32011DC0114

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO EUROPEO Relazione 2011 sugli ostacoli agli scambi e agli investimenti Impegnare i nostri partner economici strategici a migliorare l'accesso al mercato: interventi prioritari per l'eliminazione degli ostacoli agli scambi /* COM/2011/0114 def. */


[pic] | COMMISSIONE EUROPEA |

Bruxelles, 10.3.2011

COM(2011) 114 definitivo

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO EUROPEO

Relazione 2011 sugli ostacoli agli scambi e agli investimentiImpegnare i nostri partner economici strategici a migliorare l'accesso al mercato: interventi prioritari per l'eliminazione degli ostacoli agli scambi

SEC(2011) 298 definitivo

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO EUROPEO

Relazione 2011 sugli ostacoli agli scambi e agli investimenti Impegnare i nostri partner economici strategici a migliorare l'accesso al mercato: interventi prioritari per l'eliminazione degli ostacoli agli scambi

INTRODUZIONE

Essendo la maggiore potenza commerciale al mondo e la più importante fonte e destinazione di investimenti esteri diretti, l'UE ha un interesse intrinseco nel garantire un sistema globale di scambi aperto ed equo. Nei prossimi anni tale interesse non può che crescere, entro il 2015 il 90% della crescita mondiale sarà generato al di fuori dell'Europa. L'economia europea deve cogliere l'opportunità offerta da tali tassi elevati di crescita all'estero, soprattutto in Asia.

Uno degli elementi fondamentali della nuova strategia commerciale dell'UE[1], oltre all'agenda di negoziazione, è costituito da un approccio più assertivo, volto a garantire che le imprese europee non siano private delle legittime possibilità di accesso al mercato e che i nostri diritti siano correttamente applicati, al fine di garantire condizioni eque. La Commissione seguirà la realizzazione della suddetta agenda con decisione e fermezza. La Commissione è inoltre determinata a continuare la lotta contro il protezionismo. Proprio perché crede nei vantaggi di un mercato aperto in Europa e all'estero, l'UE deve poter coinvolgere i suoi partner nella realizzazione dei suoi obiettivi, in uno spirito di reciprocità e di mutuo vantaggio[2].

Aiutare le imprese europee ad accedere ai mercati dei paesi terzi è stato e continua ad essere un elemento essenziale della politica commerciale dell'UE, ma l'impegno deve essere maggiore. La principale sfida della politica commerciale odierna non consiste prevalentemente nel ridurre i dazi applicabili alle merci, ma nel superare gli ostacoli normativi, nell'ottenere migliore accesso al mercato per i servizi e gli investimenti, nell'aprire i mercati degli appalti pubblici, nel tutelare con maggiore efficacia e nell'attuare i diritti di proprietà intellettuale (DPI) e nell'affrontare ostacoli ingiustificati che impediscono l'approvvigionamento sostenibile di materie prime. In generale, è necessario garantire che gli scambi contribuiscano allo sviluppo sostenibile, tenendo conto dell'impatto sociale degli ostacoli al commercio. Taluni studi dimostrano che il prodotto interno lordo (PIL) dell'UE potrebbe aumentare di più dello 0,5% se si riuscisse a completare l'agenda di negoziazione bilaterale e multilaterale[3]. Tale cifra potrebbe addirittura raddoppiare se l'UE riuscisse ad ottenere risultati concreti in relazione agli ostacoli non tariffari e alle questioni normative con i suoi principali partner commerciali, quali gli Stati Uniti e la Cina[4]. La politica commerciale può e deve contribuire in modo essenziale alla crescita e all'occupazione.

La strategia di accesso al mercato[5] costituisce un elemento fondamentale delle nostre attività di attuazione, garantendo che gli accordi producano concreti vantaggi commerciali. Particolare attenzione viene dedicata alle attività di prevenzione, compreso il ricorso ai meccanismi di allarme rapido contemplati dagli accordi dell'OMC sugli ostacoli tecnici agli scambi e le misure sanitarie e fitosanitarie (SPS). La Commissione è decisa a continuare ad operare in un nuovo spirito di collaborazione con gli Stati membri e le imprese per affrontare gli ostacoli sui mercati dei paesi terzi e per fondare le nostre relazioni con i paesi terzi, anche ai più alti livelli, sulla rimozione degli ostacoli. Secondo la Commissione, le questioni relative all'accesso al mercato dovrebbero costituire una parte importante dei dibattiti in corso al Consiglio europeo sulla promozione delle nostre partnership economiche attraverso la fissazione delle priorità, la sinergia tra i vari strumenti ed il coordinamento dei nostri messaggi per promuovere con maggiore efficacia gli interessi dell'UE all'estero. Riflettere sulle priorità è utile anche in vista dell'avvio della fase operativa per il Servizio europeo di azione esterna.

La presente relazione è la prima relazione al Consiglio europeo sugli ostacoli agli scambi e agli investimenti nei paesi terzi, come annunciato nella strategia Europa 2020[6]. Essa fornisce l'opportunità di concentrare l'attenzione sull'impegno comune necessario per affrontare una serie di ostacoli all'accesso al mercato, comprese le misure "oltre frontiera" e le prassi della politica industriale[7]. I principali partner commerciali dell'UE hanno infatti dimostrato un notevole risveglio d'interesse nei confronti della politica industriale. Essa contempla talvolta prassi di promozione attiva di "campioni nazionali" che potrebbero ledere gli interessi dell'UE.

Gli ostacoli presentati sono quelli di maggiore importanza economica e/o sistemica per le aziende europee sui mercati di determinati partner strategici. Fra gli ostacoli figurano anche le restrizioni all'esportazione di materie prime che non costituiscono "barriere all'accesso al mercato" in senso stretto, ma sono comunque nocive per le imprese europee, soprattutto per i produttori europei a valle, che incorporano le materie prime nei prodotti finiti che esportano. La presente relazione contribuisce ad orientare il dibattito al Consiglio europeo sulle priorità dell'accesso condiviso al mercato, per sviluppare appieno il potenziale delle sinergie europee e produrre vantaggi diretti in termini di crescita e occupazione nell'Unione europea.

OSTACOLI SIGNIFICATIVI NELLE NOSTRE RELAZIONI CON I PARTNER STRATEGICI

La presente relazione riguarda ostacoli di grande rilevanza economica e/o sistemica per le imprese europee sui mercati di determinati nostri partner strategici: Cina, India, Giappone, Brasile/Argentina (citati insieme in considerazione del Mercosur), Russia e Stati Uniti. Nel 2009 gli scambi con tali partner hanno rappresentato il 45% dei nostri scambi di merci e servizi commerciali (con gli Stati Uniti è stato effettuato il 19% degli scambi, con la Cina il 10%) ed il 41% dei nostri flussi di investimenti esteri diretti (IED)[8] (gli Stati Uniti hanno costituito da soli il 35%). Poiché attualmente l'UE non sta svolgendo negoziazioni bilaterali FTA con quattro dei sei partner, una strategia comune rafforzata nei confronti di tali paesi è di estrema importanza.

La particolare attenzione dedicata nella relazione a tali partner strategici non significa naturalmente che la Commissione sminuisca l'importanza degli ostacoli in altri mercati importanti e spesso emergenti, ad esempio quelli dei paesi ASEAN, del Consiglio di cooperazione del Golfo, dei paesi orientali e meridionali limitrofi, oppure di altri partner strategici quali, ad esempio, il Messico ed il Sudafrica. L'allegato documento di lavoro dei servizi della Commissione completa la presente relazione fornendo ulteriori informazioni sulle attività svolte e sugli interventi previsti al fine di affrontare gli ostacoli identificati nel più ampio contesto di 32 mercati di esportazione prioritari.

La scelta di specifici ostacoli si fonda su recenti valutazioni comuni della situazione nei sette paesi in questione, quali l'analisi degli ostacoli svolta nel 2009/2010 su richiesta del Consiglio[9], che ha individuato 205 ostacoli prioritari per 32 mercati, nonché il permanente monitoraggio delle misure protezionistiche introdotte in seguito alla recente crisi economica e finanziaria[10].

Cina

La Cina è il secondo maggiore partner commerciale dell'UE, mentre l'UE è il maggiore partner commerciale della Cina. La Cina non è solo una fonte di beni di consumo a basso prezzo ma anche di fattori di produzione per le nostre industrie manifatturiere. Malgrado il nostro notevole disavanzo commerciale bilaterale, la Cina è diventata il mercato a più rapida crescita per le nostre esportazioni di beni e servizi ed un'importante destinazione per gli investimenti dell'UE. Nel 2009 l'UE ha esportato merci verso la Cina per 82 miliardi di euro, malgrado la crisi, realizzando un aumento del 4% rispetto al 2008, e alla fine di ottobre 2010 le nostre esportazioni erano salite del 38% su base annua. In termini generali le esportazioni dell'UE verso la Cina sono più che raddoppiate (121%) tra il 2005 (primi 11 mesi) ed il 2010 (primi 11 mesi). Questo livello di esportazioni dell'UE resta tuttavia inferiore al potenziale ed un migliore accesso al mercato consentirebbe agli esportatori e agli investitori dell'UE di contribuire e partecipare integralmente alla fenomenale crescita economica della Cina.

