52011DC0248

/* COM/201/0248 def. */ COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Comunicazione sulla migrazione COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Comunicazione sulla migrazione


INDICE

1. Introduzione 3

2. Attraversamento delle frontiere 5

2.1. Affrontare la crisi: le misure a breve termine 5

2.2. Controlli alle frontiere esterne 7

2.3. Governance Schengen 8

2.4. Prevenire l'immigrazione irregolare 9

3. Circolare e vivere in uno spazio senza frontiere interne 10

3.1. Mobilità organizzata 10

3.2. Una politica coerente di mobilità per i cittadini dei paesi terzi che includa i visti 11

3.3. Una buona gestione dell'immigrazione legale 12

3.4. Costruire una società inclusiva integrando i migranti 14

4. Fornire protezione internazionale alle persone che ne hanno bisogno 15

5. La migrazione nelle relazioni esterne al di là della crisi 16

5.1. Un approccio globale in materia di migrazione 16

5.2. Oltre la crisi: un partenariato tra l'UE e il Mediterraneo meridionale 17

ALLEGATO 1 19

ALLEGATO 2 22

INTRODUZIONE

Gli eventi verificatisi nel Mediterraneo meridionale creano speranze di una vita migliore per milioni di persone che vivono vicine a noi, e di un maggior rispetto dei diritti dell'uomo, del pluralismo, dello Stato di diritto e della giustizia sociale. D'altra parte, come spesso avviene nel caso di rivolte democratiche, tali eventi potrebbero dar luogo, a breve e medio termine, a sovvertimenti e situazioni di incertezza. Le agitazioni politiche e i conflitti militari hanno causato la perdita di vite umane e l'esodo di centinaia di migliaia di persone, non solo dai paesi direttamente coinvolti nei cambiamenti come la Tunisia e la Libia, ma anche da altri paesi.

Questi recenti avvenimenti di proporzioni storiche nel Mediterraneo meridionale hanno confermato la necessità di una politica forte e comune dell'UE nel campo della migrazione e dell'asilo. Oggi più che mai è necessario realizzare progressi sostanziali per quanto riguarda la legislazione, la cooperazione operativa e le nostre relazioni coi paesi terzi. Scopo della presente comunicazione è inserire le proposte politiche recenti e future in un quadro che tenga conto di tutti gli aspetti rilevanti e che permetta all'UE e agli Stati membri di gestire l'asilo, la migrazione e la mobilità dei cittadini di paesi terzi in un contesto sicuro.

Alcuni Stati membri, come l'Italia, Malta, la Grecia e Cipro, sono esposti in modo più diretto ad arrivi massicci di migranti irregolari e, in misura limitata, di persone che necessitano di protezione internazionale. Non si tratta di un problema soltanto nazionale, ma di un fenomeno che va affrontato a livello dell'UE e che richiede un'autentica solidarietà tra gli Stati membri.

L'UE deve garantire una rapida assistenza a tutte le persone che ne hanno bisogno (come ha già fatto specialmente al confine tra Tunisia e Libia) e offrire rifugio a coloro che necessitano di protezione internazionale. Se da un lato deve mantenere e consolidare la sua tradizionale offerta di asilo e protezione, dall'altro deve prevedere gli strumenti appropriati per impedire che le sue frontiere siano attraversate irregolarmente da un gran numero di migranti per motivi economici. Se vuole conseguire questi obiettivi ed essere credibile nella sua politica interna ed estera, l'UE deve gestire le proprie frontiere in modo efficace.

L'evolversi continuo della situazione dei paesi meridionali vicini all'Unione impone risposte rapide. Sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo dell'11 e del 25 marzo, della risoluzione del Parlamento europeo del 5 aprile[1] e della comunicazione congiunta della Commissione e dell'Alto rappresentante dell'8 marzo, la Commissione presenterà il 24 maggio una serie di proposte volte a garantire una strategia coerente dell'UE nel settore della migrazione, della mobilità e della sicurezza con i paesi del Mediterraneo meridionale.

Tuttavia, la necessità di affrontare questa situazione difficile e mutevole non dovrebbe indurre a definire soltanto un approccio a breve termine, che si limiti al controllo frontaliero senza tener conto di questioni a più lungo termine. Il dialogo e la cooperazione coi paesi di origine e di transito di questi migranti sono essenziali. Tale cooperazione deve fondarsi sulla sicurezza e sulla buona governance per consentire di elaborare politiche reciprocamente vantaggiose nel settore della migrazione legale. Comporta inoltre una maggiore collaborazione economica, che permetta di creare le condizioni per la crescita e l'occupazione nei paesi di origine e di affrontare le cause della migrazione irregolare. Tale cooperazione deve inoltre fondarsi sul principio di condizionalità applicato alle questioni relative alla migrazione, in modo da spingere i nostri partner ad impegnarsi attivamente per prevenire i flussi migratori irregolari, gestire efficacemente le frontiere e cooperare in materia di rimpatrio e riammissione dei migranti irregolari.

Una politica migratoria complessiva per i cittadini di paesi terzi, basata su procedure di ammissione comuni, che tratti equamente tali cittadini, può oltretutto contribuire alla futura prosperità dell'UE. Come sottolineato nella strategia Europa 2020, una delle sfide economiche più urgenti dell'Europa riguarda il declino demografico della popolazione in età lavorativa, accompagnato dalla prospettiva di notevoli carenze di competenze in taluni settori. Se vuole rimanere competitiva e mantenere il suo modello sociale in modo sostenibile, l'Europa deve adottare misure volte a migliorare i tassi di occupazione dei cittadini residenti nell'UE, ma al contempo deve prendere iniziative concrete per far fronte alle esigenze di manodopera previste tramite un'immigrazione mirata di cittadini di paesi terzi.

L'UE deve inoltre poter contare su procedure di asilo sicure ed efficienti per le persone che hanno bisogno di protezione. Sessant'anni dopo la firma della Convenzione di Ginevra sullo statuto dei rifugiati, è tempo che l'UE ribadisca il suo impegno a offrire protezione a tutti i cittadini di paesi terzi e gli apolidi perseguitati che giungono sul suo territorio. Occorre completare entro il 2012, secondo l'auspicio del Consiglio europeo, un sistema europeo comune di asilo che offra un alto livello di protezione e riduca le differenze tra i sistemi di asilo degli Stati membri.

Le questioni relative alla migrazione hanno un'incidenza politica sempre più significativa nell'UE. Il Consiglio europeo dell'ottobre 2008 ha adottato un patto europeo sull'immigrazione e l'asilo per stimolare lo sviluppo di una politica comune dell'UE, con cinque impegni: organizzare l'immigrazione legale, combattere l'immigrazione clandestina, rafforzare le frontiere esterne, costruire un sistema di asilo dell'UE e creare un partenariato globale per la migrazione e lo sviluppo. L'assunto principale di questo patto rimane valido e deve continuare a orientare la nostra azione: se gestita male, l'immigrazione può compromettere la coesione sociale e la fiducia dei cittadini in uno spazio di libera circolazione privo di frontiere interne, ma se gestita bene può costituire un vantaggio per l'UE. Questi impegni sono stati ribaditi e ulteriormente specificati nel programma di Stoccolma adottato dal Consiglio nel dicembre 2009; l'entrata in vigore del trattato di Lisbona ha inoltre assicurato un quadro giuridico stabile, globale e più trasparente per lo sviluppo della politica di migrazione dell'UE, in particolare grazie alla partecipazione accresciuta del Parlamento europeo al processo decisionale.

Al contempo, come i recenti avvenimenti hanno dimostrato in modo lampante, lo sviluppo della politica di migrazione dell'UE continua a essere ostacolato da sfide notevoli. La vulnerabilità di alcune parti delle frontiere esterne dell'Unione, specialmente nel Mediterraneo meridionale e al confine terrestre tra Grecia e Turchia, ne è un chiaro esempio. Occorre soprattutto prendere provvedimenti per impedire che l'UE sia raggiunta da un numero ingente di migranti in posizione irregolare, spesso sfruttati da reti criminali senza scrupoli. L'Unione europea deve pertanto seguire una politica migratoria basata su una gestione efficace dell'immigrazione e impedire che la maggiore esigenza di mobilità comprometta la sicurezza delle sue frontiere esterne. Se la presente comunicazione si concentra ovviamente sulle regioni che suscitano le preoccupazioni più immediate, la politica di migrazione dell'UE ha un'impostazione globale dal punto di vista geografico.

