14.8.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 268/27


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti — Un Piano di investimenti per l’Europa»

[COM(2014) 903 final]

e alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici e che modifica i regolamenti (UE) n. 1291/2013 e 1316/2013»

[COM(2015) 10 final — 2015/0009 (COD)]

(2015/C 268/05)

Relatore:

Michael SMYTH

La Commissione europea, in data 19 dicembre 2014, il Parlamento europeo, in data 28 gennaio 2015 e il Consiglio dell’Unione europea, in data 3 marzo 2015, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 172, 173, 175, 182 e 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti — Un Piano di investimenti per l’Europa»

[COM(2014) 903 final]

e alla

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici e che modifica i regolamenti (UE) n. 1291/2013 e (UE) n. 1316/2013»

[COM(2015) 10 final — 2015/0009 (COD)].

La sezione specializzata unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 2 marzo 2015.

Alla sua 506a sessione plenaria, dei giorni 18 e 19 marzo 2015 (seduta del 19 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 200 voti favorevoli, 6 voti contrari e 11 astensioni.

1.   Sintesi e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore il Piano di investimenti per l’Europa e apprezza il cambiamento di enfasi dall’austerità al risanamento di bilancio. La Commissione riconosce ora che vi è un problema di mancanza di investimenti e di bassa domanda aggregata, e che il settore finanziario non è ancora in grado di svolgere pienamente il suo ruolo nel rilanciare la crescita.

1.2.

Il Piano di investimenti è un passo nella direzione giusta, ma deve rispondere a un certo numero di importanti interrogativi riguardanti le sue dimensioni in rapporto alle enormi esigenze di investimento dell’Europa, l’elevato livello dell’effetto leva atteso, il potenziale flusso di progetti d’investimento adeguati, la strategia di marketing per attirare il capitale privato dall’Europa e dai paesi extra-UE, il coinvolgimento delle PMI — con particolare attenzione alle microimprese e alle piccole imprese — e la sua cornice temporale.

1.3.

Vi è incertezza circa la possibilità di sviluppare una riserva di progetti capaci di offrire rendimenti tali da attirare gli investitori istituzionali. Il CESE si rammarica che, nella proposta in esame, la Commissione europea non abbia dato attuazione ai principi di cui all’articolo 5 del suo stesso regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (1), ulteriormente sviluppati nel regolamento delegato (UE) n. 240/2014 della Commissione (2), e rivolge un pressante invito a coinvolgere le parti sociali e la società civile organizzata nel processo di selezione a livello nazionale. Il mancato coinvolgimento delle parti interessate nella titolarità delle proposte è evidente nell’elenco dei potenziali progetti presentato a dicembre.

1.4.

Bisogna concentrarsi molto di più sulla creazione di un contesto propizio e prevedibile per l’attività imprenditoriale. Senza fiducia da parte degli investitori, una migliore regolamentazione e costi accettabili per fare impresa nell’UE, saranno quasi nulle le speranze di riavviare una crescita anche moderata con i posti di lavoro necessari.

1.5.

Il Piano propone che i contributi al Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) provenienti dagli Stati membri non siano inclusi nei calcoli relativi al disavanzo di bilancio, il che è sicuramente un motivo per rallegrarsi. La Commissione dovrebbe spiegare perché le spese in corso per infrastrutture pubbliche di carattere strategico non siano trattate nello stesso modo. Qual è la differenza tra un trattamento di bilancio favorevole per i contributi degli Stati membri agli investimenti produttivi nell’ambito del FEIS ed una vera e propria «regola d’oro»?

1.6.

