25.8.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 248/8 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Strategie per un consolidamento intelligente della politica di bilancio: la sfida di individuare dei motori di crescita per l'Europa. Come sfruttare pienamente il potenziale di manodopera delle nostre economie nel contesto di un indispensabile aggiustamento dei bilanci» (parere esplorativo richiesto dalla presidenza ungherese)
2011/C 248/02
Relatore: DANTIN
Il 15 novembre 2010 il rappresentante permanente della Repubblica di Ungheria presso l'UE, Peter GYÖRKÖS, a nome della futura presidenza ungherese, ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo di elaborare un parere esplorativo sul tema:
Strategie per un consolidamento intelligente della politica di bilancio: la sfida di individuare dei motori di crescita per l'Europa. Come sfruttare pienamente il potenziale di manodopera delle nostre economie nel contesto di un indispensabile aggiustamento dei bilanci.
La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il parere in data 31 maggio 2011.
Alla sua 472a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 giugno 2011 (seduta del 15 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 164 voti favorevoli, 2 voti contrari e 9 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 La crisi economica e finanziaria, iniziata nel corso del 2007 e intensificatasi nel 2008, ha avuto pesanti ripercussioni sulle finanze pubbliche dei paesi europei, aggravando in particolare la loro situazione di bilancio.
1.2 Molti Stati membri stanno infatti apportando tagli alla spesa pubblica per via della necessità di alleggerire i bilanci pubblici dai costi derivanti da tutti i diversi piani di ripresa economica, di aiuti alle banche (come è avvenuto in alcuni Stati membri) e da una crescita debole di cui non si era adeguatamente tenuto conto nelle politiche economiche precedenti alla crisi. Si tratta però di una scelta che rischia di provocare un disimpegno degli Stati e di diminuire l'effetto di redistribuzione dei sistemi di solidarietà collettiva, per quanto riguarda sia la protezione sociale che i servizi pubblici.
1.3 Questo percorso veloce di ritorno all'equilibrio, oltre a generare costi sociali significativi, rischia di produrre un debole tasso di crescita per un periodo di tempo prolungato, soprattutto a causa dell'effetto depressivo sulla domanda che accentuerà i disavanzi di bilancio. Questi ultimi causeranno, a loro volta, una contrazione della domanda, innescando un «effetto valanga», una spirale che potrebbe trascinare l'economia europea in un avvitamento senza fine.
1.3.1 Una politica di bilancio «intelligente» deve appunto prefiggersi di spezzare questa spirale.
1.4 Un risanamento del bilancio «intelligente» consiste in un equilibrio «intelligente» tra entrate e uscite e tra domanda e offerta. La crescita sostenibile deve pertanto rappresentare l'obiettivo principale della politica economica come di qualsiasi altra politica.
1.4.1 La crescita sostenibile deve quindi figurare tra gli obiettivi prioritari dell'UE.
1.5 A questo scopo è opportuno:
1.5.1 |
introdurre una regolamentazione più ambiziosa e completa dei mercati finanziari, allo scopo di porre un freno alla speculazione che, se dovesse persistere, vanificherebbe tutti gli sforzi compiuti per garantire un «risanamento di bilancio intelligente»; |
1.5.2 |
adottare una politica di bilancio al servizio della crescita,
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1.5.3 |
mettere la politica fiscale al servizio della crescita,
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1.5.4 |
prevedere delle imposte destinate a internalizzare le esternalità prodotte dal comportamento del settore finanziario, purché esse contribuiscano a creare condizioni più eque nel processo di sviluppo e di armonizzazione del mercato interno europeo;
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1.5.5 |
inventare la crescita del futuro,
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1.6 Per mettere in atto queste politiche, quando esse dipendono soltanto dalla decisione di ogni singolo Stato membro, occorre tenere conto delle ampie differenze nei risultati economici dei 27 Stati membri. Sebbene siano ravvisabili alcuni schemi comuni, sussistono infatti notevoli differenze in materia di tasso di crescita del PIL, livello e andamento del tasso di disoccupazione, nonché livello del debito pubblico e della spesa in R&S.
2. Introduzione
2.1 La presidenza ungherese ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo (CESE) di elaborare un parere esplorativo su tema Strategie per un consolidamento intelligente della politica di bilancio: la sfida di individuare dei motori di crescita per l'Europa. Come sfruttare pienamente il potenziale di manodopera delle nostre economie nel contesto di un indispensabile aggiustamento dei bilanci.
2.2 Il Comitato accoglie con favore tale richiesta.
2.3 Essa propone infatti alla riflessione del CESE una tema cui il CESE rivolge la sua attenzione e che rientra tra i lavori che il Comitato ha già realizzato dopo l'inizio della crisi finanziaria.