ATTRAVERSAMENTO DELLE FRONTIERE

Affrontare la crisi: le misure a breve termine

Dall'inizio dell'anno si è assistito ad esodi di massa di popolazioni di molti paesi nordafricani, soprattutto della Libia. Stando alle ultime stime, oltre 650 000 persone hanno lasciato il territorio libico per sfuggire alla violenza, trovando ospitalità presso i paesi vicini, principalmente Tunisia ed Egitto. Molte sono riuscite in seguito a tornare nei rispettivi paesi d'origine, in certi casi grazie all'assistenza. Questi sforzi di accoglienza e rimpatrio hanno richiesto una massiccia mobilitazione di risorse da parte dei paesi ospitanti, dell'Unione europea, delle ONG e della comunità internazionale. Fornendo sostegno finanziario a scopi umanitari e mettendo a disposizione mezzi di trasporto, l'Unione ha sinora contribuito al rimpatrio di circa 50 000 cittadini di paesi terzi.

Migliaia di persone hanno cercato negli ultimi tempi di raggiungere l'UE, esercitando una pressione crescente sui sistemi di protezione e accoglienza di alcuni Stati membri. Oltre 20 000 migranti, provenienti principalmente dalla Tunisia e, in misura minore, da altri paesi africani, sono riusciti ad entrare nell'UE in modo irregolare, sbarcando sulle coste dell'Italia (soprattutto dell'isola di Lampedusa) e di Malta – paesi entrambi esposti a forte pressione migratoria. Si tratta per lo più di migranti per motivi economici che dovrebbero essere rimpatriati nei rispettivi paesi d'origine. Oltre agli sfollati e ai migranti, parecchi rifugiati di varia nazionalità, tra cui somali, eritrei e sudanesi, hanno lasciato la Libia, alcuni dei quali sono riusciti a raggiungere l'Italia e Malta. Questi ingenti flussi, comprendenti anche minori non accompagnati che richiedono misure specifiche di accoglienza, hanno messo ulteriormente sotto pressione i sistemi sanitari degli Stati membri maggiormente interessati, che devono fornire assistenza sanitaria ai migranti in stato di necessità e provvedere al controllo e alla prevenzione medica adeguati.

È importante distinguere tra migranti in posizione irregolare (migranti per motivi economici che cercano di attraversare le frontiere dell'UE illegalmente), rifugiati o persone che potrebbero chiedere asilo, e persone temporaneamente sfollate (ad esempio lavoratori stranieri in Libia che sono scappati a seguito del conflitto e che vogliono tornare nel loro paese d'origine). Lo status giuridico di queste persone, e l'aiuto che possono ricevere dall'UE, è infatti diverso.

L'Unione europea ha affrontato tutti questi problemi in modo rapido e attivo. La Commissione e gli Stati membri hanno mobilitato fondi per aiutare a gestire l'emergenza umanitaria generata dall'improvviso afflusso di rifugiati e sfollati nei paesi confinanti con la Libia. Questo ha permesso di dare un rifugio temporaneo ai rifugiati e agli sfollati, di rispondere alle loro esigenze basilari e di fornire assistenza per il loro rimpatrio nei rispettivi paesi d'origine. Fino ad oggi, il contributo complessivo dell'UE è di 100 milioni di euro in aiuti umanitari, di cui quasi la metà – 48,8 milioni di euro – è stato stanziato dalla Commissione. È stato inoltre mobilitato il meccanismo di protezione civile dell'UE per facilitare il rimpatrio di cittadini sia dell'Unione che di paesi terzi. A questo scopo, 15 Stati membri hanno messo a disposizione mezzi di trasporto, coordinati dal centro di monitoraggio e informazione della Commissione. È evidente che tale sforzo collettivo deve continuare. Per contrastare i flussi migratori irregolari e misti attraverso il Mediterraneo, FRONTEX ha avviato l'operazione congiunta EPN Hermes Extension 2011, destinata ad assistere l'Italia nel controllo delle imbarcazioni con migranti e rifugiati. EUROPOL ha inviato in Italia una squadra di esperti per aiutare le autorità di contrasto nazionali ad individuare eventuali criminali tra i migranti in posizione irregolare entrati nel territorio italiano.

Gli Stati membri più esposti al crescente flusso di rifugiati e migranti in posizione irregolare hanno ricevuto assistenza per far fronte alle conseguenze finanziarie di questo spostamento di persone. A tal fine sono stati messi a disposizione circa 25 milioni di euro nell'ambito del Fondo per le frontiere esterne e del Fondo europeo per i rifugiati.

Tuttavia, se da un lato l'attuale crisi conferma la necessità di una maggior solidarietà a livello europeo e di una miglior ripartizione delle responsabilità, dall'altro va riconosciuto che l'UE non è pienamente attrezzata per aiutare gli Stati membri più esposti a massicci flussi migratori.

Le risorse finanziarie disponibili a titolo del programma generale "Solidarietà e gestione dei flussi migratori"[2] sono insufficienti per rispondere a tutte le richieste di assistenza. In primo luogo, questi fondi non possono essere mobilitati facilmente, essendo stati concepiti per intervenire in situazioni stabili e non per far fronte ad emergenze e crisi. In secondo luogo, le dimensioni dei problemi superano largamente i mezzi esistenti.

Nell'ambito del prossimo quadro finanziario pluriennale, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione dovranno trarre insegnamenti dalla crisi in corso. Affinché l'UE possa reagire rapidamente ed efficacemente agli eventi imprevisti e alle emergenze, occorre adattare i finanziamenti UE in modo da poterli mobilitare molto più velocemente e con maggior flessibilità, anche in paesi terzi. Inoltre, nell'ambito della revisione in corso del regolamento finanziario dell'UE, il Parlamento europeo e il Consiglio dovrebbero appoggiare la proposta della Commissione di permettere all'Unione di creare i propri fondi fiduciari , che metterebbero insieme i contributi dei donatori specie in situazioni di crisi e post-crisi. In linea di principio, esistono altre forme di solidarietà per rispondere agli avvenimenti drammatici sopravvenuti nella regione. Partendo dall'esperienza acquisita nel contesto dell'attuale progetto pilota sul reinsediamento da Malta, la Commissione promuoverà l'estensione di questo progetto alla luce del corrente afflusso di migranti in cerca di protezione internazionale in tale paese, progetto che dovrà essere attuato in stretta collaborazione con l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e l'Organizzazione internazionale per le migrazioni. Tuttavia, gli strumenti ad oggi disponibili non riescono a soddisfare tutte le esigenze e fornire una risposta globale. Possono infatti essere usati solo caso per caso e dipendono interamente dalla disponibilità degli Stati membri a offrire volontariamente assistenza – in qualunque forma – in un determinato momento. Ciò a sua volta espone l'UE a critiche e rischia di affievolire la fiducia dei cittadini nell'UE.

La Commissione monitorerà attentamente l'evolvere della situazione e potrà decidere, se ricorreranno le condizioni richieste, di applicare la direttiva sulla protezione temporanea[3] per fornire protezione immediata e temporanea agli sfollati di paesi terzi che non possono ritornare nei rispettivi paesi d'origine.

Nel corso del 2011 la Commissione presenterà altre proposte per prestare solidarietà in modo organico e definire le modalità concrete di tale assistenza. Sono all'esame vari approcci per sviluppare alternative che consentano di rispondere alle urgenze in modo più rapido e strutturato. Questa iniziativa si fonderà sulla base giuridica appropriata del trattato di Lisbona, quali l'articolo 80 e l'articolo 78, paragrafo 3, e trarrà insegnamento dalla situazione in Grecia, in particolare alla frontiera terrestre tra Grecia e Turchia, e dalla crisi nel Mediterraneo meridionale; conterrà eventuali misure ad hoc per i casi di particolare pressione temporanea su uno o più Stati membri, e un maggior numero di mezzi strutturali per garantire la solidarietà, sia finanziaria sia sotto forma di cooperazione pratica e assistenza tecnica (ad esempio tramite FRONTEX, UESA, operazioni congiunte).

