COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI che affronta le conseguenze della privazione del diritto di voto dei cittadini dell’Unione che esercitano il diritto alla libera circolazione /* COM/2014/033 final */
1. Introduzione La possibilità per i cittadini di esprimere la
propria volontà politica esercitando il diritto di voto, uno dei diritti
politici fondamentali connessi alla cittadinanza, fa parte della struttura
intrinseca della democrazia. La stessa Unione europea si fonda sul valore del
rispetto della democrazia[1].
Ogni cittadino ha il diritto di partecipare alla vita democratica dell’Unione[2]. La Commissione ritiene
prioritario incoraggiare la partecipazione dei cittadini dell’Unione alla vita
democratica dell’UE[3].
I diritti politici dei cittadini dell’Unione hanno avuto notevole risalto nel
corso del 2013, anno europeo dei cittadini dedicato alla promozione del
dibattito sui diritti e sulle responsabilità derivanti dalla cittadinanza
dell’Unione e alla sensibilizzazione a tali aspetti. Come segnalato nella relazione 2010 sulla
cittadinanza dell’Unione[4],
uno dei problemi che i cittadini dell’Unione di alcuni Stati membri incontrano,
in qualità di attori politici dell’Unione, è la perdita del diritto di voto
alle elezioni nazionali dello Stato membro di origine (privazione del diritto
di voto) quando risiedono da un certo periodo all’estero, anche in un altro
Stato membro. Di conseguenza, tali cittadini non sono in grado di partecipare
alle elezioni nazionali né nello Stato membro d’origine né in quello di
residenza. In conformità dell’articolo 4,
paragrafo 2, del TUE, l’Unione rispetta l’identità nazionale degli Stati
membri insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale.
Pertanto, spetta a ciascuno Stato membro, nel rispetto della democrazia in
quanto valore comune a tutti gli Stati membri, decidere da solo la composizione
dell’elettorato per le elezioni nazionali. Tuttavia, va rilevato che le politiche
nazionali che portano alla privazione del diritto di voto possono essere
considerate come limitanti il godimento dei diritti connessi alla cittadinanza
dell’Unione, quale il diritto di circolare e di soggiornare liberamente
all’interno dell’Unione, diritto fondamentale di ogni cittadino dell’Unione. Ciò è in contrasto con la premessa basilare
della cittadinanza dell’Unione, ossia che tale cittadinanza si aggiunge a
quella nazionale ed è intesa a concedere diritti aggiuntivi ai cittadini
dell’Unione: in questo caso, infatti, l’esercizio del diritto alla libera
circolazione può comportare la perdita del diritto di partecipare alla vita
politica. Tali politiche sono contrarie anche
all’attuale tendenza globale a favore del diritto di voto dei cittadini non
residenti[5].
Inoltre, i cittadini dell’Unione che risiedono in un altro Stato membro possono
mantenere un legame stretto e permanente con il paese di origine e continuare
ad essere direttamente interessati dagli atti adottati dal corpo legislativo
eletto in quel paese (ad esempio, il pagamento delle imposte o i diritti
pensionistici). In particolare, l’accesso diffuso alle trasmissioni
televisive oltre frontiera[6]
e la disponibilità di internet e di altre tecnologie di comunicazione mobili e
via web, compresi i media sociali, rendono molto più facile mantenere il
collegamento dall’estero con la politica in patria e partecipare agli sviluppi
sociali e politici nel paese di origine. Da frequenti petizioni, domande dei membri del
Parlamento europeo e corrispondenza del pubblico emerge che i cittadini
dell’Unione sono preoccupati per quella che percepiscono come una lacuna nei
loro diritti politici. In generale, gli europei ritengono che i cittadini