2.4 Il parere consentirà di aggiornare le riflessioni finora condotte dal Comitato, che serviranno da punto di partenza per l'elaborazione del presente contributo, il cui obiettivo è proseguire appunto la riflessione per rispondere al tema della consultazione (1).
2.5 Pertanto, dopo una breve analisi delle cause della crisi, verranno esaminate le conseguenze di tale crisi e i rischi, sia economici che sociali, di un risanamento di bilancio «non intelligente»; infine, verranno formulate delle proposte intese a favorire lo sviluppo di una crescita sostenibile, unico fattore in grado di rilanciare l'economia europea.
3. La crisi e le sue conseguenze
3.1 La crisi economica e finanziaria, iniziata nel corso del 2007 e aggravatasi nel 2008, ha avuto pesanti ripercussioni sulle finanze pubbliche dei paesi europei. Se, da un lato, molti governi hanno adottato provvedimenti per salvare il sistema finanziario, dall'altro, hanno adottato consistenti manovre di bilancio per contenere il più possibile la portata della recessione attraverso i loro piani di ripresa. Questi ultimi si sono aggiunti, completandola, all'azione degli stabilizzatori automatici, per evitare il collasso dell'attività economica, ma in diversi paesi hanno anche aggravato la situazione di bilancio.
3.2 Se durante la crisi finanziaria ingenti finanziamenti pubblici hanno permesso di garantire la liquidità dei mercati, l'esigenza attuale di alleggerire i bilanci pubblici del peso del sostegno fornito alle banche (come è avvenuto in alcuni Stati membri) e dei costi di altre misure discrezionali, trasforma l'aumento della disoccupazione e le ulteriori misure di austerità adottate in molti paesi in fattori che, considerati nel loro insieme, minacciano la crescita economica.
3.3 Questa situazione ha fatto aumentare significativamente il disavanzo pubblico: dal 2,3 % del PIL (2008) al 7,5 % (previsione 2010) in tutta l'Unione europea, e dal 2 al 6,3 % nella zona euro (dati Eurostat). Nello stesso periodo si è registrato anche un aumento del rapporto tra debito pubblico e PIL: dal 61,6 all'80 % nell'Unione europea e dal 69,4 al 78,7 % nella zona euro. Il tasso di crescita invece dovrebbe essere pari allo 0,7 % (2010), mentre la disoccupazione risulterebbe in crescita: 7,1 % nel 2007, 9,1 % nel 2009 e 10,3 % a fine 2010 (previsione), ovvero circa 25 milioni di persone, di cui circa 8 milioni avranno perduto il loro posto di lavoro per via della crisi.
3.4 Si osserva inoltre che vi è il rischio che le azioni condotte in alcuni Stati membri, che consistono essenzialmente nel diminuire la spesa pubblica per ripristinare l'equilibrio di bilancio in tempi rapidi e ridurre il debito, provochino il disimpegno degli Stati per quanto riguarda l'effetto di redistribuzione dei sistemi di solidarietà collettiva. Vi sono quindi enormi preoccupazioni sul possibile smantellamento dei sistemi di protezione sociale e dei servizi pubblici, proprio nel momento in cui il loro ruolo di stabilizzatori automatici e di ammortizzatori efficaci della crisi è stato unanimemente elogiato.
3.4.1 Per il Comitato, è indispensabile salvaguardare il capitale sociale europeo e il capitale naturale, che sono fattori imprescindibili del rafforzamento della crescita.
3.4.2 Sarebbe disastroso per la sua credibilità (e per quella degli Stati membri) se l'UE si mostrasse, di fronte ai propri cittadini, determinata a adottare importanti misure a favore di un settore, quello finanziario e bancario (come è avvenuto in alcuni Stati membri), direttamente responsabile della crisi attuale e che, peraltro, in un momento in cui occorre combattere il rallentamento della crescita, l'impennata della disoccupazione, i processi di precarizzazione, e assicurare la solidarietà attraverso i sistemi di protezione sociale e i servizi pubblici, risulterebbe inefficace penalizzando i cittadini europei, completamente estranei «alla fabbricazione» della crisi economica e finanziaria. Questa situazione non farebbe altro che far aumentare ancor di più la distanza tra l'UE e i suoi cittadini.
3.5 Questa percorso veloce di ritorno all'equilibrio, consiste innanzitutto nel ridurre la spesa pubblica; oltre a generare costi sociali, esso rischia di produrre un debole tasso di crescita per un periodo di tempo prolungato (soprattutto a causa dell'effetto depressivo sulla domanda), accompagnato da un livello di disoccupazione persistente o addirittura in crescita e, conseguentemente, da un'erosione della competitività mondiale dell'Europa.
