RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO sull'applicazione del regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici /* COM/2012/0212 final */
INDICE 1........... Introduzione................................................................................................................... 3 2........... Campo di applicazione del
regolamento........................................................................... 4 2.1........ Ristorazione collettiva..................................................................................................... 4 2.2........ Tessili e cosmetici........................................................................................................... 5 3........... Divieto dell'uso di OGM nella
produzione biologica......................................................... 6 3.1........ Esperienza generale concernente il
divieto dell'uso di OGM............................................. 7 3.2........ Disponibilità di prodotti non
ottenuti da OGM................................................................. 8 3.3........ La dichiarazione del venditore......................................................................................... 8 3.4........ Fattibilità di specifiche soglie di
tolleranza (per la presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di OGM) e
loro impatto sul settore biologico............................................................................................ 9 4........... Funzionamento del mercato interno e
sistema di controllo............................................... 10 5........... Applicazione del regime di
importazione........................................................................ 11 5.1........ Importazioni in regime di
equivalenza............................................................................. 11 5.1.1..... Riconoscimento dei paesi terzi che
offrono garanzie equivalenti...................................... 11 5.1.2..... Riconoscimento degli organismi e
delle autorità di controllo che offrono garanzie equivalenti 12 5.2........ Importazioni in regime di conformità.............................................................................. 13 5.3........ Certificato di ispezione.................................................................................................. 13 6........... Conclusioni................................................................................................................... 14 ALLEGATO.............................................................................................................................. 16 RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO
EUROPEO E AL CONSIGLIO sull'applicazione del regolamento (CE)
n. 834/2007 del Consiglio relativo alla produzione biologica e
all’etichettatura dei prodotti biologici 1. Introduzione Nel 2009 l'agricoltura biologica occupava,
all'interno dell'Unione europea, una superficie di 8,6 milioni di ettari,
pari al 4,7% della superficie agricola utilizzata dell'UE-27. Nel periodo 2006-2009
essa è cresciuta ad una media annuale del 7,7% nell'UE-15 e del 13% nell'UE-12
(nel 2009 l'81% dell'intera superficie biologica dell'Unione si trovava
nell'UE-15). Nel 2008 l'agricoltura biologica era praticata da 197 000
aziende, pari all'1,4% di tutte le aziende agricole dell'UE-27. Si stima che il
settore biologico rappresentasse nel 2007 il 2% della spesa alimentare globale
nell'UE-15[1]. Il regolamento (CE) n. 834/2007 del
Consiglio[2]
e i relativi regolamenti applicativi (CE) n. 889/2008[3] e (CE) n. 1235/2008[4] della Commissione costituiscono
il quadro normativo che disciplina l'agricoltura e l'alimentazione biologiche a
livello unionale. Già in sede di elaborazione del regolamento
(CE) n. 834/2007 (di seguito denominato "il regolamento"), il
Consiglio aveva sottolineato l'evoluzione dinamica del settore biologico e
auspicato una futura revisione di alcuni aspetti per i quali si riteneva
opportuno tener conto dell’esperienza acquisita attraverso l’applicazione delle
nuove norme. Gli aspetti da rivedere sono specificati nell'articolo 41 del
regolamento: (a)
il campo di applicazione del regolamento stesso, in
particolare per quanto riguarda gli alimenti biologici preparati dalla
ristorazione collettiva; (b)
il divieto di utilizzare gli OGM, compresa la
disponibilità di prodotti non ottenuti da OGM, la dichiarazione del venditore,
la fattibilità di specifiche soglie di tolleranza e il loro impatto sul settore
biologico; (c)
il funzionamento del mercato interno e del sistema
dei controlli, verificando in special modo che le prassi consolidate non diano
luogo a concorrenza sleale o ostacolino la produzione e la commercializzazione
di prodotti biologici. Con la presente relazione la Commissione fa il
punto dell’esperienza acquisita attraverso l’applicazione del regolamento dal 1° gennaio 2009,
data da cui decorre la sua applicazione. La presente relazione si concentra sui tre
principali aspetti sopra menzionati, pur evidenziando anche alcuni altri temi
importanti che sono attualmente in discussione con gli Stati membri e i
soggetti interessati. Per avere un quadro più esatto dell'esperienza
finora acquisita con il regolamento, la Commissione ha fatto pervenire agli
Stati membri e ai soggetti interessati un questionario, distribuendolo a tutti
i membri del gruppo consultivo “agricoltura biologica”. Ventisei Stati membri e
undici soggetti interessati avevano risposto al questionario a marzo 2011. La
presente relazione si basa in gran parte sulle risposte ricevute. 2. Campo di applicazione
del regolamento Il regolamento ha stabilito le basi per
l'adozione di norme di produzione dettagliate in settori non ancora
disciplinati da norme armonizzate[5].