dell’Unione non dovrebbero perdere il diritto di votare alle elezioni nazionali
nel paese di origine soltanto perché si sono trasferiti in un altro paese
dell’UE[7]. Per questi motivi, nella relazione 2010 sulla
cittadinanza dell’Unione la Commissione ha annunciato che avrebbe avviato una
discussione per individuare le opzioni strategiche per impedire che i cittadini
dell’UE perdano i loro diritti politici in conseguenza dell’esercizio del
diritto alla libera circolazione (azione 20). Conseguentemente, la Commissione ha comunicato
ad alcuni Stati membri la sua opinione sull’impatto negativo che la privazione del
diritto di voto ha sui diritti garantiti dall’UE e li ha invitati a inviare il
loro contributo a una riflessione comune in materia. Le risposte hanno fornito
precisazioni sulle attuali disposizioni legislative e politiche e sui dibattiti
a livello nazionale. Il 19 febbraio 2013 il Parlamento europeo e la
Commissione hanno organizzato un’audizione comune sulla cittadinanza europea. I
partecipanti, tra cui i cittadini dell’Unione interessati, i rappresentanti
della società civile, i membri del Parlamento europeo e gli esperti, hanno
sottolineato la necessità di riesaminare le attuali politiche che privano i
cittadini del diritto di voto — e le giustificazioni su cui si basano — alla
luce dell’attuale tendenza verso una partecipazione democratica più inclusiva
all’interno dell’UE. Nella relazione 2013 sulla cittadinanza
dell’Unione “Cittadini dell’Unione: i vostri diritti, il vostro futuro”[8] la Commissione ha
sottolineato che la piena partecipazione dei cittadini dell’Unione alla vita
democratica dell’UE, a tutti i livelli, costituisce l’essenza stessa della
cittadinanza dell’Unione. Di conseguenza, ha annunciato l’intenzione di
proporre soluzioni costruttive per consentire ai cittadini dell’Unione che
risiedono in un altro paese dell’UE di partecipare pienamente alla vita
democratica dell’UE conservando il diritto di voto alle elezioni nazionali nel
loro paese di origine (azione 12). La presente comunicazione dà concreta
attuazione a tale impegno. Si basa sui risultati dei dibattiti in corso a
livello nazionale e dell’UE con la società civile, il mondo accademico e gli
stessi cittadini dell’Unione. Mira a proporre soluzioni costruttive, da
esplorare assieme agli Stati membri, per rafforzare i diritti dei cittadini
dell’Unione di partecipare alla vita democratica dell’Unione e di circolare
liberamente nel suo territorio, limitando le conseguenze delle politiche,
misure e prassi amministrative nazionali che privano i cittadini del diritto di
voto. La presente comunicazione è accompagnata da una raccomandazione che
propone soluzioni inclusive e proporzionate a tal fine. 2. Situazione negli Stati
membri Nella
maggior parte degli Stati membri sono in vigore norme che privano i cittadini
del diritto di voto in caso di condanna penale per reati gravi o in caso di perdita
della capacità di agire per problemi di salute mentale o disabilità
intellettive. Stando alle informazioni a disposizione della
Commissione, in cinque Stati membri[9]
il regime giuridico attualmente applicabile può condurre alla perdita del
diritto di voto per i cittadini dell’Unione che risiedono in altri Stati membri
per il solo motivo che tali cittadini risiedono all’estero da un determinato
periodo di tempo. Le principali caratteristiche di tali regimi possono essere
riassunte come segue. In Danimarca, i cittadini danesi che lasciano
il paese possono rimanere iscritti nelle liste elettorali se notificano
l’intenzione di ritornare in patria entro due anni[10] — norma che riflette
il requisito della residenza permanente sancito nella Costituzione come condizione
preliminare per votare alle elezioni nazionali[11].
