17.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 84/38


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al «Libro verde — Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri in Europa»

COM(2010) 365 definitivo

2011/C 84/08

Relatore: DANDEA

Correlatore: PATER

La Commissione europea, in data 9 luglio 2010, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al:

Libro verde - Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri in Europa

COM(2010) 365 definitivo.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 16 dicembre 2010.

Alla sua 468a sessione plenaria, dei giorni 19 e 20 gennaio 2011 (seduta del 20 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 185 voti favorevoli, 9 voti contrari e 8 astensioni.

1.   Raccomandazioni principali

1.1

Come indicato nel Libro verde - Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri in Europa, gli Stati membri sono liberi di definire i principi di base dei propri sistemi previdenziali e sono pienamente responsabili di questa definizione e, quindi, della concezione e delle prestazioni dei propri sistemi pensionistici. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene tuttavia che un approccio coordinato a livello dell'UE possa contribuire alla coerenza, oltre ad assicurare che i sistemi pensionistici nazionali siano compatibili con i pilastri sociale e occupazionale della strategia Europa 2020, dato che l'occupazione è di vitale importanza per la sostenibilità di tali regimi. Le osservazioni del CESE vanno considerate nel loro insieme, e non prese singolarmente.

1.2

Le riforme dei regimi pensionistici sono decise a livello nazionale tenendo conto della situazione specifica e della storia dei rispettivi paesi e hanno come obiettivo quello di garantire sistemi pensionistici adeguati e sostenibili. Le norme adottate a livello europeo non dovrebbero né penalizzare né incentivare - direttamente o indirettamente - alcun modello specifico di riforma delle pensioni. Nei pareri adottati nel 2000 e nel 2004 (1), il CESE sostiene che quest'ambito deve essere lasciato alle parti sociali. Esso ritiene tuttavia che, malgrado le notevoli disparità, i regimi pensionistici nazionali presentino sufficienti elementi comuni affrontabili a livello europeo - dal coordinamento delle politiche alla regolamentazione - senza esulare dalle competenze dell'UE in materia di regimi pensionistici a capitalizzazione.

1.3

Le proposte del Libro verde vanno ricollocate nel contesto globale dell'economia sociale di mercato. La crisi incide negativamente sulla crescita, sull'occupazione e sulle pensioni. Per assolvere ai suoi compiti di sostegno l'UE dovrebbe quindi affiancare alle sue proposte una politica di rilancio strutturata mirante a rafforzare la crescita e orientarla alla qualità attraverso una politica attiva del mercato del lavoro, la formazione professionale, gli investimenti e l'innovazione. In questo modo essa contribuirebbe a promuovere la creazione di posti di lavoro dignitosi e a stabilizzare i regimi a ripartizione esistenti negli Stati membri. Questi regimi rappresentano dei potenti ammortizzatori in tempo di crisi. Prima di un'eventuale transizione da regimi pensionistici totalmente basati sulla solidarietà a sistemi misti (regimi a ripartizione e fondi pensione), gli Stati membri, che motivano tra l'altro questa scelta con il fatto che i regimi a ripartizione fondati sulla solidarietà aggravano i deficit dei conti pubblici, dovrebbero tener presente che le pensioni a capitalizzazione non possono aiutare le popolazioni a superare gli effetti delle crisi economiche, ma che anzi i sistemi pensionistici di questo tipo potrebbero venir danneggiati da ciascuna crisi finanziaria e borsistica.

1.4

I bassi tassi di natalità e l'aumento della speranza di vita si traducono in un invecchiamento della popolazione europea. Il CESE concorda sull'opportunità di analizzare e monitorare periodicamente le proiezioni demografiche per consentire l'opportuno e tempestivo adeguamento dei regimi pensionistici alle nuove condizioni. Queste proiezioni, tuttavia, comprese quelle relative alla futura spesa pensionistica pubblica, vanno considerate e utilizzate con prudenza, in quanto possono includere molte ipotesi difficili da prevedere a lungo termine (2). L'ipotesi formulata da Eurostat di un aumento della speranza di vita nell'UE di ben sette anni nel prossimo quarantennio, pur basata sulle migliori conoscenze specialistiche, potrebbe non essere confermata dai fatti. Un ulteriore miglioramento del parametro della longevità potrebbe essere influenzato dai cambiamenti nelle condizioni di lavoro e di vita. Secondo il CESE, le proposte della Commissione nel Libro verde in esame, che sono essenzialmente fondate sull'andamento demografico e su proiezioni a 50 anni, omettono di considerare che gli effetti della crisi sui sistemi pensionistici sono dovuti più alla mancanza di posti di lavoro e di investimenti che alle tendenze demografiche.

