52012DC0037

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO sul regime delle pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione europea /* COM/2012/037 final */


SINTESI

Il regime delle pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione europea (in appresso “PSEO”) funziona come un fondo figurativo con prestazioni definite. Benché non esista un fondo di investimento effettivo, si ritiene che l’ammontare che sarebbe stato raccolto da tale fondo sia rispecchiato nelle prestazioni pensionistiche garantite dall’articolo 83 dello statuto e dall’articolo 4, paragrafo 3, del TUE.

Il regime delle pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione europea segue il principio dell’equilibrio attuariale e l’aliquota di contributo è il meccanismo che tiene in equilibrio il regime. Se la valutazione attuariale, basata su vari parametri definiti dallo statuto, indica che si dovrebbe applicare un’aliquota di contributo diversa da quella in vigore al fine di coprire pienamente i diritti a pensione acquisiti in un dato anno, il Consiglio provvede ad adeguare tale aliquota sulla base di una proposta della Commissione e di una relazione di Eurostat. Versando il contributo adattato in base a tale aliquota, il personale matura diritti a pensione per un dato anno, tutelati dal principio dei diritti acquisiti.

Il regime delle pensioni dei funzionari e degli altri agenti è un regime professionale obbligatorio per i funzionari dell’UE e in quanto tale dev’essere confrontato con i regimi pensionistici dei funzionari degli Stati membri e di altre organizzazioni internazionali, piuttosto che con i regimi pensionistici nazionali del settore privato.

1. Principali parametri da valutare

Tutti gli aspetti del regime delle pensioni devono essere considerati nel loro insieme, pur tenendo conto anche degli aspetti specifici della funzione pubblica dell’UE, al fine di garantire pensioni adeguate, sostenibili e sicure per il personale delle istituzioni dell’UE.

Per quanto concerne l’età di pensionamento (normale, obbligatoria e minima), le istituzioni dell’UE risultano entro i limiti dei regimi applicati dagli Stati membri ai funzionari nazionali. Se il Consiglio e il Parlamento adottano la proposta della Commissione del 2011 sulla revisione dello statuto (in appresso “la proposta della Commissione”), le istituzioni dell’UE saranno in linea con gli Stati membri più avanzati nella riforma dei rispettivi sistemi pensionistici e pienamente conformi agli orientamenti del Libro verde “Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri in Europa” (in appresso “il Libro verde”). Molti degli Stati membri devono ancora introdurre riforme strutturali a tal fine.

Il regime delle pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione europea è in linea o persino meno favorevole (prevedendo meno diritti) rispetto ai regimi degli Stati membri per quanto concerne l’aliquota di rendimento, la base di calcolo della pensione, l’aliquota massima possibile della pensione e l’aliquota di contributo del personale. Le pensioni sono adeguate nella stessa misura delle retribuzioni nelle istituzioni dell’UE. Di conseguenza, le pensioni pagate nell’ambito del regime hanno perso il 5,4%[1] del potere d’acquisto dal 2004.

Per quanto concerne la progressione individuale nel sistema retributivo, pur influendo sui costi pensionistici il sistema delle carriere non dovrebbe essere modificato se l’unico obiettivo è quello di risparmiare sulle pensioni. La prima considerazione dovrebbe essere la necessità di attirare, trattenere e motivare il personale in attività presso le istituzioni dell’UE. Queste erano le considerazioni alla base della riforma generale della struttura delle carriere nel 2004, che ha istituito un sistema basato sul merito, prevedendo incentivi per le prestazioni lungo l’intero percorso professionale.

La Commissione ha inoltre preso in considerazione una serie di altri aspetti politici relativi alle pensioni elencati nella richiesta del Consiglio, in particolare il ruolo delle pensioni nel pacchetto retributivo globale del personale dell’UE e la garanzia di pensioni eque in futuro per tutti i dipendenti dell’UE. La Commissione è giunta alla conclusione che le disposizioni del regime delle pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione europea sono aggiornate e conformi agli obiettivi politici delle istituzioni dell’UE, nonché agli orientamenti del Libro verde.

2. Una riflessione sulle eventuali modifiche del regime delle pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione europea (PSEO)

La creazione di un fondo pensione potrebbe comportare costi aggiuntivi, poiché il valore del fondo figurativo dovrebbe essere trasferito a un fondo di investimento. Nel lungo periodo, tuttavia, la spesa pensionistica a carico del bilancio annuale si ridurrebbe, in quanto le pensioni verrebbero erogate dal fondo. Si potrebbero considerare incentivi per prestazioni pensionistiche private, anche se si dovrebbero affrontare questioni quali i costi aggiuntivi per la gestione e la sicurezza dell’investimento.

La creazione della categoria degli agenti contrattuali nel 2004 ha comportato, e continuerà a comportare, notevoli risparmi. Tuttavia, è importante anche mantenere lo stesso regime pensionistico per funzionari e agenti contrattuali, affinché la posizione di agente contrattuale rimanga interessante per personale qualificato.

La Commissione conclude pertanto che tutti i parametri del PSEO sono in linea con i regimi pensionistici dei funzionari nazionali degli Stati membri. Tuttavia, al fine di conformarsi agli orientamenti del Libro verde, l’accesso alla pensione anticipata dovrebbe essere limitato, mentre l’età normale e l’età obbligatoria di pensionamento dovrebbero essere posticipate rispettivamente a 65 e 67 anni, come previsto nella proposta della Commissione.

Infine, la Commissione ha valutato i risparmi aggiuntivi che risulterebbero dalla proposta della Commissione con riferimento a tre elementi: spesa pensionistica annuale, costo previdenziale, che rispecchia il costo annuo dei diritti a pensione e corrisponde all’importo da investire nel fondo pensione, se esistesse, e passività pensionistica.

Le misure indicate nella proposta della Commissione, se adottate, eserciterebbero un impatto considerevole in termini di riduzione dei costi pensionistici nel lungo termine. In conseguenza di tali misure, la spesa pensionistica annua si ridurrebbe di circa 500 milioni di EUR nel lungo periodo, e il costo previdenziale, corrispondente al costo annuo dei diritti a pensione acquisiti, si ridurrebbe del 9,5%. Questo avrebbe un impatto immediato sulla passività pensionistica relativa al personale in attività, che scenderebbe del 14,5%.

1. Introduzione 1.1. Richiesta della relazione

Nell’ambito della discussione in seno al Consiglio in merito alla relazione della Commissione relativa all’allegato XI (valutazione intermedia)[2], il Consiglio ha invitato la Commissione a effettuare uno studio sulle implicazioni di bilancio a lungo termine dei costi pensionistici del personale di tutte le istituzioni e agenzie dell’UE. Il 18 agosto 2010 la Commissione ha presentato uno studio di Eurostat sulle implicazioni di bilancio a lungo termine delle spese pensionistiche[3].

Eurostat richiama i principi fondamentali del regime delle pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione europea e sottolinea che è importante considerare che la nuova spesa per la pensione dovuta a un dipendente che va in pensione oggi è già stata pagata, sotto forma di contributi previdenziali versati durante il periodo di servizio dell’interessato[4]. Quando versano i contributi al regime delle pensioni adeguati secondo l’aliquota in vigore, i dipendenti maturano diritti pensionistici per un dato anno tutelati dal principio dei diritti acquisiti.

Lo studio sopra citato prende in esame le principali tendenze della spesa pensionistica del regime delle pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione europea nell’arco di 50 anni (2010-2059) e dimostra che il sistema non è ancora giunto a maturazione. Questo perché, benché il regime sia in essere dal 1962, l’organico è aumentato nel corso del tempo in conseguenza dei successivi allargamenti dell’UE, dei nuovi compiti assunti dalle istituzioni dell’UE e della tendenza costante a istituire nuovi organismi dell’UE. Di conseguenza, tra il 2010 e il 2059, il numero di beneficiari aumenterà del 109%.

Un’altra conseguenza del fatto che il regime non è ancora giunto a maturazione è la crescita della spesa pensionistica annuale durante il periodo della proiezione. La spesa pensionistica totale (a prezzi costanti) aumenterà da 1 235 milioni di EUR nel 2010 fino a un picco di 2 490 milioni di EUR nel 2045, per poi scendere a 2 259 milioni di EUR nel 2059. Secondo le proiezioni, quindi, la spesa pensionistica aumenterà più lentamente del numero di pensionati e in seguito comincerà a diminuire, in gran parte grazie agli effetti della riforma dello statuto del 2004[5].

Eurostat calcola che il risparmio annuo per il bilancio dell’UE tra il 2010 e il 2059, derivante dalla riforma del 2004, aumenterà nel corso del tempo fino a 1 047 milioni di EUR nel 2059. Questo significa che la spesa pensionistica complessiva nel 2059, per la quale le proiezioni attuali indicano un aumento dell’83% rispetto al 2010, sarebbe aumentata del 168% senza la riforma del 2004. Il risparmio complessivo previsto nell’arco di 50 anni è di 24 785 milioni di EUR, importo che potrebbe anche essere sottostimato rispetto al risparmio complessivo derivante dalla riforma del 2004, poiché non tiene conto dei risparmi generati dalle modifiche apportate alle pensioni di invalidità e reversibilità.

Il Consiglio ha preso atto dello studio e ha chiesto alla Commissione di effettuare una valutazione di tutti gli elementi che hanno un impatto significativo sulle spese pensionistiche, invitandola a tenere conto nella sua valutazione di una serie di aspetti politici. Inoltre, il Consiglio ha richiesto alla Commissione di presentare, entro la fine del 2011, opportune proposte di modifica dello statuto basate su tale valutazione.

La struttura della presente relazione è in linea con la summenzionata richiesta del Consiglio.

1.2. Libro verde “Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri in Europa”

Parallelamente al processo di cui sopra avviato dal Consiglio, il Libro verde “Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri in Europa”[6] ha aperto un dibattito europeo sulle grandi sfide che i sistemi pensionistici devono affrontare, quali l’invecchiamento demografico e la crisi finanziaria ed economica, e ha definito le priorità per la modernizzazione delle politiche pensionistiche nell’UE, al fine di realizzare i due obiettivi primari dell’adeguatezza e della garanzia di sostenibilità delle pensioni. Questi obiettivi si possono realizzare, tra l’altro, mediante:

– il raggiungimento di un equilibrio sostenibile tra durata della vita professionale e durata della pensione;

– l’eliminazione degli ostacoli alla mobilità nell’UE tramite il rafforzamento del mercato interno delle pensioni e al potenziamento della mobilità delle pensioni;

– la promozione di pensioni più sicure e trasparenti, con una maggiore sensibilizzazione e una migliore informazione.

