6.3.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 67/6


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il cambiamento sostenibile nelle società in transizione» (parere esplorativo)

2014/C 67/02

Relatore: GOBIŅŠ

La presidenza lituana, in data 15 aprile 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale sul tema:

Il cambiamento sostenibile nelle società in transizione

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 25 settembre 2013.

Alla sua 493a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 ottobre 2013 (seduta del 16 ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 70 voti favorevoli, un voto contrario e 6 astensioni.

Il cambiamento è l'unica costante - Eraclito

1.   Raccomandazioni

1.1

L'UE, ciascuno dei suoi Stati membri e la società civile sono una fonte incredibilmente ricca di esperienze in materia di transizione. Quest'esperienza dev'essere meglio utilizzata per ottenere stabilità nel cambiamento all'interno dell'Europa, nei paesi confinanti con l'UE e nel mondo intero.

1.2

L'UE sta assumendo un ruolo guida nei dibattiti in corso in sede ONU sull'agenda dello sviluppo per il periodo successivo al 2015, e deve suggerire azioni concrete per la sua attuazione in un contesto di solidarietà e politiche coerenti. A tale proposito occorre tenere conto del presente parere e dei precedenti pareri del CESE sull'argomento (1).

1.3

Le esperienze in materia di transizione disponibili all'interno dell'UE e accessibili a quest'ultima vanno utilizzate in termini concreti. L'UE deve procedere a una sistematizzazione più completa delle sue esperienze in materia, siano esse positive o negative, degli strumenti di sostegno e dei dati disponibili riguardo alle parti interessate. Dovrà essere messo a punto un piano d'azione sull'utilizzo delle esperienze di transizione nel processo di programmazione. Dovranno essere resi operativi quanto prima il Compendio europeo in materia di transizione e altre soluzioni proposte in recenti documenti UE.

1.4

La politica estera dell'UE deve risultare più forte, partecipativa e aperta, nonché più efficace e coerente. Gli interventi devono essere orientati alla promozione dei diritti dell'uomo, delle libertà fondamentali (compresa la libertà di associazione e di riunione pacifica) e dello Stato di diritto, e contribuire a creare un contesto favorevole e un ambiente democratico, che consentano ai singoli e alle OSC di partecipare alla formulazione delle politiche e al monitoraggio della loro attuazione. È necessario un approccio a lungo termine.

1.5

La società civile e politica dell'UE e dei paesi partner deve svolgere un ruolo chiave. Fra l'altro, accordi di associazione, programmi di sostegno e sovvenzioni non dovrebbero essere approvati senza un dialogo strutturato con la società civile, in particolare con la società civile organizzata, in linea con il principio di partenariato seguito dall'UE. Occorre rivolgere un'attenzione particolare al dialogo con le diverse categorie sociali dei paesi partner, comprese le minoranze e gli abitanti delle zone remote: tali categorie vanno associate ai diversi processi.

1.6

Attualmente, molti potenziali promotori dello sviluppo sostenibile non possono ricevere il sostegno dell'UE a causa di norme amministrative e di altro genere discriminatorie. È necessario introdurre la discriminazione positiva (che non permetta alcuna forma di manipolazione) e un requisito per cui i partner con un'esperienza recente in materia di transizione dovrebbero essere coinvolti nei progetti di sviluppo, per far partire su un piede di parità i soggetti appartenenti a categorie che al momento ottengono i risultati più modesti nelle valutazioni. La qualità dei progetti e dei risultati deve avere la priorità.

1.7

È essenziale lanciare nuovi meccanismi di cooperazione e ampliare quelli esistenti (cfr. a questo proposito i punti 3.3.4, 3.3.6, 3.3.7 e 3.3.8 del presente parere, ad es. dare una dimensione globale ai programmi Twinning, TAIEX, Erasmus+, creare una nuova piattaforma di scambio, ecc.).

1.8

I soggetti che dipendono da regimi autoritari e/o che seguono prassi non democratiche (ad esempio GoNGO, sindacati di comodo, ecc.) dovrebbero essere esclusi da ogni sostegno.