Finora sono state messe a punto e pubblicate modalità di applicazione
concernenti l'acquacoltura biologica, comprese le alghe, e il lievito
biologico. Al momento della stesura della presente relazione erano in corso i
lavori sulla vinificazione biologica e sui mangimi biologici. Per altri
settori, come l'avicoltura e la produzione in serra, le norme di produzione
vigenti non sono ancora state riviste. Il presente capitolo analizza principalmente
l'esperienza in materia di ristorazione collettiva e la possibilità di includere
i tessili e i cosmetici. Non ci soffermeremo in questa sede sulla
certificazione biologica di alcuni prodotti non compresi nell'allegato I
del trattato, ma strettamente collegati a prodotti dell'allegato I o
all'economia rurale, come la cera d'api, gli oli essenziali o il mate, per
quanto la Commissione riconosca l'esigenza di chiarire se tali prodotti possano
essere certificati conformi al regolamento qualora siano stati ottenuti secondo
i requisiti del regolamento stesso. 2.1. Ristorazione
collettiva La preparazione di cibi biologici in
ristoranti, ospedali, mense e altre imprese di ristorazione si diffonde sempre
di più, sia nel settore pubblico sia nel privato. Il settore della ristorazione
abbraccia un'ampia gamma di imprese, dalla trattoria alla grande catena di
ristorazione. Al momento dell'elaborazione del regolamento
si considerava prematuro includervi il settore della ristorazione ed era
ritenuto sufficiente tutelare i termini riferiti al metodo di produzione
biologico. Comunque sia, il settore della ristorazione collettiva è già
soggetto alle norme dell'UE in materia di igiene e di etichettatura degli
alimenti, secondo le quali le etichette che si riferiscono al metodo di
produzione non devono essere utilizzate in modo tale da indurre in errore l'acquirente[6]. Ad oggi, sette Stati membri hanno adottato
norme nazionali, mentre in altri dieci vengono applicati standard privati. Le
norme vigenti prevedono la certificazione di ingredienti, pietanze, menù o
esercizi di ristorazione completi. Gli Stati membri che hanno predisposto
sistemi di controllo efficaci non segnalano particolari difficoltà. Diversi
Stati membri hanno riferito di avere in progetto una regolamentazione della
ristorazione collettiva a livello nazionale o regionale. La maggioranza degli Stati membri è del parere
che il regolamento UE sulla produzione biologica non debba applicarsi, nel
breve termine, agli esercizi di ristorazione collettiva, non solo per il
rischio di accresciuta complessità, ma anche in considerazione della limitata incidenza
sul commercio, dato che questi esercizi operano per lo più su scala locale. La
Commissione ne conclude che non sia per ora necessario includere gli esercizi
di ristorazione collettiva nel regolamento, ma seguirà attentamente
l'evoluzione del settore. 2.2. Tessili
e cosmetici Il mercato dei tessili e dei cosmetici facenti
riferimento alla produzione biologica è cresciuto notevolmente negli ultimi
anni. Per questi prodotti sono stati creati regimi di certificazione privati.
Queste due categorie merceologiche non rientrano tuttavia nel quadro normativo
dell'UE per il biologico, il quale è limitato ad una serie di prodotti agricoli[7] (in particolare i prodotti
agricoli non trasformati o i prodotti agricoli trasformati destinati ad essere
utilizzati come alimenti). Pur essendo ampiamente riconosciuto che i tessili e
i cosmetici costituiscono entrambi un valido sbocco per le materie prime di
produzione biologica, è sorto un dibattito all'interno del settore biologico
sul rischio che un riferimento alla produzione biologica per prodotti agricoli
non contemplati dal vigente regolamento possa nuocere alla credibilità del
termine "biologico" quale applicato ai prodotti alimentari. Va
inoltre ricordato che il regolamento dovrebbe essere sostanzialmente modificato
per poter accogliere sistematicamente prodotti non agricoli. La normativa dell'Unione sui tessili
verte sui nomi delle fibre e sull'etichettatura, piuttosto che sui metodi di
produzione[8].
È stata recentemente rivista[9]
allo scopo di semplificare e migliorare il quadro legislativo in questo
settore. Nel contesto del marchio di qualità ecologica dell'Unione europea
(Ecolabel UE)[10]
sono stati stabiliti criteri per i prodotti tessili[11]. Per il cotone, ad esempio, il
regime autorizza l'uso della denominazione "cotone biologico" se il
prodotto è composto per il 95% di cotone biologico. Molti cosmetici contengono materie
prime di origine agricola, come oli ed estratti vegetali. La normativa
dell'Unione sui cosmetici disciplina le dichiarazioni relative ai prodotti[12]. Sono in via di elaborazione
criteri comuni per le dichiarazioni di ogni tipo che vengono utilizzate
riguardo ai prodotti cosmetici, comprese le diciture "naturale" e
"biologico"[13]. La Commissione ritiene che valga la pena
esplorare le possibilità offerte dalla legislazione unionale per estendere ai
tessili e ai cosmetici la protezione dell'uso del termine
"biologico". 3. Divieto dell'uso di
OGM nella produzione biologica Uno dei principi generali della produzione
biologica enunciati nel regolamento è il divieto di utilizzare: –
organismi geneticamente modificati (OGM)[14], –
prodotti derivati da OGM[15], nonché –
prodotti ottenuti da OGM[16]. Questi prodotti sono considerati incompatibili
con il concetto stesso di produzione biologica e con la percezione che ne hanno
i consumatori. In pratica ciò significa che gli OGM e i
prodotti derivati o ottenuti da OGM non vanno usati nella produzione biologica
come alimenti, mangimi, ausiliari di fabbricazione, prodotti fitosanitari,
concimi, ammendanti, sementi, materiale di moltiplicazione vegetativa,
microrganismi e animali. Un'unica eccezione è ammessa per i medicinali
veterinari (vaccini e altri). Tuttavia, dato che i sistemi biologici non
sono isolati dalla catena di produzione generale, la presenza accidentale, in
quantità trascurabili, di colture geneticamente modificate in sistemi agricoli
non transgenici non può essere completamente evitata nelle fasi di
coltivazione, raccolta, trasporto, magazzinaggio e trasformazione. Possibili
fonti di commistione con gli OGM sono le impurezze nelle sementi,
l'impollinazione incrociata, le piante spontanee e le pratiche di raccolta e
stoccaggio. Un'altra fonte potenziale è costituita dagli additivi alimentari e
per mangimi, generalmente derivati od ottenuti da OGM. Il previgente regolamento (CEE) n. 2092/91[17] imponeva gli stessi divieti
sugli OGM ma non contemplava la presenza non intenzionale di tracce di OGM. In
mancanza di norme specifiche, le disposizioni orizzontali del regolamento
relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati[18] si applicavano parimenti ai
prodotti usati nell'agricoltura biologica. Detto regolamento stabilisce una
soglia generale di etichettatura dello 0,9% per la presenza accidentale o
tecnicamente inevitabile di OGM o di prodotti derivati da OGM[19]. In tal senso, il regolamento chiarisce che si
applicano le norme generali sulla presenza inevitabile di OGM, oltre ad
introdurre, nell'articolo 9, paragrafo 3, specifiche disposizioni
sulla responsabilità che incombe all'operatore biologico di evitare la presenza
di OGM nei prodotti biologici. I principi guida sono: limitare per quanto
possibile la presenza accidentale di OGM nei prodotti biologici, come disposto
nel considerando 10, e, nel contempo, evitare agli operatori biologici
inutili vincoli e oneri supplementari. 3.1. Esperienza
generale concernente il divieto dell'uso di OGM Dal questionario sopra citato emerge che gli
Stati membri non hanno avuto particolari problemi in sede di supervisione del
sistema di controllo relativo al divieto dell'uso di OGM. Nondimeno, i mangimi
vengono identificati come prodotto a rischio per la presenza accidentale di
OGM. Sono state riscontrate esigue tracce di OGM autorizzati, inferiori allo 0,1%,
nella soia e nel granturco. Gli operatori si adoperano con il massimo impegno,
anche attraverso iniziative comuni, per mantenere le colture biologiche esenti
da ogni presenza accidentale di OGM, sopportando il costo di tali azioni
preventive. In alcuni Stati membri sono stati messi a
punto specifici strumenti di analisi e gestione del rischio, improntati a un
approccio sistematico che consente di determinare in quali casi procedere a
campionamenti e ispezioni supplementari. La Commissione intende monitorare
l'evoluzione di tali strumenti e, se del caso, proporli per un'applicazione su
scala europea. In materia di coesistenza, la relazione della
Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 2009 sulla coesistenza tra
colture transgeniche, convenzionali e biologiche[20] ha concluso che le colture
transgeniche non hanno provocato danni dimostrabili alle colture non
transgeniche esistenti. Inoltre, il 13 luglio 2010 la Commissione ha
emesso una raccomandazione[21]
recante linee guida per l'elaborazione di misure nazionali di coesistenza
intese a evitare la presenza non intenzionale di OGM nelle colture
convenzionali e biologiche, nella quale si ammette che la presenza di tracce di
OGM a livelli persino inferiori alla soglia di etichettatura dello 0,9%
prescritta dalla normativa dell'UE può arrecare una perdita di reddito
potenziale ai produttori di particolari prodotti agricoli, come i prodotti
biologici. La raccomandazione riconosce altresì che la commistione con gli OGM
ha implicazioni specifiche per i produttori di particolari prodotti agricoli
come i prodotti biologici, che si ripercuotono anche sul consumatore finale, in
quanto tali produzioni sono spesso più costose, richiedendo misure di
separazione più rigorose per evitare la presenza di OGM, in modo da garantire
la relativa maggiorazione di prezzo. Nello stesso contesto, la Commissione
ha presentato al Parlamento europeo e al Consiglio una proposta di regolamento
che, una volta adottata, consentirà agli Stati membri di limitare o vietare la
coltivazione di OGM sul proprio territorio[22]. Una recente interpretazione del regolamento
(CE) n. 1829/2003 relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente
modificati, resa dalla Corte di giustizia dell'Unione europea nelle cause
congiunte C-58/10 – C-68 Monsanto, ha indicato che, ai fini dell'adozione di
misure di salvaguardia da parte di uno Stato membro, soltanto l'articolo 34
di detto regolamento è applicabile ai prodotti esistenti, precedentemente
autorizzati a norma della direttiva 2001/18/CE. Un'altra interpretazione del
regolamento (CE) n. 1829/2003 resa dalla Corte di giustizia dell'Unione
europea (causa 442-09) riguarda il polline geneticamente modificato nel
miele. La Commissione, d'intesa con gli Stati membri, sta valutando tali
pronunce e le relative implicazioni, anche dal punto di vista della
coesistenza. 3.2. Disponibilità
di prodotti non ottenuti da OGM Le vitamine, gli enzimi e gli aminoacidi usati
per la trasformazione degli alimenti vengono ottenuti molto spesso da
microrganismi geneticamente modificati e quindi non possono essere utilizzati
nella produzione biologica. Il regolamento ha previsto, tra le norme di
produzione eccezionali, la possibilità che la Commissione accordi eccezioni al
divieto di usare prodotti ottenuti da OGM ove sia necessario usare additivi per
alimenti o per mangimi e altre sostanze che non siano disponibili sul mercato
se non ottenuti da OGM. Fino ad oggi la Commissione non ha accordato simili
eccezioni. Tuttavia, viene regolarmente riferito che
talune sostanze come le vitamine B2 (riboflavina) e B12 (cobalamina) nonché gli
enzimi chimosina (per la caseificazione) e fitasi (per i mangimi) sono
disponibili solo ottenute da OGM. Pertanto la Commissione intende monitorare
attentamente la situazione e proporre, se necessario, opportuni interventi. 3.3. La
dichiarazione del venditore Quando acquistano i fattori di produzione da
immettere nel processo produttivo, gli operatori biologici devono accertarsi
che questi non siano OGM né prodotti ottenuti o derivati da OGM. Il regolamento
dispone, all'articolo 9, paragrafo 2, che gli operatori possano fare
affidamento sull’etichetta o qualsiasi altro documento che accompagna un
prodotto e che sia apposto o fornito ai sensi della direttiva 2001/18/CE[23], del regolamento (CE) n. 1829/2003[24] o del regolamento (CE)
n. 1830/2003[25],
a meno che non siano venuti in possesso di informazioni secondo le quali
l’etichettatura dei prodotti in questione non è conforme ai suddetti
regolamenti, ad esempio qualora sia superata la soglia di etichettatura dello 0,9%
per la presenza accidentale di OGM. I prodotti ottenuti o derivati da OGM, diversi
da alimenti o mangimi, non rientrano nel campo di applicazione della
legislazione sugli OGM e pertanto non sono soggetti ad alcun obbligo di
etichettatura e di tracciabilità. Per questo motivo, ai sensi
dell'articolo 9, paragrafo 3, del regolamento, l'operatore deve
chiedere in tal caso al fornitore dei prodotti in questione di rilasciargli una
conferma o dichiarazione[26]
scritta e firmata, nella quale il venditore dichiara che il prodotto non è né
ottenuto né derivato da OGM. La dichiarazione del venditore rappresenta un
impegno avente valore giuridico vincolante per il fornitore dei prodotti.