3.5.1 Il rigore di bilancio rischia di provocare una contrazione della domanda, che potrebbe a sua volta innescare una recessione seguita da nuovi disavanzi suscettibili di spingere l'economia europea «in un avvitamento senza fine»…
3.5.2 Tale contrazione della domanda sarà tanto più significativa quanto più continueranno ad accentuarsi le disuguaglianze (in Francia, ad esempio, tra il 1998 e il 2005, il salario medio dello 0,01 % delle persone con le retribuzioni più elevate è aumentato del 51 %) e quanto più il potere d'acquisto delle famiglie diminuirà spinto da fattori automatici, a causa sia della situazione economica sia della notevole diminuzione della componente dei salari nella distribuzione del valore aggiunto. Secondo stime dell'FMI del 2007, la parte dei salari nel PIL è passata in Europa dal 73 % del 1980 al 64 % nel 2005.
4. Verso un consolidamento di bilancio intelligente
4.1 Il problema non è tanto di sapere se conviene procedere verso un ritorno all'equilibrio di bilancio quanto piuttosto di stabilire in che modo procedere, chi deve pagare e quale ritmo seguire, in modo da dare slancio alla crescita.
4.1.1 Un risanamento di bilancio «intelligente» consiste in un equilibrio «intelligente» tra entrate e uscite e tra domanda e offerta. A tal fine, per un'uscita positiva dalla crisi, è indispensabile imboccare nuovamente la strada della crescita, nel quadro di una politica espansionistica volta a creare un contesto favorevole al consumo e agli investimenti.
4.1.2 Il risanamento di bilancio dipende in parte anche dalle esigenze della politica monetaria, la cui gestione deve essere tale da consentirle di raggiungere i propri obiettivi di stabilità dei prezzi e di fiducia dei mercati, continuando a creare le condizioni per la crescita economica.
4.2 Una politica di bilancio al servizio della crescita
4.2.1 Era da molto tempo prima della crisi attuale che l'Europa faceva registrare un tasso di crescita insufficiente. L'obiettivo di una crescita annua del 3 %, che è in modo fondamentale parte integrante della strategia di Lisbona, è stato raggiunto solo due volte. In linea di massima, questa mancata crescita non è stata sufficientemente presa in considerazione dalle politiche economiche e di bilancio definite dai governi, mentre è stata compensata mediante il ricorso al prestito, sia pubblico che privato; a questo proposito, è stata attribuita una consistente responsabilità al sistema finanziario, ad esempio in materia di prestiti immobiliari. La crescita sostenibile deve pertanto rappresentare l'obiettivo principale della politica economica come di qualsiasi altra politica. In questa situazione, un risanamento di bilancio, che comporti in particolare un'allocazione efficace delle risorse finanziarie, potrà consentire di reperire i mezzi necessari per avviare un percorso di riequilibrio dei bilanci pubblici a medio termine, senza ostacolare l'obiettivo di una crescita elevata.
4.2.2 La crisi finanziaria e la scarsa resistenza agli choc dell'economia europea dimostrano la necessità di un nuovo orientamento della politica economica. A giudizio del CESE un mix macroeconomico più equilibrato, che concili gli aspetti dell'offerta e una politica economica orientata alla domanda, deve divenire un elemento costitutivo della strategia europea. Pertanto, in un mondo «finanziarizzato» che favorisce gli investimenti a breve termine ed è quindi soggetto al rischio di rallentamento del progresso tecnico, l'approccio da adottare deve basarsi sulla rinuncia ad una crescita basata in buona parte sulle «bolle speculative» e sul ritorno ad una crescita fondata sui consumi e sugli investimenti, destinati anzitutto ai settori innovativi dell'economia reale (2), privilegiando modelli di produzione che limitino le emissioni di CO2 e non dilapidino le risorse naturali.
4.2.3 Potrebbe essere introdotto un prestito obbligazionario europeo destinato a finanziare progetti infrastrutturali europei; il prestito costituirebbe uno strumento fondamentale per mobilitare, a sostegno dell'economia europea, un risparmio attualmente disponibile e inutilizzato. Questa iniziativa deve tuttavia basarsi su un approccio coordinato della politica industriale (3) a favore della competitività, conformemente agli orientamenti della strategia Europa 2020 (4). Da questo punto di vista, il Comitato accoglie con favore la dichiarazione resa davanti al Parlamento dal Presidente della Commissione che, il 14 dicembre 2010, ha annunciato che «avrebbe insistito» sulla presentazione di piani che prevedono l'introduzione di prestiti obbligazionari. Questi ultimi, tuttavia, non possono rappresentare un'alternativa alla creazione di eurobbligazioni, né sostituirsi a quest'ultime.
