6.3.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 67/23


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Per un consumo più sostenibile: la durata di vita dei prodotti industriali e l’informazione dei consumatori per ripristinare la fiducia» (parere di iniziativa)

2014/C 67/05

Relatore: LIBAERT

Correlatore: HABER

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 febbraio 2013, ha deciso conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Per un consumo più sostenibile: la durata di vita dei prodotti industriali e l'informazione dei consumatori per ripristinare la fiducia.

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI), incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 26 settembre 2013.

Alla sua 493a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 ottobre 2013 (seduta del 17 ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 178 voti favorevoli, 1 voto contrario e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

L'obsolescenza programmata appare legata al modo di produzione industriale, che ha bisogno di un tasso minimo di rinnovo dei prodotti. Malgrado un certo rinnovo dei prodotti possa apparire necessario, bisogna tuttavia combattere alcune derive. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) fa una netta distinzione tra la difettosità programmata e l'accelerazione dei consumi che caratterizza la nostra società. Se è lecito mettere in discussione le pratiche di marketing che presentano come grandi innovazioni delle modifiche marginali, il nostro intento, con il presente parere, è piuttosto quello di esaminare i casi più flagranti e rafforzare le garanzie per i consumatori. L'obiettivo è quello di contribuire a migliorare la fiducia di questi ultimi nei confronti delle imprese europee. Le proposte avanzate sono di ordine tecnico, commerciale, normativo, educativo e informativo e si iscrivono nel quadro strategico volto a creare un migliore equilibrio, che sia giusto e leale, nella catena costituita da produzione, distribuzione e consumo.

1.2

Il CESE esprime l'auspicio che siano vietati i prodotti che presentano una difettosità calcolata volta a porre fine alla vita dell'apparecchio. Questi casi, rari ma flagranti - come quello, che ha avuto grande eco nei media, delle stampanti costruite in modo tale da smettere di funzionare dopo un certo numero di utilizzi - non possono che generare diffidenza da parte dei cittadini nei confronti delle imprese.

1.3

Il CESE raccomanda alle imprese di facilitare la riparazione dei loro prodotti. Per far ciò, bisognerà intervenire a tre livelli: a livello della fattibilità tecnica (ad esempio nel caso dei tablet, le cui batterie sono fissate all'apparecchio per impedirne la riparazione e costringere ad acquistarne uno nuovo), poi dando la possibilità ai consumatori di acquistare i pezzi di ricambio per cinque anni dopo l'acquisto, e infine facendo in modo che all'acquisto il prodotto sia accompagnato da indicazioni dettagliate sulle possibilità di ripararlo e sul come procedere per la riparazione. Più in generale con il presente parere il CESE esorta a sostenere vigorosamente la dimensione sociale e le imprese di riparazione. L'approccio inteso a migliorare la fiducia dei cittadini nelle imprese deve essere considerato più in particolare alla luce delle possibilità di sostegno all'occupazione che può generare.

1.4

Escludendo la via della regolamentazione vincolante, il CESE incoraggia le iniziative di certificazione volontaria. A titolo esemplificativo, nel settore degli elettrodomestici la garanzia di poter riacquistare i pezzi di ricambio per 10 o 20 anni era un argomento di vendita vincente. Questa garanzia potrebbe essere normalizzata a livello europeo per la totalità dei prodotti consumati sul territorio dei 28 Stati membri dell'Unione in modo da non penalizzare le imprese europee. Analogamente, i fabbricanti potrebbero impegnarsi a pubblicare dati sui guasti più frequenti, visto che sanno quali sono. Potrebbero tenere a magazzino soltanto i pezzi in questione, o impegnarsi a produrli su richiesta o a trovare dei fornitori nella loro catena di approvvigionamento che siano disposti a fabbricarli. Questo potrebbe costituire un impegno forte, da parte di talune imprese, a garantire l'affidabilità del loro prodotto. Inoltre, al di là del rapporto dell'impresa con il consumatore, questo tipo di iniziativa sarebbe in linea con l'idea di certificazione volontaria finalizzata a fornire ai consumatori gli strumenti per la manutenzione dei prodotti e per farli durare nel tempo.