Dieci anni dopo l'adesione all'OMC la Cina deve ancora migliorare per quanto riguarda l'attuazione dei principi fondamentali dell'OMC di non discriminazione, trasparenza e trattamento nazionale. Importanti ostacoli all'accesso al mercato persistono sotto forma di standardizzazione e norme tecniche, come pure nell'ambito dei servizi, degli investimenti e degli appalti pubblici. L'insufficiente rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e pesanti procedure di certificazione continuano ad essere fonti di preoccupazione. Un crescente problema alla base è costituito dal fatto che la Cina risulta aver elaborato misure intervenzioniste nell'ambito della politica industriale, che perseguono la sostituzione delle importazioni, il trasferimento forzato di tecnologia e la concessione di accessi preferenziali alle materie prime per i fabbricanti locali. Fra tali misure figurano anche sussidi industriali e prestiti preferenziali da banche statali, concessioni di terra, prezzi preferenziali per i fattori di produzione (energia) e crediti all'esportazione.

I seguenti ostacoli sono stati identificati e ritenuti prioritari per gli operatori dell'UE.

1) Nel settore delle materie prime la Cina sta sistematicamente ricorrendo a misure restrittive del mercato, quali dazi all'esportazione e contingenti. Nel 2009 tali restrizioni hanno colpito le importazioni UE di materie prime dalla Cina per circa 1,2 miliardi di euro, ovvero il 6% delle importazioni totali dell'UE di tali beni. Il 59% delle importazioni dalla Cina oggetto di tali misure era costituito da materie prime per l'industria. Questi ostacoli agli scambi sono particolarmente problematici in un contesto globale, in cui non sono prontamente disponibili fonti alternative di approvvigionamento o materie prime di sostituzione. Le recenti questioni riguardanti gli scambi di terre rare sono un esempio lampante di tale problema. Gli ostacoli presenti in Cina per quanto concerne le terre rare hanno colpito il 62% delle importazioni totali UE di tali tipi di terre rare nel 2009[11]. La riduzione dei contingenti di esportazione cinesi di terre rare ha indotto notevoli penurie sul mercato e impennate dei prezzi, con un considerevole impatto sui costi di produzione di applicazioni basate sulle terre rare. I prezzi delle terre rare sono aumentati fino al 500% e si prevedono ulteriori aumenti in conseguenza delle ultime riduzioni dei contingenti di esportazione. L'industria dell'UE usa le terre rare in una gamma sempre crescente di applicazioni a valle, fra le quali i convertitori catalitici delle automobili, il settore TIC (ad esempio circuiti stampati, fibre ottiche e semiconduttori), le lampade al fosforo, grandi magneti permanenti (utilizzati ad es. nelle automobili elettriche o nelle turbine eoliche), vetri e ceramiche ad alta tecnologia. La posta in gioco per lo sviluppo attuale e soprattutto futuro dell'economia europea è quindi elevata.

2) Un serio problema riguardante gli appalti pubblici e la proprietà intellettuale è costituito dalla politica di " innovazione interna " volta a sostenere le imprese cinesi che risalgono la catena del valore. Si tratta di un problema grave per le imprese europee che desiderano esportare dall'UE o che operano già in Cina. In passato tale politica ha ostacolato gravemente l'accesso agli appalti cinesi in un ampio numero di settori innovativi, dalla tecnologia verde alle telecomunicazioni, ricorrendo alla prescrizione relativa all'obbligo per le imprese estere di registrare i loro DPI in Cina. Secondo talune proposte legislative i richiedenti sono anche tenuti a comunicare informazioni commerciali riservate connesse all'innovazione e ai DPI.

Durante l'ultimo dialogo economico e commerciale ad alto livello il governo cinese ha tuttavia assicurato che non vi saranno differenze di trattamento per prodotti e servizi a seconda del luogo di registrazione dei brevetti e che non saranno adottate o mantenute misure secondo le quali l'origine dello sviluppo o la proprietà dei diritti sono una condizione preferenziale nell'ambito degli appalti pubblici. La Commissione ha accolto con favore tali dichiarazioni, ma sorveglierà assiduamente l'attuazione delle misure, anche a livello provinciale, al fine di creare condizioni eque tra imprese nazionali, imprese ad investimento estero stabilite in Cina e imprese estere.

In generale il contesto degli appalti in Cina resta incompleto e privo di trasparenza. Per garantire la conformità agli standard internazionali servono grandi riforme ed un contesto prevedibile per gli offerenti. L'adesione della Cina all'accordo GPA sugli appalti pubblici può essere d'ausilio nel raggiungere tali obiettivi.

Nel settore più ampio dei DPI, per le imprese estere resta difficile accedere al sistema cinese di attuazione dei diritti, soprattutto per quelle che operano in settori creativi e innovativi. Esse sono svantaggiate dall'applicazione, nei loro confronti, di prescrizioni formali più severe. In particolare le prescrizioni relative alla legalizzazione e alla notarizzazione per le procure e le prove dall'estero sono onerose e costose e dissuadono gli operatori esteri dal difendere i loro diritti con efficacia davanti ai tribunali e alle autorità amministrative. Inoltre le ingiunzioni interinali sono difficili da ottenere nella prassi e i danni riconosciuti dai tribunali restano spesso troppo limitati.

3) La Cina sta imponendo sempre più prescrizioni relative alla conformità a specifiche norme cinesi e a relative onerose procedure di prove e certificazione da parte di terzi . Tali prescrizioni spesso sono in contrasto con le prassi e le norme internazionali e mettono le imprese estere in una situazione svantaggiosa. Un esempio significativo è il settore delle tecnologie di informazione e comunicazione (TIC), in cui la generale complessità e mancanza di trasparenza delle prassi cinesi normative e di valutazione di conformità contribuiscono a creare un contesto per le imprese sempre meno prevedibile e ad ostacolare l'accesso al mercato per le imprese estere e ad investimento estero.

4) Per quanto riguarda gli investimenti , i flussi attuali dimostrano un vasto potenziale inutilizzato. Sebbene le imprese europee nel 2009 abbiano investito oltre 5 miliardi di euro in Cina, questa cifra rappresenta meno del 3% del flusso totale di investimenti in uscita. L'attuale clima per gli investimenti in Cina è perturbato da una mancanza di trasparenza e di prevedibilità. Inoltre le normative cinesi, soprattutto nel settore dell'energia (criteri di qualifica, accesso limitato a progetti di concessione e prescrizioni per l'assemblaggio) impediscono alle imprese dell'UE di accedere integralmente al mercato cinese, soprattutto nel settore delle energie rinnovabili.

Oltre a quanto appena delineato, come dimostrato dal cosiddetto "catalogo degli investimenti", una serie di importanti settori resta chiusa agli investimenti esteri in Cina, oppure l'accesso è limitato attraverso joint ventures, tetto massimo degli investimenti esteri, limitazione del numero di stabilimenti, ecc. Tramite l'impatto combinato di varie misure, la Cina usa il proprio regime di investimenti per orientare lo sviluppo economico, favorendo le imprese locali attraverso il trasferimento di tecnologia e di know-how. Questa situazione è molto problematica per le imprese europee che desiderano investire in Cina. La prossima revisione del catalogo degli investimenti costituisce un'ottima occasione per trasmettere alle autorità cinesi un chiaro messaggio relativo alla necessità di un contesto d'investimento veramente aperto e non discriminante in Cina.

India

L'India è un importante partner commerciale per l'UE ed una potenza economica in crescita. Con un tasso di crescita fra l'8 ed il 10% l'anno l'India è una delle economie mondiali a più rapida crescita. Il reddito pro capite è più che raddoppiato nel periodo 1990-2005. In soli quattro anni gli scambi tra UE e India sono aumentati del 31%, per raggiungere oltre 53 miliardi di euro nel 2009, e gli investimenti UE in India sono più che quadruplicati dal 2003, raggiungendo 3,1 miliardi di euro nel 2009.

Tuttavia, il sistema degli scambi e il contesto normativo dell'India sono ancora relativamente restrittivi[12]. Oltre ai notevoli ostacoli tariffari, l'India impone anche una serie di ostacoli non tariffari sotto forma di restrizioni quantitative, licenze d'importazione, obbligo di prove onerose (ad esempio per i pneumatici) e di certificazione per una vasta gamma di prodotti nonché procedure doganali complicate e lunghe. Per quanto riguarda la proprietà intellettuale si registrano taluni miglioramenti dell'infrastruttura di attuazione dei relativi diritti, sebbene persistano notevoli problemi in merito alla reazione dell'India alla contraffazione e alla pirateria. Inoltre, nel settore degli appalti, il quadro legislativo indiano resta incompleto. Per garantire la conformità agli standard internazionali servono grandi riforme ed un contesto prevedibile per gli offerenti.

L'attuale risultato commerciale tra l'UE e l'India resta quindi ben al di sotto del proprio potenziale. L'ambizioso e completo accordo di libero scambio con l'India, attualmente in fase di negoziazione, potrebbe costituire uno dei più importanti accordi conclusi dall'UE. Un accordo commerciale di tale portata sarebbe fonte di benefici tangibili per le due economie, secondo stime conservative situati tra 9 e 19 miliardi di euro.

I seguenti ostacoli perturbano in modo significativo gli scambi con l'India e devono essere rimossi.

1) Sono state proposti requisiti onerosi relativi alle licenze , connessi a nuove disposizioni di sicurezza, che influirebbero, se integralmente attuati, sull'accesso degli operatori europei agli appalti commerciali di telecomunicazioni . Le disposizioni contemplano requisiti relativi al nulla osta di sicurezza preventivo e al trasferimento di tecnologia, nonché l'obbligo di sostituire gli ingegneri stranieri con ingegneri indiani. Tali disposizioni non hanno precedenti a livello internazionale e danneggerebbero gli investimenti in India. Nel 2009 l'UE ha esportato in India attrezzature per telecomunicazioni per 1 miliardo di euro.

