14.8.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 268/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «L’attuale sistema a garanzia della sicurezza degli alimenti e degli approvvigionamenti alimentari nell’UE e le possibilità di migliorarlo»

(parere d’iniziativa)

(2015/C 268/01)

Relatore:

Igor ŠARMÍR

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 27 febbraio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 29, lettera A), delle modalità di applicazione del proprio regolamento interno, di elaborare un parere d’iniziativa sul tema:

«L’attuale sistema a garanzia della sicurezza degli alimenti e degli approvvigionamenti alimentari nell’UE e le possibilità di migliorarlo».

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 5 marzo 2015.

Alla sua 506a sessione plenaria, dei giorni 18 e 19 marzo 2015 (seduta del 18 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 181 voti favorevoli, 9 voti contrari e 17 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) apprezza che la sicurezza degli alimenti faccia parte delle priorità dell’Unione europea e che sia stato creato un solido sistema destinato a garantirla. Il Comitato si compiace in particolare per il fatto che la sicurezza degli alimenti nell’UE rientri, dal 2002, nelle competenze di un’agenzia specializzata — l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) — che dispone di tutti i mezzi necessari per valutare la sicurezza dei prodotti immessi sul mercato europeo.

1.2.

Il CESE ritiene che, nel corso della sua esistenza, l’EFSA abbia dimostrato la propria competenza e che ricopra incontestabilmente un ruolo molto importante nel campo della prevenzione dei rischi sanitari in Europa. Grazie all’agenzia, l’UE dispone di uno dei sistemi di protezione della sanità pubblica più efficaci al mondo. Tuttavia, considerando che la sanità pubblica è un tema estremamente delicato e che la fiducia dei consumatori rappresenta una delle preoccupazioni principali dell’EFSA, è necessario continuare a studiare le possibilità di migliorare il sistema attuale, in particolare in ragione dei nuovi interrogativi posti dalla scienza. A tal fine, il CESE ritiene opportuno formulare alcune proposte.

1.3.

La trasparenza della procedura di valutazione dei nuovi prodotti, chimici o di altro tipo, destinati a entrare nella catena alimentare costituisce sicuramente una condizione importante per aumentare la fiducia dei consumatori nei confronti del sistema e dei prodotti valutati. Il CESE ritiene che in questo settore siano possibili alcuni miglioramenti. Ad esempio, gli studi obbligatori presentati dai fabbricanti e finalizzati a dimostrare l’innocuità di un determinato prodotto non vengono pubblicati sulle riviste scientifiche e non solo i dati grezzi di tali studi non sono messi a disposizione della comunità scientifica in modo sistematico, ma in più il segreto commerciale è apertamente invocato in un buon numero di casi. Il Comitato è convinto che ciò non sia giuridicamente corretto dato che, secondo la stessa EFSA, i dati contenuti negli studi obbligatori non hanno carattere riservato.

1.4.

Il CESE chiede alla Commissione europea di apportare le opportune modifiche alla regolamentazione, per far sì che quest’ultima imponga, dopo la perizia effettuata dall’EFSA, di pubblicare sistematicamente sul sito web dell’agenzia di Parma gli studi obbligatori utilizzati e i relativi dati grezzi.

1.5.

Il Comitato si congratula con l’agenzia per le recenti iniziative volte a pubblicare informazioni in modo proattivo.

1.6.

In passato l’EFSA si era trovata in una situazione difficile a causa dei conflitti d’interessi di alcuni suoi esperti. Il CESE si congratula con l’agenzia per lo sforzo compiuto nel 2012 al fine di normalizzare la situazione, ma raccomanda di non abbassare la guardia data l’estrema delicatezza di questo particolare aspetto della valutazione ufficiale.

1.7.

Il compito dell’EFSA è complicato dall’esistenza di studi scientifici i cui risultati sono chiaramente influenzati dalla fonte del loro finanziamento, e che possono quindi dare adito a forti controversie. Il Comitato raccomanda all’EFSA di rivolgere un’attenzione particolare a questo fenomeno, dal momento che la letteratura scientifica è un riferimento importante della procedura di valutazione.

1.8.

Il CESE si congratula con l’EFSA per i notevoli sforzi compiuti in questi anni al fine di capire meglio l’azione delle miscele, nonché di mettere a punto metodologie nuove utilizzabili nel corso della procedura di valutazione, e incoraggia l’EFSA ad applicare tali metodologie il più rapidamente possibile.

