23.7.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 218/53 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle misure esecutive per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nell'area dell'euro
COM(2010) 525 definitivo — 2010/0279 (COD),
e alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici
COM(2010) 527 definitivo — 2010/0281 (COD)
2011/C 218/09
Relatore: Stefano PALMIERI
Il Consiglio dell'Unione europea, in data 1o dicembre 2010, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 121, paragrafo 6, e dell'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alle seguenti proposte:
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle misure esecutive per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nell'area dell'euro
COM(2010) 525 definitivo — 2010/0279 (COD)
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici
COM(2010) 527 definitivo — 2010/0281 (COD).
La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 aprile 2011.
Alla sua 471a sessione plenaria, dei giorni 4 e 5 maggio 2011 (seduta del 5 maggio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 189 voti favorevoli, 2 voti contrari e 11 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie favorevolmente il fatto che la Commissione europea abbia compreso, nel quadro del rafforzamento della governance economica europea, l'esigenza di una maggiore attenzione nel considerare gli squilibri di natura macroeconomica - al pari dei deficit di bilancio pubblico - quali fattori di instabilità economica, finanziaria e sociale delle economie degli Stati membri (SM) dell'Unione europea (UE).
1.2 Il CESE riconosce che l'attuale crisi economica ha in effetti messo a dura prova la tenuta economica, sociale ed anche politica dell'Unione europea, in generale, e dell'Unione economica e monetaria (UEM), in particolare. Ai fini della prevenzione della crisi, non si è rivelato sufficiente considerare solo la dimensione quantitativa della crescita economica di un paese, poiché sarebbe stato necessario valutare anche la qualità della crescita stessa, ossia individuare i fattori macroeconomici alla base della sostenibilità o meno di tale dinamica.
1.3 Il CESE auspica che il rafforzamento della governance economica europea sia realizzato assicurando un'equa attenzione alle esigenze della stabilità e a quelle di una crescita portatrice di nuova occupazione.
1.4 Per tale ragione il CESE auspica che il rafforzamento della governance economica - pietra angolare delle politiche economiche, sociali e di coesione dell'UE - sia effettivamente di supporto per il raggiungimento degli obiettivi fissati con la strategia Europa 2020 e con la nuova politica di coesione europea.
1.5 Il CESE intende contribuire a trovare l'ampia condivisione necessaria per rafforzare efficacemente la governance economica evidenziando, da un lato, alcuni limiti e rischi insiti nell'approccio seguito dalla Commissione e, dall'altro, le importanti potenzialità che ne derivano.
1.6 Se - come ha sottolineato la Commissione (1) - il manifestarsi e il protrarsi di squilibri di carattere macroeconomico entro gli SM sono da imputare a fattori di competitività e se per competitività si intende - seguendo la stessa definizione che ne dà la Commissione - «la capacità di un'economia di garantire su basi sostenibili alla propria popolazione livelli di vita elevati e in crescita e alti tassi d'occupazione» (2), ne deriva - e il CESE ne sottolinea l'esigenza - che occorre considerare un ventaglio più completo di cause economiche, finanziarie e sociali per valutare tali squilibri.
1.7 Per tale ragione il CESE ritiene che lo scoreboard per la valutazione degli squilibri dovrebbe essere composto di indicatori economici, finanziari e sociali. In questo contesto il CESE richiama l'attenzione sulla necessità di prendere in considerazione gli squilibri derivanti da elevate e crescenti diseguaglianze distributive all'interno degli SM, che sono state tra le cause della recente crisi economica e finanziaria (3).
1.8 Le disparità macroeconomiche non sono soltanto la conseguenza dell'unione monetaria ma rappresentano anche il risultato dell'apertura del mercato interno comune. La ripartizione transfrontaliera del lavoro si basa su diversi vantaggi e svantaggi concorrenziali sui rispettivi mercati. Le misure previste non dovrebbero quindi puntare ad un livellamento delle rispettive differenze quando queste derivino da dinamiche del mercato interno e non producono effetti negativi.
1.9 Il CESE sottolinea la necessità, in sede di valutazione degli squilibri macroeconomici, di pervenire ad una corretta ed equa valutazione sia dei fattori di competitività connessi ai prezzi, sia dei fattori di competitività non di prezzo.
1.10 Il CESE auspica che la riflessione sugli indicatori che faranno parte dello scoreboard previsto dalla Commissione sia allargata, in modo da coinvolgere - a livello europeo e nazionale - un ampio numero di attori istituzionali e di organismi di rappresentanza della società civile, tra cui il CESE stesso e il Comitato delle regioni.
1.11 Il CESE ritiene che lo scoreboard proposto dalla Commissione nell'ambito del meccanismo di allerta debba essere essenzialmente considerato come uno strumento di prima valutazione, a causa dei problemi tecnici insiti nell'approccio (fissazione delle soglie di allarme, «peso» da attribuire alle differenti fonti di squilibrio, periodo temporale da considerare). Di conseguenza, esso dovrà comunque essere seguito da una più ampia ed approfondita valutazione economica degli squilibri dello SM in questione.
1.12 Il CESE sottolinea il pericolo di non dare affatto per scontata la relazione tra l'individuazione degli squilibri, l'intervento delle misure correttive e il riequilibrio in tempi sufficientemente ragionevoli. In questo contesto, a far aumentare il lag temporale entrano in gioco: a) le complesse interrelazioni tra obiettivi e strumenti macroeconomici; b) il controllo non diretto degli strumenti da parte dei policy-maker; c) la possibile inefficacia del sistema di sanzioni proposto per i paesi dell'UEM.