2. Metodologia 2.1. Approccio comparativo

Per valutare se il regime delle pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione europea è in linea con i regimi pensionistici nazionali, la Commissione ha adottato un approccio comparativo, che ha comportato la definizione della metodologia, ossia la definizione del campione confrontabile, dell’orizzonte temporale e degli elementi comparabili dei diversi regimi pensionistici previsti per i funzionari. Va da sé che nel valutare elementi distinti dei vari regimi pensionistici occorre ricordare che sono interconnessi e interdipendenti. Di conseguenza, solo combinando tutti gli elementi è possibile delineare un quadro completo di un dato regime pensionistico dei funzionari. Nel contempo, occorre prestare attenzione alla complessità e alle caratteristiche particolari dei regimi pensionistici oggetto del confronto.

Nel definire l’orizzonte temporale occorre tenere presente il dinamismo e la diversità dei regimi pensionistici previsti per i funzionari. Spesso si applicano condizioni diverse, a seconda dell’età, dell’amministrazione in cui lavorano o del giorno in cui hanno preso servizio (o della data di ingresso nel mercato del lavoro). Tale diversità è talvolta intrinseca alle modalità di riforma dei regimi pensionistici, a causa della necessità di preservare taluni diritti acquisiti. Al fine di ottenere risultati comparabili, la presente relazione tiene conto della situazione attuale di funzionari entrati in servizio nel 2011 e delle misure transitorie in vigore.

2.2. Effettuare confronti adeguati

In quanto regime pensionistico professionale obbligatorio per i funzionari dell’UE, il PSEO dovrebbe essere confrontato con i regimi pensionistici dei funzionari degli Stati membri e di altre organizzazioni internazionali, piuttosto che con i sistemi previdenziali nazionali generali del settore privato, che vengono definiti dallo Stato e di norma non si applicano a funzionari.

Benché nella presente relazione la Commissione non abbia confrontato il PSEO con i sistemi pensionistici di altre organizzazioni internazionali, essa ritiene che un simile confronto sia del tutto opportuno, in considerazione delle caratteristiche analoghe del personale e della natura confrontabile dell’attività. La Commissione non esclude pertanto la possibilità di effettuare una simile analisi in futuro.

Al fine di valutare se il PSEO è in linea con i regimi pensionistici dei funzionari nazionali, la Commissione ha chiesto agli Stati membri di rispondere a un questionario sui rispettivi sistemi pensionistici applicabili ai funzionari nazionali delle amministrazioni centrali. Ventisei Stati membri hanno inviato le risposte, mentre la Francia non l’ha fatto, nonostante i numerosi solleciti. La presente relazione si basa sulle risposte inviate dagli Stati membri.

Nel valutare il regime delle pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione europea, occorre tenere presente la situazione specifica del personale dell’UE: diversamente dagli Stati membri, le istituzioni dell’UE assumono prevalentemente personale espatriato, proveniente da 27 Stati membri con sistemi pensionistici nazionali che presentano differenze significative. Per quanto riguarda le altre organizzazioni internazionali, solo le Nazioni Unite presentano dimensioni analoghe e per questo è difficile fare confronti omogenei. Benché la Commissione ritenga che i regimi pensionistici delle altre organizzazioni internazionali e i sistemi pensionistici nazionali siano i più idonei ai fini del confronto, esistono limiti intrinseci del raffronto, che la relazione sottolinea. Ad esempio, in molti Stati membri vigono regimi pensionistici a ripartizione, mentre il PSEO opera come un fondo figurativo.

Tutte le componenti del regime pensionistico vanno considerate nel loro insieme, tenendo conto degli aspetti specifici della funzione pubblica dell’UE, al fine di garantire pensioni adeguate, sostenibili e sicure per il personale delle istituzioni dell’UE.

Le istituzioni dell’UE assumono per lo più personale espatriato dai 27 Stati membri e competono nel mercato internazionale del lavoro con le altre organizzazioni internazionali, i servizi diplomatici, i servizi delle amministrazioni centrali, le multinazionali, gli studi legali, le società di consulenza finanziaria, ecc. Devono continuare ad essere un datore di lavoro interessante per mantenere l’equilibrio geografico del personale ed essere in grado di attuare politiche rispondenti alle aspettative dei cittadini dell’UE e degli Stati membri.

2.3. Regimi pensionistici distinti per i funzionari

Tutte le organizzazioni internazionali, circa la metà dei paesi del mondo e la maggioranza degli Stati membri dell’UE prevedono regimi pensionistici professionali distinti per i loro funzionari. Nei nuovi Stati membri sono diffusi regimi integrati, benché spesso prevedano regole diverse per categorie diverse di lavoratori. In Irlanda e in Spagna i dipendenti pubblici sono coperti dal regime pensionistico nazionale, ma beneficiano di disposizioni specifiche a integrazione del reddito di pensione (pensioni aggiuntive a prestazione definita per i funzionari). Nel Regno Unito i funzionari sono coperti da parte del regime obbligatorio che si applica ai lavoratori del settore privato.

La logica alla base delle prestazioni previdenziali a favore dei funzionari è leggermente diversa da quella alla base della definizione dei regimi pensionistici nazionali a carattere generale, che hanno lo scopo di garantire un reddito adeguato dopo il pensionamento. Gli obiettivi in questo caso sono i seguenti: garantire l’indipendenza dei funzionari, rendere interessante una carriera all’interno della pubblica amministrazione, posticipare al futuro il costo della retribuzione dei funzionari e garantire che le prestazioni pensionistiche a favore dei funzionari più anziani siano politicamente e socialmente accettabili.

Pur condividendo alcuni degli obiettivi di politica sociale dei programmi pensionistici nazionali, i regimi pensionistici della funzione pubblica devono anche essere adeguati alla politica del datore di lavoro in termini di risorse umane. Di conseguenza, la politica in materia di pensioni dei funzionari implica anche questioni generali di retribuzione e indennità[7].

3. Il regime delle pensioni dei funzionari europei (PSEO) 3.1. Concetti principali 3.1.1. Riferimenti giuridici

Ai sensi dell’articolo 83 dello statuto:

– il pagamento delle prestazioni previste dal presente regime di pensioni è a carico del bilancio dell’Unione,

– gli Stati membri garantiscono collettivamente il pagamento di tali prestazioni,

– i funzionari contribuiscono per un terzo al finanziamento del regime delle pensioni.

L’articolo 83 bis e l’allegato XII dello statuto definiscono le norme attuariali per il calcolo dell’aliquota di contributo al fine di garantire l’equilibrio del regime delle pensioni.

Le prestazioni pagate ai sensi del regime sono descritte nel capitolo 3 del titolo V dello statuto, nonché nell’allegato VIII dello stesso.

3.1.2. Principio del fondo figurativo

La Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) disponeva di un fondo pensione che tuttavia è stato smantellato e sostituito dal fondo figurativo all’atto della fusione delle istituzioni delle Comunità nel 1967. Il fondo figurativo è stato istituito per la Comunità economica europea con l’adozione dello statuto nel 1962.

Occorre tenere presente che il PSEO non opera come un regime a ripartizione, dove l’aliquota di contributo o le prestazioni pensionistiche sono adattate per ottenere ogni anno un equilibrio tra i contributi riscossi e la spesa pensionistica. Se tale equilibrio non viene raggiunto, la differenza viene finanziata dal bilancio attraverso le imposte.

Non è così nel caso del PSEO, dove il contributo al regime pensionistico copre effettivamente il costo dei diritti a pensione acquisiti in un dato anno e non è in alcun modo collegato alla spesa pensionistica di quell’anno. Quando il regime sarà maturo, si creerà necessariamente un divario tra contributo e spesa pensionistica, dovuto all’interesse che si applica al contributo riscosso fino alla sua restituzione sotto forma di prestazioni pensionistiche.

Benché non esista un fondo di investimento effettivo, si considera che l’ammontare che sarebbe stato raccolto da tale fondo sia investito negli Stati membri (sulla base dei tassi di interessi medi annui osservati sul debito pubblico a lungo termine degli Stati membri) e si rispecchi nella passività pensionistica garantita dall’articolo 83 dello statuto e dell’articolo 4, paragrafo 3, del TUE.

Per quanto riguarda il bilancio, in passato il regime delle pensioni produceva un’entrata netta perché il personale in attività versava i contribuiti per i diritti a pensione che acquisiva, a fronte di un numero esiguo di titolari di pensione di anzianità o di indennità di invalidità. L’entrata era costituita dai contributi versati dal personale e da quelli del datore di lavoro, che tuttavia non erano versati in un fondo ma solo rispecchiati nella passività pensionistica.

Nel lungo periodo, con il pensionamento del personale in attività, si assisterà a un aumento inevitabile della spesa pensionistica, che continuerà più o meno fino al momento in cui il regime delle pensioni giungerà a maturazione, ossia quando il numero di pensionati deceduti in un dato anno bilancerà quello dei nuovi beneficiari. Gli importi che sarebbero stati coperti dal fondo pensione sono ora coperti (e continueranno ad esserlo) dal bilancio e incidono sulla passività pensionistica.

Secondo l’approccio del fondo figurativo, i contributi del personale non sono stati accantonati in un fondo pensione effettivo, bensì sono stati accreditati al bilancio dell’UE al momento della riscossione e spesi conformemente alle decisioni dell’autorità di bilancio, ossia non sono stati assegnati a un particolare settore. Riguardo al residuo, che di norma corrisponderebbe alla parte di contributo dovuta dal datore di lavoro, è stato deciso di non procedere alla riscossione[8] e le istituzioni dell’UE si sono impegnate invece a pagare le future pensioni (a carico del bilancio dell’Unione) al momento del pensionamento del personale. Ai sensi dell’articolo 83 dello statuto, gli Stati membri garantiscono collettivamente il pagamento delle prestazioni. Di conseguenza, il bilancio in realtà prende a prestito il denaro dagli affiliati al regime, in cambio della garanzia di prestazioni future. Il saldo tra importi presi a prestito e importi restituiti si rispecchia nella passività pensionistica.

Quando gli affiliati al regime delle pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione europea (PSEO) raggiungono l’età della pensione, il denaro versato deve essere loro restituito sotto forma di prestazioni pensionistiche. Quindi la spesa pensionistica è gradualmente aumentata in passato, secondo una tendenza destinata a continuare all’incirca fino alla maturazione del regime.

In relazione a questa crescita della spesa pensionistica, è importante capire che la nuova prestazione dovuta a un dipendente che va in pensione oggi è già stata pagata[9] con i contributi versati durante il periodo di servizio dell’interessato e che i diritti a pensione che si dovranno pagare dal momento del collocamento a riposo sono coperti dalla passività pensionistica.

