (e fatta salva l’introduzione di requisiti specifici adeguati per casi speciali), bisogna prendere in considerazione in particolare:

a)

la conformità al diritto dell’UE e al diritto internazionale, compresi gli accordi commerciali internazionali

b)

la trasparenza e la pubblicità

c)

la rappresentatività delle parti interessate

d)

la preliminare consultazione delle parti direttamente interessate

e)

il valore aggiunto per l’interesse generale

f)

l’inapplicabilità

quando si tratti di definire diritti fondamentali

oppure nelle situazioni in cui le regole devono essere applicate uniformemente in tutti gli Stati membri

g)

l’assoggettamento al controllo degli organi giurisdizionali europei e nazionali

h)

il monitoraggio del livello e del successo di realizzazione secondo criteri obiettivi e indicatori affidabili preliminarmente definiti e specificati in funzione dei settori e degli obiettivi

i)

il controllo e il monitoraggio della loro applicazione attraverso misure di tipo preventivo o repressivo, a garanzia della loro efficacia

j)

la definizione di un sistema di sanzioni pecuniarie (ammende) o di altro tipo, come l’espulsione o il ritiro dell’autorizzazione a partecipare

k)

la possibilità di una revisione periodica alla luce dell’evoluzione delle circostanze, delle legislazioni e delle aspirazioni dei firmatari

l)

la chiara individuazione delle fonti di finanziamento.

1.7.

L’accordo interistituzionale (AII) rappresenta un passo importante nella definizione dello spazio che è specifico all’autoregolamentazione e alla coregolamentazione a livello europeo.

1.8.

Tale revisione dovrà:

a)

individuare una base giuridica vincolante

b)

strutturare l’AII quale strumento specifico ai sensi dell’articolo 295 del TFUE

c)

ridefinire i concetti fondamentali conformemente agli ultimi orientamenti dottrinari che distinguono l’autoregolamentazione dalla coregolamentazione e riconoscono forme intermedie come quelle promosse da raccomandazioni e comunicazioni dell’UE

d)

stabilire chiaramente che le eventuali controversie devono poter essere sottoposte a sistemi extragiudiziali alternativi di risoluzione delle controversie.

1.9.

Il CESE ritiene inoltre che questo accordo possa essere utilmente completato da una raccomandazione indirizzata agli Stati membri che le incoraggi ad adottare, a livello nazionale, gli stessi principi e parametri.

1.10.

Il CESE invita la Commissione, il Parlamento europeo, il Consiglio e gli Stati membri a dare la priorità alla revisione dell’AII nei termini proposti nel presente parere e chiede agli stessi di venir consultato al momento della suddetta revisione.

2.   Introduzione: finalità

2.1.

Da molto tempo, in diversi campi e presso vari organi nazionali e internazionali, l’autoregolamentazione e la coregolamentazione sono considerate strumenti complementari e supplementari rispetto all’eteroregolamentazione, indispensabili per assicurare una regolamentazione adeguata di attività economiche e sociali differenti.

2.2.

A livello dell’UE il CESE, principalmente attraverso il proprio Osservatorio del mercato unico (OMU), è stato l’organo che più si è impegnato a definire e valorizzare il ruolo dell’autoregolamentazione e della co-regolamentazione mediante costanti riferimenti in innumerevoli pareri, specialmente quelli elaborati dalla sezione INT (1). Appare opportuno ricordare che nel marzo del 2008 è stata creata nel quadro dell’OMU, a sostegno del lavoro del CESE, la banca dati sull’autoregolamentazione e la coregolamentazione che il CESE mantiene aggiornata alla luce delle diverse esperienze nazionali ed europee in questo campo.

2.3.

Nel frattempo, la questione è stata trattata in modo approfondito a livello accademico da eminenti professori, in particolare nel quadro del diritto contrattuale, del governo societario, della responsabilità sociale, di Internet, del commercio elettronico, della sicurezza dei prodotti, dei servizi professionali, dell’ambiente e della pubblicità, oltre che nel settore audiovisivo, a livello di mercato interno.

2.4.

Si avverte in modo evidente intanto l’assenza di una riflessione di carattere politico e legislativo che definisca con chiarezza il quadro giuridico in cui tali strumenti devono operare a livello dell’UE, che ne precisi la natura giuridica, ne stabilisca le condizioni di validità, delimiti i campi di applicazione, chiarisca i rapporti con l’eteroregolamentazione e ne indichi i limiti in modo uniforme, coerente e armonizzato.

3.   Concetti e definizioni essenziali

3.1.

Per eteroregolamentazione (o «straight regulation») si intende generalmente il corpo normativo creato dalle compagini nazionali, e quindi con base statale e governativa, prodotto dai sistemi democratici tradizionali degli Statinazioni e dai corrispondenti sistemi delle istituzioni sovranazionali basate su elezioni democratiche, come le leggi del Congresso degli Stati Uniti e i regolamenti e le direttive dell’Unione europea. Comunemente, questa definizione indica l’insieme delle leggi in senso lato, emanate dal potere legislativo oppure da quello esecutivo, quando sia autorizzato a farlo attraverso l’istituto della delega, leggi le cui disposizioni sono accompagnate da mezzi coercitivi volti ad assicurarne il rispetto, se necessario con la forza, e da misure di natura civile o penale che ne sanzionino la violazione («hard law»).

