23.7.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 218/25


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «L'aspetto esterno della politica industriale europea — La politica commerciale dell'UE tiene in debito conto gli interessi dell'industria europea?» (parere d'iniziativa)

2011/C 218/05

Relatore: Antonello PEZZINI

Correlatore: Marcel PHILIPPE

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 16 settembre 2010, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

L'aspetto esterno della politica industriale europea - La politica commerciale dell'UE tiene in debito conto gli interessi dell'industria europea?

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI), incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 4 aprile 2011.

Alla sua 471a sessione plenaria, dei giorni 4 e 5 maggio 2011 (seduta del 4 maggio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 106 voti favorevoli, 2 voti contrari e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) condivide pienamente le preoccupazioni espresse dalla presidenza ungherese dell'Unione europea che «in tutto il mondo si sta verificando una trasformazione incredibilmente rapida e profonda e l'Europa deve essere in grado di sostenere una concorrenza mondiale molto più forte rispetto al passato».

1.2   Il Comitato chiede con urgenza all'UE di adottare azioni concertate e coerenti, per una strategia integrata di politica industriale nella sua dimensione esterna, che assicuri un ruolo guida dell'Unione nel sistema commerciale e unicità di indirizzi negli accordi commerciali multilaterali e bilaterali.

1.3   Il CESE ritiene indispensabili pari regole del gioco per tutti gli attori per competere in un quadro di concorrenza leale, con una crescita economica e sociale sostenibile e competitiva, nel pieno rispetto degli standard economici, sociali e ambientali internazionali, tenendo conto che entro il 2015 il 90 % della crescita mondiale sarà generato fuori dall'Europa - di cui un terzo dalla sola Cina. Per questo motivo la politica commerciale dell'UE deve sostenere anche la politica per lo sviluppo e tenere conto delle disparità sia tra i blocchi commerciali sia all'interno delle diverse società, specialmente nei paesi in via di sviluppo.

1.4   Il Comitato ritiene necessario:

stabilire un quadro comune di «governance europea rafforzata» in grado di sfruttare il potenziale del mercato unico, per il rilancio internazionale dell'industria europea,

parlare con voce unica a livello globale,

definire una coerenza di comportamenti da parte degli Stati membri.

1.5   Secondo il Comitato, il lungo lavoro iniziato nel 1988 per attuare il Mercato interno va continuato e intensificato anche attraverso la realizzazione di un diritto europeo dei contratti per le imprese che si basi su un regolamento, che contenga un nuovo regime avanzato, al quale, in via facoltativa, possano attingere le imprese nei loro contratti transnazionali.

1.6   Il Comitato ritiene che mantenere la leadership mondiale dell'industria europea sia possibile non solo attraverso l'innovazione, la ricerca e l'applicazione di nuove tecnologie, ma anche realizzando infrastrutture valide, chiedendo al mercato mondiale una regolamentazione intelligente, che favorisca forme pulite e sostenibili di produzione e di distribuzione.

1.7   Il Comitato ritiene che particolare attenzione debba essere assicurata ad interventi a livello comunitario, nazionale e regionale, all'educazione e alla formazione permanente delle risorse umane e alla diffusione delle conoscenze.

1.8   Il CESE raccomanda che siano sempre presi in considerazione gli interessi dell'industria europea e che tali interessi vengano difesi con forza, nei negoziati, utilizzando in modo chiaro, trasparente e diversificato tutti gli strumenti regolamentari a disposizione, compresi gli accordi commerciali.

1.9   Il CESE sottolinea l'importanza di dotare le imprese di un quadro normativo intelligente, prevedibile e, soprattutto, meno oneroso, e di un migliore contesto imprenditoriale per le PMI.

1.10   È interesse delle aziende europee che vengano assicurati, con una tutela chiara e trasparente, negli accordi e nei contatti bilaterali:

norme sociali che rispettino l'uomo nel posto di lavoro e siano conformi alle convenzioni internazionali;

norme di tutela ambientale;

limiti allo sfruttamento delle risorse ecologiche;

norme per il risparmio energetico e per la difesa del clima;

l'utilizzo diffuso degli ecolabel;

la cultura della certificazione EMAS;

il rispetto degli standard tecnico-normativi;

la difesa della proprietà industriale e intellettuale;

alcuni strumenti efficaci di difesa commerciale e di accesso ai mercati e alle materie prime strategiche che tengano conto delle preoccupazioni in merito alla gestione delle risorse espresse dalla società civile di entrambe le parti;

iniziative per facilitare l'attività delle PMI nei paesi terzi;

sistemi di dialogo sociale e di verifica da parte della società civile, anche attraverso valutazioni d'impatto ex ante e ex post e, infine,

un alto livello di tutela dei consumatori.