3.1.3. Principio dell’equilibrio attuariale

Il PSEO segue il principio dell’equilibrio attuariale. Il contributo annuale pagato dal personale deve coprire un terzo dei diritti acquisiti nel corso di un dato anno. I diritti acquisiti dai funzionari dell’UE in quell’anno corrispondono alle pensioni future che riceveranno dopo il pensionamento, nonché al diritto (a determinate condizioni) a un’indennità di invalidità, a una pensione di reversibilità e a una pensione di orfano. In altre parole, il contributo annuo è studiato per finanziare un terzo del costo previdenziale ai sensi del regime delle pensioni, ossia una serie di pagamenti dovuti in futuro. Per rendere possibile questo calcolo, la serie di pagamenti a favore dei funzionari europei dev’essere valutata al suo valore attuale applicando un tasso d’interesse (“tasso di attualizzazione”). Il calcolo è pertanto una valutazione attuariale.

In termini tecnici, il metodo utilizzato nel calcolo dell’aliquota di contributo per la costituzione della pensione è quello prescritto dalla norma contabile internazionale IPSAS 25[10] e denominato “proiezione dell’unità di credito”. La somma dei valori attuariali dei diritti acquisiti dal personale in attività, denominata nella prassi attuariale “costo previdenziale”, è rapportata al totale annuo degli stipendi base per calcolare l’aliquota di contributo.

L’aliquota di contributo mantiene in equilibrio il regime delle pensioni (PSEO). Se la valutazione attuariale basata sui vari parametri definiti nello statuto dimostra che per coprire i diritti a pensione acquisiti nel corso dell’anno si deve applicare un’aliquota di contributo diversa da quella in vigore, il Consiglio provvede ad adeguare l’aliquota sulla base di una proposta della Commissione.

I contributi versati nell’anno corrente non sono calcolati per coprire le prestazioni pensionistiche per l’anno corrente, ma possono essere superiori o inferiori. Il principio dell’equilibrio attuariale garantisce l’equilibrio nel lungo termine, non l’equilibrio annuale: si tratta di un concetto diverso da quello dell’equilibrio annuale dei flussi di cassa.

4. Analisi comparativa delle caratteristiche principali dei regimi pensionistici dei funzionari nazionali e dei funzionari europei 4.1. Età pensionabile

Il Libro verde definisce “età normale di pensionamento” l’“età alla quale una persona iscritta a un regime di pensione ha il diritto di fruire delle prestazioni pensionistiche complete”. L’“età obbligatoria di pensionamento” è l’età alla quale il contratto di assunzione scade automaticamente per effetto dell’età cronologica. L’“età effettiva di pensionamento” è l’età alla quale una persona va effettivamente in pensione. Di norma, l’età effettiva di pensionamento tende ad essere inferiore all’età normale di pensionamento. Tuttavia, per ragioni di disponibilità dei dati, l’età di uscita dal mercato del lavoro è spesso utilizzata come indicatore dell’età effettiva di pensionamento.

Ad esempio, nel 2008 l’età media di uscita dal mercato del lavoro negli Stati membri[11] è variata da 55,5 anni in Romania a 59,3 in Francia e Polonia, 63,2 nei Paesi Bassi e 63,8 in Svezia. L’età media di uscita dal mercato del lavoro in tutti gli Stati membri è stata 61,4 anni. L’età effettiva di pensionamento nelle istituzioni dell’UE varia tra 61 e 62 anni.

4.1.1. Età normale di pensionamento

In un certo numero di Stati membri l’età normale di pensionamento dei funzionari è inferiore a quella prevista dai regimi generali.

Il grafico che segue mostra l’età normale di pensionamento per le amministrazioni centrali degli Stati membri[12]:

NB: la Francia non figura nel grafico perché non ha risposto al questionario.

Prendendo in considerazione solo l’età di pensionamento degli uomini, si nota che la maggioranza degli Stati membri ha fissato l’età normale di pensionamento tra 61 e 63 anni. In tre Stati membri è ancora 60 anni e in dieci arriva a 65. In sei Stati membri l’età normale di pensionamento per le donne è inferiore rispetto agli uomini ed è stabilita a 61 anni al massimo.

L’età normale di pensionamento dei funzionari dell’UE è stata innalzata da 60 a 63 anni (per donne e uomini) nel 2004, con disposizioni transitorie che si applicano al personale già in servizio (collocamento a riposo tra 60 e 63 anni a seconda dell’età del funzionario al 1° maggio 2004). L’attuale età normale di pensionamento di 63 anni è ampiamente in linea con le età pensionabili previste di norma per i funzionari degli Stati membri. Se le istituzioni dell’UE portano l’età normale di pensionamento a 65 anni, sarà superiore a quella prevista per i funzionari della maggior parte degli Stati membri.

4.1.2. Età obbligatoria di pensionamento

Anche l’età obbligatoria di pensionamento è un indicatore pertinente che andrebbe considerato nel descrivere i regimi pensionistici. Un terzo degli Stati membri hanno fissato a 63 o 65 anni l’età alla quale il mandato o il contratto di un dipendente pubblico giunge a scadenza, e in nove Stati membri non esiste un limite massimo di età per il personale del pubblico impiego. Va notato che la proposta della Commissione suggerisce di consentire ai funzionari di lavorare fino all’età massima di 67 anni ove sia nell’interesse del servizio, cosa che in precedenza era possibile solo in circostanze eccezionali.

NB: la Francia non figura nel grafico perché non ha risposto al questionario.

Con questo aumento dell’età obbligatoria di pensionamento le istituzioni dell’UE risulteranno allineate agli Stati membri dove i dipendenti pubblici hanno la possibilità di lavorare più a lungo, mentre nella maggior parte degli Stati membri occorre attuare riforme strutturali al fine di incoraggiare l’allungamento della vita lavorativa.

4.1.3. Età minima di pensionamento

Per quanto riguarda il pensionamento anticipato, la maggioranza degli Stati membri prevede un’età minima di pensionamento attorno ai 58 anni. Tuttavia, almeno dieci Stati membri offrono ancora la possibilità ai funzionari con un determinato numero minimo di anni di servizio di cessare il servizio prima di raggiungere l’età di 58 anni. È il caso del Regno Unito, dove i dipendenti pubblici possono andare in pensione all’età di 50 anni.

NB: la Francia non figura nel grafico perché non ha risposto al questionario.

Nella sua proposta, la Commissione suggerisce misure che limitano l’accesso a regimi di prepensionamento e altre possibilità di pensionamento precoce, per consentire ai funzionari di restare in attività più a lungo. In particolare, diminuirebbe il numero di quanti possono accedere al pensionamento anticipato senza riduzione dei diritti a pensione e si innalzerebbe a 58 anni l’età per il pensionamento anticipato. Alcuni Stati membri hanno avviato riforme analoghe, mentre altri devono ancora metterle in atto.

4.2. Aliquota di rendimento

Nel Libro verde l’aliquota di rendimento è definita come la “percentuale della retribuzione pensionabile che nei sistemi a prestazioni definite determina, secondo la formula propria di ciascun sistema, l’importo della pensione”.

Nel confrontare le aliquote di rendimento esistenti negli Stati membri occorre considerare nel contempo la base di calcolo, il che rende molto complessa l’analisi.

Prima di tutto, in quasi una dozzina di Stati membri, una parte della pensione potrebbe essere pagata secondo meccanismi diversi dall’aliquota di rendimento.

Nei vari Stati membri che applicano le aliquote di rendimento esiste un’ampia gamma di situazioni diverse. Per fare qualche esempio, nel Regno Unito l’aliquota di rendimento arriva al 2,30% dell’ultimo stipendio, in Portogallo è compresa tra 2,00% e 2,30% per anno civile pertinente, nei Paesi Bassi è pari al 2,05% del reddito pensionabile e in Germania è pari all’1,80% dello stipendio finale e degli assegni familiari per ciascun anno di servizio.

L’attuale aliquota di rendimento per i funzionari e gli agenti dell’Unione europea è l’1,90% dell’ultimo stipendio base per ogni anno di servizio; l’aliquota è stata ridotta da 2% a 1,9% con la riforma del 2004[13]. Il livello è pienamente giustificato dalla situazione particolare del personale dell’UE. Occorre tenere presente che l’età media di ingresso nella funzione pubblica europea è di 35 anni. Di conseguenza, il personale dispone di un periodo di tempo più breve per acquisire diritti a pensione rispetto ai funzionari nazionali. Inoltre, quando i funzionari europei trasferiscono i diritti a pensione dagli Stati membri, non si tiene conto del numero di anni di lavoro, bensì del valore monetario trasferito.

Un altro aspetto contribuisce a rendere ancora più complesso il confronto tra Stati membri e istituzioni dell’UE: l’aliquota di rendimento può variare anche a seconda dell’età. La Finlandia offre un’aliquota di rendimento progressiva, pari all’1,5% della retribuzione tra 18 e 52 anni, all’1,9% tra 53 e 62 anni e al 4,5% tra 63 e 68 anni. Questo sistema fornisce ai funzionari un evidente incentivo a lavorare più a lungo. Le istituzioni dell’UE hanno adottato un’impostazione analoga, creando un incentivo costituito da diritti a pensione aggiuntivi per chi continua a lavorare anche dopo aver raggiunto l’età normale di pensionamento (noto come “incentivo di Barcellona”).

Il grafico che segue mostra le aliquote di rendimento negli Stati membri che ne fanno uso per calcolare le pensioni.

NB: la Francia non figura nel grafico perché non ha risposto al questionario.

4.3. Base per il calcolo delle pensioni

Gli Stati membri applicano sistemi molto diversi riguardo alla base per il calcolo della pensione di un funzionario. In alcuni Stati membri come Cipro, l’Irlanda o il Regno Unito la pensione è basata sull’ultimo stipendio o sugli stipendi dell’ultimo anno. In altri Stati membri (ad esempio in Finlandia, Ungheria e Slovacchia) per il calcolo della pensione si tiene conto della retribuzione media percepita nell’arco dell’intera carriera. Questo significa che la progressione in carriera è molto importante per la definizione della base per la pensione. Ad esempio, nei sistemi che tengono conto degli ultimi anni di servizio come base di calcolo e dove la progressione a fine carriera è molto lenta, questa ha un impatto molto limitato sulle pensioni. Un effetto simile si riscontra nei sistemi che utilizzano la retribuzione media nell’arco della carriera, quando la differenza tra lo stipendio iniziale e finale è esigua.

Nelle istituzioni dell’UE, la base per il calcolo della pensione è lo stipendio base dell’ultimo grado in cui è stato inquadrato il funzionario per almeno un anno. Esistono ragioni importanti per mantenere questo sistema. Nella riforma dello statuto del 2004, la struttura delle carriere nelle istituzioni dell’UE è stata riorganizzata e allungata introducendo gradi aggiuntivi, al fine di incentivare le prestazioni lungo l’intera carriera. Gli stipendi iniziali sono stati abbassati di conseguenza. Inoltre, data l’età media elevata del personale assunto, per molti sarebbe impossibile arrivare ai gradi superiori seguendo il ritmo medio di progressione di carriera. Quindi, cambiare la base per il calcolo della pensione inciderebbe molto di più sul livello delle pensioni nelle istituzioni dell’UE rispetto alle amministrazioni nazionali con un numero inferiore di gradi, e renderebbe i gradi iniziali ancora meno interessanti per il personale esperto. Di conseguenza, le istituzioni dell’UE dovrebbero trovare soluzioni alternative, che potrebbero essere più costose, per attirare personale qualificato da tutti gli Stati membri (ad esempio organizzando concorsi nei gradi superiori per il personale esperto, con il risultato di dover versare oltre a stipendi più elevati anche pensioni più alte).