1.9

In generale, è opportuno fornire largo sostegno a un ampio campione rappresentativo della società dei paesi partner.

1.10

Il cambiamento democratico, lo sviluppo sostenibile, la crescita economica inclusiva e un mercato stabile, insieme a un migliore sistema occupazionale e di welfare, possono essere sostenuti da una buona governance e da un solido approccio basato sui diritti. L'esperienza dimostra che una società civile forte, in particolare quando è organizzata, costituisce la migliore garanzia di successo.

2.   Contesto generale

2.1

Il CESE apprezza l'ampia visione che viene data dello sviluppo sostenibile. Il Consiglio dell'UE ha osservato che fanno parte di questa visione aspetti come «la governance democratica, i diritti dell’uomo e lo Stato di diritto, il benessere economico e sociale, nonché la pace e la stabilità» (2).

2.2

In breve, la transizione può essere definita come la stabilizzazione, il sostegno alla democrazia, la creazione di istituzioni e di capacità, lo scambio di migliori pratiche e il consolidamento delle riforme per rendere sostenibile il cambiamento. Essa si fonda sulla solidarietà e sull'azione da parte di individui, organizzazioni della società civile, governi e altri soggetti.

2.3

Diversi aspetti della cooperazione con le società in transizione sono già stati iscritti all'ordine del giorno del CESE (3). Il presente parere cerca di andare al di là delle fonti esistenti e di riflettere gli interessi particolari della presidenza lituana del Consiglio dell'UE e l'interesse generale della società civile europea (anche come contributo al Vertice del partenariato orientale che si terrà a Vilnius nel novembre 2013 e alle Giornate europee dello sviluppo).

2.4

La politica attuale va aggiornata anche alla luce dei recenti sviluppi nei paesi partner dell'Unione. Il CESE continua a nutrire preoccupazioni circa la sostenibilità degli sviluppi in diversi vicini orientali dell'UE, paesi euromediterranei e paesi partner. Si osservano numerosi cambiamenti positivi nella regione dei Balcani occidentali (tenendo conto dell'importanza dell'adesione della Croazia all'UE).

3.   Permettere all'UE di condividere meglio le sue esperienze

La motivazione e la domanda interna potrebbero essere due dei principali stimoli allo sviluppo sostenibile e al cambiamento democratico, con il sostegno di una chiara politica della "porta aperta" nei confronti di tutti gli Stati europei e prevedendo altri privilegi per paesi e società al di fuori dei confini dell'UE.

3.1   Un migliore coordinamento delle politiche dell'UE a favore della transizione

3.1.1

Per promuovere un cambiamento sostenibile è necessario coordinare in maniera più efficace diverse politiche, programmi e attività dell'UE destinati alle stesse regioni o agli stessi settori d'intervento allo scopo di creare maggiori sinergie e salvaguardare la coerenza. La capacità dell'UE in materia di azioni esterne va ulteriormente sviluppata, fino a poter sostenere efficacemente i valori e gli obiettivi europei comuni su scala realmente europea (4).

3.1.2

La "coerenza delle politiche di sviluppo" deve essere assicurata e controllata in modo più accurato. L'obbligo di coerenza delle politiche di sviluppo, sancito all'articolo 208 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (come modificato dal Trattato di Lisbona), dovrebbe essere al centro della definizione delle politiche e dell'attuazione in tutta la regolamentazione degli strumenti dell'azione esterna e dovrebbe perciò essere applicato espressamente in tutte le politiche, i programmi e le attività dell'UE. La compatibilità delle nuove iniziative dell'UE deve essere valutata in tutti i casi che si presentano. Tutti i programmi (compresa la loro valutazione e le relative linee di bilancio) dovrebbero rispecchiare gli impegni e gli obblighi internazionali dell'UE in materia di diritti dell'uomo e di sviluppo (compresa l'intesa comune dell'ONU su un approccio allo sviluppo basato sui diritti umani) e concentrarsi sulle persone più emarginate e vulnerabili. È importante anche seguire da vicino gli sviluppi per verificare se, nel processo di transizione e di integrazione nell'UE, a sviluppi positivi in un settore d'intervento non corrispondano sviluppi negativi in altri.