1.5

Il CESE è scettico riguardo alla possibilità che un aumento puro e semplice dell'età legale di pensionamento risolva i problemi legati alle sfide demografiche. Ritiene semmai che tale aumento potrebbe portare milioni di anziani - soprattutto donne - al di sotto della soglia di povertà. Ciò che occorre realmente è un aumento dell'età effettiva di pensionamento, grazie a misure atte a promuovere il prolungamento della vita attiva, integrate da efficaci politiche per la crescita e l'occupazione. Soltanto una reale politica per l'«invecchiamento attivo», che punti a una maggiore partecipazione alla formazione e all'apprendimento permanente, può far crescere in modo sostenibile il tasso di occupazione delle persone più anziane, che abbandonano anticipatamente l'attività lavorativa per problemi di salute, per l'intensità del lavoro o perché vengono licenziate prematuramente e non hanno opportunità di formazione o di rientro nel mercato del lavoro. Un aumento dell'età legale di pensionamento rischia inoltre di aggravare la pressione su altri pilastri della sicurezza sociale (3), quali le pensioni di invalidità o il reddito minimo garantito, come è avvenuto in alcuni Stati membri, vanificando i progressi verso il risanamento delle finanze pubbliche, e pertanto va preso in considerazione su base volontaria.

1.6

I meccanismi automatici di innalzamento dell'età di pensionamento in funzione della speranza di vita o dell'evoluzione demografica sono considerati pericolosi per la società nel suo insieme e pertanto non raccolgono il consenso del CESE. La maggior parte di questi meccanismi comporta un innalzamento automatico dell'età di pensionamento in funzione dell'aumento della speranza di vita e di altri parametri dell'economia o del mercato del lavoro. Decisioni fondamentali come questa, riguardanti le condizioni di vita dei cittadini, dovrebbero essere adottate non da computer, bensì dai parlamenti, dopo ampi dibattiti pubblici che coinvolgano le parti sociali e altri importanti soggetti interessati. Uno Stato membro che volesse introdurre un meccanismo di questo tipo dovrebbe inoltre tenere conto del fatto che, sebbene siffatte soluzioni consentano di ridurre l'opposizione dell'opinione pubblica ai provvedimenti di riforma, in mancanza di effettive possibilità di occupazione per i lavoratori più anziani si rischia di spostare l'onere del sostegno finanziario a favore di questi lavoratori verso altri pilastri della sicurezza sociale. Un'applicazione non ben ponderata di meccanismi di questo tipo ai regimi pensionistici non garantirebbe quindi i vantaggi promessi in termini di adeguatezza e sostenibilità.

1.7

Le conseguenze dell'attuale crisi economica colpiscono tanto i sistemi pensionistici a ripartizione quanto quelli a capitalizzazione, ma in modi diversi. Va sottolineato che il lancio, negli anni '90, dei sistemi a capitalizzazione obbligatori in alcuni Stati membri è stato visto come un modo per premunirsi contro i rischi che l'invecchiamento della popolazione avrebbe potuto comportare per la sostenibilità o l'adeguatezza dei regimi pensionistici. La crisi finanziaria e le sue conseguenze dimostrano che i sistemi a capitalizzazione obbligatori sono esposti a specifici rischi finanziari. Anche i sistemi a ripartizione, tuttavia, risentono della crisi economica e dell'invecchiamento, a causa della riduzione della massa salariale totale. Oggi appare evidente che tutti i sistemi, quali che siano le modalità di finanziamento, possono subire, anche se in modi diversi, le conseguenze sia delle crisi economiche che dell'invecchiamento della popolazione. Pertanto, sono necessarie una buona gestione e controllo di tali sistemi e una corretta politica economica, onde ridurre significativamente i rischi che ne minacciano la stabilità. Nonostante le diversità tra i sistemi pensionistici in vigore nell'UE, per garantire l'adeguatezza e la sostenibilità di tali sistemi occorre adottare un approccio globale. Il CESE ritiene che i sistemi a ripartizione obbligatori debbano continuare a svolgere un ruolo fondamentale nel garantire le future pensioni e che pertanto essi meritino un'attenzione particolare al fine di invertire la tendenza alla riduzione del tasso di sostituzione osservata in molti paesi dell'UE.

1.8

Nell'attuale fase di invecchiamento demografico, la capacità di garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche dipenderà dall'azione dell'UE nei seguenti settori chiave: sostegno all'occupazione dal punto di vista sia quantitativo che qualitativo, incremento della produttività e dell'efficienza economica, miglioramento della flessicurezza nel mercato del lavoro, apprendimento permanente, immigrazione e integrazione dei migranti. Per il CESE, la Commissione dovrebbe proporre la definizione di un concetto di occupazione universale, con posti di qualità per tutte le età, un modello che preveda in particolare l'inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, la promozione dell'«invecchiamento attivo» e la partecipazione al perfezionamento e alla formazione permanente. Ciò che vogliono i cittadini è un lavoro migliore e per tutti, fin da ora. Ciò significa che è essenziale creare le condizioni propizie alla nascita di nuovi posti di lavoro.

