COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROOPEO E AL CONSIGLIO concernente gli orientamenti per l'applicazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiungimento /* COM/2014/0210 final */
1. Introduzione La relazione sull'applicazione della direttiva
2003/86/CE, adottata nell'ottobre 2008[1],
ha messo in evidenza alcuni problemi trasversali di recepimento non corretto o
errata applicazione della direttiva e ha sottolineato che il suo impatto sull'armonizzazione
nel campo del ricongiungimento familiare resta limitato. Nel 2011 la Commissione ha pubblicato un libro
verde sul diritto al ricongiungimento familiare[2] al fine di
raccogliere contributi per individuare come ottenere norme più efficaci in
materia di ricongiungimento familiare a livello dell'Unione e raccogliere
informazioni sull'applicazione della direttiva. Sono pervenute 120 risposte
(contributi di 24 Stati membri, di organizzazioni internazionali, parti
sociali, ONG e privati cittadini)[3].
Tra il 31 maggio e il 1º giugno 2012 la Commissione ha organizzato un'audizione
pubblica nel quadro del forum europeo sull'integrazione[4].
Dalla consultazione pubblica è emerso un consenso generale sul fatto che
la direttiva non vada messa in discussione, ma che la Commissione debba:
garantire la piena applicazione
delle norme esistenti,
avviare procedimenti d'infrazione,
ove necessario, e
elaborare linee guida sulle
questioni identificate.
Pertanto, la presente comunicazione fornisce
orientamenti agli Stati membri sulle modalità di applicazione della direttiva 2003/86/CE.
Tali orientamenti riflettono l'attuale posizione della Commissione e non
pregiudicano la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea
(di seguito, "Corte") né la sua evoluzione. Poiché la posizione
della Commissione può cambiare in futuro, questo documento è da considerarsi in
continua evoluzione e un processo aperto. La direttiva riconosce il diritto al
ricongiungimento familiare e ne fissa le condizioni di esercizio. Da un lato, la Corte ha ribadito che l'articolo 4,
paragrafo 1, della direttiva "impone agli Stati membri obblighi
positivi precisi, cui corrispondono diritti soggettivi chiaramente definiti,
imponendo loro, nelle ipotesi contemplate dalla direttiva, di autorizzare il
ricongiungimento familiare di taluni congiunti del soggiornante senza potersi
avvalere di discrezionalità in proposito"[5]. Dall'altro, agli Stati membri è riconosciuta
una certa discrezionalità. Essi possono decidere di estendere il diritto al
ricongiungimento familiare a familiari diversi dal coniuge e dai figli
minorenni. Quando la direttiva lo consente, gli Stati membri possono
subordinare l'esercizio del diritto al ricongiungimento familiare al rispetto
di determinate condizioni. Essi mantengono una certa discrezionalità nell'esaminare
se siano soddisfatte le condizioni fissate dalla direttiva e nel ponderare i
concorrenti interessi dell'individuo e della società complessivamente intesa[6]
in ogni singola fattispecie concreta. Tuttavia, essendo l'autorizzazione al
ricongiungimento familiare la regola generale, le deroghe devono essere
interpretate restrittivamente. La discrezionalità riconosciuta agli Stati
membri non dev'essere impiegata dagli stessi in un modo che pregiudicherebbe l'obiettivo
della direttiva, che è di favorire il ricongiungimento familiare, e il suo
effetto utile[7].
Allo stesso tempo, il diritto al ricongiungimento familiare non è illimitato. I
beneficiari sono tenuti a rispettare le leggi del paese ospitante, come
stabilito dalla direttiva. In caso di abusi o frodi, è nell'interesse tanto
della società quanto dei richiedenti onesti che gli Stati membri prendano
misure energiche, come previsto dalla direttiva. Infine, la direttiva deve essere interpretata
e applicata nel rispetto dei diritti fondamentali, in particolare il diritto al
rispetto della vita privata e della vita familiare[8],
il principio di non discriminazione, i diritti del minore e il diritto a un
ricorso effettivo sanciti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (di
seguito, "CEDU") e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione
europea (di seguito, "Carta"). 2. Campo
di applicazione della direttiva La direttiva si applica esclusivamente al
soggiornante cittadino di un paese terzo[9], ossia a
chiunque non sia cittadino dell'Unione ai sensi dell'articolo 20,
paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, soggiorni
legalmente in uno Stato membro e chieda, o i cui familiari chiedano, il
ricongiungimento familiare (di seguito, "soggiornante"), e ai suoi
familiari cittadini di paesi terzi che lo raggiungano al fine di conservare l'unità
familiare, indipendentemente dal fatto che il legame familiare sia anteriore[10]. 2.1. Il
soggiornante Ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1,
della direttiva, dal momento in cui è titolare di un permesso di soggiorno
valido per almeno un anno e ha una fondata prospettiva di ottenere il diritto
di soggiornare in modo stabile, il soggiornante può presentare domanda di
ricongiungimento familiare. Per "permesso di soggiorno" si intende un'autorizzazione
rilasciata dalle autorità di uno Stato membro che consente ad un cittadino di
un paese terzo di soggiornare legalmente sul proprio territorio, fatta
eccezione per:
visti;
permessi rilasciati in attesa
dell'esame di una domanda d'asilo, una domanda di permesso di soggiorno o
una domanda di proroga dello stesso;
permessi rilasciati in
circostanze eccezionali per la proroga del soggiorno autorizzato di durata
massima di un mese;
autorizzazioni rilasciate per
soggiorni di durata inferiore ai sei mesi da Stati membri che non
applicano le disposizioni dell'articolo 21 della convenzione di
applicazione dell'accordo di Schengen[11].
La condizione che il soggiornante abbia "una
fondata prospettiva di ottenere il diritto di soggiornare in modo stabile"
dovrebbe essere verificata dagli Stati membri caso per caso, tenendo conto
delle circostanze individuali, come la natura e il tipo di permesso di
soggiorno[12],
le prassi amministrative e altri elementi pertinenti relativi alla situazione
del soggiornante. La direttiva lascia un'ampia discrezionalità agli Stati
membri nel valutare la sussistenza della fondata prospettiva di ottenere il
diritto di soggiornare in modo stabile. La verifica della "fondata prospettiva"
comporta una previsione della probabilità che siano soddisfatti i criteri per
il soggiorno di lungo periodo, tenuto conto delle normali prassi amministrative
e delle circostanze del caso. Pertanto, per ogni singola fattispecie gli Stati
membri devono valutare se, in circostanze normali, il permesso ottenuto ai
sensi della legislazione nazionale possa essere prorogato oltre il termine
richiesto per ottenere il diritto di soggiornare in modo stabile. Perché
sussista la "fondata prospettiva" non è necessario che al momento
della valutazione siano soddisfatte tutte le condizioni per il diritto di
soggiornare in modo stabile: basta che si possa prevedere che verosimilmente lo
saranno. Poiché il tipo e la finalità dei permessi di soggiorno variano
notevolmente tra gli Stati membri, spetta a questi ultimi determinare quale
tipo di permesso di soggiorno sia accettato come sufficiente per ritenere che
sussista una fondata prospettiva. X, specialista informatico con una significativa esperienza
professionale, è titolare di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro
valido per un anno in un determinato Stato membro. Fintantoché X soddisfa
le condizioni per tale permesso, questo può essere rinnovato a tempo
indeterminato, e dopo cinque anni X avrà il diritto di soggiornare in modo
stabile. X desidera essere raggiunta dal coniuge. Se tutto procede bene, X potrà
continuare a lavorare nel mondo della moda: si può quindi presumere che
continuerà a soddisfare le condizioni per questo tipo di permesso di soggiorno
e che potrà rinnovarlo a tempo indeterminato conformemente alle prassi
amministrative e alla legislazione nazionale dello Stato membro. Di
conseguenza, X ha una fondata prospettiva di ottenere il diritto di soggiornare
in modo stabile e pertanto la direttiva è applicabile. Tuttavia, il titolare di un permesso di
soggiorno rilasciato per una finalità specifica, con validità limitata e non
rinnovabile, non può, in linea di principio, essere considerato come avente una
fondata prospettiva di ottenere il diritto di soggiornare in modo stabile, ed è
pertanto escluso dal campo di applicazione della direttiva. La successiva
proroga di un permesso con finalità specifica o con un periodo di validità
inferiore a un anno, mirante unicamente ad eludere l'applicabilità della
condizione della fondata prospettiva di cui all'articolo 3, paragrafo 1,
pregiudicherebbe l'obiettivo della direttiva e il suo effetto utile[13].
Un permesso di soggiorno con validità inferiore a un anno non è sufficiente.
Sono quindi escluse le forme di soggiorno temporaneo, come quelle dei lavoratori
temporanei o stagionali. Z è una ragazza alla pari titolare di un permesso di soggiorno valido 24
mesi, non rinnovabile; non ha quindi alcuna prospettiva fondata di soggiornare
in modo stabile, per cui la direttiva non è applicabile. W è un lavoratore stagionale titolare di un permesso di soggiorno
valido nove mesi. Poiché il permesso non è valido per almeno un anno, la
direttiva non è applicabile. 2.2. Familiari L'articolo 4, paragrafo 1, della
direttiva stabilisce che i membri della famiglia nucleare, cioè il coniuge e i
figli minorenni, hanno in ogni caso diritto al ricongiungimento familiare. Tale
articolo impone agli Stati membri obblighi positivi precisi, cui
corrispondono diritti soggettivi chiaramente definiti, imponendo loro, nelle ipotesi
contemplate dalla direttiva, di autorizzare il ricongiungimento familiare di
taluni congiunti del soggiornante senza potersi avvalere di discrezionalità in
proposito[14].
Anche i figli minorenni, compresi quelli adottati, del soggiornante o del
coniuge hanno diritto al ricongiungimento familiare, a condizione che il
soggiornante o il coniuge, rispettivamente, sia titolare dell'affidamento e
responsabile del loro mantenimento. Ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1,
lettere c) e d), seconda frase, nel caso di figli affidati ad entrambi
i genitori gli Stati membri possono autorizzare il ricongiungimento
soltanto a condizione che l'altro titolare dell'affidamento abbia dato il suo
consenso. Il concetto di "affidamento" va inteso come l'insieme di
diritti e doveri concernenti la cura della persona di un minore, in particolare
il diritto di intervenire nella decisione riguardo al suo luogo di residenza. L'affidamento
si considera esercitato congiuntamente da entrambi i genitori quando uno dei
titolari della responsabilità genitoriale non può, conformemente ad una
decisione o al diritto nazionale, decidere il luogo di residenza del minore
senza il consenso dell'altro titolare della responsabilità genitoriale[15]. In generale, l'accordo dei genitori sull'affidamento
deve essere dimostrato ed essere in linea con il diritto di famiglia degli
Stati membri e, se del caso, il diritto internazionale privato. Tuttavia, nei
casi particolari in cui si crea uno stallo[16] spetta agli
Stati membri stabilire come risolvere la situazione. La decisione deve
comunque essere presa nell'interesse superiore del minore, conformemente all'articolo 5,
paragrafo 5[17],
e su base individuale, tenendo conto dei motivi per cui non è stato possibile
raggiungere un accordo e delle altre circostanze specifiche del caso. L'articolo 4, paragrafi 2 e 3,
contiene disposizioni facoltative che consentono agli Stati membri di
autorizzare l'ingresso e il soggiorno di altri familiari, come gli ascendenti
di primo grado del soggiornante o del suo coniuge, i figli adulti non
coniugati, il partner non coniugato che abbia una relazione duratura con il
soggiornante e il partner legato da una relazione formalmente registrata. Negli
Stati membri che hanno scelto di autorizzare il ricongiungimento familiare di
tutti i familiari elencati in tali paragrafi, la direttiva è integralmente
applicabile. La disposizione facoltativa di cui all'articolo 4,
paragrafo 2, lettera a), consente il ricongiungimento degli
ascendenti diretti di primo grado del soggiornante o del suo coniuge, a condizione
che (1) siano a carico di questi ultimi e (2) non dispongano di un
adeguato sostegno familiare nel paese d'origine. È stato riconosciuto che la nozione di "persona
a carico" (o "dipendenza") ha un significato autonomo in
forza del diritto dell'Unione. Sebbene la Corte sia giunta a questa conclusione
nella giurisprudenza relativa alla direttiva 2004/38/CE[18]
(di seguito, "direttiva sulla libera circolazione")[19],
la scelta della lingua usata dalla Corte non indica che le sue conclusioni
siano limitate a tale direttiva. Senza dimenticare che il contesto e le
finalità delle due direttive non sono gli stessi[20],
tuttavia i criteri utilizzati dalla Corte per valutare la dipendenza possono,
mutatis mutandis, servire da guida per gli Stati membri nello stabilire i
criteri per valutare la natura e la durata della dipendenza dell'interessato
nel contesto dell'articolo 4, paragrafo 2, lettera a). La Corte ha dichiarato che lo status di
familiare "a carico" risulta da una situazione di fatto
caratterizzata dalla circostanza che il sostegno giuridico, economico, emotivo
o materiale del familiare è garantito dal soggiornante o dal suo
coniuge/partner[21].