Il CESE ritiene che sia giunto il momento di riconoscere che l’Europa ha bisogno di un cospicuo programma di investimenti pubblici e privati per rilanciare la crescita, l’occupazione e la prosperità. Gli investimenti pubblici strategici come quelli considerati nel Piano, e che sono alla base dello sviluppo economico presente e futuro, dovrebbero essere incentivati da un quadro di bilancio europeo più favorevole. Il CESE invita la Commissione ad aprire un dibattito su una formulazione appropriata del quadro di bilancio per l’Europa, nella piena consapevolezza delle molteplici difficoltà legate alla sua definizione e alla fissazione delle adeguate condizionalità.

1.7.

Il CESE invita la Commissione prendere in considerazione le raccomandazioni dell’OIL di puntare ad attrarre progetti dalle regioni con i tassi di disoccupazione più elevati, con la partecipazione attiva delle parti sociali nazionali e dei soggetti interessati. Il CESE raccomanda di prendere in considerazione le strategie macroregionali in sede di individuazione e valutazione dei potenziali progetti.

2.   Contesto

2.1.

Il livello di investimenti in Europa ha registrato una flessione del 15 % rispetto al suo picco precedente alla crisi. Allo stesso tempo, in tutta Europa vi sono alti tassi di risparmio, i bilanci delle aziende traboccano di liquidità e gli investitori istituzionali sono pieni di denaro, mentre i bilanci della maggior parte degli Stati membri sono sotto massima tensione oppure in contrazione.

2.2.

La scarsità degli investimenti è tanto più inaccettabile in quanto il costo del capitale, sia in termini nominali che reali, è a un livello bassissimo. I mercati europei, dove devono incontrarsi la domanda di investimenti e l’offerta di risorse per gli investimenti stessi, non funzionano in modo corretto. Tra gli investitori vi è una mancanza di fiducia nel contesto economico, e l’incertezza si ripercuote gravemente sulla fiducia delle imprese. Il terzo pilastro del Piano punta alla riforma della regolamentazione e a semplificare il quadro per gli investimenti in tutta Europa, un obiettivo non facile da raggiungere.

2.3.

Qual è l’essenza del Piano di investimenti per l’Europa? Il Piano ha tre pilastri:

creazione di un apposito Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) garantito da 21 miliardi di euro a titolo del bilancio dell’UE e di riserve della BEI che, secondo le stime della Commissione, possono esercitare un effetto leva per un importo supplementare di 294 miliardi di euro di fondi per investimenti nell’arco di tre anni,

una riserva di progetti strategici di investimento sostenuta da un polo specializzato di consulenza tecnica,

la rimozione degli ostacoli agli investimenti e il miglioramento della regolamentazione.

2.4.

Il FEIS è simile a una società veicolo (SPV) istituita in seno alla BEI per effettuare investimenti a più alto rischio rispetto al resto degli interventi della Banca, il che garantisce il rating AAA della BEI stessa. Sotto questo profilo, il FEIS rappresenta un’innovazione e segna anche un allontanamento significativo dall’ortodossia, in quanto i fondi a titolo del bilancio UE saranno utilizzati come garanzia o protezione per assorbire l’impatto di potenziali perdite degli investimenti del Fondo.

2.5.

In termini di effetto leva, i 21 miliardi di euro in finanziamenti di avviamento iniziali consentiranno alla BEI di prestare 63 miliardi ricorrendo al proprio modello aziendale abituale. La Commissione ritiene che il FEIS cercherà poi investitori del settore privato e altri soggetti per progetti idonei, il che potenzialmente consentirà di liberare un totale di 315 miliardi di euro di investimenti di capitali. La chiave di tale effetto leva sta nel fatto che il Fondo fornisce alla BEI una protezione dal rischio che consente alla Banca di investire in progetti più rischiosi.

2.6.