2) Un'altra questione commerciale riguarda le recenti misure indiane sulla restrizione delle esportazioni di cotone . Dal 2004 al 2009 le importazioni di cotone verso l'UE sono aumentate del 17%. Numerosi prodotti di cotone sono attualmente soggetti in India a restrizioni dell'esportazione[13]. Sebbene le importazioni totali UE di tali prodotti di cotone abbiano subito una diminuzione del 48% negli ultimi cinque anni, le recenti misure applicate a tali merci restano rilevanti, dato che il 23% delle importazioni UE di tali tipi di prodotti di cotone provenivano dall'India nel 2009. Inoltre, in quanto secondo produttore mondiale di cotone (20% della produzione mondiale) e unico esportatore netto di cotone al mondo, con la sua politica l'India esercita una notevole influenza sull'offerta mondiale di cotone e quindi sui prezzi, aggravando la tendenza globale al rialzo. L'industria europea sta quindi affrontando prezzi molto elevati e penuria di approvvigionamento, dato che l'India è la prima fonte d'importazione di prodotti di cotone per l'UE.

3) Inoltre la politica degli investimenti dell'India continua ad ostacolare gli investimenti esteri. Molti settori economici importanti, quali il commercio al dettaglio multimarca, restano chiusi all'investimento estero ed è stata adottata una serie di misure di controllo dei flussi di capitale estero volta a garantire il massimo vantaggio alle imprese locali attraverso trasferimenti di tecnologia e di know-how.

4) Infine, prescrizioni sanitarie e fitosanitarie per le importazioni che vanno oltre gli standard internazionali ma sono prive di giustificazione scientifica ostacolano varie esportazioni dall'UE, prevalentemente di pollame, carni suine, verdura, frutta e legno.

Giappone

Il Giappone, paese dall'economia altamente sviluppata, un protagonista del commercio mondiale ed un investitore globale, è già un importante partner per l'UE, ma offre ancora un elevato potenziale di ulteriori opportunità commerciali. Con una quota del 4% circa delle esportazioni UE di beni e servizi nel 2009, il Giappone è il settimo mercato d'esportazione per l'UE. Tuttavia, nel periodo 2005-2009 le esportazioni UE di merci verso il Giappone sono diminuite in media del 6% circa l'anno. Il fatto che l'avanzo commerciale giapponese sia rimasto elevato è in parte dovuto al persistere di problemi di accesso al mercato per le imprese estere in Giappone.

I dazi in Giappone sono generalmente bassi, ma gli ostacoli normativi agli scambi di beni e servizi, come anche le barriere nell'ambito degli investimenti e degli appalti pubblici, restano elevati e costituiscono secondo le industrie dell'UE uno dei principali motivi per cui il mercato giapponese viene spesso considerato più difficile di altri[14]. Il 2010 è stato comunque l'anno in cui sono stati rinnovati e rinsaldati i legami economici tra l'UE ed il Giappone nel contesto dei dibattiti del cosiddetto gruppo ad alto livello istituito dal vertice UE-Giappone dell'aprile 2010. L'UE ha chiarito che la capacità del Giappone di dimostrare che gli ostacoli normativi possono essere rimossi è l'unica e più importante condizione per una maggiore integrazione economica tra l'UE ed il Giappone.

I tre seguenti importanti ostacoli costituiscono quindi un ottimo banco di prova per la volontà del Giappone di migliorare l'accesso al mercato a reciproco vantaggio dell'UE e del Giappone.

1) Un primo esempio riguarda il principale ostacolo che le imprese UE devono affrontare sul mercato giapponese degli appalti , malgrado il fatto che il Giappone abbia sottoscritto l'accordo GPA dell'OMC. Il Giappone si è impegnato ad aprire ai partner GPA (e quindi alle imprese dell'UE) il mercato degli appalti pubblici per circa 22 miliardi di euro. Nel 2007 questa cifra costituiva solo il 4% dell'intero mercato giapponese degli appalti pubblici e lo 0,5% del suo PIL. Le imprese giapponesi avevano invece accesso ai mercati degli appalti pubblici dell'UE per 312 miliardi di euro (ovvero il 2,5% del PIL dell'UE). Alla base di tale problema vi sono, tra l'altro, restrizioni dell'accesso ad appalti aggiudicati dagli operatori dei trasporti ferroviari e urbani, soglie eccessive per gli appalti pubblici per opere edilizie e la mancanza di una copertura completa degli enti appaltanti a livello locale.

2) In secondo luogo, l'introduzione di nuovi dispositivi medici sul mercato giapponese resta difficile perché il quadro normativo del Giappone è caratterizzato da un riconoscimento insufficiente degli standard internazionali e lunghe procedure di omologazione. Solo la metà dei dispositivi medici usati sul mercato dell'UE e degli USA sono disponibili in Giappone.

3) Per quanto riguarda il settore dei servizi finanziari , le assicurazioni europee hanno continuamente segnalato notevoli problemi in relazione al trattamento preferenziale riservato alla Japan Post da parte delle amministrazioni giapponesi. La nuova legislazione elaborata dal governo discriminerebbe ulteriormente le compagnie d'assicurazione estere, anziché creare un contesto equo per gli operatori giapponesi e stranieri.

Mercosur: Brasile e Argentina

Il Brasile è il decimo partner commerciale dell'UE (cifre del 2009) con esportazioni di merci dall'UE per oltre 21 miliardi di euro, mentre l'UE è il maggiore partner commerciale del Brasile, che effettua con l'Unione circa un quarto dei suoi scambi. Il Brasile è anche il principale esportatore di prodotti agricoli verso l'UE: un'importazione agricola dell'UE su otto proviene dal Brasile. L'UE è il più grande investitore estero in Brasile. Tuttavia il mercato brasiliano è piuttosto ben protetto, con tariffe doganali che ammontano in media al 12% e notevoli ostacoli non tariffari che perturbano le attività dei commercianti e degli investitori.

Anche l' Argentina è un importante partner commerciale per l'UE e l'Unione è anche il principale investitore estero in Argentina, che realizza circa la metà degli IED in tale paese. Come sottolineato da diverse relazioni di monitoraggio elaborate da organizzazioni internazionali e dalla Commissione[15], la politica commerciale dell'Argentina ha reagito alla crisi economica in modo piuttosto problematico, con un notevole numero di nuove misure protezionistiche adottate a partire dal 2008.

Nell'ambito di Mercosur , il Brasile e l'Argentina stanno attualmente negoziando un accordo di associazione con l'UE che includerà un accordo di libero scambio.

In tale contesto vanno affrontati i seguenti gravi ostacoli agli scambi, al fine di agevolare l'accesso al mercato dei due paesi.

1) In Brasile l'accesso equo per le imprese estere al mercato degli appalti , che si trova in fase di espansione, è già limitato e sta diventando ancora più difficile; una nuova legge ha istituito un margine preferenziale del 25% per beni e servizi locali ed ha riservato ai fornitori nazionali gli appalti di beni e servizi ritenuti di interesse strategico nazionale. Queste misure producono già il loro effetto per i fornitori europei nel settore delle TIC. Considerata la dimensione (nel 2007 ammontava, secondo le stime, a circa 133 miliardi di euro) e l'elevato potenziale del mercato brasiliano degli appalti pubblici, tale situazione costituisce un notevole ostacolo, anche perché il concetto alla base delle recenti misure risulta far parte di una più ampia strategia industriale.

2) Sia in Brasile che in Argentina vengono applicate limitazioni del trasporto marittimo che colpiscono direttamente le imprese dell'UE. Gli accordi di condivisione del trasporto merci tra il Brasile e l'Argentina limitano le opportunità delle imprese di spedizione UE di partecipare agli scambi internazionali tra i due paesi. La dimensione e la crescita dei flussi commerciali all'interno di Mercosur e tra UE e Mercosur, nonché la probabile espansione di tali flussi quale conseguenza di un possibile accordo di libero scambio tra Mercosur e l'UE rendono tale tematica particolarmente pertinente per le imprese dell'UE.

3) Il Brasile e l'Argentina stanno ostacolando gli scambi anche attraverso varie misure di restrizione dell'esportazione di materie prime . Fra i prodotti colpiti da tali misure figurano prodotti agricoli , pelli gregge e pelli "wet blue". Per taluni dei suddetti prodotti agricoli, ad esempio per la soia, le tasse di esportazione in Argentina raggiungono il 35%. Unitamente a procedure di esportazione onerose, ad esempio i "registri di esportazione" per il manzo e i cereali, tali misure producono un notevole effetto negativo sui produttori europei a valle e, in ultimo luogo, sui consumatori. Le pelli gregge e le pelli "wet blue", per le quali il Brasile e l'Argentina sono importantissimi produttori mondiali, costituiscono un caso particolare. L'industria dei pellami dell'UE è fortemente dipendente dall'approvvigionamento dal Brasile e dall'Argentina. Nel 2009 le importazioni UE dal Brasile di pelli gregge e "wet blue" di origine bovina soggette a restrizioni ammontavano a 87 milioni di euro (pari al 12% delle importazioni totali dell'UE) e le importazioni dall'Argentina soggette a restrizioni ammontavano a 81,2 milioni di euro (pari al 10% delle importazioni totali UE). Il ricorso a tasse sull'esportazione di pelli provoca un grave svantaggio competitivo per l'industria dei pellami dell'UE, dato che tali dazi costituiscono una parte notevole dei costi di produzione dei pellami. Va osservato che, contemporaneamente all'introduzione delle restrizioni all'esportazione, il Brasile e l'Argentina stanno sviluppando le loro industrie di prodotti finiti di pellame. Grazie ad un facile accesso a materie prime a basso costo non disponibili ai loro competitori stranieri, tali industrie sono già diventate molto competitive a livello internazionale.