1.11   Il CESE condivide quanto espresso dal Consiglio europeo di Bruxelles del dicembre 2010, sulla necessità di «affrontare più efficacemente le sfide e di cogliere le opportunità connesse alla globalizzazione, procedendo a valutazioni d'impatto prima dell'avvio di negoziati commerciali per garantire mercati aperti, condizioni eque e parità di concorrenza». La politica commerciale dell'UE dovrebbe comunque tener conto della disuguaglianza di condizioni alle quali la nostra industria si trova spesso costretta a competere.

1.12   Il Comitato chiede di dare un seguito concreto alle indicazioni del Consiglio dell'UE di «rafforzare ulteriormente la coerenza e la complementarietà tra la sua politica interna e la sua politica estera» (1).

1.13   Il Comitato ritiene che l'UE debba sviluppare i suoi vantaggi competitivi, per una difesa più efficace e strategica dei suoi interessi e per una maggiore credibilità del modello economico e sociale europeo sulla scena mondiale.

2.   Introduzione

2.1   L'industria considerata nel suo complesso, compresi anche i servizi specializzati dai quali l'industria dipende e, viceversa, i servizi che dipendono dall'industria, costituisce un insieme molto ampio che rappresenta circa la metà (47 %) del PIL dell'UE.

2.2   L'industria è in grado di dare contributi specifici per rendere più dinamica la crescita di tutta l'economia:

per una maggiore produttività dell'Europa;

per l'export di prodotti manifatturieri (2);

per il progresso tecnologico: oltre l'80 % delle spese del settore privato in RST nell'UE viene dal settore manifatturiero.

2.3   La sfida contro la de-industrializzazione è quella di far convergere tutte le politiche dell'UE verso l'obiettivo di sostenere il potenziale di crescita e di competitività dell'industria, soprattutto rafforzando la sua dimensione esterna.

2.4   Non si tratta di definire una politica isolata, ma di ricomprendere una dimensione di competitività industriale, e dei servizi correlati, in tutte le politiche dell'UE, a cominciare dalla politica commerciale comune.

2.5   L'apertura dei mercati rappresenta, indubbiamente, il presupposto per la crescita dell'occupazione. Tuttavia, l'UE ha bisogno di aggiornare la sua strategia per meglio supportare l'internazionalizzazione delle imprese in un quadro di simmetria e reciprocità che assicuri pari regole del gioco per tutti i protagonisti.

2.6   Un approccio coerente richiederebbe di affrontare una serie di settori, con un notevole valore aggiunto:

la futura politica commerciale dell'UE dovrebbe essere integrata nel quadro della strategia Europa 2020. Ciò comporta la necessità di un puntuale ed efficace corpo di regole, concepite per:

sostenere i mercati aperti ed equi, esigendo il rispetto di pari regole pei i paesi emergenti e tutelando le esigenze dei paesi meno sviluppati;

tutelare la proprietà industriale e intellettuale;

creare nuove e più integrate conoscenze;

scoraggiare la contraffazione;

difendere e diffondere il valore dell'Economia sociale di mercato (3);

proporre ed esigere un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente e, infine,

promuovere l'euro come valuta di regolamento degli scambi internazionali.

L'apertura del mercato globale e la conseguente reciprocità delle tariffe trovano forti limiti negli ostacoli non tariffari: occorre «garantire il rispetto dei nostri diritti nell'ambito degli accordi bilaterali e multilaterali ed aprire i mercati illegalmente chiusi» (4) per assicurare simmetria, reciprocità e pari regole del gioco.

Dovrebbero essere riviste e potenziate le iniziative a sostegno dell'internazionalizzazione delle PMI. La percentuale delle esportazioni delle PMI, oltre il mercato interno, è oggi inferiore al 15 %.