1.9.

Il Comitato raccomanda una certa prudenza circa l’applicazione del principio secondo cui «è la dose che fa il veleno», perché da 20 anni buona parte degli endocrinologi fornisce prove indicanti che, nel caso delle sostanze denominate «interferenti endocrini», la variabile decisiva non è la quantità, ma il momento dell’esposizione. Queste nuove conoscenze non sono ancora state prese in considerazione dal quadro normativo, come è stato già evidenziato da una recente relazione del Parlamento europeo (1).

1.10.

Il CESE raccomanda alla Commissione europea di stabilire, dopo aver consultato la comunità degli endocrinologi, un elenco dei prodotti che possono avere un impatto negativo sullo sviluppo del sistema endocrino. Il CESE chiede alla Commissione di applicare il principio di precauzione alle sostanze che figureranno in questo elenco, in attesa che la comunità scientifica pervenga a una posizione condivisa sulla loro pericolosità ormonale o sulla loro innocuità.

1.11.

L’importazione di parassiti e malattie provenienti da paesi terzi può avere conseguenze drammatiche per i produttori e i consumatori dell’Unione europea. Il rafforzamento dei controlli alle frontiere, l’applicazione del principio di reciprocità e la volontà politica delle autorità europee risultano indispensabili per garantire la coerenza del sistema.

1.12.

L’UE deve dotarsi di un sistema commerciale che non riduca le garanzie in materia di sicurezza degli alimenti per i cittadini europei. La revisione della normativa in materia di salute delle piante e degli animali rappresenta un’opportunità per migliorare il funzionamento dei sistemi di controllo, per applicarli in modo uniforme e per impedire un impatto negativo in ambito sociale, ambientale ed economico.

1.13.

Il CESE chiede che venga garantita la piena tracciabilità degli alimenti «dall’azienda agricola alla tavola» (compresi quelli importati), così da permettere ai consumatori di scegliere alimenti di una certa qualità e conformi alle norme di sicurezza in vigore nell’UE.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il presente parere tratta due argomenti un po’ differenti, ma uniti da un denominatore comune: rassicurare la società europea circa la disponibilità di alimenti sicuri. La prima parte riguarda l’attuale sistema di valutazione dei nuovi prodotti destinati ad entrare nella catena alimentare, mentre l’obiettivo della seconda parte è segnalare alcuni aspetti problematici che il commercio internazionale di prodotti agroalimentari presenta sia per gli agricoltori che per i consumatori e i cittadini in generale.

2.2.

La sicurezza degli alimenti costituisce una delle priorità ufficiali dell’UE e, sul piano istituzionale, è sicuramente ben garantita dalla Commissione europea e dall’EFSA. È innegabile che la gestione dei rischi microbiologici possa considerarsi pienamente sotto controllo. Tuttavia, nel XX secolo ai rischi microbiologici si sono aggiunti i rischi chimici, e in questo campo la situazione è meno chiara.

2.3.

Negli ultimi 60 anni sono state immesse nell’ambiente oltre 1 00  000 nuove molecole prodotte dalla chimica di sintesi. Tuttavia, solo una parte trascurabile di tali prodotti (1-2 %) è stata valutata sotto il profilo dei possibili rischi per la salute umana (2), il che è preoccupante, fra l’altro, sul piano della sicurezza degli alimenti. Infatti, al di là delle sostanze che entrano direttamente nella catena alimentare (additivi, residui di pesticidi o di materie plastiche) e che, in via di principio, sono sottoposte alla procedura di valutazione, esistono anche sostanze che vi possono accedere indirettamente, tramite il suolo, l’aria o l’acqua.

2.4.

Dopo un uso e un consumo più o meno prolungati, un certo numero di prodotti della chimica di sintesi è stato ritirato dal mercato in seguito alla dimostrazione scientifica della loro tossicità e/o del loro potere cancerogeno (cfr. ad esempio il punto 2.5). Tuttavia, altri prodotti non sono ancora stati vietati nonostante l’esistenza di sospetti scientifici più o meno fondati. È dunque del tutto legittimo chiedersi quale sia il nesso tra l’esposizione della popolazione umana a questi nuovi prodotti sintetizzati chimicamente e l’aumento esponenziale dei casi di cancro e malattie neurodegenerative, nonché di sterilità, diabete e obesità che si registra nei paesi sviluppati.

