52013SC0426

DOCUMENTO DI LAVORO DEI SERVIZI DELLA COMMISSIONE SINTESI DELLA VALUTAZIONE D'IMPATTO che accompagna il documento Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda una dichiarazione IVA standard /* SWD/2013/0426 final */


DOCUMENTO DI LAVORO DEI SERVIZI DELLA COMMISSIONE

SINTESI DELLA VALUTAZIONE D'IMPATTO

che accompagna il documento

Proposta di direttiva del Consiglio

recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda una dichiarazione IVA standard

1.           Introduzione

Il sistema comune dell'IVA dell'UE è una fonte importante di reddito per gli Stati membri (22% del totale delle imposte per gli Stati membri nel 2010), ma è particolarmente complicato, in quanto oltre la metà dei 400 e più articoli della direttiva IVA riguardano le eccezioni alle regole di base.

Quando si valutano gli obblighi di comunicazione nell'ambito del programma d'azione della Commissione per la riduzione degli oneri amministrativi nell'Unione europea, gli oneri legati all'IVA sono in cima alla lista, con 69 miliardi di EUR di oneri amministrativi. Le dichiarazioni IVA nell'UE sono state stimate pari a 19 miliardi di euro.

Il gruppo ad alto livello sugli oneri amministrativi (il «gruppo Stoiber») ha dichiarato che occorre lavorare ulteriormente, in particolare nel settore fiscale per ridurre gli oneri gravanti sulle imprese. Uno studio realizzato per il gruppo Stoiber ha raccomandato che «l'attuazione di una dichiarazione IVA uniforme in tutti i 27 Stati membri».

La direttiva relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto consente attualmente agli Stati membri di stabilire il contenuto e la presentazione delle dichiarazioni IVA, il che risulta in 27 dichiarazioni periodiche IVA molto diverse che contengono da meno di 10 a 100 caselle da compilare.

Secondo una stima nella «Valutazione retrospettiva degli elementi del sistema dell'IVA», una riduzione del 10% nella diversità delle procedure amministrative generali dell'IVA tra i paesi potrebbe tradursi in un incremento del 3,7% degli scambi all'interno dell'UE, con un aumento del PIL reale e dei consumi rispettivamente dello 0,4% e dello 0,3%. La standardizzazione della dichiarazione IVA potrebbe quindi avere effetti positivi concreti sull'economia dell'UE.

In seguito alla relazione del gruppo Stoiber sugli oneri amministrativi, è stato inserito un riesame degli obblighi IVA nel Libro verde sul futuro dell'IVA, il che si è tradotto in comunicazione contenente l'impegno ad elaborare una proposta legislativa nel 2013, affinché una dichiarazione IVA standard sia disponibile in tutte le lingue e possa essere utilizzata facoltativamente dalle imprese nell'Unione europea.

2.           Questioni procedurali e consultazione

I lavori fanno capo alla DG TAXUD, con la consultazione delle DG MARKT, ENTR, CNECT, il Segretario generale e l'OLAF, attraverso un gruppo direttivo. Il Servizio giuridico e ESTAT sono inoltre stati tenuti al corrente dei lavori.

Il gruppo direttivo si è riunito quattro volte tra il 3 luglio 2012 e il 23 maggio 2013.

Le consultazioni si sono svolte attraverso:

· il Libro verde sul futuro dell'IVA e documento di lavoro che l'accompagna (nella sezione 9.7 si è sollevata la questione specifica di una dichiarazione IVA standardizzata a livello UE). La consultazione pubblica è stata avviata il 1º dicembre 2010 e si è conclusa il 31 maggio 2011;

· seminari organizzati con le imprese per definire la dichiarazione IVA standard durante lo studio di PwC dal gennaio 2012 fino al giugno 2012;

· il gruppo di esperti sull'IVA, istituito con decisione della Commissione, riunitosi il 25 gennaio 2013;

· le PMI, consultate in occasione di una riunione di follow-up nell'ambito dello Small Business Act, che si è svolta il 17 aprile 2013;

· le autorità fiscali degli Stati membri, consultate in occasione del seminario Fiscalis che si è tenuto in Portogallo il 2-4 ottobre 2012;

· gli Stati membri, consultati in sede di gruppo sul futuro dell'IVA il 28 gennaio 2013.

