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COMUNICAZIONE CONGIUNTA AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Elementi della risposta strategica dell'UE alle sfide nel Golfo di Guinea /* JOIN/2013/031 final */


Elementi della risposta strategica dell’UE alle sfide nel Golfo di Guinea

SINTESI

Gli Stati costieri del Golfo di Guinea condividono molte delle problematiche proprie ai paesi africani. Il recente aumento di minacce legate all’assenza di sorveglianza nelle acque costiere e a uno scarso controllo delle coste in termini di accesso e sicurezza si presenta però come un problema specifico dei paesi della regione[1], mentre il diffondersi di attività criminali e terroristiche che ne risulta costituisce a sua volta una crescente minaccia per l’Unione. La presente comunicazione congiunta esamina l’entità della minaccia su scala mondiale, i rischi che questa comporta per gli Stati costieri e per l’Unione e le azioni che l’UE può intraprendere con la comunità internazionale per aiutare gli Stati interessati a affrontare il problema.

Le minacce

Collettivamente le minacce, che si manifestano in forme diverse e presentano spesso interconnessioni transfrontaliere, sono tali da alimentare attività criminali contagiose che mettono a repentaglio la stabilità o l’efficienza degli Stati della regione, limitandone le possibilità di accedere allo sviluppo economico e di ridurre la povertà, obiettivi sottoscritti dall’Unione. Le minacce possono suddividersi in tre tipologie:

a) minacce aventi una dimensione unicamente marittima, per esempio la pesca illegale, lo scarico illegale di rifiuti, la pirateria e la depredazione armata in mare[2];

b) minacce provenienti dal mare ma che incidono sulla terraferma, legate essenzialmente al traffico di stupefacenti, armi e merci contraffatte e, spesso nell’altro senso, alla tratta di esseri umani;

c) minacce ai danni di attività economiche della terraferma che si svolgono in mare, legate in particolare all’industria offshore degli idrocarburi, come il sequestro di ostaggi, i furti di greggio (“bunkering”) e gli atti criminali nei porti.

Se non verranno contenute, queste minacce rischiano di estendersi a tal punto da danneggiare non solo gli interessi locali ma anche quelli internazionali.

Interessi comuni all’Africa e all’Europa

L’Unione condivide con i paesi della regione una serie di interessi importanti. Sulla lunga linea costiera della regione si concentrano risorse fondamentali per il consumo e l’occupazione locale e che rivestono un ruolo centrale per gli scambi con l’Europa. La sostenibilità di tutte le risorse marittime, tra cui quelle della pesca, riveste un’importanza fondamentale per le comunità locali e per i clienti europei. La sicurezza delle rotte di navigazione internazionali è essenziale per il commercio e per garantire attività di pesca senza incidenti. Da questa regione proviene una buona percentuale dell’approvvigionamento energetico dell’Unione ed è quindi importante proteggere investitori e lavoratori dagli assalti fisici. Il traffico di stupefacenti e di altre merci illegali lungo la costa e attraverso le frontiere terrestri produce sempre più danni sociali e alimenta i problemi in Europa.

Su questo sfondo l’obiettivo generale dell’Unione consiste nell’aiutare gli Stati della regione – molti dei quali sono estremamente fragili – a conseguire la pace, la sicurezza e la prosperità e a realizzare il legittimo sviluppo economico e istituzionale, in linea con l’Architettura Africana di Pace e Sicurezza (APSA) e con la strategia globale dell’UE, che mira a costruire il consenso politico, a promuovere e rispettare la titolarità africana e a sincronizzare i propri programmi inquadrando lo sviluppo e la sicurezza regionali in un’ottica globale. L’esperienza acquisita in altre regioni africane, in particolare nel Corno d’Africa, nel Sahel e nella regione dei Grandi laghi, insegna che interventi tempestivi sul piano della prevenzione, in stretto coordinamento con i paesi della regione e gli organismi regionali africani, sono molto più efficienti in termini di costi rispetto ad azioni intraprese in una fase successiva. L’esperienza mostra anche la validità di approcci che abbraccino tutti gli aspetti - politico, buon governo, lotta anticorruzione, sicurezza, istituzioni, economia e sviluppo - e siano pertanto in grado di raggiungere un maggiore effetto cumulato.

La risposta

L’Unione può ridurre questi rischi aiutando i paesi del Golfo di Guinea a rafforzare lo Stato di diritto e a garantire in tutta la regione una governance efficace, per esempio attraverso un potenziamento dell’amministrazione marittima e dell’attività di contrasto da parte di polizia, marina, esercito, guardia costiera, dogane e servizi di immigrazione.