4.4. Aliquota massima possibile della pensione

L’aliquota massima di pensione pone un limite ai diritti a pensione che una persona può accumulare durante la sua vita lavorativa. Negli Stati membri dove questo concetto non esiste, come nella Repubblica ceca, in Finlandia, Romania, Lettonia e Estonia, i diritti a pensione dei funzionari corrispondono ai rispettivi anni di servizio, mentre le istituzioni dell’UE e altri Stati membri hanno fissato un limite massimo. La presenza di siffatto limite implica che una persona può essere obbligata a lavorare finché raggiunge l’età normale di pensionamento, senza acquisire diritti aggiuntivi se ha raggiunto la pensione massima, pur avendo l’obbligo di contribuire al regime.

L’aliquota massima di pensione può variare in misura considerevole da uno Stato membro all’altro. Ad esempio, in Francia[14] l’aliquota massima è del 75%, ma potrebbe arrivare all’80% grazie a una serie di premi. In Germania, l’aliquota massima è pari al 71,75% dell’ultimo stipendio di base maggiorato degli assegni familiari. Alcuni Stati membri hanno fissato l’aliquota sulla base dello stipendio più elevato nell’arco dell’intera carriera. È il caso del Regno Unito, dove i dipendenti possono ricevere una pensione massima equivalente al 66 o al 75% dello stipendio più elevato, a seconda del regime pensionistico. In Slovenia e Austria, il massimo è l’80% dello stipendio più alto percepito per un certo numero di anni.

La pensione massima di anzianità per i funzionari e gli altri agenti dell’Unione europea è pari al 70% dell’ultimo stipendio base corrispondente all’ultimo grado in cui è stato inquadrato il funzionario o agente per almeno un anno. Per raggiungere la pensione massima, i funzionari dell’UE devono lavorare almeno 37 anni, e con l’innalzamento dell’età di pensionamento a 65 anni devono cominciare a 28 anni per acquisire i diritti alla pensione massima nell’amministrazione dell’UE. Poiché l’età media di assunzione alla Commissione europea è di 35 anni, la maggioranza del personale non sarà in grado di raggiungere la pensione massima. È quanto si verifica già ora: i diritti a pensione accumulati dal personale collocato a riposo nel 2010 equivalgono in media al 63% e si attesteranno sul 57% per il personale assunto dopo il 1° maggio 2004.

L’unica possibilità di ricevere una pensione superiore al 70% dei diritti a pensione deriva dall’applicazione del minimo vitale. Un funzionario o un altro agente acquisisce il diritto a una pensione pari allo stipendio base di un funzionario di grado 1, scatto 1 dopo 25 anni di servizio. Tuttavia, questa disposizione si applica esclusivamente alle categorie di personale ai livelli più bassi (per maggiori dettagli, cfr. il capitolo della presente relazione sul ricorso agli agenti contrattuali e sulle condizioni che ne disciplinano il rapporto di lavoro). In qualche Stato membro l’aliquota massima è inferiore al 70%, ma si applica a una base diversa. In Danimarca, ad esempio, l’aliquota massima possibile è fissata al 57%, ma si applica esclusivamente alla pensione di legge e non alla pensione statale, che dipende dalla durata della residenza in Danimarca. Una persona deve aver vissuto in Danimarca per 40 anni dopo il compimento del quindicesimo anno di età per avere diritto a una pensione statale completa. La pensione statale è costituita da un importo di base e da un’integrazione. L’importo di base lordo è pari a 58 032 corone danesi (7 780 EUR[15]) all’anno. L’integrazione per le persone singole è di 58 416 corone danesi (7 831 EUR) all’anno, e scende a 27 276 corone danesi (3 657 EUR) per le persone sposate e conviventi[16].

Ai fini del confronto si potrebbero utilizzare come fattore di comparazione i tassi di sostituzione teorici[17] negli Stati membri, elaborati dal sottogruppo “indicatori” del comitato per la protezione sociale. Nella maggior parte degli Stati membri i tassi di sostituzione variano tra il 60% e l’80% dell’ultima retribuzione. L’aliquota mediana sarebbe all’incirca del 75%, vale a dire l’aliquota applicata nel Regno Unito.

4.5. Aliquota di contributo del personale

L’aliquota di contributo del personale è la parte dello stipendio del funzionario dell’UE versata per finanziare un terzo del costo attuariale del regime delle pensioni. I restanti due terzi sono finanziati dal contributo del datore di lavoro. In pratica, le istituzioni dell’UE non versano la quota a loro carico, ma le prestazioni pensionistiche sono garantite collettivamente dagli Stati membri a titolo di compensazione (articolo 83 dello statuto) (cfr. 5.8).

Anche in questo caso il confronto tra gli Stati membri risulta complesso a causa della diversa natura delle basi di calcolo del contributo (tra cui stipendio base, reddito lordo, salario reale, retribuzione lorda, ecc).

Va notato che, in alcuni Stati membri, i funzionari non sono affatto tenuti a contribuire al regime pensionistico, poiché tutti i contributi sono coperti dallo Stato e le pensioni sono erogate dal bilancio statale. È il caso di Bulgaria, Estonia, Germania, Svezia, nonché di alcuni regimi pensionistici in Belgio e Danimarca.

Al livello della funzione pubblica europea, occorre ricordare che l’aliquota di contributo totale al regime delle pensioni è necessaria per garantire l’equilibrio del sistema ed è calcolata ogni anno. La quota a carico dei funzionari dell’UE (1/3 del contributo totale) viene adeguata di conseguenza (ai sensi dell’articolo 83 dello statuto). Ad esempio, l’aliquota di contributo per i funzionari dell’UE è stata fissata al 10,9% dello stipendio base per il 2009, all’11,3% per il 2010 e all’11,6% per il 2011[18].

Nella stragrande maggioranza degli Stati membri, l’aliquota di contributo al regime delle pensioni è inferiore all’aliquota prevista dal PSEO. In alcuni Stati membri l’aliquota è del 5% circa o inferiore (Regno Unito, Cipro, Lituania e Spagna), mentre in altri è compresa tra il 5% e il 10% (Finlandia, Paesi Bassi, Repubblica ceca, Irlanda, Grecia, Slovacchia, Lussemburgo, Italia, Lettonia, Ungheria e Polonia). Solo in due Stati membri l’aliquota del contributo al regime delle pensioni è superiore a quella del PSEO: in Austria, dove varia da 10,25% a 12,55%, e in Slovenia, dove il limite massimo è del 15,5%.

NB: la Francia non figura nel grafico perché non ha risposto al questionario.

4.6. Adeguamento annuale delle pensioni

Una determinante fondamentale delle dinamiche della spesa pensionistica è la regola dell’indicizzazione. Come sottolineato nella relazione congiunta sulle pensioni per il 2010, molti pacchetti di riforme presentano modifiche del meccanismo di indicizzazione delle pensioni. La questione dell’indicizzazione può essere vista come una scelta tra una pensione iniziale inferiore abbinata all’indicizzazione al reddito e una prestazione iniziale superiore abbinata all’indicizzazione ai prezzi[19].

La grande maggioranza degli Stati membri (tutti tranne Ungheria, Lituania e alcuni regimi pensionistici danesi e polacchi)[20] stanno adeguando le pensioni delle amministrazioni centrali con riferimento a una serie di indicatori pertinenti, quali indice dei prezzi al consumo (IPC), aumenti retributivi, crescita del PIL o crescita del gettito dei contributi sociali. Alcuni Stati membri utilizzano un solo indicatore (IPC o aumenti retributivi) per l’adeguamento delle pensioni, mentre altri fanno riferimento a un indice ponderato basato su due indicatori. Alcuni Stati membri (Slovenia, Danimarca per il regime pensionistico ufficiale, Irlanda e Paesi Bassi) adeguano le pensioni sulla base dell’andamento delle retribuzioni, mentre in numerosi altri casi le pensioni vengono allineate a prezzi e retribuzioni (Belgio, Cipro, Repubblica ceca, Finlandia, Lussemburgo, Slovacchia e alcuni regimi pensionistici in Polonia).

Per quanto concerne le istituzioni dell’UE, l’adeguamento delle pensioni segue le stesse modalità degli stipendi dei funzionari UE, che vengono adeguati ogni anno per tenere conto dell’andamento del potere d’acquisto dei funzionari delle amministrazioni centrali degli Stati membri e dei prezzi di Bruxelles (indice internazionale di Bruxelles).

Questo metodo è in linea con la prassi di quasi tutti gli Stati membri, dove i meccanismi di indicizzazione delle pensioni seguono l’andamento di una serie di indicatori pertinenti, come spiegato sopra. Alcuni Stati membri adeguano le pensioni sulla base dell’andamento delle retribuzioni o sulla base di un indice combinato che comprende l’andamento delle retribuzioni. Tuttavia, la maggior parte dei sistemi è indicizzata all’inflazione o sulla base di un indice combinato che comprende l’inflazione. Nel contempo, il metodo utilizzato dalle istituzioni dell’UE ha determinato adeguamenti di stipendi e pensioni al di sotto del tasso di inflazione. Nel periodo 2004-2010, gli adeguamenti delle pensioni sono stati inferiori al tasso di inflazione (dell’1,8%).

Se si dovesse modificare il metodo di adeguamento delle pensioni collegandolo al meccanismo di adeguamento delle pensioni dei funzionari negli Stati membri, è probabile che risulti più favorevole per i pensionati delle istituzioni dell’UE, poiché nella maggior parte degli Stati membri le pensioni sono indicizzate all’inflazione.

Vale la pena di sottolineare che nei contributi pensionistici versati dal personale si tiene già conto dell’adeguamento annuale delle pensioni. Di conseguenza, il mancato adeguamento delle pensioni attuali può essere oggetto di contestazioni legali, poiché configura una evidente violazione di diritti acquisiti.

4.7. Eventuale creazione di un fondo pensioni effettivo

Come già illustrato, il regime delle pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione europea (PSEO) opera come fondo figurativo, per cui non esiste un fondo di investimento in quanto tale. L’aumento del prefinanziamento, in una forma o nell’altra, è stato una risposta politica diffusa degli Stati membri di fronte alla sfida demografica[21]. Tuttavia, è importante rilevare che per la maggior parte dei cittadini europei quello dei regimi a ripartizione è, e sarà sempre, l’elemento principale nelle prestazioni previdenziali in generale.