Il Comitato prende atto del fatto che la Commissione difende la necessità di rimuovere gli ostacoli agli investimenti. Le risorse finanziarie programmate equivalgono solamente alla differenza media annua in meno rispetto a un tasso d’investimenti considerato sano; quindi, un tale livello d’investimenti addizionale sarebbe necessario ogni anno. Il contesto in cui operano le imprese deve esser reso molto più propizio agli investimenti se si vuole che l’iniziativa realizzi il proprio obiettivo. Per esempio:

una migliore regolamentazione e un contesto normativo più prevedibile che sostenga l’adozione di decisioni a lungo termine sono prerequisiti essenziali,

i costi collegati all’attività imprenditoriale in Europa sono troppo alti. È importante affrontare, tra gli altri fattori, gli elevati prezzi dell’energia,

per affermare l’UE in quanto territorio a partire dal quale le imprese possano disporre del miglior accesso ai mercati mondiali occorre perseguire una politica commerciale europea ambiziosa.

3.   Osservazioni sul Piano di investimenti per l’Europa

3.1.

Se la risposta iniziale al Piano di investimenti per l’Europa è stata positiva, successivamente non sono state lesinate critiche al Piano. Alcuni commentatori hanno espresso un parere chiaramente negativo, altri lo hanno accolto con favore sottolineandone però alcune debolezze. Gran parte delle osservazioni negative deriva da una scarsa comprensione del contesto in cui il Piano si inserisce al momento attuale. Idealmente, un ampio piano europeo di investimenti dovrebbe essere trainato da progetti strategici finanziati dalla mano pubblica e volti a stimolare la crescita e la creazione di posti di lavoro.

3.2.

Una delle principali critiche al Piano è che appare di dimensioni troppo ridotte, data l’attuale insufficienza degli investimenti in Europa. Si prevede inoltre che il Piano possa avere un effetto moltiplicatore di 1: 15. Alcuni non ritengono affatto credibile un simile livello dell’effetto leva (3). La Commissione si aspetta che l’importo iniziale di 21 miliardi di euro sia accresciuto due volte dall’effetto leva, in primo luogo con finanziamenti obbligazionari del settore privato che aumenteranno le dimensioni del FEIS, in secondo luogo quando i progetti saranno sostenuti da capitale del Fondo, il che consentirà di attrarre maggiori investimenti privati. Non vi sono dubbi che l’effetto moltiplicatore atteso sia assai ampio ma, secondo la Commissione, si trova comunque nei limiti dell’effetto leva ottenuto storicamente dalla BEI. Nonostante la natura rischiosa dei progetti che dovranno essere finanziati dal FEIS, il fatto che il Fondo sarà costituito in seno alla BEI e da questa gestito dovrebbe probabilmente garantire un effetto leva piuttosto elevato.

3.3.

Il tempo necessario per avviare i grandi progetti di infrastrutture, in particolare quelli transfrontalieri, può essere di diversi anni a causa di ostacoli politici, ambientali o normativi, e a volte di puro e semplice rifiuto delle comunità locali ad accogliere i progetti sul proprio territorio (4). Questi ostacoli sollevano due problemi ulteriori. In primo luogo, vi sarà un numero sufficiente di grandi progetti infrastrutturali che risultino sia di natura strategica sia interessanti per gli investitori? In secondo luogo, nell’arco di tre anni, investimenti per 315 miliardi di euro equivalgono a circa 100 miliardi di euro l’anno, ovvero al 40 % in più rispetto ai livelli attuali di investimento dell’UE, il che non sembra realizzabile. Tali critiche sono valide fino ad un certo punto. Circa il 25 % dei finanziamenti del FEIS (ossia 75 miliardi di euro) sarà destinato alle PMI e alle società a media capitalizzazione, e dovrebbe essere reso operativo in tempi ragionevolmente brevi. Il resto degli investimenti del Fondo sarà stanziato per i tipi di progetti definiti nella relazione della task force sugli investimenti nell’Unione europea. L’esame della situazione sembrerebbe indicare l’esistenza di una notevole serie di considerevoli progetti potenziali nei settori dell’energia, dei trasporti, dell’innovazione e del digitale che potrebbero beneficiare di un sostegno del FEIS.

3.4.

