4.10.2012 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 299/158 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al riciclaggio delle navi»
COM(2012) 118 final — 2012/0055 (COD)
2012/C 299/29
Relatore: SIECKER
Il Consiglio, in data 10 aprile 2012, e il Parlamento europeo, in data 19 aprile 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al riciclaggio delle navi
COM(2012) 118 final — 2012/0012 (COD).
La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 26 giugno 2012.
Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta del 12 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 122 voti favorevoli, 31 voti contrari e 6 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
La demolizione delle navi avviene in maniera irresponsabile: la maggior parte di esse viene infatti demolita con il cosiddetto metodo dell'arenamento (beaching), mediante il quale le navi vengono fatte incagliare sulle spiagge di India, Bangladesh e Pakistan e, successivamente, smantellate da personale non qualificato (tra cui molti bambini), senza gli strumenti adeguati e senza alcuna protezione contro le numerose sostanze nocive rilasciate nel corso dell'operazione. |
1.2 |
Le navi giunte al termine del loro ciclo di vita vengono considerate come rifiuti pericolosi e rientrano nel campo di applicazione della Convenzione di Basilea, che disciplina il trasporto di questo tipo di rifiuti. Poiché le norme di detta Convenzione vengono eluse da anni in maniera sistematica e massiccia, nel 2009 l'IMO ha adottato la Convenzione di Hong Kong per un riciclaggio delle navi sicuro e compatibile con l'ambiente. L'UE e i suoi Stati membri sono giunti alla conclusione che entrambe le Convenzioni sembrano offrire un livello di controllo e di esecuzione equivalente per le navi classificate come rifiuti. Tutti gli Stati africani e un certo numero di paesi dell'America latina non concordano con questa conclusione. La Convenzione di Hong Kong dovrebbe entrare in vigore verso il 2020, a condizione che venga ratificata da un numero sufficiente di Stati. |
1.3 |
La responsabilità dell'Unione europea in questo settore è considerevole, in quanto gran parte della flotta mondiale è in mano ad armatori provenienti dagli Stati membri dell'UE. È da tempo che gli sviluppi in questo settore sono fonte di grande preoccupazione per la Commissione che, alcuni anni fa, ha pertanto deciso di affrontare il problema. Negli ultimi cinque anni, la Commissione ha pubblicato un Libro verde in materia, seguito da un documento strategico e, adesso, da una proposta di regolamento. Il regolamento dell'UE proposto prevede l'applicazione anticipata di alcuni requisiti della Convenzione di Hong Kong. |
1.4 |
La proposta di regolamento relativo al riciclaggio delle navi risulta meno incisiva rispetto al Libro verde e al documento strategico pubblicati in precedenza sullo stesso tema. I due documenti analizzano con precisione i problemi relativi al riciclaggio delle navi, in particolare in Bangladesh, India e Pakistan, ed esprimono la convinzione che occorra adottare delle misure severe al fine di contrastare la situazione intollerabile che si osserva in questi paesi. Le misure previste dalla proposta di regolamento in esame, tuttavia, non consentono di risolvere realmente i problemi esistenti. Al Comitato economico e sociale europeo (CESE) non resta che constatare la chiara assenza di volontà politica necessaria a tal fine. |
1.5 |
La proposta non prevede ad esempio nessuno strumento economico con cui la Commissione possa orientare l'evoluzione auspicata - strumento a cui invece i documenti precedenti facevano riferimento. La Commissione ha inoltre fatto eseguire uno studio sulla possibilità di istituire un fondo a cui ogni nave che attracca in un porto europeo sarebbe tenuta a versare un contributo, determinato in funzione sia della stazza che della tossicità dell'imbarcazione. L'istituzione di un fondo simile rappresenterebbe un'ottima applicazione del principio "chi inquina paga". Parte di questi contributi potrebbero essere utilizzati per migliorare le condizioni di lavoro nel Sud-Est asiatico, garantendo la formazione dei lavoratori in materia di sicurezza e salute sul posto di lavoro, sensibilizzando a livello locale sui pericoli connessi alla demolizione irresponsabile delle grandi navi per la navigazione marittima e migliorando le infrastrutture pubbliche locali. |
1.6 |