Fino a poco tempo fa, i regimi pensionistici prefinanziati svolgevano un ruolo considerevole in Danimarca, Irlanda, Paesi Bassi, Svezia e nel Regno Unito, dove la limitazione iniziale del regime pubblico a ripartizione a pensioni di base ad aliquota fissa per tutti ha promosso la crescita della previdenza privata, sotto forma di pensioni professionali collettive o di contratti assicurativi previdenziali individuali.

Tuttavia, nell’ultimo decennio di riforme previdenziali, una serie di paesi ha ampliato il ruolo dei regimi privati esistenti (ad esempio Danimarca e Germania) o introdotto nuovi elementi di prestazioni private prefinanziate all’interno dei regimi pensionistici di legge (Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Romania, Slovacchia, Svezia). Alcune riforme sono state revocate parzialmente (ad esempio in Lettonia e Polonia) o completamente (ad esempio in Ungheria) a seguito della crisi, ma il contributo dei regimi prefinanziati ai redditi dei pensionati aumenterà con la maturazione dei sistemi.

Proiezione della quota del reddito di pensione derivante da regimi previdenziali prefinanziati per un’ipotetica persona che va in pensione nel 2008 e nel 2048[22]

La grande maggioranza dei regimi pensionistici negli Stati membri non è a capitalizzazione, e quindi i contributi previdenziali non sono trasferiti a un fondo. In alcuni Stati membri (Austria, Lettonia, Portogallo, Slovacchia, Paesi Bassi, Svezia, Polonia e Danimarca) sono presenti regimi a capitalizzazione parziale.

La situazione è diversa in altre organizzazioni internazionali, che dispongono di un fondo previdenziale completo o sono in fase di transizione dopo l’introduzione di un fondo pensione.

Si potrebbero prevedere quattro possibilità per la creazione di un fondo pensione effettivo per le istituzioni dell’UE. In ciascuna delle tabelle che seguono, nella colonna I è indicato il costo previdenziale (ossia il contributo annuale versato dal datore di lavoro al nuovo fondo), nella colonna II la spesa pensionistica annuale per il fondo figurativo nel quadro dell’attuale regime pensionistico in vigore e nella colonna III il totale annuale dei due costi (“costo totale nella rubrica V”). Un’analisi dei costi annuali totali nel lungo periodo, nonché delle diverse opzioni per il periodo 2013-2020, è utile per la valutazione dei pro e contro di ciascun scenario.

– Scenario n. 1: trasferimento del valore del fondo figurativo al fondo effettivo. Questo scenario è piuttosto ipotetico, poiché il primo anno comporterebbe un costo enorme, dato che occorrerebbe trasferire al fondo effettivo l’equivalente della passività pensionistica. Negli anni successivi il contributo del datore di lavoro si manterrebbe basso e stabile (a circa 800 milioni di EUR) e dovrebbe essere versato nel fondo unitamente al contributo del personale (circa 400 milioni di EUR). Nel breve termine e durante il periodo 2013-2020, questa opzione è di gran lunga la più costosa per il bilancio dell’UE. Tuttavia, presenta un impatto considerevole sulla passività pensionistica, che sarebbe coperta dall’ammontare del fondo pensione.

– Scenario n. 2: nuovi assunti coperti dal fondo pensione e personale esistente che continua a rientrare nel regime pensionistico attuale. Con questa ipotesi, la spesa pensionistica annuale e quella del periodo 2013-2020 relativa al fondo figurativo rimarrebbero invariate come se non fosse stato creato un fondo pensione effettivo. Il personale esistente infatti resterebbe coperto dall’attuale regime pensionistico e si presume che nessun nuovo assunto, o quasi, vada in pensione prima del 2020. Il contributo annuale versato dal datore di lavoro nel fondo aumenterebbe in funzione al numero di nuovi assunti coperti dal fondo pensione effettivo. La cifra appare elevata nei primi anni a causa del forte avvicendamento di agenti contrattuali e temporanei.

Questo scenario comporterebbe pertanto un costo più elevato rispetto al regime pensionistico attuale nel breve-medio termine (13 520 milioni di EUR nel periodo 2013-2020 invece di 12 600 milioni di EUR). Tuttavia, il costo si ridurrebbe in misura significativa nel lungo periodo, allorché il fondo pensione giungerà a maturazione.

– Scenario n. 3: nuovi diritti a pensione coperti dal fondo pensione effettivo e diritti a pensione pregressi coperti dal fondo figurativo

Secondo questa ipotesi, la spesa pensionistica annuale del regime attuale sarebbe inferiore alla spesa prevista fino al 2020 se non viene creato un fondo effettivo. Il contributo del datore di lavoro al fondo effettivo rimarrebbe stabile (circa 800 milioni di EUR all’anno), ma sarebbe molto maggiore rispetto allo scenario n. 2 nel periodo 2013-2020 (6,4 miliardi di EUR contro 920 milioni di EUR).

Quindi, questo scenario comporterebbe un costo ancora più elevato nel medio termine rispetto al precedente scenario n. 2, anche se la transizione sarebbe più rapida.

– Scenario n. 4: fondo effettivo per un terzo di tutti i nuovi diritti acquisiti, coperti dai contributi del personale. I restanti due terzi dei diritti a pensione, più tutti i diritti acquisiti in passato, continuerebbero ad essere coperti dal fondo figurativo. Questo scenario comporterebbe il trasferimento dei contributi versati dal personale al fondo investimenti e, dato che in futuro un terzo dei costi pensionistici sarebbe parzialmente coperto da tale fondo, la spesa pensionistica si ridurrebbe di un terzo nel lungo periodo.

Secondo questa ipotesi, fino al 2020 la spesa pensionistica del regime figurativo, che copre i due terzi dei nuovi diritti acquisiti, sarebbe leggermente inferiore a quella prevista in assenza di cambiamenti (12 100 milioni di EUR contro 12 600 milioni di EUR). Non sarebbero dovuti contributi del datore di lavoro al fondo effettivo, poiché un terzo dei nuovi diritti acquisiti sarebbe interamente coperto dai contributi versati dal personale.

Quindi, nel breve e medio termine lo scenario n. 4 sarebbe il meno costoso per il bilancio dell’UE. Tuttavia, nel lungo periodo il costo totale nella rubrica V sarebbe doppio rispetto agli altri scenari (1 650 milioni di EUR contro 800 milioni di EUR).

4.8. Incentivi alle pensioni private

Attualmente un certo numero di Stati membri ricorre in misura crescente ai regimi pensionistici privati per raggiungere gli obiettivi di adeguatezza e sostenibilità. Nel suo Libro verde la Commissione rileva quanto sia importante dare sufficiente spazio ai diritti complementari, ad esempio dando la possibilità ai cittadini di lavorare più a lungo e favorendo l’accesso a regimi di pensione complementare. Inoltre, la Commissione sottolinea la necessità di istituire un quadro adeguato per le pensioni complementari, il cui successo dipende soprattutto da misure che ne promuovano l’efficienza in termini di costo e la sicurezza.

Alcuni Stati membri hanno introdotto misure volte a integrare le pensioni pubbliche a ripartizione con regimi privati prefinanziati. Tuttavia, la crisi ha messo in luce la vulnerabilità dei regimi pensionistici prefinanziati nei momenti di difficoltà finanziarie ed economiche e l’esigenza di rivedere il quadro normativo per garantire la sicurezza delle pensioni private. Vale anche la pena di rilevare che il regime pensionistico della NATO è interamente gestito tramite fondi privati. Il personale può scegliere di investire le sue quote in fondi azionari, obbligazionari o di liquidità e può decidere di versare contributi integrativi volontari al regime fino al 2% dello stipendio base.

Per quanto concerne le istituzioni dell’UE, se si dovesse optare per l’introduzione di regimi pensionistici integrativi privati, obbligatori o volontari, sarebbe essenziale garantire un quadro normativo adeguato per tali regimi. Secondo la giurisprudenza costante, le istituzioni dell’UE, che non agiscono solo in qualità di datore di lavoro ma anche di autorità pubblica, hanno un obbligo di diligenza nei confronti del loro personale. È quindi importante effettuare un’attenta valutazione del potenziale impatto che l’inadeguatezza, o addirittura il fallimento, del regime pensionistico privato avrebbe sul bilancio dell’UE.

Se si decidesse di introdurre siffatti incentivi, si potrebbe considerare la possibilità di autorizzare detrazioni fiscali per coloro che investono in regimi pensionistici privati, perché comporterebbe un onere relativamente modesto per il bilancio dell’UE rispetto ad altre opzioni, quali il sovvenzionamento degli investimenti del personale in regimi pensionistici privati. Le istituzioni dell’UE potrebbero proporre la possibilità di aderire o di rinunciare a regimi pensionistici privati, unitamente ad attori privati.

Se i regimi privati dovessero investire parzialmente in azioni, come nel caso del fondo pensione per il personale delle Nazioni Unite[23] o della NATO, dove il personale può scegliere di investire le sue quote in fondi azionari, obbligazionari o di liquidità, il tasso di rendimento finale dell’investimento potrebbe essere più elevato di quello del PSEO, ma sarebbe anche associato a un rischio maggiore.

Un simile sistema presenta una serie di svantaggi che andrebbero presi in considerazione, in primo luogo il costo aggiuntivo per la gestione dell’investimento e la sicurezza degli investimenti e, di conseguenza, delle pensioni future.

5. Altri aspetti con un impatto rilevante sui regimi pensionistici dei funzionari 5.1. Ricorso ad agenti contrattuali e condizioni che ne disciplinano il rapporto di lavoro

La grande maggioranza degli Stati membri fa distinzione tra funzionari e altri dipendenti pubblici. Nella maggior parte degli Stati membri i funzionari sono soggetti a norme diverse per quanto concerne status giuridico, procedure di assunzione, sicurezza del posto di lavoro, carriere e sistemi retributivi. Tuttavia, nella maggior parte degli Stati membri, ai funzionari e agli altri dipendenti pubblici si applicano norme identiche, o comunque simili, in materia di dialogo sociale, regole etiche, norme disciplinari e in particolare sistemi pensionistici. Secondo la pubblicazione Civil Services in the EU of 27, Reform Outcomes and the Future of the Civil Service, gli Stati membri che prevedono un regime pensionistico distinto per funzionari e altri dipendenti pubblici sono Germania, Lituania, Estonia, Cipro, Belgio, Francia, Grecia, Lussemburgo, Spagna, Austria, Paesi Bassi e Danimarca. Gli altri 15 Stati membri prevedono lo stesso regime pensionistico per funzionari e altri dipendenti pubblici[24].