Una delle principali critiche al Piano di investimenti è che il suo impatto sarà a medio e lungo termine, mentre quello che occorre invece un programma di investimenti a breve termine simile al programma europeo di ripresa economica applicato durante la recente recessione. Le conseguenze finanziarie di tale approccio potrebbero essere gestite nell’ambito di un sistema di conti nazionali più flessibile, e questo aspetto è sviluppato in modo più approfondito nella sezione 4 del parere.

3.5.

Anche la capacità della BEI di gestire un Fondo così ambizioso solleva qualche interrogativo. Per quanto concerne i finanziamenti per le PMI, in particolare le microimprese e le piccole imprese, e per le società a media capitalizzazione, alcuni ritengono che la Banca non disponga di risorse umane sufficienti per arrivare direttamente alle imprese. Ciò comporterà l’esigenza di fare maggiore affidamento sulle banche commerciali per selezionare le microimprese, le PMI e le società a media capitalizzazione e fornire loro finanziamenti a un costo relativamente basso. Il rischio è che le banche selezionino i propri clienti commerciali preferiti cui avrebbero comunque concesso finanziamenti, dando origine su larga scala a quello che viene definito come «effetto inerziale». Il CESE esorta a fare in modo che una situazione del genere venga evitata. Ciò è possibile, tra l’altro, in particolare, operando in consultazione con le organizzazioni rappresentative delle PMI.

3.6.

Una possibile soluzione a tale rischio è che le agenzie regionali di sviluppo e le associazioni imprenditoriali ottengano un ruolo più attivo nell’individuazione delle microimprese, delle PMI e delle società a media capitalizzazione che dovranno essere finanziate dal Fondo. Normalmente tali agenzie e associazioni hanno una conoscenza migliore delle piccole imprese e sono loro più vicine, e possono dare un contributo efficace alle valutazioni del rischio. Pur riconoscendo che esistono questioni relative all’azzardo morale, il CESE ha già invitato in passato ad adottare tale approccio, e ritiene che potrebbe trattarsi di una misura efficace nell’attuazione del Piano di investimenti (5).

3.7.

È stato fatto un parallelismo tra il Piano di investimenti per l’Europa e l’iniziativa per la crescita varata nel 2012 (6). L’iniziativa per la crescita comprendeva un pacchetto di 120 miliardi di euro di finanziamenti provenienti da fondi riassegnati, ma solo una piccola parte di quel denaro è stata utilizzata. Si tratta di una valida obiezione, che rende essenziale far sì che la realizzazione del Piano sia trasparente e sia oggetto di una comunicazione adeguata. Il CESE accoglie con favore il fatto che il Piano e il FEIS saranno monitorati da vicino dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Anche al CESE dovrebbe spettare un ruolo nel controllo dell’attuazione del Piano durante i prossimi tre anni.

3.8.

È deprecabile che la Commissione europea non abbia né le risorse finanziarie né il sostegno politico per raccogliere risorse aggiuntive significative al fine di dar vita a un vero e proprio piano europeo di investimenti. I limiti di bilancio attuali appaiono assolutamente vincolanti. In una situazione in cui nel bilancio dell’UE sono disponibili risorse assai scarse, il Piano di investimenti per l’Europa che è stato proposto è in qualche modo un ripiego.

3.9.

Secondo la Commissione, il Piano rappresenta un elemento che è realmente complementare alle altre politiche strutturali, perché il FEIS entrerà in azione solo quando non siano disponibili fonti alternative di finanziamento. Inoltre, è stato argomentato che il Fondo sarà complementare ad altri investimenti della BEI, in quanto presenta una maggiore propensione al rischio. Il FEIS sarà anche più flessibile per quanto riguarda gli strumenti finanziari di cui si avvale. Fra questi si possono contare strumenti come capitale azionario e quasi-azionario, capitale di rischio, finanziamenti mediante debito e garanzie per la cartolarizzazione dei prestiti. Il Fondo opererà in collaborazione, ove possibile, con le banche di sviluppo nazionali. La Commissione propone anche di sostenere il Piano istituendo fondi di investimento europei a lungo termine (ELTIF), insieme ad iniziative volte a creare nuovi mercati della cartolarizzazione e veicoli atti ad allargare la base di finanziamento dei progetti e delle PMI. Questi sviluppi sono da accogliersi con favore, ma si sono fatti aspettare molto a lungo.