4) Infine, le notevoli restrizioni agli scambi imposte dall' Argentina in reazione alla crisi economica e finanziaria hanno esteso il suo sistema di licenze non automatiche ad un'ampia gamma di prodotti. Inizialmente applicato prevalentemente ai prodotti tessili, alle calzature e ai giocattoli, tale sistema viene applicato sempre più spesso ad altri prodotti quali pneumatici, tubi di ferro, macchinari e apparecchiature meccaniche (ad esempio ascensori, macchinari agricoli per la raccolta), metalli comuni e articoli di metalli comuni e parti di automobili. Secondo le stime le perdite potenziali per gli esportatori europei ammontano ad almeno 45 milioni di euro. Secondo talune segnalazioni la portata del sistema delle licenze non automatiche potrebbe essere ampliata ulteriormente. Una caratteristica particolare di tali misure è che molto spesso esse limitano "volontariamente" gli importatori per livellare le loro importazioni rispetto alla produzione interna. Adottando la stessa logica il governo argentino ha adottato misure di restrizione delle importazioni di determinati prodotti alimentari, ad esempio incoraggiando in modo informale i supermercati a non vendere più tali prodotti e ritardando l'emissione di cosiddetti "certificati di libera circolazione".

Russia

La Russia è uno dei principali partner commerciali dell'UE e i flussi di scambi bilaterali sono cresciuti in modo sostenuto fino alla metà del 2008, quando la Russia ha adottato misure unilaterali di restrizione degli scambi in risposta alla crisi economica e finanziaria per proteggere le industrie nazionali. Tali misure protezionistiche hanno gravemente danneggiato le relazioni commerciali UE/Russia. Nel 2009 le esportazioni di merci dall'UE alla Russia ammontavano a 65,6 miliardi di euro (diminuite rispetto agli 89,1 miliardi di euro del 2007), mentre le importazioni dalla Russia ammontavano a 115 miliardi di euro (144,5 miliardi di euro nel 2007). Nel settore dei servizi commerciali le esportazioni UE ammontavano a 18,3 miliardi di euro (2009) e gli IED dall'UE a 26,3 miliardi di euro (2008). Le imprese statali continuano a svolgere un ruolo importante nell'economia russa.

L'impatto negativo sulle esportazioni dell'UE di una serie di recenti politiche di protezionismo perseguite dalla Russia si è ripetuto con il consolidamento degli aumenti dei dazi, da parte della Russia, nel contesto della tariffa estera comune dell'Unione doganale con il Kazakistan e la Bielorussia entrata in vigore il 1° gennaio 2010[16]. Recentemente la Russia ha accelerato il suo processo di adesione all'OMC ed intende completarlo nel corso di quest'anno, dovendo quindi riportare i suddetti dazi aumentati ai livelli inferiori negoziati con i membri dell'OMC.

Negli ultimi anni la Russia ha applicato dazi all'esportazione elevati su una serie di materie prime importanti per gli importatori UE, quali legname e cascami di metalli ferrosi e non ferrosi. Considerato il volume delle forniture russe, tali politiche hanno un impatto significativo sulle industrie dell'UE. Le importazioni UE dalla Russia di tali materie prime industriali per le quali si registrano i suddetti ostacoli ammontavano a circa 3 miliardi di euro nel 2009. Nel quadro dell'adesione della Russia all'OMC, che garantirebbe condizioni più stabili per le attività commerciali in Russia e con la Russia, è stato raggiunto poco tempo fa un accordo bilaterale volto a risolvere le questioni pendenti, quali i dazi all'esportazione sul legname e le spese ferroviarie discriminanti.

Per gli interessi commerciali dell'UE i seguenti ostacoli rivestono cruciale importanza.

1) Uno dei principali problemi per gli esportatori UE, soprattutto per le piccole imprese, continua ad essere quello di procedure doganali costose e onerose , comprendenti valutazioni arbitrarie e il ricorso a prezzi minimi. L'attuazione dell'Unione doganale tra Russia, Kazakistan e Bielorussia ha aggravato i problemi in tale settore.

2) L'attuazione dei DPI continua ad essere un problema prioritario nei rapporti con la Russia. In Russia la pirateria viene praticata a livello piuttosto elevato. La vendita e l'uso di merci contraffatte sono diffusi sia su mercati all'aperto che nella distribuzione al dettaglio. Inoltre violazioni sistematiche di brevetti, segreti commerciali e know-how in settori innovativi compromettono la competitività dell'UE. L'istituzione dell'Unione doganale tra Russia, Kazakistan e Bielorussia il 1° gennaio 2010 rischia di indebolire ulteriormente l'attuazione della protezione dei marchi commerciali. Il rischio è connesso alla debolezza del regime dei diritti di proprietà intellettuale in Kazakistan, in cui confini non certo impenetrabili consentono l'ingresso di merci contraffatte e le importazioni parallele dai paesi asiatici, in particolare dalla Cina.

3) La politica russa degli investimenti , che intende tutelare e promuovere le industrie nazionali, resta un'altra fonte di notevoli problemi. Le misure sugli investimenti connessi al commercio comprendono prescrizioni relative al contenuto locale, alle vendite nazionali, ai risultati delle esportazioni e al trasferimento di tecnologia. La recente "iniziativa di localizzazione", destinata a fornire incentivi alle imprese estere che avviano attività di produzione in Russia in una serie di settori, compreso quello automobilistico, dell'elettronica e quello farmaceutico, è l'ultima misura adottata nell'ambito di tale politica. La legislazione russa sugli investimenti esteri in settori strategici prescrive inoltre soglie molto basse per l'approvazione ex-ante di investimenti esteri energetici in Russia, rendendo gli investimenti UE sul mercato russo dell'energia a monte molto onerosi.

4) L'ultimo ma non minore ostacolo alle esportazioni UE in Russia è costituito da questioni connesse alle misure SPS . La maggior parte delle misure russe nel settore sanitario e fitosanitario non è conforme agli standard internazionali ed è priva di qualsiasi fondamento scientifico. Il valore economico delle esportazioni potenzialmente colpite da tali ostacoli è notevole. Nel 2009 le esportazioni di prodotti agricoli verso la Russia costituiva circa il 10% delle esportazioni totali dell'UE verso la Russia, pari a circa 7 miliardi di euro. La Russia è quindi uno dei principali mercati d'esportazione per i prodotti agricoli e le limitazioni in tale settore rappresentano un rischio per le imprese che vi operano.

Stati Uniti d’America

Gli Stati Uniti sono di gran lunga il più grande partner dell'UE per il commercio e gli investimenti. Nel 2009 le esportazioni di merci e servizi commerciali dall'UE agli Stati Uniti ammontavano a 322 miliardi di euro (20,6% delle esportazioni totali dell'UE), mentre le importazioni di beni e servizi dagli Stati Uniti ammontavano a 281,9 miliardi di euro (17,6% delle importazioni totali dell'UE). Le relazioni economiche tra l'UE e gli USA sono quelle maggiormente integrate a livello mondiale, con livelli insuperabili di investimenti reciproci, che raggiungono per quanto riguarda gli stock 1 044,1 miliardi di euro quando sono gli USA a investire nell'UE e 1 134 miliardi di euro per quanto concerne gli investimenti dell'UE negli USA nel 2009; i flussi raggiungono nel 2009 75,1 miliardi di euro dall'UE verso gli USA e 97,8 miliardi di euro dagli USA verso l'UE.

L'enorme potenziale delle relazioni transatlantiche è tuttavia ben lungi dall'essere esaurito. I dazi sono in media piuttosto bassi (inferiori al 3%) e per smuovere il potenziale è quindi opportuno affrontare gli ostacoli di tipo non tariffario. Gli ostacoli maggiori risiedono nella divergenza tra le norme e i regolamenti dell'UE e degli Stati Uniti. La posta in gioco è elevata: secondo un recente studio, eliminando solo la metà degli attuali ostacoli non tariffari e delle divergenze regolamentari tra l'UE e gli USA si potrebbe aumentare il PIL dell'UE di 122 miliardi di euro l'anno[17].

Nel contesto di un'ampia e ben consolidata relazione, i seguenti ostacoli ancora presenti negli USA vanno affrontati in modo prioritario.

1) Il livello di apertura dei mercati degli appalti pubblici statunitensi è notevolmente basso per gli offerenti dell'UE. Ciò è dovuto in parte alla potata limitata degli impegni assunti dagli USA nell'ambito del GPA, che copre solo il 3,2% del mercato statunitense degli appalti pubblici (che vale in totale 34 miliardi di euro). Gli impegni assunti dall'UE riguardano invece l'apertura del 15% circa dei suoi mercati degli appalti pubblici ad altre parti del GPA. L'iniziativa " Buy American" ha limitato ulteriormente l'accesso effettivo ai mercati degli appalti pubblici degli USA in settori non oggetto degli impegni statunitensi nel quadro del GPA con nuove disposizioni discriminanti comprese nella legge americana per la ripresa economica ed il reinvestimento e nella legislazione analoga. Tali disposizioni hanno aumentato l'incertezza per gli operatori stranieri sul mercato statunitense e li hanno effettivamente esclusi da determinate procedure di gara, soprattutto nel settore edilizio; inoltre esse hanno dato l'avvio a misure analoghe in altri paesi. Un altro esempio di prassi dannose è costituito dal divieto di acquisti governativi presso le cosiddette "inverted companies", ovvero imprese originariamente statunitensi che hanno cambiato giurisdizione fiscale per passare al sistema fiscale di un altro paese.