4.2.4 Il Comitato è favorevole alla creazione di eurobbligazioni, poiché oltre a permettere il finanziamento di grandi progetti infrastrutturali per modernizzare l'Europa attraverso la creazione di occupazione e il rilancio della crescita (risultato che potrebbe essere conseguito anche con i prestiti obbligazionari), esse contribuirebbero a ridurre i costi del rifinanziamento degli Stati della zona dell'euro in difficoltà, conferendo una dimensione europea al mercato dei titoli di Stato. La creazione di eurobbligazioni dimostrerebbe al mercato, dopo la creazione del Fondo europeo di stabilità finanziaria, la solidarietà interna dell'Unione europea e darebbe al tempo stesso la prova del suo impegno politico a favore dell'Unione economica e monetaria e dell'irreversibilità dell'euro.
4.2.4.1 Va osservato che questa pratica, già utilizzata dagli Stati Uniti attraverso il Tesoro e approvata nel 2009 dal Parlamento europeo e dall'FMI, consentirebbe ai paesi della zona euro in difficoltà di alleggerire il servizio del debito e di ricostituire dei margini di manovra per stimolare la crescita.
4.2.5 Gli Stati membri che presentano un avanzo della bilancia delle partite correnti e/o un debito pubblico di modeste dimensioni dovrebbero attuare una politica espansionistica per stimolare la domanda; generalmente però non lo fanno, soprattutto per timore di essere penalizzati dalle agenzie di rating. La funzione delle CRA [agenzie di rating] «è cruciale […]e per questo motivo non può essere lasciata senza vigilanza» (5). A questo proposito il CESE esprime preoccupazione «per la mancata creazione di un organismo europeo di valutazione del debito sovrano» (6).
4.3 Crescita e fiscalità
4.3.1 La fiscalità, dal momento in cui contribuisce al corretto funzionamento del mercato interno, alla competitività, ad alleviare l'onere sostenuto dalle finanze pubbliche, ecc., rappresenta un fattore favorevole alla crescita. Il CESE si rammarica che in materia di risanamento di bilancio la Commissione si concentri quasi esclusivamente sulle spese, trascurando le entrate. La maggior parte delle volte, infatti, un approccio di questo tipo si ripercuote negativamente sui soggetti socialmente più vulnerabili, oltre a rallentare la crescita deprimendo la domanda.
4.3.2 «Conformemente ai Trattati dell'UE bisognerebbe perseguire un maggior coordinamento su scala comunitaria delle politiche fiscali degli Stati membri (che comprenda, in particolare, l'armonizzazione della base imponibile e l'introduzione di aliquote minime) soprattutto in quei settori in cui la base imponibile è mobile a livello internazionale ed è più elevato il rischio di evasione fiscale e di concorrenza fiscale tra gli Stati membri». L'obiettivo di tale coordinamento europeo dev'essere quello di proteggere e accrescere il gettito fiscale (7).
4.3.3 Anche il rafforzamento della cooperazione amministrava figura tra le condizioni essenziali per un'efficace lotta contro la frode fiscale. Un primo passo avanti è rappresentato dalla creazione di Eurofisc, una rete decentrata aperta a tutti gli Stati membri, il cui scopo è rendere possibile un'azione rapida e mirata nella lotta contro la frode in materia d'imposta sul valore aggiunto (8). Nel suo parere in materia il CESE ha sottolineato la necessità di istituire un collegamento e una cooperazione con gli altri organismi che si occupano della lotta alla criminalità organizzata e al riciclaggio (9).
4.3.4 È necessario spostare la pressione fiscale verso nuove fonti di gettito, come le imposte sulle operazioni finanziarie, la tassazione dell'energia, i prelievi a carico del settore finanziario, delle emissioni di CO2 (10) (immaginando una nuova organizzazione del mercato delle quote), ecc. Questo tipo di imposizione potrebbe dar luogo a «un doppio dividendo»: a breve e a medio termine potrebbe alleggerire i bilanci pubblici e a più lungo termine potrebbe contribuire a riorientare le risorse verso gli investimenti sostenibili nell'economia reale in generale e nelle tecnologie e nei settori verdi in particolare (11); inoltre potrebbe rivelarsi utile per dotare di risorse proprie il bilancio dell'Unione europea (12).
4.4 Tassazione del settore finanziario
4.4.1 Concretamente, la tassazione del settore finanziario può assicurare ai mercati finanziari una maggiore stabilità ed efficacia, riducendo la loro volatilità e gli effetti negativi di un'eccessiva assunzione di rischi (13). Appare quindi ragionevole prevedere delle imposte destinate a internalizzare le esternalità prodotte dal comportamento di questo settore, purché esse contribuiscano a creare condizioni più eque nel processo di sviluppo e di armonizzazione del mercato interno europeo.