3.10.

La Commissione prevede che il Piano di investimenti sia abbastanza flessibile sotto l’aspetto del FEIS, della riserva di progetti e del polo di consulenza per gli investimenti, in modo da consentire ulteriori fasi di investimento nel corso dei prossimi anni. Il Piano prevede una rigorosa struttura di governance in seno alla BEI. Ogni progetto sostenuto dal FEIS dovrà anche essere approvato dal consiglio di amministrazione della BEI, come stabilisce il trattato. Il CESE raccomanda di coinvolgere da vicino le parti sociali e i soggetti interessati nel processo di selezione dei progetti di investimenti pubblici a livello nazionale (una possibilità consiste nell’utilizzare i comitati di sorveglianza degli accordi nazionali di partenariato).

3.11.

Il FEIS cercherà di promuovere progetti di rischio elevato in grado di promuovere la crescita, l’occupazione e la produttività. Non è ancora chiaro se le piattaforme di coinvestimento (comprendenti il FEIS, le banche di sviluppo nazionali e le istituzioni finanziarie del settore privato) saranno abbastanza attraenti per i partecipanti. Al riguardo, il CESE raccomanda di mettere in atto una strategia di marketing proattiva per attirare gli investimenti privati, introducendo maggiore chiarezza circa l’assetto delle piattaforme d’investimento e conferendo al Polo europeo di consulenza sugli investimenti un ruolo di promozione delle possibilità d’investimento all’interno e all’esterno dell’Europa. La capacità di assunzione di rischio del Piano (21 miliardi di euro) è piuttosto ampia. Sebbene i livelli di rischio saranno più elevati nello svolgimento del Piano, è altamente improbabile che sarà necessario ricorrere alla garanzia nella sua totalità, e certamente non sarà necessario utilizzarla tutta insieme.

3.12.

La Commissione ritiene che, se il Piano di investimenti realizzerà pienamente il suo obiettivo, nei prossimi tre anni si potranno creare altri 1-1,3 milioni di posti di lavoro. Non è una cifra trascurabile, anche in un’UE in cui la disoccupazione colpisce un totale di 25 milioni di persone. L’OIL ha recentemente pubblicato proprie stime dei posti di lavoro che potrebbero essere creati dal Piano. La principale conclusione della relazione dell’OIL è che, se la concezione del programma e la sua ripartizione saranno attentamente studiate, risulterà possibile creare oltre 2,1 milioni di nuovi posti di lavoro entro la metà del 2018. Ad esempio, l’aumento dell’occupazione più elevato e più equo si potrebbe ottenere assegnando i finanziamenti del FEIS in base ai livelli di disoccupazione (7). Il CESE chiede di tener conto delle priorità contenute nelle strategie macroregionali al momento di decidere sui progetti potenziali. È chiaro pertanto che occorre rendere pubblici il prima possibile i criteri da seguire per la selezione dei progetti che dovranno ricevere il sostegno del Piano.

3.13.

Se il Piano di investimenti riuscirà a far confluire verso il FEIS capitale addizionale proveniente dagli Stati membri, la Commissione considererà favorevolmente tali contributi al momento di valutare i criteri del debito e del disavanzo previsti dal Patto di stabilità e crescita. Ciò costituisce in certa misura un ripensamento da parte della Commissione, che però è ancora insufficiente. Il CESE si dichiara pronto a partecipare attivamente alle ulteriori discussioni sul tema delle modalità per migliorare gli investimenti in Europa, includendovi anche l’introduzione di una maggiore flessibilità nell’ambito del Patto di stabilità e crescita. Il CESE invita la Commissione a continuare a studiare le opportunità di creare un contesto di bilancio favorevole agli investimenti in Europa

4.   È tempo per una nuova regola d’oro per l’Europa?

