52012PC0130

Proposta di REGOLAMENTO DEL CONSIGLIO sull'esercizio del diritto di promuovere azioni collettive nel quadro della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi /* COM/2012/0130 final - 2012/0064 (APP) */


RELAZIONE

1.           CONTESTO DELLA PROPOSTA

Contesto generale

Nelle sentenze delle cause Viking Line[1] e Laval[2], la Corte di giustizia ha riconosciuto per la prima volta che il diritto di intraprendere un'azione collettiva, compreso il diritto di sciopero, in quanto diritto fondamentale fa parte integrante dei principi generali del diritto dell'UE, di cui la Corte[3] garantisce il rispetto. Ha inoltre affermato esplicitamente che poiché l'Unione europea non ha soltanto una finalità economica ma anche una finalità sociale, i diritti che derivano dalle disposizioni del trattato relative alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali devono essere bilanciati con gli obiettivi perseguiti dalla politica sociale, tra i quali figurano il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, una protezione sociale adeguata e il dialogo sociale[4]. Ha altresì riconosciuto che il diritto di intraprendere un'azione collettiva che ha come scopo la tutela dei lavoratori costituisce un legittimo interesse tale da giustificare, in linea di principio, una restrizione a una delle libertà fondamentali garantite dal trattato. La tutela dei lavoratori rientra dunque tra le ragioni imperative di interesse generale riconosciute dalla Corte[5].

Nonostante questo chiarimento, le sentenze della Corte hanno dato origine a un ampio e vivace dibattito sulle loro conseguenze per la tutela dei diritti dei lavoratori distaccati e, più in generale, sulla misura in cui i sindacati possono continuare a tutelare i diritti dei lavoratori in situazioni transfrontaliere. In particolare, hanno suscitato discussioni sull'adeguatezza delle norme vigenti dell'UE a tutela dei diritti dei lavoratori nel contesto della libera prestazione dei servizi e della libertà di stabilimento[6].

Il dibattito ha coinvolto un'ampia gamma di soggetti interessati, compresi parti sociali, politici, operatori del diritto e accademici. Mentre alcuni partecipanti al dibattito hanno accolto favorevolmente le sentenze, considerate come un chiarimento necessario delle regole del mercato interno, molti altri vi hanno visto il riconoscimento del primato delle libertà economiche sull'esercizio dei diritti fondamentali e il rischio, se non addirittura un'autorizzazione, del dumping sociale e della concorrenza sleale. I critici hanno in particolare posto l'accento sul fatto che la Corte, pur riconoscendo che il diritto di intraprendere un'azione collettiva, compreso il diritto di sciopero, in quanto diritto fondamentale fa parte integrante dei principi generali del diritto dell'UE, ha anche esplicitamente ammesso che "il suo esercizio può essere sottoposto a talune restrizioni"[7]. Ciò in particolare ridurrebbe la capacità dei sindacati di agire a tutela dei diritti dei lavoratori.

Secondo il professor Monti[8], le sentenze della Corte del 2007 e del 2008[9] hanno evidenziato le fratture fra il mercato unico e la dimensione sociale a livello nazionale: "hanno riproposto una vecchia frattura mai sanata: la divisione fra i sostenitori di una maggiore integrazione del mercato e coloro che considerano l'appello alle libertà economiche e alla soppressione delle barriere normative la parola d'ordine per smantellare i diritti sociali tutelati a livello nazionale". Il rapporto Monti sottolinea inoltre: "Riproporre questa scissione potrebbe allontanare dal mercato unico e dall'UE una parte dell'opinione pubblica - i movimenti dei lavoratori e i sindacati - che nel corso del tempo è stata una sostenitrice fondamentale dell'integrazione economica."

Il trattato di Lisbona

A norma dell'articolo 3, paragrafo 3 del trattato sull'Unione europea, l'Unione instaura un mercato interno e si adopera per un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale. Nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, l'Unione tiene conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un'adeguata protezione sociale e la lotta contro l'esclusione sociale[10]. Inoltre, con il trattato di Lisbona, il riconoscimento dei diritti fondamentali nel diritto primario è rinsaldato dal fatto che la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea ha ora lo stesso valore giuridico dei trattati[11].

La dimensione sociale è dunque una componente essenziale del mercato interno, che non può funzionare correttamente senza una forte dimensione sociale e il sostegno dei cittadini[12].

La Corte di giustizia ha anche riconosciuto che le finalità dell'Unione non sono esclusivamente economiche, ma anche sociali. I diritti che derivano dalle disposizioni del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) relative alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali devono dunque essere attuati secondo gli obiettivi perseguiti dalla politica sociale, tra i quali figurano, come indicato chiaramente al primo comma dell'articolo 151 del TFUE, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, una protezione sociale adeguata e il dialogo sociale.

Inoltre, a norma dell'articolo 152 del TFUE, l'Unione riconosce e promuove il ruolo delle parti sociali al suo livello, tenendo conto delle diversità dei sistemi nazionali. Essa facilita il dialogo tra le parti, nel rispetto della loro autonomia.

Nella dichiarazione solenne sui diritti dei lavoratori, la politica sociale e altre questioni, del 18 e 19 giugno 2009, il Consiglio dell'Unione europea ricorda anche che i trattati modificati dal trattato di Lisbona dispongono che l'Unione europea riconosca e promuova il ruolo delle parti sociali.

Il diritto di contrattazione collettiva - il diritto di intraprendere un'azione collettiva – il diritto o la libertà di sciopero

Nonostante gli strumenti pertinenti non facciano sempre esplicito riferimento al diritto o alla libertà di sciopero, il diritto di intraprendere un'azione collettiva, che è il corollario del diritto di contrattazione collettiva, è riconosciuto da diversi strumenti internazionali che gli Stati membri hanno firmato o alla cui redazione hanno partecipato[13]. È incluso in strumenti elaborati da tali Stati membri a livello di UE[14] e nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000[15], adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007[16], e gode anche di tutela costituzionale in diversi Stati membri.

In questo contesto, l'articolo 28 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea riconosce espressamente il diritto di concludere contratti collettivi e di ricorrere, in caso di conflitti di interessi, ad azioni collettive per la difesa dei propri interessi, compreso lo sciopero[17].

Secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, il diritto di contrattazione collettiva e di negoziare e stipulare accordi collettivi è un elemento intrinseco della libertà di associazione, vale a dire del diritto di partecipare alla costituzione di sindacati e di aderire a essi per la difesa dei propri interessi, come sancito all'articolo 11 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali[18].