2) Un altro ostacolo orizzontale, che potrebbe produrre un significativo impatto economico e pratico sulle esportazioni UE verso gli USA è costituito dalle prescrizioni " 100% scanning ". Tale legislazione statunitense, che intende promuovere la sicurezza affrontando le potenziali minacce terroristiche nell'ambito del traffico internazionale di container marittimi, prevede un controllo al 100% (controllo preliminare dei container prima dell'ingresso nei porti statunitensi) di tutti i container destinati agli USA entro il 1° luglio 2012. Le sue ripercussioni sono talmente ampie da renderla un grave ostacolo agli scambi UE-USA. Benché recentemente il Consiglio economico transatlantico abbia compiuto passi avanti verso il riconoscimento da parte degli Stati Uniti del concetto di "operatore economico autorizzato", l'UE dovrà continuare a monitorare molto assiduamente gli ulteriori sviluppi in tale ambito.

OSTACOLI PIÚ SIGNIFICATIVI: ANALISI ORIZZONTALE DELLE TENDENZE E DELLE PRIORITÀ

Gli ostacoli elencati nella sezione 2 costituiscono esempi dei più importanti problemi che le imprese europee devono affrontare quando intendono accedere ai mercati dei nostri partner strategici. Taluni tipi di ostacoli sono ricorrenti. La seguente analisi di tali caratteristiche comuni può contribuire ad identificare i metodi migliori per affrontare le questioni nonché le possibilità di ottenere un effetto leva e di definire una strategia futura migliore (e più decisa) per la rimozione degli ostacoli.

Appalti pubblici

I mercati degli appalti pubblici restano decisamente chiusi ai partecipanti esteri, come chiaramente illustrato dai problemi descritti per gli USA, la Cina, il Giappone ed il Brasile. Tali mercati sono tuttavia lungi dall'essere trascurabili dal punto di vista commerciale. Il potenziale non sfruttato è notevole. Nel 2007 la spesa per gli appalti pubblici ammontava al 16% circa del PIL nell'UE, all'11% negli Stati uniti e al 18% in Giappone. Non si dispone di molti dati per le economie emergenti e dei paesi in via di sviluppo. Nel 2007 i mercati degli appalti pubblici ammontavano, secondo le stime, a circa 212 miliardi di euro in India e nel Mercosur (Brasile e Argentina), considerati insieme. In termini assoluti la cifra può sembrare piuttosto modesta, ma per tali mercati si prevede una crescita notevole, che li renderà importanti opportunità commerciali del futuro in settori in cui l'industria UE è molto competitiva.

Gli appalti pubblici sono invece il più ampio segmento commerciale che continua ad essere piuttosto estraneo agli impegni internazionali. Solo 14 paesi fanno parte dell'accordo sugli appalti pubblici (GPA). Fra i sei partner strategici identificati dalla presente relazione, solo gli USA ed il Giappone sono attualmente membri del GPA, mentre la Cina sta negoziando la propria adesione. Inoltre, anche i paesi che hanno sottoscritto il GPA hanno negoziato notevoli limitazioni dei loro impegni di apertura del mercato, sotto forma di soglie minime o esclusioni di settori o di entità (ad esempio sottofederale). Non ci si deve quindi sorprendere se nel 2008/2009, con la crisi economica e finanziaria, sono proliferate le misure protezionistiche nel settore degli appalti pubblici[18].

Inoltre il GPA è caratterizzato da una forte asimmetria tra le offerte delle varie parti in termini di impegni sull'accesso al mercato, nell'ambito della quale l'UE è molto più aperta delle altre parti. Evidentemente i nostri partner commerciali mancano di reciprocità in tale settore. Ad esempio, nel 2007 il valore degli appalti USA offerti ad imprese estere nel GPA ammontava a solamente 34 miliardi di euro; per il Giappone la cifra ammontava a 22 miliardi di euro. Questi valori contrastano apertamente con l'impegno dell'UE ad aprire i propri mercati degli appalti pubblici per un valore di 312 miliardi di euro. È quindi necessario esercitare una forte pressione per ottenere un maggiore accesso agli appalti pubblici, in particolare per quanto riguarda i nostri partner strategici che non hanno assunto impegni reciproci a quelli dell'UE. Sarà necessario adoperarsi con maggiore decisione per ampliare gli impegni internazionali, sia nell'ambito delle attuali negoziazioni GPA e l'adesione di nuovi paesi, sia tramite gli accordi di libero scambio negoziati dall'UE o attraverso iniziative bilaterali mirate.

Tuttavia, considerata la relativa apertura dell'UE agli offerenti stranieri, l'effetto leva nelle negoziazioni sull'accesso ai mercati degli appalti pubblici è ridotto[19]. Per aumentare l'effetto leva e garantire una migliore simmetria nell'accesso ai mercati degli appalti pubblici la Commissione, nella sua ultima comunicazione sulla politica commerciale e nell'atto per il mercato unico, ha affermato che va adottata un'iniziativa specifica e quest'anno intende presentare una proposta in tal senso. L'obiettivo primario del nuovo strumento legale sarebbe chiarire le regole che disciplinano l'accesso al mercato UE degli appalti pubblici per beni, servizi e imprese dei paesi terzi, garantendo un contesto equo sul mercato UE degli appalti pubblici e rafforzando la posizione dell'UE nelle negoziazioni per l'accesso delle imprese UE ai mercati degli appalti pubblici dei paesi terzi, al fine di ottenere un'(ulteriore) apertura dei mercati degli appalti pubblici dei nostri partner commerciali.

Sarà anche necessario impegnarsi ad alto livello per garantire che le imprese europee possano accedere ad una legittima quota dei mercati esteri degli appalti pubblici.

Tutela efficace dei diritti di proprietà intellettuale (DPI)

Le difficoltà illustrate finora in relazione ai mercati cinese e russo sono sintomatiche dei notevoli problemi che le imprese europee incontrano quando esportano beni e servizi cui si applica la tutela dei DPI. Nell'economia globalizzata il vantaggio comparativo dell'economia UE è sempre più spesso costituito dall'elevato valore aggiunto e dai beni e servizi cui si applica la tutela dei DPI. Di conseguenza la crescita, l'occupazione e l'innovazione nell'UE vengono gravemente ostacolate se le nostre idee, i nostri marchi e i nostri prodotti diventano oggetto di pirateria e contraffazione. La mancanza di tutela legale e di effettivo rispetto dei DPI, compresa quella di una sufficiente tutela delle indicazioni geografiche, impedisce alle imprese europee di avvalersi dei vantaggi offerti da notevoli possibilità di esportazione. Per fornire un esempio, nel 2007 il valore all'ingrosso stimato dei prodotti agricoli tutelati da "denominazioni di origine protette" (PDO) e da "indicazioni geografiche protette" (PGI) ammontava a 14,2 miliardi di euro e, sempre secondo le stime, circa il 30% dei PDO e dei PGI viene esportato al di fuori dell'UE. Migliorare la tutela dei DPI per le nostre imprese è dunque fondamentale per garantire che l'UE conservi la capacità di competere nell'economia globale.

Sono stati raggiunti progressi in relazione alla tutela dei DPI, in particolare con il miglioramento dell'attuazione della strategia di applicazione della Commissione[20]. Negli accordi bilaterali sono state negoziate severe prescrizioni sui DPI. Con una serie di paesi che perseguono gli stessi obiettivi è stato concluso l'accordo commerciale anticontraffazione (ACTA)[21]. Con determinati partner principali, quali la Cina e la Russia, sono stati potenziati i colloqui specifici sui DPI. Il nuovo helpdesk per le PMI che incontrano problemi connessi ai DPI in Cina è stato molto efficace nell'aiutare le PMI europee a tutelare e difendere i loro DPI in tale paese[22], così come il progetto "IPR2"[23], che prevede una partnership tra le autorità della Cina e dell'UE volta a migliorare l'efficacia dell'applicazione dei DPI in Cina.

La recente valutazione della strategia di applicazione della Commissione[24] ha concluso che tale strategia è pertinente e ha ottenuto molti risultati, ma necessita di taluni adeguamenti dopo 6 anni di funzionamento. Di conseguenza la Commissione sta rivedendo la propria strategia, per aggiornarla rendendola più completa (considerando in particolare una gamma più ampia di interessi dei soggetti in causa, quali quelli legati allo sviluppo), sulla base della succitata valutazione e di altre fonti di input, comprese ampie consultazioni degli interessati.

Approvvigionamento sostenibile di materie prime

L'aumento della domanda a livello globale e la pressione al rialzo dei prezzi connessa alla rapida industrializzazione delle economie emergenti hanno causato incertezze in relazione al corretto funzionamento dei mercati globali di materie prime[25]. Le importazioni di materie prime costituiscono circa un terzo delle importazioni dell'UE. Per la produzione e l'esportazione di molti prodotti ad alta tecnologia e più ecologici l'industria dell'UE dipende in notevole misura dalle importazioni di specifiche materie prime.