Alcuni votanti[12]
sono considerati come se avessero la residenza permanente in Danimarca,
indipendentemente dal fatto che vivano o meno all’estero. Analogamente, i cittadini irlandesi che
lasciano l’Irlanda possono rimanere iscritti nelle liste elettorali solo se
notificano l’intenzione di ritornare in patria entro 18 mesi[13]. Tuttavia nel 2013,
nel contesto del piano di riforma costituzionale, la convenzione costituzionale
irlandese ha esaminato la questione della soppressione di tale limitazione e ha
proposto, nella relazione presentata al governo irlandese il 25 novembre 2013[14], di consentire ai
cittadini irlandesi di votare alle elezioni presidenziali presso le ambasciate
irlandesi senza tale limitazione. Il governo irlandese dovrebbe rispondere alla
relazione nel marzo 2014. I cittadini ciprioti perdono il diritto di
voto alle elezioni nazionali se non hanno risieduto a Cipro nei sei mesi
immediatamente precedenti le elezioni, a meno che risiedano all’estero per
motivi di studio, lavoro temporaneo o salute[15]. A norma della costituzione maltese, i
cittadini maltesi perdono il diritto di voto se non hanno risieduto a Malta per
un periodo di almeno sei mesi nei diciotto mesi immediatamente precedenti la
loro iscrizione ai fini del voto alle elezioni nazionali[16]. I cittadini britannici perdono il diritto di
votare alle elezioni parlamentari del Regno Unito se non sono mai stati
iscritti per votare ad un indirizzo nel Regno Unito nei 15 anni precedenti[17]. Negli ultimi anni,
vari governi e parlamenti hanno ritenuto che, in linea di principio, tale
limitazione fosse necessaria e giustificata. La limitazione è stata impugnata
dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che, conformemente alla
precedente giurisprudenza, non l’ha considerata contraria all’articolo 3
del protocollo n. 1 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo[18]. La compatibilità di
questa norma con il diritto dell’Unione non è ancora stata accertata dalla
Corte di giustizia dell’Unione europea[19]. Alcuni Stati membri impongono altre condizioni
per conservare il diritto di voto alle elezioni nazionali. I cittadini tedeschi che risiedono all’estero
sono legittimati a votare alle elezioni nazionali purché soddisfino una delle
seguenti condizioni: i) aver vissuto in Germania per un periodo ininterrotto di
almeno tre mesi dopo il compimento dei 14 anni di età nel corso degli ultimi
25 anni, oppure ii) essersi familiarizzati, personalmente e direttamente,
con la situazione politica in Germania ed essere interessati da tale situazione[20]. La legge austriaca[21] fa obbligo ai
cittadini austriaci di presentare domanda per rimanere iscritti nelle liste
elettorali prima di lasciare il paese a di rinnovare la domanda ogni dieci
anni; il rinnovo può essere effettuato per via elettronica. Le autorità sono
tenute a informare i cittadini che vivono all’estero della cancellazione dalle
liste elettorali e a diffondere informazioni sul diritto di iscriversi in tali
liste. 3. La prospettiva del Consiglio
d’Europa Gli Stati hanno il diritto sovrano di
determinare, in linea con le norme internazionali cui sono vincolati, le
condizioni per l’esercizio, da parte dei loro cittadini, del diritto di voto
alle elezioni nazionali, comprese condizioni che richiedono la residenza nel
paese. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha valutato tali condizioni di
residenza alla luce dell’articolo 3 del protocollo n. 1 della
Convenzione europea sui diritti dell’uomo[22]
e ha dichiarato, in tutti i casi esaminati finora, che in linea di principio
non costituiscono una limitazione arbitraria al diritto di voto[23]. La Corte ha indicato
i fattori che possono giustificare tali condizioni[24]: ·
il presupposto che il cittadino non residente sia
interessato in modo meno diretto o continuo dai problemi quotidiani del paese e
ne abbia una minor conoscenza; ·
il fatto che non sia possibile per i candidati
esporre le tematiche ai cittadini all’estero e che questi ultimi non abbiano
alcuna influenza sulla scelta dei candidati o sulla formulazione dei loro
programmi elettorali; ·
la stretta connessione tra il diritto di voto alle
elezioni parlamentari e l’essere direttamente interessati dagli atti degli
organi politici eletti, e ·
la preoccupazione legittima di limitare l’influenza
elettorale dei cittadini che vivono all’estero su questioni che, seppur
fondamentali, riguardano essenzialmente le persone che vivono nel paese. Tuttavia, tali giustificazioni dovrebbero
tenere debito conto dei principi su cui si basa la partecipazione politica.