In una regione dove le frontiere marittime, ancora non nettamente delineate, risultano difficili da pattugliare e del tutto permeabili, il punto di partenza è il potenziamento della cooperazione tra gli Stati costieri e gli emergenti meccanismi di coordinamento regionale. L’Unione può inoltre aiutare i paesi della regione a ottemperare agli obblighi internazionali che incombono loro in quanto Stati di bandiera e Stati costieri.

La presente comunicazione propone quindi di improntare l’azione dell’Unione - nello specifico le istituzioni, le delegazioni e gli Stati membri dell’UE in stretta collaborazione con le altre organizzazioni internazionali e con i partner locali - secondo un’impostazione globale incentrata su quattro obiettivi specifici:

1. lavorare a una visione condivisa della portata delle minacce nel Golfo di Guinea e alla necessità di affrontarle tra i paesi della regione e la comunità internazionale;

2. aiutare i governi della regione a potenziare le istituzioni e l’amministrazione marittima, a acquisire consapevolezza della situazione in mare e a garantire la sicurezza e lo Stato di diritto lungo la fascia costiera;

3. in linea con le strategie di sviluppo nazionali e regionali, sostenere la prosperità economica della regione e la creazione di posti di lavoro e aiutare le comunità vulnerabili a diventare più resilienti e impermeabili alle attività criminose o violente;

4. rafforzare le strutture di cooperazione tra i paesi della regione e le organizzazioni regionali affinché venga fatto il necessario per scongiurare le minacce in mare e sulla terraferma.

NATURA E EVOLUZIONE DELLE MINACCE

L’area geografica oggetto della presente comunicazione si estende su una superficie costiera di 6 000 km, dal Senegal all’Angola, comprese le isole di Capo Verde e Sao Tomé e Principe, a cavallo di due regioni geografiche, politiche e economiche: la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) e la Comunità economica degli Stati dell’Africa centrale (CEEAC), entrambe affiliate alla Commissione del Golfo di Guinea (GGC) e all’Unione africana (UA).

Nell’ultimo decennio gli Stati dell’Africa occidentale e dell’Africa centrale hanno conosciuto una crescita economica dinamica che è andata di pari passo con un rafforzamento della governance in alcuni casi e un indebolimento in altri. Mentre alcuni si stanno saldamente trasformando in paesi a reddito medio, altri devono ancora fare parecchia strada per ridurre la povertà, in linea con gli obiettivi di sviluppo del millennio (OSM). Comunque sia, tutti risultano esposti alle minacce legate all’aumento dell’instabilità e dell’attività criminale nel Golfo di Guinea, mentre l’instabilità o le perturbazioni economiche che ne derivano sono destinate a incidere direttamente sull’Unione stessa.

Nel Golfo di Guinea forme di criminalità organizzata quali la tratta di esseri umani o il traffico di stupefacenti, armi, diamanti grezzi, farmaci contraffatti e rifiuti illegali[3], la criminalità informatica e il riciclaggio di denaro si situano spesso nella zona d’ombra delle frontiere terrestri e marittime permeabili. Le rotte del traffico spesso intersecano le zone di instabilità e di crisi o le aree più esposte al terrorismo del Sahel e della Nigeria settentrionale. In diversi paesi dell’Africa occidentale, in particolare in Guinea Bissau, il traffico di armi[4] e stupefacenti - soprattutto cocaina - contribuisce significativamente a indebolire le istituzioni di governance e diventa in alcuni casi una fonte supplementare di entrate per i gruppi terroristici che operano nel Sahel. L’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC) ha stimato che solo nel 2011 la cocaina spedita dall’Africa occidentale verso l’Europa ammontava a qualcosa come 1,25 miliardi di USD, e l’Europa si conferma la principale meta per la maggior parte dei migranti clandestini, vittime o meno della tratta. Altri traffici illeciti riguardano il cacao, il cotone, il legname, gli anacardi, l’oro e i diamanti[5].