Nell'esaminare la situazione personale del richiedente, l'autorità competente
deve tener conto dei vari fattori che possono risultare pertinenti a seconda
dei casi, quali il grado di dipendenza economica o fisica e il grado di
parentela tra il soggiornante e il familiare[22]. Di
conseguenza, la "dipendenza" può variare in funzione della situazione
e del singolo familiare interessato. Per determinare se il familiare sia a carico,
gli Stati membri devono valutare se, tenuto conto delle sue condizioni
economiche e sociali, abbia bisogno di sostegno materiale per sopperire ai suoi
bisogni essenziali nel paese d'origine o di provenienza al momento in cui
chiede di ricongiungersi con il soggiornante[23]. Non esistono
condizioni sull'importo del sostegno materiale, né è fissato un determinato
livello di vita per determinare la necessità di sostegno economico da parte del
soggiornante[24].
La condizione di familiare a carico non presuppone neppure l'esistenza di un
diritto agli alimenti[25].
Gli Stati membri possono imporre requisiti particolari riguardo alla natura o
alla durata della dipendenza, al fine di assicurarsi che detta situazione sia reale
e stabile e non sia stata determinata dal solo scopo di ottenere l'ingresso e
il soggiorno nel loro territorio. È necessario, tuttavia, che tali requisiti
siano conformi al significato comune dei termini relativi alla dipendenza
utilizzati all'articolo 4 della direttiva e non privino tale disposizione del
suo effetto utile[26]. Il concetto di "adeguato sostegno
familiare", in riferimento agli ascendenti diretti di primo grado, di
cui all'articolo 4, paragrafo 2, lettera a), non dovrebbe essere
considerato esclusivamente in senso materiale e lascia discrezionalità agli
Stati membri quanto al livello di sostegno ritenuto adeguato. La condizione
è soddisfatta se nessun altro familiare nel paese d'origine fornisce, per legge
o de facto, sostegno all'interessato, ossia nessun altro potrebbe sostituire il
soggiornante o il suo coniuge nei doveri di assistenza quotidiana. La
situazione dovrebbe essere valutata alla luce delle circostanze del caso. Tutte le disposizioni di questa sezione devono
essere applicate nel rispetto del principio di non discriminazione sancito, in
particolare, dall'articolo 21 della Carta, come precisato nel
considerando 5. 2.3. Età
minima del coniuge Ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 5,
della direttiva gli Stati membri possono imporre un limite minimo di età per il
soggiornante e il coniuge perché il ricongiungimento familiare possa aver
luogo. Il limite minimo di età non può essere superiore a 21 anni. Tale facoltà
può essere utilizzata solo per assicurare una migliore integrazione ed evitare
i matrimoni forzati. Di conseguenza, gli Stati membri possono imporre un limite
minimo età soltanto a tal fine e non in un modo che pregiudicherebbe l'obiettivo
della direttiva e il suo effetto utile[27]. L'articolo 5, paragrafo 5, e l'articolo 17
fanno obbligo agli Stati membri di tenere nella dovuta considerazione l'interesse
superiore del minore e di condurre un esame individuale delle domande di
ricongiungimento familiare. Se uno Stato membro impone un'età minima, deve
comunque essere effettuata una valutazione, caso per caso, di tutte le
circostanze pertinenti della singola domanda. Il livello minimo di età può
servire da riferimento, ma non può essere usato come soglia generale al di
sotto della quale tutte le domande sono respinte sistematicamente, a
prescindere dall'esame concreto della situazione del richiedente[28].
La condizione dell'età minima è solo uno degli elementi che gli Stati membri
devono prendere in considerazione nell'esaminare la domanda[29]. Se dalla valutazione individuale risulta che
la giustificazione per applicare l'articolo 4, paragrafo 5, ossia
garantire una migliore integrazione ed evitare i matrimoni forzati, non è
applicabile, gli Stati membri devono prevedere un'eccezione e di conseguenza
permettere il ricongiungimento familiare nei casi in cui la condizione dell'età
minima non è soddisfatta, ad esempio quando risulta chiaro dalla valutazione
individuale che non vi è abuso, come nel caso di un figlio comune. Y, soggiornante trentenne, intende ricongiungersi con la moglie
ventenne che ha sposato due anni prima e con i loro due figli comuni. La moglie
ha una conoscenza di base della lingua dello Stato membro. Quest'ultimo prevede
una condizione di età minima di 21 anni. In questo caso, l'età minima può valere soltanto come riferimento,
quindi è solo uno degli elementi di cui tenere conto nella valutazione
individuale della situazione. Il fatto che Y e sua moglie abbiano due figli
in comune è un indice dell'improbabilità di un matrimonio forzato; inoltre, dev'essere
preso in considerazione l'interesse dei figli minorenni. La formulazione degli articoli 4, 7 e 8 indica
chiaramente il momento in cui il richiedente o il soggiornante deve soddisfare
le condizioni. L'articolo 7 si apre con l'espressione "[a]l momento
della presentazione della domanda di ricongiungimento familiare", mentre
gli articoli 4 e 8 precisano, rispettivamente, "perché il ricongiungimento
familiare possa aver luogo" e "prima di farsi raggiungere dai suoi
familiari". Pertanto, la condizione dell'età minima deve essere soddisfatta
al momento dell'effettivo ricongiungimento familiare e non al momento della
presentazione della domanda. Di conseguenza, le domande dovrebbero poter essere
presentate ed esaminate prima che la condizione dell'età minima sia
soddisfatta, soprattutto in considerazione dei tempi di trattamento, che
possono arrivare fino a nove mesi. Tuttavia, gli Stati membri possono rimandare
l'effettivo ricongiungimento familiare al compimento dell'età minima. 3. Presentazione
ed esame della domanda 3.1. Presentazione
della domanda Ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1,
gli Stati membri devono determinare se la domanda di ingresso e di soggiorno
debba essere presentata dal soggiornante oppure dal familiare o dai familiari.
L'articolo 5, paragrafo 3, fissa la regola generale secondo cui la
domanda è presentata ed esaminata quando i familiari soggiornano all'esterno
del territorio dello Stato membro nel cui territorio risiede il soggiornante. Come anticipato al considerando 7 e disposto
all'articolo 5, paragrafo 3, secondo comma, in determinate
circostanze gli Stati membri possono derogare alla regola generale del primo
comma e applicare la direttiva in situazioni in cui l'unità familiare può
essere conservata fin dall'inizio del soggiorno del soggiornante[30].
Pertanto, in determinate circostanze gli Stati membri possono accettare che le
domande siano presentate quando i familiari si trovano già nel loro territorio.
Gli Stati membri dispongono di un'ampia discrezionalità nel determinare l'adeguatezza
delle circostanze[31]. Gli Stati membri possono subordinare la
presentazione delle domande di ricongiungimento familiare al pagamento di
contributi amministrativi ragionevoli e proporzionati, e nel fissarne l'importo
dispongono di un margine discrezionale limitato, in quanto non devono
compromettere la realizzazione degli obiettivi della direttiva e privarla del
suo effetto utile[32].
L'importo però non deve avere né per scopo né per effetto di creare un ostacolo
all'esercizio del diritto al ricongiungimento familiare. Contributi aventi un'incidenza
finanziaria considerevole per i cittadini di paesi terzi che soddisfano le
condizioni previste dalla direttiva potrebbero privare tali cittadini della
possibilità di esercitare i diritti conferiti dalla direttiva e pertanto
sarebbero di per sé eccessivi e sproporzionati[33]. Per valutarne
la proporzionalità, i contributi esigibili dai cittadini di paesi terzi e dai
loro familiari ai sensi della direttiva 2003/86/CE potrebbero essere
confrontati con quelli riscossi dai cittadini nazionali per il rilascio di
documenti analoghi, tenendo conto del fatto le situazioni di tali persone non
sono identiche[34].
Al fine di promuovere l'interesse superiore del minore, la Commissione
incoraggia gli Stati membri a esentare dai contributi amministrativi le domande
presentate da minori. Qualora in uno Stato membro sia richiesto il visto d'ingresso,
le condizioni per il rilascio del visto dovrebbero essere agevolate e il visto
dovrebbe essere concesso senza ulteriori spese amministrative. 3.2. Documenti
a corredo della domanda Ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 2,
della direttiva la domanda di ricongiungimento familiare deve essere corredata:
a) dei documenti che comprovano i vincoli
familiari; b) dei documenti che comprovano il rispetto
delle condizioni previste dagli articoli 4 e 6 e, nel caso siano applicabili,
dagli articoli 7 e 8; c) di copie autenticate dei documenti di
viaggio del familiare o dei familiari. Gli Stati membri dispongono di una certa
discrezionalità nel decidere sull'opportunità e necessità di verificare i
documenti che comprovano i vincoli familiari tramite colloqui o altre indagini,
compreso l'esame del DNA. In base ai criteri dell'opportunità e della
necessità, tali indagini non sono ammesse se sussistono altri mezzi idonei meno
restrittivi per accertare l'esistenza dei vincoli familiari. La domanda, i
documenti che la corredano e l'opportunità e la necessità di colloqui e altre
indagini devono essere valutati caso per caso. Oltre a elementi quali figli in comune,
precedente coabitazione e relazione formalmente registrata, i vincoli familiari
tra partner non sposati possono essere provati con qualsiasi mezzo di prova
affidabile che dimostri il carattere stabile e a lungo termine della relazione,
ad esempio corrispondenza, fatture e conti bancari comuni o comproprietà di
beni immobili, ecc. 3.3. Termini
per l'esame della domanda L'articolo 5, paragrafo 4, fa
obbligo agli Stati membri di comunicare per iscritto, non appena possibile, la
decisione sulla domanda. Il considerando 13 precisa che le regole procedurali
che disciplinano l'esame della domanda devono essere efficaci e gestibili
rispetto al normale carico di lavoro delle amministrazioni degli Stati membri. Pertanto, come regola generale, quando
il carico di lavoro è normale, una domanda standard dovrebbe essere trattata
prontamente, senza inutili ritardi. Se, in via eccezionale, il carico di lavoro
supera la capacità amministrativa o se la domanda richiede un ulteriore esame,
può giustificarsi il termine massimo di nove mesi. Il termine di nove
mesi decorre dalla data di presentazione della domanda, non dalla data di
comunicazione del ricevimento della domanda da parte dello Stato membro. La proroga eccezionale del termine di nove
mesi ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 4, secondo comma, si
giustifica solo in circostanze eccezionali dovute alla complessità della
domanda da esaminare. Tale deroga dovrebbe essere interpretata
restrittivamente[35]
e su base individuale. L'amministrazione di uno Stato membro che intenda
avvalersi di questa possibilità deve giustificare la proroga dimostrando che la
complessità eccezionale del caso di specie è dovuta a circostanze eccezionali.