2.5.

L’UE ha creato un sistema solido per la prevenzione dei rischi legati all’introduzione di nuovi prodotti, chimici o di altro tipo, nella catena alimentare. Sul piano istituzionale, la Commissione europea (DG SANTÉ) è responsabile della gestione dei rischi, mentre l’EFSA, in quanto agenzia europea competente dal punto di vista tecnico, è responsabile della valutazione dei rischi. L’applicazione del nuovo sistema ha già dato risultati confortanti per i consumatori: ad esempio, valutazioni approfondite hanno portato a ridurre drasticamente il numero dei pesticidi autorizzati nell’UE fra il 2000 e il 2008 (da 1  000 a 250). D’altro canto, una simile evoluzione preoccupa gli agricoltori, che cominciano a lamentare l’assenza di sostanze attive atte a combattere i parassiti. Paradossalmente, un buon numero di queste sostanze attive vietate nell’UE è autorizzato nei paesi terzi che esportano la loro produzione sul mercato europeo.

2.6.

Malgrado l’esistenza di un sistema solido, l’esperienza del suo funzionamento ha dimostrato che alcuni aspetti legati alle competenze possono ancora essere migliorati, tanto più che le nuove scoperte scientifiche e le loro applicazioni commerciali presentano spesso nuove sfide per la procedura di valutazione. Tali sfide sono di ordine sistemico e metodologico.

3.   Possibilità di migliorare il sistema di valutazione dei nuovi prodotti che entrano nella composizione dei prodotti alimentari

3.1.

La valutazione effettuata dall’EFSA si basa su uno studio scientifico che dovrebbe dimostrare l’innocuità di un determinato prodotto. Secondo la legislazione attuale, tale studio di riferimento deve essere presentato dal richiedente, ossia dalla società che intende immettere il prodotto sul mercato. Ed è qui il punto assai poco rassicurante, dal momento che i risultati degli studi scientifici possono essere radicalmente differenti a seconda della fonte che li finanzia (cfr. punto 3.4). Peraltro, è vero che la normativa europea applicata dall’EFSA prevede condizioni da rispettare al momento dell’effettuazione di tali studi, nonché — nel proseguimento della procedura di valutazione — meccanismi di ponderazione delle influenze suaccennate.

3.2.

Un altro aspetto problematico della procedura di valutazione è la confidenzialità degli studi obbligatori, che appare controversa: tali studi non vengono pubblicati sulle riviste scientifiche e i dati grezzi sono spesso coperti dal «segreto commerciale», per cui la comunità scientifica non può effettuare una controperizia (3). Il Comitato comprende la necessità di proteggere col segreto commerciale i dati e le informazioni sui prodotti nuovi, che potrebbero lasciarne trapelare la composizione o il processo di fabbricazione. Ciò però non vale per i dati contenuti negli studi obbligatori, i quali riportano soltanto la reazione delle cavie che hanno consumato i prodotti studiati. Dato che in questo caso l’applicazione del segreto commerciale non è giustificata dalla tutela dei legittimi interessi dei produttori (4), il CESE la giudica abusiva e chiede di adattare la legislazione al fine di rendere sistematicamente disponibili alla comunità scientifica i dati grezzi degli studi obbligatori, pubblicandoli sul sito web dell’EFSA una volta effettuata la perizia dell’agenzia.

3.3.

L’EFSA è un ente pubblico istituito per garantire un’analisi scientifica indipendente dei prodotti di nuovo tipo che entrano a far parte della composizione dei prodotti alimentari. Tuttavia, in passato l’agenzia è stata criticata a causa dei conflitti d’interessi di alcuni suoi esperti. Assai spesso, tali esperti erano anche consulenti dell’ILSI (5). A giudizio del CESE, nel 2012 l’EFSA ha compiuto uno sforzo importante per rimediare a questo problema, perciò la situazione si è in seguito normalizzata. Tenuto conto della delicatezza di quest’aspetto, il Comitato raccomanda di non abbassare la guardia.

3.4.

Nel quadro del lavoro di valutazione, le agenzie competenti fanno anche riferimento agli studi riguardanti il settore interessato che vengono pubblicati nella letteratura scientifica. Tuttavia, è stato dimostrato che i risultati degli studi scientifici possono essere radicalmente differenti a seconda della fonte che li finanzia (6). L’indipendenza dei ricercatori è fondamentale per garantire la sostenibilità del sistema, e il compito dell’EFSA è complicato dalla necessità di distinguere fra gli studi scientifici di alto livello e quelli di valore discutibile a causa di errori metodologici o di altro tipo.