La riforma del 2004 dello statuto ha istituito la categoria degli agenti contrattuali presso le istituzioni dell’UE. Da allora, gli agenti contrattuali hanno contribuito all’attività delle istituzioni svolgendo compiti di sostegno amministrativo e fornendo competenze supplementari. Alla fine del 2009, in totale gli agenti contrattuali presso tutte le istituzioni e agenzie erano circa 9000, di cui circa i due terzi impiegati dalla Commissione. Ai sensi dello statuto, ai funzionari e agli agenti contrattuali si applica lo stesso regime pensionistico, analogamente a quanto si verifica nella maggioranza degli Stati membri, che prevedono lo stesso regime per funzionari e altri dipendenti pubblici.

Per quanto concerne le disposizioni sul minimo vitale[25], esse rimandano allo stipendio base di un funzionario inquadrato nel grado 1, scatto 1. Un funzionario o un altro agente matura il 4% del minimo vitale per ogni anno di servizio, ossia dopo 25 anni di servizio la pensione di anzianità di un funzionario o altro agente non può essere inferiore al minimo vitale. Benché le stesse disposizioni si applichino a funzionari e agenti temporanei, sono gli agenti contrattuali, in particolare quelli inquadrati nei gradi inferiori, a beneficiarne maggiormente, poiché i loro diritti in genere sono più bassi. Ad esempio, un agente contrattuale inquadrato nel gruppo di funzioni I può avere diritto a una pensione pari al minimo vitale, che supererebbe il 70% del suo ultimo stipendio. Tuttavia, si tratta dell’unica eccezione alla regola per cui la prestazione massima è stabilita in ogni caso al 70% dell’ultimo stipendio.

La sostituzione di funzionari con agenti contrattuali, benché non direttamente correlata al costo previdenziale, ha un’incidenza notevole sul costo globale delle pensioni, in quanto limita gli stipendi finali sui quali vengono calcolate le prestazioni pensionistiche. Questo perché la griglia salariale applicata agli agenti contrattuali è inferiore e la durata media dei loro contratti, rispetto ai funzionari, è più breve.

Lo studio Eurostat 2010 indica che l’introduzione della categoria degli agenti contrattuali nel 2004 produrrà considerevoli risparmi annui (300 milioni di EUR nel 2059).

È importante mantenere lo stesso regime pensionistico per funzionari e agenti contrattuali al fine di conservare l’attrattiva della posizione di agente contrattuale, in modo da richiamare personale qualificato. Poiché è già difficoltoso mantenere l’equilibrio geografico tra le diverse nazionalità, proponendo un regime previdenziale meno interessante per gli agenti contrattuali si ridurrebbe ulteriormente la capacità delle istituzioni di realizzare l’equilibrio geografico per questa categoria di personale.

5.2. Progressione individuale nel sistema retributivo

La riforma dello statuto del 2004 ha modificato la struttura delle carriere. Benché non sia direttamente correlata al costo previdenziale, essa ha un’incidenza notevole sul costo globale delle pensioni, in quanto limita gli stipendi finali sui quali vengono calcolate le prestazioni pensionistiche. Sono stati previsti stipendi iniziali inferiori, combinati a una carriera più lunga, con più gradi ma promozioni più rapide. Secondo lo studio Eurostat 2010, questo aspetto della riforma del 2004 produrrà un risparmio annuo di 94 milioni di EUR nel 2059.

La ristrutturazione della carriera nel gruppo di funzioni AST prevista nella proposta della Commissione produrrà ulteriori risparmi nel lungo periodo. In futuro, i funzionari AST con mansioni amministrative, tecniche o di formazione che richiedono un certo grado di autonomia (escluse quindi le mansioni di segreteria) che intendano accedere ai due gradi più alti (assistenti senior) dovranno dimostrare nell’ambito di una procedura di selezione di possedere un livello adeguato di competenza e qualifiche in termini di gestione del personale, esecuzione del bilancio e/o coordinamento. È probabile che venga creata una nuova struttura di carriera per il personale di segreteria di nuova assunzione, prevedendo una carriera lineare, nonché tassi di promozione inferiori rispetto alla carriera AST e solo sei gradi.

Tuttavia, anche se la progressione personale nel sistema retributivo incide sui costi previdenziali, si tratta di un aspetto secondario nel quadro della riflessione su come riorganizzare il sistema delle carriere all’interno delle istituzioni dell’UE. Sarebbe concettualmente sbagliato modificare il sistema delle carriere se l’unico obiettivo fosse quello di risparmiare sulle pensioni, ignorando il suo impatto rilevante sul personale in attività delle istituzioni dell’UE.

5.3. Divario tra prestazioni a favore dei dipendenti del settore pubblico e del settore privato

In quasi tutti gli Stati membri i funzionari sono soggetti a regimi separati, tra cui spesso un regime previdenziale distinto. Diversi motivi giustificano l’applicazione di tali regimi speciali, nonché prestazioni pensionistiche eventualmente superiori a quelle offerte dai regimi generali. Innanzi tutto, le prestazioni previdenziali vanno considerate come una quota differita dello stipendio del funzionario pagata al momento del pensionamento e come una componente importante di un pacchetto completo offerto ai dipendenti pubblici. In secondo luogo, la prospettiva di pensioni più elevate nella pubblica amministrazione consente di attirare personale altamente qualificato, anche quando lo stipendio percepito nel settore privato per una posizione paragonabile con un livello di responsabilità analogo è più alto.

Offrendo prestazioni pensionistiche più elevate, gli Stati membri tengono conto del fatto che per certi profili professionali il livello della retribuzione è inferiore rispetto al settore privato e quindi dev’essere compensato da prestazioni previdenziali superiori. Tuttavia, come rileva il Libro verde, gli Stati membri sono in linea generale responsabili della concezione e dell’organizzazione dei loro sistemi pensionistici e delle prestazioni previdenziali. Il divario tra le prestazioni a favore dei dipendenti pubblici e il livello delle pensioni nel settore privato è la questione primaria di cui devono tenere conto gli Stati membri, che hanno il compito di ristrutturare i sistemi previdenziali in modo da garantire che siano adeguati, sostenibili e sicuri.

Per quanto concerne la questione dell’esistenza di un divario tra le prestazioni pensionistiche a favore del personale dell’UE e quelle erogate nel settore privato è importante considerare che, come spiegato sopra, il confronto delle prestazioni pensionistiche a favore dei funzionari dell’UE, che sono per lo più espatriati, va effettuato innanzi tutto rispetto a soggetti che assumono personale analogo e presentano strutture di carriera e retributive simili, vale a dire altre organizzazioni internazionali, servizi diplomatici nazionali e servizi delle amministrazioni centrali degli Stati membri. Per quanto concerne il settore privato, il confronto non si dovrebbe basare solo sulle pensioni, bensì dovrebbe essere molto più ampio e comprendere altri aspetti, quali i livelli retributivi generali e la progressione delle carriere, a causa dell’enorme divario tra settore pubblico e privato in questo ambito.

Infine, non si dovrebbe dimenticare che molte società multinazionali private offrono fondi pensione integrativi e prestazioni pensionistiche aggiuntive per attirare e trattenere personale qualificato.

5.4. Costi del regime previdenziale per le istituzioni dell’UE

Dallo studio Eurostat 2010 emerge che il regime delle pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’UE non è ancora maturo e che il numero di pensionati e la relativa spesa pensionistica sono destinati ad aumentare finché il sistema non giungerà a maturazione. Poiché il PSEO opera come fondo figurativo, il personale paga i diritti a pensione acquisiti in un dato anno versando il contributo previdenziale, che copre un terzo del costo attuariale dei diritti a pensione. Tale contributo, insieme al contributo del datore di lavoro (che non è versato), è considerato investito in obbligazioni a lungo termine emesse dagli Stati membri. Ai fini del confronto, questo sarebbe l’approccio più prudente da adottare per un fondo pensione privato, che offre rendimenti bassi rispetto a un fondo misto.

Nella valutazione dell’equilibrio attuariale del PSEO effettuata nel 2010, Eurostat ha calcolato che il costo previdenziale complessivo, che dovrebbe essere versato al fondo per coprire i diritti a pensione acquisiti nel 2011, sarebbe pari a 1 206 milioni di EUR. I funzionari dell’UE pagano un terzo dell’importo, ossia 402 milioni di EUR, corrispondente all’11% dei loro stipendi base. Quindi la quota a carico del datore di lavoro nel 2011 è pari a 804 milioni di EUR. In assenza di cambiamenti significativi negli altri parametri, il costo totale dei diritti a pensione, e di conseguenza il contributo del datore di lavoro, probabilmente si manterrà invariato.

5.5. Ruolo delle pensioni nel pacchetto retributivo globale del personale dell’UE

Nel valutare una proposta di lavoro, è probabile che i candidati meno giovani tengano in maggiore considerazione il ruolo delle pensioni nel pacchetto retributivo rispetto ai più giovani. Inoltre, i candidati che in precedenza hanno lavorato nel settore privato o pubblico hanno acquisito una certa esperienza e sensibilità in merito agli aspetti del pensionamento. I candidati che lasciano un sistema che conoscono bene per entrare in un sistema nuovo, poco familiare, probabilmente prestano una particolare attenzione alle novità. Infine, i candidati che privilegiano la sicurezza (del posto di lavoro) e una carriera prevedibile rispetto a stipendi eccellenti in un’occupazione meno stabile sono più attenti al regime pensionistico. Il tipico funzionario neoassunto alle istituzioni UE rientra con tutta probabilità in una di queste categorie.

Poiché di solito le istituzioni assumono persone che hanno cominciato la loro carriera altrove e che quindi hanno un’età media di 35 anni, si ritiene che l’importanza del sistema pensionistico nell’ambito del pacchetto retributivo globale per queste persone sia superiore rispetto, ad esempio, ai dipendenti pubblici degli Stati membri che cominciano la loro carriere nella pubblica amministrazione subito dopo la laurea. Il fatto che quasi tutti i nuovi assunti abbiano precedentemente lavorato altrove è attestato anche dal numero di trasferimenti al PSEO di diritti pensionistici acquisiti al di fuori delle istituzioni. In media, i funzionari in attività di servizio al 31 dicembre 2009 hanno trasferito al PSEO 1,6 anni di diritti acquisiti, derivanti da un periodo di lavoro molto più lungo negli Stati membri.

Un’altra caratteristica dei nuovi assunti nelle istituzioni, collegata anch’essa al fatto che hanno un’età relativamente più alta, è che molti di loro hanno già una famiglia o sono in procinto di crearla al momento dell’assunzione. È probabile che la loro situazione personale induca i candidati a considerare attentamente le prestazioni sociali, ivi comprese le pensioni, e a confrontarle con le altre opzioni disponibili.

