RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO Relazione della Commissione sui riesami effettuati ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 9, e dell’articolo 73 della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali, sulle emissioni derivanti dall’allevamento intensivo e dagli impianti di combustione /* COM/2013/0286 final */
INDICE RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO
EUROPEO E AL CONSIGLIO Relazione della Commissione sui riesami effettuati ai
sensi dell’articolo 30, paragrafo 9, e dell’articolo 73 della direttiva
2010/75/UE relativa alle emissioni industriali, sulle emissioni derivanti dall’allevamento
intensivo e dagli impianti di combustione 3 1........... Introduzione................................................................................................................... 3 2........... Contesto dei riesami – revisione
della direttiva IPPC 2005-2007..................................... 4 2.1........ Allevamento intensivo..................................................................................................... 4 2.2........ Impianti di combustione con potenza
inferiore a 50 MW.................................................. 5 2.3........ Impianti di combustione con potenza
pari o superiore a 50 MW...................................... 6 3........... Opzioni considerate nel quadro dei
riesami effettuati dalla Commissione........................... 7 3.1........ Emissioni nell’ambiente derivanti
dall’allevamento intensivo.............................................. 7 3.1.1..... Allevamento intensivo di bovini (articolo
73, paragrafo 2, lettera b))................................. 7 3.1.2..... Valori soglia di capacità
differenziati per l’allevamento di diverse specie di pollame, tra cui il caso
specifico delle quaglie (articolo 73, paragrafo 3, lettera a))..................................................................... 8 3.1.3..... Valori soglia di capacità per il simultaneo
allevamento di diversi tipi di animali nella stessa installazione (“allevamenti
misti”) (articolo 73, paragrafo 3, lettera b))...................................................................... 9 3.2........ Emissioni nell’atmosfera derivanti
dalla combustione di carburanti..................................... 9 3.2.1..... Combustione dei carburanti nelle
installazioni con una potenza termica nominale totale inferiore a 50 MW (articolo
73, paragrafo 2, lettera a)).............................................................................................. 9 3.2.2..... Impianti di combustione di 50 MW e
oltre (articolo 30, paragrafo 9).............................. 10 4........... Fasi successive............................................................................................................. 11 5........... Conclusione.................................................................................................................. 13 RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO
EUROPEO E AL CONSIGLIO Relazione della Commissione sui riesami
effettuati ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 9, e dell’articolo 73 della
direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali, sulle emissioni
derivanti dall’allevamento intensivo e dagli impianti di combustione (Testo rilevante ai fini del SEE) 1. Introduzione La direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e
del Consiglio relativa alle emissioni industriali[1]
(comunemente denominata direttiva “IED”) è stata adottata il 24 novembre 2010 dopo
tre anni di negoziati interistituzionali sulla proposta originaria della
Commissione[2]. La IED costituisce
la rifusione in un’unica direttiva di sette direttive concernenti le emissioni
industriali[3].
La IED, entrata in vigore il 6 gennaio 2011, impone agli Stati membri di
recepirla nell’arco di due anni; essa prenderà effetto nei prossimi anni, a
mano a mano che la legislazione vigente sarà progressivamente abrogata e
sostituita dalle nuove disposizioni. La IED riguarda circa 50 000 installazioni industriali
in tutta l’Unione europea, nei settori delle attività energetiche, della
produzione e trasformazione dei metalli, dell’industria dei prodotti minerali e
di quella chimica, della gestione dei rifiuti e di talune altre attività quali
l’allevamento intensivo di suini e pollame. Le installazioni contemplate dalla
IED devono operare in conformità delle autorizzazioni, che prevedono condizioni
basate sulle migliori tecniche disponibili (BAT) concepite per prevenire o –
qualora ciò non sia possibile – più in generale per ridurre le emissioni nell’atmosfera,
nelle acque e nel terreno, nonché l’impatto complessivo sull’ambiente. La IED
include inoltre prescrizioni minime settoriali più rigorose, valide in tutta l’Unione,
per una serie di attività tra le più inquinanti. Nel corso dell’iter legislativo è stato dedicato
molto tempo alla definizione dell’ambito di applicazione della direttiva, ma
rispetto alla direttiva sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento
(IPPC) l’ambito di applicazione della IED è rimasto alla fine relativamente
invariato. Si è ritenuto però necessario analizzare ulteriormente il potenziale
inquinante di alcune attività e le possibili linee d’azione da adottare contro
tale inquinamento; di conseguenza sono state introdotte alcune clausole di
riesame, in particolare con l’articolo 30, paragrafo 9, e l’articolo 73.