Come sottolineato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, “il diritto di
voto non è un privilegio. Nel Ventunesimo secolo, la presunzione in uno Stato
democratico deve essere a favore dell’inclusione [...]. Qualsiasi deroga
generale, automatica e indiscriminata al principio del suffragio universale
rischia di compromettere la validità democratica del corpo legislativo così
eletto e le leggi che esso adotta”[25]. Secondo la Commissione europea per la
democrazia attraverso il diritto (Commissione di Venezia), quando è fissato un
termine per la conservazione del diritto di voto dopo che un cittadino è
emigrato, è preferibile che la situazione sia “rivista” alla scadenza del
termine piuttosto che il diritto di voto venga puramente e semplicemente perso.
Gli Stati possono fissare alcune limitazioni formali al diritto di voto
dei cittadini residenti all’estero, come il requisito dell’iscrizione nelle
liste elettorali, che normalmente resta valida solo per un periodo di tempo
limitato. Ciò permette di escludere le persone senza alcun legame con il paese
d’origine, rispettando nel contempo il principio di proporzionalità[26]. Inoltre, la Corte europea dei diritti
dell’uomo ha messo in evidenza l’attuale tendenza a favore del diritto di voto
dei cittadini non residenti. Nell’esaminare le leggi degli Stati che sono
membri del Consiglio d’Europa, ha rilevato che “l’emergere di nuove tecnologie
e di trasporti più economici ha permesso ai migranti di mantenere un contatto
con i paesi di origine più forte di quello che sarebbe stato possibile per gran
parte dei migranti quaranta o addirittura trent’anni fa. Ciò ha portato alcuni
Stati [...] a modificare la loro legislazione e consentire per la prima volta
ai cittadini non residenti di votare alle elezioni nazionali”. La Corte europea
dei diritti dell’uomo è quindi giunta alla conclusione che vi è una chiara
tendenza a favore del diritto di voto dei cittadini non residenti, anche se non
esiste ancora un approccio comune europeo[27]. 4. Il contesto dell’UE Come statuito dalla Corte di giustizia, quando
una materia rientra nella competenza degli Stati membri — come la definizione
della composizione dell’elettorato per le elezioni nazionali — gli Stati membri
devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto
dell’Unione, in particolare delle disposizioni del trattato relative al diritto
riconosciuto a qualsiasi cittadino dell’Unione di circolare e di soggiornare
liberamente nel territorio degli Stati membri, astenendosi, di conseguenza, da
qualsiasi discriminazione, palese o dissimulata, basata sulla cittadinanza[28]. In tale spirito, ad esempio, la Corte ha
riconosciuto che, per quanto riguarda le elezioni europee, in linea di
principio il criterio legato alla residenza non è inadeguato per determinare
chi goda del diritto di elettorato attivo e passivo, chiarendo tuttavia che
tale criterio non deve tradursi in una violazione dei principi generali del
diritto dell’Unione, in particolare il principio di non discriminazione[29]. Le legislazioni nazionali sulla composizione
dell’elettorato per le elezioni nazionali sono disparate. Poiché, attualmente,
nessuno Stato membro ha adottato una politica generale che accordi ai cittadini
degli altri Stati membri che risiedono nel suo territorio il diritto di voto
alle elezioni nazionali[30],
i cittadini dell’Unione privati del diritto di voto generalmente non hanno il
diritto di votare alle elezioni nazionali in nessuno Stato membro. Tuttavia,
poiché l’Unione non si è ancora avvalsa della possibilità di cui all’articolo
25 del TFUE di completare i diritti di cui godono i cittadini dell’Unione, il
diritto dell’Unione non può garantire ai cittadini dell’Unione che il
trasferimento della residenza in un altro Stato membro sia completamente neutro
rispetto al diritto di voto alle elezioni nazionali[31]. Questa situazione può tuttavia ostacolare il
pieno godimento dei diritti e dei benefici che la cittadinanza dell’Unione
apporta loro nella vita quotidiana. In primo luogo, l’attuale situazione può
essere percepita come contraria alla premessa basilare della cittadinanza