Eventuali problemi di capacità amministrativa non possono in alcun modo
giustificare una proroga eccezionale, che andrebbe comunque limitata allo
stretto necessario per prendere una decisione. Esempi di circostanze
eccezionali dovute alla complessità del caso sono la necessità di valutare i
vincoli familiari nell'ambito di più unità familiari, una grave crisi nel paese
d'origine che impedisce di accedere ai dati amministrativi, difficoltà nell'organizzare
audizioni dei familiari nel paese d'origine a causa della scarsa sicurezza,
difficoltà di accesso alle rappresentanze diplomatiche, la necessità di
stabilire quale sia il titolare del diritto all'affidamento in caso di genitori
separati. L'articolo 5, paragrafo 4, prescrive
che la decisione sia comunicata per iscritto e che, se negativa, sia
debitamente motivata in fatto e in diritto al fine di consentire al richiedente
l'effettivo esercizio del diritto a proporre impugnativa[36]. 4. Condizioni
richieste per l'esercizio del diritto al ricongiungimento familiare 4.1. Ordine
pubblico, sicurezza pubblica e sanità pubblica L'articolo 6, paragrafi 1 e 2,
consente agli Stati membri di respingere una domanda oppure di revocare o
rifiutare di rinnovare il permesso di soggiorno di un familiare per ragioni di
ordine pubblico, di sicurezza pubblica o di sanità pubblica. Il considerando 14
fornisce alcune indicazioni sulla portata di tali nozioni. La persona che
desideri ottenere la riunificazione della famiglia non dovrebbe costituire una minaccia
per l'ordine pubblico e la sicurezza interna. Nella nozione di ordine pubblico
può rientrare una condanna per aver commesso un reato grave. Nel concetto di
ordine pubblico e di sicurezza pubblica rientrano i casi in cui un cittadino di
un paese terzo fa parte di un'organizzazione che sostiene il terrorismo
internazionale, sostiene una siffatta organizzazione o nutre aspirazioni
estremistiche. Oltre a quanto esposto, la definizione di tali
nozioni è in gran parte lasciata alla discrezionalità degli Stati membri, fatto
salvo il rispetto della pertinente giurisprudenza della Corte europea dei
diritti dell'uomo e della Corte. Sebbene non riguardi direttamente i cittadini
di paesi terzi, la pertinente giurisprudenza della Corte può, mutatis mutandis,
servire da base per definire le nozioni in questione per analogia[37]. Nel valutare la domanda gli Stati membri
dovrebbero applicare il principio di proporzionalità. Ai sensi dell'articolo 6,
paragrafo 2, secondo comma, nell'adottare la decisione gli Stati membri
devono tener conto delle circostanze particolari del caso di specie
(articolo 17), della gravità o del tipo di reato contro l'ordine pubblico o la
sicurezza pubblica o dei pericoli rappresentati dal richiedente. Il
considerando 14 precisa che il ricongiungimento familiare può essere rifiutato
solo per motivi debitamente giustificati. La condizione della sanità pubblica può
essere fatta valere solo in presenza di una minaccia per il grande pubblico che
non può essere facilmente evitata con misure di salvaguardia della salute. Ai
fini della definizione della sanità pubblica nel contesto del ricongiungimento
familiare possono essere d'aiuto le disposizioni analoghe della direttiva sui
soggiornanti di lungo periodo, dal momento che tali disposizioni si applicano a
situazioni analoghe, riguardano anch'esse cittadini di paesi terzi e hanno lo
stesso scopo[38].
In quanto tali, le sole malattie che possono
essere considerate una minaccia per la sanità pubblica sono quelle definite
dagli strumenti pertinenti dell'Organizzazione mondiale della sanità, nonché
altre malattie infettive o parassitarie contagiose che nel paese ospitante
siano oggetto di disposizioni di protezione per i cittadini nazionali. Gli
Stati membri possono prescrivere una visita medica al fine di accertare che il
familiare non soffra di tali malattie. Tali visite mediche non devono tuttavia
essere svolte sistematicamente. 4.2. Condizione
dell'alloggio Conformemente all'articolo 7,
paragrafo 1, lettera a), gli Stati membri possono chiedere di
dimostrare che il soggiornante dispone di un alloggio considerato normale per
una famiglia analoga nella stessa regione e che corrisponda alle norme generali
di sicurezza e di salubrità in vigore nello Stato membro interessato. La
valutazione della natura dell'alloggio spetta agli Stati membri, ma i criteri
adottati non possono essere discriminatori e il richiamato articolo fissa il
massimo di ciò che può essere richiesto. I criteri relativi alla dimensione o
alle norme sanitarie e di sicurezza non possono essere più severi di quelli
relativi a un'abitazione situata nella stessa regione e destinata a una
famiglia paragonabile dal punto di vista del numero delle persone e della
situazione sociale. La "stessa regione" dovrebbe comprendere
unità geografiche tra le quali possono esistere norme differenti, ad esempio a
livello regionale o comunale. I criteri adottati dagli Stati membri dovrebbero
essere trasparenti e chiaramente specificati nella legislazione nazionale. Lo scopo di questa disposizione è garantire un
alloggio adeguato al soggiornante e ai suoi familiari. Pertanto, il rispetto di
questa condizione può essere valutato in base alla situazione in cui si trova
il soggiornante all'atto della presentazione della domanda o in base a una
ragionevole previsione dell'alloggio di cui disporrà il soggiornante quando
sarà raggiunto dal familiare o dai familiari. Un contratto di acquisto o di locazione, ad
esempio, può servire da prova. Un contratto di locazione di durata limitata può
essere ritenuto insufficiente. Qualora il periodo di attesa e i tempi di esame
della domanda siano lunghi, esigere che tale condizione sia soddisfatta al
momento della presentazione della domanda può essere sproporzionato e
pregiudicare l'obiettivo e l'effetto utile della direttiva, in quanto il
soggiornante potrebbe dover sopportare notevoli oneri finanziari e
amministrativi aggiuntivi. In tali circostanze specifiche, la Commissione
incoraggia gli Stati membri a una certa flessibilità, ad esempio accettando
come prova un contratto di locazione sottoposto a condizione sospensiva secondo
cui il contratto entrerà in vigore una volta che sia stato accordato il
ricongiungimento familiare e che i familiari abbiano effettivamente fatto
ingresso nello Stato membro in questione. 4.3. Condizione
dell'assicurazione malattia Conformemente all'articolo 7,
paragrafo 1, lettera b), gli Stati membri possono chiedere di
dimostrare che il soggiornante dispone di un'assicurazione contro le malattie
che copra tutti i rischi di norma coperti per i cittadini dello Stato membro
interessato, per se stesso e per i suoi familiari. Se lo Stato membro in questione dispone di un
sistema di assicurazione sanitaria obbligatoria e universale che è anche a
disposizione e obbligatoria per i soggiornanti cittadini di paesi terzi, si
deve presumere che tale condizione sia soddisfatta. La Commissione ritiene che
la richiesta di un'assicurazione sanitaria privata aggiuntiva costituirebbe un
onere inutile e pregiudicherebbe l'obiettivo e l'effetto utile della direttiva.
Se lo Stato membro dispone di un sistema contributivo volontario, tale
condizione può essere soddisfatta attraverso: a) un sistema di assicurazione sanitaria
sottoposta a condizione sospensiva, per cui la copertura sanitaria è
subordinata all'accettazione della domanda di ricongiungimento familiare di un
familiare, oppure b) un'assicurazione sanitaria privata che
copra i rischi di norma coperti da un'assicurazione sanitaria per i cittadini
dello Stato membro. 4.4. Condizione
delle risorse sufficienti Conformemente all'articolo 7,
paragrafo 1, lettera c), gli Stati membri possono chiedere di
dimostrare che il soggiornante dispone di risorse stabili e regolari
sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari senza ricorrere al
sistema di assistenza sociale dello Stato membro interessato. Nella causa
Chakroun, la Corte ha giudicato che, dato che l'autorizzazione del
ricongiungimento familiare costituisce la regola generale, tale facoltà deve
essere interpretata restrittivamente. Pertanto, la discrezionalità riconosciuta
agli Stati membri non dev'essere impiegata dagli stessi in un modo che
pregiudicherebbe l'obiettivo della direttiva e il suo effetto utile[39].
La Corte ha specificato che tale facoltà deve essere esercitata alla luce dell'articolo
7 e dell'articolo 24, paragrafi 2 e 3, della Carta, i quali impongono agli
Stati membri di esaminare le domande di ricongiungimento nell'interesse dei
minori di cui trattasi e nell'ottica di favorire la vita familiare[40]. La valutazione della stabilità e della regolarità
delle risorse deve basarsi sulla previsione che le risorse possano essere
ragionevolmente disponibili nel prossimo futuro, in modo che il richiedente non
necessiti di ricorrere al sistema di assistenza sociale. A tal fine, il
richiedente può dimostrare che dispone di un certo livello di risorse che
dovrebbero rimanere disponibili su base regolare. Di conseguenza, in
generale, un contratto di lavoro a tempo indeterminato dovrebbe essere considerato
una prova sufficiente. Gli Stati membri sono invitati a tener conto
delle realtà del mercato del lavoro, in cui i contratti di lavoro a tempo
indeterminato possono essere sempre più inusuali, soprattutto all'inizio di un
rapporto di lavoro. Se il richiedente fornisce la prova di un altro tipo di
contratto di lavoro, ad esempio un contratto temporaneo prorogabile, gli Stati
membri sono incoraggiati a non respingere automaticamente la domanda soltanto
in base alla natura del contratto. In tali casi, è necessaria una valutazione
di tutte le circostanze pertinenti della fattispecie. In determinati settori, ad esempio in alcuni
settori creativi, delle tecnologie dell'informazione o dei media, i contratti
di lavoro temporaneo possono costituire la prassi abituale, ma le risorse
possono essere stabili e regolarmente disponibili. Altri elementi pertinenti
per la valutazione della disponibilità di risorse possono essere, ad esempio,
le qualifiche e le competenze del soggiornante, i posti vacanti strutturali nel
settore del soggiornante o la situazione del mercato del lavoro nello Stato
membro. Il precedente accesso a determinate somme per un certo periodo di tempo
può sicuramente costituire un elemento di prova, ma non deve essere imposto come
condizione, in quanto si introdurrebbero una condizione aggiuntiva e un periodo
di attesa non previsti dalla direttiva, soprattutto se il soggiornante è all'inizio
della sua carriera. Per quanto riguarda la natura delle
risorse, queste possono consistere in redditi da lavoro dipendente, ma anche in
altri mezzi, quali redditi da lavoro autonomo, mezzi privati a disposizione del
soggiornante, pagamenti basati su diritti maturati mediante contributi
precedenti del soggiornante o del familiare (ad esempio, pensioni di anzianità
o invalidità). Inoltre, per valutare se le risorse siano sufficienti,
l'espressione "risorse stabili e regolari sufficienti" contrapposta a
"senza ricorrere al sistema di assistenza sociale" indica che il
fatto di non ricorrere al sistema di assistenza sociale è un criterio
fondamentale per valutare il rispetto di tale condizione. Per "assistenza
sociale" s'intende l'assistenza elargita dalle autorità pubbliche a
livello nazionale, regionale o locale, a cui può ricorrere un soggetto, nel
caso di specie il soggiornante, che non disponga di risorse stabili e regolari
sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari e che, per questo,
rischia di diventare, durante il proprio soggiorno, un onere per l'assistenza
sociale dello Stato membro ospitante[41].
Si tratta di una nozione autonoma del diritto dell'Unione, che non può essere
definita facendo riferimento a nozioni di diritto nazionale[42].
La Corte ha precisato che tale nozione dev'essere interpretata come finalizzata
all'assistenza che supplisce una mancanza di risorse stabili, regolari e
sufficienti e non come l'assistenza che consentirebbe di far fronte a necessità
straordinarie o impreviste[43].
Pertanto, il riferimento al "ricorrere al sistema di assistenza sociale"
non consente ad uno Stato membro di negare il ricongiungimento familiare a un
soggiornante che dimostri di disporre di risorse stabili e regolari sufficienti
per mantenere se stesso e i suoi familiari, ma che, alla luce del livello del
suo reddito, potrà nondimeno ricorrere all'assistenza speciale per provvedere a
spese di sostentamento particolari e individualmente stabilite, a sgravi
fiscali accordati da amministrazioni locali sulla base del reddito o a
provvedimenti di sostegno del reddito[44]. Nel valutare le risorse del soggiornante e
determinare il livello dell'assistenza sociale, gli Stati membri possono tener
conto della soglia minima delle retribuzioni e delle pensioni nazionali,
nonché del numero di familiari. Nella sentenza Chakroun la Corte ha
sottolineato che tale facoltà dev'essere interpretata restrittivamente ed
esercitata evitando di pregiudicare l'obiettivo della direttiva e il suo
effetto utile[45].
Di conseguenza, la soglia minima delle retribuzioni nazionali deve essere
considerata come il limite massimo di ciò che gli Stati membri possono
richiedere, tranne se gli Stati membri scelgono di tenere conto del numero di
familiari. Inoltre, gli Stati membri possono indicare una
certa somma come importo di riferimento, ma poiché i bisogni possono
variare molto a seconda degli individui, essi non possono imporre un importo di
reddito minimo al di sotto del quale qualsiasi ricongiungimento familiare
sarebbe respinto a prescindere da un esame concreto della situazione di ciascun
richiedente in conformità dell'articolo 17[46].
Pertanto, una domanda non può essere respinta per il solo motivo che le risorse
del richiedente non raggiungono l'importo di riferimento. Prima di prendere una
decisione sulla domanda, deve essere effettuata una valutazione individuale di
tutti gli elementi del caso di specie. La Corte ha sottolineato che sono, in linea
di principio, le risorse del soggiornante ad essere oggetto dell'esame
individualizzato delle domande di ricongiungimento prescritto dalla direttiva 2003/86
e non le risorse del cittadino di un paese terzo per il quale è richiesto un
diritto di soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare[47].