La presente relazione è dedicata appunto a tali riesami: (i) Allevamento intensivo – L’attività agricola svolta
nell’Unione europea incide sull’ambiente tramite le emissioni nel terreno,
nelle acque e nell’atmosfera. In particolare, l’agricoltura è responsabile di
oltre il 90% del totale di emissioni di ammoniaca registrate nell’UE, gran
parte delle quali deriva dalle attività di allevamento e zootecnia. L’ammoniaca
contribuisce: ·
alla formazione di particelle “secondarie”, con
conseguenti impatti sulla salute che possono andare da effetti lievi sul
sistema respiratorio alla mortalità prematura; ·
a danneggiare gli ecosistemi tramite l’acidificazione
e l’eutrofizzazione, in seguito all’eccessiva lisciviazione dell’azoto nutriente
nell’acqua dolce, che provoca la distruzione delle popolazioni vegetali e una
conseguente perdita di biodiversità. Nei valori soglia attualmente previsti dalla IED rientrano
circa il 20% del totale di suini e il 60% del totale delle varie specie di
pollame presenti nell’Unione europea. Gli allevamenti di bovini non sono soggetti
alla direttiva. (ii) Attività di combustione – La combustione dei
carburanti nelle installazioni fisse contribuisce in maniera significativa alle
emissioni di una serie di inquinanti tra cui il biossido di zolfo, gli ossidi
di azoto e le particelle. Benché la IED si estenda a un certo numero di
impianti di combustione di dimensioni maggiori, essa non contempla comunque
tutti i casi; inoltre, la combustione di carburante nelle installazioni con
potenza termica nominale inferiore a 50 MW non è presa in considerazione dalla
vigente legislazione dell’Unione europea. 2. Contesto dei riesami -
revisione della direttiva IPPC 2005-2007 Nel quadro della revisione della legislazione
sulle emissioni industriali effettuata tra il 2005 e il 2007 e sfociata nella
proposta IED, la Commissione ha individuato alcune attività le cui emissioni,
pur contribuendo in maniera significativa all’inquinamento ambientale, non sono
adeguatamente controllate nel quadro della legislazione dell’Unione europea. Si
è proceduto, in particolare, a un attento esame di alcuni tipi di allevamento
intensivo e della combustione di carburanti in installazioni inferiori a 50 MW,
per verificare se tali attività debbano rientrare nell’ambito di applicazione
della IED. La Commissione ha poi effettuato una nuova
valutazione dei valori limite di emissione a livello dell’Unione fissati nella
direttiva sui grandi impianti di combustione (LCP), riscontrando che parecchi
di questi valori limite non bastavano a garantire la diffusione delle BAT. Di
conseguenza, la Commissione ha inserito nella propria proposta IED valori
limite riveduti, per allinearli ai valori di emissione associati alle BAT di
cui al documento di riferimento sulle BAT per i grandi impianti di combustione,
adottato nel 2006[4]. Tuttavia, tale
allineamento non si è rivelato possibile per alcuni tipi specifici di impianti
di combustione non contemplati – o contemplati in misura insufficiente – da
questo o altri documenti di riferimento sulle BAT. Le sezioni dalla 2.1 alla 2.3
illustrano in modo più dettagliato tali specifici riesami nel contesto dell’originaria
proposta IED della Commissione. 2.1. Allevamento
intensivo La direttiva IPPC riguarda i seguenti tipi di
allevamento: ·
allevamento intensivo di pollame con più di
40 000 posti pollame; ·
allevamento intensivo di suini con più di
2 000 posti suini da produzione (di oltre 30 kg); ·
allevamento intensivo di suini con più di 750 posti
scrofe. La Commissione ha effettuato due studi specifici[5],[6]
allo scopo di stabilire le misure più vantaggiose sotto il profilo economico per
ridurre le emissioni di ammoniaca nel settore agricolo. Tali studi hanno
individuato alcune opzioni atte a precisare e ampliare l’ambito di applicazione
della direttiva IPPC, in base alle quali la Commissione ha formulato i seguenti
punti nella proposta di rifusione della direttiva IPPC presentata nel 2007: i) modifiche dei valori soglia previsti per gli
allevamenti di pollame, in modo da tener conto delle diverse specie aviarie e
del loro differente impatto ambientale; e ii) inclusione di una norma basata sui fattori di
escrezione di azoto equivalente, per determinare se gli allevamenti con diverse
specie di pollame o gli allevamenti misti di suini e pollame siano soggetti
alla direttiva IPPC. I colegislatori hanno ritenuto che le revisioni
proposte dalla Commissione non dovessero essere inserite in quel momento nel
testo legislativo definitivo, stimando invece opportuno effettuare ulteriori
riesami per definire le eventuali azioni da intraprendere. Tali riesami dovevano
essere onnicomprensivi, prendendo in considerazione tutti gli impatti ambientali
di queste attività agricole. 2.2. Impianti
di combustione con potenza inferiore a 50 MW L’allegato I della direttiva IPPC riguarda gli
impianti di combustione con una potenza calorifica di combustione superiore a 50
MW. Tuttavia, nel quadro della strategia tematica 2005 sull’inquinamento
atmosferico[7], il
contributo degli impianti di combustione di minori dimensioni al totale di
emissioni UE di alcuni fondamentali inquinanti atmosferici (SO2, NOx