1.13 Il CESE sottolinea il rischio che eventuali misure restrittive di riequilibrio possano condurre a favorire politiche pro-cicliche, amplificando e prolungando l'attuale fase di contrazione economica. È persino possibile che il mix di politiche economiche prescritte ai singoli SM, perché necessarie ai fini degli squilibri interni, risulti in realtà inappropriato per l'UE nel suo complesso.
1.14 Il CESE ritiene che - nell'ambito delle misure per prevenire gli squilibri macroeconomici essenzialmente collegati ad esposizioni debitorie eccessive del settore privato - sia stata sottovalutata la capacità di supervisione e di controllo che possono esercitare la Banca centrale europea (BCE), il Sistema europeo delle banche centrali (SEBC), il Comitato europeo per il rischio sistemico e l'Autorità europea di vigilanza bancaria. Per tale ragione il CESE chiede che, nel quadro di un coordinamento tra gli organismi citati, siano poste in essere le condizioni affinché sia garantita l'efficace sorveglianza - diretta o indiretta - sul sistema bancario, insieme ad opportuni interventi di regolazione sul credito i cui criteri (di regolazione) dovranno essere opportunamente definiti.
1.15 Il CESE sottolinea che nel pacchetto normativo per prevenire e correggere gli squilibri macroeconomici manca un'opportuna riflessione sul bilancio dell'UE. Il verificarsi di shock asimmetrici negli SM dell'area dell'euro rende necessario il ricorso a strumenti di riequilibrio del sistema macroeconomico. In questo contesto il CESE richiama l'attenzione sull'opportunità di valutare le potenzialità che presenterebbe un sistema di bilancio più flessibile e con maggiori risorse rispetto a quello attuale. Ciò permetterebbe di effettuare i necessari trasferimenti dalle aree beneficiate dagli shock a quelle danneggiate, sia mediante stabilizzatori automatici, sia tramite il finanziamento di progetti di investimento paneuropei (ad es. attraverso l'emissione di euro-obbligazioni) (4).
1.16 Il CESE ribadisce che un efficace coordinamento delle politiche economiche europee - in grado di trarre una forte legittimità democratica nei cittadini europei - deve necessariamente passare per un ruolo più incisivo da parte del Parlamento europeo (PE), del CESE e del Comitato delle regioni, ossia delle istituzioni rappresentative dei cittadini, delle parti sociali e della società civile (5).
1.17 Il CESE ritiene che il PE possa risultare decisivo nella condivisione del quadro macroeconomico di riferimento, delle priorità nei problemi da affrontare, dell'individuazione delle politiche economiche da attivare. In questo contesto il PE assume il ruolo cardine di luogo dove si concorda - insieme agli altri organi istituzionali europei - una strategia comune che non si limita ad enunciare regole e procedure formali, ma che entra nel dettaglio delle politiche concrete per rafforzare la fiducia e le aspettative dei cittadini europei.
1.18 Il CESE accoglie favorevolmente le conclusioni del Consiglio europeo del 24 e 25 marzo 2011, secondo cui il CESE deve essere coinvolto nell'attuazione del semestre europeo agendo «in stretta cooperazione» al fine di «ampliare la base di titolarità». Il CESE esprime pertanto la sua disponibilità a una piena collaborazione e auspica di poter avviare quanto prima dei colloqui con il Consiglio su questo tema.
1.19 Il CESE - proprio in qualità di forum del dialogo civile - potrebbe attivare una sessione annuale specifica (in autunno) per discutere le raccomandazioni per gli SM attivando un confronto con i rispettivi consigli economici e sociali nazionali, i parlamenti nazionali e il PE, consentendo sia la valutazione delle strategie adottate che la loro diffusione e condivisione a livello nazionale.
1.20 Il CESE auspica che sia sviluppato un uso più intenso del dialogo macroeconomico (MED), in modo da non lasciare la prevenzione e la correzione degli squilibri solamente alla Commissione e ai governi degli SM. Il MED diverrebbe uno strumento per valutare in maniera condivisa, tra governi e parti sociali, la situazione economica a livello dell'UE e gli interventi da attivare, in stretto collegamento con i processi di dialogo sociale e di concertazione a livello nazionale, in modo da rendere coerenti le dinamiche dell'UE nel suo complesso con quelle degli SM.
2. L'intervento correttivo degli squilibri macroeconomici interni proposto dalla Commissione europea nelle comunicazioni COM(2010) 525 e 527 definitivo
2.1 Il 30 giugno 2010 la Commissione europea ha presentato la comunicazione Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche per la stabilità, la crescita e l'occupazione - Gli strumenti per rafforzare la governance economica dell'UE (6). Con questa comunicazione la Commissione ha inteso proseguire quanto già enunciato nella comunicazione intitolata Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche (7).
2.2 La Commissione e la task force del Presidente VAN ROMPUY, alla luce della crisi finanziaria internazionale, riconoscono che il rispetto dei parametri fissati dal Patto di stabilità e crescita (PSC) - e ulteriormente rafforzati nell'ambito della riforma della governance - non è sufficiente a garantire la stabilità dell'UEM. Anche la presenza di squilibri macroeconomici all'interno degli SM rischia di danneggiare il sistema economico europeo nel suo complesso, contribuendo sia al deterioramento delle finanze pubbliche che allo sviluppo di tensioni sui mercati finanziari.