La Corte europea dei diritti dell'uomo[19] ha anche riconosciuto che nell'ambito della libertà sindacale, visto il carattere sensibile delle questioni sociali e politiche da considerare per raggiungere un giusto equilibrio tra i rispettivi interessi delle parti sociali e vista la grande diversità esistente tra i sistemi nazionali in questo campo, gli Stati contraenti godono di un ampio margine nel valutare come possa essere garantita la libertà dei sindacati di tutelare gli interessi occupazionali dei loro iscritti. Tuttavia, essa precisa che tale margine non è illimitato, ma è soggetto alla supervisione a livello europeo ad opera della Corte, il cui compito è pronunciarsi in via definitiva stabilendo se una determinata restrizione sia conciliabile con la libertà di associazione, quale tutelata dall'articolo 11 della convezione europea dei diritti dell'uomo (CEDU).

Tuttavia, come sancito dalla Corte di giustizia e dalla Corte europea dei diritti dell'uomo[20], il diritto di sciopero non è un diritto assoluto e il suo esercizio può comunque essere soggetto a restrizioni, che possono anche dipendere dalla costituzione, dal diritto e dalle prassi nazionali. Come ribadito all'articolo 28 della Carta, esso deve essere esercitato conformemente al diritto dell'Unione e alle legislazioni e prassi nazionali.

Di conseguenza i sindacati svolgono un ruolo importante in quest'ambito, come confermato dalla Corte di giustizia, e devono avere la possibilità di continuare ad agire per tutelare i diritti dei lavoratori, anche indicendo scioperi e organizzando boicottaggi o blocchi per proteggere gli interessi e i diritti dei lavoratori e garantire la salvaguardia dei posti di lavoro o delle condizioni di lavoro, purché tali iniziative rispettino il diritto e la prassi nazionali e dell'UE.

Libertà economiche – restrizioni – tutela dei diritti dei lavoratori

La libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi rientrano tra i principi fondamentali del diritto dell'UE. Secondo la giurisprudenza della Corte, una restrizione di tali libertà è giustificata solo se persegue un obiettivo legittimo compatibile con il trattato e se è dettata da ragioni imperative di interesse generale. Inoltre, deve essere idonea al raggiungimento dell'obiettivo perseguito e non deve andare al di là di quanto è necessario per conseguirlo.

La tutela dei lavoratori, in particolare la loro protezione sociale e la difesa dei loro diritti, e la necessità di evitare perturbazioni del mercato del lavoro sono stati riconosciuti come ragioni imperative di interesse generale che giustificano eventuali restrizioni dell'esercizio delle libertà fondamentali sancite dal diritto dell'UE.

Inoltre la Corte ha riconosciuto che gli Stati membri hanno un certo margine di valutazione e di discrezionalità nel prevenire gli ostacoli alla libertà di circolazione derivanti dal comportamento di soggetti privati.

Per riassumere, sia le libertà economiche che i diritti fondamentali nonché il loro esercizio effettivo possono essere oggetto di restrizioni e limitazioni.

2.           ESITI DELLE CONSULTAZIONI CON LE PARTI INTERESSATE E DELLE VALUTAZIONI D'IMPATTO

2.1.        Consultazione delle parti interessate

Come in precedenza rilevato, le sentenze della Corte del 2007-2008 nelle cause Viking Line, Laval, Rüffert e Commissione contro Granducato di Lussemburgo hanno alimentato un vivace dibattito, in particolare sulle conseguenze della libera prestazione dei servizi e della libertà di stabilimento per la tutela dei diritti dei lavoratori e il ruolo dei sindacati a salvaguardia dei diritti dei lavoratori in situazioni transfrontaliere.

I sindacati europei considerano tali sentenze antisociali. Chiedono una modifica della legislazione volta a chiarire la situazione giuridica e ad impedire che in futuro i giudici possano emettere sentenze da essi considerate contrarie agli interessi dei lavoratori. A questo fine, hanno avanzato due richieste principali:

– una revisione della direttiva relativa al distacco dei lavoratori (direttiva 96/71/CE) per includervi un riferimento al principio della "parità di retribuzione" e consentire allo "Stato membro ospitante" di applicare condizioni più favorevoli rispetto alle condizioni di lavoro e occupazionali essenziali di cui all'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva;

– l'inserimento nel trattato di un "protocollo sul progresso sociale" per dare priorità ai diritti sociali fondamentali rispetto alle libertà economiche.

Altri soggetti interessati sono di diverso avviso. BusinessEurope ha accolto favorevolmente i chiarimenti forniti dalle sentenze della Corte e non ritiene che la direttiva necessiti di essere rivista. Molti Stati membri hanno espresso parere analogo. Alcuni Stati membri (SE, DE, LU e DK) hanno modificato la legislazione nazionale per conformarsi alle sentenze.

Nell'ottobre 2008 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione con la quale invitava tutti gli Stati membri ad applicare correttamente la direttiva relativa al distacco dei lavoratori e chiedeva alla Commissione di non escludere una revisione parziale della direttiva dopo un esame approfondito dei problemi e delle sfide[21]. Nel contempo, la risoluzione sottolineava che la libertà di fornire servizi è "una pietra angolare del progetto europeo" e "che tale aspetto dovrebbe essere contemperato con i diritti fondamentali, con gli obiettivi sociali sanciti dai trattati e con il diritto dei governi e delle parti sociali di garantire la non discriminazione e la parità di trattamento nonché con il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro"[22]. Il 2 giugno 2010 la commissione per l'occupazione e gli affari sociali ha organizzato un'audizione di tre esperti (in rappresentanza della Commissione, della CES e di BusinessEurope) durante la quale europarlamentari del gruppo S&D, del gruppo della Sinistra e del gruppo dei Verdi hanno auspicato un intervento della Commissione in larga misura analogo a quello proposto dalla CES.

Su invito congiunto del commissario Špidla e del ministro Bertrand (in qualità di presidente del Consiglio) in occasione del forum dell'ottobre 2008, le parti sociali europee hanno convenuto di condurre un'analisi congiunta delle conseguenze delle sentenze della Corte nel contesto della mobilità e della globalizzazione. Nel marzo 2010[23] le parti sociali europee hanno presentato una relazione sulle conseguenze delle sentenze della Corte di giustizia. Il documento evidenziava profonde divergenze di opinione. Mentre BusinessEurope è contraria a una revisione della direttiva, ma ammette la necessità di chiarire alcuni aspetti connessi all'applicazione, la CES ne chiede una profonda modifica.

Nel 2010 il Comitato economico e sociale europeo ha adottato un parere sul tema "La dimensione sociale del mercato interno"[24] in cui chiedeva un'applicazione più efficace della direttiva 96/71/CE e si dichiarava a favore di un'iniziativa della Commissione volta a chiarire gli obblighi giuridici delle autorità nazionali, delle imprese e dei lavoratori, compresa una revisione parziale della direttiva. Nel parere si invitava la Commissione ad escludere il diritto di sciopero dall'impatto delle norme che disciplinano il mercato interno e a valutare l'idea di istituire una "Interpol sociale europea" con il compito di sostenere le attività degli ispettorati del lavoro dei diversi Stati membri.