Il CESE esorta la Commissione a esplorare la possibilità di utilizzare i contributi del fondo per sviluppare le capacità di demolizione e realizzare una filiera di riciclaggio in Europa. L'UE dispone di sufficiente capacità di messa in bacino, che non viene più sfruttata (o lo è solo in parte) per la costruzione e la riparazione delle navi, ma che risulta idonea per lo smantellamento e il riciclaggio di queste ultime. Questa prospettiva è perfettamente in linea con l'ambizione dell'Unione europea di divenire una "società sostenibile basata sul riciclaggio", dove i rifiuti vengono trasformati in materie prime grazie a un sistema di riciclaggio intelligente e capillare. Ciò potrebbe generare un elevato profitto economico sotto forma di materiali pregiati, che potrebbero soddisfare in gran parte la domanda di materie prime e creare numerosi nuovi posti di lavoro. Dato il costante aumento dei prezzi delle materie prime e l'elevato tasso di disoccupazione registrato in diversi Stati membri dell'UE, questo sviluppo potrebbe andare a vantaggio dell'Europa nel suo complesso. Inoltre, la realizzazione di una filiera specializzata nel riciclaggio di navi al termine del loro ciclo di vita rappresenterebbe un'opportunità per lo sviluppo dei territori marittimi, per la formazione dei giovani nelle professioni emergenti e per i disoccupati. |
1.7 |
Se l'Europa vuole che le sue navi vengano demolite in maniera responsabile, è plausibile che anch'essa contribuisca finanziariamente alla costruzione delle capacità necessarie affinché ciò avvenga correttamente. In un'economia di mercato niente è gratis, tutto ha un prezzo. Per una demolizione responsabile delle navi questo prezzo viene pagato in denaro. Per una demolizione irresponsabile delle navi, parte di tale prezzo viene pagato con altri valori, come la distruzione dell'ambiente locale e la perdita di vite umane. Poiché non intendiamo accettare che i valori all'interno dell'UE diventino un mezzo di pagamento legittimo, non dobbiamo nemmeno permettere che essi vengano utilizzati nell'ambito delle operazioni di pagamento con i paesi terzi. La Commissione potrebbe porre una maggiore enfasi su questo aspetto. Il CESE ritiene infatti che la Commissione avrebbe dovuto avanzare una proposta migliore, più creativa, più audace e più innovativa, che rispecchiasse meglio il livello di ambizione dei documenti precedenti della Commissione stessa e dei relativi pareri del Comitato. |
1.8 |
Il CESE raccomanda che, in vista di autorizzare il riciclaggio delle navi in impianti situati in paesi che non fanno parte dell'OCSE - a condizione che rispettino i requisiti per figurare nell'elenco europeo - il regolamento si basi in particolare sulle vigenti linee guida delle organizzazioni internazionali pertinenti (1), nonché sulla Convenzione di Basilea stessa e sui suoi orientamenti tecnici. |
2. Introduzione
2.1 |
Alla fine degli anni '80 del secolo scorso, le spedizioni di rifiuti tossici dai paesi industrializzati verso quelli in via di sviluppo hanno provocato uno scandalo a livello internazionale: le notizie relative agli 8 000 fusti di rifiuti chimici abbandonati sulla spiaggia di Koko, in Nigeria, e a navi come la Karin B in cerca di un porto in cui liberarsi del carico di rifiuti pericolosi hanno riempito le prime pagine dei giornali. A seguito di tali avvenimenti è stato chiesto un quadro giuridico internazionale più rigoroso: nel 1989 venne pertanto adottata la Convenzione di Basilea delle Nazioni Unite, che istituiva una disciplina intesa a controllare le spedizioni transfrontaliere di rifiuti pericolosi. |
2.2 |
La Convenzione di Basilea prevede un sistema internazionale di notifiche e autorizzazioni scritte preventive tra i paesi per le spedizioni di rifiuti pericolosi. Una modifica adottata nel 1995 istituisce inoltre un divieto alle esportazioni di rifiuti pericolosi dai paesi membri dell'UE e dell'OCSE ai paesi non appartenenti all'OCSE. Sia la Convenzione di Basilea che la relativa modifica sul divieto alle esportazioni sono state recepite nell'ordinamento giuridico dell'UE (2). |
2.3 |