2.3Su tale base, la Commissione ha presentato il 29 settembre 2010 un pacchetto legislativo composto di sei proposte (8) finalizzate a predisporre un quadro normativo per prevenire e correggere negli SM gli squilibri sia di bilancio (in relazione al PSC) (9) che di carattere macroeconomico. L'oggetto del presente parere riguarda la proposta della Commissione per la sorveglianza degli squilibri macroeconomici, basata sui documenti COM(2010) 525 e 527 definitivo che trattano rispettivamente la procedura per squilibri eccessivi negli SM con sanzioni limitate ai soli paesi dell'UEM e il meccanismo di allerta cui sono soggetti tutti gli SM.
2.3.1 Il meccanismo di allerta per tutti gli SM risulta composto da:
— |
la valutazione periodica dei rischi derivanti dagli squilibri macroeconomici in ciascuno SM, sulla base di un quadro di riferimento composto di indicatori economici e di soglie orientative di attenzione (scoreboard), |
— |
l'individuazione, da parte della Commissione, sulla base di una lettura economica e non meccanica dello scoreboard, degli SM per i quali si ritiene sussistano rischi di squilibri, in modo da valutare l'effettiva gravità della situazione, |
— |
un'analisi approfondita sulla situazione economica generale degli SM per i quali lo scoreboard appaia particolarmente negativo, |
— |
in caso di rischio effettivo, l'eventuale raccomandazione da parte della Commissione allo SM interessato di correggere lo squilibrio, nell'ambito delle altre raccomandazioni di policy previste nel semestre europeo (art. 121, par. 2, del TFUE), |
— |
in caso di un serio rischio di squilibrio o - nell'area dell'euro - qualora questo si possa trasmettere agli altri SM mettendo a repentaglio il buon funzionamento dell'UEM, l'eventuale apertura di una procedura per squilibri eccessivi (art. 121, par. 4, del TFUE). |
2.3.2 La procedura per squilibri eccessivi richiede la presentazione al Consiglio dell'UE, da parte degli SM, di un piano di azione correttiva. Se le misure correttive sono ritenute adeguate, la procedura viene sospesa finché il piano correttivo concordato viene applicato, ma lo SM dovrà riferire periodicamente al Consiglio Ecofin sui progressi fatti. La procedura viene chiusa solo quando il Consiglio, sulla base di una raccomandazione della Commissione, ritiene che lo squilibrio sia stato ridotto in misura sufficiente da non essere più considerato eccessivo.
2.3.3 Solo per i paesi dell'UEM, in caso di inazione a fronte di squilibri eccessivi, vengono adottate sanzioni (al massimo lo 0,1 % del PIL) quando lo SM, dopo due successive scadenze, non presenta un adeguato piano di azione correttiva oppure non attua le misure previste.
2.4 Lo strumento fondamentale per attivare il meccanismo di allerta sugli squilibri macroeconomici è lo scoreboard proposto dalla Commissione, affiancato da un'analisi specifica della situazione economica degli SM. Le sue caratteristiche sono:
i) |
un numero limitato di indicatori per evidenziare squilibri e problemi di competitività; |
ii) |
soglie di allarme, oltrepassate le quali scatterà lo stato di osservazione; |
iii) |
l'eventualità di soglie differenziate secondo l'appartenenza o meno all'area dell'euro; |
iv) |
un carattere «evolutivo», poiché la composizione degli indicatori dovrà adeguarsi, nel tempo, ai mutamenti delle diverse fonti di squilibrio. |
2.4.1 Dalle prime elaborazioni della Commissione in merito alla scelta degli indicatori per lo scoreboard (10), tra tali indicatori sembrerebbero esserci i seguenti, di cui i primi tre sono relativi alla posizione con l'estero e gli ultimi quattro alla situazione interna:
— |
il saldo di parte corrente rispetto al PIL, che riflette la posizione netta creditoria o debitoria rispetto al resto del mondo, |
— |
la posizione finanziaria netta con l'estero rispetto al PIL, che rappresenta la controparte in termini di stock del saldo di parte corrente, |
— |
la variazione del tasso di cambio reale effettivo basato sul costo per unità di lavoro, che sintetizza la competitività del paese (con valori soglia differenziati per l'area dell'euro), |
— |
la variazione del prezzo reale delle case, per controllare l'insorgere di bolle speculative, o in alternativa la variazione della quota del valore aggiunto nel settore immobiliare sul totale, |
— |
il debito del settore privato rispetto al PIL, per stimare la vulnerabilità del settore privato a fronte di mutamenti del ciclo economico, dell'inflazione e del tasso d'interesse, |
— |
la variazione del credito concesso al settore privato, che rappresenta la controparte in termini di flussi dello stock di indebitamento privato, |
— |
il debito pubblico rispetto al PIL, come indicatore tradizionale sullo stato delle finanze degli SM. |
3. La persistenza dei divari di competitività nell'area dell'euro
3.1 La presenza di squilibri macroeconomici interni agli SM è connessa con le persistenti divergenze tra la domanda e l'offerta aggregata negli SM, tali da condurre a surplus o deficit sistematici nei risparmi complessivi di un'economia. Ciò deriva da una molteplicità di fattori che influenzano la domanda e l'offerta aggregata e tende ad influenzare negativamente il funzionamento dell'economia degli SM, dell'UEM e dell'UE nel suo complesso.