3.2.

Con il termine autoregolamentazione, il cui concetto deriva dalla psicologia del comportamento, si designa genericamente, quando ci si riferisce al comportamento economico, l’adozione da parte degli attori economici di certe regole di condotta nelle relazioni reciproche oppure nei confronti di terzi sul mercato e nella società, regole il cui rispetto è frutto di un accordo tra gli stessi attori, senza meccanismi coercitivi esterni.

3.3.

La dottrina ha elaborato un ampio ventaglio di tipi di autoregolamentazione sulla base di diversi criteri di classificazione, più o meno scientifici, tra cui bisogna ricordare:

a)

l’autoregolamentazione originaria o delegata, a seconda che le norme siano elaborate per semplice autolimitazione degli interessati (detta anche «autoregolamentazione privata») oppure sotto la vigilanza di un’entità sovraordinata (Stato, organi di regolamentazione, associazioni di categoria, l’Unione europea) che definisce alcuni parametri da rispettare obbligatoriamente (detta anche «autoregolamentazione pubblica»);

b)

l’autoregolamentazione giuridica, consuetudinaria o giurisprudenziale, a seconda che la fonte sia la legge, soprattutto costituzionale o sovranazionale (ad esempio, il diritto dell’UE), i tradizionali «usi e costumi commerciali», oggi chiamati «buone pratiche», oppure una raccolta di decisioni giudiziarie;

c)

l’autoregolamentazione nazionale o transnazionale (chiamata anche «regolamentazione privata transnazionale»), a seconda che il suo campo di applicazione sia puramente nazionale oppure sia basato su accordi firmati da attori privati, imprese, ONG o esperti indipendenti che fissano standard tecnici interagendo con organizzazioni internazionali o intergovernative.

3.4.

Infine, per coregolamentazione si intende generalmente una forma di regolamentazione delle parti interessate (stakeholder) che è promossa, orientata, guidata o controllata da una terza parte (sia essa un organismo ufficiale o un’autorità di regolamentazione indipendente) di norma dotata di poteri di esame, di controllo e, in alcuni casi, sanzionatori.

3.5.

Sebbene spesso considerati sinonimi, i codici etici e i codici di buone pratiche esprimono due nozioni differenti che occorre distinguere.

3.6.

Entrambe le nozioni esprimono l’idea di una raccolta di norme o regole, derivate da processi di autoregolamentazione o coregolamentazione, raccolta che rappresenta il modo più elaborato per tradurre l’accordo tra le parti interessate relativamente a tali norme e ha lo scopo di rendere trasparenti e accessibili a tutte le parti interessate l’insieme di tali norme e le modalità della loro applicazione.

3.7.

Tuttavia, i codici di etica riguardano le norme deontologiche per l’esercizio di talune attività in certi settori i cui professionisti dispongono del potere giuridico di autoregolamentarsi, nei limiti loro concessi dalle leggi nazionali o da norme internazionali che disciplinano l’esercizio delle libere professioni (medici, avvocati, giornalisti ecc.).

3.8.

I codici di buone pratiche indicano invece la raccolta delle norme di autoregolamentazione o coregolamentazione nell’accezione usata nel presente parere.

4.   L’attuale quadro giuridico europeo per l’autoregolamentazione e la coregolamentazione

A)   I concetti di «legiferare meglio», di «legiferare con intelligenza» e di «semplificazione»

4.1.

A livello dell’UE, la Commissione europea ha preso l’iniziativa generalmente nota come «Better Regulation» soltanto dopo il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2002; a tale iniziativa, che era basata sul piano d’azione del giugno 2002 per legiferare a livello europeo (2), è seguito l’importante accordo interistituzionale «Legiferare meglio» tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione (3).

4.2.

L’obiettivo di legiferare meglio e, se possibile, meno ha sempre fatto parte della politica del mercato unico (4) ed è stato costantemente appoggiato dal CESE in vari pareri (5), allo scopo di trovare i modi migliori per rendere il contesto normativo più maneggevole e comprensibile per le imprese, i lavoratori, e i consumatori e le organizzazioni della società civile.

4.3.

Il CESE ha avuto l’opportunità di esprimere il proprio punto di vista su questi temi in modo dettagliato e circonstanziato, non solo attraverso le risposte date alle proposte della Commissione, ma anche mediante proprie iniziative innovative come, ad esempio, «L’approccio proattivo al diritto: un altro passo verso una migliore regolamentazione a livello dell’UE» (6).

B)   Il posto dell’autoregolamentazione e della coregolamentazione nell’attuale quadro giuridico dell’UE

4.4.

Bisogna riconoscere che, a parte il summenzionato accordo interistituzionale «Legiferare meglio», la questione dell’autoregolamentazione e della coregolamentazione è stata relativamente assente nelle suddette iniziative e preoccupazioni della Commissione europea (7).

4.5.