1.5

Il CESE incoraggia gli Stati a tenere conto dei parametri di lotta all'obsolescenza programmata nelle loro politiche in materia di acquisti pubblici. Data l'importanza delle commesse pubbliche nei paesi dell'Unione europea (16 % del PIL), i poteri pubblici hanno un importante ruolo da svolgere. Hanno inoltre il dovere di essere esemplari.

1.6

Il CESE ritiene che il miglioramento della qualità e della sostenibilità dei prodotti aiuterà a creare posti di lavoro duraturi in Europa e va perciò incoraggiato. Associato a formazioni adeguate, esso contribuirà al superamento della crisi che colpisce duramente i lavoratori europei.

1.7

Il CESE raccomanda di indicare la durata di vita o il numero di utilizzazioni stimate dei prodotti, in modo che il consumatore possa decidere del suo acquisto con piena cognizione di causa. Per incitare all'acquisto di prodotti duraturi, esso raccomanda di sperimentare, su base volontaria, l'uso di prezzi espressi in termini di costo annuo in funzione della durata di vita stimata. La speranza di vita indicata andrebbe in questo caso controllata per evitare che il consumatore sia vittima di abusi. Il consumatore potrebbe così acquistare prodotti più cari, ma più ammortizzabili nel tempo e le imprese europee non potrebbero che essere incitate a produrre oggetti più duraturi. Le indicazioni sui prodotti dovrebbero privilegiare le informazioni pertinenti necessarie al consumatore ed essere differenziate in base alla categoria di prodotto, onde evitare l'eccesso di informazione su taluni imballaggi.

1.8

Il CESE ritiene utile mettere a punto un sistema che garantisca una durata di vita minima dei prodotti acquistati. Non esiste attualmente né una legislazione sulla durata di vita minima dei prodotti né una normativa europea che consenta di misurarla. Cominciano tuttavia a prendere forma iniziative in questo senso nel contesto dell'etichettatura ambientale. Le imprese che producono o commercializzano prodotti devono internalizzare i costi esterni legati al riciclaggio dei prodotti con durata di vita inferiore ai 5 anni, in particolare quando si tratta di prodotti contenenti sostanze nocive per l'ambiente.

1.9

Il CESE propone di integrare le garanzie sull'acquisto con una garanzia di durata minima di funzionamento. Le riparazioni effettuate durante questo periodo sarebbero a carico del produttore.

1.10

Gran parte del costo legato alla riduzione del ciclo di vita dei prodotti e delle difficoltà legate alle scarse possibilità di ripararli è sostenuto dal consumatore. Ed è sempre il consumatore a subire i maggiori effetti della politica delle imprese e di taluni distributori, che cercano talvolta di far pagare il prolungamento della garanzia oltre il primo anno, mentre in realtà è prevista obbligatoriamente una garanzia di due anni. I consumatori appaiono spesso poco consapevoli dei loro diritti. Una comunicazione migliore, specialmente tramite i siti Internet e le reti sociali, potrebbe contribuire a migliorare la loro consapevolezza. Un Osservatorio europeo dell'obsolescenza programmata permetterebbe ai consumatori di avere una migliore visione delle pratiche in uso e quindi di orientare meglio le loro scelte.

1.11

La consapevolezza dei consumatori è una condizione indispensabile per un uso corretto e sostenibile dei prodotti. Inoltre, è importante che i consumatori siano adeguatamente informati sulla durata di vita minima dei prodotti, in quanto criterio rivelante nella scelta di acquisto. In questo contesto, sono da considerarsi positive le iniziative e attività volontarie da parte di commercianti e imprese.

1.12

Il consumatore ha spesso l'impressione di dover affrontare una vera e propria giungla legislativa. Se è vero che esistono numerose direttive in materia di obsolescenza programmata (pratiche commerciali, rifiuti, ecc.), va detto tuttavia che i testi sull'argomento appaiono poco coordinati nel loro insieme e che sarebbe necessario armonizzarli nel quadro di un pacchetto legislativo.

1.13

Il CESE raccomanda che gli Stati membri incoraggino, soprattutto in sede educativa, il consumo responsabile, affinché i consumatori considerino l'impatto ambientale del prodotto in termini di ciclo di vita, impronta ecologica e qualità. Raccomanda inoltre vivamente un maggiore coinvolgimento dei rappresentanti dei consumatori nel dibattito in corso su questo tema importante e delicato, così da assicurare un approccio più globale.