Le restrizioni degli scambi di tali merci possono quindi compromettere la competitività dell'industria dell'UE. Quando la produzione di una determinata materia prima è concentrata in un numero limitato di paesi, le restrizioni delle esportazioni hanno un notevole impatto sul mercato globale della materia prima in questione e possono costituire una gravissima minaccia per l'industria dell'UE[26]. Inoltre, il ricorso a restrizioni delle esportazioni da parte di un paese produttore spinge gli altri esportatori a seguirlo per proteggere la loro industria nazionale a valle, scatenando una reazione a catena che aggrava le distorsioni sui mercati globali e fa aumentare i prezzi. Inoltre, dato che i prezzi sul mercato interno dei paesi che applicano le restrizioni tenderanno a diminuire, questo può scoraggiare ulteriori investimenti nella produzione e nell'estrazione e quindi compromettere ulteriormente la fornitura a lungo termine di tali materie prime.

Tra i paesi oggetto della presente relazione, attualmente l'Argentina, il Brasile, la Cina, l'India e la Russia impongono restrizioni delle esportazioni di materie prime. Nel 2009 queste misure hanno colpito le importazioni dell'UE di materie prime per almeno 6 miliardi di euro. Da un recente studio dell'OCSE risulta che 65 membri dell'OMC hanno applicato dazi all'esportazione nel periodo 2003-2009[27]. I dati raccolti dalla Commissione[28] indicano che, a settembre 2009, le restrizioni delle esportazioni che colpivano gli operatori dell'UE riguardavano oltre 1200 voci tariffarie[29]. Fra i paesi che imponevano il più elevato numero di misure figurano la Cina, la Russia, l'Argentina e l'Ucraina. I settori maggiormente colpiti sono quelli dei prodotti agricoli, dei minerali, delle sostanze chimiche, delle pelli gregge, del legno e dei prodotti del legno nonché il settore dei metalli.

Tuttavia, affrontare questo tipo di misure di distorsione degli scambi è particolarmente difficile, dato che ad esse non si applicano interamente le attuali discipline dell'OMC. Mentre le restrizioni quantitative (in particolare i contingenti e le licenze di esportazione) sono soggette alle regole del GATT, le tasse sulle esportazioni in generale non sono oggetto di norme multilaterali[30]. Nel contesto della sua strategia globale sulle materie prime, la Commissione ha pertanto elaborato una strategia commerciale specifica sulle materie prime basata su tre elementi: negoziazioni sulle norme pertinenti a livello multilaterale e bilaterale, attuazione dei diritti esistenti impugnando le restrizioni illecite delle esportazioni, anche attraverso procedure di risoluzione delle controversie all'OMC, nei casi possibili, e attività d'informazione dei paesi terzi, volte a convincerli della natura mondiale della questione "materie prime " e dei vantaggi che possono derivare loro da regole commerciali chiare in tale settore.

L'UE ha attuato tale strategia anche attraverso una serie di trattative commerciali, avviando un procedimento OMC nei confronti di una serie di misure di restrizione dell'esportazione applicate dalla Cina, nel quale la Commissione sta attualmente esaminando quale siano le mosse future più opportune, compreso un procedimento OMC di follow-up, e promuovendo i dibattiti sulla questione nei contatti bilaterali e in vari forum, ad esempio l'OCSE. Sarà ancora necessario sollevare la questione delle materie prime con i partner pertinenti ai massimi livelli e utilizzare appieno i canali di risoluzione delle controversie e le negoziazioni sugli accordi di libero scambio, ove possibile.

Servizi

Il settore dei servizi è in rapida espansione e contribuisce più di ogni altro settore alla crescita economica e all'occupazione a livello mondiale. Nell'UE il settore dei servizi contribuisce per i tre quarti al PIL, crea oltre il 70% dei posti di lavoro nell'UE[31] ed effettua circa il 30% delle esportazioni dell'UE. Gli scambi nel settore dei servizi riguardano però solo il 20% del commercio mondiale. L'UE è il leader mondiale nel settore dei servizi, nel 2009 ha effettuato il 27% delle esportazioni mondiali ed il 25% delle importazioni mondiali. I servizi sono quindi un settore commerciale internazionale in cui l'industria dell'UE è altamente competitiva, ma in cui gli ostacoli agli scambi, come indicato dall'elenco di cui alla sezione 2 per il Giappone ed il Mercosur, continuano ad impedirle di beneficiare appieno della sua forte competitività. Le restrizioni degli scambi di servizi assumono la forma di ostacoli all'ingresso sul mercato, discriminazione diretta tra fornitori di servizi nazionali ed esteri o di barriere normative che si applicano a tutti i fornitori ma che creano, de facto, ulteriori ostacoli per i fornitori esteri.

Poiché circa il 75% degli scambi di servizi riguardano la fornitura di servizi infrastrutturali, una maggiore apertura del commercio di servizi potrebbe anche migliorare la competitività delle industrie manifatturiere, creando maggiore benessere per tutti. Il nostro impegno ad aprire i mercati esteri dei servizi deve essere maggiore. Attualmente l'UE sta negoziando la liberalizzazione del commercio di servizi nel quadro multilaterale del GATS e attraverso accordi di libero scambio bilaterali. Quest'ultima modalità ha già consentito di adottare un ambizioso pacchetto di liberalizzazione nel contesto dell'accordo di libero scambio UE/Corea. Basandosi su questo importante precedente, l'UE deve concedere priorità ai servizi al fine di ottenere risultati estremamente ambiziosi negli accordi futuri, a breve termine con l'India e con il Canada.

Investimenti

Nell'attuale fase di globalizzazione, con la nascita delle catene integrate di approvvigionamento, sono aumentati all'inverosimile gli investimenti esteri diretti (IED). Essi costituiscono uno dei fattori principali di promozione della crescita economica, anche per i paesi in via di sviluppo. Gli IED sono un'importante fonte di aumenti di produttività e svolgono un ruolo fondamentale nella creazione di imprese all'estero e nella costituzione delle catene di approvvigionamento globali, parte dell'economia internazionale moderna. Da ricerche recenti risulta che un clima aperto agli investimenti svolge un ruolo importante nel garantire l'occupazione nell'UE[32]. Essendo la più ampia fonte di IED nell'economia mondiale, l'UE ha un forte interesse nel migliorare l'accesso ai mercati esteri e nel mobilitare appieno il potenziale della sua forte presenza interna in termini di servizi e stabilimento.

Gli ostacoli agli investimenti esteri assumono la forma di restrizioni normative, classificate dall'OCSE in tre ampie categorie: i) restrizioni alla proprietà estera di capitale azionario; ii) procedure obbligatorie di controllo e approvazione che aumentano i costi d'ingresso e iii) restrizioni operative quali limitazione del numero di cittadini stranieri che lavorano nelle filiali oppure requisiti relativi alla nazionalità e alla residenza per i membri del consiglio di direzione, restrizioni degli input e regolamenti governativi discriminanti, oppure restrizioni sulla rimpatrio dei profitti. La maggior parte delle restrizioni sono applicate al settore dei servizi, soprattutto trasporti, telecomunicazioni, finanze ed energia elettrica. Sebbene sia difficile misurare il livello di restrizioni per paese, nella sezione 2 viene descritto l'elevato livello degli ostacoli agli investimenti in India, Cina e Russia.

Considerati i vantaggi degli investimenti esteri, l'UE intende creare un clima attraente e stabile per gli investitori europei all'estero nonché mantenere e promuovere un regime di investimenti aperto in Europa, in uno spirito di reciprocità e mutuo vantaggio. Quest'obiettivo viene perseguito attraverso una combinazione di negoziazioni e colloqui con i partner principali quali gli USA, la Cina e la Russia e con l'attiva partecipazione ai lavori svolti a livello internazionale, ad esempio all'OCSE, UNCTAD e al G8/G20. Con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona e l'estensione della competenza dell'UE agli IED, la politica degli investimenti viene elaborata e gestita in modo più completo a livello europeo, rafforzando la capacità negoziale dell'UE non solo per contribuire alla progressiva abolizione delle restrizioni sugli IED nei paesi terzi, ma anche per ottenere una migliore tutela degli investimenti per tutte le imprese europee, e allo stesso tempo salvaguardare i livelli di tutela negoziati prima del trattato di Lisbona dai singoli Stati membri con i paesi terzi. La Commissione ha già pubblicato una comunicazione[33] sulla politica degli investimenti internazionali che aumenti la competitività dell'UE e contribuisca agli obiettivi della crescita intelligente, sostenibile e inclusiva stabiliti dalla strategia Europa 2020. Nella rinnovata strategia commerciale l'UE si impegna anche ad affrontare le esigenze degli investitori UE al di fuori dell'UE, negoziando un accesso completo al mercato e disposizioni di tutela degli investimenti con i partner commerciali principali, con maggiore urgenza India, Canada e Singapore, con i quali le negoziazioni commerciali si trovano già in fase avanzata. L'UE prenderà anche in considerazione accordi di investimento autonomi con altri partner commerciali principali quali la Cina e la Russia.

Oltre a quest'agenda di negoziazioni ricca ed in evoluzione, il persistere di specifici ostacoli agli investimenti dovrà essere affrontato con impegno caso per caso ad alto livello politico, per garantire che gli investitori europei non siano discriminati.

Questioni normative – Regolamenti tecnici e norme tecniche (ostacoli tecnici agli scambi e questioni sanitarie e fitosanitarie)

Gli ostacoli connessi ai regolamenti tecnici e alle norme tecniche sono piuttosto ricorrenti negli elenchi dei problemi di accesso ai mercati degli esportatori UE. Gli esempi indicati nella sezione 2 riguardano anche problemi nel settore della tecnologia dell'informazione in Cina e in India o dei dispositivi medici in Giappone. Tali ostacoli possono avere un importante impatto economico per l'industria manifatturiera dato che, in ultima analisi, essi richiedono l'adeguamento dei prodotti e degli impianti di produzione a disposizioni non uniformi. Poiché le imprese dell'Unione europea partecipano sempre di più alle catene di approvvigionamento globale, le differenze tra i regolamenti e tra le norme fanno aumentare il costo di partecipazione all'economia globale e riducono la competitività delle imprese locali sul mercato globale.