3.2 È quindi da accogliere favorevolmente la nuova attenzione con cui la Commissione ritiene di considerare gli squilibri di natura macroeconomica negli SM - al pari dei deficit di bilancio pubblico - come fattori di instabilità economica e finanziaria per l'UE nel suo complesso.
3.3 Dopo oltre un decennio in cui la Commissione, all'interno dell'UEM, aveva posto l'equilibrio dei bilanci pubblici quale oggetto esclusivo della sorveglianza, viene avviato un approccio che permette una valutazione della performance nazionale sicuramente più completa, ed estesa a tutti gli SM. Appare sempre più evidente come non sia sufficiente considerare solo la dimensione quantitativa della crescita economica di un paese, ma occorre anche valutare la qualità della crescita stessa, ossia individuare i fattori macroeconomici alla base della sostenibilità o meno di tale dinamica.
3.4 Con la costituzione dell'UEM si è creduto erroneamente che i divari di competitività tra gli SM sarebbero stati di natura temporanea. L'esperienza dell'euro, oltre a mostrare il carattere persistente di tali divergenze, ha evidenziato come essi minassero le fondamenta della stessa UEM creando posizioni difficilmente sostenibili, come le crisi finanziarie di questi ultimi mesi stanno dimostrando.
3.4.1 In particolare, nel corso del decennio che ha preceduto la crisi economica, si è manifestata una persistente divergenza nella produttività - espressa come tasso di cambio reale effettivo e nella competitività (andamento dell'export) tra i paesi appartenenti all'area dell'euro (Figure 1 e 2 in Allegato) (11). L'eccezionalità di tale situazione non risiede tanto nel suo manifestarsi, quanto nel suo protrarsi nel tempo, poiché nei casi precedenti (anni '70 e '80) le divergenze erano prontamente rientrate attraverso il riallineamento dei tassi di cambio nominali dei paesi interessati.
3.4.2 Tali divergenze hanno prodotto delle ripercussioni sui saldi commerciali degli SM. La bilancia commerciale della Germania e quella del gruppo di paesi «periferici» formato da Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna mostrano un andamento opposto, e i disavanzi sembrerebbero equivalere agli avanzi (12) (Figure 3 e 4 in Allegato). La dinamica non mostra una natura temporanea, anzi le divergenze tendono a crescere a partire dalla costituzione dell'UEM, anche se la crisi del 2008 sembra ridurle.
3.4.3 Il protrarsi delle divergenze nella competitività e nell'export tendono a riflettersi nelle bilance dei pagamenti di parte corrente e nelle posizioni patrimoniali nette verso l'estero (Figure 5 e 6 in Allegato), generando così situazioni difficilmente sostenibili nel medio periodo per alcuni SM dell'area dell'euro.
4. Nodi critici dell'intervento proposto
4.1 A fronte di tale contesto fortemente problematico, che richiede soluzioni altrettanto forti, permangono tuttavia alcune perplessità in merito all'approccio utilizzato dalla Commissione e, di conseguenza, ai rischi che ne potrebbero derivare.
4.2 Se - come ha sottolineato la Commissione (13) - il manifestarsi e il protrarsi di squilibri interni di carattere macroeconomico sono da imputare a fattori di competitività e se per competitività si intende - seguendo la stessa definizione che ne dà la Commissione - «la capacità di un'economia di garantire su basi sostenibili alla propria popolazione livelli di vita elevati e in crescita e alti tassi d'occupazione» (14), il CESE ritiene che sia opportuno considerare un ampio ventaglio di cause economiche, finanziarie e sociali alla base di tali squilibri macroeconomici e, di conseguenza, di indicatori da inserire nello scoreboard in grado di segnalare i potenziali squilibri macroeconomici.
4.2.1 Tra i fattori di competitività troviamo sia quelli connessi ai prezzi (sintetizzati nel tasso di cambio reale effettivo), sia i fattori non di prezzo altrettanto importanti. In quest'ultimo ambito sono comprese le differenziazioni di prodotto, il contenuto tecnologico dei beni prodotti, la qualità dei prodotti offerti, la qualità dei servizi correlati al prodotto (servizi di assistenza), ecc. Essi rappresentano tutta una serie di elementi determinanti nel definire la competitività di un sistema produttivo che, sebbene difficilmente quantificabili in un unico indicatore, richiederebbero comunque un opportuno sforzo per l'individuazione di variabili adeguate a segnalarne il livello e la dinamica all'interno degli SM dell'UEM.
4.2.2 Dalle prime elaborazioni della Commissione in merito alla scelta degli indicatori, sembrerebbe emergere una sottovalutazione dell'impatto delle disuguaglianze elevate e crescenti entro gli SM nel creare gli squilibri, in un lungo periodo di tempo (almeno gli ultimi venti anni) caratterizzato da forti sperequazioni distributive e retributive. Si fa riferimento in particolare al loro ruolo scatenante della crisi economica e finanziaria, a causa degli squilibri tra l'espansione globale dell'offerta di beni e servizi e il deterioramento nel potere d'acquisto dei consumatori (15).