Le imprese sostengono pienamente un modello di dichiarazione IVA standard: le PMI hanno approvato all'unanimità l'idea di una dichiarazione IVA standard, pur essendo consapevoli della necessità di ridurre la frequenza delle dichiarazioni IVA per le imprese più piccole

Gli Stati membri tengono una posizione aperta, nella maggior parte dei casi favorevole, ad una dichiarazione IVA standard ma sono ben consapevoli delle conseguenze in termini di necessità di modificare la dichiarazione IVA con i costi che comporta. Due elementi sembrano loro fondamentali: in primo luogo occorre un solo tipo di dichiarazione IVA in quanto il costo di attuare e gestire un doppio regime (europeo e nazionale) sarebbe proibitivo e, in secondo luogo, si deve poter tener conto dei diversi livelli di informazioni necessarie per l'analisi dei rischi e il controllo.

3.           Definizione del problema

La direttiva IVA stabilisce le regole in base alle quali gli Stati membri devono esigere una dichiarazione IVA dai loro soggetti passivi; definisce la responsabilità finanziaria delle società nei confronti dello Stato membro e fornisce informazioni per il controllo dei rischi e per le verifiche successive.

Gli Stati membri godono di ampia libertà nel determinare il tipo di informazioni che ritengono necessarie per il calcolo dell'IVA dovuta, con differenze che variano da meno di 10 fino a 100 caselle di informazioni. Inoltre le dichiarazioni IVA annuali di sintesi in taluni Stati membri possono comprendere 200 o più caselle.

L'obbligo di presentare una dichiarazione IVA è più costoso dal punto di vista amministrativo per una PMI, che in generale non ha risorse o conoscenze sufficienti per affrontare le questioni fiscali rispetto ad una grande azienda con controlli interni più dettagliati e personale preposto alla fiscalità.

Gli Stati membri hanno definito le rispettive dichiarazioni IVA, a fini organizzativi, di controllo e di gestione del rischio, sotto un profilo strettamente nazionale e, pertanto, esse non presentano una dimensione UE. Inoltre, gli Stati membri sono poco motivati a ridurre le differenze a livello nazionale nelle dichiarazioni IVA che, senza uno stimolo esterno, resteranno allo stato attuale per diversità e complessità.

Poiché si prevede che sempre più numerose saranno le piccole imprese a vocazione commerciale nazionale che si apriranno agli scambi oltre frontiera, affrontare oggi il problema degli oneri amministrativi delle PMI che presentano solo dichiarazioni IVA nazionali avrebbe ricadute positive sui loro scambi transfrontalieri e rafforzerebbe l'efficacia del mercato interno.

3.1.        Problema transfrontaliero

La principale difficoltà che le imprese devono affrontare nel compilare dichiarazioni IVA in diversi Stati membri risiede nella complessità intrinseca delle dichiarazioni e nella diversità dei regimi linguistici: occorre fornire informazioni diverse, le informazioni stesse non sono coerenti nelle definizioni, mancano orientamenti utili su come compilare la dichiarazione IVA, le norme e le procedure per la presentazione sono diverse, e il tutto deve essere compilato nella lingua nazionale. Complesso anche il livello di informazioni richiesto, che in vari Stati membri è molto impegnativo.

Tutto questo crea due problemi principali: riduce il commercio transfrontaliero e aumenta la difficoltà delle attività commerciali oltre frontiera.

Secondo le stime sono circa 29,8 milioni le imprese che compilano dichiarazioni IVA nell'UE. Di queste, circa 3,8 milioni presentano dichiarazioni in più di uno Stato membro, con un costo circa 2-3 volte superiore a quello delle dichiarazioni IVA sul mercato interno, che è equivalente a 4 miliardi di euro.

Per le PMI che esercitano un'attività transfrontaliera, il problema è amplificato per due ragioni ovvie. In primo luogo, vi è meno capacità finanziaria di creare imprese locali con personale locale che presentino dichiarazioni IVA in un altro Stato membro. In secondo luogo, vi è meno capacità finanziaria di assumere personale specializzato o retribuire consulenti esterni che conoscono le norme e le lingue straniere necessarie a compilare la dichiarazione IVA in un altro Stato membro.

Il risultato è uno specifico ostacolo agli scambi e molte PMI semplicemente non si spingono oltre frontiera per questi motivi.

3.2.        Problema nazionale

Il costo delle dichiarazioni IVA (ad esempio il tempo necessario per registrare e raccogliere informazioni, compilare le caselle del modulo, trasmettere la dichiarazione, ecc.), sebbene considerevole per le grandi imprese in termini assoluti, dato il maggiore numero di operazioni, la maggiore complessità delle questioni IVA e controlli interni più capillari, è, in percentuale del fatturato annuo, nettamente più elevato per le PMI.