4.4.2 Tassa sulle transazioni finanziarie
4.4.2.1 Il CESE ha approvato il principio di un'imposta sulle transazioni finanziarie nel suo parere sulla relazione del gruppo de Larosière (14): «secondo il CESE, è necessario passare da un'ottica di breve termine a una di lungo termine in cui i bonus non siano calcolati sulla base di attività speculative. A tale scopo il Comitato sostiene l'idea di un'imposizione sulle operazioni finanziarie». L'obiettivo di una tassa sulle transazioni finanziarie «è quello di reperire entrate pubbliche. Questa nuova fonte di entrate potrebbe essere utilizzata per sostenere lo sviluppo economico nei paesi in via di sviluppo, per finanziare politiche in materia di clima in questi paesi, oppure per alleggerire l'onere sulle finanze pubbliche. Quest'ultima destinazione implica inoltre che il settore finanziario rimborserà le sovvenzioni pubbliche. Nel lungo termine, il gettito della tassa dovrebbe offrire una nuova fonte generale di entrate pubbliche» (15). Inoltre una tassa sulle transazioni finanziarie produce anche degli effetti leva favorevoli, dato che determina dei cambiamenti nel comportamento degli operatori del mercato.
4.4.2.2 Vale la pena di ricordare, a questo proposito, che il Presidente della Commissione europea, in una dichiarazione rilasciata l'8 settembre 2010, ha difeso il principio di una tassa sulle attività finanziarie.
4.4.2.3 Il CESE ritiene, in linea con i suoi precedenti pareri, che l'UE e gli Stati membri abbiano attualmente bisogno di una tassa sulle transazioni finanziarie (financial transaction tax o FTT) per raccogliere entrate destinate a correggere gli squilibri di bilancio, per finanziare misure di rilancio per stimolare la crescita e lottare contro le attività meramente speculative.
4.4.3 Tassa sulle attività finanziarie
4.4.3.1 La tassa sulle attività finanziarie (financial activity tax o FAT) (16), nella sua forma più estesa (calcolata secondo il metodo additivo), colpisce profitti e compensi complessivi dell'attività imprenditoriale degli istituti finanziari, indipendentemente dai prodotti che commercializzano.
4.4.3.2 La FAT potrebbe essere considerata come un'imposta sul valore aggiunto generato dalle società del settore finanziario, che permetterebbe di compensare l'attuale riduzione del contributo fiscale di questo settore dovuta all'esenzione IVA di cui beneficiano molte delle sue operazioni.
4.4.3.3 Il gettito ricavato a livello europeo potrebbe essere dedicato al risanamento di bilancio degli Stati membri.
4.4.4 La Commissione europea prevede, e il Comitato è d'accordo, di eseguire una valutazione d'impatto per definire la struttura potenziale e le modalità di applicazione di questa tassa e di studiare il ventaglio delle nuove riforme del settore finanziario riguardanti il sistema di garanzia dei depositi, i nuovi requisiti patrimoniali e in materia di liquidità, ecc. È quindi opportuno trovare un giusto equilibrio tra l'obiettivo di lottare contro gli squilibri di bilancio e l'obiettivo di preservare la stabilità e le capacità del settore bancario di concedere prestiti e contribuire alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro. In ogni caso non dovrà essere adottata nessuna decisione in merito a questa tassa prima che siano resi noti i risultati di tale valutazione.
5. Inventare la crescita del futuro
5.1 L'Europa si trova di fronte a una serie di gravi minacce, quali:
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un mondo finanziarizzato che sfugge alla democrazia politica, che risulta parzialmente scollegato dall'economia reale e che privilegia gli investimenti a breve termine che comportano un rischio di rallentamento del progresso tecnologico. L'abbandono degli investimenti reali a vantaggio degli investimenti finanziari frena altresì lo sviluppo dell'occupazione, dei redditi, della domanda e dei bilanci pubblici, |
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la disgregazione dei modelli sociali esistenti, combinata con i rischi di un confronto esclusivo tra Stati Uniti e grandi paesi emergenti che escluderebbe l'Europa e metterebbe in discussione il mercato del lavoro. Per far fronte alle sfide attuali è necessario individuare gli assi politici che definiranno la crescita del futuro. |
5.2 Per tornare a una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, l'Unione si è dotata della strategia Europa 2020. Basandosi su un coordinamento rafforzato delle politiche economiche, questa nuova strategia mira ad affrontare le principali strozzature che ostacolano la crescita a livello di UE, comprese quelle relative al funzionamento del mercato interno e alle infrastrutture, concentrandosi inoltre sulla necessità di una politica energetica comune e di una nuova e ambiziosa politica industriale. Il Consiglio europeo ha posto l'accento sull'esigenza che l'insieme delle politiche comuni, segnatamente la politica agricola comune e la politica di coesione, sostengano questa strategia, la quale comprenderà anche una solida dimensione esterna (17).
5.3 Il CESE ha creato un comitato direttivo che opera a stretto contatto con le sezioni specializzate, la CCMI, i CES nazionali e gli osservatorî sull'attuazione della strategia, e più in particolare sulle sette iniziative faro che puntano a stimolare i progressi in termini di crescita e occupazione. In questo contesto, il CESE elaborerà dei pareri sulle iniziative faro per conseguire i «cinque obiettivi» di questa strategia. È necessario avviare una profonda riflessione sui settori, gli attori e le azioni prioritarie, per stabilire le modalità di attuazione di questa nuova strategia.