3.1.3

Per offrire un prospetto di facile lettura degli strumenti disponibili gestiti dall'UE o dagli Stati membri (tra cui sovvenzioni, appalti e programmi, ecc.) che hanno un impatto esterno diretto o indiretto, è indispensabile istituire una piattaforma comune. Sarebbe opportuno prevedere corrispondenze e un certo grado di cooperazione con il portale «La tua Europa». Occorre intensificare gli sforzi per fornire informazioni alle organizzazioni minori (anche subregionali), includendo fra i destinatari anche le istituzioni degli Stati membri dell'UE e delle società in transizione. Inoltre, la piattaforma dovrebbe avvalersi, ad esempio, di una newsletter o di un notiziario Twitter.

3.1.4

L'UE dovrebbe prefiggersi di riunire, coordinare e creare sinergie tra le proprie attività e quelle degli Stati membri nei paesi partner, nonché di evitare una concorrenza interna eccessiva. Gli Stati membri potrebbero considerare la possibilità di condividere le responsabilità nello sviluppo di forme di cooperazione esterna comune (coordinatori della transizione, centri di traduzione, centri di assistenza giudiziaria, istituti di insegnamento, ecc.) sul loro territorio o nei paesi partner.

3.2   Partecipazione di tutti i soggetti interessati come condizione preliminare per la sostenibilità del cambiamento

3.2.1

Per assicurare la titolarità condivisa dello sviluppo e della cooperazione è indispensabile far sì che i meccanismi dell'azione esterna dell'UE siano più inclusivi, trasparenti e partecipativi possibile. Attualmente si possono rilevare diverse carenze. È necessario esaminare la possibilità che il principio di partenariato riesca ad unire la società civile e le autorità pubbliche, ad esempio come condizione preliminare per l'assegnazione di sovvenzioni.

3.2.2

Uno stretto - e preferibilmente strutturato - coinvolgimento dei rappresentanti della società civile e politica costituisce un presupposto per un impegno a lungo termine a realizzare le riforme. A questo proposito cfr. anche punto 1.5. L'impegno delle organizzazioni della società civile, comprese le parti sociali degli Stati membri dell'UE e dei paesi partner, è indispensabile per la programmazione e la realizzazione di tutte le attività di sviluppo e cooperazione. I partenariati attuali dovranno essere rafforzati, e ne dovranno essere creati di nuovi.

3.2.3

Il CESE è pronto a contribuire a tale progetto: i suoi partner nel mondo costituiscono una fonte preziosa come potrebbero esserlo anche i forum organizzati a cadenza regolare.

3.2.4

L'UE dovrà dar prova del massimo impegno per sviluppare le capacità dei soggetti interessati tanto nell'UE che nei paesi partner. Ciò sarà possibile grazie al sostegno finanziario, allo scambio di esperienze, ai corsi di istruzione e formazione e ad altri mezzi e programmi.

3.2.5

Occorre garantire pari opportunità ai diversi soggetti governativi e non governativi, tanto all'interno dell'UE che nei paesi partner. È essenziale eliminare ogni forma di discriminazione ancora esistente, diretta o indiretta che sia, tra cui norme eccessivamente restrittive in materia di ammissibilità, dimensioni del progetto e requisiti tecnici, norme amministrative discriminatorie (ad esempio disparità di retribuzione e/o imposte a carico degli esperti che seguono gli stessi progetti), obblighi in materia di cofinanziamento (problemi di accettabilità dei contributi in natura), azioni di lobbying nazionale che determinano risultati falsati, ecc. (5). A questo proposito si veda il punto 1.6 del presente parere.