Benché la Commissione non abbia effettuato ricerche specifiche sull’argomento, che appare anche piuttosto difficile da valutare metodologicamente, è ragionevole concludere che le pensioni svolgono un ruolo significativo nella decisione dei potenziali dipendenti di scegliere una carriera presso le istituzioni dell’UE.

5.6. Necessità future delle istituzioni dell’UE di assumere e trattenere personale

Benché il fabbisogno di nuovo personale per il periodo 2011-2013 presso la Commissione sia stimato in 1 393 funzionari AD e 1 251 funzionari AST[26], nell’ambito del quadro finanziario 2014 - 2020 la Commissione propone di ridurre del 5% il personale in ciascuna istituzione dell’UE nel periodo 2013 – 2017, in parte mediante la mancata sostituzione di coloro che vanno in pensione o il cui contratto giunge a scadenza.

Occorre rilevare la presenza di un crescente squilibrio geografico tra cittadini di diversi Stati membri, particolarmente evidente per determinate nazionalità. Questo è dovuto principalmente al fatto che le istituzioni dell’UE hanno difficoltà a offrire condizioni di lavoro sufficientemente interessanti a potenziali dipendenti provenienti da quegli Stati membri.

Le prestazioni previdenziali devono assolutamente essere considerate parte del pacchetto che consente di assumere e trattenere i candidati più qualificati di tutti gli Stati membri, ivi compresi i paesi con gli stipendi più alti e il mercato del lavoro più competitivo.

5.7. Garantire che le prestazioni previdenziali future siano eque per tutto il personale dell’UE

La garanzia che le prestazioni previdenziali future siano eque per tutta la forza lavoro è una questione concettuale che gli Stati membri devono affrontare in sede di riforma dei rispettivi sistemi pensionistici. Occorre infatti tutelare i diritti acquisiti e nel contempo garantire che le prestazioni previdenziali e l’onere di fornirle siano distribuiti equamente tra le diverse generazioni.

In una certa misura, le istituzioni dell’UE devono affrontare gli stessi problemi. A seguito della riforma dello statuto nel 2004, ora le norme che si applicano al personale assunto prima e dopo la data di entrata in vigore della riforma del 2004 sono leggermente diverse, poiché al personale allora già in servizio si applicano disposizioni transitorie, in linea con il principio della tutela dei diritti acquisiti e della non discriminazione.

Secondo la proposta della Commissione, al personale assunto prima dell’entrata in vigore della proposta stessa dovrebbero applicarsi norme transitorie analoghe a quelle del 2004 per quanto concerne l’innalzamento dell’età normale di pensionamento. Tali norme transitorie determineranno una maggiore coerenza tra la situazione dei colleghi assunti prima del 2004 e quella di chi è stato assunto dopo.

5.8. Ripartizione del rischio tra le istituzioni dell’UE (datore di lavoro) e i dipendenti

Il regime delle pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’UE non è direttamente esposto a rischi di investimento perché i contributi non vengono versati a un fondo reale e di conseguenza il capitale non viene investito. L’articolo 10 dell’Allegato XII dello statuto stabilisce: “I tassi d’interesse da prendere in considerazione per i calcoli attuariali sono basati sui tassi d’interesse medi osservati in relazione al debito pubblico a lungo termine degli Stati membri …". Quindi è come se i contributi fossero versati a un fondo figurativo e il capitale corrispondente investito nelle obbligazioni degli Stati membri. Si tratta probabilmente dell’investimento più prudente disponibile, per cui il tasso di rendimento è piuttosto basso.

Se si dovesse ristrutturare il sistema previdenziale in modo tale da introdurre un elemento di rischio, occorrerebbe tener presente che il personale delle istituzioni dell’UE potrebbe essere disposto ad accettare un rischio più elevato in cambio di un tasso di rendimento più alto, il quale renderebbe necessaria un’aliquota di contributo inferiore per mantenere in equilibrio il sistema. Tuttavia, poiché le istituzioni hanno un obbligo di diligenza nei confronti del loro personale, resta il problema di fornire risorse aggiuntive qualora il fondo non riesca a pagare le pensioni.

L’onere finanziario del contributo al sistema previdenziale non è un rischio in questo senso. Un terzo dell’onere è a carico del personale delle istituzioni e i rimanenti due terzi sono coperti dal bilancio dell’UE, finanziato a sua volta dai contribuenti dell’UE.

A questo proposito i sistemi vigenti negli Stati membri sono diversi. Non è raro che i funzionari pubblici non contribuiscano affatto alle loro pensioni. Gli Stati membri hanno fornito le seguenti informazioni sulla ripartizione dell’onere tra datore di lavoro e dipendenti.

Quota del contributo previdenziale a carico del dipendente e del datore di lavoro nei regimi pensionistici applicabili ai funzionari delle amministrazioni centrali degli Stati membri

Stato membro || Contributo a carico del dipendente (%) || Contributo a carico del datore di lavoro (%)

AT || 33,3% || 66,7%

BE || 0%[27] || 100%

BG || Non specificato || Non specificato

CY || Non specificato || Non specificato

CZ || 23,2% || 76,8%

DE || 0% || 100%

DK || 0% || 100%

EE || 0% || 100%

EL || 33,3% || 66,7%

ES || 16,6% || 83,4%

FI || 18,2% - 22% a seconda dell’età || 81,8% - 78%

HU || 28,4% || 71,6%

IE || Non specificato || Non specificato

IT || 26,7% || 73,3%

LT || 11,4% || 88,6%

LU || 50% || 50%

LV || 27,2% || 72,8%

MT || 33,3% || 66,7%

NL || 30% || 70%

PL || 50% o 20% o 100%, a seconda del regime || 50% o 80% o 0%, a seconda del regime

PT || 40% o 33,3%, a seconda del regime || 60% o 66,7%, a seconda del regime

RO || 25,4% - 33,5% || 74,6% - 66,5%

SE || 0% || 100%

SI || 63,6% || 36,4%

SK || 29,2% || 70,8%

UK || 7,4% o 15,6% || 92,6% o 84,4%

NB: la Francia non figura nella tabella perché non ha risposto al questionario.

5.9. Una più ampia politica dell’UE in materia di personale e risorse umane per incoraggiare l’allungamento della vita lavorativa e risparmi adeguati per il pensionamento

Nella sua proposta la Commissione suggerisce di innalzare l’età normale di pensionamento e di potenziare la possibilità di lavorare oltre l’età della pensione. La Commissione studierà le misure in materia di risorse umane a favore dei dipendenti più anziani, oltre a quelle già previste nello statuto, ad esempio la possibilità di lavorare a orario ridotto per prepararsi al collocamento a riposo, con versamento di una piccola integrazione. Alcune di queste misure non richiedono modifiche dello statuto e verrebbero attuate dalle istituzioni dell’UE.

6. Risparmi derivanti dalla proposta della Commissione

Mentre i risparmi nei costi previdenziali derivanti dalla riforma del 2004 dello statuto continueranno ad aumentare nel corso del tempo, la proposta della Commissione, se sarà adottata, determinerà ulteriori risparmi. Diverse modifiche dello statuto proposte dalla Commissione sono intese a limitare direttamente il costo delle pensioni, tra cui le seguenti: innalzamento dell’età normale di pensionamento da 63 a 65 anni, posticipazione effettiva dell’età di pensionamento obbligatorio fino a 67 anni e limitazione dell’accesso al pensionamento anticipato innalzando l’età minima di pensionamento da 55 a 58 anni.

Inoltre, sono state proposte modifiche dello statuto che, pur non essendo direttamente collegate al costo previdenziale, incidono sul costo complessivo delle pensioni limitando gli stipendi finali sui quali vengono calcolate le prestazioni previdenziali. Le carriere dei funzionari AST con mansioni di segreteria verrebbero riviste e limitate con la creazione di un nuovo gruppo di funzioni (AST/SC). Per gli altri funzionari AST, l’accesso ai gradi più alti (AST 10 e 11) verrebbe limitato collegandoli a maggiori responsabilità. Il proposto taglio del 5% del personale determinerebbe un numero inferiore di futuri beneficiari e ridurrebbe anche i futuri costi previdenziali.

Da un’analisi dell’impatto di queste modifiche emerge che la proposta della Commissione ridurrà considerevolmente i costi previdenziali nel lungo periodo. La Commissione presenta i risparmi relativi alle pensioni da tre angolazioni: impatto sulla spesa pensionistica nel lungo periodo, impatto sul costo previdenziale da finanziare ogni anno e impatto sulla passività pensionistica.

I tre approcci sono complementari. La valutazione dei risparmi previdenziali nel lungo periodo si concentra sul momento del pagamento delle pensioni (approccio del flusso di cassa). Il costo previdenziale è incentrato sul momento in cui vengono acquisiti e finanziati i diritti a pensione (metodo della proiezione dell’unità di credito). Infine, la passività pensionistica è incentrata sui diritti a pensione accumulati a una data di riferimento (di norma il 31 dicembre di ogni anno).

6.1. Impatto a lungo termine della proposta della Commissione sulla spesa pensionistica

Utilizzando la metodologia e le ipotesi dello studio Eurostat 2010 per misurare gli effetti della proposta della Commissione (ivi compreso il taglio del 5% del personale), risulta che la spesa pensionistica annua aumenterebbe più lentamente nel periodo della proiezione (2013 - 2059)[28]. La simulazione dimostra che se la proposta della Commissione entrasse in vigore il 1° gennaio 2013, la spesa pensionistica annua dopo il 2060 si ridurrebbe di altri 500 milioni di EUR. Questo risultato si aggiungerebbe al risparmio di 1 047 milioni di EUR determinato dalla riforma del 2004 dello statuto, per un risparmio totale annuo nel 2059 di 1 550 milioni di EUR. Questo significa che la proposta della Commissione, se fosse in vigore dal 2013, porterebbe a un ulteriore risparmio del 50% circa nella spesa pensionistica annua.

La tabella che segue riporta il risparmio totale stimato per la spesa pensionistica annua nel 2059 (a prezzi costanti) determinato dalla riforma del 2004 e dalla proposta della Commissione, se questa entrasse in vigore il 1° gennaio 2013.

Tabella: analisi dell’impatto della proposta della Commissione e della riforma del 2004 (in milioni di EUR) sulla spesa pensionistica annua a lungo termine (2059)

Voce || Prezzi 2008

Impatto complessivo della riforma del 2004: || 1047

- Coefficienti correttori || 120

- Istituzione nel 2004 della figura di agente contrattuale || 300

- Progressione retributiva dovuta ad anzianità e promozioni || -227

- Livello dello stipendio iniziale || 321

- Aliquota di rendimento || 106

- Tabella di pensionamento || 426

Impatto complessivo della proposta della Commissione || 500

Impatto complessivo della proposta della Commissione e della riforma del 2004 || 1547

6.2. Impatto della proposta della Commissione sul costo previdenziale

L’aliquota di contributo è calcolata ogni anno per finanziare i diritti a pensione che saranno acquisiti nell’anno successivo (costo previdenziale) a prescindere dalla data in cui sarà erogata la pensione corrispondente. Il costo previdenziale rappresenta l’importo che sarebbe versato nel fondo pensione, se esistesse.