Nella comunicazione sulla regolamentazione intelligente — rispondere alle esigenze delle piccole e medie imprese, i risultati mostrano che la normativa IVA è considerata dalle singole PMI il settore più oneroso della legislazione dell'UE. Pertanto, nel quadro dell'iniziativa «Pensare anzitutto in piccolo», è chiaro che una misura di riduzione degli oneri dell'IVA dovrebbe avere un impatto significativo soprattutto sulle PMI e le microimprese.

3.3.        Evoluzione del problema

Un numero sempre maggiore di imprese dovrà compilare dichiarazioni IVA in più di uno Stato membro in quanto il commercio di beni e servizi transfrontalieri si è intensificato e sempre più PMI si aprono agli scambi oltre le frontiere nazionali grazie alla moneta unica e al sempre maggior numero di leggi comuni dell'UE.

Inoltre, in un sistema che tassa le forniture transfrontaliere all'aliquota dello Stato membro di destinazione, fino a ulteriori 1,2 milioni di imprese dovranno compilare dichiarazioni IVA in un altro Stato membro.

4.           Obiettivi

Si pongono due obiettivi principali: ridurre gli ostacoli al commercio transfrontaliero e ridurre gli oneri a carico delle imprese, al fine di sostenere la crescita e la competitività.

A questi si aggiungono obiettivi secondari: si può promuovere un risanamento di bilancio favorevole alla crescita grazie allo scambio di informazioni standardizzate tra gli Stati membri per contribuire a ridurre le frodi e a migliorare il rispetto della normativa. Anche lo sportello unico allargato potrebbe beneficiare dell'accordo su una dichiarazione IVA standard come base per la dichiarazione IVA nel quadro dello sportello unico.

5.           Alternative possibili

L'unica opzione che consentirebbe di realizzare la semplificazione e ridurre gli oneri amministrativi in un arco di tempo ragionevole sarebbe una normativa autonoma a livello dell'UE. Le alternative sulla portata della proposta sono pertanto:

A) status quo (nessuna azione);

B) dichiarazione IVA standard dell'UE obbligatoria (per imprese e Stati membri);

C) dichiarazione IVA standard facoltativa per tutte le imprese (obbligatoria per gli Stati membri);

D) dichiarazione IVA standard facoltativa per le imprese che la presentano in più di uno Stato membro (obbligatoria per gli Stati membri);

E) dichiarazione IVA standard obbligatoria con flessibilità limitata per gli Stati membri di stabilire le informazioni in base ad un elenco standardizzato.

Queste alternative possono essere esaminate in termini di:

· contenuto della dichiarazione IVA standard;

· periodicità e data di scadenza;

· dichiarazione IVA annuale;

· altre questioni (compilazione elettronica, correzioni).

6.           Valutazione degli impatti

6.1.        Dati contestuali allo status quo (opzione A)

Sono circa 30 milioni le imprese dell'UE tenute a compilare dichiarazioni IVA nazionali (0,2% grandi società, 1,1% medie imprese, 6,5% piccole imprese e 92,2% microimprese con fatturato annuo inferiore a 2 milioni di euro).

Questi 30 milioni di imprese presentano quasi 150 milioni di dichiarazioni IVA all'anno, la grande maggioranza delle quali (oltre 130 milioni di euro) provengono da microimprese. Il gettito IVA da tali imprese rappresenta comunque una piccola percentuale del totale delle entrate IVA.

I costi per presentare i 150 milioni di dichiarazioni IVA sono stimati a circa 30 miliardi di euro all'anno, che corrispondono a circa il 3,5% del gettito IVA annuale e allo 0,25% del PIL dell'UE-27. Circa 0,48 miliardi di euro ricadono sulle grandi imprese, 5,98 miliardi sulle PMI e 24,19 miliardi di euro sulle microimprese.

Il costo per i 27 Stati membri della gestione di questi 150 milioni di dichiarazioni IVA comprende le spese correnti (ad esempio la verifica della coerenza e plausibilità delle informazioni, la raccolta di informazioni supplementari, ecc.) e i costi una tantum (in termini di IT, formazione alla verifica delle dichiarazioni annuali). I dati del Regno Unito sono disponibili e, ammettendo che siano ripercuotibili sull'insieme dell'UE, i costi di riscossione dell'IVA a livello UE ammonterebbero a 6 miliardi di euro.