dell’Unione. A norma dell’articolo 20 del TFUE, la
cittadinanza dell’Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non
la sostituisce. Il nucleo dei diritti connessi alla cittadinanza dell’Unione
deve essere conferito ai cittadini dell’Unione in aggiunta ai diritti
derivanti dalla cittadinanza nazionale. L’esercizio dei diritti connessi alla
cittadinanza dell’Unione non dovrebbe comportare la perdita del diritto di voto
alle elezioni nazionali, diritto che di norma discende dalla cittadinanza
nazionale. In secondo luogo, le politiche nazionali
che privano i cittadini del diritto di voto possono influire sul modo in cui i
cittadini dell’Unione esercitano il diritto di circolare e di soggiornare
liberamente nel territorio degli Stati membri. Ad esempio, tali cittadini potrebbero
considerare la possibilità di non dichiarare il proprio trasferimento
all’estero alle autorità amministrative per assicurarsi di non perdere i
diritti politici nel paese di origine. In terzo luogo, le politiche nazionali che
privano i cittadini del diritto di voto generano una lacuna nei diritti
politici dei cittadini dell’Unione interessati che è in contrasto con gli
sforzi per promuovere la partecipazione dei cittadini alla vita democratica
dell’Unione. Sebbene conservino il diritto di eleggere i
membri del Parlamento europeo, i cittadini dell’Unione privati del diritto di
voto alle elezioni nazionali non hanno il diritto di partecipare alle procedure
nazionali che portano alla composizione dei governi nazionali, i cui membri
compongono il Consiglio, che è un colegislatore dell’Unione: questo è contrario
agli attuali sforzi per migliorare le condizioni di partecipazione dei
cittadini alla sfera pubblica nazionale ed europea. Per questi motivi, la Commissione propone
alcune opzioni che contribuirebbero a ridurre il rischio di perdita del diritto
di voto per i cittadini dell’Unione che esercitano semplicemente il diritto
alla libera circolazione. Tali opzioni non pregiudicano il ruolo della
Commissione in qualità di custode dei trattati, né le norme del trattato in
materia di libera circolazione dei cittadini dell’Unione, come interpretate
dalla Corte di giustizia. 5. Opzioni per affrontare le
conseguenze della privazione del diritto di voto 5.1. Opzioni inadeguate dal punto
di vista dell’UE Una delle opzioni proposte negli ultimi anni
per ovviare alla perdita dei diritti politici nel paese di origine è la
naturalizzazione nel paese di residenza, con la conseguente acquisizione dei
diritti politici in tale paese. Tuttavia, promuovere la naturalizzazione nel
paese ospitante per aumentare i diritti politici sarebbe in contrasto con il
ruolo della cittadinanza dell’Unione quale principale strumento per promuovere
il rispetto dell’identità nazionale e della diversità e garantire la parità di
trattamento a prescindere dalla cittadinanza. Inoltre, questa opzione non tiene
conto della complessità della mobilità all’interno dell’UE. Le persone possono
soggiornare in diversi paesi per periodi più o meno lunghi, e perfino tornare
nel loro paese d’origine: non si può pretendere che acquistino cittadinanze
multiple o successive soltanto per conservare i diritti politici. Un’altra opzione, promossa soprattutto dal
mondo accademico[32],
è quella di instaurare un dialogo strutturato o un metodo aperto di
coordinamento per incoraggiare gli Stati membri a garantire il reciproco
riconoscimento — su base bilaterale o multilaterale — dei diritti di voto dei
loro cittadini che vivono in altri Stati membri (soprattutto nei paesi più
vicini o con cui hanno legami forti). Tuttavia, tale approccio porterebbe a
diritti di voto frammentati e asimmetrici per i cittadini dell’Unione
all’interno dell’UE[33]. 5.2. Soluzioni adeguate nel quadro
dell’UE 5.2.1. Soluzioni proporzionate a
breve termine Le norme attualmente applicabili in alcuni
Stati membri si basano sulla presunzione che la residenza all’estero di una
determinata durata comporti la perdita del collegamento con la vita politica
nel paese di origine. Tuttavia tale presunzione non è corretta in tutti i