4.   Possibilità di migliorare la metodologia della procedura di valutazione dei prodotti potenzialmente pericolosi

4.1.

La metodologia per la valutazione dei prodotti chimici che possono entrare a far parte dei prodotti alimentari si basa sul principio detto di Paracelso, ossia «Nulla è di per sé veleno, tutto è di per sé veleno, è la dose che fa il veleno»: per ciascun prodotto è quindi sufficiente determinare una «dose giornaliera ammissibile» (DGA). In altre parole, la grande maggioranza dei nuovi prodotti può essere consumata quotidianamente, purché non si superi una determinata quantità.

4.2.

Per secoli si è potuto ritenere che l’applicazione del principio di Paracelso fosse un metodo affidabile. Ma le nuove sostanze sintetiche, che da diversi decenni sono contenute nei prodotti alimentari, pongono una sfida di tipo nuovo e rendono impraticabile un’applicazione cieca di quel principio.

4.3.

Il primo problema riguarda la gestione dell’alimentazione delle persone considerate una per una. Infatti, i consumatori ignorano completamente l’esistenza della DGA e non hanno quindi la possibilità, nemmeno teorica, di controllare che non stiano superando la quantità «autorizzata» di una particolare sostanza che può essere contenuta in più prodotti alimentari rientranti nel loro consumo quotidiano (7). In realtà, si tratta di un concetto scientifico e molto tecnico, la cui applicazione è riservata a una ristretta cerchia di specialisti.

4.4.

L’organismo umano non è esposto a una sola sostanza chimica, ma piuttosto a un gran numero di residui di pesticidi, materie plastiche e additivi alimentari contenuti negli alimenti. Però, la DGA è determinata per ogni singola sostanza chimica, senza tener conto del possibile effetto cumulativo o anche sinergico. Purtroppo, simili effetti sono tutt’altro che puramente ipotetici: diversi studi hanno già evidenziato che l’azione cumulata di diverse sostanze che non presentavano problemi nel corso dei singoli test può avere conseguenze gravi (8).

4.5.

Le agenzie responsabili della valutazione dei prodotti potenzialmente pericolosi, come l’EFSA o la statunitense FDA, studiano da molti anni l’effetto cumulativo e l’effetto sinergico, ma i risultati del loro lavoro non sono ancora stati tradotti in norme (9) a causa delle difficoltà scientifiche connesse e della complessità del compito. Tuttavia, l’EFSA dichiara di essere abbastanza vicina alla realizzazione delle applicazioni regolamentari delle conoscenze scientifiche acquisite in questo campo, e il CESE la esorta a farlo il più rapidamente possibile.

4.6.

Infine, il principio di Paracelso è stato messo in discussione dal fenomeno delle sostanze dette «interferenti endocrini». Si tratta di sostanze che tendono ad imitare il funzionamento degli ormoni, soprattutto dell’ormone estrogeno femminile. Secondo buona parte degli endocrinologi, queste sostanze hanno spesso un effetto nefasto quando l’organismo è esposto a quantità nettamente inferiori alla DGA, e non è nemmeno possibile determinare una soglia sotto la quale non sarebbero nocive (10). È stato dimostrato che, nel caso degli interferenti endocrini, la variabile cruciale non è la dose, ma il momento dell’esposizione. Nella fattispecie, il periodo più pericoloso è quello in cui si sviluppa il sistema endocrino delle persone (vita prenatale, prima infanzia e pubertà). Un’altra caratteristica particolare degli interferenti endocrini è il fatto che la loro tossicità può manifestarsi alcuni anni o addirittura svariati decenni dopo l’esposizione.

4.7.

Numerose sostanze, naturali o sintetiche, sono oggi considerate interferenti endocrini dagli endocrinologi, e molte di queste si trovano normalmente nell’alimentazione umana. Si tratta ad esempio di diversi pesticidi, diossine, PCB e ftalati, ma la discussione più animata riguarda oggi il materiale da imballaggio denominato bisfenolo A (11).

4.8.

È dimostrato che gli interferenti endocrini contribuiscono in modo decisivo al calo inquietante della fertilità maschile (fenomeno constatato a partire dalla Seconda guerra mondiale), a una sensibile crescita dei casi di cancro ai testicoli e alla prostata negli uomini e di cancro al seno nelle donne, nonché ad altre gravi patologie (12).