e particelle) è stato giudicato abbastanza significativo. Di conseguenza, la revisione della direttiva IPPC effettuata
fra il 2005 e il 2007 ha preso in esame parecchie opzioni per la riduzione
delle emissioni provenienti da impianti di combustione di potenza compresa tra 20
e 50 MW. Si è giunti alla conclusione che, per una serie di scenari che
prevedevano l’applicazione di differenti limiti di emissione a livello di Unione
europea, i vantaggi stimati per la salute derivanti dalla regolamentazione
delle emissioni di questa categoria di impianti avrebbero superato i costi
economici della messa in conformità[8]. Nella proposta relativa alla IED la Commissione ha
quindi suggerito di ridurre i valori soglia di capacità nell’ambito della IED
per estenderli a tutti gli impianti di combustione con una potenza calorifica
di combustione pari o superiore a 20 MW. I colegislatori però non hanno
accettato questa proposta e hanno ripristinato il valore soglia di 50 MW previsto
dalla direttiva IPPC. A riconoscimento dell’importanza delle emissioni
prodotte da tali installazioni, nell’articolo 73, paragrafo 2, lettera a),
della IED si chiede alla Commissione di riesaminare la necessità di introdurre
i controlli più opportuni sulle emissioni derivanti dalla combustione dei
carburanti nelle installazioni con una potenza termica nominale totale
inferiore a 50 MW. Tali riesami devono concentrarsi soprattutto sulle emissioni
nell’atmosfera, dal momento che è stato accertato l’impatto di tali attività
sulla qualità dell’aria. 2.3. Impianti
di combustione con potenza pari o superiore a 50 MW I limiti di emissione di biossido di zolfo, ossidi
di azoto e polveri, fissati ai sensi della direttiva LCP per gli impianti di
combustione con potenza termica nominale pari o superiore a 50 MW costituiscono
“norme minime”, fatti salvi i requisiti previsti dalla direttiva IPPC. In
particolare, è possibile che l’applicazione delle BAT porti a inserire nelle
autorizzazioni valori limite di emissione più severi. Nel corso della revisione
della direttiva IPPC tra il 2005 e il 2007 si è peraltro rilevato che tali
limiti venivano spesso applicati come livelli default, allo scopo di
determinare le condizioni dell’autorizzazione, benché in molti casi fossero
sensibilmente più elevati dei livelli di emissione associati alle BAT. Pertanto,
il ricorso ai valori limite contenuti nella direttiva LCP non poteva garantire
l’applicazione delle BAT e ne ha ostacolato anzi la diffusione in questo
settore. Considerati i cospicui quantitativi di SO2, NOx e
polveri emessi dai grandi impianti di combustione, ne derivavano gravi
conseguenze per l’ambiente e la salute, che sarebbe invece stato possibile
mitigare sensibilmente con una completa applicazione delle BAT[9]. Nella IED i valori limite di emissione a livello
di Unione sono stati allineati ai livelli delle BAT ricavati dal documento di
riferimento sulle BAT della LCP, precisando altresì che tali valori limite
svolgevano la funzione di prescrizioni “minime”. Tuttavia, per alcuni tipi di
grandi impianti di combustione i documenti di riferimento sulle BAT non
indicavano alcun livello di emissione associato a queste ultime. Di
conseguenza, per le categorie interessate (elencate di seguito nonché all’articolo
30, paragrafi 8 e 9, della IED), l’allegato V della IED non stabilisce valori
limite di emissione minimi a livello di UE oppure vengono mantenuti i limiti
indicati nella direttiva LCP: (a)
motori diesel; (b)
caldaie di recupero nelle installazioni per la
produzione della pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose; (c)
impianti di combustione all’interno di raffinerie
alimentati con i residui di distillazione e di conversione della raffinazione
del petrolio greggio, da soli o con altri combustibili; (d)
impianti di combustione alimentati con gas diversi
dal gas naturale; (e)
impianti di combustione in installazioni chimiche
che utilizzano residui di produzione liquidi come combustibile non commerciale
per il proprio consumo; (f)
per questi tipi di impianti, l’articolo 30,
paragrafo 9, della IED richiede alla Commissione di riesaminare, in base alle
BAT, la necessità di stabilire valori limite di emissione a livello di Unione o
di modificare i valori limite di emissione di cui all’allegato V. 3. Opzioni considerate
nel quadro dei riesami effettuati dalla Commissione Dopo l’adozione della IED, la Commissione ha
completato i riesami richiesti, valendosi di nuove informazioni oltre che dei
dati raccolti nell’ambito dell’originaria revisione della direttiva IPPC. Inoltre,
la Commissione ha riesaminato la situazione riguardante i grandi impianti di
combustione di cui all’articolo 30, paragrafo 9. I risultati di questo lavoro
sono sintetizzati di seguito. 3.1. Emissioni
nell’ambiente derivanti dall’allevamento intensivo 3.1.1. Allevamento
intensivo di bovini (articolo 73, paragrafo 2, lettera b)) La Commissione ha rilevato che negli allevamenti
dell’Unione europea si contano attualmente circa 90 milioni di capi di bovini:
questa cifra comprende i bovini da latte (27%), le giovenche (7%) e gli altri
bovini (66%). I bovini sono presenti in un vastissimo numero di imprese: circa
3,5 milioni di aziende agricole, che variano per dimensioni dalle grandi