singoli casi. Potrebbe pertanto essere opportuno consentire ai cittadini che
rischiano di essere privati del diritto di voto di dimostrare che sono ancora
interessati alla vita politica dello Stato membro di origine. Oggi i cittadini dell’Unione hanno la
possibilità di mantenere un collegamento con la vita politica nel paese di
origine, e le tendenze attuali sono verso approcci più inclusivi alla
partecipazione politica. Questa situazione, insieme all’importanza fondamentale
del diritto alla libera circolazione nell’UE, mette in luce la necessità di
trovare soluzioni proporzionate nel breve periodo che consentano ai cittadini
dell’Unione di determinare da soli la forza del legame che hanno con il paese
d’origine. Per quanto riguarda i criteri adatti a
dimostrare tale legame, dovrebbe essere sufficiente un’azione positiva degli
interessati, come la presentazione di una domanda per restare iscritti nelle
liste elettorali, che sembra anche la soluzione più semplice e meno onerosa per
i cittadini stessi. Gli
Stati membri che limitano il diritto dei loro cittadini di votare alle elezioni
nazionali esclusivamente in base al criterio della residenza dovrebbero
consentire ai loro cittadini che esercitano il diritto di circolare e di
soggiornare liberamente nell’Unione di conservare il diritto di voto se
dimostrano un interesse persistente per la vita politica dello Stato membro di
cui sono cittadini, ad esempio attraverso la presentazione di una domanda per
restare iscritti nelle liste elettorali. La possibilità di chiedere ai cittadini di presentare
una domanda per restare iscritti nelle liste elettorali dovrebbe fare salva la
facoltà degli Stati membri di chiedere ai cittadini di rinnovare tale domanda a
intervalli opportuni in modo da confermare la persistenza di tale interesse[34]. Gli
Stati membri che consentono ai loro cittadini che risiedono in altri Stati
membri di conservare il diritto di voto alle elezioni nazionali attraverso la
presentazione di una domanda per restare iscritti nelle liste elettorali
possono prevedere modalità di accompagnamento proporzionate, come la
ripresentazione della domanda a intervalli opportuni. Allo scopo di ridurre al minimo l’onere per i
cittadini all’estero, la domanda per essere o rimanere iscritti nelle liste
elettorali dovrebbe poter essere presentata per via elettronica. Gli
Stati membri che consentono ai loro cittadini che risiedono in altri Stati
membri di conservare il diritto di voto alle elezioni nazionali attraverso la
presentazione o la ripresentazione di una domanda per restare iscritti nelle
liste elettorali dovrebbero garantire che tutte le domande pertinenti possano
essere presentate per via elettronica. Infine è importante garantire che i cittadini
che si trasferiscono o risiedono in un altro Stato membro siano adeguatamente
informati sulle condizioni per conservare il diritto di voto. Queste
informazioni potrebbero essere messe a disposizione tramite opuscoli,
trasmissioni e informazioni mirate dei consolati, delle ambasciate e delle
organizzazioni di espatriati. Gli
Stati membri che prevedono la perdita del diritto di voto alle elezioni
nazionali per i loro cittadini che risiedono in altri Stati membri dovrebbero
informare con mezzi adeguati e in modo tempestivo tali cittadini sulle
condizioni e modalità pratiche per conservare il diritto di voto alle elezioni
nazionali. Una visione
a più lungo termine Questa riflessione per aumentare la
partecipazione politica dei cittadini dell’Unione affrontando le conseguenze
della privazione del diritto di voto non dovrebbe ostare a una riflessione a
più lungo termine per colmare la lacuna esistente in termini di partecipazione
a livello nazionale e, se del caso, regionale dei cittadini dell’Unione che
vivono in un altro Stato membro. Infatti, la concessione del diritto di voto
nel paese ospitante è proposta nei dibattiti in corso anche per aumentare la
partecipazione politica dei cittadini dell’Unione privati del diritto di voto
che non hanno il diritto di votare alle elezioni nazionali in nessun paese
dell’Unione. Chiaramente, si tratta di una questione molto