È opportuno mettere in evidenza alcuni aspetti importanti di questo documento, in particolare:

a)

la riapertura della questione dell’interpretazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità sanciti attualmente nell’articolo 5 del TUE e nel Protocollo n. 2 e in base ai quali va studiata la possibilità di utilizzare meccanismi di autoregolamentazione e coregolamentazione;

b)

l’inquadramento di questi meccanismi all’interno dei programmi «Legiferare meglio» volti a «legiferare meno per legiferare meglio»;

c)

la chiara distinzione tra questi meccanismi e il «metodo aperto di coordinamento» (MAC), i cui campi di applicazione sono stabiliti nell’articolo 6 del TFUE;

d)

analogamente, la chiara distinzione tra questi meccanismi e quanto solitamente chiamato «soft law»  (8) o «diritto non vincolante»), come gli atti preparatori o informativi (ad esempio, i libri bianchi e i libri verdi, i piani d’azione e i programmi), gli atti interpretativi (ad esempio, la comunicazione De minimis sul diritto della concorrenza (9)), le conclusioni, le dichiarazioni, le risoluzioni e, infine, le raccomandazioni e i pareri, come stabilito dall’articolo 288 del TFUE (10).

4.6.

Tuttavia, per via della sua stessa natura, questo «accordo» rappresenta poco più di un «impegno» interistituzionale e non costituisce di per sé un qualsivoglia obbligo giuridico nei confronti di terzi (11). D’altro canto, specialmente per quanto riguarda l’autoregolamentazione, la Commissione ritiene che le istituzioni dell’UE debbano mantenersi estranee a tali iniziative volontarie (12), limitandosi a valutare se le pratiche fissate in quella sede siano conformi alle disposizioni del trattato.

4.7.

Per quanto concerne la coregolamentazione, a cui l’AII sembra dare una chiara preferenza, le istituzioni mostrano l’intenzione di promuovere accordi tra le parti interessate attraverso la definizione dei loro limiti in atti legislativi e la valutazione della loro conformità ai testi legislativi fondamentali e alle norme che ne disciplinano l’elaborazione, oltre che mediante il controllo dell’applicazione. I casi in cui questa aspirazione si è concretizzata non sono tuttavia più di dieci (13).

4.8.

In qualsiasi caso, tuttavia, l’AII non definisce davvero un quadro giuridico per l’utilizzo di questi meccanismi a livello dell’UE, fatta eccezione per:

a)

la garanzia della loro trasparenza,

b)

la loro non applicazione quando sono in gioco diritti fondamentali oppure opzioni strategiche importanti,

c)

le situazioni in cui le regole devono essere applicate uniformemente in tutti gli Stati membri.

4.9.

In seno al Parlamento europeo, la questione è stata menzionata in alcune relazioni, oltre che nella suindicata relazione della commissione Affari costituzionali sulla conclusione dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» tra il PE, il Consiglio e la Commissione europea (14).

4.10.

In molti pareri il CESE ha ribadito i vantaggi, ma anche i limiti e gli obiettivi precisi e ben circoscritti connessi all’utilizzo dell’autoregolamentazione e della coregolamentazione (15), i cui principi fondamentali possono essere sintetizzati come segue:

a)

L’autoregolamentazione deve essere in linea con la legge e sostenuta da questa; devono esserne possibili l’esecuzione, la verifica e il controllo; l’autoregolamentazione deve inoltre essere efficace e offrire mezzi di ricorso espliciti, specialmente a livello transfrontaliero.

b)

La coregolamentazione combina gli elementi della legislazione, più in particolare per quel che concerne la prevedibilità e l’obbligatorietà, con il regime più flessibile rappresentato dall’autoregolamentazione. La sfida che la coregolamentazione deve affrontare consiste nel definire, mantenere e preservare gli obiettivi politici, rendendo al contempo possibile una maggiore flessibilità nel quadro regolamentare.

c)

In un quadro politico democratico la regolamentazione privata deve generalmente rappresentare uno sviluppo o un’applicazione della regolamentazione pubblica, sopperirvi eventualmente in certi ambiti, anche quando si tratta di norme non scritte di origine consuetudinaria o di regolamenti interni che il legislatore e la pubblica autorità intendono, esplicitamente o implicitamente, far rispettare (ad esempio, i codici deontologici di certe professioni).

d)

Il successo della coregolamentazione e dell’autoregolamentazione dipende da vari fattori quali la comprensione dell’interesse generale, la trasparenza del sistema, la rappresentatività e la capacità degli attori, l’esistenza di meccanismi di valutazione e sorveglianza, nonché l’efficacia del monitoraggio, e richiede, ove necessario, sanzioni e uno spirito di reciproca collaborazione tra le parti interessate, e i poteri pubblici e la società in generale.

e)

La coregolamentazione e l’autoregolamentazione presentano molteplici vantaggi: eliminazione degli ostacoli al mercato unico, semplificazione delle norme, flessibilità e rapidità di applicazione, l’alleggerimento dei percorsi legislativi e corresponsabilità delle parti interessate.

f)

Esistono anche dei limiti, che dipendono soprattutto dall’efficacia del monitoraggio e delle sanzioni, dall’incertezza circa l’adesione di tutte le parti ai codici concordati, nonché dalle condizioni di piena compatibilità con l’insieme delle norme vigenti e dei requisiti previsti da un inquadramento legislativo adeguato nel campo della salute, della sicurezza e dei servizi di interesse generale.