Nel rapporto "Una nuova strategia per il mercato unico", il professor Monti, nel riconoscere la controversia suscitata dalle sentenze della Corte, raccomandava di:

– chiarire l'attuazione della direttiva sul distacco dei lavoratori e consolidare la diffusione di informazioni sui diritti e gli obblighi dei lavoratori e delle imprese, la cooperazione amministrativa e le sanzioni nel quadro della libera circolazione delle persone e della prestazione transfrontaliera di servizi;

– introdurre una disposizione che garantisca il diritto di sciopero sul modello dell'articolo 2 del regolamento (CE) n. 2679/98 del Consiglio (il cosiddetto regolamento Monti II) e un meccanismo per la composizione informale delle vertenze di lavoro relative all'applicazione della direttiva.

Nell'ottobre 2010, la Commissione ha avviato una consultazione pubblica su come rinvigorire il mercato unico con la comunicazione "Verso un atto per il mercato unico. Per un'economia sociale di mercato altamente competitiva, 50 proposte per lavorare, intraprendere e commerciare insieme in modo più adeguato"[25]. Ha avanzato due proposte (la numero 29 e la numero 30) volte a riconquistare la fiducia e il sostegno dei cittadini, una sull'equilibrio tra diritti sociali fondamentali e libertà economiche e l'altra sul distacco dei lavoratori.

– Proposta n. 29: "in base alla sua nuova strategia per l'applicazione della Carta dei diritti fondamentali da parte dell'Unione europea, la Commissione si adopererà affinché si tenga conto dei diritti garantiti dalla Carta, ivi compreso il diritto di promuovere azioni collettive. …"

– Proposta n. 30: "nel 2011 la Commissione adotterà una proposta legislativa destinata a migliorare l'attuazione della direttiva sul distacco dei lavoratori che potrebbe comprendere, o essere integrata da, un chiarimento sull'esercizio dei diritti sociali fondamentali nel contesto delle libertà economiche del mercato unico."

Dalla consultazione pubblica sono emersi grande interesse e sostegno per queste azioni da parte dei sindacati, di singoli cittadini e delle ONG.

La proposta n. 29 sull'applicazione efficace della Carta dei diritti fondamentali e sull'analisi dell'impatto sociale è considerata da 740 partecipanti alla consultazione (sugli oltre 800 totali) una delle più importanti.

Le parti sociali europee hanno risposto alla consultazione confermando le loro posizioni. La CES ha ribadito la richiesta di modifica del trattato con l'inserimento di un "protocollo sul progresso sociale" e ha chiesto alla Commissione non solo di chiarire e migliorare l'attuazione della direttiva sul distacco dei lavoratori, ma anche di sottoporla a una revisione completa. BusinessEurope si è dichiarata d'accordo con l'approccio della Commissione inteso a migliorare l'attuazione e l'applicazione della direttiva vigente.

Secondo la CES e come espressamente indicato anche in diverse risposte dei sindacati nazionali, l'idea di un regolamento Monti II era un passo positivo nella giusta direzione unitamente a un protocollo sul progresso sociale. BusinessEurope non ha preso una posizione chiara sull'argomento, ma sembra aver dubbi sul valore aggiunto di siffatto regolamento, ribadendo in ogni caso che non dovrebbe rimettere in discussione l'esclusione del diritto di sciopero dalle competenze dell'UE.

A conclusione dell'ampio dibattito pubblico e sulla base dei contributi raccolti, il 13 aprile 2011 la Commissione ha adottato la comunicazione "L'Atto per il mercato unico. Dodici leve per stimolare la crescita e rafforzare la fiducia"[26]. Tra le dodici azioni chiave comprese nel capitolo sull'inclusione sociale figurano iniziative legislative sul distacco dei lavoratori: "Legislazione destinata a migliorare e rafforzare il recepimento, l'applicazione e il rispetto nella pratica della direttiva sul distacco dei lavoratori, comprensiva di misure per prevenire e sanzionare qualunque abuso o elusione delle norme applicabili e affiancata da una legislazione mirante a chiarire l'esercizio delle libertà di stabilimento e di prestazione di servizi accanto ai diritti sociali fondamentali".

In seguito all'adozione dell'Atto per il mercato unico, il 6 aprile 2011 il Parlamento europeo ha adottato tre risoluzioni[27]. Tuttavia, diversamente dalla questione più generale della mobilità e della portabilità dei diritti pensionistici, il distacco dei lavoratori non figurava tra le principali priorità identificate.

Il distacco dei lavoratori e le libertà economiche figurano invece tra le priorità identificate dal Comitato economico e sociale europeo[28].

Nelle conclusioni sulle priorità per il rilancio del mercato unico, il Consiglio:

"14. RITIENE che l'adeguata attuazione e applicazione della direttiva sul distacco dei lavoratori possa contribuire a una migliore tutela dei diritti dei lavoratori distaccati e garantire maggiore chiarezza riguardo ai diritti e agli obblighi delle imprese che prestano servizi nonché delle autorità nazionali, e che possa aiutare a prevenire l'elusione delle norme in vigore; RITIENE inoltre che sia necessaria maggiore chiarezza nell'esercizio della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi accanto ai diritti sociali fondamentali"[29].

In occasione della conferenza del 27-28 giugno 2011 sui diritti sociali fondamentali e il distacco dei lavoratori, ministri, parti sociali, rappresentanti delle istituzioni dell'UE e accademici hanno discusso le opzioni normative disponibili e il possibile contenuto delle eventuali iniziative legislative e hanno contribuito ad identificare soluzioni realizzabili[30]. L'obiettivo della conferenza era quello di contribuire, attraverso un dibattito aperto e costruttivo, a giungere ad una visione maggiormente condivisa e a presentare i risultati di studi recenti.

Infine la dichiarazione di Cracovia[31] ribadisce che la prestazione transfrontaliera di servizi e la mobilità dei lavoratori distaccati sono elementi essenziali del mercato unico. L'agevolazione della prestazione transfrontaliera temporanea di servizi dovrebbe essere accompagnata dalla garanzia di un livello appropriato di protezione dei lavoratori distaccati in un altro Stato membro al fine di offrire tali servizi.

2.2         Valutazione dell'impatto

In linea con la sua politica per legiferare meglio, la Commissione ha effettuato una valutazione dell'impatto delle alternative d'intervento sulla base di uno studio esterno[32].