La pirateria e gli atti di depredazione armata in mare costituiscono la seconda minaccia crescente. L’Unione conduce buona parte degli scambi marittimi da e verso il Golfo di Guinea, una regione di interesse marittimo strategico per l’UE. In media nel Golfo di Guinea circolano contemporaneamente ben 30 navi di proprietà o battenti bandiera di uno Stato dell’UE. Nell’ultimo decennio sono stati denunciati ben 551 assalti o tentati assalti perpetrati essenzialmente nelle acque costiere nazionali, mentre solo meno del 20% avviene in quelle internazionali. Gli assalti, che nel 2012 si sono concentrati essenzialmente al largo delle coste nigeriane e togolesi, prendono in genere di mira le navi ormeggiate oppure quelle che si dirigono o stanno per salpare da piattaforme petrolifere o battelli deposito offshore. Di recente è stato però valutato che il rischio di assalti potrebbe spostarsi dalla costa verso il mare aperto, secondo un approccio simile a quello seguito dai pirati somali che si servono di navi madre per assaltare le imbarcazioni nelle acque internazionali. C’è il timore che, per assicurarsi un più lauto bottino, i pirati possano ispirarsi ai sequestri di ostaggi di membri dell’equipaggio del Corno d’Africa. Si rileva inoltre la preoccupante tendenza a commettere inopinati atti di violenza contro gli equipaggi, anche con armi da fuoco.

I furti di greggio e la “petro-pirateria” consistono nel “bunkering” e nel dirottamento di navi cisterna per poterne rubare il contenuto. Di recente le perdite per la Nigeria sono state stimate a circa 100 000 barili al giorno, rivenduti poi sul mercato nero. I pirati e i banditi armati prendono inoltre di mira i rimorchiatori che traghettano gli operai verso gli impianti. Queste attività pesano sulle entrate statali, incidono sui costi della sicurezza e scoraggiano gli investimenti. Garantire la sicurezza dell’industria petrolchimica e degli idrocarburi è importante non solo in Nigeria (attualmente nell’occhio del ciclone), ma anche e sempre di più al di là delle sue acque territoriali, al largo delle coste della Guinea equatoriale, del Ghana, del Camerun, del Repubblica del Congo, del Gabon, del Ciad, della Liberia e dell’Angola[6]. Ai furti di greggio sono poi collegati sversamenti in mare che danneggiano gli ambienti costieri con gravi ripercussioni sulla pesca e sui mezzi di sussistenza agricoli.

Pesca illegale. Per molti paesi del Golfo di Guinea la pesca rimane un’attività importante: secondo i dati della Banca mondiale e della FAO la pesca contribuisce al 25-30% del reddito della Mauritania, al 25-30% delle esportazioni del Senegal e al 25-40% delle entrate statali della Guinea Bissau. Oltre a comportare perdite per gli Stati costieri del Golfo di Guinea dell’ordine di 350 milioni di USD l’anno, la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN) rappresenta una grave minaccia ambientale per gli stock ittici e rischia di provocare il collasso generale dell’industria alieutica. Secondo le stime le catture totali lungo le coste del Golfo di Guinea superano anche del 40% quelle dichiarate. Questa situazione porta al depauperamento delle risorse e occasiona importanti perdite in termini di entrate, nutrimenti e mezzi di sussistenza.

Nei paesi nel Golfo di Guinea la disoccupazione è stimata intorno al 40%, con livelli di disoccupazione giovanile superiori al 60%. L’economia legale e formale offre ai giovani scarse possibilità. L’insicurezza alimentare nelle campagne ha peraltro incoraggiato l’esodo verso la città, provocando una rapida crescita della popolazione urbana, con ripercussioni negative su infrastrutture sociali già insufficienti e creando tensioni economiche nelle fasce urbane. Livelli di disoccupazione così elevati spingono i giovani tra le fila della criminalità, che diventa una fonte di sostentamento. In molti si mettono al servizio dei pirati e di bande criminali, oppure rincorrono una speranza nell’immigrazione clandestina esponendosi a gravi pericoli.

INTERESSI DELL’UNIONE

L’Unione coltiva importanti interessi economici, di sviluppo, ambientali, commerciali e di sicurezza nel Golfo di Guinea. L’accordo di Cotonou ne sancisce l’impegno a sostenere lo sviluppo economico e la riduzione della povertà. L’Unione è inoltre impegnata a sostenere lo sfruttamento sostenibile delle risorse naturali nella regione, in particolare pesca e idrocarburi. Dai paesi del Golfo di Guinea l’Europa importa circa la metà del proprio fabbisogno energetico (10% circa del fabbisogno di petrolio e 4% di metano). I suoi principali fornitori di petrolio sono la Nigeria, l’Angola, la Guinea equatoriale e il Gabon, mentre la Nigeria è il principale fornitore di metano. La regione è più vicina all’Europa e più accessibile via mare rispetto al Medio Oriente e gode quindi di un vantaggio comparativo nel soddisfare il fabbisogno petrolifero europeo; l’Europa rimane inoltre uno dei principali mercati d’esportazione di altri prodotti regionali, tra cui i prodotti della silvicoltura e dell’agricoltura e le risorse minerali.[7]

La regione, che continua a attirare investimenti europei, non solo nelle risorse naturali, ma anche nel settore dei beni di consumo e dei servizi, tra cui la telefonia mobile, si profila sempre più un potenziale mercato di esportazione man mano che cresce la sua economia. Questi elementi contribuiscono al crescente interesse reciproco per un partenariato a sostegno della crescita e dell’occupazione che garantisca la sicurezza e la stabilità.