4.9.

Gli organismi europei competenti, ossia l’EFSA e la DG SANTÉ, esitano ad adottare le misure caldamente raccomandate dagli endocrinologi, poiché l’opinione della comunità scientifica sarebbe divisa quanto all’azione dannosa delle concentrazioni molto basse (13). Nei fatti, gran parte degli scienziati che svolgono ricerche originali nel settore dell’endocrinologia ritiene che l’azione di dosi estremamente basse delle sostanze che essi riconoscono come interferenti endocrini sia molto pericolosa, in particolare per le donne incinte e i bambini in tenera età. A loro avviso, si tratta di un fatto accertato e dimostrato da «migliaia di studi scientifici» (14), mentre per l’EFSA l’azione delle dosi estremamente basse è solo un’ipotesi.

4.10.

Per effetto di una relazione dettagliata (15) commissionata dalla DG ENV, che ha confermato il parere degli endocrinologi, nell’ottobre 2012 la DG SANTÉ ha invitato l’EFSA a prendere in esame i criteri di definizione degli interferenti endocrini e a valutare la pertinenza dei metodi di prova esistenti in questo campo. Tuttavia, non è stato ancora compiuto alcun passo in questo senso e la Commissione europea propone per il momento soltanto una tabella di marcia che pone le basi per una definizione degli interferenti endocrini (16). Il lavoro vero e proprio è quindi rinviato alla fine del 2016.

4.11.

La comunità degli endocrinologi ha espresso a più riprese il proprio disaccordo rispetto alla posizione dell’EFSA e di altre agenzie consultive o di regolamentazione in materia di interferenti endocrini, in particolare con la dichiarazione di consenso della Società americana di endocrinologia, che conta più di mille professionisti (17), il colloquio internazionale svoltosi a Berlino nel settembre 2012 e la Dichiarazione del Berlaymont del maggio 2013 (18). Tutti i firmatari di quest’ultima erano specialisti che pubblicavano attivamente lavori sull’argomento e ritenevano urgente che la normativa europea cominciasse a tener conto delle conoscenze accumulate negli anni. Ad esempio, «l’ultimo regolamento sui pesticidi del marzo 2013 impone di effettuare dei test per sapere se il nuovo prodotto è, tra l’altro, mutageno, ma non di valutarne l’attività ormonale». Ciò mostra che le preoccupazioni degli endocrinologi sono ancora lungi dall’essere prese sul serio dalle autorità competenti.

4.12.

Il CESE ritiene urgente cominciare a tener conto, nel quadro normativo, delle conoscenze acquisite in materia di endocrinologia, e sottoscrive la posizione espressa al riguardo dal Parlamento europeo (19). Anche se l’opinione della comunità scientifica in senso lato è divisa, il parere di gran parte degli endocrinologi dovrebbe essere più che sufficiente per applicare almeno il principio di precauzione alle sostanze riconosciute dagli endocrinologi come interferenti endocrini.

5.   Commercio internazionale: parassiti e malattie agricole

5.1.

L’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) prescrive ai suoi aderenti di avviare negoziati per continuare gli scambi di prodotti agricoli e per facilitarli, riducendo in modo sostanziale e progressivo gli aiuti interni e la protezione dei loro prodotti, al fine di promuovere una liberalizzazione sempre maggiore.

5.2.

In un mercato mondiale sempre più liberalizzato e nel quale la circolazione commerciale dei prodotti vegetali s’intensifica e rafforza in seguito agli accordi commerciali che l’UE continua a sottoscrivere con paesi terzi, il rischio d’introdurre nuovi parassiti e nuove malattie cresce costantemente.

5.3.

I produttori europei nutrono una forte inquietudine e acute preoccupazioni circa l’arrivo di organismi nocivi finora assenti sul territorio europeo che, per molti, rappresentano un grave pericolo. In certi casi, l’apparizione e la diffusione di tali organismi potrebbero provocare un declino drammatico di diverse produzioni europee, in particolare in rapporto alle colture meno diffuse, infliggendo così pesanti perdite economiche ai loro produttori.

5.4.