4.2.3 Il set di indicatori da inserire nello scoreboard dovrebbe essere in grado di individuare quei fattori in grado di generare squilibri nella domanda e nell'offerta aggregata derivanti da fenomeni di natura macroeconomica, finanziaria e sociale. Ad esempio, potrebbe essere utile inserire nello scoreboard: sia l'indice di concentrazione di Gini, che mostra per i paesi mediterranei e anglosassoni valori particolarmente elevati (16) sia la differenza tra la produzione attuale e quella potenziale di un paese (output gap), il che consentirebbe di tener conto del suo ciclo economico.
4.2.4 È auspicabile, quindi, che la riflessione sugli indicatori da inserire nello scoreboard sia allargata in modo da coinvolgere - a livello nazionale ed europeo - il numero più ampio possibile di attori istituzionali e di organismi di rappresentanza organizzata della società civile, tra cui il CESE e il Comitato delle regioni.
4.3 Inoltre, nell'approccio della Commissione il parallelismo tra la governance fiscale e la governance macroeconomica appare debole e poco fondato scientificamente. Mentre, infatti, esistono validi motivi per tenere sotto controllo la politica fiscale degli SM dell'UEM (17), riguardo agli squilibri macroeconomici interni le ragioni e le modalità del coordinamento appaiono molto più controverse, sebbene la procedura di sorveglianza nasca da esigenze concrete (18).
4.3.1 Date le molteplici cause di squilibrio, i fattori da monitorare congiuntamente sono infatti numerosi (scambi con l'estero, costi di produzione, sperequazioni distributive, fattori di produttività di prezzo e non, bolle immobiliari e finanziarie speculative, ecc.) e interagiscono anche con elementi culturali e sociali esterni al sistema produttivo (ad esempio, le preferenze e i comportamenti di consumatori e risparmiatori). Oltre ai problemi di individuazione e scelta di tali fattori, si pone il problema sia di fissare delle soglie di allarme sia di come «pesare» le differenti fonti di squilibrio (19).
4.3.2 A ciò si aggiunga che non è affatto scontata la relazione tra l'individuazione degli squilibri (tramite le soglie di allarme), gli interventi correttivi e il successivo rientro da tali squilibri in tempi ragionevoli. Non è sicuro che l'intervento per garantire il riequilibrio macroeconomico consenta l'individuazione delle risposte di politica economica più adeguate. Decisioni errate, anzi, potrebbero favorire politiche pro-cicliche, amplificando e prolungando l'attuale fase di contrazione economica con interventi restrittivi, quando al contrario sarebbero necessari interventi espansivi a beneficio della domanda. È persino possibile che il mix di politiche economiche prescritte ai singoli SM, perché necessarie ai fini degli squilibri interni, risulti in realtà inappropriato per l'UE nel suo complesso.
4.3.3 Gli indicatori per i quali sembrerebbe propendere la Commissione ai fini della sorveglianza - soprattutto i prezzi e i salari e, quindi, la competitività - dipendono in prima battuta da attori esterni alla sfera pubblica (le imprese e i sindacati) e, quindi, sono controllati solo indirettamente e con ritardi dalla politica economica, tramite incentivi, regolazione della concorrenza e dialogo sociale. Ciò rende tali variabili poco inclini agli automatismi e alla tempestività di intervento, e non a caso la proposta della Commissione richiama la necessità di flessibilità nell'applicazione delle nuove regole e di una loro evoluzione continua.
4.4 Peraltro, nel pacchetto legislativo proposto manca un'opportuna riflessione sulla politica monetaria e creditizia. Un terreno, questo, più fertile dove ricercare un maggiore coordinamento, nell'ambito della supervisione finanziaria e del controllo dell'accumulazione eccessiva di debiti (e, in parallelo, di crediti) nel settore privato (20), e su cui il CESE ha già avanzato alcune proposte (21). Non si accenna affatto al ruolo di stabilità economica che - nel rispetto dell'autonomia statutaria di cui giustamente gode - potrebbe svolgere la Banca centrale europea, insieme al Sistema europeo delle banche centrali e ai neo-istituiti Comitato europeo per il rischio sistemico e Autorità europea di vigilanza bancaria.
4.4.1 Questi ultimi, almeno potenzialmente, appaiono in grado di instaurare una politica europea di sorveglianza del credito più prudente e più vigile rispetto al passato, quando regole e prassi inadeguate hanno permesso gli eccessi e, di conseguenza, portato alla crisi alcuni SM, mettendo a rischio la stabilità dell'intera UEM. Va infatti ricordato che paesi oggi in difficoltà come Irlanda e Spagna rispettavano fino al 2007 i vincoli del PSC, con bilanci in pareggio e basso debito pubblico, mentre sul versante del credito espandevano l'offerta che alimentava il boom edilizio, senza che di questa espansione eccessiva del credito si occupassero le autorità monetarie dell'UE. Tali problemi sono anche legati al ruolo delle agenzie di rating e, in particolare, all'impatto delle loro decisioni sulle finanze pubbliche degli SM e in merito a ciò il CESE ha già espresso la propria preoccupazione (22).