1.9

Il CESE sottolinea che un sistema pensionistico deve essere credibile e adeguato, il che comporta la ricerca e l'utilizzazione di nuove risorse finanziarie per garantire un equilibrio intergenerazionale. Il rispetto di questi criteri è essenziale affinché le generazioni future contribuiscano al sistema pensionistico, condizione imprescindibile per assicurarne la sostenibilità. I regimi pensionistici devono essere trasparenti, e le informazioni e le statistiche relative al loro funzionamento, nonché a tutti i diritti dei partecipanti, devono essere accessibili e comprensibili. Inoltre, l'educazione finanziaria dovrebbe essere inserita i programmi scolastici.

1.10

Il CESE esorta gli Stati membri e la Commissione a tradurre in realtà la parità di genere, riesaminando la differenza tra uomini e donne per quanto riguarda l'età di pensionamento. L'interrelazione tra i vantaggi e i fattori demografici, sommata alla più bassa età di pensionamento, fa sì che le donne abbiano maggiori probabilità di ritrovarsi in una situazione di povertà in vecchiaia. Ciò non fa che aggravare il rischio delle donne di percepire pensioni inferiori, già elevato per via dei salari più bassi (disparità retributiva), delle più lunghe interruzioni di carriera per maternità e di una più alta esposizione alla disoccupazione di lungo periodo. Va detto anche che la carriera delle donne è caratterizzata da una maggiore instabilità. In questo senso è importante evitare lunghi periodi di assenza dal mercato del lavoro. Per esempio, un miglioramento dei servizi di assistenza ai minori e agli anziani può essere di grande aiuto a molte donne per accedere al mercato del lavoro e rimanervi. Il CESE esorta quindi gli Stati membri ad attuare politiche concrete per risolvere questi problemi.

1.11

Il CESE ribadisce che le pensioni non sono, come si sostiene nel Libro verde, una «ricompensa», ma piuttosto una forma di salario differito o di risparmio, indipendentemente dal regime adottato. I pensionati rappresentano una categoria socioeconomica molto importante: non devono quindi essere considerati un fardello, ma piuttosto una componente essenziale del sistema economico, che rappresenta in media il 25 % della popolazione e alimenta la domanda economica globale.

1.12

Occorre tenere presente che, anche negli Stati membri in cui esiste un sistema a ripartizione, i sistemi a capitalizzazione su base volontaria non potranno essere finanziati soltanto dai lavoratori in grado di risparmiare. Nel caso dei sistemi a capitalizzazione obbligatori, una loro estensione generale e un passaggio parziale dai sistemi a ripartizione verso quelli a capitalizzazione deve evitare di generare disuguaglianze e mettere in pericolo il reddito dei futuri pensionati.

1.13

L'adeguatezza e la sostenibilità dei sistemi pensionistici dovrebbero essere considerate prioritarie sia dal punto di vista macroeconomico che da quello sociale. Data l'importanza della questione per l'economia, le autorità responsabili dovrebbero quindi ricercare fin d'ora finanziamenti alternativi ai prelievi sul reddito da lavoro o metodi complementari per finanziare i regimi pensionistici.

1.14

La Commissione dovrebbe incoraggiare gli Stati membri a riformare i regimi pensionistici nazionali per renderli adeguati, sostenibili e sicuri, con una forte partecipazione e il coinvolgimento delle parti sociali.

2.   Risposte alle domande formulate dalla Commissione nel Libro verde

2.1

Come può l'Unione europea appoggiare gli sforzi intrapresi dagli Stati membri per rendere più adeguati i sistemi pensionistici? L'Unione europea dovrebbe definire meglio cosa comporta un reddito di pensione adeguato?

2.1.1

La Commissione dovrebbe innanzitutto definire dei principi guida a livello UE in materia di adeguatezza. La pensione deve garantire sicurezza materiale e dignità. Gli Stati membri dispongono oggi di numerosi strumenti di sostegno di portata europea, ad esempio il metodo aperto di coordinamento, il patto di stabilità e di crescita e la strategia di Stoccolma (4). Analogamente, in base alle disposizioni del TFUE, è possibile adottare norme sui sistemi previdenziali e pensionistici a livello dell'UE. Il CESE è consapevole delle difficoltà di una regolamentazione della materia a livello europeo ma, a suo avviso, la Commissione potrebbe esaminare e se del caso rivedere il quadro normativo esistente - in particolare per quanto riguarda i regimi a capitalizzazione - perlomeno nei seguenti settori:

gli aspetti prudenziali degli investimenti nei sistemi pensionistici a capitalizzazione,

gli aspetti relativi alla parità di genere di questi sistemi,

la solvibilità di tutti i regimi di questo tipo,

le spese amministrative dei sistemi a capitalizzazione e

i sistemi di garanzia previsti per i regimi pensionistici a gestione privata.