Sebbene le navi non siano esenti dalla normativa sulle spedizioni di rifiuti, e benché la Convenzione di Basilea abbia già stabilito che, a partire da un determinato momento, le navi possono essere considerate dei rifiuti, esse continuano allo stesso tempo a rispondere alla definizione di "nave" ai sensi di altre norme internazionali. Dato che quasi tutte le navi contengono quantitativi significativi di materiali pericolosi, tra cui oli, morchie, amianto, lana di vetro, PCB, TBT e metalli pesanti (presenti soprattutto nelle vernici), quelle destinate alla rottamazione devono essere considerate come rifiuti pericolosi. Di conseguenza, navi di questo tipo, battenti bandiera di uno Stato membro dell'UE, se vengono esportate da paesi dell'OCSE, possono essere smantellate esclusivamente nei paesi OCSE, conformemente alla Convenzione di Basilea. |
2.4 |
Tuttavia, poiché tale normativa viene elusa sistematicamente dalle navi, né le norme internazionali né la legislazione dell'UE ottengono i risultati auspicati. Per migliorare la situazione, le parti della Convenzione di Basilea hanno invitato l'Organizzazione marittima internazionale (International Maritime Organisation - IMO) a definire dei requisiti vincolanti per il riciclaggio delle navi. L'IMO ha presentato nel 2006 un progetto di Convenzione, adottato nel 2009 sotto forma di Convenzione di Hong Kong per un riciclaggio delle navi sicuro e compatibile con l'ambiente ("Convenzione di Hong Kong"). Essa potrà entrare in vigore e iniziare a produrre effetti soltanto quando sarà stata ratificata da un numero sufficiente di grandi Stati di bandiera e Stati di riciclaggio. |
2.5 |
Nel 2006, le parti della Convenzione di Basilea hanno accolto con favore il progetto di Convenzione dell'IMO e hanno avviato una valutazione preliminare intesa ad accertare se la Convenzione di Hong Kong garantisse un livello di controllo e di esecuzione equivalente a quello previsto dalla Convenzione di Basilea. Nel 2010, l'UE e i suoi Stati membri hanno ultimato la loro valutazione, concludendo che le due suddette convenzioni sembrano offrire un livello di controllo e di esecuzione equivalente per le navi classificate come rifiuti. Nell'ottobre 2011, le parti della Convenzione di Basilea hanno incoraggiato la ratifica della Convenzione di Hong Kong al fine di consentirne l'entrata in vigore; si prevede che ciò non accadrà prima del 2020. Una volta entrata in vigore, la Convenzione di Hong Kong imporrà agli Stati ad essa aderenti di smantellare le loro grandi navi mercantili esclusivamente nei paesi che sono parte della Convenzione. |
2.6 |
Il ricorso a pratiche rischiose e pericolose per l'ambiente nella demolizione delle navi continua a essere fonte di notevole preoccupazione per la Commissione europea, che ne segue attentamente gli sviluppi. Nel 2007, la Commissione ha adottato il Libro verde per una migliore demolizione delle navi (3) e, nel 2008, una comunicazione che propone una strategia dell'Unione europea in materia di demolizione delle navi (4). Sulla base di tali documenti, il CESE ha elaborato in passato due pareri (5). Con il presente parere, il CESE prende posizione in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al riciclaggio delle navi (6). |
3. Contesto
3.1 |
Le decisioni sulla rottamazione di una nave vengono influenzate essenzialmente dai fattori di mercato. I costi di manutenzione di una flotta vetusta, i tassi di nolo e il prezzo dei rottami metallici determinano il momento in cui una nave deve essere smantellata. La scelta del luogo di demolizione della nave è dettata dal prezzo che viene offerto per l'esecuzione di tale operazione. Tale prezzo dipende a sua volta dalla domanda di acciaio riciclato nella zona interessata e dai costi dell'infrastruttura per la protezione dei lavoratori e dell'ambiente. Con il tempo, l'insieme di questi fattori ha fatto sì che le attività di riciclaggio delle grandi navi per la navigazione marittima si spostassero nel Sud-Est asiatico. |
3.2 |
Sul totale delle navi in disuso demolite nel mondo dal 2004, l'80 % è stato demolito in India, Pakistan e Bangladesh mediante il metodo dell'arenamento. Le navi vengono fatte incagliare su una spiaggia di sabbia e in seguito demolite senza ricorrere a macchinari pesanti. Inoltre, i suddetti paesi non dispongono delle strutture necessarie a trattare in maniera responsabile i rifiuti inquinanti e tossici. I governi dei paesi del Sud-Est asiatico interessati si rifiutano di affrontare il problema del ricorso a queste pratiche poiché considerano il riciclaggio delle navi un'attività economica essenziale, che va ostacolata il meno possibile. Essa fornisce, sì, molti posti di lavoro, ma le sue conseguenze sociali ed ecologiche sono disastrose. |
3.3 |