4.4.2 Per tale ragione riteniamo sia opportuna l'attribuzione nell'UE di poteri specifici per la supervisione e la regolamentazione che impediscano espansioni eccessive del credito negli SM, soprattutto nella concessione di mutui ipotecari (23). In un'area finanziaria integrata come quella dell'UEM sarebbe auspicabile che i poteri di supervisione e regolamentazione fossero affidati non alle autorità nazionali, ma a un organismo terzo. Proprio alle nuove autorità finanziarie europee potrebbero essere assegnate competenze e poteri in modo da esercitare efficacemente una sorveglianza - diretta o indiretta - sul sistema bancario, insieme a interventi di regolazione sul credito i cui criteri (di regolazione) dovranno essere opportunamente definiti.
4.5 Infine, nel pacchetto legislativo proposto manca anche una riflessione sul bilancio dell'UE. Il possibile emergere di shock asimmetrici negli SM dell'area dell'euro - ossia variazioni della domanda o dell'offerta positive in alcuni paesi e negative in altri -, non essendo possibile manovrare né il cambio né il tasso di interesse (24), rende necessario utilizzare altri strumenti di aggiustamento del sistema economico. A parte prezzi e salari, generalmente poco flessibili, la teoria economica ritiene che l'unico strumento efficace in tale situazione sia la presenza di un sistema di bilancio più flessibile e con maggiori risorse rispetto all'attuale. Ciò permetterebbe di effettuare trasferimenti dalle aree beneficiate dagli shock a quelle danneggiate, sia mediante gli stabilizzatori automatici, sia tramite il finanziamento di progetti di investimento paneuropei (ad es. attraverso l'emissione di euro-obbligazioni) (25).
4.6 Per contribuire a raggiungere un equilibrio tra incentivi e sanzioni in sede di correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nell'area dell'euro, il CESE raccomanda che le ammende riscosse non vengano distribuite tra gli Stati membri in rapporto alla dimensione del loro reddito nazionale lordo, come propone la Commissione, ma siano destinate al meccanismo europeo di stabilità.
4.7 Anche in questo parere il CESE ribadisce (26) che regole e automatismi rischiano non solo di essere poco efficaci ai fini della prevenzione delle crisi gravi, in quanto derivano quasi sempre da eventi straordinari e imprevedibili, ma anche di peggiorare la situazione. Da un lato, possono ridurre la fiducia verso le istituzioni dell'UE, che agli occhi dei cittadini europei si ritraggono dalle scelte politiche per affidarsi ai «tecnocrati di Bruxelles» - come mostrato dai sondaggi di Eurobarometro (27) -, dall'altro, cristallizzano un approccio tradizionale alla soluzione dei problemi che lascia in secondo piano i temi della crescita, dell'equità sociale e del degrado ambientale, rischiando così di neutralizzare sul nascere le ambizioni della strategia Europa 2020.
4.8 Sembra che la stessa ottica di breve periodo che condiziona le attività finanziarie, e che sembrava essere stata individuata come fattore latente della crisi, si sta ora affacciando come linea guida della politica europea (28). Prevalgono gli interventi «spot» - sia nelle istituzioni dell'UE che in ambito intergovernativo (29) - in risposta a situazioni critiche, che richiedono di mostrarsi rapidi nel decidere, o in parallelo alle evoluzioni dell'opinione pubblica degli SM più cruciali, seguite con apprensione dai politici soprattutto in occasione delle continue scadenze elettorali.
5. Potenzialità dell'intervento a contrasto degli squilibri macroeconomici
5.1 Un efficace coordinamento delle politiche economiche europee, che non si lascia influenzare dalle dinamiche elettorali e dai repentini mutamenti dell'opinione pubblica, passa per un ruolo più incisivo del Parlamento europeo (PE), del Comitato delle regioni e del CESE, ossia delle istituzioni rappresentative dei cittadini e della società civile. È in essi che il percorso di coordinamento previsto dalla Commissione può trarre una forte legittimità democratica per le procedure preventive e correttive, e può quindi trovare l'ampia condivisione che appare necessaria per la sua efficace applicazione.
5.2 In particolare, nel semestre europeo come è concepito allo stato attuale, al PE viene riservato un ruolo secondario, limitato alla fase iniziale di dibattito e primo orientamento del percorso di coordinamento. Al contrario, potrebbe svolgere un ruolo più utile e più efficace se coordinato con l'attività dei parlamenti nazionali nella fase di discussione e approvazione dei bilanci dei singoli SM. Il PE può anzi risultare decisivo nella condivisione del quadro macroeconomico di riferimento, delle priorità nei problemi da affrontare, dell'individuazione delle politiche economiche da attivare. Può essere il luogo dove si concorda una strategia comune che non si limiti ad enunciare regole e procedure formali, ma che entri nel dettaglio delle politiche concrete per rafforzare la fiducia e le aspettative dei cittadini europei.
5.3 La focalizzazione sugli squilibri competitivi comporta una crescente attenzione alla contrattazione tra i governi, le parti sociali e la società civile, soprattutto nell'area dell'euro, dove gli SM non dispongono più della possibilità di adeguare il tasso di cambio. Le relazioni tra governi, i partner del dialogo sociale (sindacati e associazioni imprenditoriali) e la società civile dovrebbero quindi essere parte integrante della strategia delineata dalla Commissione.