Allo stesso tempo, utilizzando l'espressione "in linea di principio"
la Corte suggerisce che gli Stati membri possono scegliere di tener conto delle
risorse dei familiari o che le deroghe a questa regola possono essere concesse
in singoli casi giustificati da circostanze particolari[48]. Infine, la Corte ha precisato che la
legislazione nazionale che applica questo requisito non è autorizzata a operare
una distinzione tra i vincoli familiari sorti prima e quelli sorti dopo l'ingresso
del soggiornante nel territorio dello Stato membro. La capacità del
soggiornante di disporre di risorse regolari e sufficienti per mantenere se
stesso e i suoi familiari non può dipendere in alcun modo dal momento in cui
egli ha costituito la sua famiglia[49]. 4.5. Misure
di integrazione La Commissione riconosce che gli Stati membri
godono di una discrezionalità nel decidere se chiedere ai cittadini di paesi
terzi di soddisfare le misure di integrazione e nello sviluppare le misure più
appropriate nel loro contesto nazionale[50]; sottolinea
tuttavia che tali misure sono intese ad agevolare l'integrazione dei familiari
e sono ammissibili se corrispondono a tale scopo e se rispettano il principio
di proporzionalità. Pertanto, la loro ammissibilità dipende dalla loro
accessibilità e dalle modalità in cui sono elaborate e organizzate, e dal fatto
che le misure stesse o il loro impatto non rispondano a finalità diverse dall'integrazione.
Se, in realtà, sono usate per limitare il ricongiungimento familiare, le misure
di integrazione si traducono in un'ulteriore condizione per il ricongiungimento
familiare. Ciò pregiudicherebbe l'obiettivo della direttiva, che è di favorire
il ricongiungimento familiare, e il suo effetto utile[51]. Pertanto, gli Stati membri possono chiedere ai
familiari di soddisfare le misure di integrazione ai sensi dell'articolo 7,
paragrafo 2, ma ciò non può costituire una condizione assoluta a cui è
subordinato il diritto al ricongiungimento familiare. La natura delle misure
di integrazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2, è diversa da
quella delle condizioni previste dall'articolo 4, paragrafo 1, e dall'articolo 7,
paragrafo 1. In primo luogo, l'articolo 4, paragrafo 1 — in quanto
clausola di tipo sospensivo soltanto[52]
— permette agli Stati membri, prima di autorizzarne l'ingresso e il
soggiorno, di esaminare se il minore che abbia superato i dodici anni e giunga
indipendentemente dal resto della famiglia soddisfi le condizioni per la sua
integrazione[53].
In secondo luogo, a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, gli Stati
membri possono chiedere di dimostrare che le condizioni previste in tale
articolo sono soddisfatte o possono essere soddisfatte in base a una previsione
ragionevole. Queste possono quindi considerarsi condizioni preliminari
di cui gli Stati membri possono chiedere il rispetto da parte del soggiornante prima
di autorizzare l'ingresso e il soggiorno dei familiari. Al contrario, l'articolo 7, paragrafo 2,
consente agli Stati membri di chiedere ai cittadini di paesi terzi di
soddisfare le misure di integrazione. Gli Stati membri possono chiedere
ai familiari un certo sforzo per dimostrare la loro volontà di integrarsi, ad
esempio esigendo la partecipazione a corsi di lingua o di integrazione, prima o
dopo il loro arrivo. Poiché queste misure sono destinate ad agevolare il
processo di integrazione, ne discende che il modo in cui gli Stati membri si
avvalgono di tale facoltà non può essere illimitato. L'articolo 7, paragrafo 2, permette
agli Stati membri di chiedere a un immigrato di compiere gli sforzi necessari
per poter vivere la quotidianità nella società in cui deve integrarsi, e di
verificare che tale persona dimostri la volontà richiesta di integrarsi nel suo
nuovo ambiente. La verifica della volontà di integrarsi può consistere in un
esame delle competenze di base ritenute necessarie per l'integrazione. Tale
esame dovrebbe essere sensibile alle specificità di genere per tener conto
della situazione specifica di alcune donne il cui livello di istruzione, ad
esempio, potrebbe essere scarso. Il livello di difficoltà dell'esame, i
costi di partecipazione, l'accessibilità del materiale didattico necessario per
prepararsi all'esame o l'accessibilità dell'esame stesso non devono, infatti,
costituire ostacoli che complichino il raggiungimento di tale scopo[54].
In altre parole, le misure di integrazione che uno Stato membro può esigere non
possono risultare in un obbligo di adempimento, che rappresenta in realtà una
misura che limita la possibilità di ricongiungimento familiare. Le misure
devono, al contrario, contribuire al successo del ricongiungimento familiare. Inoltre, le misure di integrazione devono
essere proporzionate e applicate con la necessaria flessibilità per garantire
che, in singoli casi e alla luce delle specifiche circostanze della
fattispecie, il ricongiungimento familiare possa essere accordato anche se non
sono soddisfatte le condizioni per l'integrazione[55].
Pertanto gli Stati membri dovrebbero prevedere l'effettiva possibilità di una
deroga, un rinvio o altre forme di misure di integrazione in presenza di
determinati aspetti specifici o circostanze personali dell'immigrato in
questione. Le specifiche circostanze individuali che
possono essere prese in considerazione sono, ad esempio, le capacità cognitive,
la posizione vulnerabile dell'interessato, casi particolari di inaccessibilità
delle strutture di insegnamento o di esame, o altre situazioni di grave
disagio. È opportuno prestare particolare attenzione al fatto che in varie
parti del mondo le donne e le ragazze hanno meno possibilità di accedere all'istruzione
e potrebbero avere un livello di alfabetizzazione inferiore a quello degli
uomini. Pertanto, gli Stati membri non possono rifiutare l'ingresso e il soggiorno
nel loro territorio di un familiare di cui all'articolo 4, paragrafo 1,
per il solo motivo che, ancora all'estero, non ha superato l'esame di
integrazione previsto dalla legislazione dello Stato membro[56]. La Commissione ritiene che gli Stati membri
debbano prevedere le misure di integrazione necessarie affinché i familiari
conoscano il loro nuovo paese di residenza e acquisiscano le competenze
linguistiche che possono facilitarne l'integrazione. Pertanto, i corsi di
lingua e di integrazione dovrebbero essere offerti in modo accessibile
(disponibilità in diversi luoghi), essere gratuiti o almeno alla portata di
tutti e tenere conto delle esigenze individuali, comprese quelle di genere
(ad esempio, con strutture di assistenza all'infanzia). Sebbene le misure
di integrazione prima della partenza possano contribuire a preparare i migranti
alla loro nuova vita nel paese ospitante fornendo informazioni e formazione
prima della migrazione, spesso le misure di integrazione possono essere più
efficaci nel paese ospitante. 4.6. Periodo
di attesa L'articolo 8 della direttiva mantiene un
margine di discrezionalità limitato a favore degli Stati membri, consentendo
loro di esigere che il soggiornante, prima di farsi raggiungere dai suoi
familiari, abbia soggiornato legalmente nel loro territorio per un periodo non
superiore a due anni. Lo Stato membro che scelga di avvalersi di tale facoltà
non può imporre un periodo di attesa generale e globale applicabile allo stesso
modo a tutti i richiedenti a prescindere dalle particolari circostanze dei
singoli specifici casi e dall'interesse superiore dei figli minorenni[57].
La Corte ha sottolineato che la durata della residenza nello Stato membro
costituisce solo uno degli elementi che devono essere presi in considerazione
dallo Stato medesimo nell'ambito dell'esame di una domanda e che non si può
imporre un periodo di attesa senza tener conto, nei casi specifici, del
complesso degli elementi pertinenti e dell'interesse superiore dei figli
minorenni[58]. Lo scopo di questa disposizione è consentire
agli Stati membri di assicurarsi che il ricongiungimento familiare abbia luogo
in condizioni favorevoli, dopo un periodo di soggiorno sufficientemente lungo
nello Stato membro ospitante da parte del soggiornante perché si possa
presumere un insediamento stabile e un certo livello di integrazione[59].
Il periodo di attesa e la relativa durata sono ammissibili ai sensi della
direttiva solo se rispondono a tale scopo e se rispettano il principio di
proporzionalità. Per evitare un impatto sproporzionato sulla vita
familiare, la Commissione incoraggia gli Stati membri a limitare la durata del
periodo di attesa allo stretto necessario per conseguire lo scopo della
disposizione, in particolare nei casi che coinvolgono figli minorenni. La Commissione è del parere che per
determinare la durata del "soggiorno legale" del soggiornante si
debba tener conto di tutti i periodi in cui l'interessato ha soggiornato nel
territorio dello Stato membro conformemente alla legislazione nazionale, a
decorrere dal primo giorno. Può trattarsi di un soggiorno basato su un permesso
di soggiorno o su qualunque altro titolo che consenta giuridicamente il
soggiorno. Dovrebbero tuttavia essere esclusi i soggiorni irregolari, compresi
i periodi di tolleranza e i periodi in cui il rimpatrio è stato posticipato. Gli Stati membri possono esigere che il
soggiorno legale sia continuo, dato che lo scopo della disposizione è
raggiungere un certo livello di stabilità e integrazione. Tuttavia, possono
essere ammesse le interruzioni che non compromettono tale scopo, ad esempio le
assenze temporanee (come i viaggi d'affari, le vacanze o le visite a familiari
nel paese di origine, ecc.) o brevi periodi di soggiorno irregolare (ad
esempio, scadenza della carta di soggiorno per ritardo nella presentazione
della domanda di proroga o per ritardi nel suo trattamento). Ai fini della
durata del soggiorno legale dovrebbero essere computati anche i periodi di
soggiorno legale effettuati prima dell'ottenimento da parte del soggiornante di
un permesso di soggiorno valido per almeno un anno, come richiesto dall'articolo 3,
paragrafo 1. X è un cittadino di un paese terzo che soggiorna legalmente in uno
Stato membro da nove mesi, ininterrottamente. Oggi X ha ottenuto un permesso di
soggiorno con validità di un anno e rinnovabile a tempo indeterminato. X
intende farsi raggiungere dalla moglie, cittadina di un paese terzo, e presenta
domanda di ricongiungimento familiare; si chiede quando la consorte potrà
raggiungerlo. Lo Stato membro esige un periodo di attesa e, nella fattispecie di X,
ritiene che la durata massima di due anni di soggiorno legale sia proporzionata
affinché il ricongiungimento familiare possa effettuarsi in condizioni
favorevoli. In questo caso, la moglie potrà raggiungere X alla fine del rimanente
periodo di attesa, ossia dopo altri 15 mesi. A giudizio della Commissione, il periodo di
attesa non comprende il periodo necessario agli Stati membri per esaminare la
domanda ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 4[60].