3.2.6

Per incrementare il dialogo e la partecipazione si dovrebbero sfruttare e promuovere più ampiamente le opportunità tecnologiche del XXI secolo, tra cui l'e-government. A tal fine si potrebbe elaborare un particolare programma 2.0 a favore della democrazia.

3.3   Ulteriori suggerimenti riguardo a programmi e azioni dell'UE

3.3.1

Il sistema attuale di opportunità di finanziamento e sostegno dell'UE e con la partecipazione dell'UE è spesso accusato di essere inutilmente complicato. Il CESE accoglie con favore i progetti intesi a semplificare e razionalizzare gli strumenti dell'UE per il finanziamento dell'azione esterna, compreso lo strumento europeo di vicinato a partire dal 2014, e sostiene la messa in comune dei fondi.

3.3.2

La qualità prima di tutto. Le particolari competenze in materia di transizione e l'abilità di comprendere e adattarsi alle necessità del paese partner dovrebbero essere al centro di una valutazione oggettiva e dovrebbero avere la precedenza rispetto alle passate esperienze in materia di attuazione di progetti UE.

3.3.3

L'esperienza maturata dall'UE in materia di transizione deve essere usata meglio nel quadro dell'elaborazione delle politiche esterne dell'Unione (compresa la politica di sviluppo) (6). I successi conseguiti e gli insegnamenti tratti andrebbero sistematizzati in modo completo e analizzati a fondo. Le conclusioni debbono essere utilizzate, trasposte pienamente sul piano operativo e incorporate nel ciclo di programmazione. Occorre garantire un seguito concreto ricorrendo, ad esempio, alle conoscenze acquisite al momento di elaborare programmi operativi, valutare e assegnare sovvenzioni ai progetti e definire la dimensione degli stessi.

3.3.4

È necessario rendere operativo un Compendio europeo in materia di transizione, anche a fini di programmazione, completandolo con una banca dati di esperti in questo campo provenienti dal settore sia governativo che non governativo. I partner dovrebbero essere incentivati a ricorrere all'assistenza di esperti, che andrebbe promossa su vasta scala, specialmente nei paesi partner. La Commissione europea e il SEAE dovrebbero predisporre una lista di controllo per le delegazioni UE su come utilizzare il Compendio nella programmazione (si potrebbe, fra l'altro, stabilire che esso sia una fonte d'informazione vincolante per gli esperti che partecipano alle attività UE).

3.3.5

La Commissione europea dovrebbe predisporre un piano d'azione su come applicare meglio alla programmazione la ricca esperienza dell'UE in fatto di transizione. Sarebbe utile fare in modo che l'esperienza venga utilizzata sistematicamente negli ambiti di pertinenza. La Commissione europea dovrebbe altresì dedicare sufficienti risorse amministrative all'attuazione di tale piano.

3.3.6

Tenuto conto della grande quantità di strumenti già esistenti in materia di condivisione delle esperienze di transizione, sarebbe auspicabile che la Commissione operi una gestione trasversale per raccoglierli e presentarli tutti in una sede unica, ad es. attraverso una piattaforma o struttura centrale.

3.3.7

Bisognerebbe considerare l'opportunità di ampliare ulteriormente le strutture esperte dell'UE che intervengono in risposta alla domanda, come SOCIEUX e MIEUX. Tali strutture sono un eccellente strumento per rispondere rapidamente alle esigenze dei paesi partner. Occorre ampliare a livello mondiale (in particolare ai paesi ACP) l'area geografica degli attuali meccanismi fondati sulle esigenze in materia di scambio di esperienze e altri programmi, tra cui TAIEX, Twinning ed Erasmus, pur non riducendo i fondi previsti per i progetti provenienti dai paesi attualmente coinvolti.

3.3.8

Bisognerebbe lanciare un concetto di "gemellaggio o trigemellaggio di ONG" che preveda la partecipazione di almeno un partner dell'UE-15, uno dell'UE-13 e uno proveniente da un paese in via di sviluppo o in transizione (7). Va inoltre sostenuto lo scambio di esperienze tra i rappresentanti del settore privato.