2.1.2

Nella valutazione del quadro normativo si dovrebbe esaminare, in particolare, lo sviluppo dei sistemi pensionistici a capitalizzazione obbligatori a gestione privata scelti su base individuale, che alcuni Stati membri hanno cominciato a introdurre alla fine degli anni '90. La regolamentazione UE vigente si basa sulle esperienze dei paesi che non hanno previsto soluzioni di questo tipo nei loro regimi pensionistici. La Commissione dovrebbe pertanto concentrarsi in particolare sui sistemi pensionistici obbligatori a capitalizzazione, e segnatamente sui seguenti aspetti:

il trattamento degli attivi di questi regimi sotto il profilo delle finanze pubbliche,

la questione del rischio valutario,

l'esigenza di una corretta vigilanza per garantire la sicurezza di tali sistemi, che dispongono di talune garanzie pubbliche.

Il CESE raccomanda prudenza nell'introdurre le riforme poiché trasferendo verso i regimi a capitalizzazione una parte dei contributi cui oggi attingono i sistemi a ripartizione occorre evitare di indebolire questi ultimi, così da garantire benefici reali ai futuri pensionati. La mancanza di un'efficace regolamentazione comporta un maggiore rischio finanziario, in particolare in un contesto di crisi economica. Gli investimenti realizzati dai fondi pensione dovrebbero tenere conto dell'esigenza di una struttura di portafoglio degli attivi in funzione della durata di vita (lifecycle asset allocation).

2.1.3

Il CESE ritiene che nel quadro del metodo aperto di coordinamento il Comitato per la protezione sociale e il suo sottogruppo Indicatori potrebbero - con l'appoggio del Comitato di politica economica e del suo gruppo di lavoro sull'invecchiamento della popolazione - sviluppare e migliorare gli strumenti per valutare l'incidenza potenziale dell'invecchiamento sulla sostenibilità delle finanze pubbliche e sulla capacità di garantire pensioni dignitose. Calcolare il rischio di povertà per le famiglie di pensionati sulla base del metodo generale utilizzato da Eurostat non consente di far luce sull'esposizione dei pensionati a questo tipo di rischio, considerata la diversa struttura dei redditi e della spesa di queste famiglie rispetto al resto della popolazione. Sarebbe opportuno mettere a punto un metodo più affinato, in grado di stimare l'esposizione dei pensionati alla povertà, da utilizzare eventualmente anche per monitorare il livello di adeguatezza del reddito di pensione. Dovrebbero effettuarsi più calcoli statistici per valutare l'adeguatezza dei sistemi pensionistici in base alla loro capacità di evitare la povertà in vecchiaia e di assicurare un tenore di vita dignitoso ai pensionati, che consenta loro di prendere parte alla vita pubblica, sociale e culturale (5). L'adeguatezza delle pensioni va tuttavia definita a livello nazionale.

2.2

Il quadro per le pensioni esistente attualmente a livello europeo è sufficiente a garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche?

2.2.1

Il quadro europeo per le pensioni riguarda soprattutto il controllo della spesa futura sulla base di regole condivise - un metodo che induce i responsabili delle politiche a preoccuparsi soprattutto dell'orizzonte temporale delle loro previsioni. Per parte sua, il CESE sottolinea come sia essenziale monitorare il livello generale delle passività dei sistemi pensionistici. Conseguentemente, si potrebbe completare l'attuale quadro europeo con alcune disposizioni sul monitoraggio delle passività implicite nel settore delle pensioni e sull'elaborazione di relazioni periodiche in materia, sulla base di un metodo scelto di comune accordo.

2.2.2

Si potrebbe inoltre pensare a una revisione delle regole del patto di stabilità e di crescita per garantire che si tenga adeguatamente conto dei risultati di quelle riforme (compreso il passaggio dai sistemi pensionistici interamente a ripartizione a quelli a capitalizzazione parziale) che modificano le modalità di finanziamento dei regimi pensionistici aumentando le passività esplicite e riducendo quelle implicite. Così facendo, tali riforme, attuate per risolvere i problemi di sostenibilità a lungo termine, non verrebbero penalizzate nel breve periodo a causa di un debito pubblico esplicito più elevato.

2.2.3

Tuttavia, promuovendo oggi riforme efficaci sulla base di proiezioni al 2060 si rischia di mancare l'obiettivo di adeguatezza e sostenibilità dei regimi pensionistici. Il CESE raccomanda di integrare i sistemi obbligatori a ripartizione con fondi «tampone» da utilizzare caso per caso per evitare i rischi di adeguamenti repentini che colpirebbero le persone più vulnerabili.

2.2.4

A parere del CESE, il quesito della Commissione è fuorviante per i cittadini. L'essenziale è infatti garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche, una responsabilità che incombe a ciascuno Stato membro e che richiede molto di più che non limitarsi a esaminare i sistemi pensionistici.

2.3

In che modo si può riuscire ad innalzare l'età effettiva del pensionamento e quale contributo potrebbe dare al raggiungimento di questo obiettivo l'aumento dell'età pensionabile? Occorre introdurre nei sistemi pensionistici meccanismi di adeguamento automatico all'evoluzione demografica per equilibrare la durata della vita attiva e quella della pensione? Quale ruolo potrebbe svolgere l'Unione europea a questo riguardo?