Questi due periodi possono iniziare e terminare in momenti diversi e possono
sovrapporsi o meno, a seconda dei casi. La Commissione ritiene che la
domanda possa essere presentata a partire dal momento in cui il soggiornante è
titolare di un permesso di soggiorno valido almeno un anno e ha una fondata
prospettiva di ottenere il diritto di soggiornare in modo stabile[61],
ma gli Stati membri possono rinviare la concessione del ricongiungimento
familiare ("prima di farsi raggiungere dai suoi familiari")
fino alla scadenza del periodo di attesa stabilito dalla loro legislazione
nazionale. Y, cittadina di un paese terzo, è appena giunta in uno Stato membro e
ha ricevuto immediatamente un permesso di soggiorno con validità di due anni e
rinnovabile. Y desidera essere raggiunta dal marito e dai due figli minorenni,
e presenta domanda di ricongiungimento familiare. Nel caso di Y, lo Stato membro ritiene che Y e il marito abbiano già
mostrato un livello di integrazione elevato. Nell'interesse dei figli, lo Stato
membro decide che il periodo di attesa non è necessario. Tuttavia, a causa di
vincoli amministrativi, il trattamento della domanda ha subito ritardi e lo
Stato membro ha potuto prendere tale decisione solo dopo nove mesi. Nella
fattispecie, Y può essere raggiunta dal marito e dai figli a partire dal momento
in cui riceve la comunicazione della decisione. La Corte ha statuito che le norme della
direttiva, ad eccezione dell'articolo 9, paragrafo 2, si applicano al
matrimonio contratto dal soggiornante tanto prima del trasferimento nello Stato
membro quanto successivamente[62];
di conseguenza non può essere fatta alcuna distinzione tra le due situazioni
sotto il profilo del periodo di attesa. La Commissione condivide le
preoccupazioni degli Stati membri circa eventuali usi scorretti del diritto al
ricongiungimento familiare, ma precisa che la facoltà di esigere un periodo di
attesa non può essere utilizzata al solo scopo di prevenire usi scorretti. L'unico
scopo dell'articolo 8 è esigere un soggiorno stabile di una certa durata e
una certa integrazione onde garantire che il ricongiungimento familiare avvenga
in condizioni favorevoli. Per prevenire i matrimoni fittizi sono
disponibili mezzi più adeguati, ad esempio la valutazione individuale dei casi. Z, cittadina di un paese terzo, soggiorna legalmente in uno Stato
membro quattro anni per motivi di studio. Dopo la laurea, Z accetta un'offerta
di lavoro e ottiene un nuovo permesso di soggiorno, valido un anno e
rinnovabile a tempo indeterminato. Nel frattempo, Z incontra D, un cittadino di
un paese terzo con cui stringe un legame affettivo; 13 mesi dopo lo sposa e
chiede il ricongiungimento familiare affinché D la possa raggiungere. Nel caso di Z, il potenziale periodo di attesa massimo di due anni di
soggiorno legale è già trascorso, quindi D potrà raggiungere Z non appena
questa avrà ricevuto la comunicazione della decisione. 5. Ingresso
e soggiorno dei familiari 5.1. Ingresso,
visti per soggiorno di lunga durata e permessi di soggiorno Ai sensi dell'articolo 13,
paragrafo 1, della direttiva una volta accettata la domanda di
ricongiungimento familiare, lo Stato membro interessato deve agevolare il
rilascio dei visti necessari per i familiari. Ciò implica che, quando la
domanda viene accettata, gli Stati membri dovrebbero assicurare una rapida
procedura di rilascio del visto, ridurre al minimo gli oneri amministrativi
aggiuntivi ed evitare i doppi controlli del rispetto delle condizioni per il
ricongiungimento familiare. Poiché il soggiorno nel quadro del ricongiungimento
familiare è di lunga durata, il visto rilasciato non dovrebbe essere un visto
per soggiorni di breve durata. Se l'accesso ai documenti di viaggio e ai
visti è particolarmente difficile o pericoloso e, di conseguenza, può
costituire un rischio sproporzionato o un ostacolo pratico all'effettivo
esercizio del diritto al ricongiungimento familiare, gli Stati membri sono
incoraggiati a tener conto delle specificità del caso e delle condizioni nel
paese d'origine. In circostanze eccezionali, ad esempio il collasso di uno
Stato o un paese con rischi di sicurezza interna elevati, gli Stati membri sono
invitati ad accettare documenti di viaggio provvisori emessi dal Comitato
internazionale della Croce rossa (CICR), emettere lasciapassare nazionali
validi per un viaggio di sola andata oppure offrire ai familiari la possibilità
di ottenere il visto all'arrivo nello Stato membro. I contributi amministrativi per il rilascio
del visto sono ammessi, ma non devono essere eccessivi o sproporzionati, né
devono avere lo scopo o l'effetto di creare un ostacolo all'ottenimento dei
diritti conferiti dalla direttiva e, pertanto, privarla del suo effetto utile[63]. L'articolo 13, paragrafo 2, fa
obbligo agli Stati membri di rilasciare ai familiari un primo permesso di
soggiorno con un periodo di validità di almeno un anno e rinnovabile.
Conformemente all'articolo 13, paragrafo 3, il periodo di validità
del permesso di soggiorno del familiare non può, in linea di principio,
andare oltre la data di scadenza del permesso di soggiorno del soggiornante.
Pertanto, per sincronizzare la data di scadenza dei permessi di soggiorno del
soggiornante e dei familiari, gli Stati membri possono rilasciare permessi di
soggiorno con un periodo di validità inferiore a un anno. Sono tuttavia
ammesse eccezioni a tale regola, ad esempio quando il permesso di soggiorno del
soggiornante ha un periodo di validità inferiore a un anno ma sicuramente sarà
prorogato. 5.2. Accesso
ad un'attività lavorativa I familiari del soggiornante hanno diritto,
come il soggiornante, all'accesso ad un'attività lavorativa dipendente o
autonoma, fatte salve le restrizioni facoltative di cui all'articolo 14,
paragrafi 2 e 3. Per un periodo non superiore a 12 mesi, gli Stati
membri possono fissare le condizioni alle quali i familiari possono esercitare
un'attività lavorativa dipendente o autonoma. Durante questo periodo gli Stati
membri possono anche limitare l'accesso al mercato del lavoro nazionale e
valutare la situazione del proprio mercato del lavoro. Una volta trascorsi i 12
mesi, gli Stati membri sono tenuti ad autorizzare i familiari a esercitare un'attività
lavorativa dipendente o autonoma, a condizione che anche il soggiornante abbia
tale autorizzazione. Gli Stati membri hanno la facoltà di limitare
l'accesso ad un'attività lavorativa dipendente o ad un'attività autonoma da
parte degli ascendenti di primo grado e dei figli maggiorenni non coniugati, ma
non degli altri familiari ammessi in virtù della direttiva. L'accesso all'occupazione
dei familiari ammessi al di fuori del campo di applicazione della direttiva è
interamente di competenza nazionale. Allo scopo di incoraggiare l'integrazione
dei familiari[64],
evitarne la dequalificazione e combattere le trappole della povertà, la
Commissione raccomanda di limitare all'indispensabile le restrizioni dell'accesso
al mercato del lavoro per i familiari, in particolare le donne migranti. 5.3. Permesso
di soggiorno autonomo L'articolo 15, paragrafo 1, dispone
che, trascorso un periodo massimo di cinque anni di soggiorno e sempre che al
familiare non sia stato rilasciato un permesso di soggiorno per motivi diversi
dal ricongiungimento familiare, gli Stati membri devono rilasciare, previa
domanda, al coniuge o al partner non coniugato e al figlio diventato
maggiorenne un permesso di soggiorno autonomo, indipendente da quello del
soggiornante. Il soggiorno dovrebbe essere inteso come soggiorno legale, e la
Commissione sottolinea che gli Stati membri possono rilasciare il permesso
prima. In caso di rottura del vincolo familiare, il diritto al permesso di
soggiorno autonomo deve in ogni caso essere riconosciuto al coniuge o al
partner non sposato, ma gli Stati membri possono escluderlo per i figli adulti.
Sebbene l'articolo 15, paragrafo 4, disponga che i requisiti devono
essere stabiliti dalla legislazione nazionale, il paragrafo 3 dello stesso
articolo indica che la rottura può essere intesa come comprensiva di vedovanza,
separazione, divorzio, decesso, ecc. L'articolo 15, paragrafo 2, e l'articolo 15,
paragrafo 3, prima frase, consentono agli Stati membri di concedere in
qualsiasi momento un permesso di soggiorno autonomo ai figli adulti e agli
ascendenti di primo grado di cui all'articolo 4, paragrafo 2, e, previa
domanda, alle persone entrate in virtù del ricongiungimento familiare in caso
di vedovanza, divorzio, separazione o decesso di ascendenti o discendenti di
primo grado. L'articolo 15, paragrafo 3, seconda
frase, dispone che, quando situazioni particolarmente difficili lo richiedano,
gli Stati membri devono rilasciare un permesso di soggiorno autonomo alle
persone entrate in virtù del ricongiungimento familiare. Gli Stati membri sono
tenuti a stabilire le disposizioni legislative nazionali necessarie a tal fine.
Le situazioni particolarmente difficili devono dipendere dalla situazione
familiare o dalla rottura del vincolo familiare, non da altre cause. Esempi di
situazioni particolarmente difficili sono i casi di violenza domestica contro
le donne e i bambini, alcuni casi di matrimonio forzato, il rischio di
mutilazioni genitali femminili o i casi in cui l'interessato si troverebbe in una
situazione familiare particolarmente difficile se fosse costretto a tornare nel
paese di origine. 6. Ricongiungimento
familiare dei beneficiari di protezione internazionale 6.1. Rifugiati Il capo V della direttiva contempla varie
deroghe agli articoli 4, 5, 7 e 8, creando condizioni più favorevoli per il
ricongiungimento familiare dei rifugiati. Tali deroghe impongono agli Stati
membri obblighi positivi precisi, cui corrispondono diritti soggettivi
chiaramente definiti, imponendo loro, nell'ambito di queste condizioni più
favorevoli, di autorizzare il ricongiungimento familiare di taluni congiunti
del rifugiato senza potersi avvalere di discrezionalità in proposito[65]. Allo stesso tempo, la direttiva consente agli
Stati membri di limitare l'applicazione di queste condizioni più favorevoli: 1) ai vincoli familiari anteriori all'ingresso
(articolo 9, paragrafo 2), 2) alle domande presentate entro tre mesi
dalla concessione dello status di rifugiato (articolo 12, paragrafo 1,
terzo comma), e 3) alle famiglie per le quali il
ricongiungimento familiare è impossibile in un paese terzo con il quale il
soggiornante/familiare ha legami particolari (articolo 12, paragrafo 1,
secondo comma). Tuttavia, gli Stati membri non devono
impiegare questa discrezionalità in un modo che pregiudicherebbe l'obiettivo
della direttiva e il suo effetto utile[66]. Gli Stati
membri devono recepire e applicare tali disposizioni prestando un'attenzione
speciale alla situazione particolare dei rifugiati che sono stati costretti a
fuggire dal loro paese e per i quali è impossibile vivere in quel paese una
normale vita familiare[67]. La
Commissione incoraggia l'esempio di un certo numero di Stati membri che non
applicano le limitazioni facoltative, o consentono una maggiore indulgenza nel
riconoscere la situazione particolare dei rifugiati e le difficoltà che spesso
questi incontrano nel presentare domanda di ricongiungimento familiare[68]. Ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 1, gli
Stati membri non possono chiedere al rifugiato, ad un suo familiare o ai suoi
familiari di fornire la prova[69]
che il rifugiato soddisfa le condizioni stabilite all'articolo 7, ossia le
condizioni relative all'alloggio, all'assicurazione contro le malattie, alle
risorse sufficienti e alle misure di integrazione. Tuttavia, le misure di
integrazione possono essere applicate dopo che alle persone interessate sia
stato accordato il ricongiungimento familiare (articolo 7, paragrafo 2,
secondo comma). Poiché tale norma fa parte delle disposizioni generali e non
del capo V, essa prevale sull'articolo 9, paragrafo 2, che
consente agli Stati membri di limitare l'applicazione delle disposizioni più
favorevoli ai rifugiati i cui vincoli familiari siano anteriori al loro
ingresso. Di conseguenza, per quanto riguarda la famiglia nucleare costituita
dopo l'ingresso del rifugiato soggiornante, il capo V non si applica e le
misure di integrazione possono essere applicate soltanto dopo che sia stato
accordato il ricongiungimento familiare. La Commissione sottolinea che le disposizioni
del capo V devono essere lette alla luce dei principi di cui all'articolo 5,
paragrafo 5, e all'articolo 17. Pertanto, nell'esaminare le domande
di ricongiungimento familiare dei rifugiati, gli Stati membri devono procedere,
in ogni singola fattispecie, a una valutazione equilibrata e ragionevole di
tutti gli interessi in gioco, tenendo nella dovuta considerazione l'interesse
superiore dei figli minorenni[70].