5.4 È in questo quadro che il CESE - nel rispetto del suo ruolo di organismo consultivo delle istituzioni europee - può contribuire al rafforzamento della governance economica dell'UE, in qualità di forum in grado di favorire il dialogo tra le organizzazioni rappresentative della società civile. Il valore aggiunto del CESE è proprio la rappresentanza al suo interno delle organizzazioni che possono sostenere, dopo un'attenta valutazione, il consenso per le politiche economiche negli SM. Ciò permette al CESE di dare un importante contributo nell'impegno e nella responsabilizzazione non solo dei leader politici, ma anche e soprattutto dei cittadini degli SM e del tessuto produttivo, sociale e civile di cui si compone l'UE.
5.4.1 Il CESE potrebbe attivare una sessione annuale specifica per discutere le raccomandazioni e il modo per creare consenso sulle riforme a livello nazionale, tenendo conto dell'impatto sociale delle misure adottate (30). Tale discussione è ipotizzabile in autunno, dopo l'adozione formale delle raccomandazioni per gli SM, e le sue conclusioni sarebbero la base per confrontarsi con i rispettivi consigli economici e sociali nazionali, i parlamenti nazionali e il PE, consentendo sia la valutazione delle strategie adottate che la loro diffusione e condivisione a livello nazionale.
5.5 Occorrerebbe, inoltre, favorire un uso più intenso e funzionale del dialogo macroeconomico (MED). Con un salto di qualità, esso diverrebbe uno strumento per valutare in maniera condivisa, tra governi e parti sociali, la situazione economica a livello dell'UE e gli interventi da attivare, in stretto collegamento con i processi di dialogo sociale e di concertazione a livello nazionale, in modo da rendere coerenti le dinamiche dell'UE con quelle nazionali, nel rispetto delle compatibilità sociali.
5.5.1 La prevenzione e la correzione degli squilibri non può essere lasciata solamente alla Commissione e ai governi degli SM (31). Il processo di formazione dei salari e dei prezzi rappresenta un elemento cruciale nel più ampio meccanismo di monitoraggio degli squilibri macroeconomici: di conseguenza qualsiasi azione politica al riguardo deve tener conto dell'articolo 153, paragrafo 5, del TFUE e coinvolgere le parti sociali a livello sia nazionale che europeo. In questo quadro, il MED a livello europeo può essere rafforzato mediante una struttura e un'organizzazione stabili, e a livello nazionale può essere articolato in maniera migliore con i dialoghi sociali e le istituzioni preposte. I governi nazionali dovrebbero sostenere e incentivare la presenza di imprese e sindacati in questi organismi e le forme di contrattazione collettiva che vi avvengono. A fronte della complessità e dei ritardi nella correzione degli squilibri tramite riforme nazionali, il rafforzamento del MED potrebbe rappresentare uno strumento più efficace, tempestivo e coordinato per mantenere coerenti tra loro le problematiche macroeconomiche e le dinamiche del mercato del lavoro.
Bruxelles, 5 maggio 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) Commissione europea - DG ECFIN, The impact of the global crisis on competitiveness and current account divergences in the euro area, Quarterly Report on the Euro Area, n. 1/2010.
(2) COM(2002) 714 definitivo.
(3) OIL-FMI, The Challenges of Growth, Employment and Social Cohesion («Le sfide della crescita, dell'occupazione e della coesione sociale»), documento di discussione per la conferenza congiunta OIL-FMI, Oslo, 13 settembre 2010 (pagg. 67-73).
(4) Monti M., A New Strategy for the Single Market. At the Service of Europe's Economy and Society («Una nuova strategia per il mercato unico. Al servizio dell'economia e della società europee»), relazione al Presidente della Commissione europea, maggio 2010. Delors J., Fernandes S., Mermet E., Le semestre européen: un essai à transformer. Notre Europe, Les Brefs, n. 22, febbraio 2011. Amato A., Baldwin R., Gros D., Micossi S., Padoan P., A new political deal for Eurozone sustainable growth: An open letter to the President of the European Council, VoxEU.org, dicembre 2010, disponibile on-line www.voxeu.org/index.php?q=node/5893.
(5) Dai punti 1.15 a 1.18 sono ribadite le stesse raccomandazioni presenti nel parere ECO/282 in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche per la stabilità, la crescita e l'occupazione - Gli strumenti per rafforzare la governance economica dell'UE, GU C 107 del 6.4.2011, pag. 7.
(6) COM(2010) 367 definitivo, parere CESE sul tema Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche; GU 2011/C 107/02, pag. 7.
(7) COM(2010) 250 definitivo.
(8) Per dettagli si rimanda a:
http://ec.europa.eu/economy_finance/articles/eu_economic_situation/2010-09-eu_economic_governance_proposals_en.htm.
(9) Parere del CESE sul tema Sorveglianza di bilancio nell'area dell'euro (non ancora pubblicato in GU).
(10) Commissione europea - DG ECFIN, A structured framework to prevent and correct macroeconomic imbalances: operationalising the alert mechanism («Un quadro strutturato prevenire e correggere gli squilibri macroeconomici: rendere operativo il meccanismo di allerta») e A structured surveillance procedure to prevent and correct harmful macroeconomic imbalances: an explanation of the Commission's proposal of 29 September 2010 («Una procedura di sorveglianza strutturata per prevenire e correggere gli squilibri macroeconomici pregiudizievoli: una spiegazione della proposta della Commissione del 29 settembre 2010»), nota per il Comitato di politica economica e per i membri supplenti del Comitato economico e finanziario, 11 novembre 2010 (cfr. Centro Europa Ricerche - CER, 2011, Vincoli Esteri).