6.2.        Oneri amministrativi per le imprese, comprese le PMI

Opzione B - dichiarazione IVA standard obbligatoria (imprese e Stati membri)

Se non si tiene conto dei costi d'avvio e di passaggio da un regime all'altro i benefici lordi annuali sono stimati a 15 miliardi di euro. Tuttavia, in 8 Stati membri la dichiarazione IVA è più semplice del modello di dichiarazione IVA standard di PwC e in tali Stati membri i costi aumenterebbero di circa 3 miliardi di euro. Il risparmio netto a livello UE sarebbe quindi pari a 12 miliardi di euro.

Gli ulteriori costi di avvio e di passaggio alle dichiarazioni IVA standard ammontano a circa 150 euro per impresa, che sul totale di 30 milioni di imprese ammonterebbe a 4,25 miliardi di euro.

Se le microimprese non fossero tutte in grado di presentare dichiarazioni trimestrali andrebbero perse ulteriori possibilità di risparmio dell'ordine di 1,8 miliardi di euro.

Se la sintesi annuale della dichiarazione IVA non fosse abolita, le imprese incorrerebbero in un'ulteriore perdita di risparmio annuo dell'ordine di 2,8 miliardi di euro.

Opzione C - dichiarazione IVA standard facoltativa per le imprese

Si presume che tutte le imprese attive a livello internazionale (circa 3,8 milioni) e circa l'80% delle imprese registrate negli Stati membri con una dichiarazione IVA più complicata passeranno alla dichiarazione standard, con una stima di risparmio sui costi pari a 15 miliardi di euro, di cui 4,5 miliardi a favore delle imprese attive a livello internazionale. Ciò comprende i risparmi risultanti dall'abolizione della dichiarazione IVA annuale (1,9 miliardi di euro) e dalle dichiarazioni IVA trimestrali per le microimprese (1,8 miliardi di euro).

L'insieme dei costi di avviamento e di passaggio da un regime all'altro a carico dei 20,4 milioni di imprese (0,4 milioni di grandi imprese, 1,4 milioni di PMI e 18,6 milioni di microimprese) ammonterebbe a 2,9 miliardi di euro.

Opzione D - facoltativa per le imprese che presentano dichiarazioni IVA in più di uno Stato membro

Poiché soltanto le imprese attive a livello internazionale (circa 3 milioni) potrebbero passare alla dichiarazione standard, i risparmi sui costi previsti per le spese ricorrenti di queste imprese ammonterebbero a 6 miliardi di euro. I costi di passaggio da un regime all'altro si limiterebbero a 500 milioni di euro.

Se tutte le microimprese, cui è offerta la dichiarazione standard e che attualmente sono tenute a presentare dichiarazioni IVA su base mensile dovessero continuare a farlo, la perdita di risparmio ammonterebbe a circa 0,8 miliardi di euro. Un'altra variante potrebbe essere quella di offrire la periodicità ridotta a tutte le microimprese (anche a quelle che non fruiscono della dichiarazione standard ) e il risparmio supplementare rispetto ai 6 miliardi di euro sarebbe quindi pari a 1 miliardo di euro.

Se l'obbligo di presentare la sintesi annuale della dichiarazione IVA fosse abolito per tutte le imprese nei paesi che la richiedono, la perdita di risparmio ammonterebbe a circa 0,8 miliardi di euro.

Opzione E - dichiarazione IVA standard obbligatoria con flessibilità limitata per gli Stati membri di stabilire le informazioni in base ad un elenco standardizzato.

Come per l'opzione B i benefici lordi annui sono stimati a 15 miliardi di euro. Tuttavia, a differenza dell'opzione B non c'è alcuna perdita negli Stati membri con dichiarazioni IVA nazionali più semplici.

I costi una tantum di cambiamento per l'intera popolazione di 30 milioni di imprese raggiungerebbero a prima vista, come nell'opzione B), i 4,25 miliardi di euro. Tuttavia, il passaggio da un regime all'altro potrebbe non essere gravato di costi nei paesi che richiedono le stesse informazioni di prima (sebbene in formato standardizzato), quindi il costo complessivo in questo scenario potrebbe limitarsi a 2,9 miliardi di euro.

Se tutte le microimprese che attualmente devono presentare dichiarazioni IVA su base mensile dovessero continuare a farlo, il mancato risparmio ammonterebbe a 1,8 miliardi di euro e l'obbligo di presentare la dichiarazione IVA annuale di sintesi, se non fosse abolito, ridurrebbe i risparmi di 2,8 miliardi di euro.

6.3.        Costi di gestione delle dichiarazioni IVA per gli Stati membri

L'introduzione obbligatoria di una dichiarazione IVA standard imporrà agli Stati membri di modificare le rispettive dichiarazioni IVA, integrandole (opzioni C e D) o sostituendole (opzioni B e E). Ciò comporterà costi per le modifiche nei settori come i siti web e i sistemi IT, per informare tutte le imprese delle modifiche e riqualificare il personale. Vi saranno probabili ripercussioni anche sulle verifiche e i controlli, con cambiamenti necessari per gli strumenti di analisi dei rischi.