Le fonti di problemi individuate sono raggruppate in quattro categorie e il problema numero 4 ("tensioni tra la libera prestazione dei servizi/libertà di stabilimento e le relazioni industriali nazionali") è direttamente rilevante per la presente proposta. Nelle sentenze della Corte relative alle cause Viking e Laval che hanno interpretato le disposizioni della direttiva e del trattato, si evidenziavano tensioni di fondo tra la libera prestazione dei servizi e la libertà di stabilimento, da un lato, e l'esercizio di diritti fondamentali quali il diritto di contrattazione collettiva e il diritto di promuovere azioni sindacali, dall'altro. In particolare, secondo i sindacati tali sentenze imponevano alle giurisdizioni nazionali o dell'UE di vagliare le azioni sindacali ogniqualvolta tali azioni potessero condizionare o ledere l'esercizio della libera prestazione dei servizi o della libertà di stabilimento. Nel recente passato tali percezioni hanno avuto ricadute negative, come dimostrano alcune controversie di lavoro transnazionali. Nel 2010 l'importanza del problema è stata evidenziata nella relazione del comitato di esperti dell'OIL sull'applicazione delle convenzioni e delle raccomandazioni. Tale comitato ha espresso "forti preoccupazioni" in merito alle limitazioni pratiche all'esercizio effettivo del diritto di sciopero imposte dalle sentenze della CGUE. Il diritto di sciopero è sancito nella convenzione n. 87 dell'OIL, firmata da tutti gli Stati membri dell'UE.

Tra gli interventi possibili per fronteggiare le cause del problema rientrano: uno scenario di riferimento (opzione 5), un intervento non normativo (opzione 6) e un intervento normativo a livello di UE (opzione 7).

Le opzioni 6 e 7 sono state analizzate rispetto allo scenario di riferimento per valutarne la capacità di fronteggiare le cause del problema numero 4 e di raggiungere gli obiettivi generali, nello specifico, lo sviluppo sostenibile del mercato unico basato su un'economia sociale di mercato altamente competitiva, la libera prestazione dei servizi e la promozione di condizioni di parità, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, il rispetto della diversità dei sistemi di relazioni industriali degli Stati membri e la promozione del dialogo tra le parti sociali. Inoltre, sono state analizzate rispetto agli obiettivi operativi più specifici e correlati, in particolare il miglioramento della certezza del diritto per quanto concerne l'equilibrio tra diritti sociali e libertà economiche, in particolare nel contesto del distacco dei lavoratori. Sulla base della Strategia per un'attuazione effettiva della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, la valutazione dell'impatto è stata utilizzata per identificare i diritti fondamentali potenzialmente interessati, il livello di interferenza con il diritto in questione e la necessità e la proporzionalità di tale interferenza rispetto ai possibili interventi e agli obiettivi politici[33].

La valutazione dell'impatto ha evidenziato impatti economici e sociali negativi dello scenario di riferimento. Il perdurare dell'incertezza del diritto potrebbe portare ad una perdita di sostegno nei confronti del mercato unico di una parte importante di soggetti interessati e creare un contesto sfavorevole per le imprese compreso eventualmente un comportamento protezionistico. Il rischio di incorrere in richieste di risarcimento danni e dubbi sul ruolo dei tribunali nazionali potrebbero impedire ai sindacati di esercitare il diritto di sciopero. Ciò avrebbe un impatto negativo sulla tutela dei diritti dei lavoratori e sull'articolo 28 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Le opzioni 6 e 7 avrebbero un impatto economico e sociale positivo, poiché ridurrebbero la portata dell'incertezza del diritto. L'impatto positivo dell'opzione 7 sarebbe maggiore, perché un intervento legislativo (regolamento) garantisce una maggiore certezza del diritto di uno strumento giuridico non vincolante (soft law) (opzione 6). Un meccanismo di allarme avrebbe un ulteriore impatto positivo. Inoltre, un intervento legislativo dimostrerebbe un maggiore impegno politico da parte della Commissione nell'affrontare un problema che preoccupa molto i sindacati e alcuni settori del Parlamento europeo.

L'opzione da preferire per affrontare le cause del problema numero 4 è l'opzione 7, che è ritenuta essere la soluzione più efficace ed efficiente per raggiungere l'obiettivo specifico di "riduzione delle tensioni tra sistemi di relazioni industriali nazionali e libera prestazione dei servizi" e la più coerente per il conseguimento degli obiettivi generali, ed è pertanto sostanzialmente la base della presente proposta.

Il progetto di valutazione dell'impatto è stato esaminato due volte dal comitato per la valutazione d'impatto (IAB) e le sue raccomandazioni migliorative sono state inserite nella relazione finale. Il parere dell'IAB, la valutazione finale dell'impatto e la relativa sintesi sono pubblicati unitamente alla presente proposta.

3.           ELEMENTI GIURIDICI DELLA PROPOSTA

3.1.        Contesto generale - Sintesi delle misure proposte

Le già citate sentenze della Corte di giustizia hanno evidenziato le "fenditure createsi in due direzioni fra il mercato unico e la dimensione sociale a livello nazionale". In primo luogo, tali cause hanno evidenziato la necessità di trovare il giusto equilibrio tra l'esercizio del diritto dei sindacati di promuovere azioni collettive, compreso il diritto di sciopero, e la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi, libertà economiche sancite nel trattato. In secondo luogo, hanno sollevato la questione dell'adeguatezza della direttiva sul distacco dei lavoratori quale base per tutelare i diritti dei lavoratori in un contesto di condizioni sociali e di occupazione divergenti tra gli Stati membri. In particolare ad essere messe in discussione sono state la sua attuazione e la sua applicazione.

Come sottolineato nel sopracitato rapporto Monti, le due questioni sono strettamente collegate, ma richiedono strategie diverse per equilibrare le esigenze del mercato unico e le esigenze sociali. Come evidenziato nella Strategia per un'attuazione effettiva della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, i cittadini devono poter godere dei loro diritti sanciti nella Carta quando si trovano in una situazione disciplinata dal diritto dell'Unione[34]. Inoltre il compito di chiarire tali questioni non deve essere lasciato a futuri occasionali controversie dinanzi alla Corte di giustizia o ai tribunali nazionali[35]. Inoltre, il diritto o la libertà di sciopero non devono essere solo uno slogan o una metafora giuridica.

La presente proposta fa dunque parte di un pacchetto. Insieme alla proposta di direttiva di applicazione, costituisce un intervento mirato finalizzato a chiarire l'interazione tra l'esercizio dei diritti sociali e l'esercizio della libertà di stabilimento e di prestazione di servizi, sanciti nel trattato, nel territorio dell'UE, in linea con uno degli obiettivi principali del trattato, un'"economia sociale di mercato altamente competitiva", senza tuttavia ribaltare la giurisprudenza della Corte.

La presente proposta mira a chiarire i principi generali e le norme applicabili a livello di UE relativamente all'esercizio del diritto fondamentale di promuovere azioni collettive nel quadro della libera prestazione dei servizi e della libertà di stabilimento, compresa l'esigenza di conciliare le due cose nella pratica in situazioni transfrontaliere. Il suo campo di applicazione copre non soltanto il distacco temporaneo di lavoratori in un altro Stato membro per la prestazione transfrontaliera di servizi, ma anche i progetti di ristrutturazione e/o trasferimento che coinvolgono più Stati membri.