Tuttavia i soggetti interessati riferiscono che molte ditte non comprendono
pienamente la funzione di questo documento e talvolta rifiutano di firmarlo o,
al contrario, lo rilasciano con eccessiva leggerezza. Alcuni Stati membri
rilevano anche la difficoltà di verificare l'attendibilità della dichiarazione,
dovuta a vincoli tecnici e analitici. La Commissione constata pertanto che esistono
problemi quanto all'affidabilità e all'efficacia della dichiarazione del
venditore e che occorre approfondire questi aspetti. 3.4. Fattibilità
di specifiche soglie di tolleranza (per la presenza accidentale o tecnicamente
inevitabile di OGM) e loro impatto sul settore biologico Nelle risposte al questionario summenzionato,
quasi tutti gli Stati membri e la maggioranza dei soggetti interessati
ritengono che l'attuale quadro legislativo offra sufficienti garanzie riguardo
al divieto dell'uso di OGM nella produzione biologica, in quanto assicura che i
prodotti commercializzati senza riferimento agli OGM in etichetta contengono
solo tracce accidentali e inevitabili inferiori allo 0,9%. Alcuni Stati membri,
riferendosi al livello di rilevabilità, preferiscono una soglia specifica per i
prodotti utilizzati nella produzione biologica, con un limite di
quantificazione[27]
oscillante dallo 0,1% allo 0,3%. In circa cinque Stati membri vigono regimi di
certificazione privati che certificano la presenza accidentale o tecnicamente
inevitabile di OGM nei prodotti biologici al di sotto del livello generale
dello 0,9%. Nell'ambito di tali regimi, i controlli si focalizzano
particolarmente su soia, granturco, colza, riso e canapa. Si può concludere che la maggioranza dei
pareri è favorevole al mantenimento della stessa soglia dello 0,9% per la
presenza accidentale di OGM nei prodotti biologici. L'introduzione di una
soglia specifica accrescerebbe la complessità e l'onere a carico di produttori
e consumatori. 4. Funzionamento del
mercato interno e sistema di controllo Un nuovo elemento del regolamento che potrebbe
influire sul funzionamento del mercato interno è l'obbligo di usare il logo UE
su tutti i prodotti biologici[28]
ottenuti nell'Unione europea a decorrere dal 1° luglio 2010, con un
periodo di transizione che termina il 30 giugno 2012. Benché sia
giusto riconoscere che la sua introduzione ha avuto ricadute positive,
conferendo sempre maggiore visibilità ad un'ampia gamma di prodotti, non è
tuttavia possibile valutarne l'impatto allo stadio attuale. Gli Stati membri affermano che il sistema di
controllo, quale applicato nel 2009 e 2010, non ostacola il buon funzionamento
del mercato interno nel comparto biologico. Diversi Stati membri e soggetti
interessati osservano peraltro che le differenze a livello di lettura e
d'interpretazione della legislazione unionale indicano la necessità di
armonizzare – e talora di semplificare – l'effettiva applicazione della
normativa sul biologico all'interno dell'Unione. Nel 2010 operavano
nell'insieme dell'UE ben 199 autorità e organismi di controllo preposti al
sistema di controllo dell'agricoltura biologica. A fini di maggiore trasparenza, la Commissione
ha adottato il regolamento (UE) n. 426/2011[29] che prescrive agli Stati
membri di compilare e pubblicare, dal 1° gennaio 2013, un elenco
aggiornato degli operatori biologici. Riguardo a infrazioni e irregolarità,
benché i provvedimenti adottati dagli Stati membri siano generalmente adeguati,
secondo la Commissione si potrebbe ancora migliorare lo scambio di informazioni
in materia, soprattutto dal punto di vista della tempestività e della
completezza delle comunicazioni. La certificazione di gruppo per i piccoli
produttori biologici che operano in stretta cooperazione tra loro all'interno
dell'Unione ha suscitato l'interesse degli Stati membri e dei soggetti
interessati, in quanto agevola la commercializzazione dei loro prodotti. Tutti
coloro che hanno risposto al questionario sottolineano peraltro la necessità di
far sì che questo sistema sia atto a salvaguardare o a migliorare l'affidabilità
e l'efficienza dei controlli. La Commissione riconosce che il sistema di
controllo può essere ulteriormente migliorato e continuerà ad adoperarsi in tal
senso con gli Stati membri. Per orientare i lavori in questa materia, la
Commissione si baserà anche sui risultati di un recente audit concernente la
produzione biologica e l'etichettatura dei prodotti biologici, effettuato dalla
Corte dei conti e la cui relazione verrà pubblicata probabilmente ai primi del 2012.