Tuttavia, il costo previdenziale può misurare solo quegli aspetti della proposta della Commissione che riducono direttamente il costo delle pensioni, ossia l’innalzamento dell’età normale di pensionamento da 63 a 65 anni, la posticipazione dell’età di pensionamento obbligatorio fino a 67 anni e la limitazione dell’accesso al pensionamento anticipato innalzando l’età minima di pensionamento da 55 a 58 anni[29]. Sono tralasciati altri fattori che limitano indirettamente il costo complessivo delle pensioni (vedi sopra).

Se la proposta della Commissione fosse in vigore[30], il costo previdenziale si ridurrebbe del 9,5% rispetto al costo calcolato attualmente al 31 dicembre 2010[31], ossia sarebbe di 1 092 milioni di EUR contro 1 206 milioni di EUR. Tuttavia, il risparmio si evidenzierebbe solo nel lungo periodo, una volta che i nuovi parametri saranno applicati a tutto il personale in attività. Il risparmio probabilmente sarà trascurabile nel breve termine e aumenterà gradualmente ogni anno, fino a raggiungere il 9,5% circa a seguito dell’attuazione di misure transitorie.

Il calcolo dell’attuale costo previdenziale si fonda sull’ipotesi che il personale assunto prima e dopo la riforma dello statuto del 2004 andrà in pensione rispettivamente all’età di 63 e 64 anni. Il risultato è stato confrontato con il costo previdenziale calcolato in base alle ipotesi derivanti dalla proposta della Commissione (età minima di pensionamento di 65 anni e età massima di pensionamento di 67). Si è tenuto conto anche delle modifiche dell’età minima di pensionamento, della penalizzazione per il pensionamento anticipato e degli incentivi per il pensionamento tardivo.

6.3. Impatto della proposta della Commissione sulla passività del PSEO

La proposta della Commissione inciderebbe sulla passività del PSEO perché i parametri di calcolo dovrebbero essere aggiornati di conseguenza[32]. La passività lorda al 31 dicembre 2010 è stata valutata in 37 702 milioni di EUR, compresi gli assegni familiari e l’effetto dei coefficienti correttori.

L’innalzamento dell’età normale di pensionamento da 63 a 65 anni offre un maggiore incentivo al pensionamento tardivo (lavoro fino a 67 anni) e l’accesso limitato al pensionamento anticipato (innalzando l’età minima di pensionamento da 55 a 58 anni) è destinato a ridurre la passività del PSEO.

Le misure di cui sopra hanno un impatto solo sulla passività degli aderenti che versano i contributi, valutata in 21 246 milioni di EUR al 31 dicembre 2010 (56% della passività totale del PSEO).

I risparmi sulla spesa pensionistica generati dalla proposta della Commissione a livello individuale dipendono dall’età dell’interessato. I maggiori risparmi riguarderanno il personale più giovane, di età inferiore ai 30 anni al 1° maggio 2013, mentre le misure transitorie non consentiranno risparmi in relazione al personale di età pari o superiore a 59 anni.

Le simulazioni dimostrano che la proposta della Commissione ridurrebbe del 14,5% la passività di tutti gli aderenti che versano contributi; questo significa che la passività al 31 dicembre 2010 sarebbe di 18 166 milioni di EUR contro gli attuali 21 246 milioni di EUR.

7. Conclusioni

Alla luce delle precedenti considerazioni, la Commissione trae le seguenti conclusioni:

– per quanto concerne l’aliquota di rendimento, la base di calcolo della pensione, l’aliquota massima possibile e l’aliquota di contributo del personale, il PSEO è pienamente in linea con i regimi degli Stati membri. Per quanto concerne alcuni aspetti quali il livello del contributo del dipendente, il PSEO è allineato ai regimi degli Stati membri con l’aliquota più elevata. Per quanto concerne le questioni di cui sopra, il PSEO è in linea anche con il Libro verde.

– Le istituzioni dell’UE risultano entro i limiti dei regimi applicati dagli Stati membri ai funzionari nazionali per quanto riguarda l’età normale di pensionamento. Tuttavia, al fine di conformarsi pienamente agli orientamenti del Libro verde, occorre attuare le misure definite nella proposta della Commissione. In particolare, occorre limitare il pensionamento anticipato innalzando l’età minima di pensionamento a 58 anni e abbassando al 5% il numero di pensionamenti anticipati senza riduzione dei diritti a pensione, garantire l’allungamento della vita lavorativa innalzando a 65 anni l’età normale di pensionamento e posticipare a 67 anni l’età obbligatoria di pensionamento. Con queste misure la Commissione si allineerebbe agli Stati membri più avanzati, mentre molti devono ancora attuare riforme analoghe.

– Se si decidesse di studiare l’istituzione di un fondo pensione effettivo, tale misura determinerebbe maggiori spese per il regime previdenziale nel breve e medio termine. Tuttavia, ridurrebbe i costi previdenziali nel lungo termine, poiché la spesa pensionistica sarebbe parzialmente o totalmente finanziata dal fondo pensione, a seconda della soluzione adottata.

– Le misure contenute nella proposta della Commissione, se adottate, avrebbero un impatto considerevole in termini di riduzione dei costi per le pensioni nel lungo periodo. La spesa pensionistica annua scenderebbe di circa 500 milioni di EUR e il costo previdenziale – che rispecchia l’ammontare da investire nel fondo pensione effettivo, se esistesse – si ridurrebbe del 9,5%. Le misure avrebbero un impatto immediato sulla quota della passività pensionistica per il personale in attività, che diminuirebbe del 14,5%.

[1]               La cifra tiene conto della decisione del Consiglio (2011/866/UE) del 19 dicembre 2011 di non adottare la proposta della Commissione di adeguare retribuzioni e pensioni.

[2]               COM (2008/443).

[3]               SEC (2010) 989.

[4]               SEC (2010) 989, pag. 3.

[5]               In appresso “riforma del 2004”.

[6]               SEC (2010/830).

[7]               Robert Palacios, Edward Whitehouse. Civil-service Pension Schemes Around the World. Maggio 2006. documento di discussione SP n. 0602. Banca mondiale.

[8]               Con l’eccezione delle agenzie finanziariamente autonome, che versano al bilancio UE la parte del contributo del datore di lavoro.

[9]               Il personale in attività ha versato i contributi per i diritti a pensione acquisiti.

[10]             L’International Public Sector Accounting Standard (IPSAS) 25 è l’equivalente dell’International Accounting Standard (IAS) 19 che si applica al settore privato.

[11]             Fonte: Libro verde.

[12]             Nelle tabelle che seguono, “D” sta per “Donne” e “U” sta per “Uomini”.

[13]             Per il personale assunto anteriormente al 1° maggio 2004 l’aliquota di rendimento è del 2%.

[14]             Per quanto riguarda la Francia, poiché non sono stati forniti dati a Eurostat, le informazioni contenute nella presente relazione si basano sul portale della seguente autorità pubblica francese: http://www.info-retraite.fr/index.php?id=144

[15]             Le cifre in euro sono calcolate al tasso di cambio del 1° luglio 2011, 1€=7,4592 DKK.

[16]             https://www.workindenmark.dk/Find%20information/Til%20arbejdstagere/Naar%20du%20 arbejder%20i%20Danmark/Pension/Folkepension.aspx

[17]             I tassi di sostituzione indicano il livello delle pensioni in dell’ultima retribuzione percepita.

[18]             Per il 2012 la Commissione ha proposto un’aliquota di contributo al regime delle pensioni dell’11,0%.

[19]             Joint Report on Pensions 2010: Relazione congiunta sulle pensioni 2010 a cura del comitato di politica economica, del comitato per la protezione sociale e dei servizi della Commissione, pagg. 25 e 26.

[20]             Danimarca: regime pensionistico del mercato del lavoro; Polonia: nuovo regime pensionistico: fondo pensione aperto.

[21]             Nei regimi a capitalizzazione le prestazioni promesse sono finanziate con un fondo di attivi accantonati e investiti per far fronte agli impegni di erogazione delle prestazioni.

[22]             Fonte: calcoli del sottogruppo “indicatori” del comitato per la protezione sociale. I calcoli si basano sui tassi di sostituzione teorici per dipendenti del settore privato, con una carriera quarantennale ininterrotta (da 25 a 65 anni), e retribuzioni medie. La quota di reddito derivante da regimi pensionistici a capitalizzazione obbligatori probabilmente sarà inferiore a quella presentata nel grafico per una serie di Stati membri, dove le aliquote di contribuzione ai regimi a capitalizzazione sono state ridotte (temporaneamente o permanentemente) a seguito della recente crisi economica.

[23]             http://www.unjspf.org/UNJSPF_Web/page.jsp?role=info&page=Invest&lang=eng

[24]             Cfr. Civil Services in the EU of 27, Reform Outcomes and the Future of the Civil Service, di C. Demmke, e T. Moilanen, ed. Peter Lang, 2010, pag.98. Cfr. anche tabella 13, pag. 99.

[25]             L’articolo 77, quarto comma, dello statuto stabilisce che l’ammontare della pensione di anzianità non può essere inferiore al 4% del minimo vitale per ogni anno di servizio.

[26]             Human Resources Report 2011, pag. 43.

[27]             Si noti che in Belgio il dipendente versa un contributo del 7,5% per finanziare solo le pensioni di reversibilità.

[28]             Va notato che lo studio Eurostat 2010 sull’incidenza di bilancio a lungo termine dei costi previdenziali non è stato aggiornato. I risparmi previdenziali presentati in questa parte sono stati calcolati con una metodologia semplificata.

[29]             L’impatto sul costo previdenziale annuo, espresso in percentuale, è rappresentativo del costo previdenziale dell’intera carriera (ossia il totale delle prestazioni da erogare fino al decesso del titolare) a parità degli altri presupposti (ceteris paribus).

[30]             Simulazione basata sulla popolazione attiva al 31.12.2010, che esclude qualsiasi impatto dovuto a modifiche nella struttura demografica.

[31]             Valutazione delle pensioni al 31.12.2010 basata su parametri e presupposti dello statuto in vigore a decorrere dal 2004.

[32]             La passività del PSEO, denominata anche “obbligazione a prestazioni definite”, è determinata attualizzando i futuri flussi finanziari in uscita stimati per i periodi passati sulla base dei tassi di interesse di obbligazioni governative espresse nella valuta nella quale saranno pagate le prestazioni, e con scadenze prossime a quelle del PSEO. La passività corrisponde ai diritti a pensione acquisiti dal personale in attività (contributi pensionistici) e ai trasferimenti da altri regimi pensionistici.