1.14

Il CESE raccomanda alla Commissione europea di avviare degli studi per chiarire i numerosi dati, spesso contradditori, che circolano sull'argomento. Ciò consentirà di ottenere un quadro obiettivo dell'impatto, specialmente economico e sociale, dell'obsolescenza programmata dei prodotti non soltanto dal punto di vista dei dichiarati vantaggi in termini di rotazione delle vendite, ma anche dal punto di vista dell'occupazione e della bilancia commerciale.

1.15

Il CESE propone di organizzare una grande tavola rotonda europea sull'argomento nel 2014 che riunisca tutti i soggetti interessati: industriali, finanza, distributori, sindacati, associazioni dei consumatori, ONG, agenzie di normalizzazione, esperti. ecc. Essa dovrà inoltre essere multisettoriale e non concentrarsi su alcuni settori industriali. Dovrà infine essere accompagnata da un forum aperto ai cittadini dell'Unione europea, in un'ottica che incoraggi la partecipazione pubblica più ampia possibile. Uno dei canali di partecipazione pubblica da incoraggiare sarà quello delle reti sociali.

1.16

Più in generale, il CESE raccomanda di accelerare le ricerche e gli interventi intorno a tre assi, che costituiscono altrettanti freni all'obsolescenza programmata:

la progettazione ecocompatibile dei prodotti: questo approccio consente di assicurare fin dall'origine la sostenibilità nell'utilizzo delle risorse tenendo conto dell'impatto ambientale dei beni prodotti e del loro ciclo di vita complessivo;

l'economia circolare, che punta a un approccio cradle to cradle (dalla culla alla culla), in cui i rifiuti di una impresa diventano le risorse di un'altra;

l'economia della funzionalità mira a privilegiare l'utilizzo dei prodotti anziché il loro possesso. In quest'ottica, le imprese non vendono prodotti, ma piuttosto funzioni, che vengono fatturate a seconda dell'utilizzazione. Gli industriali hanno quindi interesse a sviluppare oggetti solidi, riparabili e di facile manutenzione e ad assicurare una catena di produzione e una logistica adatta, che sia posta al centro del loro modello economico.

1.17

Lanciando questo messaggio a livello europeo, il CESE esprime l'auspicio che l'Europa entri in una fase di transizione economica, passando da una società dello spreco a una società sostenibile, e che la crescita sia orientata ai bisogni dei consumatori in una prospettiva civica, e mai perseguita come obiettivo fine a sé stesso.

2.   Introduzione e contenuto

2.1

L'obsolescenza programmata è un tema preoccupante per diversi motivi: la minor durata di vita dei prodotti di consumo comporta infatti un maggiore consumo di risorse e una maggiore quantità di rifiuti da smaltire una volta che i prodotti giungono al termine del loro ciclo di vita. Essa assume molteplici forme e viene utilizzata per stimolare le vendite e sostenere la crescita economica creando bisogni continui e producendo beni di consumo volutamente non riparabili.

2.2

La conseguenza di questo fenomeno è lo spreco di risorse e la genesi di forme aberranti di inquinamento, che assumono proporzioni tali da spingere la società civile e alcuni rappresentanti politici critici nei confronti di queste pratiche a organizzarsi per portare alla luce e combattere le incoerenze del sistema (si vedano le azioni collettive mosse negli Stati Uniti contro la Apple, la denuncia presentata in Brasile, le proposte di legge avanzate in Belgio e in Francia all'inizio del 2013).

2.3

Comunemente si fa distinzione tra diversi tipi di "desuetudine pianificata". L'obsolescenza può essere definita come "il deprezzamento di un materiale o di un'attrezzatura prima che intervenga l'usura materiale" (Dizionario: Le Petit Larousse), in quanto deprezzamento e scadenza sono indipendenti dall'usura fisica e sono invece legati al progresso tecnico, all'evoluzione dei comportamenti, alla moda, ecc.