Le grandi navi che vengono inviate in Asia per essere demolite costituiscono uno dei principali flussi di rifiuti pericolosi provenienti dai paesi industrializzati e diretti verso i paesi in via di sviluppo. Esse contengono infatti sostanze come amianto, oli, morchie, policlorobifenili (PCB) e metalli pesanti. Nel 2004, uno studio della Commissione (DG TREN) ha stimato che la quantità delle sostanze trattate annualmente (calcolata fino al 2015) è compresa tra 1 000 e 3 000 tonnellate per l'amianto, 170 e 540 tonnellate per il PCB, 6 000 e 20 000 tonnellate per le vernici nocive e 400 000 e 1,3 milioni di tonnellate per le morchie. Benché l'impatto ambientale di tali attività sia stato raramente analizzato in dettaglio, i dati disponibili indicano che il loro impatto sulle acque marine, sul suolo delle spiagge e sui sedimenti è considerevole. L'inquinamento marino in prossimità dei cantieri di demolizione situati in India e Bangladesh è chiaramente visibile nelle foto aeree. Inoltre, alcune ONG segnalano la scomparsa della vegetazione e della fauna ittica nella zona. |
3.4 |
Le condizioni di sicurezza e di salute osservate nei cantieri di demolizione del Sud-Est asiatico sono critiche. La mancanza di macchinari pesanti e di attrezzature di sicurezza per i lavoratori aumenta considerevolmente il rischio di incidenti gravi. Secondo un rapporto del governo indiano, tra il 1996 e il 2003 si sono verificati negli impianti di Alang 434 incidenti, che hanno causato la morte di 209 persone. Da alcune relazioni provenienti dal Pakistan emerge che tra il 1986 e il 2006 più di 400 lavoratori hanno perso la vita in questo paese e 6 000 sono rimasti gravemente feriti. A queste cifre vanno aggiunte le migliaia di persone che contraggono malattie irreversibili perché entrano in contatto o inalano sostanze tossiche senza la minima precauzione o protezione. La maggior parte degli operai proviene dalle regioni più povere, non possiede alcun tipo di istruzione, lavora senza contratto e senza assicurazione sulle malattie o sugli incidenti, e non ha il diritto di costituirsi in sindacati. Uno studio realizzato in India indica inoltre un'elevata percentuale di lavoro minorile: un quarto di tutti i lavoratori ha meno di 18 anni, il 10 % addirittura meno di 12. |
4. Sintesi del regolamento
4.1 |
La proposta di regolamento relativo al riciclaggio delle navi è intesa a ridurre in modo significativo gli effetti sociali ed ecologici negativi connessi al riciclaggio delle navi battenti bandiera degli Stati dell'UE (in particolare nel Sud-Est asiatico), senza tuttavia imporre inutili oneri economici. Essa prevede l'applicazione anticipata di alcuni requisiti della Convenzione di Hong Kong e ne accelera pertanto l'entrata in vigore a livello mondiale. |
4.2 |
Verrebbero introdotti anticipatamente i requisiti della Convenzione di Hong Kong illustrati di seguito.
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4.3 |
A differenza della normativa vigente, il regolamento proposto si basa sul sistema di controllo ed esecuzione della Convenzione di Hong Kong, previsto specificamente per le navi del trasporto marittimo internazionale. In questo modo, sembra dunque possibile migliorare il rispetto della legislazione dell'Unione. Un problema considerevole connesso alla normativa in vigore è la difficoltà a determinare il momento in cui una nave diventa un rifiuto. Con il nuovo regime, gli Stati membri dell'UE saranno informati in tempo utile della data di inizio prevista e del completamento del riciclaggio. Mettendo a confronto l'elenco delle navi per le quali è stato rilasciato un certificato di inventario con l'elenco delle navi riciclate in impianti autorizzati, sarà possibile individuare più facilmente le operazioni di riciclaggio illegale. |
4.4 |
Un ulteriore ostacolo al riciclaggio responsabile è posto, oltre che dai fattori economici, dalla questione delle capacità in Europa. Le capacità sono infatti appena sufficienti per riciclare le navi da guerra degli Stati membri dell'UE e altre navi di Stato. Autorizzando il riciclaggio delle navi in impianti situati in paesi che non fanno parte dell'OCSE, a condizione che rispettino i requisiti e figurino nell'elenco europeo, il regolamento in esame consentirebbe di rimediare al problema della penuria di capacità di riciclaggio cui gli armatori possono legalmente rivolgersi. Si tratta di un aspetto sempre più importante dato che, stando alle stime, i prossimi 10 anni faranno registrare un picco nel riciclaggio delle navi. |
5. Osservazioni generali
5.1 |