I servizi della Commissione e gli Stati membri stanno mettendo a punto una
posizione comune sull'insieme degli elementi del sistema di controllo, in
particolare sulla correlazione tra la legislazione specifica in materia di
agricoltura biologica e la legislazione generale sui controlli ufficiali
relativi ai mangimi e agli alimenti di cui al regolamento (CE) n. 882/2004[30], nonché una più attiva
supervisione delle autorità competenti, sia negli Stati membri sia nei paesi
terzi riconosciuti, anche attraverso verifiche effettuate dall'Ufficio
alimentare e veterinario. La Commissione non esiterà ad avviare procedure
d'infrazione ogniqualvolta constati che i sistemi di controllo non sono
conformi alla legislazione dell'UE. 5. Applicazione del
regime di importazione Primo mercato mondiale dei prodotti biologici
al pari degli USA, l'Unione europea rappresenta uno sbocco attraente per le
esportazioni da molti paesi terzi, che raggiungono complessivamente il 95%
delle vendite mondiali di prodotti biologici. Il regolamento contiene
disposizioni e procedure armonizzate per l'importazione di prodotti biologici
sul mercato dell'UE, prevedendo a tal fine due possibilità: conformità del
prodotto importato con la legislazione dell'UE sulla produzione biologica,
oppure equivalenza delle norme di produzione e dei sistemi di controllo
applicati nel paese esportatore con quelli vigenti nell'UE. Al di fuori di questo regime d'importazione, i
prodotti biologici equivalenti possono essere importati nell'Unione anche
mediante autorizzazioni di importazione[31]
concesse dalle autorità degli Stati membri per ogni singola spedizione e per un
tempo limitato. Questa possibilità è transitoria e verrà abolita
progressivamente[32]. 5.1. Importazioni
in regime di equivalenza Con il termine “equivalente”, nella
descrizione di sistemi o misure differenti, si intende atto a realizzare gli
stessi obiettivi e rispondente agli stessi principi applicando norme che
assicurano lo stesso livello di garanzia di conformità[33]. Gli accordi sull'equivalenza,
caldeggiati dall'Organizzazione Mondiale del Commercio, possono incoraggiare
l'adozione di norme e controlli adatti alle condizioni locali. Le apposite linee guida del Codex alimentarius[34] sugli alimenti biologici
costituiscono la base di riferimento internazionale intesa a favorire
l'armonizzazione delle prescrizioni relative ai prodotti biologici a livello
mondiale. 5.1.1. Riconoscimento
dei paesi terzi che offrono garanzie equivalenti Al momento della stesura della presente
relazione, undici paesi figuravano nell'elenco dei paesi terzi riconosciuti ed
erano in corso altre diciassette domande di riconoscimento. La procedura di
riconoscimento viene attivata da una domanda ufficiale presentata dalle
autorità nazionali alla Commissione e prosegue con una valutazione approfondita
delle norme di produzione biologica e del sistema di controllo del paese terzo,
volta a determinare se siano equivalenti a quelli dell'UE. Tale valutazione
richiede ingenti risorse. Sono ammesse lievi differenze, ma se le norme sono
troppo divergenti vengono imposte restrizioni all'importazione. Occorre
dimostrare che le misure di controllo sono altrettanto efficaci che all'interno
dell'UE. La Commissione procede anche a verifiche in loco e riesamina
periodicamente l'elenco dei paesi terzi riconosciuti. Secondo la Commissione, una volta ultimata con
esito positivo la valutazione iniziale, l'elenco dei paesi terzi riconosciuti
rappresenta il metodo più stabile e affidabile in materia di importazione di
prodotti biologici, incoraggiando altresì i paesi in via di sviluppo a elaborare
le proprie norme e a istituire i propri sistemi di controllo. La Commissione
intende portare avanti l'esame delle domande pendenti ed eventualmente di
quelle nuove, allo scopo di promuovere il concetto di equivalenza a livello
mondiale. Tuttavia, se si considera il tempo impiegato
per valutare le domande presentate finora, ci si rende conto che si tratta di
un'operazione complessa, che richiede grande competenza tecnica. Certo, la
Commissione può avvalersi della collaborazione dello Stato membro co-relatore
per effettuare le valutazioni e le ispezioni in loco, ma chiaramente ciò non
basta a far fronte al fabbisogno di risorse necessarie per portare a termine
l'intera procedura e in seguito per continuare a monitorare l'elenco. La
Commissione esaminerà come snellire ulteriormente la procedura, proponendo
eventualmente di semplificarla e di rafforzare la supervisione. Nel frattempo
la Commissione sta facendo il possibile per trattare le domande pendenti. Va
segnalato che le importazioni dai paesi terzi interessati non risultano affatto
compromesse, in quanto per il momento si svolgono tramite autorizzazioni di
importazione concesse dagli Stati membri (vedi sopra) e in futuro saranno rese
possibili dal riconoscimento di organismi e autorità di controllo nei paesi
terzi, come illustrato in prosieguo. 5.1.2. Riconoscimento
degli organismi e delle autorità di controllo che offrono garanzie equivalenti Per quanto riguarda le importazioni di
prodotti biologici da paesi terzi che non sono riconosciuti, la Commissione ha
avviato la procedura per il riconoscimento dell'equivalenza degli organismi di
controllo con lo spoglio delle domande presentate a partire dal 2008. Entro il
termine iniziale del 31 ottobre 2009 la Commissione ha ricevuto 73
domande provenienti da organismi e autorità di controllo di ogni parte del
mondo. Dopo aver valutato i fascicoli tecnici trasmessi dai richiedenti, nella
maggior parte dei casi ha dovuto chiedere informazioni aggiuntive, il che ha
allungato i tempi della procedura. Il primo elenco di organismi di controllo