Da ultimo, quale importante atto di solidarietà in favore dei paesi nordafricani (in particolare la Tunisia) che attualmente ospitano un gran numero di persone che necessitano di protezione internazionale e che non possono essere rimpatriate nei loro paesi d'origine, e al fine di mantenere uno "spazio di protezione" in tali paesi, è importante che gli Stati membri dell'UE accettino di reinsediare parte di queste persone.

Controlli alle frontiere esterne

È essenziale che le frontiere esterne siano effettive e credibili. L'UE deve essere in grado di gestire i flussi di persone che vogliono viaggiare per un breve periodo o migrare legalmente nell'UE, e impedire nel contempo l'ingresso di chi non è autorizzato ad entrare. I controlli alle frontiere sono inoltre indispensabili per combattere la criminalità, come spiegato nella strategia di sicurezza interna presentata dalla Commissione nel 2010[4]. Il duplice obiettivo dell'Unione è quindi quello di mantenere un livello elevato di sicurezza e semplificare nel contempo l'attraversamento delle frontiere da parte di coloro che dovrebbero essere ammessi, nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali.

Il controllo dell'accesso al proprio territorio è una delle funzioni fondamentali di uno Stato o di uno spazio senza frontiere interne. Nello spazio Schengen ogni Stato partecipante condivide la responsabilità di esercitare questa funzione in modo affidabile. Ciascuno Stato gestisce le proprie frontiere esterne non solo per controllare l'accesso al proprio territorio, ma anche per controllare l'accesso all'intero spazio Schengen; agisce pertanto nell'interesse degli altri Stati membri e svolge un servizio a nome dell'UE. Analogamente, la situazione degli Stati membri esposti a forte pressione alle frontiere esterne deve essere riconosciuta ed affrontata nel pieno rispetto del principio di solidarietà.

Il controllo delle frontiere esterne dell'UE deve essere costantemente migliorato per rispondere alle nuove sfide legate alla migrazione e alla sicurezza. I recenti avvenimenti hanno mostrato la rapidità con cui una sezione della frontiera esterna considerata a basso rischio può diventare oggetto di una pressione migratoria critica. La criminalità organizzata è all'origine della tratta di esseri umani e facilita la migrazione irregolare, adattando continuamente i suoi metodi e le sue rotte. Nel contempo, la tendenza generale è verso un aumento dei flussi di spostamenti e le persone si aspettano di attraversare le frontiere più rapidamente e facilmente.

I punti deboli di alcune sezioni della frontiera esterna compromettono la fiducia nella capacità dell'Unione di controllare l'accesso al suo territorio e mettono in crisi la fiducia reciproca. Anche i cittadini hanno bisogno di essere rassicurati sul buon funzionamento dei controlli alle frontiere esterne. Un insieme comune di norme esiste già, ma è necessario anche sviluppare una cultura condivisa tra autorità nazionali. A tal fine, la Commissione adotterà a maggio una versione modificata del manuale SIRENE e procederà ad aggiornare in giugno il manuale pratico per le guardie di frontiera. Inoltre dovrebbe essere esaminata la fattibilità di un sistema europeo di guardie di frontiera. Questo non implicherebbe necessariamente l'istituzione di un'amministrazione europea centralizzata, bensì la creazione di una cultura comune e di capacità e standard condivisi, affiancati da una cooperazione pratica.

Analogamente, è necessario adottare un approccio basato sui rischi e garantire un maggior uso delle tecnologie moderne alle frontiere terrestri e marittime. Occorre migliorare la cooperazione quotidiana tra autorità nazionali; gli Stati membri limitrofi dovrebbero scambiarsi in tempo reale le informazioni operative su eventuali incidenti alla frontiera esterna. È questo l'obiettivo del sistema europeo di sorveglianza delle frontiere ( EUROSUR ), sviluppato progressivamente a partire dal 2008. Nel corso del 2011 la Commissione presenterà una proposta legislativa per consentire alle autorità degli Stati membri che effettuano attività di sorveglianza delle frontiere di scambiarsi informazioni operative e collaborare tra loro e con FRONTEX.

FRONTEX svolge un ruolo chiave nel convogliare le risorse nei punti della frontiera esposti a pressione, come dimostrato dall'invio – per la prima volta nella storia – di squadre di intervento rapido alle frontiere presso la frontiera terrestre greco-turca nel 2010 e dall'avvio dell'operazione navale congiunta HERMES per aiutare l'Italia nel 2011. Il quadro normativo di FRONTEX necessita di aggiornamenti che rendano l'agenzia più efficiente in termini di capacità operativa alla frontiera esterna. La Commissione ha proposto le modifiche necessarie nel febbraio dello scorso anno[5]; è ora urgente, soprattutto alla luce degli eventi recenti, che il Consiglio e il Parlamento europeo approvino la proposta entro la fine del semestre, come richiesto dal Consiglio europeo.

Governance Schengen

La creazione dello spazio Schengen è uno dei risultati più tangibili, popolari e riusciti dell'UE. Per preservare questo risultato e consentire lo sviluppo continuo dello spazio Schengen, devono essere prese in esame ulteriori misure dirette a rafforzare le frontiere esterne, come indicato sopra. È altresì necessario un chiaro sistema di governance Schengen . Attualmente l'Unione si basa su un sistema intergovernativo di valutazioni inter pares al fine di garantire l'applicazione delle norme comuni. L'attuale revisione del meccanismo di valutazione Schenghen dovrebbe basarsi su un approccio a livello dell'Unione con la partecipazione di esperti degli Stati membri e di FRONTEX, diretto dalla Commissione. Il meccanismo proposto dovrebbe assicurare una maggiore trasparenza e migliorare le misure di follow-up prese in relazione ai punti deboli rilevati durante le valutazioni degli esperti. La Commissione intende inoltre pubblicare orientamenti per garantire che le regole Schengen vengano applicate e interpretate in modo coerente.

Dovrebbe inoltre essere istituito un meccanismo che permetta all'Unione di gestire sia le situazioni in cui uno Stato membro non adempie all'obbligo di controllare la propria sezione di frontiera esterna, sia quelle in cui un tratto particolare della frontiera esterna diventa oggetto di pressione inaspettata e grave a seguito di eventi esterni. Una risposta coordinata a livello europeo da parte dell'Unione in situazioni critiche aumenterebbe senza dubbio la fiducia reciproca degli Stati membri. Ridurrebbe inoltre il ricorso a iniziative unilaterali degli Stati membri volte a reintrodurre temporaneamente i controlli alle frontiere interne o ad intensificare i controlli di polizia nelle regioni frontaliere interne, con un inevitabile rallentamento degli attraversamenti delle frontiere interne per chiunque. Un meccanismo del genere può quindi risultare necessario per consentire di adottare a livello europeo una decisione che definisca quali Stati membri possano reintrodurre eccezionalmente i controlli alle frontiere interne e per quanto tempo. Questo meccanismo si applicherebbe per un periodo limitato e predeterminato, fino all'adozione di altre misure (di emergenza) per stabilizzare la situazione nella sezione interessata della frontiera esterna a livello europeo, in spirito di solidarietà, e/o a livello nazionale, per conformarsi meglio alle norme comuni. La Commissione sta valutando la fattibilità di un meccanismo di questo tipo e potrebbe presentare a breve una proposta a tal fine.

Prevenire l'immigrazione irregolare

Per sua natura, l'immigrazione irregolare è un fenomeno difficile da quantificare. Esistono tuttavia alcuni indicatori che possono servire da orientamento. Nel 2009 i cittadini di paesi terzi in posizione irregolare fermati nell'UE sono stati circa 570 000 (il 7% in meno del 2008) e gli Stati membri hanno rimpatriato circa 250 000 persone (il 4,5% in più rispetto al 2008)[6].