Nessun elemento preso separatamente può portare automaticamente a una
decisione; ciascuno va considerato solo come uno degli elementi pertinenti[71]. 6.1.1. Familiari Conformemente all'articolo 10,
paragrafo 1, la definizione di "familiari" di cui all'articolo 4
è usata per definire i familiari dei rifugiati, con la conseguente esclusione
di qualunque definizione più rigorosa o di condizioni aggiuntive. Si applicano
anche tutte le limitazioni obbligatorie e facoltative di cui all'articolo 4,
quali l'esclusione di matrimoni poligami, con l'eccezione del terzo comma del
paragrafo 1 di tale articolo che non si applica ai figli dei rifugiati. L'articolo 10, paragrafo 2,
autorizza esplicitamente gli Stati membri ad estendere il campo di
applicazione, consentendo loro di autorizzare il ricongiungimento di altri
familiari non previsti all'articolo 4, qualora essi siano a carico del
rifugiato. Gli Stati membri sono incoraggiati a utilizzare la discrezionalità
nel modo più umanitario, dato che l'articolo 10, paragrafo 2, non
prevede nessuna limitazione riguardo al grado di parentela degli "altri
familiari". La Commissione invita gli Stati membri a prendere in
considerazione anche le persone che non sono biologicamente imparentate ma che
sono accudite all'interno dell'unità familiare, come i bambini in affido, anche
se gli Stati membri mantengono la piena discrezionalità al riguardo. L'elemento
determinante è la nozione di dipendenza. 6.1.2. Assenza
di documentali probatori ufficiali Ai sensi dell'articolo 11, per quanto
concerne la presentazione e l'esame delle domande si applicano le disposizioni
dell'articolo 5, fatta salva la deroga relativa ai documentali probatori
ufficiali di cui all'articolo 11, paragrafo 2. Pertanto, in linea con
l'articolo 5, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che la
domanda sia corredata dei documenti che comprovano i vincoli familiari, e che possano
essere effettuati colloqui e altre indagini, se opportuno e necessario. Tuttavia, per i rifugiati che sono stati
costretti a fuggire dal loro paese, e per i loro familiari, è spesso
impossibile o pericoloso produrre documenti ufficiali o mettersi in contatto
con le autorità consolari o diplomatiche del loro paese di origine. L'articolo 11, paragrafo 2, è
esplicito: senza lasciare alcuna discrezionalità, dispone che l'assenza di
documenti probatori non può essere l'unico motivo del rigetto della domanda, e
fa obbligo agli Stati membri, in tali casi, di tener "conto anche di altri
mezzi idonei a provare" l'esistenza di tali vincoli. Poiché tali "altri
mezzi idonei a provare" devono essere valutati conformemente al diritto
nazionale, gli Stati membri dispongono di un certo margine di discrezionalità;
tuttavia dovrebbero adottare norme chiare che disciplinino tali condizioni in
materia di prove. Esempi di "altri mezzi idonei a provare" l'esistenza
dei vincoli familiari sono le dichiarazioni orali o scritte dei richiedenti, i
colloqui con i familiari o le indagini sulla situazione all'estero. Tali
dichiarazioni possono poi, ad esempio, essere corroborate da elementi di prova,
quali documenti, materiale audiovisivo, eventuali documenti o prove materiali
(come diplomi, la prova di trasferimenti di denaro, ecc.) o la conoscenza di
fatti specifici. La valutazione individuale di cui all'articolo 17
esige che, nell'esaminare le prove fornite dal richiedente, gli Stati membri
tengano conto di tutti gli elementi pertinenti, tra cui l'età, il genere, il
livello d'istruzione, l'origine familiare e lo status sociale, nonché specifici
aspetti culturali. La Commissione ritiene che se, nonostante l'esame di
altri tipi di prova, permangono seri dubbi o se esistono forti indizi di
intenzioni fraudolente, si può ricorrere all'esame del DNA come ultima ratio[72].
In tali casi, gli Stati membri dovrebbero osservare i principi dell'UNHCR sull'esame
del DNA[73]. La direttiva non impedisce agli Stati membri
di far sostenere ai rifugiati o ai richiedenti i costi dell'esame del DNA o di
altri esami. Tuttavia il contributo richiesto non deve essere eccessivo o
sproporzionato al punto da avere l'effetto di creare un ostacolo all'ottenimento
dei diritti conferiti dalla direttiva e, pertanto, privarla del suo effetto
utile[74].
La Commissione ritiene che, nel fissare i potenziali contributi, gli Stati
membri debbano tener conto della situazione particolare dei rifugiati, e li
incoraggia a sostenere i costi dell'esame del DNA, soprattutto quando questo è
effettuato sul rifugiato o sui suoi familiari. 6.1.3. Eccezioni
alle disposizioni più favorevoli del capo V L'articolo 12, paragrafo 1, secondo
comma, autorizza gli Stati membri a non applicare le condizioni più favorevoli
se è possibile il ricongiungimento familiare in un paese terzo con il quale il
soggiornante/familiare ha legami particolari. Questa facoltà richiede che il
paese terzo rappresenti un'alternativa realistica e, di conseguenza, sia un
paese sicuro per il soggiornante e i familiari. L'onere della prova circa
la possibilità di ricongiungimento familiare in un paese terzo incombe allo
Stato membro, non al richiedente. In particolare, il trasferimento in tale
paese terzo non dovrebbe comportare il rischio che il rifugiato e/o i suoi
familiari siano perseguitati o oggetto di respingimento[75],
e il rifugiato dovrebbe avere la possibilità di ricevere protezione in tale
paese conformemente alla convenzione del 1951 relativa allo status dei
rifugiati. Con "legami particolari" si intendono i legami
familiari, culturali o sociali che il soggiornante e/o familiare ha con il
paese terzo[76]. L'articolo 12, paragrafo 1, terzo
comma, autorizza gli Stati membri a chiedere che il rifugiato soddisfi le
condizioni di cui all'articolo 7, paragrafo 1, se la domanda di
ricongiungimento familiare non è presentata entro tre mesi dalla concessione
dello status di rifugiato. Spesso in tale arco di tempo i rifugiati incontrano
difficoltà operative, che possono costituire un ostacolo pratico al
ricongiungimento familiare. Pertanto, la Commissione ritiene che la scelta
fatta dalla maggior parte degli Stati membri di non applicare tale limitazione
sia la soluzione più appropriata. Tuttavia, se gli Stati membri scelgono di
applicare questa disposizione, la Commissione ritiene che nel valutare le
singole domande debbano tener conto, tra i vari elementi, anche degli ostacoli
pratici oggettivi cui il richiedente è confrontato. Inoltre, conformemente all'articolo 11
e all'articolo 5, paragrafo 1, gli Stati membri sono liberi di determinare
se la domanda debba essere presentata dal soggiornante o dal familiare, ma la
situazione specifica dei rifugiati e dei loro familiari può rendere tale
obbligo particolarmente difficile o impossibile. La Commissione è pertanto del parere che gli
Stati membri, soprattutto quando applicano un termine, dovrebbero consentire al
soggiornante di presentare la domanda nel territorio dello Stato membro al fine
di garantire l'effettività del diritto al ricongiungimento familiare. Infine,
secondo la Commissione, se il richiedente incontra ostacoli pratici oggettivi a
rispettare il termine di tre mesi, gli Stati membri dovrebbero consentirgli di
presentare una domanda parziale, da completare non appena i documenti diventano
disponibili o è stata rintracciata la persona. La Commissione esorta inoltre
gli Stati membri a fornire informazioni chiare sul ricongiungimento familiare
dei rifugiati, in maniera tempestiva e comprensibile (ad esempio, quando è
concesso lo status di rifugiato). 6.1.4. Documenti
di viaggio e visti per soggiorno di lunga durata L'ottenimento dei documenti di viaggio e visti
necessari per un soggiorno di lunga durata può essere particolarmente
impegnativo per i rifugiati e i loro familiari e può costituire un ostacolo
pratico al ricongiungimento familiare. La Commissione ritiene pertanto che gli
Stati membri debbano prestare la dovuta attenzione a questa situazione
particolare e agevolare l'ottenimento dei documenti di viaggio e visti per
soggiorno di lunga durata affinché i rifugiati possano esercitare
effettivamente il diritto al ricongiungimento familiare. Nei casi in cui ai
rifugiati e ai loro familiari sia impossibile ottenere i documenti di viaggio
nazionali e i visti per soggiorno di lunga durata, gli Stati membri sono
incoraggiati a riconoscere e accettare i documenti di viaggio provvisori emessi
dal Comitato internazionale della Croce rossa e i documenti di viaggio in
conformità alla convenzione[77],
a rilasciare lasciapassare validi per un viaggio di sola andata e ad offrire ai
familiari la possibilità di ottenere il visto all'arrivo nello Stato membro. 6.2. Beneficiari
della protezione sussidiaria L'articolo 3, paragrafo 2, esclude l'applicazione
della direttiva, e quindi le condizioni più favorevoli per i rifugiati, quando
il soggiornante: a) chiede il riconoscimento dello status di rifugiato ma non gli è
stata ancora comunicata la decisione definitiva, oppure è beneficiario di b) protezione temporanea o c) protezione sussidiaria, oppure chiede il
riconoscimento di tali status. La Commissione sottolinea che la direttiva non
dovrebbe essere interpretata nel senso che obbliga gli Stati membri a negare ai
beneficiari di protezione temporanea o sussidiaria il diritto al
ricongiungimento familiare[78]:
ritenendo che le esigenze di protezione umanitaria dei beneficiari di
protezione sussidiaria non differiscano da quelle dei rifugiati, la Commissione
incoraggia gli Stati membri ad adottare norme che riconoscano diritti analoghi
ai rifugiati e ai beneficiari di protezione temporanea o sussidiaria. La
convergenza dei due status di protezione è confermata anche nel testo rifuso
della direttiva 2011/95/UE (direttiva qualifiche)[79],
nell'ambito del pacchetto asilo dell'UE[80]. In ogni
caso, anche se una situazione non rientra nel campo di applicazione del diritto
dell'Unione, gli Stati membri sono comunque tenuti a rispettare gli
articoli 8 e 14 della CEDU[81]. 7. Principi
generali 7.1. Disponibilità
delle informazioni La direttiva invita gli Stati membri a
stabilire un sistema di regole procedurali che disciplinino l'esame della
domanda di ricongiungimento familiare, che dovrebbero essere efficaci e
gestibili nonché trasparenti ed eque al fine di offrire agli interessati un
livello adeguato di certezza del diritto[82]. Per soddisfare
questi criteri, gli Stati membri dovrebbero elaborare guide pratiche contenenti
informazioni dettagliate, accurate e chiare per i richiedenti, e comunicare
eventuali evoluzioni in modo chiaro e rapido. Tali guide pratiche dovrebbero
essere rese ampiamente disponibili, anche sul web[83]
e nei luoghi in cui vengono presentate le domande (nei consolati o altrove). La
Commissione raccomanda che queste guide siano consultabili nella lingua dello
Stato membro, in quella del luogo in cui è presentata la domanda e in inglese. 7.2. Interesse
superiore dei minori La clausola orizzontale di cui all'articolo 5,
paragrafo 5, dispone che, in tutti gli atti relativi ai minori, l'interesse
superiore del minore debba essere considerato preminente[84].
Gli Stati membri devono quindi tener conto del benessere del minore e della
situazione familiare in conformità con il principio del rispetto della vita
familiare, riconosciuto dalla convenzione sui diritti del fanciullo e dalla
Carta. La Corte ha statuito che dal tenore del
considerando 2 e dell'articolo 5, paragrafo 5, risulta che quando un'amministrazione
nazionale esamina una domanda, in particolare per stabilire se le condizioni di
cui all'articolo 7, paragrafo 1, sono soddisfatte, la direttiva deve
essere interpretata e applicata in funzione del rispetto della vita privata e
della vita familiare[85]
e dei diritti del minore[86]
sanciti della Carta[87].
La Corte ha inoltre riconosciuto[88]
che il minore deve poter crescere, ai fini di un armonioso sviluppo della
propria personalità, nell'ambiente familiare[89], che gli Stati
membri devono provvedere affinché il minore non venga separato dai genitori
contro la loro volontà[90],
e che qualsiasi richiesta effettuata da un minore o dai genitori al fine di
fare ingresso in uno Stato membro o di lasciare il medesimo ai fini del
ricongiungimento familiare dev'essere considerata dagli Stati membri, in uno
spirito positivo, con umanità e diligenza[91]. Inoltre, la Corte ha riconosciuto[92]
che il diritto al rispetto della vita privata o familiare dev'essere letto in
correlazione con l'obbligo di prendere in considerazione il superiore interesse
del minore[93],
tenendo conto parimenti della necessità per il minore di intrattenere
regolarmente rapporti personali con i due genitori[94].
Di conseguenza, nell'esaminare la domanda, lo Stato membro deve garantire che
il minore non venga separato dai genitori contro la loro volontà, a meno che lo
Stato membro stesso appuri che la separazione è nell'interesse superiore del
minore conformemente alla normativa e alle procedure consolidate. I motivi di
tale decisione devono essere comunicati al fine di garantire l'effettivo
controllo giurisdizionale. 7.3. Abusi
e frodi La Commissione ritiene indispensabile adottare
misure contro gli abusi e le frodi riguardanti i diritti conferiti dalla
direttiva. Nell'interesse della società e dei richiedenti onesti, la
Commissione incoraggia gli Stati membri ad adottare misure energiche in linea
con le disposizioni dell'articolo 16, paragrafi 2 e 4. L'articolo 16, paragrafo 2, prevede
che gli Stati membri possano respingere la domanda, oppure ritirare o rifiutare
il rinnovo del permesso di soggiorno dei familiari se è accertato che: a) sono state utilizzate informazioni false o
ingannevoli, sono stati utilizzati documenti falsi o falsificati, ovvero è
stato fatto ricorso alla frode o ad altri mezzi illeciti, oppure b) il matrimonio, la relazione stabile o l'adozione
hanno avuto luogo allo scopo esclusivo di permettere all'interessato di entrare
o soggiornare in uno Stato membro ("matrimoni o vincoli fittizi",
"false dichiarazioni di paternità o maternità"). In particolare, nel valutare tali casi gli
Stati membri sono autorizzati a tenere in considerazione il fatto che il
contratto di matrimonio, relazione stabile o adozione sia stato stipulato
successivamente al rilascio del permesso di soggiorno al soggiornante. L'articolo 16, paragrafo 4, consente
agli Stati membri di procedere a controlli e ispezioni specifici qualora esista
una fondata presunzione di frode o di matrimonio, relazione stabile, o adozione
fittizi. Non sono tuttavia ammessi controlli e ispezioni generali di specifiche
categorie di matrimonio, relazione stabile o adozione. I matrimoni fittizi possono essere matrimoni di
cittadini di paesi terzi con: a) altri cittadini di paesi terzi che
risiedono nell'UE, b) cittadini dell'Unione che hanno esercitato
il diritto alla libera circolazione, oppure c) cittadini dello Stato membro interessato. Sebbene in questi casi i diritti e le norme
giuridiche applicabili al ricongiungimento familiare siano diversi, le
principali definizioni e tecniche di indagine e individuazione sono le stesse.