aziende centralizzate alle piccolissime aziende che contano un solo animale. L’allevamento
dei bovini – in tutti suoi aspetti, dall’alimentazione degli animali alla
gestione degli effluenti di allevamento – provoca attualmente l’emissione nell’atmosfera
di circa 1 500 kton/anno di ammoniaca (41% del totale UE) e
7 000 kton/anno di metano (2% del totale UE). L’allevamento dei
bovini costituisce anche un importante fattore di inquinamento da nitrati delle
acque superficiali e sotterranee; per affrontare questo tipo di inquinamento l’Unione
europea ha adottato la direttiva sui nitrati[10]. Il riesame della Commissione ha abbracciato sia le
misure di controllo applicabili per ridurre le emissioni nel modo
economicamente più vantaggioso, sia le opzioni legislative o di
regolamentazione per l’applicazione delle misure stesse. Per quanto riguarda le
misure di controllo, la Commissione ha esaminato tutti i tipi di tecniche attualmente
in uso nell’Unione europea, traendo le proprie conclusioni sulla base della
legislazione vigente negli Stati membri, che definisce a livello nazionale le BAT
per la riduzione delle emissioni di ammoniaca. Rientrano in questo quadro le
misure atte a garantire il ricorso a buone prassi agricole nella gestione
complessiva delle aziende agricole, l’attuazione di strategie di alimentazione,
la progettazione dei ricoveri per i bovini, lo stoccaggio e il trattamento degli
effluenti di allevamento e del liquiletame, nonché lo spargimento sul suolo degli
effluenti e del liquiletame. Per l’attuazione della politica la Commissione ha
valutato una serie di opzioni che sarebbe possibile applicare per ridurre le
emissioni nell’atmosfera causate dai bovini in tutta l’Unione europea; tra cui: ·
collaborazione con gli Stati membri e con il
settore agricolo per sviluppare o utilizzare piani volontari già esistenti che
promuovano l’adozione di misure per limitare le emissioni; ·
inclusione degli allevamenti di bovini nell’ambito
di applicazione della IED; ·
elaborazione di una legislazione specificamente
dedicata alle emissioni provenienti dall’allevamento intensivo di bovini; ·
misure di condizionalità ai sensi della politica
agricola comune dell’Unione europea; e ·
modifiche ad altri provvedimenti legislativi come
la direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento
provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole. Si noti che, per quanto riguarda le misure di
controllo, le BAT non si riferiscono solo all’opzione che verte sull’attuazione
della IED; si tratta invece di analizzare le possibili modalità di applicazione
delle BAT in tutte le opzioni esaminate. Sono stati elaborati tre scenari per la riduzione
delle emissioni di ammoniaca, corrispondenti a un’applicazione delle BAT di
ambizione ridotta, media o elevata. In tal modo sarebbe possibile ottenere una
riduzione delle emissioni di ammoniaca compresa tra 109 e 188 kton/anno,
rispetto allo scenario di base previsto per gli allevamenti di bovini da latte con
più di 50 capi. Per allevamenti di bovini di altro tipo con più di 50 capi, la
potenziale riduzione di emissioni varia da 59 a 108 kton/anno. Dall’esame
dei costi amministrativi e di conformità emerge che i benefici derivanti dall’applicazione
delle BAT superano comunque i costi a carico degli allevatori, indipendentemente
dalle dimensioni dell’azienda. Si nota però che maggiori sono le dimensioni
dell’azienda, maggiori sono i benefici rispetto ai costi, e che il rapporto
benefici/costi è più elevato nel settore dei bovini da latte rispetto agli
altri allevamenti di bovini. Per di più, se si decidesse di applicare un regime
completo di autorizzazioni IED a tutte le aziende di questo tipo, circa il 12%
di tutti gli allevamenti di bovini da latte e il 23% degli altri allevamenti di
bovini dovrebbero dotarsi di autorizzazione: di conseguenza, oltre 400 000
aziende rientrerebbero per la prima volta nell’ambito di applicazione della IED.
In tal modo la maggioranza delle installazioni di bovini rimarrebbe comunque esclusa
dal regime di autorizzazioni IED e non sarebbe quindi possibile controllare le
emissioni prodotte dalla maggioranza dei bovini presenti nell’Unione europea. 3.1.2. Valori
soglia di capacità differenziati per l’allevamento di diverse specie di
pollame, tra cui il caso specifico delle quaglie (articolo 73, paragrafo 3,
lettera a)) La Commissione ha esaminato tre possibili approcci
alla differenziazione dei valori soglia di capacità per l’allevamento di
diverse specie di pollame: (1)
unità di bestiame (UBA) – la UBA viene usata per confrontare
o aggregare quantità di animali di specie o categorie differenti, in base al
fabbisogno alimentare degli animali stessi: 1 UBA equivale a una vacca di 600 kg
di peso, che produce 3 000 litri di latte all’anno; (2)
fattori di escrezione di azoto equivalente (ENEF) –
confronto basato sull’escrezione media annuale di azoto per animale; e (3)
equivalenza animale – approccio ponderato basato
sui fattori di escrezione di azoto e fosforo nonché su altre variabili,
applicato annualmente in uno Stato membro. Per la modifica dei valori soglia relativi agli
allevamenti di pollame soggetti alla IED si è tenuto conto di tali approcci.