Le questioni normative menzionate dalla presente relazione in riferimento alla Cina, all'India, al Giappone e alla Russia nel 2009 potevano potenzialmente interessare esportazioni dell'UE per un controvalore di circa 13,7 miliardi di euro. Gli ostacoli normativi sono molto significativi anche per il commercio transatlantico. Essi riguardano vari settori, ad esempio quello automobilistico, nel quale le normativa di sicurezza degli Stati Uniti comprende 42 norme alle quali i fabbricanti di automobili e attrezzature vendute negli USA devono uniformarsi e che differiscono dalle norme internazionali, oppure il settore dei tessili, con ampie prescrizioni contemplate dalla legge americana per il miglioramento della sicurezza dei prodotti.

Taluni ostacoli normativi sono semplicemente dovuti a differenze nell'approccio normativo. Tali differenze possono essere perfettamente legittime e riflettono l'evoluzione storica dei rispettivi approcci normativi, differenze dei livelli di reddito, preferenze dei consumatori e percezioni dei rischi. Tuttavia in molti casi le differenze, o ad esempio le prescrizioni relative alla ripetizione di test e ad eccessive formalità documentarie, vengono usate in modo più sistematico al fine di favorire o proteggere la produzione nazionale. Mentre quest'ultimo problema va affrontato con energia, impegno e decisione, il primo richiede invece una strategia più sistematica, la cooperazione ed il dialogo a lungo termine, per migliorare in particolare la trasparenza e la prevedibilità dei sistemi normativi.

L'esempio delle misure cinesi nel settore delle tecnologie dell'informazione indicato nella sezione 2 illustra i problemi connessi alle norme. Nel definire le questioni relative alla sicurezza, le misure cinesi vanno ben oltre le prassi comuni in altri paesi e le norme internazionali pertinenti[34]. La necessità di rispettare norme elaborate in Cina produce notevoli costi per le imprese europee. Gli interventi ad alto livello hanno ottenuto taluni adeguamenti di tale politica cinese, ma il problema di fondo dell'assenza di riconoscimento delle norme internazionali permane. L'UE sta avviando una serie di colloqui normativi con le autorità cinesi al fine di giungere all'applicazione delle norme internazionali e di ottenere un maggiore impegno della Cina nelle organizzazioni internazionali di standardizzazione. Si tratta ovviamente di questioni estremamente importanti e, per ottenere progressi tangibili, sarà necessario un regolare dibattito ad alto livello, anche nell'ambito del dialogo economico e commerciale ad alto livello e ai vertici.

Come solitamente avviene in ambito normativo, è molto più utile agire preventivamente prima che le misure siano adottate anziché tentare di eliminare misure che hanno già attraversato tutte le fasi del processo legislativo. Quest'elemento va inserito nella strategia dell'UE per affrontare le questioni normative.

Nello stesso contesto, negli ultimi anni si è intensificato il ricorso ad ostacoli agli scambi sotto forma di norme di sicurezza alimentare, di norme fitosanitarie e di salute degli animali, dimostrato da quanto descritto nella sezione 2 sulla Russia e l'India, provocando gravi problemi agli esportatori dell'Unione europea. Gli esempi russi e indiani dimostrano che spesso i governi vanno oltre quanto necessario per proteggere la salute dei loro consumatori e usano le restrizioni SPS per proteggere i fabbricanti nazionali di prodotti agricoli da una competizione equa. Poiché in futuro le barriere tariffarie per i prodotti agricoli saranno progressivamente ridotte, il rischio che tali problemi si diffondano ulteriormente è reale.

Ostacoli di carattere doganale

Come dimostrato nella sezione 2 dalle misure doganali russe e dal sistema di licenze d'importazione argentino, gli ostacoli tradizionali di tipo doganale continuano ad esistere, unitamente ad altre nuove forme di misure più sofisticate. In entrambi i paesi le misure hanno creato problemi sempre maggiori per gli importatori europei dall'inizio della crisi economica e finanziaria nel 2008. Un'analisi dettagliata dell'attuazione delle misure rivela un modello coerente di mancanza di trasparenza, discriminazione amministrativa sotto forma di procedure onerose e spesso interpretazione arbitraria delle norme esistenti, ad esempio sulla valutazione doganale.

L'UE ha reagito con decisione contro tali misure, soprattutto quando vi erano buone ragioni per ritenere che non fossero compatibili con l'OMC, come ad esempio per il sistema di licenze d'importazione in Argentina. Tuttavia, in quest'ultimo caso, nemmeno l'azione concertata nell'OMC con altri partner svantaggiati da tali misure ha consentito di ottenere risultati di rilievo. Sarà quindi opportuno prendere in considerazione la possibilità di ricorrere ad altri mezzi, ad esempio le procedure formali di risoluzione delle controversie dell'OMC oppure un maggiore intervento politico.

LA STRADA DA SEGUIRE: COME AFFRONTARE CON MAGGIORE EFFICACIA I GRAVI OSTACOLI ALL'ACCESSO AL MERCATO?

Sebbene non sia possibile quantificare in modo dettagliato l'esatto impatto economico degli ostacoli menzionati nella presente relazione, le esportazioni europee potenzialmente oggetto di tali misure ammontano a cifre comprese tra 96 e 130 miliardi di euro (tra il 9 e il 12% delle esportazioni totali nel 2009), unitamente ad importazioni UE di materie prime per circa 6 miliardi di euro[35]. Queste stime relative agli "scambi potenzialmente colpiti" non vanno interpretate come un indicazione degli "scambi non realizzati dell'UE". Gli scambi non realizzati sono implicitamente solo una parte degli "scambi colpiti" e dovrebbero essere sensibilmente inferiori ma, viste le informazioni disponibili e la natura complessa degli ostacoli agli scambi, non possono essere quantificati accuratamente[36]. Le cifre forniscono comunque una nozione dei volumi commerciali potenzialmente colpiti dalle varie misure. L'eliminazione di tali ostacoli avrebbe quindi un impatto significativo sulle esportazioni dell'Unione e fornirebbe un ulteriore accesso ad importanti mercati degli appalti pubblici. Oltre ai vantaggi economici ottenibili attraverso l'agenda di negoziazione dell'UE, questo costituirebbe un importante contributo alla dimensione esterna degli obiettivi di Europa 2020 relativi alla crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva.

Tuttavia, per ottenere tali vantaggi, è indispensabile che tutte le parti in causa, ovvero la Commissione, che rappresenta l'UE per le questioni commerciali, assistita dalle delegazioni UE, attualmente integrate nel servizio europeo d'azione esterna da un lato, e le autorità competenti degli Stati membri dall'altro lato, si impegnino in modo proattivo. Servono dunque iniziative comuni a tutti i livelli , per trasmettere ai nostri partner strategici messaggi concertati che sottolineino l'importanza per le nostre relazioni bilaterali di risolvere i problemi connessi agli ostacoli illustrati dalla presente relazione. In tale contesto è fondamentale che l'UE agisca come entità unica. Se l'UE riuscirà ad agire in modo concertato e deciso, avvalendosi dei vari aspetti dei nostri strumenti di relazioni estere in modo calibrato, i nostri partner strategici saranno più inclini ad affrontare i nostri problemi in modo costruttivo .

In quest'ambito, alle sessioni di settembre e dicembre 2010 il Consiglio europeo ha delineato l'esigenza di definire gli interessi dell'UE nei confronti dei suoi partner strategici. Il Consiglio ha incaricato l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la sicurezza, Vicepresidente della Commissione, in collaborazione con la Commissione ed il Consiglio affari esteri, di indicare gli interessi europei comuni e identificare tutti i mezzi possibili per realizzarli. La presente relazione all'interno dell'agenda di attuazione della rinnovata politica commerciale dell'UE può essere considerata un contributo a tale incarico. Gli ostacoli elencati nella presente relazione e la relativa analisi orizzontale costituiscono una selezione delle tematiche relative all'accesso al mercato che vanno affrontate con i partner strategici dell'UE in modo prioritario.

Con taluni partner strategici dell'UE è già in atto una serie di forum specifici ad alto livello , quali il consiglio economico transatlantico con gli USA, il dialogo economico e commerciale ad alto livello con la Cina o il gruppo ad alto livello con il Giappone. L'accesso al mercato e gli ostacoli normativi svolgono un ruolo importante in tali forum. Per tutelare con maggiore energia gli interessi dell'UE, l'Unione dovrà anche essere disposta, ove opportuno, a menzionare gli ostacoli all'accesso al mercato ai vertici e ad altri incontri ad alto livello.

Ovviamente gli interessi offensivi e difensivi sono connessi e la reciprocità e i mutui vantaggi sono concetti importanti nelle relazioni internazionali e soprattutto nella politica commerciale. Sarà quindi opportuno esaminare se si possa ottenere un effetto maggiore collegando i problemi dell'UE relativi agli ostacoli all'accesso al mercato dei suoi partner strategici ai loro rispettivi interessi ad un maggiore accesso al mercato dell'UE. Al riguardo per gli appalti pubblici, come indicato nella sezione 3 della presente relazione, sarà proposta un'iniziativa specifica. In tutti gli altri settori gli strumenti esistenti devono essere impiegati il più efficacemente possibile al fine di convincere i partner dell'UE a controbilanciare il suo impegno di apertura.