Per questo motivo, per ottenere indicazioni sulle definizioni si può far
riferimento, mutatis mutandis, alla sezione 4.2 degli orientamenti del 2009
concernenti la direttiva sulla libera circolazione[95]. Nella comunicazione del 25 novembre 2013 sulla
libera circolazione dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari[96],
la Commissione ha annunciato che aiuterà le autorità ad attuare la normativa
dell'UE che permette loro di lottare contro il potenziale abuso del diritto di
libera circolazione, tramite la stesura di un manuale sul modo in cui
contrastare i matrimoni simulati (azione 1). Il manuale tratterà il problema
dei matrimoni fittizi tra cittadini dell'Unione e cittadini di paesi terzi nel
contesto della libera circolazione dei cittadini dell'Unione (direttiva 2004/38/CE)
e non tra due cittadini di paesi terzi nel contesto della direttiva 2003/86/CE.
Tuttavia, dato il parallelismo con gli aspetti operativi della lotta contro i
potenziali abusi e frodi del diritto al ricongiungimento familiare, può essere
fatto riferimento, se del caso e mutatis mutandis, a questo manuale, in
particolare per quanto riguarda gli strumenti e le tecniche di indagine e la
cooperazione transfrontaliera. Dato il coinvolgimento della criminalità
organizzata, per affrontare efficacemente il problema dei matrimoni fittizi è
necessaria una risposta operativa che implica la cooperazione di polizia e la
condivisione delle migliori pratiche tra autorità nazionali competenti nelle appropriate
sedi per l'attività di contrasto. A tal fine, nel ciclo programmatico dell'UE
per contrastare la criminalità organizzata e le forme gravi di criminalità
internazionale è stato incluso, nel quadro della priorità relativa al "favoreggiamento
dell'immigrazione clandestina"[97],
un obiettivo strategico specifico (obiettivo 4) relativo ai matrimoni fittizi.
Le priorità del ciclo programmatico sono attuate in modo multidisciplinare
attraverso le azioni congiunte delle autorità nazionali e delle agenzie della
Commissione, quali Europol, al fine di incentivare gli scambi operativi tra gli
Stati membri sui diversi aspetti del problema più ampio dei matrimoni fittizi
collegati alla criminalità organizzata. 7.4. Valutazione
individuale La Corte ha statuito che gli Stati membri sono
tenuti, in sede di attuazione della direttiva 2003/86 e dell'esame delle
domande di ricongiungimento familiare, a procedere a una valutazione
equilibrata e ragionevole di tutti gli interessi in gioco[98].
Ha inoltre dichiarato che l'articolo 17 impone agli Stati membri di
effettuare in ogni singolo caso una valutazione globale di tutti gli elementi
pertinenti. Tale obbligo si applica anche quando gli Stati membri si sono
avvalsi della possibilità di chiedere che sia dimostrato il rispetto di alcune
condizioni (quali l'alloggio, l'assicurazione contro le malattie e le risorse
di cui all'articolo 7), quando esaminano se un minore che abbia superato i
dodici anni e giunga in uno Stato membro indipendentemente dal resto della sua
famiglia soddisfi le condizioni per la sua integrazione (articolo 4,
paragrafo 1, ultimo comma), quando la domanda è presentata da un minore
dopo il compimento del quindicesimo anno di età (articolo 4,
paragrafo 6) o quando è imposto un limite minimo di età per i coniugi
(articolo 4, paragrafo 5). Nessuno di questi elementi preso
separatamente può portare automaticamente a una decisione: ciascuno va
considerato come uno degli elementi pertinenti[99]. Esempi di altri elementi pertinenti sono la
natura e la solidità dei vincoli familiari della persona, la durata del suo
soggiorno nello Stato membro, l'esistenza di legami familiari, culturali o
sociali con il suo paese d'origine, le condizioni di vita paese d'origine, l'età
del minore in questione, il fatto che il familiare sia nato e/o cresciuto nello
Stato membro, i legami economici, culturali o sociali con lo Stato membro, i
familiari a carico, la protezione del matrimonio e/o del legame familiare. Gli Stati membri godono di un'ampia
discrezionalità nel tenere debitamente conto degli elementi pertinenti
nei singoli casi. Tuttavia, sono limitati dai principi di cui all'articolo 8
della CEDU, all'articolo 7 della Carta in materia di protezione della
famiglia e rispetto della vita familiare, e alla pertinente giurisprudenza
della Corte europea dei diritti dell'uomo e della Corte. Occorre rispettare i
seguenti principi: devono essere individuate tutte le circostanze individuali
della fattispecie, e la ponderazione degli interessi dell'individuo e della
società deve essere analoga a quella in casi comparabili. Inoltre, l'equilibrio
dei pertinenti interessi dell'individuo e della società deve apparire
ragionevole e proporzionato. Gli Stati membri dovrebbero indicare
esplicitamente i motivi delle decisioni di rifiuto della domanda[100]. X, cittadina di un paese terzo, risiede in uno Stato membro con la
figlia minorenne. X intende farsi raggiungere dal coniuge, cittadino di un
paese terzo, ma il suo reddito non soddisfa la soglia di reddito richiesta
nello Stato membro. Lo Stato membro è tenuto a esaminare il caso nel merito? Sì, lo Stato membro deve valutare tutti gli elementi pertinenti della
fattispecie, tra cui la condizione del reddito. Lo Stato membro può chiedere
che X dimostri di disporre di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere
se stessa e i suoi familiari; tuttavia deve esaminare la domanda di
ricongiungimento familiare nell'interesse della figlia minorenne oltre che nell'ottica
di favorire la vita familiare, nonché evitando di pregiudicare sia l'obiettivo
di tale direttiva sia il suo effetto utile[101]. 7.5. Diritto
a proporre impugnativa A norma dell'articolo 18, gli Stati
membri sono tenuti ad accordare mezzi di ricorso effettivi contro le decisioni
delle autorità nazionali. La Commissione sottolinea che, nell'attuare il
diritto dell'Unione, gli Stati membri devono rispettare le disposizioni della
Carta e pertanto applicare le disposizioni della direttiva sui mezzi di ricorso
in conformità con il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale,
di cui all'articolo 47 della Carta e alla pertinente giurisprudenza della
Corte[102]. Ciò implica che deve essere disponibile un
completo controllo giurisdizionale di merito e di legittimità. Pertanto, le
decisioni possono essere impugnate non solo per motivi di diritto, ma anche per
motivi di fatto. Il ricorrente ha diritto a che la sua causa sia esaminata
equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice
indipendente e imparziale, precostituito per legge. L'articolo 47 della
Carta conferisce il diritto a un giudice imparziale e un ricorso effettivo
dinanzi a un giudice; di conseguenza, un ricorso quasi giudiziario o
amministrativo può non essere adeguato. La direttiva conferisce esplicitamente il
diritto a proporre impugnativa soltanto contro quattro possibili decisioni[103].
Tuttavia, la giurisprudenza della Corte prevede che i mezzi di ricorso
effettivo debbano essere concessi anche contro qualunque altra decisione che
limiti i diritti soggettivi conferiti dalla direttiva. L'articolo 47 della
Carta si applica a tutti i diritti previsti dalla direttiva, incluse, ad
esempio, le decisioni che limitano il diritto all'esercizio di un'attività
lavorativa[104]
o la concessione del permesso di soggiorno autonomo[105].
Eventuali conseguenze della mancata decisione da parte di uno Stato membro in
merito alla domanda di ricongiungimento familiare allo scadere del termine
previsto, siano esse l'ammissione automatica o l'effettiva impugnazione del
rigetto automatico, devono essere disciplinate dalla legislazione nazionale
dello Stato membro interessato[106].
La legislazione nazionale deve garantire una procedura effettiva di
riparazione in caso di mancata decisione amministrativa tramite una procedura
di reclamo amministrativo o, in mancanza di questa, una procedura giudiziaria. La Commissione incoraggia gli Stati membri ad
accordare il diritto a proporre impugnativa tanto al soggiornante quanto al suo
familiare o ai suoi familiari al fine di permettere l'esercizio effettivo di
tale diritto. [1] Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo
sull'applicazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto al
ricongiungimento familiare, COM(2008) 610 def. [2] Libro verde sul diritto al ricongiungimento familiare per i
cittadini di paesi terzi che vivono nell'Unione europea (direttiva 2003/86/CE),
COM(2011) 735 definitivo. [3] http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-is-new/public-consultation/2012/consulting_0023_en.htm. [4] Settima riunione del forum europeo sull'integrazione: Public
Hearing on the Right to Family Reunification of Third-Country
Nationals living in the EU, Bruxelles, 31 maggio – 1º giugno 2012,
http://ec.europa.eu/ewsi/en/policy/legal.cfm#; relazione di sintesi http://ec.europa.eu/ewsi/UDRW/images/items/static_38_597214446.pdf. [5] Sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento
europeo/Consiglio dell'Unione europea, punto 60. [6] Con riferimento per analogia alla sentenza del 27 giugno 2006
nella causa C-540/03, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea,
punti 54, 59, 61-62. [7] Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun,
punto 43. [8] Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun,
punto 44. [9] Per "cittadino di un paese terzo" si intende chiunque
non sia cittadino dell'Unione e non sia beneficiario del diritto alla libera
circolazione a norma del diritto dell'Unione. [10] Articolo 2, lettere da a) a d). [11] Articolo 2, lettera e), della direttiva e articolo 1,
paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1030/2002 del
Consiglio, del 13 giugno 2002, che istituisce un modello uniforme per i
permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi, modificato dal
regolamento (CE) n. 380/2008 del Consiglio del 18 aprile 2008. [12] Ad esempio, se il permesso di soggiorno è collegato a un'attività
lavorativa, la valutazione deve tener conto di tutte le circostanze della
fattispecie, quali la natura dell'attività lavorativa, la situazione economica
del settore in questione e le intenzioni del datore di lavoro e del lavoratore,
senza limitarsi a prendere in considerazione solo il contratto di lavoro,
potenzialmente rinnovabile. [13] Con riferimento per analogia alla sentenza del 4 marzo 2010 nella
causa C-578/08, Chakroun, punto 43. [14] Sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento
europeo/Consiglio dell'Unione europea, punto 60. [15] Cfr. l'articolo 2, punto 9 e punto 11, lettera b), del
regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003,
relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in
materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il
regolamento (CE) n. 1347/2000. [16] Ad esempio, quando il soggiornante o il coniuge non ha l'affidamento
esclusivo e l'altro titolare dell'affidamento rifiuta di dare il consenso o è
irreperibile. [17] Cfr. il documento del Consiglio 6504/00, pagina 5, nota 7. [18] Direttiva 2004/38/CE, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei
cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare
liberamente nel territorio degli Stati membri (GU L 158 del 30.4.2004, pag. 77). [19] Cfr., nel contesto della direttiva sulla libera circolazione, la
sentenza del 18 gennaio 1984 nella causa C-327/82, Ekro, punto 11, la
sentenza del 18 giugno 1987 nella causa C-316/85, Lebon, punto 21, la
sentenza del 6 marzo 2008 nella causa C-98/07, Nordania Finans e BG
Factoring, punto 17, la sentenza del 2 aprile 2009 nella causa C-523/07,
A, punto 34, e la sentenza del 5 settembre 2012 nella causa C-83/11, Rahman
e altri, punto 24. [20] Nel quadro della direttiva sulla libera circolazione gli Stati membri
hanno l'obbligo di promuovere il ricongiungimento con gli ascendenti, mentre
nel quadro della direttiva sul ricongiungimento familiare il ricongiungimento
con gli ascendenti costituisce una deroga, ammessa solo se sono soddisfatte
determinate condizioni. [21] Con riferimento per analogia alla sentenza del 18 giugno 1987
nella causa C-316/85, Lebon, punti 21-22, alla sentenza del 9 ottobre 2004
nella causa C-200/02, Zhu e Chen, punto 43, alla sentenza del 9 gennaio 2007
nella causa C-1/05, Jia, punti 36-37, alla sentenza del 5 settembre 2012
nella causa C-83/11, Rahman e altri, punti 18-45, e alla sentenza del 6
dicembre 2012 nelle cause riunite C-356/11 e C-357/11, O. & S.,
punto 56. [22] Con riferimento per analogia alla sentenza del 5 settembre 2012
nella causa C-83/11, Rahman e altri, punto 23. [23] Con riferimento per analogia alla sentenza del 9 gennaio 2007