3.3.9

Il Fondo europeo di sviluppo dovrebbe assumere un atteggiamento più favorevole nei confronti della condivisione delle più recenti esperienze degli Stati membri dell'UE in materia di transizione.

3.3.10

Per trasformare la loro esperienza in un sostegno efficiente alla transizione, l'UE e gli Stati membri devono garantire finanziamenti adeguati e sostegno pubblico. Inoltre, il CESE ribadisce che la transizione e il ruolo svolto dagli individui, dalla società civile e dallo Stato devono costituire uno dei temi dell’Anno europeo dello sviluppo, che si terrà nel 2015.

4.   Il sostegno alle riforme e allo sviluppo democratico sostenibile

Le preziose esperienze recentemente acquisite dall'UE e dagli Stati membri in materia di transizione stanno assumendo sempre maggiore importanza ed entrando nell'uso di paesi terzi diversi dai vicini dell'Unione che ricorrono sempre di più a un "approccio fondato sulla domanda". Il sostegno alla democrazia dovrebbe costituire una delle priorità dell'UE.

4.1   Il ruolo speciale dell'UE nelle diverse fasi della transizione

4.1.1

Lo sviluppo sostenibile è subordinato al raggiungimento del consenso più ampio possibile nelle società dei paesi partner. A tal fine il sostegno alla democrazia, alla buona gestione della cosa pubblica, alle libertà fondamentali (comprese la libertà di associazione, di riunione pacifica e di espressione, l'indipendenza dei media, ecc.), all'educazione civica e all'istruzione non formale e informale, alla giustizia e alla giustizia sociale in tutti gli ambiti e a tutti i livelli riveste un'importanza cruciale.

4.1.2

Occorre dedicare maggiore attenzione all'efficacia e ai risultati delle politiche e dei progetti. Questi ultimi devono essere accompagnati da programmi amministrativi e operativi e da misure di sostegno destinate ai singoli. L'efficacia non può essere raggiunta senza un migliore coordinamento all'interno dei paesi partner; inoltre, occorre offrire sostegno e consulenza ai fini della pianificazione.

4.1.3

La non discriminazione, la parità di trattamento e l'impegno attivo dei partner dell'UE e dei singoli membri delle loro società (comprese categorie come le donne, le minoranze, ecc.) sono fondamentali come principio generale e presupposto per la credibilità dell'UE. La differenziazione delle politiche a seconda dei requisiti del paese partner è naturalmente un altro elemento indispensabile, e va migliorata. Allo stesso tempo, l'UE non dovrebbe essere più indulgente verso i paesi "strategicamente importanti" solo perché coltiva obiettivi immediati non connessi con lo sviluppo sostenibile. Il rispetto per i diritti umani è un settore in cui l'UE e i suoi partner devono lavorare insieme.

4.1.4

I rappresentanti dell'Unione europea devono agire in qualità di "moderatori/facilitatori" (analizzando le esigenze locali e sostenendo/promuovendo il dialogo fra le parti interessate del posto) e di "esperti" (mettendo a disposizione l'esperienza accumulata e facendo tesoro delle lezioni apprese dal lavoro relativo alla transizione).