3.2.        Base giuridica

La base giuridica appropriata per la misura proposta è l'articolo 352 del TFUE (riservato ai casi in cui, nel quadro delle politiche definite dai trattati, per realizzare uno degli obiettivi di cui ai trattati questi ultimi non abbiano previsto i poteri di azione richiesti a tal fine).

Un regolamento è considerato lo strumento giuridico più appropriato per chiarire i principi generali e le norme applicabili a livello di UE al fine di conciliare l'esercizio dei diritti fondamentali e le libertà economiche in situazioni transfrontaliere. L'applicabilità diretta di un regolamento ridurrà la complessità normativa e offrirà una maggiore certezza del diritto a quanti sono soggetti a tale legislazione nell'Unione chiarendo le norme applicabili in modo più uniforme. La chiarezza normativa e la semplicità sono particolarmente importanti per le PMI e sarebbe impossibile ottenerle con una direttiva che, per sua stessa natura, è vincolante soltanto per quanto riguarda il risultato da conseguire, ma lascia alle autorità nazionali la scelta della forma e dei metodi.

3.3.        Principi di sussidiarietà e di proporzionalità

Poiché il trattato non prevede esplicitamente i poteri richiesti, il presente regolamento si basa sull'articolo 352 del TFUE.

L'articolo 153, paragrafo 5, del TFUE esclude il diritto di sciopero dagli ambiti che possono essere disciplinati in tutta l'UE stabilendo norme minime mediante direttive. Tuttavia, le sentenze della Corte hanno illustrato chiaramente che il fatto che l'articolo 153 non si applichi al diritto di sciopero non esclude di per sé l'azione collettiva dall'ambito di applicazione della legislazione dell'UE.

L'obiettivo del regolamento, che è quello di chiarire i principi generali e le norme dell'UE applicabili all'esercizio del diritto fondamentale di promuovere azioni sindacali nel quadro della libera prestazione dei servizi e della libertà di stabilimento, compresa l'esigenza di conciliare le due cose nella pratica in situazioni transfrontaliere, richiede un'azione a livello di Unione europea e non può essere conseguito dagli Stati membri da soli.

Inoltre, in conformità al trattato, qualsiasi iniziativa in questo campo dovrà rispettare non solo l'autonomia delle parti sociali, ma anche i diversi modelli sociali e la diversità dei sistemi di relazioni industriali degli Stati membri.

In merito al contenuto della proposta, il rispetto del principio di sussidiarietà è ulteriormente garantito dal riconoscimento del ruolo dei tribunali nazionali nello stabilire i fatti e nel verificare se le azioni perseguono obiettivi che costituiscono un legittimo interesse, sono adatte al raggiungimento di tali obiettivi e non vanno oltre ciò che è necessario per conseguirli. La proposta riconosce altresì l'importanza delle leggi e delle procedure nazionali esistenti per l'esercizio del diritto di sciopero, compresi gli istituti esistenti per la risoluzione alternativa delle controversie, che non saranno modificati o interessati. La proposta non istituisce un meccanismo per la composizione informale delle controversie di lavoro a livello nazionale al fine di introdurre una qualche forma di controllo pregiurisdizionale sulle azioni dei sindacati (come suggerito nel rapporto Monti del 2010) e si limita a indicare il ruolo dei meccanismi alternativi di risoluzione informale esistenti in diversi Stati membri.

La presente proposta si limita a quanto necessario per conseguire gli obiettivi previsti.

3.4.        Spiegazione dettagliata della proposta

3.4.1.     Oggetto e cosiddetta clausola Monti

Oltre a descrivere gli obiettivi del regolamento, l'articolo 1 contiene una clausola, spesso chiamata la "clausola Monti". Esso combina il testo dell'articolo 2 del regolamento n. 2679/98 del Consiglio[36] e dell'articolo 1, paragrafo 7, della direttiva servizi[37]. È anche conforme al testo di disposizioni simili contenute, ad esempio, nella recente proposta di regolamento concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (rifusione Bruxelles I)[38] e nel regolamento sugli squilibri macroeconomici di recente adozione[39].

3.4.2.     Rapporto tra diritti fondamentali e libertà economiche – principi generali

L'articolo 2, pur riaffermando che non sussiste alcun conflitto intrinseco né alcuna preminenza tra l'esercizio del diritto fondamentale di promuovere azioni collettive e le libertà di stabilimento e di prestazione di servizi sancite e tutelate dal trattato, riconosce che possono presentarsi situazioni di conflitto in cui tale esercizio deve essere conciliato in conformità al principio di proporzionalità e in linea con la prassi consolidata dei tribunali e della giurisprudenza dell'UE[40].

Il fatto che si attribuisca uno status di parità ai diritti fondamentali e alle libertà di stabilimento e di prestazione di servizi implica che tali libertà possono dover essere limitate al fine di tutelare i diritti fondamentali. Tuttavia, implica anche che l'esercizio di tali libertà può giustificare una restrizione all'esercizio effettivo dei diritti fondamentali.

Al fine di evitare che ai sindacati sia effettivamente impedito o di fatto persino vietato di esercitare appieno i loro diritti collettivi a causa della minaccia di richieste di risarcimento danni, sulla base della sentenza Viking Line, da parte di datori di lavoro che invocano elementi transfrontalieri[41], va ricordato che nel caso in cui gli elementi transfrontalieri siano assenti o ipotetici si presume che un'azione collettiva non costituisca una violazione della libertà di stabilimento o della libertà di prestazione di servizi, fatta salva la conformità dell'azione collettiva al diritto e alle prassi nazionali.

Tale rischio generale di responsabilità per danni sulla base di una situazione alquanto ipotetica o di una situazione nella quale non sussistono elementi transfrontalieri renderebbe alquanto difficile, se non impossibile, l'esercizio da parte dei sindacati del diritto di sciopero in situazioni in cui la libertà di stabilimento o la libera prestazione dei servizi non trovano neppure applicazione.

3.4.3.     Meccanismi di risoluzione delle controversie

L'articolo 3 riconosce il ruolo e l'importanza delle prassi nazionali esistenti relative all'esercizio pratico del diritto di sciopero, comprese gli istituti esistenti per la risoluzione alternativa delle controversie, come la mediazione, la conciliazione e/o l'arbitrato. La presente proposta non modifica in alcun modo tali meccanismi di risoluzione alternativa delle controversie a livello nazionale, né comporta o implica l'obbligo di introduzione di tali meccanismi da parte degli Stati membri che non li prevedono. Tuttavia, per gli Stati membri in cui tali meccanismi esistono, la proposta stabilisce il principio della parità di accesso per quanto concerne i casi transfrontalieri e prevede adeguamenti da parte degli Stati membri al fine di garantire l'applicazione pratica di tale principio.