La demolizione delle navi avviene in maniera irresponsabile: la maggior parte di esse viene demolita con il cosiddetto metodo dell'arenamento (beaching), mediante il quale le navi vengono fatte incagliare sulle spiagge di India, Bangladesh e Pakistan e, successivamente, smantellate da personale non qualificato (tra cui molti bambini), senza gli strumenti adeguati e senza alcuna protezione contro le numerose sostanze nocive rilasciate nel corso dell'operazione. I lavoratori vengono sfruttati senza che abbiano la possibilità di difendersi, dato che i sindacati non sono tollerati in questi settori, in particolare in Bangladesh e Pakistan. I governi non reagiscono davanti a tali abusi. Per questi paesi, si tratta di attività economiche essenziali, caratterizzate in particolare da una gestione debole e corrotta e, soprattutto in questo settore, da imprese potenti e senza scrupoli. |
5.2 |
L'interesse economico di questa attività non risiede soltanto nella creazione di occupazione ma anche, e soprattutto, nell'approvvigionamento di materie prime. Questi paesi soddisfano la maggior parte del loro fabbisogno di acciaio tramite il riciclaggio delle navi. L'interesse dell'attività in termini di occupazione è sì importante, ma controverso da un punto di vista sociale: in questo settore i lavoratori sono per lo più non qualificati, provengono dagli strati più poveri della popolazione e, sebbene abbiano un lavoro, non hanno una vera e propria occupazione, dato che sono ingaggiati a giornata. Nella concezione europea e mondiale (Organizzazione internazionale del lavoro - OIL: Un patto globale per l'occupazione, 2009), il lavoro è uno strumento che consente il sostentamento del lavoratore e della sua famiglia. Il lavoro nei cantieri di demolizione sulle spiagge del Sud-Est asiatico, invece, non permette ai lavoratori di vivere - forse a malapena di sopravvivere per un certo periodo. Nella pratica, questa attività causa il decesso di molti lavoratori, sia rapidamente, a seguito di uno dei numerosi incidenti nei cantieri, sia lentamente, a causa di una delle malattie maligne e incurabili contratte sul posto di lavoro. |
5.3 |
La responsabilità dell'Unione europea in questo settore è considerevole, in quanto gran parte della flotta mondiale è in mano ad armatori provenienti dagli Stati membri dell'UE. È da tempo che gli sviluppi in questo settore, e in particolare l'elusione massiccia delle norme stabilite dalla Convenzione di Basilea, sono fonte di grande preoccupazione per la Commissione che, alcuni anni fa, ha pertanto deciso di affrontare il problema. Negli ultimi cinque anni, la Commissione ha pubblicato un Libro verde in materia, seguito da un documento strategico e, adesso, da una proposta di regolamento. |
5.4 |
La proposta di regolamento relativo al riciclaggio delle navi risulta meno incisiva rispetto al Libro verde e al documento strategico pubblicati in precedenza sullo stesso tema. I due documenti analizzano con precisione i problemi relativi al riciclaggio delle navi, in particolare in Bangladesh, India e Pakistan, ed esprimono la convinzione che occorra adottare delle misure severe al fine di contrastare la situazione intollerabile che si osserva in questi paesi. Le misure previste dalla proposta di regolamento in esame, tuttavia, non consentono di risolvere realmente i problemi esistenti. Al CESE non resta che constatare la chiara assenza di volontà politica necessaria a tal fine; ciò non solo è deplorevole, ma anche sorprendente. In altri settori, la Commissione ha dato prova della necessaria volontà politica. |
5.5 |
Nella proposta in esame si ritrova ben poco dei piani previsti nei documenti precedenti, volti ad esempio a imporre determinati obblighi agli armatori, ai costruttori di navi e agli stivatori per garantire uno smantellamento e un riciclaggio responsabile delle navi al termine del loro ciclo economico. Le misure proposte sono poco incisive e presentano numerose lacune giuridiche. |
5.6 |