Le delegazioni dell'UE svolgeranno un ruolo importante nel perseguire gli interessi europei di accesso al mercato. Le delegazioni sono le nostre antenne di analisi della situazione nei sistemi nazionali dei nostri partner strategici, compresi gli interessi economici e politici e le prassi di politica industriale. Sarà importante impiegare le antenne in modo da ben preparare gli interventi politici ad alto livello sugli ostacoli all'accesso al mercato, che vanno fondati su tutte le informazioni politiche ed economiche disponibili e seguiti in modo adeguato e tempestivo sul terreno.

La presente relazione indica un'agenda ambiziosa. I suoi obiettivi consistono nell'innalzare e calibrare il livello degli interventi dell'UE su questioni problematiche specifiche in relazione agli ostacoli all'accesso ai mercati dei nostri partner strategici. Un'azione concertata ai massimi livelli politici può fare la differenza a vantaggio delle esportazioni e degli investimenti delle imprese europee e, in ultima analisi, della crescita e dell'occupazione in Europa. La Commissione monitorerà a scadenza regolare il progresso di tale agenda e riferirà su base annua al Consiglio europeo.

[1] Commercio, crescita e affari mondiali, COM (2010) 612 del 9.11.2010.

[2] Conclusioni del Consiglio Europeo, 16 settembre 2010.

[3] Documento di lavoro dei servizi della Commissione " Il commercio, motore della prosperità ", che accompagna la comunicazione della Commissione " Commercio, crescita e affari mondiali ";

http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2010/november/tradoc_146940.pdf

[4] Documento di lavoro dei servizi della Commissione " Il commercio, motore della prosperità ", cfr. nota 3, pagina 9.http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2010/november/tradoc_146940.pdf

[5] COM(2007) 803 dell'11.12.2007.

[6] COM(2010)2020 del 3.3.2010.

[7] Per ulteriori informazioni sulle prassi della politica industriale, si consulti " Una politica industriale integrata per l'era della globalizzazione ", COM(2010)614 del 28.10.2010.

[8] Nel 2009 l'Unione europea ha effettuato un piccolo disinvestimento in Giappone.

[9] Conclusioni del Consiglio (GAERC) dell'8 dicembre 2008, doc. 16198/08.

[10] Vedasi ad esempio, DG Trade, " Seventh Report on potentially trade restrictive measures" (Settima relazione su misure potenzialmente restrittive per gli scambi", novembre 2010; http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2010/october/tradoc_146796.pdf

[11] Per terre rare si intendono metalli delle terre rare, scandio e ittrio (SA 280530), composti del cerio (SA 284610) e composti dei metalli delle terre rare (SA 284690).

[12] Nel 2008 la Banca mondiale ha classificato l’India al centoventesimo posto su 178 economie in termini di "facilità di avviare imprese".

[13] Codici SA 5201 5202 5203, 5205, 5206 e 5207.

[14] Assessment of barriers to trade and investment between the EU and Japan (Valutazione degli ostacoli agli scambi e agli investimenti tra l'UE ed il Giappone), relazione di "Copenhagen Economics", novembre 2010; http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2010/february/tradoc_145772.pdf

[15] Vedasi, ad esempio, DG Trade, "Seventh report on potentially trade restrictive measures" (Settima relazione su misure oitenzialmente restrittive degli scambi), novembre 2010; http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2010/october/tradoc_146796.pdf.

[16] La Commissione stima i costi totali dovuti agli aumenti dei dazi introdotti della Russia durante la crisi economica e consolidati dalla tariffa estera comune dell'Unione doganale tra Russia, Kazakistan e Bielorussia a 540 milioni l'anno (circa 860 milioni se si contano tutti i paesi dell'Unione doganale). Si veda anche: DG Trade, " Fifth Report on potentially trade restrictive measures" (Quinta relazione su misure potenzialmente restrittive per gli scambi", novembre 2009; DG Trade, " Sixth Report on potentially trade restrictive measures" (Sesta relazione su misure potenzialmente restrittive per gli scambi", maggio 2010.

[17] "Non-Tariff Measures in EU-US Trade and Investment – An Economic Analysis" (Misure non tariffarie nel commercio e negli investimenti UE-USA, un'analisi economica); di Ecorys; pubblicato sul web il 16 dicembre 2009,

http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2009/december/tradoc_145613.pdf

[18] Vedasi ad esempio, DG Trade, " Seventh Report on potentially trade restrictive measures" (Settima relazione su misure potenzialmente restrittive per gli scambi", novembre 2010;

[19] Vedasi il documento di lavoro dei servizi della Commissione " Il commercio, motore della prosperità ", che accompagna la comunicazione della Commissione " Commercio, crescita e affari mondiali "; pagine 52segg. e "Verso un atto per il mercato unico per un'economia sociale di mercato altamente competitiva", cfr. proposta n. 24, pag 18.

[20] Strategia di applicazione dei diritti di proprietà intellettuale nei paesi terzi, 2004.

[21] Australia, Canada, Giappone, Corea, Messico, Marocco, Nuova Zelanda, Singapore, Svizzera, Stati Uniti e UE.

[22] http://www.china-iprhelpdesk.eu

[23] http://www.ipr2.org

[24] Valutazione della strategia di applicazione dei diritti di proprietà intellettuale nei paesi terzi, ADE, novembre 2010; http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2010/november/tradoc_147053.pdf

[25] Per informazioni più dettagliate, vedasi il documento di lavoro dei servizi della Commissione " Il commercio, motore della prosperità ", che accompagna la comunicazione della Commissione " Commercio, crescita e affari mondiali "; pagina 65 e figura 15.

[26] Il rischio nell'approvvigionamento è dovuto al fatto che una cospicua parte della produzione mondiale (ovvero la capacità di trasformazione delle materie prime in prodotti industriali commerciali) viene prevalentemente da un singolo paese o da pochi paesi: questa situazione si riscontra in Cina (antimonio, fluorite, gallio, germanio, grafite, indio, magnesio, terre rare e tungsteno), Russia (PGM), nella Repubblica democratica del Congo (cobalto, tantalio) e in Brasile (niobio e tantalio). La concentrazione della produzione in molti casi è affiancata da un basso livello di sostituibilità e da un basso tasso di riciclaggio.

[27] Questa cifra rappresenta un aumento netto rispetto al periodo 1997-2002, in cui 39 membri dell'OMC hanno fatto ricorso a tali strumenti; cfr. J.Kim, "Recent trends in export restrictions"(Recenti tendenze delle restrizioni delle esportazioni), documenti dell'OCSE sulla politica commerciale, 101, 2010.

[28] La base dati riguarda 19 paesi, tra i quali Algeria, Argentina, Brasile, Cina, Egitto, India, Indonesia, Kazakistan, Russia, Sudafrica, Tailandia e Ucraina.

[29] Si definisce misura una voce tariffaria a livello SA4 soggetta a restrizioni quantitative (contingenti di esportazione o divieti di esportazione), tasse all'esportazione o ad un processo di licenze d'esportazione non automatiche; cfr. DG Trade, Relazione annuale 2009 sulle materie prime, http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2010/june/tradoc_146207.pdf

[30] Eccetto i casi in cui le prescrizioni sono state negoziate nei protocolli di adesione all'OMC, come ad esempio per la Cina e la Russia per una serie di materie prime.

[31] Secondo la relazione "Occupazione in Europa 2010" (pag 165), nel 2009 l'occupazione nei settori dei servizi nell'UE raggiungeva il 70,4%.

[32] Cfr. relazione di Copenhagen Economisc, " Impacts of EU outward FDI " (Impatti degli investimenti esteri dell'UE), 20 maggio 2010, http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2010/june/tradoc_146270.pdf

[33] COM(2010) 343 definitivo, del 7.7.2010; http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2010/july/tradoc_146307.pdf.

[34] La norma pertinente sarebbe la ISO/IEC 15408, integrata da un accordo di riconoscimento dei criteri comuni, volto a disciplinare il reciproco riconoscimento dei certificati di sicurezza TI.

[35] Questa cifra riguarda solo le restrizioni alle esportazioni di materie prime agricole ed industriali, che costituiscono solo un terzo delle importazioni totali di materie prime dell'UE (11% delle importazioni totali dell'UE). Gli altri due terzi delle importazioni UE di materie prime riguardano le materie prime energetiche (23% delle importazioni totali dell'UE). Le statistiche dettagliate sulle restrizioni alle esportazioni di materie prime energetiche sono ancora in fase di compilazione, ma è evidente che tali restrizioni prevalgono in una serie di paesi produttori di energie fondamentali. Un esempio significativo è costituito dalla Russia, dove viene applicato un dazio di esportazione del 30% su 13,1 miliardi di euro di importazioni di gas (28% delle importazioni totali di gas dell'UE).

[36] Queste stime basate sui flussi commerciali esistenti sono influenzate anche da altri fattori che tendono a sottostimare il valore effettivo degli "scambi potenzialmente colpiti". Ad esempio, tanto più ampio è l'ostacolo agli scambi in questione, tanto più bassi saranno i flussi commerciali "colpiti" osservati. In un caso estremo, ad esempio di divieto di esportazione o di importazione, non si osserveranno scambi e non vi saranno effetti sulla misurazione degli "scambi potenzialmente colpiti", mentre in realtà l'impatto economico di tale ostacolo è molto significativo. Tale misurazione può quindi tendere a dare maggior peso ad ostacoli minori e a sottostimare l'importanza di ostacoli più gravi.