Poiché, dal punto di vista ambientale, un allevamento di suini da 2 000 posti
equivale sostanzialmente a un allevamento di polli da carne da 40 000 posti,
i valori soglia per le altre specie di pollame sono stati calcolati sulla base
del valore soglia di un allevamento di polli da carne da 40 000 posti. L’applicazione
dei tre approcci rivela notevoli variazioni nei valori soglia che è possibile
fissare per le differenti specie di pollame ai sensi della IED. Per volatili di
dimensioni normalmente inferiori ai polli da carne, i valori soglia possono aumentare
sensibilmente, fino a 85 000 – 320 000 posti quaglie. Per volatili di
dimensioni normalmente superiori ai polli da carne, invece, i valori soglia
possono diminuire: per gli allevamenti di tacchini, ad esempio, potrebbero
variare da 9 200 a 21 000 posti, a seconda dell’approccio impiegato. Data la natura dei diversi allevamenti di pollame
nell’Unione europea, emerge dall’utilizzo di tutti e tre i metodi di calcolo
che i valori soglia modificati provocherebbero in ogni caso un incremento netto
nel numero di allevamenti di pollame compresi nella IED. I calcoli di costi e
benefici di tali modifiche indicano che verrebbero incluse tra le 900 e le 3 200
installazioni. Se da un lato, in tutti i casi i costi di conformità sarebbero nettamente
compensati dai benefici ambientali della riduzione dell’ammoniaca, dall’altro, le
risultanti riduzioni delle emissioni di ammoniaca sarebbero limitate, comprese
tra le 4 e le 35 kton/anno. Si stima che i benefici annuali netti
oscillerebbero fra 30 milioni e 1 miliardo di EUR all’anno; e ancora, l’applicazione
delle BAT recherebbe benefici supplementari, derivanti dalle ridotte emissioni
di polveri e odori. 3.1.3. Valori
soglia di capacità per il simultaneo allevamento di diversi tipi di animali
nella stessa installazione (“allevamenti misti”) (articolo 73, paragrafo 3,
lettera b)) Il riesame previsto dall’articolo 73, paragrafo 3,
lettera b), della IED per gli allevamenti misti presenta analogie con il
riesame previsto dall’articolo 73, paragrafo 3, lettera a), in materia di
valori soglia di capacità differenziati per l’allevamento di diverse specie di
pollame, in quanto i tre approcci principali scelti per ponderare le emissioni
e ricavare i valori soglia sono UBA, ENEF ed equivalenza animale. Dal riesame
della Commissione è emerso che alcuni Stati membri hanno già regolamentato gli
allevamenti misti applicando uno di questi tre approcci. La Commissione ha formulato
un’ipotesi indicativa per le riduzioni di emissioni degli allevamenti in base
all’applicazione delle BAT, a una valutazione dei costi e benefici dell’attuazione
di una norma per gli allevamenti misti ai sensi dell’allegato I della IED e a
una stima del numero totale di allevamenti potenzialmente interessati in tutta
l’Unione europea. I risultati mostrano che l’inclusione degli allevamenti misti
nella IED produrrebbe una riduzione delle emissioni di ammoniaca compresa tra 1
e 20 kton/anno circa. Inoltre, i costi di conformità sarebbero nettamente
compensati dai vantaggi derivanti dalle ridotte emissioni di ammoniaca, cui si
aggiungerebbero altri benefici ambientali come la riduzione delle emissioni di
metano e degli scarichi di polveri e odori. Si stima che i benefici netti
annuali oscillerebbero tra 5 e 540 milioni di EUR all’anno; tali
cambiamenti interesserebbero probabilmente un numero approssimativo di
allevamenti compreso tra 600 e 1 800. È stato analizzato anche il preciso metodo di
calcolo dei valori soglia pertinenti per gli allevamenti misti; chiaramente, affinché
tale approccio risulti efficace, è necessario illustrare o addirittura inserire
nella legislazione stessa l’esatto metodo di ponderazione degli impatti
ambientali dei suini e del pollame, in modo da garantire coerenza nei calcoli
effettuati a livello di Stato membro. 3.2. Emissioni
nell’atmosfera derivanti dalla combustione di carburanti 3.2.1. Combustione
dei carburanti nelle installazioni con una potenza termica nominale totale
inferiore a 50 MW (articolo 73, paragrafo 2, lettera a)) Ampliando il lavoro già intrapreso nel corso della
revisione della direttiva IPPC, la Commissione ha compilato informazioni
supplementari su numero, capacità, consumo di carburante ed emissioni degli
impianti di combustione di potenza compresa tra 1 e 50 MW. Aggiungendo per
estrapolazione i dati mancanti, è stato possibile costruire una serie di dati
sufficientemente completa per valutare le possibili opzioni di controllo, pur
senza ignorare alcune limitazioni dei dati stessi. La serie di dati indica che gli impianti di
combustione di potenza compresa tra 1 e 50 MW operano in una vasta
gamma di settori e vengono utilizzati, tra l’altro, per il riscaldamento e la
produzione di elettricità o di energia in un ampio ventaglio di attività
industriali. È confermato che molti Stati membri hanno già
regolamentato in qualche misura questi impianti e l’esame della legislazione
applicabile degli Stati membri è stato utile per individuare i settori in cui i
benefici ambientali derivanti dall’applicazione di limiti minimi di emissione a
livello di Unione risulterebbero maggiori. Per gli impianti di combustione tra 1 e 50 MW sono
state sottoposte a una valutazione preliminare le seguenti opzioni di controllo: 1.