2.4

Si possono distinguere diverse forme d'obsolescenza:

l'obsolescenza programmata in senso stretto, che consiste nel prevedere una durata di vita ridotta del prodotto, all'occorrenza introducendovi un dispositivo interno finalizzato a mettere fine al suo funzionamento dopo un certo numero di utilizzi;

l'obsolescenza indiretta, dovuta in generale all'impossibilità di riparare i prodotti per mancanza di adeguati pezzi di ricambio o per altre ragioni (ad esempio nel caso delle pile fissate all'apparecchio elettronico);

l'obsolescenza per incompatibilità, ad esempio nel caso dei programmi informatici che non funzionano più quando viene aggiornato il sistema operativo; questo tipo di obsolescenza è legato all'obsolescenza del servizio di assistenza, che induce il consumatore a sostituire un prodotto piuttosto che a ripararlo, anche a causa dei ritardi e dei costi della riparazione;

l'obsolescenza psicologica dovuta alle campagne di marketing delle imprese, che inducono i consumatori a percepire come obsoleti i prodotti esistenti. Non serve a nulla costringere un fabbricante di tablet a produrre oggetti che durino 10 anni se le nostre modalità di consumo ci spingono a cambiarli dopo due anni. Ad esempio, un telefono cellulare si cambia in media ogni 20 mesi (ogni 10 mesi nella fascia di età compresa tra i 12 e i 17 anni). Malgrado l'importanza di quest'ultimo tipo di obsolescenza, nel presente parere vengono affrontate solo le prime tre, in quanto si ritiene che il quarto richieda un approccio specifico, incentrato sulle modalità di consumo.

2.5

In proposito non esiste un consenso unanime. Le diverse sfumature presenti nelle varie definizioni dimostrano quanto sia necessario pervenire a una definizione generale del concetto e adottare misure differenziate a seconda dei fattori oggettivi (tecnici) e soggettivi (moda, commercializzazione di nuovi prodotti) dell'obsolescenza. In alcuni casi, il carattere effimero di un prodotto può essere un vantaggio per l'ambiente. Inoltre, l'obsolescenza dipende anche dal comportamento del consumatore.

2.6

Il CESE raccomanda l'adozione di un approccio modulato. L'idea non è quella di aumentare uniformemente la durata di vita di tutti i prodotti, ma di ragionare in termini di utilizzo. Analogamente, il CESE esprime la sua preferenza per una strategia basata sull'ottimizzazione degli usi, fermo restando che l'ottimizzazione non comporta necessariamente un allungamento della durata di vita. L'intenzione del CESE è quella di contribuire a migliorare la percezione dell'affidabilità dei beni prodotti dalle imprese europee.

2.7

Le ragioni per cui l'Unione europea deve affrontare il tema dell'obsolescenza programmata sono numerose: esse sono di natura ambientale, sociale, sanitaria, culturale ma anche economica. Secondo il CESE, inoltre, bisogna anche tenere conto di aspetti meno tangibili ma altrettanto importanti, ossia quello simbolico e quello etico.

2.8

Sul piano ambientale, il consumo annuo attuale di materie prime è di circa 60 miliardi di tonnellate, ossia il 50 % in più rispetto a 30 anni fa. Un europeo, ad esempio, consuma 43 kg di risorse al giorno, mentre un africano ne consuma 10 kg. L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) stima che, a partire dai livelli noti del 1999, "le riserve di rame, piombo, nickel, argento, stagno e zinco, con un tasso di aumento annuo della produzione primaria di questi metalli pari al 2 %, non durerebbero più di 30 anni, mentre quelle di alluminio e ferro durerebbero tra i 60 e gli 80 anni. Peraltro, ogni anno in Europa vengono generati 10 milioni di tonnellate di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e nel 2020 il volume di questi rifiuti dovrebbe raggiungere i 12 milioni di tonnellate (cifre relative al 2012). Accanto alle politiche di riciclaggio e d'innovazione occorre sostenere le politiche di recupero perseguite dalla nuova direttiva europea entrata in vigore il 13 agosto 2012 parallelamente alla lotta contro l'obsolescenza programmata.