L’Unione ha inoltre interesse a promuovere la stabilità nel Golfo di Guinea per tutelare i propri cittadini dalla droga, dal terrorismo, dalla pirateria, dalla depredazione armata e da altre forme di criminalità originarie della regione.

LE INIZIATIVE FIN QUI INTRAPRESE

Negli ultimi cinque anni sono state lanciate diverse iniziative a livello nazionale, regionale e internazionale per far fronte a queste minacce:

- due risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU contro la pirateria e la depredazione armata nel Golfo di Guinea[8] evidenziano, l’una, la necessità di adottare, sotto la guida dei paesi della regione, un approccio globale in grado di contrastare queste minacce e di risolverne le cause a monte e, l’altra, la necessità di potenziare la sicurezza marittima nel Golfo di Guinea facendo leva sulle iniziative nazionali, regionali e extra-regionali esistenti. Entrambe le risoluzioni sono imperniate sulla necessità di promuovere in generale il mantenimento della pace e della stabilità nella regione;

- l’iniziativa FOGG (gruppo amici del Golfo di Guinea), varata sotto l’egida del G8 e sottoscritta dall’UE, mira a affrontare il problema della sicurezza marittima nel Golfo di Guinea. L’iniziativa mette l’accento sull’importanza della titolarità africana, sul nesso sviluppo economico-sicurezza, sulla centralità del coordinamento e dello scambio di informazioni e sulla necessità di una risposta globale che affronti l’aspetto della governance e della giustizia;

- l’UE contrasta la pesca INN non solo con l’applicazione del relativo regolamento, ma anche nel quadro degli accordi di partenariato nel settore della pesca sottoscritti con numerosi paesi costieri dell’Africa occidentale e centrale: questi accordi contribuiscono a disciplinare le attività di pesca, anche da parte delle imbarcazioni dell’UE, e sostengono lo sviluppo e il miglioramento della governance e delle attività di controllo nel settore alieutico;

- le organizzazioni regionali ECOWAS e CEEAC hanno adottato politiche e avviato azioni specifiche, principalmente in risposta a una pressione e a un sostegno internazionali crescenti. Nel 2008 ECOWAS ha elaborato un quadro globale di prevenzione delle crisi, che affronta una serie di questioni transfrontaliere e di sicurezza marittima, ha varato l’importante piano di Praia, che affronta l’incalzante problema della droga, e ha messo a punto una strategia antiterrorismo e un piano di attuazione. La CEEAC, dal canto suo, persegue dal 2008 una strategia integrata per la sicurezza marittima e ha creato il centro regionale CRESMAC per la sicurezza marittima nell’Africa centrale. Quanto all’Unione africana, nel 2012 ha adottato una strategia africana di sicurezza marittima integrata (strategia AIM 2050);

- i singoli paesi del Golfo di Guinea cominciano a destinare maggiori risorse e a sviluppare strategie comuni per far fronte alla criminalità organizzata in mare e sulla terraferma, come i pattugliamenti congiunti (operazione prosperità) della Repubblica federale di Nigeria e della Repubblica del Benin;

- i programmi bilaterali degli Stati membri dell’Unione e di altri partner internazionali - Stati Uniti, Brasile, Cina, India, Sudafrica ecc. - contribuiscono in misura crescente a sostenere la formulazione di strategie, il coordinamento e lo sviluppo della capacità istituzionale. Gli Stati membri dell’UE offrono già un sostegno considerevole, mirato in particolare al rafforzamento delle capacità di servizi e istituzioni chiave;

- il vertice dei capi di Stato dei paesi del Golfo di Guinea, tenutosi a Yaoundé il 24-25 giugno 2013, ha deciso le seguenti misure:

a) l’adozione di un codice di condotta per la prevenzione e la repressione della pirateria, degli atti di depredazione armata a danno di imbarcazioni e delle attività marittime illegali in Africa occidentale e centrale, che verrà riesaminato tra 3 anni[9];

b) l’adozione di un memorandum d’intesa tra CEEAC, ECOWAS e GGC sulla sicurezza marittima nell’Africa occidentale e centrale, che istituisce un gruppo preposto a elaborare un nuovo piano di azione per l’attuazione del codice di condotta;

c) il centro di coordinamento interregionale (previsto dal memorandum d’intesa), ovvero il meccanismo che sorveglierà l’applicazione, sotto gli auspici dell’Unione africana, avrà sede a Yaoundé.