La politica dell'UE dovrebbe meglio esplorare il rafforzamento di altri modi di perseguire l'internazionalizzazione, quali:

1.

il FDI (Foreign Direct Investment),

2.

la cooperazione tecnologica,

3.

le attività di subappalto.

Gli Stati europei dovrebbero impegnarsi per lo sviluppo di un dialogo rafforzato con le parti sociali e con tutti gli attori economici e sociali.

Per l'occupazione, un nuovo slancio dovrebbe sostenere le iniziative settoriali avanzate, sull'esempio delle azioni pilota dei Lead markets.

2.7   Occorre consolidare il ruolo dell'euro sulla scena internazionale come valuta di regolamento degli scambi internazionali sia per le materie prime che per i prodotti manufatti.

2.8   L'impetuoso processo della globalizzazione dell'economia mondiale e lo sviluppo delle economie emergenti ci impongono una sostanziale revisione delle politiche commerciali dell'UE, perché queste prendano in piena considerazione gli interessi dell'industria europea ed essa conservi e accresca di conseguenza il suo ruolo nel villaggio globale.

2.9   In termini generali, la politica industriale dell'UE si attua attraverso:

misure generali, volte a sviluppare il mercato interno;

una politica commerciale esterna (politica antidumping; negoziati commerciali bilaterali e multilaterali aventi un'incidenza su singoli settori industriali);

numerose politiche sociali regionali e ambientali, tese allo sviluppo delle risorse umane;

una politica di concorrenza con strumenti giuridici, necessari nei fallimenti del mercato e opportuni negli aiuti di Stato;

una politica di ricerca e di sviluppo;

azioni per l'innovazione;

il rafforzamento della cooperazione tra le imprese europee;

la ricerca del dialogo e della cooperazione tra le parti sociali, estesi ai paesi in via di sviluppo, soprattutto attraverso la negoziazione di accordi quadro internazionali;

gli sforzi per la realizzazione di politiche ambientali;

una politica ambiziosa ed efficace in materia di istruzione e di formazione.

2.10   I commerci, l'economia, il dialogo interreligioso e culturale, quindi la prosperità dei popoli, sono condizionati e determinati dalla qualità delle relazioni tra gli Stati, i governi e gli organismi internazionali. Occorre, inoltre, tener conto dei diversi livelli di sviluppo e delle diverse impostazioni che possono essere date per risolvere problemi comuni.

2.11   Il CESE vuole, in questo parere, concentrarsi sulla dimensione esterna della politica industriale.

2.12   Alla politica industriale, in questo contesto, viene riconosciuto un ruolo primario, anche sulla base di una nuova consapevolezza: la necessità di restituire all'industria e alle imprese il posto centrale che a loro compete.

2.13   «Una politica industriale per l'era della globalizzazione» (5): questa iniziativa serve a definire alcune priorità volte a migliorare il clima imprenditoriale, specialmente per le PMI, e a favorire lo sviluppo di una base industriale solida e sostenibile.

2.14   Una «Crescita davvero intelligente, sostenibile ed inclusiva» (6) è legata al rafforzamento di un settore manifatturiero diversificato e innovativo, per operare con successo sui mercati globali.

3.   Aree d'interesse ed azione per una dimensione esterna coerente

3.1   Sono molteplici le aree d'interesse e d'intervento che mettono in risalto la vocazione esterna della politica industriale europea, ma il CESE vuole concentrarsi sui seguenti ambiti:

strategia europea per l'accesso alle materie prime;

internazionalizzazione delle PMI;

standardizzazione e diritti di proprietà intellettuale (DPI);

dialogo regolamentare;

politica commerciale comune;

immagine e prospettive dell'UE;

iniziative settoriali: i «Lead markets e le piattaforme europee».