Una volta realizzate le proposte della Convenzione di Hong Kong, gli Stati che figuravano tra le parti della Convenzione di Basilea hanno valutato se il livello di controllo e di esecuzione delle due convenzioni fosse equivalente. Le parti di Basilea non hanno raggiunto alcun accordo in tal senso, mentre il giudizio dell'IMO e degli Stati membri dell'UE era positivo. Una delle cause di tale divergenza di opinioni potrebbe risiedere nel fatto che la Convenzione di Hong Kong si occupa esclusivamente della demolizione delle navi, mentre la Convenzione di Basilea è principalmente incentrata sul trattamento responsabile delle sostanze pericolose, e stabilisce inoltre dei requisiti relativi alla catena delle operazioni successive, aspetto su cui la Convenzione di Hong Kong si sofferma appena. Il CESE osserva che la proposta della Commissione tratta invece questo aspetto, seppur in termini generali, e raccomanda che, in vista di autorizzare il riciclaggio delle navi in impianti situati in paesi che non fanno parte dell'OCSE - a condizione che rispettino i requisiti per figurare nell'elenco europeo - il regolamento si basi in particolare sulle vigenti linee guida delle organizzazioni internazionali pertinenti (7), nonché sulla Convenzione stessa e sui suoi orientamenti tecnici. |
5.7 |
La proposta della Commissione si spinge oltre le disposizioni della Convenzione di Hong Kong, ma rimane comunque al di sotto rispetto alle disposizioni della Convenzione di Basilea. La Commissione ha ammesso di non voler porre troppo in alto l'asticella delle aspettative per evitare che gli Stati in cui gli smantellamenti si effettuano attualmente secondo metodi pericolosi per l'uomo e per l'ambiente rinuncino ad aderire alla Convenzione di Hong Kong; in questo caso, il regolamento fallirebbe il suo obiettivo. Questa argomentazione è discutibile: se una determinata legislazione o normativa (la Convenzione di Basilea) viene infranta a più riprese, sostituirla con un nuovo regime giuridico dal grado di esecuzione inferiore (la Convenzione di Hong Kong) non pare essere la misura più indicata per risolvere il problema. Nella sua proposta, la Commissione avrebbe potuto accordare maggiore attenzione a un migliore livello di esecuzione. |
5.8 |
I due metodi applicati più frequentemente per eludere gli obblighi della Convenzione di Basilea consistono nel cambiamento di bandiera di una nave (da quella di uno Stato membro dell'UE a quella di un paese terzo) e nella vendita della nave a un acquirente. Se la vendita avviene in acque europee, l'acquirente non può esportare la nave in un paese non membro dell'OCSE ai fini del riciclaggio, poiché è soggetto alle norme della Convenzione di Basilea. L'acquirente rilascia quindi una dichiarazione in cui afferma di non acquistare la nave per farla demolire, ma per scopi economici. Spesso tuttavia, non appena lascia le acque europee, la nave si dirige direttamente verso una delle spiagge del Sud-Est asiatico, e la dichiarazione si rivela essere falsa. |
5.9 |
Il CESE osserva che la proposta della Commissione riprende i principali elementi della Convenzione di Hong Kong, la quale prevede la ripartizione delle responsabilità tra, da un lato, gli Stati di bandiera, gli Stati di riciclaggio e gli Stati di approdo e, dall'altro, gli armatori, i costruttori di navi e gli impianti di riciclaggio. Il Comitato dubita tuttavia che tale ripartizione sia equilibrata, e avrebbe preferito che essa disciplinasse anche la posizione dei precedenti proprietari/beneficiari. |
5.10 |
La proposta non prevede ad esempio nessuno strumento economico con cui la Commissione possa orientare l'evoluzione auspicata - strumento a cui invece i documenti precedenti facevano riferimento. La Commissione ha inoltre fatto eseguire uno studio sulla possibilità di istituire un fondo a cui ogni nave che attracca in un porto europeo sarebbe tenuta a versare un contributo, determinato in funzione sia della stazza che della tossicità dell'imbarcazione. L'istituzione di un fondo simile rappresenterebbe un'ottima applicazione del principio "chi inquina paga". Parte di questi contributi potrebbero essere utilizzati per migliorare le condizioni di lavoro nel Sud-Est asiatico, garantendo la formazione dei lavoratori in materia di sicurezza e salute sul posto di lavoro, sensibilizzando a livello locale sui pericoli connessi alla demolizione irresponsabile delle grandi navi per la navigazione marittima e migliorando le infrastrutture pubbliche locali. |
5.11 |