Se quindi è già stato fatto molto, da un lato, per definire i requisiti strategici e le politiche necessarie, dall’altro l’attuazione risulta gravemente ostacolata dalle risorse limitate e dal fatto che non sia stato ancora raggiunto il livello degli investimenti necessario a invertire la diffusione della criminalità organizzata.

LA STRADA DA SEGUIRE

Il vertice di Yaoundé ha suggellato un fermo impegno da parte dei singoli Stati, delle organizzazioni regionali e della GGC a collaborare, insieme ai partner internazionali, per rafforzare la sicurezza marittima regionale in senso lato[10]. Il post-Yaoundé è quindi un buon punto di partenza per individuare l’approccio dell’UE.

 L’approccio dell’Unione dovrà fondarsi su tre elementi:

- il partenariato con i paesi del Golfo di Guinea, le rispettive organizzazioni regionali e le altre organizzazioni internazionali attive nella regione: ECOWAS, CEEAC, GGC, Organizzazione marittima dell’Africa occidentale e centrale (MOWCA), uffici delle Nazioni Unite per l’Africa occidentale, UNOCA e UNOWA, organizzazioni internazionali quali l’UA, agenzie delle Nazioni Unite come l’Organizzazione marittima internazionale (IMO), Interpol, Organizzazione mondiale delle dogane (OMD) e altre;

- un approccio globale ai problemi, che inglobi le questioni di sicurezza, sviluppo e governance in un quadro strategico unico;

- gli insegnamenti tratti dalle strategie dell’UE in altre regioni dell’Africa.

L’Unione propone di inquadrare le questioni di governance e tutti i rischi e le sfide per la sicurezza in mare e sulla terraferma secondo un approccio integrato che affronti i diversi aspetti della criminalità organizzata transnazionale nel settore marittimo, così come individuati dal codice di condotta firmato a Yaoundé, risalendo alle cause a monte e promuovendo la pace, la sicurezza, la stabilità, il buon governo e lo sviluppo. Il lavoro da svolgere nel lungo termine dovrà mirare soprattutto a sostenere la gestione delle frontiere e lo Stato di diritto, a riformare i quadri giuridici e di sicurezza, a garantire l’accesso alla giustizia e i diritti umani e a combattere la corruzione e la criminalità organizzata, compresa l’immigrazione clandestina. La governance economica rivestirà anch’essa un ruolo centrale, soprattutto per quanto riguarda una migliore gestione delle risorse naturali - petrolio, pesca ecc. - e un loro sfruttamento socialmente partecipativo. Un tale approccio dovrà inoltre far tesoro degli interventi di successo dell’Unione, traendo spunto dalle sue strategie per il Sahel e il Corno d’Africa, e interagire a livello nazionale, regionale e internazionale con singoli Stati o gruppi di paesi che si mostrano determinati a agire (e possono così incoraggiare gli altri a seguire il loro esempio).

In questa prospettiva, l’approccio dell’UE si concentrerà su quattro obiettivi.

Obiettivo 1: lavorare a una visione condivisa della portata delle minacce nel Golfo di Guinea e della necessità di affrontarle tra i paesi della regione e la comunità internazionale.

L’intento è costituire una solida base fattuale su cui elaborare politiche e misure, favorire un senso di titolarità tra i paesi africani e promuovere la volontà politica di affrontare i problemi. Una tale base permetterà inoltre all’Unione di valutare meglio i costi e i benefici delle azioni proposte.

La cooperazione con i principali interlocutori nazionali, le organizzazioni regionali, comprese le organizzazioni della società civile, le organizzazioni non governative (ONG), le organizzazioni regionali di gestione della pesca, e il settore privato permetterà di avere una visione più precisa della portata delle minacce, di individuare le opportunità e di convenire le priorità.