3.1.1   L'accesso alle materie prime. Un sicuro e facile accesso alle materie prime rappresenta la chiave per le infrastrutture ed è la pre-condizione per lo sviluppo industriale. Le iniziative dell'UE sono fondamentali per:

rimuovere le distorsioni esistenti e creare nuove regole e accordi riguardanti l'accesso alle materie prime, specialmente energetiche;

richiedere sforzi continui per garantire, anche a livello dell'OMC, che i paesi produttori rispettino le norme ambientali e sociali minime;

migliorare le condizioni per un'estrazione sostenibile delle materie prime in Europa;

sostenere le filiere europee o nazionali di riciclaggio per ridurre gli sprechi, creare posti di lavoro ad elevato valore aggiunto e limitare gli effetti ambientali e sociali dei processi estrattivi;

promuovere l'efficienza nell'uso delle risorse e l'utilizzo di materie prime secondarie;

rafforzare le autorità e le istituzioni responsabili della gestione delle materie prime nei paesi in via di sviluppo che dispongono di questo tipo di risorse;

sostenere le ricerche già in atto, tese ad ottenere l'energia da fusione, attraverso JET e ITER, con l'uso di materie prime (deuterium, lithium, tritium) molto diffuse in natura, soprattutto nell'acqua di mare.

3.1.1.1   L'industria europea, se vuole consolidare e accrescere la sua presenza e la sua competitività a livello mondiale, deve dotarsi di una strategia forte, integrata, con un'attenzione particolare per l'approvvigionamento energetico e una vera e propria «diplomazia delle materie prime».

3.1.1.2   L'accesso alle materie prime, specialmente energetiche, deve essere un pilastro fondamentale della nuova politica industriale. Il punto chiave deve essere il rafforzamento dei nostri rapporti economici e politici con i paesi terzi per:

rimuovere le distorsioni nelle condizioni d'accesso, con un'azione di contrasto verso le restrizioni sull'export (7);

sostenere la produzione di metalli in Europa;

intensificare gli sforzi sulle materie prime di cui l'Europa già dispone;

monitorare la lista di 14 materie prime «strategiche» per il futuro della nostra produzione. Si tratta di: antimonio, berillio, cobalto, fluorite, gallio, germanio, grafite, indio, magnesio, niobio, il gruppo platino (platino, palladio, iridio, rodio, rutenio e osmio), terre rare, tantalio e tungsteno;

istituire delle riserve strategiche delle principali materie prime;

considerare il cotone tra le materie strategiche;

creare un Servizio geologico europeo.

3.1.2   L'internazionalizzazione delle PMI. Un'altra sfida cruciale è quella della dimensione internazionale dell'industria europea: le piccole e medie imprese devono poter competere sui mercati globali accanto alla grande industria, valorizzando, al contempo, i propri distretti produttivi.

3.1.2.1   È necessario creare e rafforzare gli strumenti di sostegno alla prospezione e al finanziamento (assicurazioni, garanzie di pagamento, ecc.), in modo da consentire alle PMI di crescere a livello internazionale.

3.1.2.2   Secondo un recente studio della DG Imprese, il 25 % delle piccole e medie imprese europee ha svolto attività di import o export nel corso degli ultimi tre anni. Fuori dal mercato interno europeo, solo il 13 % ha avuto rapporti con paesi terzi e, se si considerano i mercati emergenti dell'area BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), la percentuale oscilla tra il 7 e il 10 %.

3.1.2.3   L'internazionalizzazione, infatti, fa bene all'impresa e le offre una marcia in più:

in termini di propensione all'assunzione di nuovo personale: le PMI attive a livello internazionale registrano un tasso di crescita dell'occupazione pari al 7 %, contro un modesto 1 % delle altre PMI;

in termini di propensione all'innovazione: l''introduzione di prodotti o servizi innovativi ha interessato il 26 % delle PMI attive a livello internazionale, contro l'8 % delle altre.

3.1.2.4   Un miglioramento delle performance, nel commercio internazionale, è importante ai fini di un rafforzamento della crescita e della competitività.

3.1.2.5   Occorre, in particolare, potenziare e ampliare le iniziative pilota per la creazione dei Centri europei di supporto nei paesi terzi, i cosiddetti European Business Centres  (8), e gli impegni per la piena operatività dei Team di accesso ai mercati (Market Access Teams).

3.1.3   La standardizzazione. È necessaria una forte politica di standardizzazione e di difesa della proprietà intellettuale (DPI), assicurando una dimensione esterna dei processi di standardizzazione.

3.1.3.1   Occorre evitare che gli standard si trasformino in barriere commerciali e che la crescita del numero di norme nazionali, in materia di servizi, crei ostacoli al commercio.