5.   Il ruolo della regolamentazione, dell’autoregolamentazione e della coregolamentazione: definizione e base giuridica

a)   La necessità di una base giuridica

5.1.

Nell’atto istitutivo dell’Unione europea, questa è definita come una comunità di diritto, sulla falsariga della nozione ben conosciuta di Stato di diritto. In una comunità di diritto, la validità di qualsiasi norma dipende da una norma abilitante che deve trovarsi già nel testo fondamentale e poi nei vari atti legislativi della gerarchia delle norme.

5.2.

L’atto istitutivo dell’UE è ora rappresentato dal trattato sull’Unione europea (TUE) e dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) — che hanno lo stesso valore giuridico (articolo 1, 3o paragrafo del TUE) — e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che adesso è parte integrante dei due Trattati e ha lo stesso valore giuridico (articolo 6 del TUE). Qualsiasi norma del corpus giuridico dell’UE deve trovare il suo fondamento o la sua base giuridica in una disposizione del suddetto atto istitutivo, che si tratti dell’attribuzione di una competenza diretta a legiferare oppure della delega di questa competenza (atti delegati e atti di esecuzione disciplinati negli articoli 290 e 291 del TFUE).

5.3.

Le competenze che il trattato riconosce all’UE sono esclusivamente quelle attribuite dagli Stati membri conformemente al principio di attribuzione (articolo 4, paragrafo 1, e articolo 5, paragrafo 2, del TUE) e secondo la loro natura esclusiva o ripartita (articolo 2, paragrafi 1 e 2, del TFUE); la loro interpretazione e applicazione sono inoltre limitate dai principi di sussidiarietà e di proporzionalità (articolo 5, paragrafi 3 e 4, del TUE).

5.4.

L’UE può delegare l’esercizio della sua competenza legislativa solo nella misura in cui sia espressamente autorizzata a farlo, e può delegare soltanto competenze che le siano state attribuite (articolo 13, paragrafo 2, del TUE).

5.5.

Poiché il riconoscimento da parte delle istituzioni dell’UE (Consiglio, Parlamento europeo e Commissione) di uno spazio «alternativo» alla loro competenza legislativa può essere inteso soltanto come una «delega» delle competenze attribuite, è fondamentale che ai fini della sua validità quale «normativa dell’UE» questa possibilità di delega sia chiaramente prevista negli atti istitutivi, anche se le modalità di esercizio e di applicazione e i relativi requisiti possono essere lasciati al diritto derivato.

5.6.

Tuttavia, in nessun punto dei testi istitutivi, compresa la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, è possibile trovare, una base giuridica di questo tipo, implicita o almeno implicita, neanche attraverso un’interpretazione molto estensiva dell’articolo 11 del TUE.

5.7.

Infine, neanche l’AII costituisce, di per sé, una fonte di diritto europeo, né autorizza, con forza vincolante nei confronti di terzi, una qualsiasi forma di delega di competenze con cui viene sempre data attuazione concreta alla definizione, anche in esso contenuta, di utilizzo «di meccanismi di regolamentazione alternativi, qualora il trattato (CE) non prescriva specificamente il ricorso a un determinato strumento legislativo» (punto 16).

5.8.

Prescindendo sia dalla «legittimazione» ricercata in diversi strumenti giuridici di diritto derivato che dalla definizione più o meno dettagliata dei principi e delle condizioni che tali meccanismi devono rispettare allo scopo di essere riconosciuti a livello dell’UE dalle istituzioni con potere legislativo, quel che manca è una norma abilitante che autorizzi queste istituzioni a rinunciare al loro potere legislativo e a delegarlo ai suddetti meccanismi, quale alternativa legittima agli strumenti di regolamentazione dell’UE definiti nei Trattati.

b)   Uno strumento specifico di definizione per l’autoregolamentazione e la coregolamentazione

5.9.

Questione totalmente diversa è dare attuazione concreta a questi meccanismi in una forma che completi o integri la legislazione, all’interno di un quadro giuridico preliminarmente stabilito e definito in piena trasparenza, invece di considerarli un’alternativa alla competenza legislativa dell’UE.

5.10.

Si ritiene, quindi, che tale quadro debba essere definito in termini generali, sulla base dei Trattati e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e che non debba essere lasciato a una scelta discrezionale caso per caso, in rapporto a ogni atto legislativo secondario o derivato.

5.11.

Tale definizione deve risultare da un accordo interistituzionale specifico con carattere vincolante ai sensi dell’articolo 295 del TFUE, fatta salva la possibilità di controllo della sua applicazione da parte della Corte di giustizia dell’UE.

5.12.