Possibili azioni:

- migliorare la raccolta di dati (attualmente viene riportato solo il 30-50% degli incidenti marittimi) e lo scambio di informazioni;

- individuare, anche in cooperazione con altri attori internazionali, le aree geografiche e tematiche in cui concentrare in via prioritaria la risposta dell’Unione;

- risalire alle principali cause di instabilità tenendo presenti le strategie dell’UE sui diritti umani e il livello di rischio, avvalendosi di strumenti quali il sistema di allerta rapida e di prevenzione dei conflitti e le valutazioni dei rischi di conflitto;

- garantire l’allineamento di politiche/strategie tematiche (sicurezza, traffico di stupefacenti e terrorismo) e geografiche;

- mantenere contatti stretti con il settore privato, in particolare l’industria, la pesca artigianale e i settore minerario, e con le società di navigazione per garantire che i loro punti di vista siano presi in considerazione dai governi;

- promuovere il dialogo con la società civile, l’industria e i governi.

Obiettivo 2: aiutare i governi della regione a dotarsi delle istituzioni e delle capacità necessarie per garantire la sicurezza e lo Stato di diritto.

Istituzioni nazionali (e regionali) resilienti, in grado di far fronte alle minacce in modo duraturo, sono essenziali per contrastare efficacemente le reti della criminalità organizzata. Occorrono istituzioni determinate a contrastare la criminalità, che possano contare su un mandato e sulle risorse necessarie e vantare capacità tecniche, anche in ambiti specialistici. Grazie alla sua esperienza e alle sue risorse, l’Unione è nella posizione di aiutare i paesi a dotarsi di queste capacità ed è quindi chiamata a promuovere il necessario sostegno dei governi attraverso il dialogo politico.

Le istituzioni comprendono:

- istituzioni politiche (parlamento, organi di gestione elettorale, partiti politici) che possono legittimamente conferire il mandato a altre istituzioni e definire il quadro giuridico adeguato per agire in tal senso;

- istituzioni di sicurezza (sicurezza interna, guardia costiera, autorità portuali, doganali e militari — esercito, marina e aviazione, tutte con relative funzioni di raccolta di informazioni) abilitate a effettuare operazioni di vigilanza e, eventualmente, a intervenire per proteggere le rotte commerciali e gli impianti petroliferi e impedire attività illecite, come il traffico di stupefacenti e la tratta di esseri umani. Per garantire che reati gravi in mare e sulla terraferma non rimangano impuniti occorre un quadro giuridico adeguato e bisogna individuare chiare responsabilità politiche. Occorre rafforzare le capacità in settori specifici particolarmente carenti (lotta contro la pirateria in mare, intercettazione di stupefacenti);

- istituzioni dello Stato di diritto (polizia, istituti di pena e tribunali, comprese le corti specializzate, ad esempio in materia di dogane e pesca) competenti a: a) indagare i sospetti e processare e punire adeguatamente i responsabili, nel rispetto della legge e dei diritti umani; b) favorire l’accesso alla giustizia e la tutela dei diritti umani (anche per le vittime della tratta di esseri umani); promuovere le riforme giudiziarie e degli affari interni. In questo ambito rivestono particolare importanza alcune dimensioni, come l’indipendenza e la tutela di giudici e magistrati inquirenti, la capacità forense di presentare prove in tribunale e l’abbandono di pratiche illecite per gli interrogatori;

- istituzioni per la gestione economica e ambientale: le autorità nazionali devono poter ridurre la corruzione laddove presente, prevenire il riciclaggio di denaro tramite gli enti finanziari nazionali, combattere la gestione corrotta o incompetente degli appalti per lo sfruttamento delle risorse naturali e garantire una sana gestione ambientale tramite operazioni commerciali;

- istituzioni di controllo e organizzazioni della società civile (controllore generale, mediatore, istituzioni anticorruzione, media, ONG, gruppi di riflessione, associazioni locali) che possono vegliare sul buon governo e lo Stato di diritto e ridurre così lo spazio di manovra nel quale operano le reti criminali.

L’Unione dovrà avviare contatti con le comunità locali, la società civile e i media e aiutare così i cittadini a richiamare queste Istituzioni alle loro responsabilità.