Rispondere in modo fermo ed efficace alla migrazione irregolare è una condizione essenziale affinché la politica di migrazione e mobilità sia credibile. Se le probabilità di rimpatrio dei migranti in posizione irregolare che non necessitano di protezione internazionale sono scarse, l'attrattiva per l'immigrazione irregolare aumenta e i cittadini perdono fiducia nelle autorità nazionali ed europee. Occorre pertanto che gli strumenti e le politiche pertinenti a livello europeo siano usati in modo più coordinato.

Un altro fattore che attira l'immigrazione irregolare e lo sfruttamento dei cittadini di paesi terzi è l'esistenza di un mercato del lavoro informale. È quindi fondamentale che gli Stati membri recepiscano pienamente e nei termini stabiliti la direttiva sulle sanzioni nei confronti dei datori di lavoro [7].

Ogni anno diverse centinaia di migliaia di persone sono vittime della tratta in direzione dell'UE o all'interno dell'UE. Grazie alla recente adozione della direttiva sulla tratta di esseri umani , l'UE avrà una posizione di primo piano nella lotta internazionale contro questa forma di schiavitù, prevedendo sanzioni più severe e affrontando anche le questioni della prevenzione, della protezione, dell'assistenza e del sostegno alle vittime, soprattutto quelle più vulnerabili.

L'Unione europea pone un accento particolare sulla dimensione esterna della sua politica sulla tratta. La nomina di un coordinatore anti-tratta dell'UE contribuirà a intensificare gli sforzi per combattere questo crimine.

Per garantire che la politica di rimpatrio dell'UE sia coerente, equilibrata ed effettiva, la Commissione presenterà nel 2012 una comunicazione in cui farà il punto della situazione e indicherà le misure da prendere per continuare a progredire, ad esempio promuovere il rimpatrio volontario, migliorare lo sviluppo delle capacità degli Stati membri, favorire il riconoscimento reciproco delle decisioni di rimpatrio e affrontare la situazione dei migranti in posizione irregolare che non possono essere rimpatriati.

La direttiva rimpatri[8] ha istituito un quadro solido ed equo affinché i rimpatri siano effettivi, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali dei migranti e dello Stato di diritto. Questo strumento prevede l'emissione di una decisione di rimpatrio nei confronti delle persone che non si trovano in posizione regolare sul territorio dell'UE. Il basso livello di recepimento della direttiva preoccupa alquanto, e la Commissione sollecita tutti gli Stati membri ad adottare ed applicare senza indugio le disposizioni nazionali necessarie.

Nella sua recente valutazione globale della politica di riammissione [9] dell'UE, la Commissione ha concluso che gli accordi di riammissione dell'UE sono un utile strumento per il rimpatrio dei migranti in posizione irregolare. Questa forma di cooperazione con i paesi terzi dovrebbe essere ulteriormente rafforzata. È però altrettanto chiaro che i negoziati di riammissione con molti paesi, tra cui i principali paesi di origine e di transito dei migranti in posizione irregolare, sono difficili. Inoltre, l'articolo 13 dell'accordo di Cotonou tra l'UE e i paesi ACP è ancora scarsamente attuato. In particolare, il fatto che spesso l'UE non offra incentivi ai paesi terzi controparti, ad esempio misure correlate ai visti o assistenza finanziaria per rafforzare la capacità di tali paesi di applicare correttamente l'accordo, impedisce all'UE di concludere e attuare efficacemente tali accordi. Risulta pertanto evidente che non ha più senso chiedere mandati autonomi per negoziare accordi di riammissione. Gli accordi di riammissione devono essere considerati in una prospettiva più ampia che tenga conto dell'insieme delle relazioni dell'UE con il paese partner in questione. A tal fine, deve essere favorita l'inclusione di obblighi di riammissione rafforzati nel quadro degli accordi conclusi con i paesi terzi.

CIRCOLARE E VIVERE IN UNO SPAZIO SENZA FRONTIERE INTERNE

Mobilità organizzata

Le frontiere esterne dell'UE servono a proteggere e a garantire un agevole passaggio sia ai cittadini dell'Unione e ai loro familiari che a tutti i cittadini di paesi terzi che si recano nell'Unione nel rispetto delle regole convenute. Con 650 milioni di attraversamenti delle frontiere ogni anno nell'intero spazio Schengen, occorre riconoscere l'entità del lavoro quotidiano di verifica che viene svolto ai valichi[10].

Occorre sfruttare al massimo le risorse disponibili ai valichi di frontiera, garantendo economie di scala ed evitando doppioni. A tal fine è fondamentale una stretta cooperazione interservizi (FRONTEX, EUROPOL, dogane nazionali e autorità di polizia), soprattutto fra il corpo delle guardie di frontiera, che controllano le persone, e le autorità doganali, che controllano le merci. Ai fini di un miglior coordinamento delle verifiche alle frontiere esterne, la Commissione presenterà alcune proposte nel 2012, suggerendo agli Stati membri l'adozione di migliori prassi.

Va affrontato anche l'aspetto del rafforzamento delle verifiche di frontiera, associato al tempo stesso allo sveltimento del passaggio di frontiera per i viaggiatori regolari. Alcuni Stati membri stanno già elaborando dei sistemi di ingresso-uscita. Un sistema europeo di ingresso-uscita garantirebbe che i dati relativi all'attraversamento delle frontiere da parte dei cittadini di paesi terzi siano disponibili per le autorità competenti in materia di controllo alle frontiere e immigrazione, completando il sistema VIS per i detentori di visto. Ciò contribuirebbe a controllare meglio il soggiorno dei titolari di visto e ad evitare le situazioni di soggiorno oltre la scadenza del visto, che sono, contrariamente a quanto può sembrare, le principali cause dell'immigrazione irregolare nell'UE. Al tempo stesso, un programma per viaggiatori registrati consentirebbe ai cittadini dei paesi terzi di avvalersi di sistemi automatizzati di controllo alle frontiere, che rendono l'accesso all'UE più agevole per chi viaggia frequentemente.

Questi sistemi aprirebbero la strada a una nuova generazione di verifiche di frontiera basate su nuove tecnologie, e fondate al tempo stesso sugli insegnamenti tratti dagli attuali progetti TI di ampia portata in corso di elaborazione. Richiederebbero considerevoli investimenti da parte dell'UE e degli Stati membri in termini di sviluppo TI e di spesa pubblica, nonché l'impegno di garantire standard di alto livello per la protezione dei dati personali. Prima di presentare specifiche proposte, quindi, la Commissione consulterà sul da farsi, nei mesi a venire, il Parlamento europeo, il Consiglio e le parti interessate.

Una politica coerente di mobilità per i cittadini dei paesi terzi che includa i visti

La politica comune dell'UE in materia di visti è una delle misure d'accompagnamento per ovviare alla necessità di frontiere interne. Oltre a ciò, la politica sui visti è uno strumento determinante per una politica lungimirante di mobilità, ed ha un impatto enorme sui paesi terzi che considerano la mobilità dei propri cittadini una delle principali priorità della loro politica estera. Nel 2009, gli Stati membri che rilasciano visti Schengen hanno emesso circa 11 milioni di visti[11].

In anni recenti, l'UE ha concluso diversi accordi di facilitazione del visto e ha intrapreso dialoghi sulla liberalizzazione dei visti . In alcuni casi, e una volta constatato il ricorrere dei requisiti indispensabili, l'UE ha deciso di abolire l'obbligo del visto per i cittadini di specifici paesi terzi.