La proposta non propone un meccanismo di risoluzione informale delle controversie di lavoro relative all'applicazione della direttiva sul distacco dei lavoratori a livello nazionale[42]. Tale meccanismo introdurrebbe una qualche forma di controllo pregiurisdizionale sulle azioni dei sindacati, che non soltanto potrebbe creare o costituire un ulteriore ostacolo all'esercizio effettivo del diritto di sciopero, ma risulterebbe anche incompatibile con l'articolo 153, paragrafo 5, del TFUE, che esclude esplicitamente qualsiasi competenza legislativa dell'UE in questo campo.

Inoltre, in conformità all'articolo 155 del TFUE, la proposta riconosce il ruolo specifico delle parti sociali a livello europeo e le invita, qualora lo desiderino, a stabilire orientamenti per le modalità e le procedure di tali meccanismi di risoluzione alternativa delle controversie.

3.4.4.     Ruolo dei tribunali nazionali

L'articolo 3, paragrafo 4, chiarisce il ruolo dei tribunali nazionali: se, in un singolo caso, una libertà economica è limitata in conseguenza dell'esercizio di un diritto fondamentale, essi dovranno trovare il giusto equilibrio tra i diritti e le libertà interessati e conciliarli[43]. A norma dell'articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, eventuali limitazioni all'esercizio dei diritti e delle libertà da essa riconosciuti devono rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Inoltre, nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui[44]. La Corte di giustizia ha anche riconosciuto che le autorità nazionali competenti godono di un ampio margine di discrezionalità al riguardo. In linea con la giurisprudenza della Corte, è richiesto un test a tre fasi per verificare 1) l'idoneità, 2) la necessità e 3) la ragionevolezza della misura in questione. "In caso di conflitto tra un diritto fondamentale e una libertà fondamentale, l'adeguato contemperamento delle due posizioni risulta garantito soltanto qualora la restrizione imposta alla libertà fondamentale per effetto del diritto fondamentale non possa eccedere quanto è idoneo, necessario e congruo ai fini dell'attuazione di quest'ultimo. Ma, all'opposto, anche una restrizione di un diritto fondamentale imposta da una libertà fondamentale non potrà andare oltre quanto è idoneo, necessario e congruo ai fini dell'attuazione di quest'ultima."[45]

Il tutto fatta salva la possibilità per la Corte di fornire indicazioni e chiarimenti, se del caso, ad un tribunale nazionale in merito agli elementi da considerare[46].

3.4.5.     Meccanismo di allerta

L'articolo 4 istituisce un sistema di allarme rapido in base al quale gli Stati membri sono tenuti a comunicare e notificare immediatamente agli Stati membri interessati e alla Commissione gli atti o le circostanze gravi che perturbano gravemente il corretto del mercato unico o causano gravi tensioni sociali al fine di prevenire e limitare nella misura del possibile il danno potenziale.

4.           INCIDENZA SUL BILANCIO

Nessuna.

2012/0064 (APP)

Proposta di

REGOLAMENTO DEL CONSIGLIO

sull'esercizio del diritto di promuovere azioni collettive nel quadro della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi

(Testo rilevante ai fini del SEE)

IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 352,

vista la proposta della Commissione europea,

previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,

vista l'approvazione del Parlamento europeo[47],

deliberando secondo una procedura legislativa speciale,

considerando quanto segue:

(1)       Il diritto di intraprendere un'azione collettiva, che è il corollario del diritto di contrattazione collettiva, è riconosciuto sia in diversi strumenti internazionali che gli Stati membri hanno firmato o alla cui redazione hanno partecipato, come la Carta sociale europea, firmata a Torino il 18 ottobre 1961, e le convenzioni n. 87 e n. 98 dell'Organizzazione internazionale del lavoro concernenti la libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale e la contrattazione collettiva, che in strumenti elaborati da tali Stati membri a livello di UE, come la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata dal Consiglio europeo di Strasburgo il 9 dicembre 1989 e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, che ha il medesimo valore giuridico dei trattati. Esso gode anche di tutela costituzionale in diversi Stati membri.

(2)       Il diritto di contrattazione collettiva e di negoziare e stipulare accordi collettivi è un elemento intrinseco della libertà di associazione, sancita dall'articolo 11 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la convenzione")[48].

(3)       Il diritto di intraprendere un'azione collettiva è anche stato riconosciuto dalla Corte di giustizia quale diritto fondamentale che fa parte integrante dei principi generali del diritto dell'UE, di cui la Corte garantisce il rispetto[49]. Tuttavia, il diritto di sciopero non è un diritto assoluto e il suo esercizio può essere comunque soggetto a condizioni e restrizioni, che possono anche dipendere dalla costituzione, dal diritto e dalle prassi nazionali.

(4)       Come ribadito all'articolo 28 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, il diritto di ricorrere ad azioni collettive va tutelato in conformità al diritto dell'Unione e alle legislazioni e prassi nazionali.

(5)       A norma dell'articolo 152 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, l'Unione riconosce e promuove il ruolo delle parti sociali al suo livello, tenendo conto delle diversità dei sistemi nazionali. Essa facilita il dialogo tra le parti, nel rispetto della loro autonomia.

(6)       Gli Stati membri restano liberi di stabilire le condizioni di esistenza e di esercizio dei diritti sociali in questione. Tuttavia, nell'esercizio di tale potere, devono rispettare il diritto dell'UE, in particolare le disposizioni del trattato sulla libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi, che costituiscono principi fondamentali dell'Unione sanciti dal trattato.

(7)       Una restrizione di tali libertà è giustificata solo se persegue un obiettivo legittimo compatibile con il trattato e se è dettata da ragioni imperative di interesse generale. In questo contesto, deve essere idonea al raggiungimento dell'obiettivo perseguito e non deve andare al di là di quanto è necessario per conseguirlo.

(8)       La tutela dei lavoratori, in particolare la loro protezione sociale e la difesa dei loro diritti contro il dumping sociale, e il desiderio di evitare perturbazioni del mercato del lavoro sono stati riconosciuti come ragioni imperative di interesse generale che giustificano restrizioni all'esercizio di una delle libertà fondamentali sancite dal diritto dell'UE.

(9)       I sindacati devono avere la possibilità di continuare a ricorrere ad azioni collettive per tutelare gli interessi, le condizioni di lavoro e i diritti dei lavoratori, purché tali azioni rispettino il diritto e le prassi nazionali e dell'UE.

(10)     Sia le libertà economiche fondamentali che i diritti fondamentali nonché il loro esercizio effettivo possono dunque essere oggetto di restrizioni e limitazioni.