una regolamentazione che consideri tali impianti
alla stregua di una nuova attività nell’allegato I alla IED, soggetta ai limiti
di emissione a livello di Unione per le emissioni nell’atmosfera (sono stati
valutati due diversi livelli di ambizione); 2.
una regolamentazione degli impianti che non preveda
un regime completo di autorizzazioni, ma li assoggetti ai limiti di emissione a
livello di Unione per le emissioni nell’atmosfera. Gli impianti sono stati suddivisi in tre categorie
a seconda della potenza termica nominale: 1 - 5 MW, 5 - 20
MW e 20 - 50 MW. È stata inoltre analizzata l’opzione che prevedeva
l’utilizzo di prodotti standard per nuovi impianti disponibili sul mercato compresi
nel gruppo di capacità minima, ma non è stato possibile valutarne completamente
gli impatti. La valutazione preliminare ha esaminato l’entità
finanziaria dei benefici sanitari e ambientali, nonché gli impatti economici in
termini di costi amministrativi e di conformità. Ne è emerso che in quasi tutti
gli scenari i benefici superano nettamente i costi, a dimostrazione dei
potenziali vantaggi offerti dalla regolamentazione di questi impianti di
combustione a livello di Unione europea. I costi amministrativi – benché generalmente
molto inferiori rispetto agli effettivi costi di conformità – possono essere
ridotti introducendo, in particolare per le classi di capacità inferiori, un
regime senza prescrizioni generalizzate di autorizzazioni simile a quello già
esistente per alcuni impianti più piccoli ai sensi della IED. 3.2.2. Impianti
di combustione di 50 MW e oltre (articolo 30, paragrafo 9) È attualmente in corso, tramite lo scambio di
informazioni previsto dall’articolo 13, paragrafo 3, della IED, il riesame di
numerosi documenti di riferimento sulle BAT. Tale processo è destinato a
produrre le conclusioni sulle BAT[11],
in cui verranno definite le BAT stesse e i livelli di emissione associati. Tutti
i tipi di impianti di combustione elencati all’articolo 30, paragrafo 9,
rientreranno in una delle seguenti conclusioni sulle BAT: Pasta
di legno e carta, Raffinerie di petrolio e raffinerie di gas, Prodotti chimici
organici fabbricati in grande quantità e Grandi impianti di combustione (LCP). La IED conferisce alle conclusioni sulle BAT un
ruolo assai più importante nel fissare le condizioni delle autorizzazioni e
soprattutto i valori limite di emissione. L’articolo 15, paragrafo 3, richiede
come norma generale di utilizzare i livelli indicati nelle BAT per fissare i
valori limite, mentre l’articolo 15, paragrafo 4, offre la possibilità di
derogare a tale norma, benché solo in casi specifici giustificati da una
valutazione costi-benefici. Per gli impianti di combustione che fruiscono di
tali deroghe, i valori limite di emissione indicati nell’autorizzazione non
superano, in ogni caso, i valori limite fissati nell’allegato V alla IED. La IED chiarisce anche la funzione dei valori
limite a livello di Unione come prescrizioni “minime”. In base all’articolo 73,
la definizione dei valori limite di emissione nell’UE per particolari categorie
di installazioni costituisce una “rete di sicurezza” per impedire la
concessione di un eccessivo numero di deroghe ai livelli delle BAT. La Commissione
ritiene però importante offrire agli Stati membri l’opportunità di applicare
completamente le prossime conclusioni sulle BAT, tramite un aggiornamento delle
autorizzazioni, prima di decidere in merito alla necessità di istituire tale
rete di sicurezza per alcune categorie di installazioni. Per i particolari tipi
di impianti di combustione menzionati all’articolo 30, paragrafo 9, in assenza
di conclusioni sulle BAT, e a maggior ragione di informazioni sulla loro
eventuale applicazione, non è possibile in questa fase valutare i benefici
aggiunti che deriverebbero dall’introduzione di valori limite di emissione
nuovi, o modificati, a livello di Unione. Dopo l’adozione delle conclusioni sulle BAT per
questi impianti, le relazioni presentate dagli Stati membri in merito alla loro
attuazione, ai sensi dell’articolo 72, consentiranno alla Commissione di verificare
la necessità di provvedimenti supplementari che fungano da rete di sicurezza
minima. Tale attività sarà oggetto di una relazione presentata dalla
Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio ai sensi dell’articolo 73,
paragrafo 1. 4. Fasi successive Nell’esame delle possibili azioni da adottare
sulla base dei risultati dei riesami, la Commissione ha dedicato la dovuta attenzione
ai costi e ai benefici che deriverebbero. Occorre tener conto altresì dei
collegamenti con altre iniziative, tra cui in particolare: i) la proposta della Commissione per la riforma
della Politica agricola comune[12] prevede il
sostegno per un’azione tesa a limitare le emissioni nell’atmosfera di attività
fondamentali del settore agricolo e forestale, come l’allevamento zootecnico e
l’uso di fertilizzanti; ii) la recente revisione del protocollo di Göteborg
alla Convenzione UNECE sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande
distanza, per ridurre l’acidificazione, l’eutrofizzazione e l’ozono a livello