Possibili azioni:

a) migliorare lo Stato di diritto attraverso il potenziamento degli organi giudiziari e di polizia; sviluppare la capacità di vigilanza marittima e terrestre; sostenere un più ampio coordinamento regionale e tra le agenzie in materia di lotta contro il narcotraffico e la criminalità organizzata, esteso anche alla cooperazione giudiziaria e di sicurezza, allo scambio di dati e alle azioni transfrontaliere antitratta congiunte; sostenere lo sviluppo della strategia marittima integrata dell’Africa per il 2050 e migliorare il monitoraggio e la segnalazione delle violazioni della sicurezza marittima, anche tramite la raccolta di prove giudiziarie;

b) migliorare la governance economica e ambientale tramite lo sviluppo o l’applicazione dei quadri giuridici sulla pesca e lo sfruttamento minerario offshore, anche introducendo sistemi di licenze di pesca; collaborare con le organizzazioni internazionali, le organizzazioni regionali di gestione della pesca e altri enti interessati per garantire il rispetto del diritto internazionale e delle normative regionali; cooperare con il settore privato, in particolare con l’industria petrolifera e marittima, per promuovere azioni di responsabilità delle imprese e consultazioni con la società civile e le comunità locali.

Obiettivo 3 — sostenere lo sviluppo di economie prospere nei paesi costieri, che consenta loro di fornire servizi di base e opportunità di lavoro e di ridurre la povertà tra le popolazioni.

Molti Stati del Golfo di Guinea appartengono al gruppo dei paesi meno sviluppati (PMS), versano in condizioni di fragilità e registrano bassi livelli dei principali indicatori di sviluppo, come la speranza di vita, l’alfabetizzazione e la salute. La povertà diffusa, il malgoverno e uno sviluppo insufficiente sono un terreno fertile per le attività criminali. Dare ai giovani opportunità di lavoro legali e sostenibili contribuirebbe a risolvere alcune delle cause profonde dell’insicurezza in cui versano molti paesi della regione.

La politica di sviluppo dell’Unione, in particolare il programma di cambiamento, individua come priorità il sostegno ai paesi più poveri, segnatamente gli Stati fragili. Il programma di cambiamento affronta questioni fondamentali quali il buon governo, la crescita inclusiva e sostenibile, l’agricoltura, la sicurezza alimentare, l’energia pulita e il potenziamento della resilienza agli effetti dei cambiamenti climatici. Una migliore gestione della pesca nella regione, in particolare la pesca costiera artigianale, riveste un’evidente importanza sotto il profilo nutrizionale, commerciale, dello sviluppo economico e dell’occupazione[11].

Possibili azioni:

- proseguire e ampliare il lavoro in corso volto a migliorare la regolamentazione e la gestione dei principali settori di attività dei paesi del Golfo di Guinea, tra cui la pesca e l’industria estrattiva;

- coinvolgere ulteriormente le comunità locali nel processo di sviluppo socio-economico e dare loro sostegno potenziando la fornitura di energia e servizi di base;

- instaurare un dialogo con i paesi del Golfo di Guinea, le organizzazioni regionali di gestione della pesca, le organizzazioni internazionali e altri attori principali per migliorare la regolamentazione e la gestione della pesca e delle industrie estrattive.

Obiettivo 4: creare strutture di cooperazione tra i paesi della regione per garantire l’efficacia dell’azione transfrontaliera in mare e sulla terraferma.

La centralità della cooperazione e dello scambio di informazioni tra una grande varietà di agenzie e attori, pubblici e privati, rende necessari una programmazione e un coordinamento serrati tra questi e con le principali organizzazioni regionali: ECOWAS, CEEAC e GGC. Nel Corno d’Africa si è rivelato prezioso l’esteso ruolo di coordinamento dell’Unione africana, sempre più apprezzato dalle organizzazioni regionali nel Golfo di Guinea. La strategia di cooperazione dell’Unione è chiamata a sostenere questo processo di integrazione e di coordinamento degli sforzi.

Possibili azioni:

- migliorare la pianificazione, il coordinamento e la comunicazione tra i partner regionali; aiutare le organizzazioni regionali a collaborare meglio nel post-Yaoundé;

- individuare gli ambiti in cui partner attivi come USA, Canada, Giappone, Cina, ONU, Banca mondiale e altre istituzioni/organizzazioni multilaterali possono incidere positivamente, coinvolgendo i paesi del Golfo di Guinea nel dialogo politico dell’UE con questi partner;

- è importante che i dialoghi politici tra l’UE e i paesi, le organizzazioni regionali e altri organismi regionali valutino periodicamente la sicurezza in mare e sulla terraferma, come anche le condizioni, le tendenze e le esigenze di sviluppo;

- sostenere gli sforzi di coordinamento della ECOWAS, della CEEAC, della GGC e dell’Unione africana al loro interno, con i loro Stati membri, tra di loro e con i partner esterni.