(11)     L'esercizio del diritto di promuovere azioni collettive, compreso il diritto o la libertà di sciopero, e le prescrizioni relative alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi potrebbero dunque dover essere conciliati, in conformità al principio di proporzionalità, il che spesso richiede o implica complesse valutazioni da parte delle autorità nazionali.

(12)     Eventuali limitazioni all'esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea devono essere previste per legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

(13)     In caso di conflitto tra un diritto fondamentale e una libertà fondamentale, l'adeguato contemperamento delle due posizioni risulta garantito soltanto qualora la restrizione imposta alla libertà fondamentale per effetto del diritto fondamentale non possa eccedere quanto è idoneo, necessario e congruo ai fini dell'attuazione di quest'ultimo. All'opposto, una restrizione di un diritto fondamentale imposta da una libertà fondamentale non potrà andare oltre quanto è idoneo, necessario e congruo ai fini dell'attuazione di quest'ultima. Per garantire la necessaria certezza del diritto, evitare ambiguità e prevenire la ricerca di soluzioni unilaterali a livello nazionale, è necessario chiarire una serie di aspetti connessi in particolare all'esercizio del diritto di promuovere azioni collettive, compreso il diritto o la libertà di sciopero, e la misura in cui i sindacati possono tutelare e difendere i diritti dei lavoratori in situazioni transfrontaliere.

(14)     Il ruolo da protagoniste delle parti sociali nella risoluzione delle controversie riguardanti le relazioni tra datore di lavoro e lavoratore dipendente è consolidato e va riconosciuto. Inoltre, il ruolo dei meccanismi non giurisdizionali di risoluzione delle controversie, come la mediazione, la conciliazione e/o l'arbitrato, previsti in diversi Stati membri, va riconosciuto e preservato.

(15)     Un meccanismo di notifica e di allerta deve consentire uno scambio di informazioni rapido e adeguato tra gli Stati membri e la Commissione in situazioni che perturbano gravemente il corretto del mercato interno e/o causano gravi perdite ai singoli o alle organizzazioni interessati.

(16)     Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in particolare la libertà di riunione e di associazione (articolo 12), la libertà professionale e il diritto di lavorare (articolo 15), la libertà d'impresa (articolo 16), il diritto di negoziazione e di azioni collettive (articolo 28), condizioni di lavoro giuste ed eque (articolo 31), il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale (articolo 47) e va applicato in conformità a tali diritti e principi,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

Oggetto

1.           Il presente regolamento stabilisce i principi generali e le norme applicabili a livello dell'Unione in materia di esercizio del diritto fondamentale di promuovere azioni collettive nel quadro della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi.

2.           Il presente regolamento non pregiudica in alcun modo l'esercizio dei diritti fondamentali riconosciuti negli Stati membri, compreso il diritto o la libertà di sciopero o di promuovere altre azioni, contemplati dai sistemi di relazioni industriali specifici degli Stati membri, in conformità al diritto e alle prassi nazionali. Non pregiudica neppure il diritto di negoziare, concludere ed eseguire accordi collettivi e di promuovere azioni collettive in conformità al diritto e alle prassi nazionali.

Articolo 2

Principi generali

L'esercizio della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi sancite nel trattato rispetta il diritto fondamentale di promuovere azioni collettive, compreso il diritto o la libertà di sciopero, così come l'esercizio del diritto fondamentale di promuovere azioni collettive, compreso il diritto o la libertà di sciopero, rispetta queste libertà fondamentali.

Articolo 3

Meccanismi di risoluzione delle controversie

1.           Gli Stati membri nei quali, in conformità al diritto, alle tradizioni o alle prassi nazionali, siano previsti meccanismi non giurisdizionali di risoluzione alternativa delle controversie di lavoro, prevedono parità di accesso a tali meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie, laddove tali controversie scaturiscono dall'esercizio del diritto di promuovere azioni collettive, compreso il diritto o la libertà di sciopero, in situazioni transnazionali o a carattere transnazionale nel contesto dell'esercizio della libertà di stabilimento o della libera prestazione dei servizi, compresa l'applicazione della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 1996 relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi[50].

2.           Fatto salvo il paragrafo 1, le parti sociali a livello europeo, agendo nel quadro dei diritti, delle competenze e dei ruoli rispettivi stabiliti nel trattato, possono concludere accordi a livello di Unione o definire orientamenti relativi alle modalità e alle procedure di mediazione, conciliazione o ad altri meccanismi di risoluzione extragiudiziale delle controversie derivanti dall'esercizio effettivo del diritto di promuovere azioni collettive, compreso il diritto o la libertà di sciopero, in situazioni transnazionali o a carattere transnazionale.

3.           Le modalità e le procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie non possono impedire ai soggetti interessati di ricorrere a rimedi giurisdizionali per comporre le controversie o risolvere i conflitti, se i meccanismi di cui al paragrafo 1 non portano a una risoluzione in un tempo ragionevole.

4.           Il ricorso a meccanismi non giurisdizionali di risoluzione alternativa delle controversie non pregiudica il ruolo dei tribunali nazionali nelle controversie di lavoro relative alle situazioni descritte al paragrafo 1, in particolare nel valutare i fatti e nell'interpretare il diritto nazionale e nello stabilire, relativamente al campo di applicazione del presente regolamento, se e in quale misura l'azione collettiva a norma del diritto nazionale e delle norme dei contratti collettivi applicabili vada al di là di quanto è necessario per conseguire gli obiettivi perseguiti, fatti salvi il ruolo e le competenze della Corte di giustizia.

Articolo 4

Meccanismo di allerta

1.           Al manifestarsi di atti o circostanze gravi che incidano sull'esercizio effettivo della libertà di stabilimento o della libera prestazione dei servizi e che potrebbero perturbare gravemente il corretto del mercato interno e/o causare gravi danni al suo sistema di relazioni industriali o dare origine a gravi tensioni sociali sul suo territorio o nel territorio di altri Stati membri, lo Stato membro interessato ne dà immediata comunicazione e notifica allo Stato membro di stabilimento o allo Stato membro di origine del prestatore di servizi e/o agli altri Stati membri interessati e alla Commissione.

2.           Gli Stati membri interessati rispondono il prima possibile alle richieste di informazioni della Commissione e degli altri Stati membri riguardanti la natura dell'ostacolo o della minaccia. Qualsiasi scambio di informazioni tra gli Stati membri è trasmesso anche alla Commissione.

Articolo 5

Entrata in vigore

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 21.3.2012

                                                                       Per il Consiglio

                                                                       Il presidente

[1]               Sentenza dell'11.12.2007, causa C-438/05.

[2]               Sentenza del 18.12.2007, causa C-341/05.

[3]               Punto 44 (Viking Line) e punto 91 (Laval).

[4]               Punto 79 (Viking Line) e punto 105 (Laval).

[5]               Punto 77 (Viking Line) e punto 103 (Laval).