del suolo, comprende limiti riveduti delle emissioni annuali di ammoniaca per l’anno
2020, nonché una clausola di revisione per un’azione futura mirante a limitare
le emissioni di ammoniaca derivanti dal settore agricolo; e iii) la revisione, da parte della Commissione,
della politica dell’UE sulla qualità dell’aria, prevista per il 2013, esaminerà
la convenienza economica di una serie di ulteriori opzioni di controllo per la
riduzione degli impatti sanitari e ambientali dell’inquinamento dell’atmosfera,
compreso quello derivante dall’agricoltura e dalla combustione. Di conseguenza, la Commissione avvierà le seguenti
azioni in merito ai risultati dei riesami trattati in questa relazione. Azione 1 – Emissioni derivanti dai bovini e
valori soglia di capacità per l’allevamento intensivo ai sensi della IED I risultati emersi dal riesame del controllo delle
emissioni derivanti dall’allevamento intensivo di bovini indicano chiaramente i
benefici di un’azione finalizzata a ridurre le emissioni di ammoniaca prodotte
da questo settore. È chiaro tuttavia che le emissioni del settore dei bovini
non devono essere considerate separatamente dagli allevamenti di altro tipo. Di
conseguenza, nella consapevolezza che le maggiori riduzioni di emissioni
riguardano la gestione degli effluenti di allevamento, la Commissione ritiene
che un ulteriore, approfondito esame delle possibili riduzioni delle emissioni
derivanti dallo spargimento degli effluenti di tutti i tipi di allevamento debba
individuare gli aspetti che offrono in materia il miglior rapporto
costi-benefici, con particolare riferimento ai potenziali costi amministrativi
e di conformità a carico del settore dell’allevamento e all’esigenza di
mantenere una proporzione fra questi costi e i potenziali benefici. Tale studio
verrà intrapreso nel 2013 e, oltre a considerare le azioni da avviare a livello
di Unione, analizzerà i metodi che i singoli Stati membri potrebbero impiegare
per cercare di ridurre le emissioni a livello nazionale e conformarsi così ad
altri provvedimenti legislativi dell’Unione, come la direttiva relativa ai
limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici[13].
Verranno considerate parte integrante di questo lavoro anche le informazioni
relative allo spargimento sul suolo di effluenti di allevamento e liquiletame,
tratte dal documento di riferimento sulle BAT per l’allevamento intensivo di
suini e pollame, e saranno pure inclusi i benefici collaterali relativi alla
riduzione di emissioni di sostanze diverse dall’ammoniaca. Dal riesame della Commissione emerge poi un altro
risultato: benché modificare i valori soglia di capacità tra gli allevamenti di
diverse specie di pollame e gli allevamenti misti, sulla base del rispettivo impatto
ambientale, possa rivelarsi vantaggioso in termini di esito ambientale, la
potenziale riduzione di emissioni è assai limitata. Tale conclusione corrobora
l’originario riesame intrapreso dalla Commissione ai sensi della direttiva IPPC.
Tuttavia, alla luce della recente adozione della IED, un’ulteriore modifica
delle pertinenti descrizioni delle attività contenute nell’allegato I aprirebbe
un periodo di incertezza per gli allevatori, durante i negoziati per l’esito
della procedura legislativa ordinaria. La Commissione ritiene quindi che i
valori soglia attualmente vigenti per gli allevamenti di pollame soggetti alla
IED debbano rimanere immutati. Azione 2 – Combustione di carburanti nelle
installazioni con potenza termica nominale totale inferiore a 50 MW Il riesame della Commissione ha confermato la
possibilità di controllare e ridurre sostanzialmente, a livello di Unione, le
emissioni dei fondamentali inquinanti atmosferici prodotte da impianti di
combustione di potenza inferiore a 50 MW, in modo tale che i benefici
ambientali e sanitari superino i costi di conformità a carico degli operatori. Occorre
valutare con cura le potenziali opzioni di approccio di regolamentazione, per
evitare l’eccesso di costi amministrativi che deriverebbe dall’estesa applicazione
di un regime di autorizzazioni alle installazioni più piccole, tenendo però
conto dei potenziali benefici collaterali. Dal momento che sono emerse notevoli
incertezze, è necessaria un’opera più approfondita di elaborazione e confronto
degli impatti di un ventaglio di opzioni, prima di trarre conclusioni salde sui
rispettivi meriti. Di conseguenza, nel contesto della revisione della
politica sull’inquinamento atmosferico, si procederà a una valutazione ancor
più approfondita delle più promettenti opzioni per il controllo delle emissioni
derivanti dagli impianti di combustione di potenza compresa tra 1 e 50 MW. Azione 3 – Impianti di combustione di potenza
pari o superiore a 50 MW A giudizio della Commissione, sarebbe prematuro
fissare o modificare i valori limite di emissione a livello di Unione contenuti
nella IED per i grandi impianti di combustione menzionati all’articolo 30,
paragrafo 9. In primo luogo, si prevede che entro la fine del 2014 la
Commissione avrà adottato le conclusioni sulle BAT concernenti questi impianti.