Queste esperienze sono ampiamente positive e dimostrano che è possibile garantire una mobilità ben gestita in un ambiente sicuro . Prevenire l'immigrazione irregolare e mantenere la sicurezza pubblica è compatibile con l'obiettivo di una maggiore mobilità, e deve essere sempre assicurato il giusto equilibrio fra la mobilità dei viaggiatori in buona fede e i rischi di immigrazione irregolare e di minacce all'ordine pubblico e alla pubblica sicurezza. Se del caso, sarebbe opportuno verificare il raggiungimento o meno di questo equilibrio con un meccanismo di controllo per il periodo successivo alla liberalizzazione dei visti, come quello istituito dalla Commissione nel gennaio 2011 e riguardante cinque paesi della regione dei Balcani occidentali cui nel 2009 e 2010 è stata concessa l'esenzione dal visto (Albania, Bosnia - Erzegovina, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Montenegro e Serbia).

Se l'esenzione dal visto porta a un fenomeno di immigrazione irregolare su ampia scala o ad abusi, o se compromette la sicurezza, è necessario che l'UE abbia a disposizione strumenti appropriati per rimediare prontamente a questi problemi. A tal fine la Commissione proporrà entro breve una modifica del regolamento sui visti [12], introducendo una clausola di salvaguardia che consentirebbe, a certe condizioni, il ripristino temporaneo dell'obbligo del visto per i cittadini di un paese terzo.

Per rafforzare il suo ruolo di protagonista mondiale e per promuovere gli interessi delle sue imprese e del settore accademico e culturale, l'UE deve rimanere aperta agli scambi culturali, economici e commerciali. È necessaria una maggiore coerenza fra la politica dei visti ed altre politiche dell'UE, come quelle relative agli scambi commerciali e alla ricerca.

Occorre utilizzare al massimo il potenziale offerto dal codice dei visti , applicabile da aprile 2010. Vi è tuttora una certa resistenza, ad esempio, a rilasciare a chi viaggia di frequente visti per ingressi multipli con un lungo periodo di validità, nonostante l'affidabilità di questi viaggiatori sia ampiamente dimostrata. Per questo la Commissione presenterà nei mesi a venire la prima relazione annuale sulla cooperazione locale Schengen . In tale relazione la Commissione intende presentare proposte concrete sul funzionamento della cooperazione locale Schengen destinate ai consolati degli Stati membri e ai richiedenti il visto, e riguardanti ad es. l'armonizzazione degli elenchi dei documenti giustificativi che devono presentare i richiedenti il visto e l'ottimizzazione del rilascio dei visti per ingressi multipli ai viaggiatori in buona fede.

Di estrema importanza è anche l'accessibilità dei servizi consolari. La Commissione presenterà nel corso del presente anno una comunicazione sui programmi di cooperazione consolare regionale ed esaminerà in particolare come facilitare l'istituzione di centri comuni per la presentazione delle domande di visto. A più lungo termine, la cooperazione fra gli Stati membri sui visti Schengen per soggiorni di breve durata potrebbe essere estesa ai visti per soggiorni di lunga durata.

Una buona gestione dell 'immigrazione legale

Come sottolineato nella strategia "Europa 2020", una politica migratoria razionale dovrebbe riconoscere che gli immigrati possono portare dinamismo economico e nuove idee e aiutano a creare occupazione. Gli immigrati, inoltre, contribuiscono a colmare carenze sul mercato del lavoro che i lavoratori dell'Unione non possono, o non vogliono, colmare, e a risolvere i problemi demografici che l'UE si trova ad affrontare. Per mantenere il rapporto popolazione attiva/popolazione totale al livello del 2008, si stima che l'Unione avrebbe bisogno di una considerevole immigrazione netta. Le tendenze demografiche a lungo termine mostrano che nel prossimo decennio potrebbe ridursi la possibilità di contare su manodopera derivante da flussi di lavoratori fra gli Stati membri dell'Unione europea.[13]

Ricevere immigrati con competenze corrispondenti alle necessità dell'UE potrebbe essere una risposta alle carenze di manodopera e di personale qualificato di certi settori . La futura crescita occupazionale si concentrerà nelle attività di servizio, e molti di questi posti di lavoro saranno legati ai servizi pubblici così come ai servizi domestici. A titolo d'esempio, l'agenda della Commissione per nuove competenze e per l'occupazione[14] stima, entro il 2020, una carenza di circa un milione di operatori professionali nel settore della sanità (2 milioni se si considera il personale sanitario ausiliario). Si stima che entro il 2015 ci sarà una carenza di personale qualificato in materia di TIC tra le 384 000 e le 700 000 persone[15]. Perché la sua economia divenga tanto dinamica e innovativa quanto è necessario per rimanere competitiva in un contesto globale, l'UE ha inoltre bisogno di un grosso incremento del numero di ricercatori attivi sul suo territorio, alcuni dei quali dovranno venire da paesi terzi.

È necessario altro lavoro per prevedere le carenze di manodopera e di personale qualificato e per individuare il ruolo che l'immigrazione potrebbe svolgere nel colmarle, facendo al tempo stesso attenzione ad evitare la "fuga dei cervelli" dai paesi in via di sviluppo.

Un quadro giuridico dell'UE in materia di migrazione è in fase di elaborazione, mentre gli Stati membri rimangono responsabili del numero di cittadini di paesi terzi che ammettono a fini occupazionali. Permettere alle persone con le giuste competenze di essere al posto giusto al momento giusto è la chiave del successo delle imprese, della ricerca e dell'innovazione in Europa. Per contribuire a un miglior funzionamento dei mercati del lavoro è opportuno semplificare le procedure amministrative e rivedere le restrizioni alla mobilità, affinché i cittadini di paesi terzi possano spostarsi all'interno dell'UE e fra l'UE e i paesi terzi senza perdere i diritti acquisiti di soggiorno e di lavoro. Un terzo dei migranti, inoltre, è sovraqualificato rispetto al posto di lavoro che occupa - uno spreco di capitale umano che l'Europa non può permettersi. L'UE deve pertanto impegnarsi maggiormente nel riconoscimento delle qualifiche formali dei migranti, che siano già presenti, in situazione regolare, o appena arrivati.

L'attuale crisi occupazionale in molti Stati membri mette sotto pressione il mercato del lavoro dell'UE. La Commissione sta al momento predisponendo una serie di strumenti per rivedere la corrispondenza fra le competenze e l'offerta e per individuare i settori economici e occupazionali che attualmente incontrano difficoltà a livello di assunzioni o che hanno carenze a livello di competenze. I risultati di questa analisi aiuteranno la Commissione a esaminare i congestionamenti in certe attività professionali e le carenze di competenze che potrebbero essere colmate con strategie migratorie opportunamente mirate. La Commissione sta valutando di presentare entro il 2012 un Libro verde su come affrontare le carenze di manodopera attraverso l'immigrazione negli Stati membri dell'UE. È giunto il momento di trovare un accordo sulla proposta del 2007 relativa al " permesso unico ", che semplificherà le procedure amministrative per i migranti e conferirà un insieme chiaro e comune di diritti. Al tempo stesso, per restare competitiva, l'Europa deve essere una destinazione interessante per i migranti altamente qualificati, poiché la domanda mondiale di lavoratori altamente qualificati aumenterà. Il sistema della Carta blu dell'UE definisce un pacchetto di misure che faciliterebbero l'assunzione di queste persone nell'Unione. La Commissione esorta tutti gli Stati membri a intensificare gli sforzi per recepire correttamente la direttiva. Inoltre, per colmare le lacune individuate nel quadro giuridico UE, la Commissione ha presentato nel 2010 delle proposte sui lavoratori stagionali e sui lavoratori trasferiti all'interno di società . Per quanto riguarda future iniziative legislative in materia di migrazione legale, la Commissione valuta costantemente il quadro vigente per verificare se gli strumenti esistenti siano correttamente attuati, possano essere migliorati, o se ne siano necessari di nuovi. Nel 2011 saranno presentate le relazioni sulle direttive riguardanti i cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo, gli studenti e i ricercatori.

I migranti potenziali hanno bisogno di informazioni sui quadri giuridici UE e nazionali, sui requisiti linguistici, sui visti e sui permessi di lavoro. Il portale UE dell'immigrazione , un sito web che sarà lanciato alla fine del 2011, sarà uno sportello unico per informazioni chiare e accessibili.