riconosciuti adottato dalla Commissione[35]
si applicherà a decorrere dal 1° luglio 2012 e verrà regolarmente
aggiornato. Secondo la Commissione, anche l'elenco delle
autorità e degli organismi di controllo può rappresentare un approccio
affidabile alle importazioni, sempre che venga predisposta un'adeguata
supervisione a garanzia del corretto funzionamento del regime. In particolare,
visto che alle autorità competenti degli Stati membri incombe la responsabilità
di controllare tutti i prodotti biologici importati sin dalla loro immissione
in libera pratica nel territorio dell'Unione, sarà indispensabile che la
Commissione reagisca tempestivamente ad eventuali carenze di funzionamento
degli organismi di controllo riconosciuti e proceda alla loro radiazione
dall'elenco qualora non rispondano più ai requisiti prescritti. Al momento è prematuro trarre conclusioni,
trattandosi di un nuovo regime che non è ancora entrato in funzione. Nondimeno,
dall'esperienza acquisita nell'applicazione del regolamento si può dedurre che
l'attuazione di questa componente del regime di importazione e l'esercizio di
un'adeguata supervisione imporranno alla Commissione un notevole carico di
lavoro supplementare. Quanto alla supervisione del regime di
importazione in generale, si dovrebbe esplorare la possibilità che la
Commissione applichi misure precauzionali per contrastare più efficacemente i
rischi noti o emergenti, tenendo conto delle misure previste dal regolamento
stesso e da altre norme di diritto europeo applicabili ai controlli[36]. 5.2. Importazioni
in regime di conformità Nel regime di conformità, l'operatore extra-UE
deve ottemperare a tutte le prescrizioni della legislazione unionale, comprese
tutte le norme attuative in materia di produzione e di etichettatura.
Contrariamente al regime di equivalenza, le norme applicate devono essere
identiche, e non semplicemente equivalenti, a quelle vigenti nell'UE.
L'operatore deve sottoporsi a controlli da parte di un organismo o un'autorità
di controllo riconosciuti dalla Commissione ai fini della conformità. Il regime di conformità non è stato ancora
attivato. La Commissione ha fissato al 31 ottobre 2014 il termine per
l'inoltro delle prime domande da parte delle autorità e degli organismi di
controllo, lasciando così al regime di equivalenza il tempo di svilupparsi. Alla luce dell'esperienza finora acquisita,
sembra dubbio che il regime di conformità possa offrire un migliore accesso al
mercato dell'Unione e maggiori vantaggi ai partner commerciali dell'UE, di quanto
già offra il regime di equivalenza. Non recherà neanche sostanziali benefici ai
consumatori riguardo ai rispettivi prodotti biologici importati, che non sono
distinguibili sul mercato. Per di più, il regime comporterà un onere
amministrativo supplementare paragonabile a quello del regime di equivalenza,
senza apportare ulteriori vantaggi. Pertanto, la Commissione preferisce
focalizzarsi sul regime di equivalenza più che su quello di conformità, la cui
utilità ed efficienza dovranno essere rivalutate insieme ai partner commerciali
alla luce delle tendenze attuali e future degli scambi di prodotti biologici. 5.3. Certificato
di ispezione L'immissione in libera pratica nell'UE di una
spedizione di prodotti biologici in regime di equivalenza è subordinata alla
presentazione di un certificato di ispezione originale rilasciato da un
organismo o un'autorità di controllo sottoposti alla supervisione di un paese
terzo riconosciuto o della Commissione, oppure dell'autorità competente di uno
Stato membro (nel regime delle autorizzazioni d'importazione). All'importazione
nel territorio dell'UE, la spedizione è controllata a riscontro dei dati che
figurano nel certificato d'ispezione, verificando in particolare le marcature e
i numeri delle partite che identificano i prodotti biologici, e il certificato
è vistato dalle autorità doganali. Il certificato di ispezione costituisce
quindi un elemento chiave per la tracciabilità di ciascuna partita di prodotti
biologici dal paese terzo produttore fino all'importatore nell'UE, consentendo
di rintracciare anche l'ulteriore distribuzione del prodotto sul mercato
dell'UE nel caso in cui si renda necessario ritirare il prodotto dal mercato. Gli operatori giudicano pesante l'obbligo di
presentare l'originale del certificato d'ispezione, a causa dei possibili
ritardi dovuti al dispendio di tempo richiesto per l'invio del certificato
originale, e auspicano che sia ammessa la possibilità di trasmettere il
certificato per via elettronica. Alcuni Stati membri che sdoganano un'alta percentuale
delle importazioni in arrivo nell'Unione europea hanno manifestato interesse ad
esaminare la possibilità di far pervenire alle autorità nazionali e alla
Commissione i certificati elettronici attraverso una banca dati protetta a fini
di controllo, sdoganamento e supervisione. La Commissione intende esaminare la
fattibilità di un simile sistema, che consentirebbe agli operatori uno
sdoganamento più rapido della merce e fornirebbe alla Commissione i dati
essenziali sulle operazioni di importazione a fini di supervisione degli
organismi di controllo nei paesi terzi. Non meno importante è il fatto che tale
sistema favorirebbe una pronta risposta da parte degli Stati membri in caso di
infrazione, consentendo di bloccare i prodotti non conformi. 6. Conclusioni La presente relazione ha passato in rassegna
la modesta esperienza maturata dal 2009 nell'applicazione del regolamento,
dalla quale la Commissione trae le seguenti conclusioni. (a)
Non sussiste attualmente alcuna necessità obiettiva
di estendere il campo d'applicazione del regolamento alla ristorazione