Successivamente, gli Stati membri avranno quattro anni di tempo per riesaminare,
e se necessario aggiornare, le autorizzazioni, così da garantire la corretta
applicazione delle BAT. Ove le relazioni sull’attuazione della IED, compilate
dagli Stati membri, dovessero mettere in luce un insufficiente ricorso alle BAT
per le installazioni interessate, la Commissione riferirà in merito nell’ambito
della relazione triennale da presentare al Parlamento europeo e al Consiglio ai
sensi dell’articolo 73, paragrafo 1, e potrà avviare la definizione o l’aggiornamento
di requisiti minimi a livello di Unione. 5. Conclusione I riesami effettuati dalla Commissione ai sensi
dell’articolo 73, paragrafo 2, lettere a) e b), e paragrafo 3, hanno individuato
potenziali benefici ambientali, ottenibili con la modifica dell’attuale
legislazione europea o con l’elaborazione di nuovi strumenti atti ad affrontare
il problema delle emissioni derivanti da attività agricole e di combustione. Nel caso dell’allevamento intensivo, la
Commissione non intende proporre, in questo momento, modifiche dell’allegato I
della IED per le attività elencate al punto 6.6 (allevamento intensivo di
pollame e/o di suini), né includere gli allevamenti di bovini, poiché tali
modifiche recherebbero benefici ambientali piuttosto limitati, imponendo però
potenzialmente a un vasto numero di allevamenti considerevoli costi
amministrativi e di conformità. È chiaro però che le emissioni derivanti dallo
spargimento degli effluenti di allevamento sono di notevole entità; occorre
quindi portare a termine ulteriori studi per determinare se e come sia possibile
controllare le emissioni di ammoniaca a livello di Unione, in particolare per
mezzo di revisioni della direttiva concernente i limiti nazionali di emissioni
di alcuni inquinanti atmosferici, il cui riesame, si prevede, sarà portato a
termine nel 2013, nel quadro del più ampio riesame della strategia tematica
sull’inquinamento atmosferico e della legislazione connessa. Per la combustione di carburanti in installazioni
con potenza termica nominale totale inferiore a 50 MW, è stata dimostrata l’esistenza
di un chiaro potenziale di abbattimento economicamente vantaggioso delle
emissioni nell’atmosfera; in una prossima fase si passerà ad un’analisi più
approfondita delle opzioni di una potenziale azione di regolamentazione, per
mezzo di una valutazione d’impatto che servirà alla revisione, attualmente in
corso, della strategia tematica sull’inquinamento atmosferico. Per quanto riguarda i grandi impianti di
combustione elencati all’articolo 30, paragrafo 9, della IED, la Commissione
non ritiene necessario in questa fase modificare i valori limite di emissione
vigenti a livello di Unione, né fissarne di nuovi, in quanto le pertinenti
conclusioni sulle BAT verranno regolarmente pubblicate e incorporate nelle
vigenti autorizzazioni delle installazioni, a mano a mano che queste saranno
aggiornate. [1] GU L 334 del 17.12.2010, pag. 17. [2] COM (2007) 844 definitivo. [3] Direttiva 2008/1/CE sulla prevenzione e la riduzione
integrate dell’inquinamento (IPPC), direttiva 1999/13/CE sui solventi organici,
direttiva 2000/76/CE sull’incenerimento dei rifiuti, direttiva 2001/80/CE sui
grandi impianti di combustione (LCP) e direttive 78/176/CEE, 82/883/CEE e
92/112/CEE relative all’industria del biossido di titanio. [4] GU C 253 del 19.10.2006, pag. 5. [5] Measures in agriculture to reduce ammonia emission,
relazione finale alla Commissione, IIASA, giugno 2007. [6] Impact assessment of a possible modification of the
IPPC Directive as regards intensive livestock rearing, nel quadro di un
progetto di misure agricole integrate per la riduzione delle emissioni di
ammoniaca, elaborato dal consorzio Alterra, Wageningen UR, EuroCare, Università
di Bonn e A&F, giugno 2007. [7] COM(2005) 446 definitivo. [8] Assessment of the benefits and costs of the potential
application of the IPPC Directive (96/61/EC) to industrial combustion
installations with 20-50 MW rather thermal input, report for the European
Commission, relazione per la Commissione europea, AEA Technology, ottobre
2007. [9] Evaluation of the costs and benefits of the
implementation of the IPPC Directive on Large Combustion Plant, AEA
Technology, luglio 2007. [10] Direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque
dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole. [11] Per “conclusioni sulle BAT” si intende un documento
contenente le parti di un documento di riferimento sulle BAT riguardanti le
conclusioni sulle migliori tecniche disponibili, la loro descrizione, le informazioni
per valutarne l’applicabilità, i livelli di emissione connessi alle migliori
tecniche disponibili, il monitoraggio associato, i livelli di consumo associati
e, se del caso, le pertinenti misure di bonifica del sito. [12] COM(2011) 627 final/2. [13] Direttiva 2001/81/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 23 ottobre 2001, relativa ai limiti nazionali di emissione di
alcuni inquinanti atmosferici (GU L 309 del 27.11.2001, pag. 22).