A titolo accessorio e tenuto presente che rientra nella competenza dell’UE «consigliare» gli Stati membri affinché seguano l’istituendo modello europeo nei loro ordinamenti giuridici interni per le forme di autoregolamentazione e coregolamentazione a livello nazionale, regionale o locale, si ritiene che lo strumento adeguato sia una raccomandazione che riproduca i principi e i requisiti stabiliti nel nuovo AII e incoraggi gli Stati membri ad adottare e attuare tali principi e requisiti ai suddetti livelli del loro ordinamento giuridico interno.

5.13.

Infine il CESE, in quanto organo rappresentativo della società civile organizzata (articolo 304 del TFUE), ritiene che i termini di questo nuovo accordo debbano fare preliminarmente oggetto di un proprio parere.

c)   Una ridefinizione di concetti fondamentali

5.14.

Il nuovo AII dovrà ridefinire — in modo più adeguato alla realtà — i concetti, i tipi e le modalità di autoregolamentazione e coregolamentazione.

5.15.

In effetti, i concetti di coregolamentazione e autoregolamentazione derivanti dall’attuale AII non corrispondono ad alcuna nozione dottrinaria nota, né distinguono correttamente le due modalità in funzione delle differenze presenti nei sistemi giuridici a cui esse sono soggette.

5.16.

D’altro canto, la realtà non si esaurisce nei due tipi definiti dall’AII, visto che, ad esempio, non sono contemplate le situazioni che, in certi sistemi, derivano dalla combinazione di disposizioni non vincolanti — «soft law» (come le raccomandazioni) o di accordi privati (come le «tavole rotonde»), e lo stesso vale per gli accordi transnazionali di regolamentazione privata.

5.17.

Infine, l’AII omette di considerare il ruolo che gli organismi di regolamentazione europei devono avere quale «terza parte» indipendente e neutrale nella formulazione e negoziazione di accordi di regolamentazione, similmente a quanto avviene in rapporto a varie autorità nazionali di regolamentazione in diversi settori.

d)   Principi fondamentali e requisiti essenziali

5.18.

Un aspetto più importante del futuro AII consisterà nel definire, in modo chiaro e preciso e in termini generali, tutti i principi fondamentali e i requisiti essenziali che i meccanismi di autoregolamentazione e coregolamentazione devono rispettare per poter essere riconosciuti e/o incoraggiati dall’UE.

5.19.

Occorre sottolineare che, in base alla libertà di contrattazione e associazione, è possibile istituire forme di autoregolamentazione a livello europeo che non rientrino nel quadro dell’AII, ma tali forme, pur essendo pienamente legittime se sono conformi ai principi generali del diritto dell’UE, possono essere riconosciute nel quadro dell’AII soltanto se soddisfano i requisiti in esso stabiliti.

5.20.

L’attuale AII ha già individuato alcuni principi e requisiti, già menzionati, che dovranno essere mantenuti, anche se eventualmente definiti in modo migliore, specialmente nei casi di non applicabilità quando sono in gioco diritti fondamentali, nel caso di scelte strategiche importanti, oppure nelle situazioni in cui le regole devono essere applicate uniformemente in tutti gli Stati membri.

5.21.

Tuttavia, grazie alla dottrina e alle esperienze di vari operatori economici è stata individuata una serie di altri principi e requisiti, che sono qui brevemente elencati:

a)

L’autoregolamentazione e la coregolamentazione devono rientrare in un contesto che favorisca l’interesse generale e non sia unicamente a vantaggio degli enti regolamentati.

b)

Bisogna sempre rispettare tutte le disposizioni legislative e giuridiche vigenti in Europa, a partire dagli obiettivi e dalle norme del trattato sull’Unione europea, della Carta dei diritti fondamentali dell’UE e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. È inoltre indispensabile la compatibilità con il diritto internazionale e con gli accordi commerciali internazionali, in particolare le disposizioni dell’OMC.

c)

Devono essere soggette al controllo degli organi giurisdizionali europei e nazionali.

d)

La trasparenza deve fornire informazioni concrete e accessibili a tutti, senza difficoltà o costi proibitivi, e gli obiettivi devono essere enunciati in modo chiaro e inequivocabile.

e)

Il grado di realizzazione deve poter essere monitorato secondo criteri oggettivi e indicatori affidabili preliminarmente definiti dalla Commissione attraverso valutazioni d’impatto ex ante o ex post da condurre direttamente, oppure eventualmente affidate a valutatori indipendenti, pubblici o privati, debitamente certificati.

f)

La rappresentatività dei partner deve garantire l’effettiva applicazione delle regole concordate, oltre alla credibilità ed efficacia dei meccanismi. La rappresentatività deve essere proporzionale al peso della categoria professionale considerata, interprofessionale o settoriale, oltre che alla portata delle disposizioni concordate, e deve essere valutata, ove necessario, da un punto di vista quantitativo (numero e percentuale di membri dell’organizzazione) e soprattutto qualitativo (capacità di intervenire sul campo per legittimare le disposizioni adottate e per imporne l’osservanza).

g)

La consultazione preliminare delle parti direttamente interessate è anch’essa un elemento importante per provare il valore e la qualità delle disposizioni, oltre che la loro efficacia.