Il CESE esorta la Commissione a esplorare la possibilità di utilizzare i contributi del fondo per sviluppare le capacità di demolizione e realizzare una filiera di riciclaggio in Europa. L'UE dispone di sufficiente capacità di messa in bacino, che non viene più sfruttata (o lo è solo in parte) per la costruzione e la riparazione delle navi, ma che risulta idonea per lo smantellamento e il riciclaggio di queste ultime. Questa prospettiva è perfettamente in linea con l'ambizione dell'Unione europea di divenire una "società sostenibile basata sul riciclaggio", dove i rifiuti vengono trasformati in materie prime grazie a un sistema di riciclaggio intelligente e capillare. Ciò potrebbe generare un elevato profitto economico sotto forma di materiali pregiati, che potrebbero soddisfare in gran parte la domanda di materie prime e creare numerosi nuovi posti di lavoro. Dato il costante aumento dei prezzi delle materie prime e l'elevato tasso di disoccupazione registrato in diversi Stati membri dell'UE, questo sviluppo potrebbe andare a vantaggio dell'Europa nel suo complesso. |
5.12 |
Se l'Europa vuole che le sue navi vengano demolite in maniera responsabile, è plausibile che anch'essa contribuisca finanziariamente alla costruzione delle capacità necessarie affinché ciò avvenga correttamente. In un'economia di mercato niente è gratis, tutto ha un prezzo. Per una demolizione responsabile delle navi questo prezzo viene pagato in denaro. Per una demolizione irresponsabile delle navi, parte di tale prezzo viene pagato con altri valori, come la distruzione dell'ambiente locale e la perdita di vite umane. Poiché non intendiamo accettare che i valori all'interno dell'UE diventino un mezzo di pagamento legittimo, non dobbiamo nemmeno permettere che essi vengano utilizzati nell'ambito delle operazioni di pagamento con i paesi terzi. La Commissione potrebbe porre una maggiore enfasi su questo aspetto. Il CESE ritiene infatti che la Commissione avrebbe dovuto avanzare una proposta migliore, più creativa, più audace e più innovativa, che rispecchiasse meglio il livello di ambizione dei documenti precedenti della Commissione stessa e dei relativi pareri del Comitato. |
6. Osservazioni particolari
6.1 |
Il CESE condivide la finalità della proposta relativa al riciclaggio delle navi e l'approccio generale scelto dalla Commissione, ma nutre grandi riserve quanto all'efficacia dell'esecuzione. Il Comitato critica in particolare le disposizioni illustrate di seguito. |
6.2 |
L'articolo 15 del regolamento prevede che gli impianti di riciclaggio situati al di fuori dell'UE possano essere inseriti in un elenco europeo a condizione che soddisfino i requisiti definiti dall'UE in materia di demolizione responsabile. Tuttavia, le prove che attestano il rispetto di tali requisiti vengono fornite da questi stessi impianti. Le visite di controllo degli impianti ad opera della Commissione o di agenti che agiscono per suo conto sono presentate soltanto come un'opzione nella proposta di regolamento. Il CESE chiede alla Commissione di istituire un meccanismo esplicito ed efficace per il controllo e la vigilanza da parte di terzi indipendenti, al fine di garantire la conformità con i requisiti stabiliti all'articolo 12 della proposta di regolamento. |
6.3 |
L'articolo 12 elenca le condizioni che devono essere rispettate affinché un impianto di riciclaggio possa essere inserito nell'elenco europeo. Il Comitato non ha particolari osservazioni in merito alle condizioni in quanto tali. Nota tuttavia che in virtù della disposizione transitoria di cui all'articolo 28, gli Stati membri possono, fintantoché non viene pubblicato l'elenco europeo, autorizzare il riciclaggio di navi in impianti ubicati al di fuori dell'Unione, a condizione di verificare la conformità dell'impianto di riciclaggio ai requisiti di cui all'articolo 12 sulla base delle informazioni fornite dall'armatore o dagli impianti di riciclaggio o acquisite con altri mezzi. Il CESE ribadisce la richiesta alla Commissione di istituire un meccanismo esplicito ed efficace per il controllo e la vigilanza da parte di terzi indipendenti, al fine di garantire la conformità con i requisiti stabiliti all'articolo 12 della proposta di regolamento. |
6.4 |
L'articolo 23 propone di stabilire sanzioni per le violazioni al regolamento, che possono essere comminate in forza del diritto civile o amministrativo e che devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Non vi è tuttavia alcun riferimento a sanzioni concrete. Lo stesso articolo prevede inoltre la possibilità di imporre sanzioni anche al penultimo proprietario se la nave viene venduta e riciclata, entro sei mesi dalla vendita, in un impianto che non figura nell'elenco europeo. Il Comitato ritiene che il periodo di sei mesi previsto sia troppo breve a fronte del ciclo di vita medio di una nave. Sottolinea inoltre che, al fine di beneficiare di un'esenzione dalle sanzioni, in particolare qualora il proprietario sia in grado di dimostrare di non aver venduto la propria nave con l'intenzione di riciclarla, è sufficiente fornire una dichiarazione. Questo è ciò che si è potuto osservare a più riprese nel quadro dell'attuale problematica connessa all'esecuzione delle disposizioni della Convenzione di Basilea. |