[6]               Relazione sull'azione comune delle parti sociali europee in relazione alle sentenze della Corte di giustizia nelle cause Viking, Laval, Rüffert e Lussemburgo, 19 marzo 2010.

[7]               Ultima parte della prima frase del punto 44 (Viking Line) e punto 91 (Laval).

[8]               Relazione "Una nuova strategia per il mercato unico" al presidente della Commissione, 9 maggio 2010, pag. 68.

[9]               Oltre alle già citate sentenze Viking Line e Laval, si vedano anche le causa Rüffert e Commissione delle Comunità europee contro Granducato di Lussemburgo

[10]             Articolo 9 del TFUE.

[11]             Articolo 6 del TUE.

[12]             Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema "La dimensione sociale del mercato interno" (parere d'iniziativa). Relatore: JANSON, GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 90.

[13]             Quali ad esempio la Carta sociale europea, firmata a Torino il 18 ottobre 1961, cui l'articolo 151 del TFUE fa esplicito riferimento, e la convenzione n. 87 dell'Organizzazione internazionale del lavoro, del 9 luglio 1948, concernente la libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale.

[14]             Come ad esempio la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata dal Consiglio europeo di Strasburgo il 9 dicembre 1989 e citata all'articolo 151 del TFUE.

[15]             GU C 364 del 18.12.2000 , pag. 1.

[16]             Cfr. articolo 6 del trattato sull'Unione europea.

[17]             Attraverso il generale rinvio alla Carta contenuto nell'articolo 6 del TUE, il diritto di negoziazione collettiva viene ora espressamente recepito nel diritto primario (cfr. conclusioni dell'avvocato generale Trstenjak nella causa C-271/08, Commissione europea contro Repubblica federale di Germania, punto 80).

[18]             Sentenza CEDU del 12 novembre 2008, Demir e Baykara c. Turchia, punti 153-154 in combinato disposto con il punto 145.

[19]             Sentenza CEDU del 27 aprile 2010, causa Vördur Olaffson c. Islanda, punti 74 e 75.

[20]             Cfr. ad esempio la sentenza del 21 aprile 2009, causa Enerji Yapi-Yol Sen c. Turchia (68959/01), punto 32.

[21]             Risoluzione del 22 ottobre 2008 sulle sfide per gli accordi collettivi nell'UE [2008/2085(INI)], punti 25 e 30.

[22]             Punto 1; si vedano anche i punti 17 e 31.

[23]             Il testo è stato presentato durante la conferenza di Oviedo del marzo 2010 organizzata dalla presidenza spagnola. Dai dibattiti sono emersi ancora una volta pareri discordi tra i soggetti interessati.

[24]             Parere 2001/C 44/15.

[25]             COM(2010) 608 definitivo/2 dell'11.11.2010.

[26]             COM(2011) 206 definitivo.

[27]             Su un mercato unico per le imprese e la crescita [2010/2277(INI)], sul mercato unico per gli europei [2010/2278(INI)] e sulla governance e il partenariato nel mercato unico [2010/2289(INI)].

[28]             Parere di Federspiel, Siecker e Voles, INT 548 del 15 marzo 2011.

[29]             3094a sessione del Consiglio Competitività del 30 maggio 2011.

[30]             Per maggiori informazioni si vedano gli interventi di rilievo e i documenti correlati all'indirizzo: http://ec.europa.eu/social/main.jsp?langId=en&catId=471&eventsId=347&furtherEvents=yes.

[31]             Forum del mercato unico, Cracovia, 3-4 ottobre 2011, in particolare il paragrafo cinque della dichiarazione e il punto 5 delle conclusioni operative.

[32]             Contratto quadro multiplo VT 2008/87, studio preparatorio per una valutazione dell'impatto riguardante l'eventuale revisione del quadro normativo in materia di distacco dei lavoratori nel contesto dei servizi (VT/2010/126).

[33]             COM(2010) 573 definitivo, pagg. 6-7.

[34]             COM(2010) 573 definitivo.

[35]             Pag. 74 del sopracitato rapporto Monti.

[36]             Regolamento del Consiglio del 7 dicembre 1998 sul funzionamento del mercato interno in relazione alla libera circolazione delle merci tra gli Stati membri (GU L 337 del 12.12.1998, pag. 8).

[37]             Direttiva 2006/123/CE, GU L 376 del 27.12.2006, pag. 36. Cfr. considerando 22 della direttiva 96/71/CE.

[38]             COM(2010) 748 definitivo del 14.12.2010, articolo 85.

[39]             Articolo 1, paragrafo 3, ultima frase, del regolamento (UE) n. 1176/2011, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25).

[40]             Conclusioni dell'avvocato generale Cruz Villalón nella causa C-515/08, dos Santos Palhota et al.., punto 53. Cfr. le sentenze della Corte di giustizia nella causa C-438/05, Viking Line, punto 46, nella causa C-341/05, Laval, punto 94, e nella causa C-271/08, Commissione contro Repubblica federale di Germania, punto 44. Cfr. anche l'intervento al panel del prof. M. Schlachter "Reconciliation between fundamental social rights and economic freedoms" (conciliazione tra diritti sociali fondamentali e libertà economiche) http://ec.europa.eu/social/main.jsp?langId=en&catId=471&eventsId=347&furtherEvents=yes.

[41]             Per ulteriori informazioni si veda la relazione del comitato di esperti dell'OIL su questa causa, disponibile all'indirizzo: http://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---ed_norm/---relconf/documents/meetingdocument/wcms_123424.pdf e "The dramatic implications of Demir and Baykara", K. Ewing e J. Hendy QC, Industrial Law Journal, Vol. 39, n. 1, marzo 2010, pagg. 2-51, in particolare le pagine 44-47.

[42]             Come raccomandato nel rapporto Monti.

[43]             Cfr. le conclusioni dell'avvocato generale Trstenjak nella causa C-271/08, Commissione contro Repubblica federale di Germania, punti 188-190. Si veda anche più in generale C. Barnard, "Proportionality and collective action", ELR 2011.

[44]             Conclusioni dell'avvocato generale Cruz Villalón nella causa C-515/08, dos Santos Palhota et al., punto 53. Cfr. la sentenza della Corte di giustizia del 12.10.2004, causa C-60/03, Wolff & Müller, punto 44.

[45]             Conclusioni dell'avvocato generale Trstenjak nella causa C-271/08, punto 190.

[46]             Cfr. la sentenza dell'11.12.2007, causa C-438/05, Viking Line, punto 80 e seguenti.

[47]             GU C [...] del [...], pag.

[48]             Sentenza CEDU del 12 novembre 2008, causa Demir.

[49]             Sentenza dell'11 dicembre 2007, causa C-438/05, Viking Line, punto 44 e sentenza del 18 dicembre 2007, causa C-341/05, Laval, punto 91.

[50]             GU L 18 del 21.1.1997, pag. 1.