2.3.1

Entro il 2020 l'età legale di pensionamento sarà di 65 anni nella maggior parte degli Stati membri. Secondo i dati di Eurostat, nel 2008 l'età effettiva di pensionamento media nell'UE era di 61,4 anni (6). Il tasso di occupazione della popolazione di età compresa tra i 55 e i 64 anni, però, seguita a essere basso, attorno al 40 %. Occorrono misure che, da un lato, creino posti di lavoro per i lavoratori anziani e incoraggino i datori di lavoro a cambiare atteggiamento verso questa fascia d'età e, dall'altro, che siano in grado di modificare l'atteggiamento degli stessi lavoratori anziani, in quanto l'introduzione di meccanismi di adeguamento automatico dell'età del pensionamento, con un conseguente aumento dell'età legale di pensionamento, sposterebbe milioni di lavoratori verso altri pilastri del sistema di protezione sociale (indennità di disoccupazione, pensione d'invalidità o reddito minimo garantito), il che significherebbe un netto aumento del rischio di povertà per questa categoria. Il CESE ritiene che le politiche di sostegno all'occupazione debbano essere considerate prioritarie nell'Unione. La risposta fondamentale alla sfida demografica deve essere mirata alla politica per la crescita e all'aumento dell'occupazione.

2.3.2

È essenziale promuovere iniziative di portata europea nel quadro dell'attuale strategia Europa 2020 per dare ai lavoratori l'opportunità di continuare a lavorare. Gli Stati membri dovrebbero rafforzare l'occupabilità e realizzare un quadro che favorisca la creazione di posti di lavoro nelle imprese e incentivi i lavoratori dipendenti a continuare a lavorare, se lo desiderano. Promuovere il prolungamento della vita attiva richiede uno sforzo congiunto da parte dello Stato, dei datori di lavoro e dei singoli lavoratori. I datori di lavoro hanno bisogno di un forte sostegno per offrire maggiori opportunità lavorative ai lavoratori più anziani, che abbandonano anticipatamente l'attività lavorativa per problemi di salute, per le condizioni di lavoro, per l'intensità del lavoro o perché vengono licenziati prematuramente e non hanno opportunità di formazione o di rientro nel mercato del lavoro. Le persone anziane dovrebbero inoltre essere incoraggiate e stimolate a migliorare la loro occupabilità e a rimanere attive nel mercato del lavoro. Dal momento che il diritto alla pensione è uno diritto fondamentale, un innalzamento automatico dell'età di pensionamento è da escludersi. Il CESE fa presente che la questione dell'età legale di pensionamento è distinta da quella della durata del periodo contributivo o di versamento in un sistema pensionistico.

2.3.3

Non è certo se per innalzare l'età effettiva di pensionamento sia sufficiente innalzare l'età legale di pensionamento. Sicuramente non lo sarebbe se non venissero attuate politiche attive del mercato del lavoro, adeguate relazioni industriali, strategie per l'invecchiamento attivo e misure volte a rafforzare la solidarietà nei sistemi pensionistici. Solo una politica deliberata a favore dell'invecchiamento attivo, che promuova il perfezionamento professionale e l'apprendimento permanente, può incrementare il tasso di occupazione delle persone anziane.

2.3.4

Il CESE è convinto che le decisioni politiche di tipo classico non possano essere sostituite da meccanismi di adeguamento automatico. Le decisioni fondamentali riguardanti le condizioni di vita dei cittadini dovrebbero essere adottate dai parlamenti dopo ampi dibattiti pubblici. L'applicazione di meccanismi di adeguamento automatico rischierebbe di combinare allungamento della vita attiva e pensione in modo inadeguato. In passato le variazioni della speranza di vita si sono tradotte in una maggiore durata degli studi e della pensione e nella riduzione del periodo di occupazione attiva. L'innalzamento dell'età di pensionamento non dovrebbe essere una misura isolata, ma andrebbe accompagnata da provvedimenti volti a migliorare le opportunità di impiego dei lavoratori prossimi all'età pensionabile.

2.4

Come può essere utilizzata la strategia Europa 2020 per promuovere l'allungamento della vita attiva e i suoi vantaggi per le imprese e lottare contro la discriminazione in base all'età sul mercato del lavoro?

2.4.1

Il prolungamento della vita attiva è rilevante per il conseguimento di tutti gli obiettivi della strategia Europa 2020. Le parti sociali devono essere coinvolte nelle iniziative volte ad accrescere il tasso di occupazione globale fino al 75 % della popolazione attiva. A giudizio del CESE, per conseguire l'obiettivo di aumentare il tasso di occupazione per la fascia d'età 55-64 anni è necessario un approccio specifico. Il CESE raccomanda che per questa fascia d'età gli Stati membri stabiliscano un obiettivo negoziato con le parti sociali nei rispettivi programmi nazionali di riforma.