All'inizio del decennio scorso, negli Stati membri che forniscono dati affidabili, l'immigrazione per motivi familiari sembrava rappresentare più del 50% dell'immigrazione regolare complessiva. Questa percentuale sta progressivamente calando: oggi i motivi familiari rappresentano circa un terzo dell'immigrazione totale. Diversamente da quanto avviene per l'immigrazione a scopi occupazionali, gli Stati membri non possono predefinire la quantità di persone ammesse per motivi familiari – la Carta dei diritti fondamentali, insieme a molti strumenti di diritto internazionale, e la direttiva UE sul ricongiungimento familiare [16] dei cittadini dei paesi terzi riconoscono difatti l'obbligo di rispettare la vita familiare. La Commissione discuterà tale questione con gli Stati membri, il Parlamento europeo e le parti interessate, e pubblicherà un Libro verde per la fine dell'anno.

Costruire una società inclusiva integrando i migranti

L'integrazione dei cittadini di paesi terzi in situazione di soggiorno regolare rimane una questione fondamentale e talvolta controversa. Un'integrazione riuscita è essenziale per ragioni umane e culturali, ed è altresì necessaria per massimizzare i vantaggi economici e sociali dell'immigrazione, per i singoli individui così come per le società. Non vi è un solo modo per garantire il successo dell'integrazione, ma è chiaro che, per ottenere migliori risultati, è necessario un maggiore impegno sia a livello dell'UE che a livello nazionale e locale. Ogni migrante deve sentirsi a casa in Europa, rispettandone le leggi e i valori, e deve poter contribuire al futuro dell'Europa.

L'integrazione richiede l'impegno sia del migrante che della società che lo accoglie. Il migrante deve avere la possibilità di partecipare alla vita della sua nuova comunità, di imparare la lingua del paese di accoglienza, di avere accesso al lavoro, all'istruzione e al sistema sanitario, e gli deve essere data la possibilità socioeconomica di autosostentarsi. I migranti devono conoscere i valori fondamentali dell'UE e dei suoi Stati membri per capire la cultura e le tradizioni del paese in cui vivono. La loro integrazione implica un equilibrio fra l'esercizio di diritti e il rispetto delle leggi e delle culture dei paesi ospitanti.

In questo contesto, la Commissione presenterà a breve una comunicazione su un' agenda europea per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi, incentrata sulla partecipazione dei migranti nei paesi d'accoglienza, sull'azione a livello locale e sul coinvolgimento dei paesi d'origine nel processo d'integrazione. Tale agenda sarà un contributo al dibattito sul modo di capire e sostenere l'integrazione.

È in fase di elaborazione un "kit" di approcci rivelatisi efficaci per l'integrazione dei migranti: lo scopo è facilitare lo scambio di migliori prassi, affinché le autorità nazionali possano apprendere le une dalle altre e possano scegliere le misure che più sembrano efficaci per raggiungere i loro specifici obiettivi di integrazione. Sono in corso di sviluppo i cosiddetti "moduli europei" per sostenere politiche e pratiche che si possono adattare alle esigenze di singoli Stati membri, regioni e città. In particolare, la comunicazione della Commissione sosterrà il rafforzamento della partecipazione degli attori locali e regionali nella definizione delle politiche di integrazione, anche, ad esempio, attraverso un partenariato strategico con il Comitato delle regioni e con reti europee di città e regioni.

FORNIRE PROTEZIONE INTERNAZIONALE ALLE PERSONE CHE NE HANNO BISOGNO

Il sistema europeo comune di asilo è diretto soprattutto a ridurre le ampie divergenze negli esiti delle domande di asilo presentate nei diversi paesi dell'UE e ad istituire una serie comune di diritti procedurali e sostanziali su cui poter contare in tutta l'Unione, assicurando al tempo stesso il pieno rispetto della Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati e degli altri obblighi internazionali in materia.

Nel 2010 sono stati registrati circa 257 800 richiedenti asilo nell'UE, che corrispondono a 515 domande per milione di abitanti. Il 90% di queste domande è stato presentato in dieci Stati membri[17].

È giunto il momento di completare il sistema europeo comune di asilo, concordando un pacchetto equilibrato entro il termine del 2012 fissato dal Consiglio europeo del dicembre 2009. A questo scopo, la Commissione presenterà entro breve proposte di modifica della direttiva sulle condizioni d'accoglienza e di quella sulle procedure in materia di asilo. Occorre raggiungere un accordo equilibrato sulla revisione del regolamento Dublino, che preveda un meccanismo di emergenza a cui ricorrere in ultima istanza nel caso di pressioni eccezionali, e sulla revisione del sistema Eurodac.

Unitamente alla direttiva sulla qualifica di rifugiato e all'estensione dell'ambito di applicazione della direttiva sullo status di soggiornanti di lungo periodo ai beneficiari di protezione internazionale, il sistema europeo comune di asilo dovrebbe garantire: a) un equo trattamento e garanzie adeguate per i richiedenti asilo e i beneficiari di protezione internazionale; b) meccanismi procedurali che aiutino le autorità nazionali a valutare correttamente e rapidamente le domande di asilo, in modo più convergente e con strumenti atti a far fronte alle domande abusive; c) il livello adeguato di approssimazione dei diritti per i beneficiari di protezione internazionale, che contribuisca a rendere meno dispendiosi i processi amministrativi e a limitare i movimenti secondari e il cosiddetto "asylum shopping", migliorando al contempo le prospettive di integrazione; d) una maggiore efficienza del "sistema di Dublino", provvedendo al tempo stesso alle situazioni di pressione eccezionale a cui possono essere esposti i singoli Stati membri; e) una base dati Eurodac che continui a sostenere l'efficienza del regolamento Dublino, rispondendo al contempo ad altre esigenze delle autorità di contrasto ma secondo condizioni molto rigide.

La legislazione dell'UE e la sua corretta attuazione devono essere accompagnate da una cooperazione pratica rafforzata. L'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo, che diventerà pienamente operativo nel giugno di quest'anno, contribuirà con la sua azione ad aumentare la fiducia reciproca e la cooperazione tra i partner europei.

Sono altresì importanti la solidarietà e la cooperazione con i paesi terzi nella gestione dell'asilo e dei flussi di rifugiati. Occorre soprattutto continuare a realizzare programmi di protezione regionali : tali programmi creano un ampio partenariato con paesi e regioni di origine, in stretta collaborazione con l'UNHCR, combinando il dialogo e il sostegno a misure di sviluppo delle capacità, al fine di trovare soluzioni sostenibili, migliorare le legislazioni nazionali in materia di asilo, accogliere i richiedenti asilo e i rifugiati, attuare misure di rimpatrio e di reinsediamento.

Nel corso del 2010 sono stati reinsediati nell'UE circa 5 000 rifugiati, a fronte dei circa 75 000 rifugiati reinsediati nello stesso anno negli Stati Uniti. Il solo Canada accoglie attualmente più rifugiati reinsediati di quanti ne accolga l'intera UE. Il reinsediamento deve diventare parte integrante della politica di asilo dell'UE: può salvare la vita ad autentici rifugiati che altrimenti potrebbero essere costretti a viaggiare in condizioni pericolose verso un luogo di rifugio permanente; rappresenta inoltre un gesto importante di condivisione delle responsabilità con i paesi di primo asilo, che sono per la maggior parte paesi in via di sviluppo, aiuta a mantenere nei paesi ospitanti uno "spazio di protezione" e contribuisce al dialogo e alla cooperazione su altre questioni relative alla migrazione e alla gestione delle frontiere. Il Parlamento europeo e il Consiglio dovrebbero adottare senza ulteriori indugi il programma comune di reinsediamento UE proposto dalla Commissione[18].