h)

La sorveglianza, la valutazione e il monitoraggio dei meccanismi di autoregolamentazione e coregolamentazione devono comprendere misure di tipo preventivo o repressivo (sanzioni) a garanzia della loro efficacia, in particolare:

1.

meccanismi di autocontrollo e autodisciplina, comprese le valutazioni d’impatto ex ante (16)

2.

banche dati che garantiscano un monitoraggio più efficace (17),

3.

l’adozione di un’etichetta attestante la certificazione, oppure di un marchio di riferimento (18),

4.

l’introduzione di codici nazionali in applicazione del codice di condotta europeo (19),

5.

la definizione delle specifiche tecniche in parallelo con le norme (20),

6.

l’elaborazione di guide operative di applicazione (21),

7.

la definizione di un sistema di sanzioni pecuniarie (ammende) o di altro tipo, come l’espulsione o il ritiro dell’autorizzazione.

i)

Da ultimo, i meccanismi di autoregolamentazione e coregolamentazione devono poter essere periodicamente riveduti e modificati alla luce dell’evoluzione delle circostanze, delle legislazioni e delle aspirazioni dei firmatari.

5.22.

La Commissione dovrà inoltre decidere sull’opportunità, in termini ponderati di certezza giuridica e flessibilità, di far derivare questi elementi strutturanti dai meccanismi considerati, dal testo stesso dell’AII o da un allegato con lo stesso valore giuridico, ma eventualmente aggiornabile in modo più agevole, fatte salve le garanzie di consultazione di tutte le parti interessate.

5.23.

Questa definizione di carattere generale non deve pregiudicare la possibilità, che dovrà risultare espressamente dall’AII, di stabilire, per ciascuno strumento legislativo che preveda l’uso di tali meccanismi, condizioni e requisiti peculiari, specificamente adeguati al settore in questione, come peraltro già avviene in vari regolamenti e direttive in cui ad essi si fa riferimento.

e)   I principali settori prioritari di applicazione

5.24.

In linea di principio, non si ritiene che esistano settori che debbano essere esclusi in blocco.

5.25.

Si riconosce, tuttavia, che esistono settori che per motivi congiunturali necessitano di una maggiore cautela o di una maggiore precisione dei termini e delle condizioni per l’utilizzo dell’autoregolamentazione e della coregolamentazione. Si fa specialmente riferimento ai servizi finanziari, ai servizi pubblici o ai servizi di interesse generale e a certi settori che, pur non essendo direttamente connessi alla definizione del contenuto di diritti fondamentali, chiamano in causa le modalità di esercizio di questi diritti, come, ad esempio, i diritti dei consumatori, conformemente a quanto indicato in vari pareri del CESE.

5.26.

I settori prescelti sono, in particolare, quelli che fanno riferimento alla governance, alla responsabilità sociale delle imprese e alle relazioni economiche.

5.27.

Vanno pertanto elogiate alcune recenti iniziative della Commissione, come quella relativa alla piattaforma CoP (Pilot Community of Practice for better self and co-regulation) basata sulla comunicazione della Commissione riguardante la responsabilità sociale delle imprese (22), oppure il sostegno all’accordo tra le principali società del web per un Internet più sicuro, ma anche, soltanto come esempio, le iniziative derivanti dalla direttiva sul commercio elettronico (23) e quelle menzionate nei vari strumenti europei enumerati nella tabella allegata.

f)   Vantaggi e inconvenienti

5.28.

Il CESE ha già proceduto, in pareri precedenti, a individuare i vantaggi derivanti dall’utilizzo di meccanismi di autoregolamentazione e coregolamentazione. I vantaggi più importanti menzionati in quei pareri sono, in sintesi, i seguenti: «eliminazione degli ostacoli al mercato unico, semplificazione delle norme, flessibilità e rapidità di applicazione, alleggerimento dei percorsi legislativi e corresponsabilità delle parti interessate».

5.29.

Se ne ricordano, tuttavia, anche i limiti «che dipendono soprattutto dall’efficacia del monitoraggio e delle sanzioni, nonché dalle condizioni di piena compatibilità con l’insieme delle norme vigenti e dei requisiti previsti da un inquadramento legislativo adeguato nel campo della salute, della sicurezza e dei servizi di interesse generale», come segnalato nei suddetti pareri (24).

g)   Forme alternative di risoluzione delle controversie

5.30.

I meccanismi di risoluzione extragiudiziale delle controversie dispongono già adesso, dopo una lunga e agitata gestazione, di una regolamentazione europea; essa è stabilita nel regolamento ODR e nella direttiva ADR (25), che sono in attesa di esecuzione nei diversi Stati membri.

5.31.

Il CESE raccomanda che, sebbene da un punto di vista meramente teorico ciò non sia essenziale per l’istituzione di meccanismi di autoregolamentazione e coregolamentazione, il futuro AII stabilisca chiaramente l’obbligo per tali meccanismi, quale requisito della loro conformità, di essere sempre accompagnati dal riferimento a un possibile rinvio a sistemi extragiudiziali alternativi di risoluzione delle controversie, nel rispetto dei suddetti strumenti europei.

h)   Ruolo delle istituzioni europee, degli Stati membri e della società civile

5.32.