4.1.5

È opportuno fornire largo sostegno a un ampio campione rappresentativo della società dei paesi partner. Al momento, le istituzioni governative, e in alcuni casi le organizzazioni della società civile (comprese le parti sociali), i giovani e i ricercatori, sono considerati i soggetti fondamentali cui rivolgere l'assistenza europea. Lo sviluppo sostenibile e il cambiamento democratico richiedono un largo sostegno e una stretta cooperazione con gli "ambasciatori", i "motori/manager" o i "campioni di un cambiamento duraturo" della società civile e dei rispettivi leader e reti, ma bisogna anche andare oltre. Serve infatti un sostegno universale, largamente accessibile e ampiamente visibile ai partner e alle loro società. L'integrazione nell'UE e il sostegno ai paesi confinanti non dovrebbero essere percepiti come un beneficio a favore di pochi eletti. Miglioramenti visibili in ambiti come l'istruzione e la scienza (riforme dell'istruzione e della formazione professionale, attività rivolte ai minori, ecc. (8)), l'economia a emissioni ridotte, le infrastrutture e i servizi pubblici e sociali (TIC, sanità, campi da gioco, ecc.), il lavoro dignitoso e le opportunità occupazionali di qualità, la parità fra i sessi, il sostegno alle categorie socialmente ed economicamente vulnerabili e ai popoli indigeni, i movimenti sociali e le condizioni propizie allo sviluppo delle imprese (rafforzamento e partecipazione delle parti sociali (9)), ecc. favoriranno il cambiamento e un maggiore consenso su un orientamento pro-europeo.

4.1.6

Nei paesi che presentano un deficit democratico è possibile che i fondi assegnati alle istituzioni ufficiali o messi a disposizione tramite queste ultime siano destinati non a fini sociali bensì a sostenere il regime, e che le organizzazioni della società civile a carattere locale che rappresentano davvero i valori democratici non abbiano modo di accedervi. La creazione del Fondo europeo per la democrazia costituisce senza alcun dubbio un passo importante e auspicato da tempo. Tuttavia, tale Fondo non è in grado di risolvere da solo i problemi di vasta portata cui ci troviamo a far fronte. Una risposta parziale al problema la può dare "una mappatura completa delle organizzazioni della società civile" e di altri beneficiari degli aiuti nella regione (10). Anche le organizzazioni della società civile attive sul campo e quelle informali, nonché le loro iniziative, devono essere sostenute maggiormente: diversi Stati membri dell'UE hanno esperienza nel settore del finanziamento flessibile dei progetti. Nel contempo, occorre aumentare la percentuale degli aiuti erogati mediante la società civile, in particolare nel caso dei regimi autoritari.

4.1.7

Occorre inoltre dedicare un'attenzione particolare alle situazioni di transizione nei paesi del Mediterraneo meridionale e orientale, nei quali la democrazia, i diritti umani e i diritti delle donne sono esposti a gravi minacce, nonché alla necessità di garantire un più forte sostegno dell'UE alla società civile e alle organizzazioni delle donne.

4.1.8

In generale, l'UE deve analizzare attentamente e tener conto delle diverse capacità di assorbimento e delle caratteristiche particolari dei paesi partner.

4.1.9

L'UE deve condividere le esperienze su come garantire un sostegno rafforzato esterno ed interno allo sviluppo, fra l'altro per la società civile, dopo che le prime fasi della transizione sono passate e che è stato raggiunto un relativo benessere.

4.2   Crescita inclusiva - il ruolo delle attività economiche e dell'occupazione nelle società in transizione

4.2.1

La crescita economica inclusiva e un mercato stabile, accompagnati da un aumento del benessere e dell'occupazione e da una liberalizzazione economica intelligente, devono svolgere un ruolo chiave nello sviluppo delle società in transizione (in linea con il concetto di "trasformazione economica" nei dibattiti sul periodo successivo al 2015). Occorre concludere accordi internazionali al fine di promuovere e proteggere un ambiente sicuro e favorevole per gli investimenti, in quadri multilaterali come l'OMC, l'OCSE ecc.

4.2.2

Alla base della sostenibilità vi sono elementi essenziali come lo Stato di diritto e un sistema giudiziario indipendente che non può essere sovvertito dalla corruzione o dalla dittatura. A questo si aggiungono altri fattori cruciali come: organizzazioni della società civile che non subiscono intimidazioni, l'accesso all'informazione, la protezione sociale, la possibilità di accesso a un'occupazione dignitosa, la cooperazione scientifica e tecnica, l'efficienza e l'indipendenza energetica, e la conservazione ambientale.