LA MIGRAZIONE NELLE RELAZIONI ESTERNE AL DI LÀ DELLA CRISI

Un approccio globale in materia di migrazione

L'UE deve potenziare le sue politiche esterne in materia di migrazione. Occorrono partenariati con i paesi terzi che affrontino le questioni legate alla migrazione e alla mobilità in modo tale da rendere la cooperazione vantaggiosa per entrambe le parti. Nello sviluppo di tale politica, gli aspetti relativi alla migrazione devono essere inseriti nella politica generale di relazioni esterne dell'UE, al fine di promuovere interessi e bisogni dell'Unione. Un'attenzione specifica va attribuita alle relazioni tra migrazione e cambiamento climatico. La coerenza tra politiche interne e politiche estere è fondamentale per produrre risultati validi, così come sono essenziali la coerenza e la complementarità tra le azioni dell'Unione e quelle degli Stati membri.

Nel corso di quest'anno la Commissione presenterà una comunicazione sull' approccio globale in materia di migrazione . Dopo cinque anni di attuazione, è ora di entrare in una nuova fase ed esaminare i modi per rendere questo approccio strategico più efficace e coerente, con obiettivi più chiaramente definiti. Il quadro politico deve riflettere meglio gli obiettivi strategici dell'Unione, sia esterni che interni, e tradurli in proposte concrete per lo sviluppo dei nostri partenariati cruciali (in particolare quello con l'Africa, il partenariato orientale, il partenariato euromediterraneo e i partenariati con i paesi dell'allargamento).

È necessario un migliore equilibrio tematico fra i tre principali settori di intervento: a) l'organizzazione della migrazione legale; b) il potenziamento della lotta contro la migrazione irregolare; c) l'aumento dei vantaggi reciproci della migrazione per lo sviluppo.

La dimensione esterna potrebbe svolgere un ruolo più importante permettendo di stabilire relazioni con paesi terzi che dovrebbero essere considerati partner per affrontare le esigenze di manodopera dell'UE, fatta salva la preferenza per i cittadini dell'Unione. Nello sforzo di collegare meglio l'offerta e la domanda di lavoro e di aiutare l'industria dell'UE a procurarsi le giuste competenze, si potrebbe svolgere un lavoro importante nei paesi terzi in settori come il riconoscimento delle qualifiche ottenute all'estero e la formazione professionale e linguistica prima della partenza.

Occorre approfondire e definire meglio l'attività nel settore della migrazione e dello sviluppo. L'UE dovrebbe impegnarsi di più per affrontare i fattori trainanti della migrazione, con particolare attenzione alle questioni di occupazione, governance e sviluppi demografici. Devono essere prese nuove iniziative per aumentare l'impatto positivo del trasferimento delle rimesse dei migranti sullo sviluppo.

Sarà inoltre rafforzata la dimensione umana delle politiche di migrazione e sviluppo, introducendo un'impostazione centrata sui migranti. In tale contesto occorre considerare con maggiore attenzione le comunità di diaspora, valutando iniziative che consentano ai membri di tali comunità di contribuire ai loro paesi di origine, tra cui la promozione del ritorno temporaneo di migranti qualificati. Sulla base delle prime esperienze positive, vanno ulteriormente sviluppate le opportunità di migrazione circolare.

Finora l'approccio globale si è concentrato soprattutto sull'Africa e sull'Europa orientale e sudorientale; nel rafforzare le politiche esterne dell'UE in materia di migrazione occorre rivedere le priorità geografiche, sulla base degli interessi e delle sfide comuni all'UE e ai paesi terzi, in particolare alla luce dei recenti sviluppi in Medio Oriente e nell'Africa settentrionale.

Oltre la crisi: un partenariato tra l'UE e il Mediterraneo meridionale

Nelle riunioni dell'11 e del 25 marzo, il Consiglio europeo ha ribadito il suo impegno a sviluppare un nuovo partenariato con i paesi del vicinato meridionale. Anche il Parlamento europeo ha sottolineato in una recente risoluzione[19] l'esigenza di affrontare questi argomenti in modo equilibrato e complessivo. Sulla base di questi contributi, nelle prossime settimane la Commissione presenterà una politica europea di vicinato riveduta e un insieme di proposte relative all'approccio dell'UE nel settore della migrazione, della mobilità e della sicurezza con i paesi del Mediterraneo meridionale.

In tale contesto si collaborerà coi paesi del Mediterraneo meridionale per migliorare il riconoscimento delle competenze e dei livelli d'istruzione dei migranti.

Inoltre, la democrazia in crescita nei paesi dell'Africa settentrionale dovrebbe essere sostenuta tramite contatti interpersonali nell'ambito del Mediterraneo. La maggiore mobilità è destinata ad aumentare la comprensione reciproca e favorire le relazioni commerciali. L'UE deve offrire ai partner vicini una politica dinamica in materia di mobilità, anche per quanto riguarda i visti, che sia al contempo solidamente inserita nella politica estera dell'UE. Per raggiungere gli obiettivi della politica europea di vicinato servono la fornitura liberalizzata di servizi, maggiori scambi di studenti e ricercatori, e contatti più intensi tra la società civile, gli imprenditori, i giornalisti e le organizzazioni per la difesa dei diritti dell'uomo. Questo può avvenire solo se esistono canali appropriati per la migrazione regolare e misure di agevolazione dei visti.

Come prima iniziativa, l'UE ha proposto ai paesi del Mediterraneo meridionale di stabilire un dialogo strutturato su migrazione, mobilità e sicurezza, al fine di istituire partenariati di mobilità sulla base del merito specifico di ogni singolo paese.

Il dialogo dovrebbe essere diretto a creare partenariati di mobilità basati su condizioni adeguate e aiutare i paesi partner a sviluppare le loro capacità nei settori della gestione dei flussi migratori. I partenariati di mobilità dovrebbero comprendere, tra l'altro, modi per agevolare e organizzare meglio la migrazione legale, misure efficaci e umane per lottare contro la migrazione irregolare e iniziative concrete per potenziare i risultati della migrazione in termini di sviluppo. Potranno essere attuati soltanto se i paesi terzi interessati si impegneranno realmente a riammettere i migranti irregolari non autorizzati a soggiornare nel territorio degli Stati membri, ed a prendere provvedimenti efficaci per impedire la migrazione irregolare, istituire una gestione integrata delle frontiere, controllare la sicurezza dei documenti e combattere la criminalità organizzata, ivi compresi la tratta di esseri umani e il traffico di migranti.

I paesi partner disposti a collaborare con l'UE per quanto riguarda l'asilo, la migrazione e la gestione delle frontiere, nonché per un'applicazione più efficace dello Stato di diritto, otterranno aiuti per potenziare le loro capacità a questi scopi. Tale cooperazione contribuirà a creare le condizioni per la stabilità, il rispetto dei diritti umani, della democrazia e della buona governance. Permetterà inoltre all'UE di offrire ulteriori iniziative per agevolare la mobilità dei cittadini di paesi terzi, parallelamente a misure nel settore dei visti, nel contesto di una revisione generale delle sue relazioni con i paesi in questione.

ALLEGATO 1

Iniziative della Commissione legate alla Comunicazione |

N. riferimento | Titolo completo |

CAPITOLO 2 Attraversamento delle frontiere esterne e mobilità |

2011/HOME/040 | Decisione della Commissione sulla cooperazione locale Schenghen | giugno 2011 |

2011/HOME/182 | Raccomandazione recante modifica della raccomandazione della Commissione che istituisce un "Manuale pratico per le guardie di frontiera" comune | giugno 2011 |

2011/HOME/045 | Decisione della Commissione recante modifica del Manuale per il Codice dei visti | giugno 2011 |

2011/HOME/050 | Decisione della Commissione che modifica il Manuale SIRENE | maggio 2011 |

2011/HOME/041 | Proposta della Commissione che modifica il regolamento (CE) n. 539/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio sui visti | 24 maggio 2011 |

2011/HOME/044 | Comunicazione sui programmi regionali di cooperazione consolare e sull'istituzione di centri comuni per la presentazione delle domande di visto | novembre 2011 |

2011/HOME/088 | Proposta legislativa che definisce l'obiettivo, il campo di applicazione e il quadro operativo e tecnico del sistema europeo di sorveglianza delle frontiere (EUROSUR) | dicembre 2011 |

2011/HOME/.. | Comunicazione sulle "frontiere intelligenti" (Programma per un sistema di ingresso/uscita e per i viaggiatori registrati) | settembre 2011 |