6.5 |
All'articolo 30, la Commissione si impegna a procedere alla revisione del regolamento entro due anni dall'entrata in vigore della Convenzione di Hong Kong. Dal momento che questa è prevista per il 2020, la revisione del regolamento dovrebbe quindi aver luogo nel 2022. In questo contesto la Commissione prenderà in esame l'eventuale inserimento degli impianti autorizzati dalle parti della Convenzione di Hong Kong nell'elenco europeo degli impianti di riciclaggio delle navi, al fine di evitare la duplicazione dei lavori e degli oneri amministrativi. Allo stesso tempo, è del tutto possibile che tali impianti autorizzati dalle parti della Convenzione di Hong Kong, in particolare quelli che, a seguito della demolizione, si occupano della gestione responsabile delle sostanze pericolose, non soddisfino i requisiti dell'elenco europeo. Anche in questo caso la conseguenza sarebbe che la pratica attuale risulterebbe meno rigorosa. |
6.6 |
Il CESE attira l'attenzione sul fatto che il riciclaggio delle navi, nei paesi in cui si ricorre al metodo dell'arenamento, è caratterizzato da un livello di sicurezza sul posto di lavoro assolutamente inferiore agli standard, dallo sfruttamento dei lavoratori e da conseguenze ambientali disastrose. Le navi vengono demolite manualmente sulla spiaggia, tutti i materiali nocivi che esse contengono (oli, morchie, PCB ecc.) si disperdono liberamente in mare o penetrano nella sabbia. Alcuni sopralluoghi hanno dimostrato che in prossimità delle spiagge su cui avviene la demolizione la flora e la fauna sono completamente assenti. Alla luce del programma di sostenibilità dell'UE, ci si aspetterebbe che la Commissione escluda dall'elenco europeo gli impianti di riciclaggio che ricorrono a questi metodi. La formulazione attuale della proposta di regolamento non è tuttavia chiara a questo riguardo. |
Bruxelles, 12 luglio 2012
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) Direttive tecniche per la gestione ecologicamente corretta del disarmo integrale o parziale di navi, Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento, UNEP/PNUA;
Direttive su sicurezza e salute nella demolizione delle navi: direttive per i paesi asiatici e per la Turchia, Organizzazione internazionale del lavoro (OIL);
Linee guida sul riciclaggio delle navi, Organizzazione marittima internazionale (IMO).
(2) Regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2006 relativo alle spedizioni di rifiuti.
(3) COM(2007) 269 final.
(4) COM(2008) 767 final.
(5) CESE 1701/2007, GU C 120 del 16.5.2008 pag. 33, e CESE 877/2009, GU C 277 del 17.11.2009, pag. 67.
(6) COM(2012) 118 final.
(7) Cfr. la nota 1.
ALLEGATO
al Parere del Comitato economico e sociale europeo
I seguenti emendamenti, che hanno ottenuto almeno un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso delle deliberazioni:
Punto 5.5
Modificare come segue:
Nella proposta in esame si ritrova ben poco dei piani previsti nei documenti precedenti, volti ad esempio a imporre determinati obblighi agli armatori, ai costruttori di navi e agli stivatori per garantire uno smantellamento e un riciclaggio responsabile delle navi al termine del loro ciclo economico. Le misure proposte incisive e .
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
70 |
Voti contrari |
: |
72 |
Astensioni |
: |
0 |
Punto 5.7
Modificare come segue:
La proposta della Commissione si spinge oltre le disposizioni della Convenzione di Hong Kong, ma rimane comunque al di sotto rispetto alle disposizioni della Convenzione di Basilea. La Commissione ha ammesso di non voler porre troppo in alto l'asticella delle aspettative per evitare che gli Stati in cui gli smantellamenti si effettuano attualmente secondo metodi pericolosi per l'uomo e per l'ambiente rinuncino ad aderire alla convenzione di Hong Kong; in questo caso, il regolamento fallirebbe il suo obiettivo.
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
65 |
Voti contrari |
: |
86 |
Astensioni |
: |
0 |
Punto 5.10 e punto 1.5 (messi ai voti insieme)
Sopprimere il punto:
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
69 |
Voti contrari |
: |
80 |
Astensioni |
: |
2 |