nella causa C-1/05, Jia, punto 37. [24] La verifica della dipendenza dovrebbe consistere anzitutto nello
stabilire se, alla luce delle circostanze personali, i mezzi economici del
familiare consentano a quest'ultimo di raggiungere il livello minimo di
sussistenza nel paese in cui risiede permanentemente (conclusioni dell'avvocato
generale Geelhoed, del 27 aprile 2006, nella causa C-1/05 Jia,
punto 96). [25] Con riferimento per analogia alla sentenza del 18 giugno 1987
nella causa C-316/85, Lebon, punti 21-22. [26] Con riferimento per analogia alla sentenza del 5 settembre 2012
nella causa C-83/11, Rahman e altri, punti 36-40. [27] Con riferimento per analogia alla sentenza del 4 marzo 2010 nella
causa C-578/08, Chakroun, punto 43. [28] Con riferimento per analogia alla sentenza del 4 marzo 2010 nella
causa C-578/08, Chakroun, punto 48. [29] Con riferimento per analogia alla sentenza del 27 giugno 2006
nella causa C-540/03, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea,
punti 99-101. [30] L'articolo 3, paragrafo 5, prevede esplicitamente che
gli Stati membri possano adottare o mantenere in vigore condizioni più
favorevoli. [31] Gli Stati membri possono prevedere, ad esempio, deroghe per i
neonati, i cittadini di paesi terzi che non sono soggetti all'obbligo del
visto, le situazioni in cui il ricongiungimento familiare è nell'interesse
superiore del figlio minorenne, le relazioni anteriori all'ingresso e in cui i
partner hanno vissuto insieme per un certo tempo, motivi umanitari, ecc. Questi
esempi non sono esaustivi e vanno sempre considerati in funzione del singolo
caso. [32] Con riferimento per analogia alla sentenza del 26 aprile 2012
nella causa C-508/10, Commissione europea/Regno dei Paesi Bassi, punti 62,
64-65. [33] Con riferimento per analogia alla sentenza del 26 aprile 2012
nella causa C-508/10, Commissione europea/Regno dei Paesi Bassi, punti 69-70,
74 e 79. [34] Con riferimento per analogia alla sentenza del 26 aprile 2012
nella causa C-508/10, Commissione europea/Regno dei Paesi Bassi, punto 77. [35] Con riferimento per analogia alla sentenza del 4 marzo 2010 nella
causa C-578/08, Chakroun, punto 43. [36] Cfr. l'articolo 18. [37] Malgrado la diversità del contesto, dello scopo e del regime
giuridico della direttiva 2004/38/CE, la giurisprudenza richiamata alla sezione
3 degli orientamenti del 2009 concernenti la direttiva sulla libera
circolazione (COM(2009) 313 definitivo, pagg. 10-14) può,
mutatis mutandis, servire da base per gli Stati membri e i giudici
nazionali. [38] Articolo 18 della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25
novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano
soggiornanti di lungo periodo. [39] Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun,
punto 43; sentenza del 6 dicembre 2012 nelle cause riunite C-356/11 e C-357/11,
O. & S., punto 74. [40] Sentenza del 6 dicembre 2012 nelle cause riunite C-356/11 e C-357/11,
O. & S., punto 82. [41] Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun,
punto 46; cfr. per analogia, la sentenza del 19 settembre 2013 nella causa
C-140/12, Brey, punto 61. [42] Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun,
punto 45. [43] Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun,
punto 49. [44] Sentenza del 6 dicembre 2012 nelle cause riunite C-356/11 e C-357/11,
O. & S., punto 73; sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08,
Chakroun, punto 52. [45] Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun,
punti 43 e 47. [46] Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun,
punto 48. [47] Sentenza del 6 dicembre 2012 nelle cause riunite C-356/11 e C-357/11,
O. & S., punto 72. [48] Per contro, al momento del rinnovo del permesso di soggiorno, l'articolo 16,
paragrafo 1, lettera a), fa obbligo agli Stati membri di tener conto
del contributo dei familiari al reddito familiare qualora il soggiornante non
abbia risorse sufficienti che gli consentano di non ricorrere al sistema di
assistenza sociale. Poiché non vi è alcuna disposizione esplicita che lo vieti,
gli Stati membri possono tener conto del contributo dei familiari anche al
momento della presentazione della domanda del primo permesso di soggiorno. [49] Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun,
punti 64-66. [50] Per quanto riguarda l'integrazione, si vedano i principi
fondamentali comuni della politica di integrazione degli immigrati nell'Unione
europea, approvati dal Consiglio dell'Unione europea nella 2618ª sessione del
Consiglio Giustizia e affari interni del 19 novembre 2004, documento 14615/04
(Presse 321), e la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al
Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni,
del 20 luglio 2011, "Agenda europea per l'integrazione dei cittadini di
paesi terzi", COM(2011) 455 definitivo. [51] Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun,
punto 43. [52] Lo scopo di questa clausola di tipo sospensivo è di tener conto
della capacità di integrazione dei minori nei primi anni di vita (considerando 12). [53] La legittimità di tale distinzione tra diverse categorie di
persone è stata confermata dalla Corte nella sentenza del 27 giugno 2006 nella
causa C-540/03, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea, punto 75. [54] Le statistiche e le valutazioni d'impatto delle politiche qualitative
possono fornire indicazioni del fatto che determinate misure costituiscono
ostacoli fattuali al ricongiungimento familiare. [55] Il rifiuto automatico del ricongiungimento familiare a seguito del
mancato superamento dell'esame di integrazione potrebbe costituire una
violazione dell'articolo 17, dell'articolo 5, paragrafo 5, e
dell'articolo 8 della CEDU. [56] L'unica situazione in cui i problemi di integrazione possono
tradursi in un rifiuto è quella contemplata all'articolo 4,
paragrafo 1, ultimo comma, qualora lo Stato membro abbia accertato il
mancato rispetto di una condizione per l'integrazione. [57] Articolo 17 e articolo 5, paragrafo 5. [58] Sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento
europeo/Consiglio dell'Unione europea, punti 99-101. [59] Sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento
europeo/Consiglio dell'Unione europea, punti 97-98. [60] Il "periodo di attesa" è una condizione facoltativa per
l'esercizio del diritto al ricongiungimento familiare, mentre il "periodo
di esame" è un arco di tempo previsto per consentire agli Stati membri di
trattare ed esaminare le domande. [61] Articolo 3, paragrafo 1. [62] Sentenza del 4 marzo 2010 nella causa C-578/08, Chakroun,
punti 59-64. [63] Con riferimento per analogia alla sentenza del 26 aprile 2012
nella causa C-508/10, Commissione europea/Regno dei Paesi Bassi, punti 69
e 79. [64] Cfr. il considerando 15. [65] Con riferimento per analogia alla sentenza del 27 giugno 2006
nella causa C-540/03, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea,
punto 60. [66] Con riferimento per analogia alla sentenza del 4 marzo 2010 nella
causa C-578/08, Chakroun, punto 43. [67] Cfr. il considerando 8. [68] Difficoltà quali i tempi lunghi per rintracciare i familiari,
fornire la documentazione e ottenere i documenti ufficiali, trattare con le
autorità (potenzialmente ostili) nel paese di origine, ecc., in un arco di
tempo limitato. [69] In merito alle domande relative ai familiari di cui all'articolo 4,
paragrafo 1. [70] Con riferimento per analogia alla sentenza del 6 dicembre 2012 nelle
cause riunite C-356/11 e C-357/11, O. & S., punto 81, e alla
sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento
europeo/Consiglio dell'Unione europea, punti 62-64. [71] Con riferimento per analogia alla sentenza del 27 giugno 2006
nella causa C-540/03, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea,
punti 66, 88, 99 e 100. [72] Non va dimenticato che l'esame del DNA non può dimostrare il
matrimonio e la condizione di familiare a carico o indiretto, in particolare l'adozione,
non è sempre economicamente sostenibile o disponibile nei luoghi accessibili ai
rifugiati o ai loro familiari, e in alcuni casi può causare notevoli ritardi. [73] Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), UNHCR
Note on DNA Testing to Establish Family Relationships in the Refugee Context,
giugno 2008, consultabile all'indirizzo: http://www.refworld.org/docid/48620c2d2.html. [74] Con riferimento per analogia alla sentenza del 26 aprile 2012
nella causa C-508/10, Commissione europea/Regno dei Paesi Bassi, punti 69
e 79. [75] Rinvio da parte di uno Stato, con qualunque modalità, di una
persona nel territorio di un altro Stato in cui questa potrebbe essere
perseguitata per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un
particolare gruppo sociale o opinioni politiche, o in cui esiste il serio
rischio che sia sottoposta a pena di morte, tortura o ad altre pene o
trattamenti inumani o degradanti. [76] Cfr. l'articolo 17. [77] In conformità all'articolo 28 della convenzione del 1951
relativa allo status dei rifugiati. [78] La direttiva 2001/55/CE del Consiglio conferisce espressamente ai
beneficiari di protezione temporanea il diritto di ricongiungersi ai propri
familiari. [79] Direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre
2011, recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi,
della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status
uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della
protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU
L 337 del 20.12.2011, pag. 9). [80] Sistema europeo comune di asilo. [81] Sentenza del 15 novembre 2011 nella causa C-256/11, Dereci,
punto 72; sentenza del 25 luglio 2008 nella causa C-127/08, Chakroun,
punto 79. [82] Cfr. il considerando 13. [83] Sul portale europeo dell'immigrazione della Commissione europea e
sui siti web degli Stati membri. [84] Articolo 24, paragrafo 2, della Carta. [85] Articolo 7 della Carta. [86] Articolo 24, paragrafi 2 e 3, della Carta. [87] Sentenza del 6 dicembre 2012 nelle cause riunite C-356/11 e C-357/11,
O. & S., punto 80. [88] Sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento
europeo/Consiglio dell'Unione europea, punto 57. [89] Sesto considerando del preambolo della convenzione sui diritti del
fanciullo. [90] Articolo 9, paragrafo 1, della convenzione sui diritti del
fanciullo. [91] Articolo 10, paragrafo 1, della convenzione sui diritti del
fanciullo. [92] Sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento
europeo/Consiglio dell'Unione europea, punto 58. [93] Articolo 24, paragrafo 2, della Carta. [94] Articolo 24, paragrafo 3, della Carta. [95] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al
Consiglio, del 2 luglio 2009, concernente gli orientamenti per un migliore
recepimento e una migliore applicazione della direttiva 2004/38/CE relativa al
diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di
soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri, COM(2009) 313
definitivo, pagg. 15-17. [96] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al
Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni,
del 25 novembre 2013, "Libera circolazione dei cittadini dell'Unione e dei
loro familiari: cinque azioni fanno la differenza", COM(2013) 837
final. [97] Attuazione del ciclo programmatico dell'UE per contrastare la
criminalità organizzata e le forme gravi di criminalità internazionale: piano
strategico pluriennale connesso alla priorità dell'Unione in materia di criminalità
"immigrazione clandestina". [98] Sentenza del 6 dicembre 2012 nelle cause riunite C-356/11 e C-357/11,
O. & S., punto 81. [99] Sentenza del 27 giugno 2006 nella causa C-540/03, Parlamento
europeo/Consiglio dell'Unione europea, punti 66, 87, 88, 99 e 100. [100] Articolo 5, paragrafo 4, terzo comma. [101] Sentenza del 6 dicembre 2012 nelle cause riunite C-356/11 e C-357/11,
O. & S., punto 82. [102] Articolo 51, paragrafo 1, della Carta; sentenza del 27 giugno 2006
nella causa C-540/03, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea,
punto 105; sentenza del 3 settembre 2008 nelle cause riunite C-402/05 P e C-415/05
P, Kadi e Al Barakaat; relazione della Commissione al Consiglio e al
Parlamento europeo sull'applicazione della Direttiva 2003/86/CE relativa al
diritto al ricongiungimento familiare, COM(2008) 610 def. [103] Rigetto della domanda di ricongiungimento familiare, mancato
rinnovo del permesso di soggiorno, ritiro del permesso di soggiorno, adozione
di una misura di allontanamento dal territorio di uno Stato membro. [104] Articolo 14, paragrafo 2. [105] Articolo 15. [106] Articolo 5, paragrafo 4, terzo comma, seconda frase.