2.9

Sul piano sociale, l'obsolescenza programmata pone tre tipi di problemi. Innanzitutto, nel contesto della crisi, la logica indotta dall'obsolescenza programmata dei beni di consumo partecipa alla dinamica dell'acquisto a credito e contribuisce a tassi di indebitamento senza precedenti. Le persone più colpite dall'obsolescenza sono gli individui appartenenti alle categorie sociali svantaggiate, che non possono permettersi di acquistare prodotti duraturi a prezzo elevato e devono accontentarsi di prodotti di qualità inferiore, più fragili. Secondariamente, le conseguenze negative dell'obsolescenza programmata possono interessare tutta la filiera occupazionale delle imprese di riparazione. Le cifre della relazione ADEME (1) (2007) confermano questa tendenza: soltanto il 44 % delle apparecchiature che subiscono un guasto viene riparato. Per gli apparecchi fuori garanzia, i distributori stimano gli interventi di riparazione al 20 %. Lo studio dell'ADEME (2010) indica inoltre che tra il 2006 e il 2009 in Francia le attività di riparazione sono diminuite in modo significativo, in particolare per quanto riguarda gli elettrodomestici. La filiera della riparazione offre il vantaggio di non essere delocalizzabile e di essere principalmente composta da posti di lavoro stabili.

2.10

Le conseguenze sanitarie, che non sono trascurabili, sono duplici: quelle dirette legate all'incenerimento, che interessano le popolazioni locali data la tossicità dei componenti elettronici, e quelle internazionali. Le infrastrutture per il trattamento dei rifiuti elettronici sono infatti così carenti che molti prodotti fuori uso vengono esportati illegalmente in zone geografiche in cui il costo del collocamento a discarica è minimo, ma comporta numerose conseguenze per la popolazione locale (come nel caso del Ghana, in cui i rottami di ferro contenuti nei rifiuti vengono estratti e inviati a Dubai o in Cina. Molti di questi rifiuti hanno come destinazione i paesi del Sud, in cui pongono problemi di salute ambientale).

2.11

Vi sono anche conseguenze culturali. Secondo alcuni studi, la durata di vita media di un elettrodomestico sarebbe di 6-8 anni, mentre 20 anni fa era di 10-12 anni. È legittimo che i consumatori si chiedano come mai, malgrado l'insistenza sull'innovazione, la durata di vita dei prodotti sia diminuita. La fiducia dei cittadini europei nella loro industria va costruita sulla durata e viene erosa dall'obsolescenza. In un momento in cui, stando alla quasi totalità dei sondaggi d'opinione, gli europei accusano un atteggiamento di massima distanza rispetto alla loro industria, è evidente che i guasti precoci e l'impossibilità di riparare i prodotti acquistati non li aiuta a riconciliarsi con le loro imprese. Ciò contribuisce a spiegare il fatto che il 92 % degli europei (2) vorrebbe che la durata di vita (o di utilizzo) dei prodotti fosse indicata esplicitamente. La competitività delle imprese europee passa anche per il miglioramento della fiducia dei consumatori nelle imprese.

2.12

Vi sono infine conseguenze economiche. La maggior parte delle imprese sotto accusa appartiene ai settori dell'alta tecnologia, i cui prodotti vengono spesso importati in Europa. Affrontando questo tema, l'UE offre alle imprese europee la possibilità di distinguersi grazie alla pratica effettiva della sostenibilità.

2.13

Il CESE non dimentica inoltre alcuni aspetti meno tangibili, ma forse altrettanto importanti. Sul piano simbolico, sebbene tutti i lavori da noi realizzati nell'ottica di Rio+20 siano contrassegnati dall'importanza accordata allo sviluppo sostenibile, riconosciamo che l'obsolescenza programmata è per definizione il capitolo dello sviluppo sostenibile che vogliamo promuovere. Quanto alla nostra visione del ruolo dell'etica nelle nostre società, riteniamo problematico il fatto che un ingegnere possa occuparsi della messa a punto di prodotti a invecchiamento accelerato o che si lancino campagne pubblicitarie per incitare i consumatori ad acquistare prodotti che non aumenteranno il loro grado di soddisfazione.

Bruxelles, 17 ottobre 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Agenzia francese dell'Ambiente e della gestione dell'energia.

(2)  Sondaggio di Eurobarometro Attitudes of Europeans towards Building the Single Market for Green Products (Atteggiamento degli europei verso la costruzione del mercato unico dei prodotti "verdi"), Commissione europea, Flash 367, luglio 2013.