Indipendentemente dalla minaccia che questo comporta per l’attività agricola per quanto riguarda alcune produzioni, l’irruzione di malattie o parassiti esogeni ha l’effetto di aumentare i costi di produzione per gli agricoltori europei e, conseguentemente, di intaccare la redditività delle loro aziende. Inoltre, questi flagelli possono avere un pesante impatto economico, ambientale o sociale sull’insieme del territorio europeo.

5.5.

Volendo trarre dall’attualità un esempio chiaro, eloquente e incontestabile della gravità del problema, va citato il recente caso dell’importazione di agrumi dal Sudafrica. In seguito all’ultimo raccolto è approdato nei porti europei un numero non trascurabile di carichi di agrumi sudafricani contaminati dal pericoloso fungo Guignardia Citricarpa, che provoca la macchia nera degli agrumi. Nel concreto, questo agente patogeno è stato rilevato 35 volte in agrumi sudafricani d’importazione.

5.6.

In questo modo, il lassismo dell’UE mette a rischio i 5 00  000 ettari di territorio europeo che sono coltivati ad agrumi, dal momento che non disponiamo di una cura efficace per debellare la malattia. La sua apparizione produrrebbe effetti estremamente dannosi dal punto di vista economico, ambientale e sociale, compromettendo la sicurezza degli approvvigionamenti.

5.7.

Pur migliorando, sotto alcuni aspetti, la direttiva 2000/29/CE del Consiglio, dell’8 maggio 2000, concernente le misure di protezione contro l’introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità (20), il progetto di nuova regolamentazione in materia fitosanitaria continua a trascurare alcuni aspetti di importanza cruciale, così che i problemi principali rimangono, in gran parte, in attesa di soluzione.

5.8.

Inoltre, va sottolineato che le condizioni in cui sono prodotti gli alimenti importati dai paesi terzi non sono le stesse che vigono nell’UE. I paesi terzi consentono l’utilizzo di numerosi prodotti fitosanitari che sono vietati in Europa, i loro limiti massimi di residui (LMR) sono più elevati rispetto a quelli tollerati sul territorio europeo e le condizioni socioprofessionali di quei paesi sono diverse, dato che la protezione ivi garantita è minore rispetto a quella europea, quando non è totalmente inesistente.

5.9.

Dal punto di vista dei consumatori europei, è opportuno insistere sulla notevole differenza che si registra fra le produzioni straniere e quelle dell’UE in materia di sicurezza e tracciabilità.

5.10.

La legislazione europea vigente limita e restringe l’utilizzo di un numero crescente di sostanze attive per la lotta contro l’uno o l’altro parassita o malattia. Queste restrizioni imposte agli agricoltori europei potrebbero arrivare a riguardare il 50 % dei prodotti che erano disponibili negli ultimi anni. Inoltre, gli operatori che applicano questi trattamenti devono conformarsi a prescrizioni rafforzate, le quali prevedono che siano meglio formati e utilizzino più dispositivi di protezione al momento in cui procedono ai trattamenti stessi.

5.11.

Il principio di reciprocità dovrebbe garantire che tutte le produzioni che arrivano su un determinato mercato siano ottenute obbligatoriamente rispettando le prescrizioni o le norme che vigono per le coltivazioni lavorate in Europa in materia di sicurezza sanitaria, ecocondizionalità, utilizzo delle sostanze attive ecc.

Bruxelles, 18 marzo 2015

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Risoluzione del Parlamento europeo del 14 marzo 2013 sulla protezione della salute pubblica dagli interferenti endocrini [2012/2066(INI)].

(2)  Stima indipendente di Vincent Cogliano, del CIRC (Centro internazionale di ricerca sul cancro), e Andreas Kortenkamp, che dirige il Centro di tossicologia dell’università di Londra.

(3)  Ad esempio, i dati grezzi dello studio obbligatorio relativo al mais geneticamente modificato MON 863 sono stati messi a disposizione della comunità scientifica solo in seguito alla decisione adottata da un tribunale tedesco nel 2005 e, nel gennaio 2013, la società Monsanto ha minacciato l’EFSA di citarla in giudizio per violazione del segreto commerciale, in quanto la direttrice dell’agenzia, sotto la pressione dei media e di una parte della comunità scientifica, aveva rivelato su Internet alcuni dati relativi al mais GM NK 603.

(4)  Secondo l’EFSA, i dati degli studi obbligatori (di riferimento) non hanno carattere confidenziale.