(11) Commissione europea - DG ECFIN, Surveillance of Intra-Euro-Area Competitiveness and Imbalances («Sorveglianza della competitività e degli squilibri dell'area intraeuro»), European Economy, n. 1/2010.
(12) Altomonte C., Marzinotto B., Monitoring Macroeconomic Imbalances in Europe: Proposal for a Refined Analytical Framework («Monitorare gli squilibri macroeconomici in Europa: proposta per una quadro analitico perfezionato»), nota per la commissione Problemi economici e monetari del Parlamento europeo, settembre 2010.
(13) Commissione europea - DG ECFIN, The impact of the global crisis on competitiveness and current account divergences in the euro area, Quarterly Report on the Euro Area, n. 1/2010.
(14) Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - La politica industriale in un'Europa allargata (COM(2002) 714 definitivo).
(15) OIL-FMI, The Challenges of Growth, Employment and Social Cohesion («Le sfide della crescita, dell'occupazione e della coesione sociale»), documento di discussione per la conferenza congiunta OIL-FMI, Oslo, 13 settembre 2010 (pagg. 67-73).
(16) OCSE, Distribuzione dei redditi e povertà nei paesi OCSE: una crescita diseguale?, ottobre 2008.
(17) Connessi agli spillover negativi che all'interno di un'unione monetaria vengono causati dai paesi con debito alto nei confronti di quelli virtuosi, tramite il tasso di interesse comune. De Grauwe P., Economics of Monetary Union, Oxford University Press, 2009, capitolo 10 (Economia dell'unione monetaria, Il Mulino, 2009).
(18) Tabellini G., Reforming the Stability Pact: Focus on financial supervision, VoxEU.org, ottobre 2010, disponibile on-line www.voxeu.org/index.php?q=node/5622.
(19) Belke A., Reinforcing EU Governance in Times of Crisis: The Commission Proposal and beyond, Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung - DIW, Discussion Papers, Berlino, novembre 2010.
(20) De Grauwe P., Why a tougher Stability and Growth Pact is a bad idea, VoxEU.org, ottobre 2010, disponibile on-line www.voxeu.com/index.php?q=node/5615. Giavazzi F., Spaventa L., The European Commission's proposals: Empty and useless, VoxEU.org, ottobre 2010, disponibile on-line www.voxeu.org/index.php?q=node/5680. Tabellini G., Reforming the Stability Pact: Focus on financial supervision, VoxEU.org, ottobre 2010, disponibile on-line www.voxeu.org/index.php?q=node/5622.
(21) Parere del CESE sul tema Le implicazioni della crisi del debito pubblico per la governance dell'UE; GU 2011/C 51/03, pag. 15.
(22) Pareri del CESE sul tema Agenzie di rating; GU 2009/C 277/25, pag. 117 e sul tema Agenzie di rating del credito; GU 2011/C 54/12, pag. 37.
(23) Spaventa L., How to prevent excessive current account imbalances, EuroIntelligence, settembre 2010, disponibile on-line http://www.eurointelligence.com/index.php?id=581&tx_ttnews%5Btt_news%5D=2909&tx_ttnews%5BbackPid%5D=901&cHash=b44c8f9ae0.
(24) Se le variazioni positive e negative si compensano a livello di unione monetaria, allora la banca centrale dell'unione non avrà motivo di intervenire sulla politica monetaria (cfr. De Grauwe P., Economics of Monetary Union, op. cit., cap. 1).
(25) Monti M., A New Strategy for the Single Market. At the Service of Europe's Economy and Society («Una nuova strategia per il mercato unico. Al servizio dell'economia e della società europee»), relazione al Presidente della Commissione europea, maggio 2010. Delors J., Fernandes S., Mermet E., Le semestre européen: un essai à transformer. Notre Europe, Les Brefs, n. 22, febbraio 2011. Amato A., Baldwin R., Gros D., Micossi S., Padoan P., A new political deal for Eurozone sustainable growth: An open letter to the President of the European Council, VoxEU.org, dicembre 2010, disponibile on-line www.voxeu.org/index.php?q=node/5893.
(26) Così come è stato detto nel parere del CESE Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche GU 2011/C 107/02, pag. 7.
(27) Il venire meno della fiducia non è tanto nei confronti delle istituzioni dell'UE in sé, quanto in merito all'utilità di far parte dell'UE. Dati di Eurobarometro 73 - Primi risultati, domande QA9a e QA10a.
(28) Monti M., Europe must buck short-term tendencies, Financial Times, 13 dicembre 2010.
(29) Si pensi al patto sulla competitività presentato dai governi di Francia e Germania il 4 febbraio 2011.
(30) Così come è stato proposto nel parere del CESE Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche GU C 107 del 6.4.2011, pagg. 7.
(31) Watt A., Economic Governance in Europe: A Change of Course only after Ramming the Ice, Social Europe Journal, 30 luglio 2010, disponibile on-line www.social-europe.eu/2010/07/economic-governance-in-europe-a-change-of-course-only-after-ramming-the-ice. Watt A., European economic governance: what reforms are to be expected and what are needed, paper for European Alternatives, 2010, disponibile on-line www.euroalter.com/wp-content/uploads/2010/11/Watt-ENG.pdf.