2.4.2

Già in passato il CESE ha formulato una serie di dettagliate raccomandazioni (7) rivolte all'UE e agli Stati membri in merito alle politiche intese a incentivare il prolungamento della vita attiva. Per offrire nuove possibilità ai lavoratori anziani, oltre alla formazione professionale permanente, a politiche attive del mercato del lavoro, a incentivi finanziari per chi continua a lavorare, compresi i lavoratori autonomi, e a un nuovo atteggiamento delle imprese verso i lavoratori anziani, occorre promuovere le misure seguenti:

modificare la legislazione che, in alcuni Stati membri, non permette ai pensionati o ai beneficiari di una pensione d'invalidità che intendono svolgere un'attività lavorativa di cumulare retribuzione e pensione,

introdurre un sistema di bonus per incentivare i lavoratori a continuare a lavorare oltre l'età legale del pensionamento: i benefici maturati dopo il raggiungimento dell'età della pensione dovrebbero essere più allettanti di quelli acquisiti in precedenza,

invitare gli Stati membri a definire insieme alle parti sociali il concetto di «lavoro usurante»,

offrire una consulenza e un'assistenza completa a chi cerca lavoro e adottare misure di riconversione ai fini di un reinserimento duraturo nel mercato del lavoro,

introdurre incentivi socialmente accettabili per ritardare il pensionamento e, dove sia auspicabile, modelli incentivanti per un passaggio flessibile dalla vita lavorativa alla pensione,

adottare misure finalizzate ad alleviare gli oneri fisici e mentali del lavoro, consentendo così ai lavoratori di rimanere occupati più a lungo,

incoraggiare i lavoratori anziani a migliorare le loro competenze,

sensibilizzare i lavoratori anziani e le imprese, in particolare le PMI, alle pratiche innovative di gestione del personale e di organizzazione del lavoro volte a favorire i lavoratori anziani (8).

2.4.3

Le politiche volte a promuovere l'allungamento della vita attiva dovrebbero affrontare anche la questione dei giovani che entrano nel mercato del lavoro molto più tardi rispetto alle generazioni precedenti. Allungare la vita attiva significa inoltre affrontare tanto la disoccupazione, in particolare quella di lungo periodo, che i periodi di inattività dovuti all'allevamento dei figli, all'assistenza a familiari non autonomi o a disabilità temporanee.

2.5

Come andrebbe modificata la direttiva sugli enti pensionistici aziendali o professionali per migliorare le condizioni dell'attività transfrontaliera?

2.5.1

Nella sua relazione sull'attuazione della direttiva sugli enti pensionistici aziendali o professionali (EPAP) (9), la Commissione sostiene che al momento non vi sono ragioni per modificare le regole vigenti. Se dopo la valutazione del funzionamento della direttiva risultasse necessario procedere a una sua revisione, a giudizio del CESE dovrebbe essere affrontata l'ambiguità che circonda l'espressione «mercati dei capitali di rischio», perché potrebbe creare rischi per i fondi pensione e i loro affiliati. Vanno chiariti gli aspetti prudenziali e occorre limitare il diritto dei fondi di investire attività in strumenti finanziari rischiosi.

2.5.2

Il CESE prende atto della possibilità che emergano ulteriori regimi pensionistici privati a partecipazione volontaria e individuale. In questo contesto, si potrebbe studiare la possibilità di introdurre garanzie europee a beneficio dei lavoratori transfrontalieri. Si potrebbero prendere in considerazione la domanda e la possibilità di sviluppare dei conti di risparmio pensione individuali validi in tutta l'UE (sul modello degli Individual Retirement Accounts degli USA o dell'analogo sistema, denominato IKE, esistente in Polonia) per i lavoratori mobili, provvedendo a stabilire i principi di funzionamento, supervisione e monitoraggio di un tale sistema. La Commissione potrebbe inoltre riflettere sulla possibilità di utilizzare il 28o regime proposto nella relazione Monti e raccomandato dal CESE (10).

2.6

A quali regimi dovrebbero applicarsi le misure adottate dall'Unione europea per eliminare gli ostacoli alla mobilità?

L'Unione europea dovrebbe esaminare nuovamente la questione dei trasferimenti, o norme minime in materia di acquisizione e di mantenimento e un servizio di ricostruzione per tutti i tipi di diritti pensionistici sarebbero una migliore soluzione?

2.6.1

Le norme UE in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale si sono dimostrate estremamente utili per la protezione dei lavoratori mobili, in particolare sostenendo il principio della maturazione dei diritti durante i periodi assicurativi trascorsi in altri Stati membri. Sarebbe possibile esaminare l'opportunità di applicare questo stesso principio, adattato a tutti i regimi integrativi a capitalizzazione, sia professionali che individuali. Il CESE ritiene che si dovrebbe esaminare la possibilità di una maturazione transfrontaliera dei diritti pensionistici provenienti nei regimi a capitalizzazione.