5.4 I settori prioritari - In un'ottica settoriale, ecco un elenco, non esaustivo, di alcuni motori di questa crescita, che in parte già esistono ma che sono prevalentemente in fase di sviluppo, essendo ad alto valore aggiunto, ad alta tecnologia e con un forte potenziale di crescita. È evidente che il loro contenuto riguarda tanto l'industria che i servizi:
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sistema energetico senza emissioni di carbonio, trasporti e immobili verdi … che permettono di creare «posti di lavoro verdi» (18), |
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economia degli anziani (silver economy): bioingegneria al servizio della sanità, scienze della vita (19), |
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biotecnologia (20), |
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società digitale, nanotecnologie (21), robotica …, |
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agronomia e idraulica per rispondere alla carenza di seminativi, ridefinizione dei processi di produzione per ridurre il consumo di materie prime, trattamento delle terre rare …, |
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ricerca in tutti i settori industriali di processi e metodi di sviluppo a minore tenore di carbonio, per una nuova concezione della politica industriale, |
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ecc. |
5.4.1 Tra i settori prioritari deve essere inclusa anche l'istruzione, che funge da sostegno per tutti gli altri settori. Essa rappresenta un elemento imprescindibile per la crescita perché favorisce la formazione di un capitale umano indispensabile per il suo rafforzamento. Da questo punto di vista è opportuno assicurare la corrispondenza tra le qualifiche e le necessità del mercato del lavoro.
5.5 Le azioni prioritarie al servizio della crescita
5.5.1 L'approfondimento del mercato unico europeo deve rappresentare una priorità dell'Unione europea, nel quadro della strategia Europa 2020. Soltanto in questo modo sarà possibile, secondo il CESE, conseguire progressi significativi in termini di crescita economica forte, sostenibile e più equa, nello sviluppo degli Stati membri.
5.5.2 Per l'attuazione di una politica industriale efficiente
5.5.2.1 Il senso dell'espressione «politica industriale» è cambiato molto nel corso degli anni ed è quindi importante isolare i principi che permettono di definire tale concetto in maniera rigorosa e in una prospettiva adeguata al periodo.
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Occorre innanzitutto precisare i settori da privilegiare (22). Poi le modalità d'azione dovranno essere naturalmente molto diversificate. In alcuni casi, come ad esempio nel settore dell'energia, occorreranno grandi progetti europei, mentre in altri serviranno finanziamenti in conto capitale oppure aiuti per lo sviluppo di nuove tecnologie, come nel caso delle imprese nuove e di quelle in crescita. In ogni caso, questa politica industriale dovrà essere definita inserendo tra gli obiettivi sia il mercato interno che le esportazioni. |
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L'obiettivo consiste in sostanza nel trovare i mezzi per finanziare questa politica industriale e la crescita a lungo termine che ne può derivare in un periodo di riaggiustamento di bilancio. Un elemento su cui far leva potrebbe essere quello consistente nell'orientare in maniera massiccia i risparmi europei verso investimenti produttivi a lungo termine (23) economicamente e socialmente redditizi, ovvero con forti potenzialità in termini di creazione di posti di lavoro. Le difficoltà potrebbero risiedere nell'esistenza di una forte avversione al rischio, che potrebbe essere tuttavia superata tramite specifici meccanismi di ripartizione del rischio tra poteri pubblici e investitori privati, in base ai quali i primi si assumerebbero il rischio principale a lungo termine, come farebbe un riassicuratore. Un'altra soluzione potrebbe consistere nell'emissione di un grande prestito europeo (24). |
5.5.2.2 Tuttavia, per sviluppare un sistema produttivo equilibrato e solido, è necessario far leva su due politiche principali: quella fiscale e quella occupazionale. Per la prima si rimanda al punto 4.3.1, mentre per la seconda la difficoltà maggiore consisterà nell'attivare il potenziale della partecipazione al mercato dell'occupazione e quindi anche nell'integrare in maniera massiccia i giovani e gli anziani. Si dovrà inoltre garantire, al tempo stesso, un'ampia offerta di servizi di elevata qualità per la custodia dei bambini, al fine di aiutare i genitori a svolgere la loro attività professionale (25).
5.5.3 Per uno Small Business Act europeo
5.5.3.1 Si tratta di una proposta avanzata a più riprese ma mai completamente realizzata e che resta comunque necessaria. Lo Small Business Act americano, ad esempio, è uno strumento di grande efficacia, poiché permette di finanziare sia l'innovazione che gli investimenti tradizionali e di garantire una parte degli appalti pubblici alle PMI. Il tema interessa sia le nuove imprese sia le imprese a crescita rapida. Lo Small Business Act europeo (SBAE), come quello americano, deve applicare un ampio ventaglio di strumenti, che riguardino sia gli appalti pubblici che i finanziamenti. Il CESE propone quindi uno SBAE ambizioso (26).