Nell’attuazione di questi strumenti, tutti gli attori del processo legislativo hanno responsabilità specifiche di cui è necessario si facciano carico.

5.33.

Innanzitutto, alla Commissione spetta prendere l’iniziativa di avviare i negoziati con il Parlamento europeo e il Consiglio allo scopo di rivedere l’attuale AII, conformemente ai parametri definiti nel presente parere.

5.34.

La società civile, e in particolare il CESE, deve essere consultata in merito ai termini di questi negoziati, e il testo finale dell’accordo deve essere sottoposto al parere del CESE prima della sua adozione formale.

5.35.

Gli Stati membri, attraverso i loro parlamenti e nell’esercizio dei poteri loro conferiti dai Trattati nel quadro della valutazione della sussidiarietà e della proporzionalità, devono altresì esprimere il loro giudizio e i governi devono impegnarsi ad applicare nei sistemi giuridici nazionali gli stessi principi.

5.36.

Infine, alla Corte di giustizia e ai tribunali nazionali devono essere conferiti i poteri e i mezzi necessari per controllare la legalità delle misure adottate.

Bruxelles, 22 aprile 2015

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.int-opinions&itemCode=32858

(2)  Libro bianco sulla governance europea, COM(2001) 428 final, in GU C 287 de 12.10.2001, e comunicazioni relative al tema Legiferare meglio, COM(2002) 275, 276, 277 e 278 final, del 5.6.2002.

(3)  Su questo tema, è opportuno leggere gli articoli di Linda A. J. Senden, «Soft Law, Self Regulation and Co-regulation in European Law: Where do they meet» (in Electronic Journal of Comparative Law, Vol. 9. del 1 gennaio 2005) e «Soft Law and its implications for institutional balance in the EC» (in Utrecht Law Review, IGITUR, Vol. 1, n.o 2, dicembre 2005, pag. 79).

(4)  Si fa riferimento in tale contesto al progetto SLIM — Semplificazione della legislazione nel mercato interno (COM(96) 559 final e COM(2000) 104).

(5)  http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.int-opinions&itemCode=32858

(6)  GU C 175 del 28.7.2009, pag. 26.

(7)  È il caso, in particolare, delle diverse relazioni annuali sul controllo dell’applicazione del diritto unionale, delle varie relazioni sulla strategia di semplificazione del quadro normativo e delle frequenti analisi strategiche del programma «Legiferare meglio» nell’UE. Un’eccezione degna di nota sono i riferimenti all’interno del documento di lavoro della Commissione — Prima relazione sullo stato di avanzamento della strategia per la semplificazione del contesto normativo, Bruxelles, COM(2006) 690 final, del 14.11.2006.

(8)  Cfr. la definizione data da Linda Senden in «Soft Law and its implications for institutional balance in the EC» (in Utrecht Law Review, IGITUR, Vol. 1, n.o 2, dicembre 2005, pag. 79).

(9)  Doc. C(2014) 4136 final del 25.6.2014.

(10)  È a questo tipo di strumenti e non all’autoregolamentazione o alla coregolamentazione che fa riferimento la Commissione, ad esempio nella sua comunicazione — la politica fiscale dell’Unione europea: priorità per gli anni a venire [COM(2001) 260 final, GU C 284 del 10.10.2001, pag. 6], in particolare al punto 4.3.

(11)  Come giustamente sostiene Linda Senden in«Soft Law, Self Regulation and Co-regulation in European Law: Where do they meet» in cui afferma: «As regards the Interinstitutional Agreement on better law-making, its having at least binding force inter partes can be defended on the basis of two arguments. Firstly, it contains a number of rather compelling terms (“agree”, “will”), which can be said to express the intention of the institutions to enter into a binding commitment. A confirmation of this intention can also be seen in its points 37 and 38 on the implementation and monitoring of the Agreement, providing, inter alia: “The three Institutions will take the necessary steps to ensure that their staff have the means and resources required for the proper implementation of the provisions of this Agreement” (point 38). Secondly, where “agreed acts” are specifically intended to reinforce interinstitutional cooperation such as the Interinstitutional Agreement at issue here, it can be argued that there is a specific duty of cooperation which in conjunction with the duty of sincere cooperation laid down in Article 10 EC may actually lead to the conclusion that such an agreed act must be considered binding upon the concluding parties».

(12)  Come chiaramente afferma la Commissione nel Piano d’azione per il 2002, «contrariamente alla coregolamentazione, l’autoregolamentazione non implica un atto legislativo», (COM(2002) 278 final, pag. 11).

(13)  È opportuno sottolineare:

a)

la risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti al Consiglio il 1o dicembre 1997 per quanto concerne un Codice di comportamento nel settore della fiscalità delle imprese,

b)

il regolamento (CE) n. 80/2009 relativo a un codice di comportamento in materia di sistemi telematici di prenotazione GU L 35 del 4.2.2009, pag. 47. Per altri esempi, cfr.: http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.int-opinions.32859

(14)  Relatrice: Monica Frassoni (A5-0313/2003 del 25 settembre 2003).