3.1.3.2   Il CESE è convinto che debba essere introdotto l'obbligo legale, per tutti coloro che creano gli standard, di rispettare i principi dell'OMC/TBT (Technical Barriers to Trade), nel processo di sviluppo di tali standard.

3.1.3.3   Un altro tema fondamentale è quello dell'interoperabilità: i servizi e le applicazioni devono essere davvero interoperabili per essere accettati dal mercato e per rispondere agli obiettivi stabiliti.

3.1.4   Il dialogo regolamentare. L'industria europea, per essere davvero competitiva, necessita di un global playing field in termini di regole e di regolamenti.

3.1.4.1   Alle barriere commerciali «tariffarie» si aggiungono, spesso, delle barriere «non tariffarie» di natura regolamentare. Per questo il CESE ritiene che si debbano intensificare gli sforzi sui diversi fronti sia per ridurre le barriere esistenti sia per prevenire l'insorgere di nuove barriere.

3.1.4.2   In tali contesti, il principio del miglioramento della regolamentazione (Better Regulation) è fondamentale per abbattere i costi elevati, dovuti spesso ad un eccesso di regolamentazione, e per beneficiare di un accesso più efficace ai mercati internazionali attraverso meccanismi di mutuo riconoscimento.

3.1.5   La politica commerciale comune costituisce un pilastro delle relazioni esterne dell'Unione europea. Essa regola le relazioni commerciali degli Stati membri con i paesi terzi con l'obiettivo fondamentale di garantire parità di concorrenza e pari regole del gioco.

3.1.5.1   È necessario assicurare maggiore efficacia alle attività di lotta alla contraffazione e pirateria, sia all'interno che all'esterno del mercato unico, per le pesanti ripercussioni negative su un numero crescente di settori sempre più differenziati.

3.1.5.2   Un miglioramento delle nostre performance - come indicato dalle nuove norme del Trattato di Lisbona - nel commercio transfrontaliero e internazionale è importante ai fini di un rafforzamento della crescita, del potenziamento della competitività e della sostenibilità a lungo termine delle aziende, garantendo una voce unica europea.

3.1.5.3   Gli strumenti di difesa commerciale e di accesso ai mercati si prefiggono, in particolare, di proteggere le imprese europee dagli ostacoli al commercio. L'Unione deve poter garantire lo sviluppo armonioso del commercio mondiale, promuovendo il suo carattere equo e sostenibile che tenga conto dei differenti livelli di sviluppo dei paesi terzi, aiutando quelli meno sviluppati nei loro percorsi di industrializzazione ed esigendo il pieno rispetto delle norme da parte dei paesi emergenti.

3.1.5.4   L'UE deve definire criteri economici precisi per negoziare e concludere accordi di libero scambio e per individuare i suoi partner, in particolare per quanto riguarda il potenziale dei mercati in termini di dimensioni e di crescita economica, assicurando chiari meccanismi di valutazione ex ante (di coerenza politica) ed ex post (di pieno rispetto delle simmetrie e reciprocità), anche con il sostegno del dialogo sociale europeo e della società civile organizzata.

3.1.5.5   È necessario accompagnare la riduzione delle tariffe, nel quadro OMC, con uno sforzo teso a migliorare le condizioni di lavoro, in conformità alle norme dell'OIL.

3.1.6   L'immagine e le prospettive dell'Unione. Occorre una visione orientata secondo una logica di sviluppo sostenibile e capace di promuovere società inclusive, economie aperte e relazioni pacifiche, con una logica globale e di lungo periodo.

3.1.6.1   L'immagine dell'Unione, al suo interno, ma soprattutto al suo esterno, deve essere meglio curata, assicurando coerenza, unità e capacità d'azione rapida, per una sua completa valorizzazione. Occorre che si definisca e si attui un'azione articolata su livelli sinergici e tra loro coerenti per:

assicurare un'apertura equilibrata dei mercati, provvedendo inoltre a tutelare le limitate risorse del pianeta e a rendere sicuro e sostenibile l'accesso dell'Europa alle risorse che le sono strategicamente necessarie;

rafforzare il dialogo economico con tutti i partner principali, nel quadro di un approccio multilaterale;

procedere nel rafforzamento del ruolo internazionale dell'euro;

proporre l'UE come «potenza normativa internazionale», promotrice di un innalzamento degli standard nel campo industriale, ambientale e sociale, nonché in quello delle condizioni di lavoro dignitose, degli appalti pubblici e della proprietà intellettuale;

rilanciare le tre principali politiche di sviluppo esterno dell'UE: l'allargamento, la politica di vicinato e l'Unione mediterranea, un nuovo partenariato con l'Africa, nel quadro ACP (9).