5.5.4 Per una politica di istruzione, ricerca & sviluppo e innovazione
5.5.4.1 Su questo tema possono essere citati numerosi pareri elaborati dal Comitato (27). Il CESE, in sostanza, ha sempre considerato la R&S e l'innovazione attività essenziali che determineranno, in futuro, la posizione dell'Europa nel mondo, in funzione della priorità e dei mezzi che essa accorderà a tali settori.
5.5.4.2 In questo periodo segnato da restrizioni di bilancio, l'UE e gli Stati membri devono continuare a investire nell'istruzione, nella R&S e nell'innovazione. Tali investimenti devono essere non solo esonerati dai tagli di bilancio ma addirittura intensificati (28), per evitare il rischio di un impoverimento ineluttabile dell'UE, con conseguenti perdite di posti di lavoro e un peggioramento delle condizioni di vita dei suoi cittadini.
5.5.4.3 L'UE dovrebbe adoperarsi affinché la legislazione fiscale risulti più in linea con l'obiettivo dell'adozione di misure intese a incoraggiare l'industria a investire maggiormente nella ricerca e nello sviluppo (29). Questo adeguamento della legislazione dovrebbe permettere in particolare di sostenere lo sviluppo delle PMI principalmente orientate verso la R&S durante i primi anni della loro attività. Dato il ruolo strategico delle PMI nell'economia dell'UE, il CESE raccomanda che ciascuno Stato membro utilizzi un mix ottimale dei possibili incentivi fiscali per facilitare la sopravvivenza e la crescita di tali imprese nel tessuto economico nazionale (30). Al tempo stesso sarebbe altresì opportuno promuovere o intensificare progetti comuni tra organismi di ricerca e PMI, ad esempio sotto l'egida di agenzie pubbliche di ricerca (nazionali o europee) per sostenere la cooperazione tra questi soggetti.
5.5.4.4 Per garantire un'attività di R&S efficiente, occorre facilitare il lavoro e la cooperazione dei ricercatori e degli innovatori nell'insieme del territorio dell'UE, come già avviene all'interno dei confini nazionali. A tal fine, lo Spazio europeo della ricerca (31), che dovrà essere completato nei prossimi quattro anni, dovrà mettere a punto le strutture necessarie per garantire un'effettiva libera circolazione delle conoscenze, vero valore aggiunto che l'Unione apporta ai settori nazionali di ricerca.
5.5.4.5 Inoltre gli ostacoli da ridurre o eliminare sono ancora molti: occorre migliorare l'accesso al finanziamento, soprattutto per le PMI, rendere accessibili i costi dei diritti di proprietà intellettuale, fissare obiettivi più ambiziosi e adottare un approccio strategico all'impiego delle importanti dotazioni previste per gli appalti pubblici. Nell'immediato, occorre raggiungere con estrema urgenza un accordo sul brevetto europeo. La realizzazione di una cooperazione rafforzata su questo tema potrebbe essere una soluzione transitoria da prendere in considerazione.
5.5.4.6 La strategia di Lisbona aveva previsto che l'UE destinasse alla R&S il 3 % del proprio PIL, una percentuale proveniente per due terzi dal settore privato. Ne siamo ben lontani. Eppure è estremamente importante realizzare questo obiettivo che permetterebbe, in vista del 2020, di creare 3,7 milioni di posti di lavoro e di aumentare il PIL annuale di circa 800 miliardi di euro entro il 2027 (32). Più che mai allora questo obiettivo deve essere la priorità dell'Unione.
5.5.4.7 La realizzazione di poli di competitività si è rivelata in definitiva un'iniziativa estremamente positiva in diversi paesi europei. Per dare a tali poli un maggior raggio d'azione, maggiori risorse e più funzioni, potrebbe essere creata una rete europea, iniziativa che rappresenta verosimilmente la soluzione più adatta per migliorare la relazione tra ricerca e innovazione, nel momento in cui tutte le parti interessate sono coinvolte nella gestione.
6. La società civile
6.1 Infine è importante sottolineare che a causa, soprattutto, delle numerose conseguenze degli aggiustamenti di bilancio e della ricerca dei percorsi della crescita sulla vita quotidiana dei cittadini, il dialogo sociale e il dialogo civile devono essere esemplari sia a livello di Stati membri che di Unione europea.
6.2 La società civile, in particolare i CES nazionali e le organizzazioni analoghe, deve essere consultata e intervenire prima che le decisioni vengano adottate. Occorre quindi garantire un elevato livello di partenariato sociale, poiché la fattibilità e il buon esito delle decisioni, nel lungo termine e su un tema così sensibile, non sarebbero possibili se le riforme non venissero accettate da parte dei cittadini.