più ampia — che contribuirebbe a rendere pienamente efficace il diritto di ogni
cittadino di partecipare alla vita democratica dell’Unione, consentirebbe ai
cittadini dell’Unione che esercitano il diritto alla libera circolazione di
integrarsi meglio nel paese ospitante e rafforzerebbe la cittadinanza
dell’Unione. Come annunciato nella relazione 2013 sulla
cittadinanza dell’Unione, è opportuno esaminare la questione nel contesto
dell’imminente e più ampia riflessione sul futuro dell’Unione. 6. Conclusioni Tenuto conto del dialogo politico sulla
privazione del diritto di voto condotto con tutte le parti interessate, gli
attori istituzionali e la società civile, e in risposta alle aspettative degli
stessi cittadini dell’Unione espresse nelle consultazioni pubbliche e nei
dialoghi con i cittadini sul futuro dell’Unione, la Commissione propone
soluzioni adeguate. Le motivazioni alla base delle attuali politiche che
privano i cittadini del diritto di voto dovrebbero essere riesaminate alla luce
dell’odierna realtà socioeconomica e tecnologica, dell’attuale stato
dell’integrazione europea e dell’attuale tendenza alla partecipazione politica
inclusiva. In questo contesto è importante il ruolo fondamentale della
cittadinanza dell’Unione nel garantire che i cittadini siano trattati come
membri della comunità di pari valore, tanto nel paese di origine quanto in
quello di residenza. La presente comunicazione individua possibili
soluzioni costruttive e ne propone l’esame agli Stati membri interessati. Nella
raccomandazione che la accompagna, la Commissione propone approcci inclusivi e
proporzionati ai diritti politici dei cittadini che esercitano il diritto alla
libera circolazione, basati sulla premessa che tali cittadini dovrebbero poter
decidere da soli se mantenere un forte interesse per la vita politica del paese
di origine. La Commissione valuterà i passi compiuti per
far fronte alle conseguenze della privazione del diritto di voto dei cittadini
dell’Unione che esercitano il diritto alla libera circolazione quando riferirà
sui progressi compiuti in direzione di un’effettiva cittadinanza dell’Unione. [1] Articolo
2 del trattato sull’Unione europea (TUE). [2] Articolo
10, paragrafo 3, del TUE. [3] Comunicazione della Commissione, del 12 marzo 2013, “Prepararsi
alle elezioni europee 2014: rafforzare la democrazia e l’efficienza” (COM(2013) 126)
e raccomandazione della Commissione, del 12 marzo 2013, sul rafforzamento dell’efficienza
e della democrazia nello svolgimento delle elezioni del Parlamento europeo (C(2013)
1303). [4] COM(2010) 603 def. [5] Sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 7
maggio 2013 nella causa Shindler/Regno Unito, punti 110 e 115. [6] Agevolato dalla direttiva 2010/13/UE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di
determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli
Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi
(direttiva sui servizi di media audiovisivi). [7] Quasi due terzi (65%) degli europei ritengono ingiustificato
che i cittadini dell’Unione che risiedono in un paese dell’UE diverso dal paese
di origine perdano il diritto di voto alle elezioni nazionali, sondaggio
Eurobarometro 2012 n. 364 sui diritti elettorali, http://ec.europa.eu/public_opinion/flash/fl_364_en.pdf.
La stessa opinione è stata espressa da una percentuale simile (62%) dei
partecipanti a una consultazione pubblica online del 2012 sulla cittadinanza
dell’Unione: “Cittadini dell’Unione: i vostri diritti, il vostro futuro”,
consultabile all’indirizzo http://ec.europa.eu/justice/citizen/files/report_eucitizenship_consultation_en.pdf. [8] COM(2013)
269 def. [9] Cipro, Danimarca, Irlanda, Malta e Regno Unito. [10] Legge 13 maggio 1987, n. 271 sulle elezioni
parlamentari, modificata da ultimo nel 2009, parte I, capo I, articolo 2,
paragrafo 3. [11] Legge costituzionale del 5 giugno 1953, parte IV,
paragrafo 29. [12] Principalmente diplomatici, dipendenti di enti pubblici,
imprese private, organizzazioni internazionali o organizzazioni umanitarie o di
soccorso danesi, studenti che studiano all’estero e cittadini che vivono all’estero