4.2.3

Occorre migliorare le condizioni per il commercio e ricorrere, laddove opportuno, ad accordi di libero scambio globali e approfonditi che si prefiggano di andare "al di là dei confini" per incoraggiare un ravvicinamento costante alle regole, ai principi e alle norme dell'UE nei regolamenti tecnici e nella relativa attuazione. L'obiettivo dei partner dell'UE dovrebbe essere realizzare economie forti e inclusive, riducendo costantemente la loro dipendenza dall'aiuto esterno, e anche questo è un settore in cui lo scambio di esperienze ha un ruolo cruciale.

4.2.4

Il dialogo con le imprese indipendenti e l'assistenza alle stesse (nonché ai sindacati e ad altre organizzazioni della società civile) deve essere un elemento prioritario nel rapporto con i regimi totalitari. In ogni caso, è necessario garantire che le PMI svolgano un ruolo più importante in quanto promotrici della sostenibilità, dello Stato di diritto e dello sviluppo economico. Anche i consigli d'investitori stranieri o di altre organizzazioni della società civile possono svolgere un ruolo "supplementare".

4.3   Osservazioni aggiuntive sui partenariati internazionali per lo sviluppo

4.3.1

Il CESE e altri enti hanno già sottolineato la necessità di una cooperazione stretta ed efficiente tra l'UE, le Nazioni Unite e altri organismi internazionali sull'agenda dello sviluppo per il periodo successivo al 2015.

4.3.2

L'UE deve anche tener conto di altri recenti sviluppi, come l'istituzione dell'Open Government Partnership (un'iniziativa di particolare rilevanza per il CESE, che riflette il succitato principio di partenariato). L'impatto del Partenariato transatlantico su commercio e investimenti e di altri accordi analoghi va programmato e seguito accuratamente, con particolare attenzione per le ripercussioni sulla cooperazione allo sviluppo e sulla transizione.

4.3.3

Il ruolo e il potenziale delle imprese private e degli investitori stranieri nel mondo che condividono i valori dell'UE dovrebbero essere meglio sfruttati e sostenuti, specie per quanto concerne il rispetto dei diritti economici e sociali fondamentali.

4.3.4

Occorre prevedere uno studio approfondito delle migliori pratiche seguite dalle fondazioni e dalle organizzazioni della società civile globali, nonché degli strumenti ai quali ricorrono nei paesi in transizione.

Bruxelles, 16 ottobre 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  In particolare del parere del CESE sul tema Un'esistenza dignitosa per tutti: sconfiggere la povertà e offrire al mondo un futuro sostenibile del 23 maggio 2013, e di altri pareri su argomenti connessi.

(2)  Conclusioni della 3218a riunione del Consiglio Affari esteri (31 gennaio 2013), Art. 19.

(3)  http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.eesc-opinions-highlights.

(4)  Cfr. anche il parere del CESE sul tema Il ruolo dell'UE e le sue relazioni con l'Asia centrale, e il contributo della società civile, GU C 248 del 28.8.2011.

(5)  Si raccomanda di consultare lo studio del Parlamento europeo EXPO/B/AFET/2012/32 (2012).

(6)  Conclusioni della 3218a riunione del Consiglio Affari esteri (31 gennaio 2013), Art. 19.

(7)  Parere del CESE sul tema Una risposta nuova ad un vicinato in mutamento, GU C 43 del 15.2.2012.

(8)  A questo proposito si veda il parere del CESE sul tema Il ruolo dell'UE e le sue relazioni con l'Asia centrale, e il contributo della società civile, GU C 248 del 28.8.2011.

(9)  A questo proposito si veda il parere del CESE sul tema Una risposta nuova ad un vicinato in mutamento, GU C 43 del 15.2.2012.

(10)  Cfr. ad esempio il parere del CESE in merito alle seguenti proposte: Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente lo strumento di assistenza preadesione (IPA II) e Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento europeo di vicinato, GU C 11 del 15.1.2013, pag. 80, e la relazione informativa sul tema Il ruolo della società civile nell'attuazione del partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa nella regione euromediterranea (REX/356).