Bruxelles, 15 giugno 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) Cfr. i seguenti pareri del CESE: La crisi finanziaria internazionale e il suo impatto sull'economia reale, in GU C 255 del 22.9.2010; Ripresa economica: punto della situazione e iniziative concrete, GU C 48 del 15.2.2011, pag. 57.
(2) Cfr. parere del CESE sul tema La strategia di Lisbona dopo il 2010, in GU C 128 del 18.5.2010, pag. 3.
(3) Cfr. punto 5.5.1.
(4) Cfr. lettera del Presidente del CESE al Presidente della Commissione, datata 31 marzo 2010.
(5) Cfr. punto 1.1 del parere del CESE in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle agenzie di rating del credito, in GU C 277 del 17.11.2009, pag. 117.
(6) Cfr. punto 1.4 del parere del CESE in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1060/2009 relativo alle agenzie di rating del credito in GU C 54 del 19.2.2011, pag. 37.
(7) Cfr. nota n. 2.
(8) Regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio, del 7 ottobre 2010, relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d'imposta sul valore aggiunto (rifusione), in GU L 268 del 12.10.2010, pag. 1.
(9) Cfr. punto 1.10 del parere del CESE in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d'imposta sul valore aggiunto (rifusione), in GU C 347 del 18.12.2010, pag. 74.
(10) Cfr. nota n. 2.
(11) Cfr. nota n. 4.
(12) Cfr. Revisione del bilancio dell'Unione europea, COM(2010) 700 definitivo del 19 ottobre 2010.
(13) Cfr. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - La tassazione del settore finanziario, COM(2010) 549 definitivo.
(14) Cfr. parere del CESE sul tema La relazione del gruppo de Larosière, in GU C 318 del 23.12.2009, pag 57.
(15) Cfr. parere del CESE sul tema Tassa sulle operazioni finanziarie, in GU C 44 del 10.2.2011, pag. 81 (Sintesi e conclusioni, punto 1.10).
(16) Si tratta di una proposta formulata dal Fondo monetario internazionale.
(17) Cfr. conclusioni del Consiglio europeo del 25 e 26 marzo 2010 e conclusioni del Consiglio europeo del 17 giugno 2010.
(18) Cfr. parere del CESE sul tema Promuovere posti di lavoro verdi e sostenibili per il pacchetto «Energia-clima» dell'UE, GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 110.
(19) Cfr. parere del CESE sul tema Scienze della vita e biotecnologia - Una strategia per l'Europa - Relazione sui progressi realizzati e gli orientamenti per il futuro, in GU C 234 del 30.9.2003, pag. 13.
(20) Cfr. parere del CESE in merito alla Comunicazione della Commissione - Verso una visione strategica della scienza della vita e della biotecnologia: documento di consultazione, in GU C 94 del 18.4.2002, pag. 23.
(21) Cfr. parere del CESE sul tema Nanoscienze e nanotecnologie: un piano d'azione per l'Europa 2005-2009, in GU C 185 dell'8.8.2006, pag. 1.
(22) Cfr. punto 5.4.
(23) Cfr. punto 4.2.3.
(24) Cfr. nota n. 19.
(25) Cfr. punto 4.2 del parere CESE sul tema Analisi annuale della crescita: progredire nella risposta globale dell'UE alla crisi. in GU C 132 del 3.5.2011, pag. 26, punto 4.2.
(26) Cfr. parere del CESE sul tema «Pensare anzitutto in piccolo» (Think Small First) - Uno «Small Business Act» per l'Europa, in GU C 182 del 4.8.2009, pag. 30.
(27) Cfr. in particolare i pareri concernenti il Settimo programma quadro di R&S e il parere in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma quadro per la competitività e l'innovazione (2007-2013), in GU C 65 del 17.3.2006, pag. 22.
(28) Iniziativa faro Europa 2020 - L'Unione dell'innovazione, COM(2010) 546 definitivo del 6 ottobre 2010.
(29) Cfr. parere del CESE sul tema Per un utilizzo più efficace degli incentivi fiscali a favore della R&S, in GU C 10 del 15.1.2008, pag. 83.
(30) Cfr. punto 3.5 del parere del CESE sul tema Sbloccare e consolidare il potenziale dell'Europa nel campo della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione, in GU C 325 del 30.12.2006.
(31) Cfr. i pareri del CESE sul tema I ricercatori nello Spazio europeo della ricerca: una professione, molteplici carriere, in GU C 110 del 30.4.2004 pag. 3, e Libro verde - Nuove prospettive per lo Spazio europeo della ricerca, in GU C 44 del 16.2.2008, pag. 1.
(32) Cfr. P. Zagamé. Les coûts d'une Europe non innovante (2010).