Gli Stati membri interessati dall'introduzione della dichiarazione IVA standard potrebbero avere ulteriori costi una tantum, da 800 milioni a 1 miliardo di euro secondo i calcoli riportati nello studio di PwC (2013).

Gli Stati membri sono preoccupati anche per problemi diversi dai costi, ad esempio la perdita di informazioni sull'analisi dei rischi e le verifiche, con le conseguenze che ciò avrebbe sul personale.

Queste preoccupazioni si basano sull'ipotesi che quanto maggiori sono le informazioni richieste, tanto maggiore sarà l'osservanza della normativa da parte dei contribuenti. Tale ipotesi, tuttavia, non è sostenuta da elementi di prova, in quanto non esiste un'evidente correlazione negativa tra il numero delle caselle da compilare in una dichiarazione IVA e il divario IVA (ossia la differenza tra IVA teorica e IVA effettivamente riscossa) in un dato paese.

Gli Stati membri possono riconoscere determinati vantaggi nella dichiarazione IVA standard:

· scambio di informazioni più facile tra gli Stati membri per contribuire a individuare più rapidamente le frodi;

· maggiore esattezza delle informazioni con minori errori in quanto la dichiarazione IVA sarebbe standardizzata e nella maggior parte dei casi più semplice della dichiarazione IVA nazionale;

· stimolo al rispetto volontario della normativa, in particolare per le imprese più piccole;

· transizione più facile verso il sistema dello sportello unico.

Per le opzioni C e D, gli Stati membri sono stati chiari e unanimi nel sottolineare che una doppia dichiarazione IVA, ossia l'attuale dichiarazione IVA ed in parallelo una dichiarazione IVA standardizzata a livello UE sarebbe troppo complessa e costosa da gestire. Vi sarebbero differenze nel livello delle informazioni ricevute, nelle norme e procedure per le imprese che passano da una dichiarazione IVA all'altra e nella compatibilità dei dati storici per l'analisi dei rischi.

7.           Confronto tra le opzioni

La ponderazione per l'impatto delle diverse opzioni ha tenuto parimenti conto sia degli effetti positivi sulle imprese in termini di eliminazione degli ostacoli al commercio transfrontaliero e di riduzione degli oneri amministrativi, sia dell'effetto negativo del costo dell'esecuzione di questi cambiamenti per gli Stati membri.

Il costo per gli Stati membri è stato difficile da stimare, pertanto gli elementi chiave sono basati sul:

· numero delle dichiarazioni IVA offerte all'impresa (il regime della doppia dichiarazione è più oneroso);

· numero degli Stati membri interessati.

Altri elementi, quali gli effetti sociali o i mutamenti del contesto, sono minimi e possono essere valutati senza conseguenze rilevanti sulla decisione dell'opzione più favorevole.

Il compromesso tra le opzioni è soprattutto un compromesso tra la maggiore flessibilità per le imprese, che riduce ulteriormente gli oneri amministrativi, e il costo e la complessità per gli Stati membri. L'opzione C offre la maggiore riduzione degli oneri per le imprese, ma è la più svantaggiosa per gli Stati membri; d'altra parte, l'opzione A è la migliore per gli Stati membri ma fornisce la minore riduzione degli oneri per le imprese (in realtà pari a zero).

In questo contesto si situa una soluzione di compromesso, ossia l'opzione E, che combina una più forte riduzione degli oneri per le imprese con un impatto modesto sugli Stati membri.

Opzione || Risparmio totale sugli oneri amministrativi (a livello transfrontaliero e interno) || Costo per Stato membro || Graduatoria complessiva ||

|| EUR || Grado || Numero dei regimi di dichiarazione IVA || Numero di Stati membri interessati || Grado || Grado

E || 12 a 15 miliardi || 2° || 1 || 19 || 2° || 1°

C || 15 miliardi || 1° || 2 || 27 || 4° || 2°

B || 12 miliardi || 3° || 1 || 27 || 3° || 3°

A || 0 || 5° || 1 || 0 || 1° || 4°

D || 6 miliardi || 4° || 2 || 27 || 4°= || 5°

8.           Attuazione e monitoraggio

Un monitoraggio costante degli oneri amministrativi che gravano sulle imprese e delle stime del divario IVA consentirà una revisione adeguata della dichiarazione IVA standard.