2011/HOME/016 | Comunicazione su una maggiore solidarietà in seno all'UE | novembre 2011 |

CAPITOLO 3 Circolare e vivere in uno spazio senza frontiere interne |

Schengen: meccanismo per la reintroduzione coordinata e temporanea dei controlli, a complemento della proposta della Commissione sulla valutazione del sistema Schenghen | giugno/luglio 2011 |

2011/HOME/037 | Migrazione e asilo nell'UE nel 2010 (seconda relazione annuale sul patto sull'immigrazione e l'asilo), accompagnata da un documento di lavoro dei servizi della Commissione | 24 maggio 2011 |

2011/HOME/017 | Comunicazione su un'agenda europea per l'integrazione, accompagnata da un documento di lavoro dei servizi della Commissione | 24 maggio 2011 |

2010/HOME/085 | Relazione della Commissione al Parlamento europeo ed al Consiglio sull'applicazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo | settembre 2011 |

2010/HOME/086 | Relazione della Commissione al Parlamento europeo ed al Consiglio sull'applicazione della direttiva 2004/114/CE relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato | settembre 2011 |

2011/HOME/039 | Relazione sulla direttiva 2005/71/CE relativa a una procedura specificamente concepita per l'ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica, nonché sui suoi possibili seguiti | dicembre 2011 |

2009/HOME/057 | Libro verde sulla direttiva 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiungimento familiare | novembre 2011 |

Comunicazione sulla politica dell'Unione europea in materia di rimpatrio | 2012 |

Libro verde sulla gestione delle carenze di manodopera attraverso l'immigrazione negli Stati membri dell'UE | 2012 |

CAPITOLO 4 Fornire protezione internazionale alle persone che ne hanno bisogno |

2011/HOME/186 | Proposta modificata di direttiva sulle procedure d'asilo | 1° giugno 2011 |

2011/HOME/187 | Proposta modificata di direttiva sulle condizioni di accoglienza | 1° giugno 2011 |

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide | già presentata |

Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l'"EURODAC" | già presentata |

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta | già presentata |

Proposta della Commissione sull'istituzione di un programma comune di reinsediamento UE | già presentata |

CAPITOLO 5 Un approccio globale in materia di migrazione |

Comunicazione "Dialogo con il Mediterraneo meridionale per la migrazione, la mobilità e la sicurezza" | 24 maggio 2011 |

2010/HOME+/011 | Proposta della Commissione per le decisioni del Consiglio relative alla firma e alla conclusione dell'accordo fra l'Unione europea e la Repubblica di Capo Verde sulla mobilità e la riammissione | novembre 2011 |

2011/HOME/001 | Comunicazione sulla valutazione e sul futuro sviluppo dell'approccio globale in materia di migrazione | novembre 2011 |

2011/HOME/022 | Documento di lavoro dei servizi della Commissione in materia di migrazione e sviluppo | novembre 2011 |

2011/HOME/023 | Documento di lavoro dei servizi della Commissione in materia di migrazione e cambiamento climatico | novembre 2011 |

2001/HOME/019 | Piano d'azione per la cooperazione con i paesi del partenariato orientale | settembre 2011 |

Proposta della Commissione per le decisioni del Consiglio relative alla firma e alla conclusione dell'accordo fra l'Unione europea e l'Armenia sulla facilitazione del visto e la riammissione | luglio 2011 |

Proposta della Commissione per le decisioni del Consiglio relative alla firma e alla conclusione dell'accordo fra l'Unione europea e l'Azerbaigian sulla facilitazione del visto e la riammissione | luglio 2011 |

ALLEGATO 2

Tabella n. 1: Dati statistici sul numero totale di visti 2009

[pic]

Fonte: Segretariato generale del Consiglio dell'Unione europea

[pic]Tabella n. 2: numero di fermi, allontanamenti e rimpatri

Fonte: Eurostat

Tabella n. 3: Cittadini non-UE negli Stati membri - 2010

Cittadini non-UE negli Stati membri - 2010 |

Cittadini di paesi non-UE (in migliaia) | % |

UE27 | 20 126.1 | 4.0 |

Belgio | : | : |

Bulgaria | 20.3 | 0.3 |

Repubblica ceca | 287.4 | 2.7 |

Danimarca | 214.3 | 3.9 |

Germania | 4 584.7 | 5.6 |

Estonia | 201.7 | 15.1 |

Irlanda | 67.9 | 1.5 |

Grecia | 791.7 | 7.0 |

Spagna | 3 335.7 | 7.3 |

Francia | 2 451.4 | 3.8 |

Italia | 2 993.7 | 5.0 |

Cipro | 43.8 | 5.5 |

Lettonia | 382.4 | 17.0 |

Lituania | 34.6 | 1.0 |

Lussemburgo | 29.5 | 5.9 |

Ungheria | 81.1 | 0.8 |

Malta | 11.3 | 2.7 |

Paesi Bassi | 341.3 | 2.1 |

Austria | 548.0 | 6.5 |

Polonia | 30.7 | 0.1 |

Portogallo | 363.1 | 3.4 |

Romania | 25.3 | 0.1 |

Slovenia | 77.6 | 3.8 |

Slovacchia | 24.2 | 0.4 |

Finlandia | 98.5 | 1.8 |

Svezia | 324.7 | 3.5 |

Regno Unito | 2 445.1 | 3.9 |

Fonte: Eurostat

[pic]

Tabella n. 4: Numero di permessi di soggiorno rilasciati nel 2008 e nel 2009

Fonte: Eurostat

Tabella n. 5: Decisioni in prima istanza su domande di asilo, per esito e Stato membro - 2010 |

Fonte: Eurostat |

[1] Risoluzione del Parlamento europeo del 5 aprile 2011 "Flussi migratori legati all'instabilità: campo di applicazione e ruolo della politica estera dell'UE" (2010/2269(INI))

[2] Il programma generale comprende quattro Fondi pertinenti in questo contesto: il Fondo per le frontiere esterne, il Fondo europeo per i rimpatri, il Fondo europeo per i rifugiati e il Fondo per l'integrazione.

[3] Direttiva 2001/51/CE del Consiglio del 20 luglio 2001.

[4] COM(2010) 673 del 22.11.2010.

[5] COM(2010) 61 del 24.2.2010.

[6] V. allegato 2 – Tabella riguardante il fermo, l'allontanamento e il rimpatrio.

[7] Direttiva 2009/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009.

[8] Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008. Il termine di recepimento della direttiva è scaduto nel dicembre 2010.

[9] COM(2011) 76 del 23.2.2011.

[10] Dai dati raccolti fra il 31 agosto e il 6 settembre 2009 presso tutti i valichi alle frontiere esterne dell'UE emerge che 12,6 milioni di persone attraversano regolarmente le frontiere ogni settimana: il 73,5% sono cittadini UE o beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi della normativa dell'Unione (9,1 milioni/settimana, il 15,2% sono cittadini di paesi terzi non soggetti all'obbligo del visto (2,1 milioni/settimana), mentre l'11,3% sono cittadini di paesi terzi in possesso del visto (1,4 milioni/settimana).

[11] Vedi allegato 2, tabella 1 sui dati statistici sul numero totale di visti 2009.

[12] Regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio.

[13] Labour market polarization in Europe . Documento di ricerca Cedefop, n. 9 2011.

[14] COM (2010) 682.

[15] Monitoring e-Skills demand and supply in Europe – current situation, scenarios & future development forecasts until 2015 , DG ECFIN.

[16] Direttiva 2003/86/CE del Consiglio.

[17] Prima fra tutti la Francia, seguita da Germania, Svezia, Belgio, Regno Unito, Paesi Bassi, Austria, Grecia, Italia e Polonia. V. allegato 2, tabella 5.

[18] COM(2009)447 del 2.9.2009.

[19] Risoluzione del Parlamento del 5 aprile 2011 "Flussi migratori legati all'instabilità: campo di applicazione e ruolo della politica estera dell'UE" (2010/2269(INI))