(5)  ILSI (International LIFE Science Institute) — organizzazione di lobby delle multinazionali del settore agrochimico, agroalimentare e biotecnologico, ad esempio Coca-cola o Monsanto. Nella primavera del 2012, in seguito a una relazione della Corte dei conti (Relazione speciale n. 15/2012) che ha messo in luce la mancanza di trasparenza nella gestione dei conflitti d’interessi all’interno dell’EFSA, il Parlamento europeo ha rinviato a una seconda lettura la decisione di approvare lo scarico di bilancio dell’agenzia per il 2010, in attesa di informazioni complementari sulla politica seguita dall’EFSA in materia di conflitti di interessi.

(6)  Cfr. ad esempio Frederick vom Saal & Claude Hughes, An extensive new literature concerning low-dose effects of bisphenol-A shows the need for a new risk assessment («Un’ampia letteratura di nuova pubblicazione riguardante gli effetti di basse dosi di bisfenolo A mostra la necessità di una nuova valutazione del rischio»), Environmental Health Perspectives, vol. 113, agosto 2005, pagg. 926-933.

(7)  Ad esempio, l’aspartame è un edulcorante sintetico presente in 6  000 prodotti diversi.

(8)  Ad esempio Sofie Christiansen, Ulla Hass et al., Synergic disruption of external male sex organ development by a mixture of four antiandrogens («Perturbazioni sinergiche dello sviluppo degli organi sessuali maschili esterni ad opera di una miscela di quattro antiandrogeni»), Environmental Health Perspectives, vol. 117, n. 12, dicembre 2009, pagg. 1839-1846.

(9)  Nel 2006, il commissario europeo per l’Agricoltura, rispondendo al parlamentare Paul Lannoye, ha riconosciuto il vuoto normativo riguardante la valutazione delle miscele. Dopo questa ammissione, però, non si è compiuto alcun progresso significativo.

(10)  Dichiarazione del Berlaymont sugli interferenti endocrini, 2013.

(11)  Nel 2008 la vendita di biberon prodotti con bisfenolo A è stata vietata in Canada, e nel 2011 l’UE ha fatto altrettanto. Dal 1o gennaio 2015, la Francia ha vietato l’utilizzo del bisfenolo A per tutti i prodotti che possono entrare in contatto con i prodotti alimentari. Tale divieto è giustificato da un parere scientifico dell’agenzia nazionale ANSES. Il 21 gennaio 2015, l’EFSA ha pubblicato un parere secondo cui «il BPA non rappresenta un rischio per la salute della popolazione di alcuna fascia di età […] ai livelli attuali di esposizione».

(12)  Risoluzione del Parlamento europeo del 14 marzo 2013 sulla protezione della salute pubblica dagli interferenti endocrini [2012/2066(INI)], considerando A e C, nonché Dichiarazione del Berlaymont sugli interferenti endocrini, 2013.

(13)  L’EFSA si riferisce in particolare al convegno che ha organizzato a Bruxelles nel giugno 2012, in cui gli esperti in materia di endocrinologia rappresentavano solo una parte (minoritaria) dei partecipanti.

(14)  Affermazione dell’endocrinologo americano Frederick vom Saal alla conferenza internazionale svoltasi a Berlino nel settembre 2012.

(15)  Andreas Kortenkamp, Olwenn Martin, Michael Faust, Richard Evans, Rebecca McKinlay, Frances Orton e Erika Rosivatz, State of the art assessment of endocrine disrupters («Valutazione dello stato dell’arte degli interferenti endocrini»), relazione finale, 23 dicembre 2011.

(16)  Tabella di marcia della Commissione europea sul tema Defining criteria for identifying endocrine disruptors in the context of the implementation of the Plant Protection Product Regulation and Biocidal Products Regulation («Definire criteri per individuare gli interferenti endocrini nel contesto dell’attuazione della regolamentazione in materia di prodotti fitosanitari e biocidi»), giugno 2014.

(17)  Evanthia Diamanti-Kandarakis et alii, Endocrine-disrupting chemicals: an Endocrine Society scientific statement («Le sostanze chimiche che agiscono come interferenti endocrini: una dichiarazione scientifica della Società di endocrinologia»), Endocrine Reviews, vol. 30, n. 4., giugno 2009, pagg. 293-342.

(18)  Cfr. nota a piè di pagina 10.

(19)  Cfr. nota a piè di pagina 1.

(20)  GU L 169 del 10.7.2000, pag. 1.