collettiva. Quanto all'etichettatura biologica dei tessili e dei cosmetici, si
potrebbe forse garantire un'adeguata tutela degli interessi dei produttori e
dei consumatori attraverso altri strumenti. È preferibile approfondire gli
aspetti normativi e di controllo inerenti ai prodotti agricoli, piuttosto che
estendere il campo d'applicazione ad altri prodotti e settori. (b)
Anche se il divieto dell'uso di OGM nella
produzione biologica viene correttamente rispettato, occorre riesaminare la
dichiarazione del venditore e monitorare la disponibilità di taluni prodotti in
versione non transgenica. Le misure preventive e gli interventi armonizzati
sono da preferirsi ad una soglia specifica di OGM per i prodotti biologici, che
non sembra giustificata allo stato attuale. In merito alla coesistenza, il 13 luglio 2010
sono stati impartiti ulteriori orientamenti agli Stati membri con una
raccomandazione della Commissione recante linee guida per l'elaborazione di
misure nazionali di coesistenza intese a evitare la presenza non intenzionale
di OGM nelle colture convenzionali e biologiche. Occorre tuttavia analizzare i
recenti sviluppi in materia. (c)
Il sistema di controllo si è rivelato, nella
maggior parte dei casi, adatto al funzionamento del mercato interno, anche se
la sua applicazione presenta ancora qualche lacuna. Per renderlo più efficace
necessitano ulteriori interventi. Inoltre, nonostante i progressi compiuti
nell'attuazione del nuovo regime d'importazione basato sull'equivalenza, è
auspicabile snellirlo in una certa misura, mentre appare discutibile l'utilità
di attivare il regime basato sulla conformità. La Commissione ritiene prematuro corredare la
presente relazione di proposte intese a modificare il regolamento, tanto più
che la relativa proposta di allineamento al trattato di Lisbona[37] è tuttora in discussione in
sede di Parlamento e di Consiglio. Con la presente relazione, la Commissione si
propone di fornire elementi fattuali che possano stimolare un dibattito
costruttivo intorno al regolamento sull'agricoltura biologica. Sulla scorta di
tale dibattito, la Commissione presenterà eventualmente proposte legislative in
una fase ulteriore. Per rendere il dibattito il più possibile
costruttivo e incoraggiare la partecipazione dei cittadini, la Commissione
ritiene essenziali, nella prospettiva di future riflessioni sull'agricoltura
biologica, tematiche quali la semplificazione del quadro legislativo – che non
deve peraltro attenuare l'efficacia delle norme vigenti –, la coesistenza, in
particolare tra colture transgeniche e biologiche, il miglioramento del sistema
di controllo e del regime di equivalenza negli scambi di prodotti biologici. La Commissione invita il Parlamento europeo e
il Consiglio a discutere i temi esposti nella presente relazione e auspica un
riscontro anche da parte di altri soggetti interessati. ALLEGATO Spunti per un dibattito sulla relazione della
Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione del
regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio relativo alla produzione
biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici 1. Sarebbe possibile
semplificare il quadro legislativo, e in che modo, senza peraltro attenuare
l'efficacia delle norme vigenti? 2. Quali misure si dovrebbero
adottare per far sì che la coesistenza sia rispettata e che ogni agricoltore
che opti per il settore biologico possa adempiere alle relative norme di
produzione? 3. Si avverte la necessità di
rivedere le attuali norme di produzione e renderle più severe, ad esempio in ordine
alla disponibilità di giovani animali, mangimi, sementi e altri fattori di
produzione biologica? In caso di risposta affermativa, cosa proporre agli
agricoltori o alle regioni che non siano in grado di adempiere a questi nuovi
requisiti? La flessibilità a livello regionale sarebbe compatibile con eque
condizioni di concorrenza? I controlli sarebbero attuabili? 4. Il sistema di controllo
prevede ispezioni fisiche presso ognuno degli operatori della filiera
alimentare almeno una volta l'anno. Gli operatori devono essere accreditati da
certificatori indipendenti. In che modo si potrebbe migliorare il sistema di
controllo? 5. In linea con il Piano
d’azione europeo[38],
la Commissione ha promosso l'equivalenza negli scambi di prodotti biologici,
riconoscendo i paesi terzi o gli organismi di controllo. L'equivalenza deve
rimanere l'unica impostazione del commercio di prodotti biologici? In questi
ultimi anni la Commissione ha ottenuto anche il riconoscimento reciproco da
parte di paesi terzi riconosciuti equivalenti dall'UE. Sarebbe auspicabile
insistere su questo approccio per meglio difendere gli interessi dell'UE sui
mercati d'esportazione? [1] Per ulteriori dati e informazioni fattuali
sull'agricoltura biologica, vedasi la pubblicazione della Commissione
"Un'analisi del settore biologico nell'UE" del 2010: http://ec.europa.eu/agriculture/organic/files/eu-policy/data-statistics/facts_en.pdf [2] Regolamento
(CE) n. 834/2007 del Consiglio, del 28 giugno 2007, relativo
alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che
abroga il regolamento (CEE) n. 2092/91(GU L 189 del 20.7.2007,
pag. 1). [3] Regolamento
(CE) n. 889/2008 della Commissione, del 5 settembre 2008,
recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 834/2007 del
Consiglio relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti
biologici, per quanto riguarda la produzione biologica, l'etichettatura e i
controlli (GU L 250 del 18.9.2008, pag. 1). [4] Regolamento
(CE) n. 1235/2008 della Commissione, dell’8 dicembre 2008,
recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 834/2007 del