2.6.2

Il CESE chiede alla Commissione di valutare la possibilità di definire un quadro di base a livello dell'UE per la maturazione e la conservazione transfrontaliera di tutti i diritti a pensione. Ritiene tuttavia che sarebbe difficile conciliare questa opzione con la libertà di scelta degli Stati membri. Potrebbe però essere opportuno introdurre un servizio di ricostruzione dei diritti acquisiti coordinato a livello europeo. Analogamente, all'interno degli Stati la mobilità sul mercato del lavoro europeo impone la trasferibilità dei diritti a pensione da un datore di lavoro all'altro. Ogni normativa UE dovrebbe rispecchiare l'accresciuta diversità delle disposizioni in materia di pensioni. Si dovrebbe incoraggiare la mobilità transfrontaliera dei lavoratori eliminando le barriere alla mobilità, in particolare quelle fiscali e amministrative, per tutti i diritti acquisiti nell'ambito di un sistema a capitalizzazione facoltativo.

2.7

È necessaria una revisione dell'attuale legislazione europea che garantisca una regolamentazione e un controllo coerenti dei regimi pensionistici a capitalizzazione (cioè finanziati da un fondo di attivi) e dei loro prodotti? Se sì, quali sono gli elementi da rivedere?

Come potrebbero la regolamentazione europea o un codice di buona pratica aiutare gli Stati membri a raggiungere un migliore equilibrio tra rischi, sicurezza e accessibilità finanziaria per i sottoscrittori di risparmi pensione e gli enti pensionistici?

2.7.1

La Commissione riconosce che la normativa UE in materia di sistemi pensionistici a capitalizzazione è disomogenea e inadeguata. Il CESE esorta la Commissione a esaminare e se necessario prendere in considerazione la possibilità di regolamentare a livello UE le fasi di accumulazione e di liquidazione di questi regimi, analizzando in particolare:

gli aspetti prudenziali degli investimenti,

gli aspetti relativi alla parità di genere,

la solvibilità,

i costi,

la non discriminazione nell'accesso al regime (copertura),

le garanzie per i diritti pensionistici acquisiti,

i requisiti minimi in materia di informazione previsti per le persone affiliate al sistema,

le garanzie o sistemi a rendimento minimo garantito,

il controllo.

2.7.2

Nel caso di molti sistemi a capitalizzazione con contribuzione definita, i rischi sono sostenuti in gran parte dagli affiliati, e i costi amministrativi sono elevati. Il CESE è dell'avviso che alcuni aspetti di questi sistemi debbano essere esaminati e, se necessario, regolamentati a livello UE. Secondo la relazione 2010 sull'invecchiamento demografico dell'EPC, in alcuni Stati membri questi regimi pensionistici avranno un ruolo importante nell'assicurare un reddito dignitoso ai futuri pensionati. Principi comuni a livello europeo potrebbero quindi aiutare gli Stati membri a far sì che i suddetti regimi, gestiti da istituti finanziari, siano efficienti e funzionino nel miglior interesse dei pensionati. La retribuzione dei gestori dei fondi pensione dovrebbe essere correlata ai risultati ottenuti e ai profitti delle persone affiliate ai fondi stessi. Un codice di buona pratica è utile ma non è sufficiente. Anche i sistemi di liquidazione dei regimi obbligatori a capitalizzazione rappresentano un problema che va approfondito e analizzato nel quadro del metodo aperto di coordinamento.

2.8

Quali dovrebbero essere le caratteristiche di un regime di solvibilità equivalente per i fondi pensione?

2.8.1

La direttiva Solvibilità II riguarda essenzialmente l'assicurazione generale e l'assicurazione vita e perciò non può essere applicata ai prodotti pensionistici. Il CESE ritiene tuttavia che la direttiva potrebbe rappresentare un ottimo esempio per la definizione di un regime analogo per le pensioni a capitalizzazione, data la natura specifica dei prodotti pensionistici e le caratteristiche che li distinguono dai prodotti assicurativi.

2.8.2

Un regime generale di solvibilità per i sistemi pensionistici a livello nazionale, coordinato a livello UE, sarebbe la soluzione migliore per garantire la solvibilità di tutti i regimi a capitalizzazione, indipendentemente dalla struttura. Un sistema di questo tipo dovrebbe prevedere almeno quanto segue:

il monitoraggio delle passività implicite,

il monitoraggio della solvibilità e il livello delle riserve per i sistemi obbligatori a ripartizione,

il monitoraggio del livello di finanziamento e dei rischi potenziali per i regimi pensionistici professionali,

la creazione di un organo a livello nazionale per garantire la solvibilità dei regimi pensionistici professionali (11).

2.9

È necessario rafforzare la tutela prevista dalla legislazione europea in caso di insolvenza dei datori di lavoro promotori di regimi pensionistici? Se sì, in che modo?