4.1.

Il CESE si compiace del fatto che i contributi al FEIS provenienti dagli Stati membri non saranno inclusi nei calcoli relativi al disavanzo di bilancio. In relazione a ciò, tuttavia, è lecito chiedersi perché le spese in corso per infrastrutture pubbliche di carattere strategico non siano trattate nello stesso modo. Qual è la differenza tra un trattamento di bilancio favorevole per i contributi degli Stati membri agli investimenti produttivi nell’ambito del FEIS ed una vera e propria «regola d’oro»?

4.2.

I sostenitori della «regola d’oro» europea vedono in questo punto un importante elemento di incoerenza. Nella situazione attuale delle politiche di bilancio in Europa, gli incentivi negativi hanno causato una carenza di investimenti pubblici. In generale, gli investimenti pubblici aumentano lo stock di capitale pubblico e producono crescita per le generazioni presenti e future. Ne consegue che le generazioni future dovrebbero contribuire al finanziamento di tali investimenti perché se non si consente di finanziare col debito i benefici che matureranno per le generazioni future, l’onere fiscale peserà in modo sproporzionato sulla generazione attuale, con la conseguenza che ne deriva di un livello insufficiente di investimenti (8). È quanto sta accadendo attualmente in Europa.

4.3.

Si potrebbe sostenere che la maggiore flessibilità in relazione agli investimenti mostrata nel quadro del FEIS sia in realtà una mini «regola d’oro». La questione di una regola di bilancio per l’Europa correttamente formulata dovrebbe essere discussa nella piena consapevolezza delle molte difficoltà legate alla sua definizione. La discussione dovrebbe inoltre riguardare la fissazione delle condizionalità appropriate. Il CESE ritiene che sia giunto il momento di riconoscere che l’Europa ha bisogno di un cospicuo programma di investimenti pubblici e privati per rilanciare la crescita, l’occupazione e la prosperità. Gli investimenti pubblici e privati strategici come quelli considerati nel Piano, e che sono alla base dello sviluppo economico presente e futuro, dovrebbero essere incentivati da un quadro di bilancio europeo più favorevole.

Bruxelles, 19 marzo 2015

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320.

(2)  GU L 74 del 14.3.2014, pag. 1.

(3)  Cfr. ad esempio: Europe’s Great Alchemist («Il grande alchimista d’Europa»), The Economist, 29 novembre 2014; Daniel Gros, The Juncker Plan: From EUR21 to EUR315 billion, through smoke and mirrors («Il piano Juncker: da 21 a 315 miliardi di euro, attraverso i trucchi del prestigiatore»), CEPS, 27 novembre 2014.

(4)  Si tratta dell’atteggiamento NIMBY: Not in My Back Yard, ossia «Non nel mio cortile».

(5)  Cfr. ad esempio parere del CESE sul tema Finanziamento delle imprese/meccanismi di approvvigionamento alternativi (GU C 451 del 16.12.2014, pag. 20).

(6)  CEPS, novembre 2014, pag. 2.

(7)  An Employment Oriented Investment Strategy for Europe («Una strategia di investimento orientata all’occupazione per l’Europa»), OIL, gennaio 2015.

(8)  Per un’accurata disamina della letteratura e delle modalità relative alla golden rule vedere Implementing the Golden Rule for Public Investment in Europe («Attuare la golden rule per gli investimenti pubblici in Europa») di Achim Truger. http://blog.arbeit-wirtschaft.at/wp-content/uploads/2015/03/Endfassung.pdf in: Materialien zu Wirtschaft und Gesellschaft Nr. 138, Working Paper-of AK-Wien.