Consiglio per quanto riguarda il regime di importazione di prodotti biologici
dai paesi terzi (GU L 334 del 12.12.2008, pag. 25). [5] Come
il vino biologico, l'acquacoltura biologica (comprese le alghe), il lievito
biologico. [6] Direttiva
2000/13/CE. [7] Elencati
all'articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 834/2007
del Consiglio, del 28 giugno 2007, relativo alla produzione biologica e
all’etichettatura dei prodotti biologici (GU L 189 del 20.7.2007,
pag. 1). [8] Direttiva
2008/121/CE. [9] Regolamento
(UE) n. 1007/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre
2011, relativo alle denominazioni delle fibre tessili e all'etichettatura e al
contrassegno della composizione fibrosa dei prodotti tessili. [10] Regolamento
(CE) n. 66/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009,
relativo al marchio di qualità ecologica dell'Unione europea (Ecolabel UE). [11] Decisione
della Commissione del 9 luglio 2009 (2009/567/CE). [12] Articolo
20 del regolamento (CE) n. 1223/2009 del Consiglio (GU L 342 del 22.12.2009). [13] ISO/NP
16128. [14] La
definizione di "organismo geneticamente modificato" (OGM) si trova
nella direttiva 2001/18/CE. Esempi: piante e sementi
di soia e granturco geneticamente modificati. [15] "Derivato
da OGM": derivato interamente o parzialmente da OGM, ma non contenente OGM
o da essi costituito (articolo 2, lettera u). Esempi: olio, amido o
proteine ricavati da soia o granturco geneticamente modificati, non contenenti
ADN geneticamente modificato. [16] "Ottenuto
da OGM": derivato mediante l’uso di un OGM come ultimo organismo vivente
nel processo di produzione, ma non contenente OGM o da essi costituito né
derivato da OGM (articolo 2, lettera v). Esempi: additivi
alimentari e per mangimi (per lo più vitamine e aminoacidi) e ausiliari di
fabbricazione (principalmente enzimi) prodotti da microrganismi geneticamente
modificati (quali batteri e funghi). [17] Regolamento
(CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991, relativo al metodo di
produzione biologico di prodotti agricoli e all'indicazione di tale metodo sui
prodotti agricoli e sulle derrate alimentari. [18] Regolamento
(CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003,
relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati (GU L 268 del
18.10.2003, pag. 1, articolo 12, paragrafo 2). [19] Non
è definita alcuna soglia per le sementi. [20] COM(2009) 153
definitivo del 2.4.2009 – Relazione della Commissione al Consiglio e al
Parlamento Europeo sulla coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e
biologiche. http://ec.europa.eu/agriculture/gmo/coexistence/index_en.htm [21] Raccomandazione
2010/C/200/01 della Commissione (GU C 200 del 22.7.2010, pag.1). http://ecob.jrc.ec.europa.eu/documents/CoexRecommendation.pdf [22] COM
(2010) 375 definitivo del 13.7.2010 – Proposta di regolamento del
Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/18/CE per
quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la
coltivazione di OGM sul loro territorio. [23] Direttiva
2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001,
sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e
che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio - Dichiarazione della
Commissione (GU L 106 del 17.4.2001, pag. 1). [24] Regolamento
(CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003,
relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati (GU L 268 del
18.10.2003, pag. 1). [25] Regolamento
(CE) n. 1830/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003,
concernente la tracciabilità e l'etichettatura di organismi geneticamente
modificati e la tracciabilità di alimenti e mangimi ottenuti da organismi
geneticamente modificati, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CE
(GU L 268 del 18.10.2003, pag. 24). [26] Il
modello della dichiarazione del venditore è menzionato all'articolo 69 del
regolamento (CE) n. 889/2008 e riportato nell'allegato XIII dello
stesso regolamento. [27] Il
livello inferiore al quale può essere attendibilmente quantificata la presenza
di OGM corrisponde attualmente allo 0,1%. [28] Introdotto
dal regolamento (UE) n. 271/2010 della Commissione (GU L 84 del 31.3.2010). [29] GU
L 113 del 3.5.2011, pag. 1. [30] Regolamento
(CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004,
relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla
normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul
benessere degli animali (GU L 191 del 30.4.2004, pag. 1). [31] Gli
Stati membri hanno concesso 2440 autorizzazioni nel 2009 e 3754 nel 2010. [32] Articolo
19 del regolamento (CE) n. 1235/2008 della Commissione. [33] Articolo
2, lettera x), del regolamento (CE) n. 834/2007. [34] Codex
CAC/GL 32 – Linee guida del 1999 in materia di produzione, trasformazione,
etichettatura e commercializzazione degli alimenti di produzione biologica. [35] Regolamento
di esecuzione (UE) n. 1267/2011 della Commissione, del 6 dicembre 2011
(GU L 324 del 7.12.2011, pag. 9). [36] Regolamento
(CE) n. 882/2004 e regolamento (CE) n. 669/2009 della Commissione,
del 24 luglio 2009, recante modalità di applicazione del regolamento
(CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al
livello accresciuto di controlli ufficiali sulle importazioni di alcuni mangimi
e alimenti di origine non animale e che modifica la decisione 2006/504/CE della
Commissione (GU L 194 del 25.7.2009, pag. 11). [37] COM(2010) 759
definitivo del 17.12.2010. [38] COM (2004) 415 definitivo del 10.6.2004,
Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento
europeo – Piano d’azione europeo per l’agricoltura biologica e gli
alimenti biologici.