CONCLUSIONI

Sebbene negli ultimi tempi siano state intraprese iniziative promettenti in ambito nazionale, regionale e internazionale, la portata e la varietà delle attività criminali e la loro natura variabile, come anche la complessità dei problemi a monte, richiedono un’attenzione molto maggiore a livello nazionale, regionale e internazionale. L’approccio dell’Unione, pienamente coerente e complementare con le politiche nazionali e le iniziative regionali di riduzione della povertà, è in linea con le azioni realizzate nel quadro degli accordi di partenariato nel settore della pesca e dell’attuazione del regolamento INN. Risulta evidente che interventi a cavallo tra i vari obiettivi qui individuati hanno il pregio della complementarità e possono rafforzarsi a vicenda.

Sarà tuttavia importante coordinare le diverse iniziative in ambito regionale e tra le istituzioni dell’Unione europea a Bruxelles, con i programmi degli Stati membri dell’UE e con la comunità internazionale. L’Unione persegue un livello di ambizione che, per quanto vasto e esteso all’intero spettro di sfide economiche, sociali, di governance, di sicurezza e di sviluppo, si rivela quello adeguato in questa fase.

L’Unione deve agire con giudizio e concentrarsi in quegli ambiti dove può ottenere il maggiore effetto. Il post-Yaoundé offre la possibilità di raccogliere sostegno a favore delle piattaforme regionali di coordinamento che vanno affermandosi sotto l’egida africana.

Infine questo quadro strategico darà all’Unione la possibilità di valutare e pianificare meglio il proprio lavoro con i partner nel Golfo di Guinea e di renderlo più coerente. Concentrando adesso la propria attenzione su un migliore coordinamento l’Unione contribuirà in futuro a migliorare notevolmente la sicurezza, la fiducia degli investitori, la prosperità, i mezzi di sussistenza, la tutela ambientale e l’approvvigionamento energetico.

[1] Sono compresi i numerosi paesi senza sbocco sul mare il cui approvvigionamento dipende dalle attività economiche costiere.

[2] Il diritto internazionale distingue tra “pirateria”, ovvero gli abbordaggi commessi nelle acque internazionali, e l’“armed robbery at sea”, ovvero gli atti di depredazione commessi nelle acque territoriali.

[3] Esempi di rifiuti illegali: erbicidi e pesticidi, petrolio sversato in mare, rifiuti industriali non trattati, comprese le scorie radioattive e gli aerosol contaminanti.

[4] L’UNODC ha stimato tra 5 e 7 milioni le armi leggere e di piccolo calibro che circolano nella regione del Golfo di Guinea.

[5] I diamanti alimentano il conflitto nella regione e per questo il sistema di certificazione del Processo di Kimberley mira a impedire che i diamanti “della guerra” raggiungano i mercati internazionali.

[6] La relazione del Parlamento europeo PE 433.768 “The Effects of Oil Companies” Activities on the Environment, Health and Development in Sub-Saharan Africa, agosto 2011, riporta esempi riguardanti l’Angola e la Nigeria.

[7] Minerale di ferro (Nigeria, Gabon, Camerun), diamanti (Guinea, Liberia, Sierra Leone), manganese (Gabon), bauxite (Guinea), cobalto e legname (Camerun), cacao (Ghana, Costa d’Avorio).

[8] UNSCR (2011) 2018 e (2012) 2039.

[9] Ispirato al codice di condotta di Gibuti elaborato dall’OMI per l’Oceano Indiano occidentale, il codice mette in particolare l’accento sul coordinamento e lo scambio di informazioni, facilitati da punti di contatto nazionali, designati da ciascuno Stato, e da una serie di centri di coordinamento della sicurezza marittima transnazionali e transregionali, e su un chiaro impegno da parte degli Stati a dichiarare le rispettive zone economiche esclusive e a far rispettare la normativa nazionale, anche in materia di pesca, pirateria, depredazione armata in mare, tutela ambientale, sversamenti di rifiuti e sostanze minerarie, tra cui il petrolio. Il codice, che verrà posto sotto l’egida dell’Unione africana, invece che dell’OMI, per favorire la titolarità africana, non ha per il momento valore vincolante.

[10] L’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 725/2004 dell’Unione definisce la sicurezza marittima come la combinazione delle misure preventive dirette a proteggere il trasporto marittimo e gli impianti portuali contro le minacce di azioni illecite intenzionali.

[11] Il potenziamento della capacità locale di preservare e gestire gli stock ittici può comportare notevoli vantaggi anche per l’UE, perché offrirebbe una migliore prospettiva alle flotte di pesca dell’Unione e garantirebbe una maggiore sicurezza delle rotte marittime grazie a una maggiore vigilanza locale.