per motivi di salute. [13] Legge elettorale n. 23 del 1992, parte II,
articolo 11, paragrafo 3, lettera a). [14] La quinta relazione presentata all’Oireachtas è
disponibile al seguente indirizzo: https://www.constitution.ie/Default.aspx [15] Articolo 5 della legge n. 72/1979 e
articolo 11 della legge n. 40/1980, modificata da ultimo dalla
legge 4 (i)/2003. [16] Paragrafo 57 della Costituzione, modificata con legge
LVIII.1974.23. [17] Sezione 1 (3), lettera c), della legge elettorale
britannica del 1985, modificata dalla legge sui partiti politici e sul
referendum del 2000. [18] Causa Shindler, citata. [19] Tale norma è stata impugnata, senza successo, da alcuni
cittadini dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali. Tuttavia, ad oggi, non
è stata presentata nessuna domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di
giustizia dell’Unione europea. [20] Articolo 1 della 21a legge che modifica la
legge sulle elezioni federali, del 27 aprile 2013 (Gazzetta ufficiale federale
I, pag. 962). Tale legge è stata adottata in seguito a una sentenza della Corte
costituzionale tedesca che, valutando la legge nazionale previgente, aveva
stabilito che il solo criterio del precedente soggiorno di tre mesi in Germania
in qualsiasi momento come condizione per i cittadini non residenti per
conservare il diritto di voto fosse inadatta, di per sé, a dimostrare che gli
interessati avessero familiarità e fossero interessati dalla situazione
politica tedesca. La Corte ha invece posto l’accento, in particolare, sul fatto
che gli interessati abbiano familiarità con il sistema politico non solo grazie
alle informazioni ottenute tramite i mezzi di comunicazione moderni, ma anche
di prima mano, ad esempio aderendo ad associazioni o partiti, e che possano
essere soggetti ad imposizione fiscale in Germania: cfr. sentenza del 4 luglio 2012
(2 BvC 1/11 e 2 BvC 2/11), punti 44, 45, 47, 50, 52, 56. [21] Articolo 2, paragrafo 3, e articolo 2a, paragrafo 1, della
legge sulle liste elettorali del 1973. [22] L’articolo 3 del protocollo n. 1 prevede il
diritto a libere elezioni disponendo che le parti contraenti “si impegnano a
organizzare, a intervalli ragionevoli, libere elezioni a scrutinio segreto, in
condizioni tali da assicurare la libera espressione dell’opinione del popolo sulla
scelta del corpo legislativo”. [23] Da ultimo nella causa Shindler, citata. [24] Cfr. in particolare la sentenza del 7 settembre 1999, Hilbe/Liechtenstein,
e la causa Shindler, citata, punto 105. [25] Causa Shindler, citata, punto 103. [26] Report on Out-of-Country Voting, 24 giugno
2011(CDL-AD (2011) 022), punti 72 e 76. [27] Causa Shindler, citata, punti 110 e 115. [28] Causa C-403/03, Schempp, punto 19. [29] Causa C-300/04, Eman e Sevinger, punti 55 e 61. [30] Le sole eccezioni sono la possibilità per i cittadini
irlandesi e per i cittadini ciprioti e maltesi (considerati “Qualifying
Commonwealth citizens”) di votare alle elezioni parlamentari nazionali nel
Regno Unito e la possibilità per i cittadini del Regno Unito di votare alle
elezioni parlamentari nazionali in Irlanda. [31] Conformemente all’articolo 25, paragrafo 2, del TFUE, il
Consiglio, deliberando all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale
e previa approvazione del Parlamento europeo, può adottare disposizioni intese
a rafforzare o aumentare i diritti di cui godono i cittadini dell’Unione ai
sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, del TFUE. Tali disposizioni entrano in
vigore previa approvazione degli Stati membri, conformemente alle rispettive
norme costituzionali. [32] J. Shaw, E.U. citizenship and
political rights in an evolving European Union, Fordham L. Rev.,
Vol. 75 2549, 2567 (2007). [33] I cittadini degli Stati membri che prevedono la privazione
del diritto di voto potrebbero acquisire il diritto di voto in alcuni o tutti
gli altri Stati membri, ma non ci sarebbero garanzie di tale diritto per i
cittadini dei 23 Stati membri che non prevedono la privazione del diritto di
voto. [34] Questo è il sistema vigente in Austria, dove la domanda
deve essere ripresentata ogni dieci anni.