3.1.6.2   Il CESE è profondamente convinto che, in assenza di un foresight partecipato, a livello europeo, sulle prospettive globali della politica industriale europea, non sarà possibile sviluppare quella visione strategica comune, indispensabile per un rilancio forte e coerente della dimensione esterna della politica industriale europea.

3.1.6.3   Il CESE è convinto che l'interesse delle industrie europee risieda nella crescita e che l'unico modo per realizzarlo consista nel non essere permanentemente esposti ad una concorrenza a basso costo.

3.1.7   Iniziative settoriali: Lead markets e piattaforme

3.1.7.1   L'Europa deve costruire il proprio futuro sui suoi punti di forza. Diverse soluzioni di settore sono costantemente sviluppate per migliorare la competitività globale dell'Europa e per contribuire all'attrattiva dell'Europa come luogo per vivere e lavorare.

3.1.7.2   Fra le aree di punta vi sono:

infrastrutture tecnologiche;

reti di approvvigionamento energetico;

società della conoscenza e società digitale;

salute e mobilità;

tecnologie orizzontali, necessarie per le industrie dell'UE.

3.1.7.3   Secondo il CESE, occorre porre in un quadro rafforzato e coerente i vari approcci settoriali esistenti, quali:

le piattaforme tecnologiche europee;

le iniziative Lead markets;

i vari comitati consultivi di alto livello;

le piattaforme di innovazione, come LeaderShip, Cars 21, ICT Task force;

il Gruppo ad alto livello dell'industria chimica.

3.1.7.4   Il CESE ritiene inoltre che alcuni settori, particolarmente sensibili e promettenti, meriterebbero di essere sviluppati ulteriormente, quali:

lo spazio,

la mobilità sostenibile,

le sfide sociali del futuro in tema di cambiamento climatico,

le sfide competitive, come l'industria chimica, ingegneristica, e l'agroalimentare,

i settori ad alta intensità energetica.

4.   La dimensione esterna delle politiche UE, chiave di successo per l'industria UE

4.1   Come sottolineato dalla presidenza ungherese, «in tutto il mondo si sta verificando una trasformazione incredibilmente rapida e profonda e l'Europa deve essere in grado di sostenere una concorrenza mondiale molto più forte rispetto al passato».

4.2   20 milioni di imprese in Europa, in particolare quelle di piccole e medie dimensioni, guidate dai creatori, dai lavoratori, da artigiani e da imprenditori, devono poter innovare, rafforzare la loro competitività e creare posti di lavoro, con il sostegno di una politica industriale europea integrata nella sua dimensione esterna.

4.3   Il CESE si compiace delle conclusioni del Consiglio europeo del 17 dicembre 2010 in tema di competitività internazionale e di mercato unico.

4.4   In particolare il CESE sottolinea l'importanza di dotare le imprese di un quadro normativo intelligente, prevedibile e meno oneroso e di un migliore contesto imprenditoriale per le PMI, che consenta loro di operare con una visione a lungo termine.

Bruxelles, 4 maggio 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Cfr. lettera a) dell'allegato I delle conclusioni del Consiglio europeo del 16 settembre 2010.

(2)  Circa tre quarti delle esportazioni dell'UE, fonte: DG Imprese.

(3)  Cfr. art. 3 del Trattato di Lisbona.

(4)  Cfr. COM(2010) 612 definitivo, Capitolo 4.

(5)  Cfr. iniziativa faro 10, COM(2010) 2020 definitivo.

(6)  Ibidem.

(7)  Come quelle imposte da Cina, India e altri paesi.

(8)  In Cina, Tailandia, India e Vietnam.

(9)  Cfr. parere CESE sul tema La dimensione esterna della strategia di Lisbona rinnovata, GU C 128/2010, pag. 41.