(15)  Meritano un particolare riferimento le posizioni sostenute dal CESE soprattutto nei seguenti pareri:

GU C 14 del 16.1.2001, pag. 1, sulla «Semplificazione della legislazione nel mercato unico (OMU)»;

GU C 48 del 21.2.2002, pag. 130, sulla Semplificazione (supplemento di parere);

GU C 112 del 30.4.2004, pag. 4;

GU C 255 del 14.10.2005, pag. 22, sulle Priorità del mercato unico nel periodo 2005-2010, relatore: Bryan Cassidy;

GU C 24 del 31.1.2006, pag. 52, sul tema Migliorare l’attuazione e il recepimento della normativa dell’UE;

e, in particolare la relazione informativa di Bruno Vever del 24 gennaio 2005.

(16)  È opportuno menzionare:

un meccanismo de autocontrollo istituito dall’EFCA per garantire l’applicazione del codice di comportamento del 1992 da parte delle società di ingegneria e di consulenza;

le disposizioni vincolanti di un codice deontologico degli avvocati dell’UE, adottato nel 1988 dalla CCBE;

la camera di disciplina creata nell’ambito di un codice di comportamento degli amministratori di beni per garantirne l’applicazione e, se necessario, imporre sanzioni — cfr. osservazione, ammonizione e proposta di esclusione;

l’Alleanza europea per l’etica nella pubblicità (EASA), creata nel 1992 per promuovere e coordinare l’autoregolamentazione del settore pubblicitario;

il controllo esercitato dalla BDI (Bundesverband der Deutschen Industrie) sulla corretta applicazione dell’accordo concluso nel 1995 a Berlino tra il governo e le imprese per quanto concerne le condizioni e il controllo dell’effetto serra attraverso la riduzione delle emissioni di CO2 in Germania in applicazione degli accordi di Kyoto.

(17)  È il caso, ad esempio, della banca dati degli istituti di formazione degli ingegneri, creata nel 1987 dalla Federazione europea delle associazioni nazionali degli ingegneri (FEANI), in applicazione di un codice deontologico europeo volto a garantire il riconoscimento reciproco delle formazioni e delle qualifiche, che conta trentamila iscritti.

(18)  È il caso dell’etichetta creata dai membri del Comitato europeo delle assicurazioni per giustificare l’applicazione di un codice europeo di buone prassi su Internet o delle etichette di sicurezza del commercio elettronico, adottate a seguito del codice di comportamento per le vendite a distanza.

(19)  È quanto è successo con l’applicazione di un codice di comportamento europeo adottato nel 1995 e modificato nel 2004 dalla Federazione europea delle associazioni di vendita diretta.

(20)  Come, ad esempio, le prescrizioni di riduzione quantitativa del consumo di energia delle lavabiancheria, adottate nel 1999 dal Consiglio europeo dei costruttori di elettrodomestici (CECED), in collaborazione con la Commissione europea.

(21)  È quanto avviene con:

gli standard di formazione stabiliti, attraverso una serie di orientamenti, in applicazione di un codice di norme professionali per i conservatori/restauratori europei;

un manuale ad uso dei fornitori di servizi su Internet elaborato nel 2001 dalla Camera di Commercio d Milano per promuovere le buone prassi in questo settore.

(22)  COM(2011) 681 final.

(23)  Direttiva 2000/31/CE in GU L 178 del 17.7.2000, pag. 1.

(24)  Relazione informativa INT/204 del 24.1.2005 sul tema La situazione attuale della coregolamentazione e della autoregolamentazione nel mercato unico.

(25)  Regolamento (UE) n. 524/2013 e direttiva 2013/11/UE in GU L 165 del 18.6.2013, pag. 1 e pag. 63.


ALLEGATO

al parere del Comitato economico e sociale europeo

Il seguente punto del parere della sezione, che è stato sostituito dal testo di un emendamento adottato dall’Assemblea, ha ricevuto almeno un quarto dei voti espressi (articolo 54, paragrafo 4 del Regolamento interno):

Punto 5.21 h)

Il controllo e il monitoraggio dei meccanismi di autoregolamentazione e coregolamentazione devono comprendere misure di tipo preventivo o repressivo (sanzioni) a garanzia della loro efficacia, in particolare:

1.

meccanismi di autocontrollo e autodisciplina, comprese le valutazioni d’impatto ex ante,

2.

banche dati che garantiscano un monitoraggio più efficace,

3.

l’adozione di un’etichetta attestante la certificazione, oppure di un marchio di riferimento,

4.

l’introduzione di codici nazionali in applicazione del codice di condotta europeo,

5.

la definizione delle specifiche tecniche in parallelo con le norme,

6.

l’elaborazione di guide operative di applicazione,

7.

la definizione di un sistema di sanzioni pecuniarie (ammende) o di altro tipo, come l’espulsione o il ritiro dell’autorizzazione.

Esito della votazione

Voti favorevoli:

91

Voti Contrari:

41

Astensioni:

28