2.9.1

I regimi pensionistici professionali e i regimi obbligatori a capitalizzazione, ove esistono, hanno o avranno un ruolo importante nel garantire un reddito dignitoso ai pensionati. Il CESE è dell'avviso che l'UE dovrebbe imporre agli Stati membri di disciplinare l'introduzione di meccanismi di garanzia (sotto forma di fondi speciali) per proteggere il futuro reddito dei pensionati.

2.10

È opportuno modernizzare le attuali prescrizioni minime relative alle informazioni da fornire sui prodotti pensionistici (per es. in termini di comparabilità, standardizzazione e chiarezza)?

È necessario che l'Unione europea definisca un orientamento comune per quanto riguarda le opzioni per difetto circa la partecipazione e la scelta di investimento?

2.10.1

I prodotti pensionistici a capitalizzazione sono complessi e l'onere e la responsabilità della scelta ricadono sempre più spesso sui singoli cittadini. In questo contesto, il CESE ritiene che l'UE debba assicurare che il quadro normativo a livello nazionale venga migliorato ed esteso a tutti i sistemi pensionistici. È essenziale pervenire, tramite delle linee guida, a un orientamento comune a livello UE riguardo alle scelte di investimento e agli obblighi minimi di informazione (in particolare sui rischi per i sottoscrittori) da imporre agli enti pensionistici.

2.10.2

La Commissione ammette che per un sistema pensionistico adeguato è importante che i singoli siano in grado di compiere scelte pienamente informate. Il CESE la invita quindi a lanciare un'iniziativa europea volta a diffondere tra i cittadini una migliore conoscenza degli aspetti finanziari dei prodotti pensionistici. Data la complessità del tema, non possono essere i singoli, da soli, a sopportare il peso della responsabilità di decisioni strategiche e, sebbene questa responsabilità ricada in primis sui governi, occorre che nella misura del possibile siano coinvolte anche le parti sociali.

2.11

È necessario rafforzare il quadro di coordinamento a livello dell'Unione europea? Se sì, quali elementi devono essere rafforzati per migliorare la concezione e la realizzazione della politica delle pensioni mediante un approccio integrato? La creazione di una piattaforma per un monitoraggio integrato di tutti gli aspetti della politica delle pensioni sarebbe un utile passo avanti?

2.11.1

Attualmente il quadro di coordinamento a livello UE è relativamente disomogeneo. Il CESE condivide l'idea, proposta dalla Commissione, di una piattaforma comune per il monitoraggio integrato di tutti gli aspetti della politica delle pensioni, che riunisca le autorità pubbliche, le parti sociali, la società civile e gli operatori del settore. La piattaforma dovrebbe consentire di raffrontare le situazioni negli Stati membri e il tenore di vita dei pensionati attraverso una batteria di indicatori.

2.11.2

Una piattaforma comune per il monitoraggio di tutti gli aspetti della politica delle pensioni - ivi compresi l'adeguatezza, la copertura, il rischio di povertà, la stabilità finanziaria, gli investimenti, il rischio e la solvibilità - necessiterebbe di dati aggiornati e affidabili. Si dovrebbe quindi mettere a punto una metodologia UE per le statistiche in campo pensionistico, con il coinvolgimento delle parti sociali e dei più importanti soggetti interessati. Dovrebbero inoltre essere introdotti strumenti simili per il monitoraggio delle passività implicite dei sistemi pensionistici esistenti a livello nazionale.

Bruxelles, 20 gennaio 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Pareri del CESE: GU C 14 del 16.1.2001, pag. 50 e GU C 157 del 28.6.2005, pag. 120.

(2)  Le proiezioni per il 2010 realizzate nel 2000 dall'OCSE, da Eurostat e persino dalle Nazioni Unite non si sono rivelate corrispondenti alla realtà dei fatti.

(3)  Questo fenomeno si è verificato negli ultimi dieci anni in alcuni Stati membri. Cfr. Eurostat: Population and Social Conditions («Popolazione e condizioni sociali»), Statistics in Focus 40/2009.

(4)  Conclusioni del Consiglio europeo del marzo 2001.

(5)  Sistemi previdenziali privati - Il loro ruolo nella definizione di sistemi previdenziali adeguati e sostenibili, pubblicazione della Commissione europea, 2009, pag. 5.

(6)  Eurostat, MISSOC, Ageing Report, 2010 Interim Joint Report on Pensions of the Economic Policy Committee and the Social Protection Committee («Relazione sull'invecchiamento demografico, Relazione intermedia 2010 sulle pensioni a cura del Comitato di politica economica e del Comitato per la protezione sociale»).

(7)  Parere del CESE GU C 157 del 28.6.2005, pag. 120.

(8)  Pareri del CESE GU C 256 del 27.10.2007, pag. 93 e GU C 228 del 22.9.2009, pag. 24.

(9)  COM(2009) 203 definitivo.

(10)  GU C 21 del 21.01.2011, pag. 26.

(11)  Analogo alla Pension Benefit Guaranty Corporation (PBGC) esistente negli USA.