16.12.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 341/75


Giovedì 11 febbraio 2010
Myanmar

P7_TA(2010)0033

Risoluzione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 2010 sul Myanmar

2010/C 341 E/16

Il Parlamento europeo,

viste le conclusioni del Consiglio del 27 aprile 2009 sulla Birmania/Myanmar e la posizione comune del Consiglio che rinnova le misure restrittive nei confronti di Myanmar,

viste le conclusioni del Consiglio dell'UE e la dichiarazione sulla Birmania/Myanmar del 19 giugno 2009,

vista la dichiarazione della Presidenza a nome dell'Unione europea dell'11 giugno 2009 sui civili kareni in fuga dalla Birmania/Myanmar,

vista la dichiarazione della Presidenza dell'UE del 23 febbraio 2009, che chiede l'avvio di un dialogo globale tra le autorità e le forze democratiche in Birmania/Myanmar,

vista la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite 64/238 del 23 dicembre 2009, sulla situazione dei diritti dell'uomo a Myanmar,

vista la dichiarazione della Presidenza a nome dell'Unione europea del 14 maggio 2009, sull'arresto di Daw Aung San Suu Kyi,

vista la dichiarazione del Presidente dell'ASEAN dell'11 agosto 2009 su Myanmar,

viste le sue precedenti risoluzioni riguardanti la Birmania/Myanmar,

visto l'articolo 122, paragrafo 5, del regolamento,

A.

considerando che la situazione dei diritti umani in Birmania/Myanmar ha continuato a deteriorarsi, che la repressione politica si è ulteriormente inasprita e che le libertà fondamentali dei cittadini birmani sono violate sistematicamente,

B.

considerando che i militari continuano a perpetrare violazioni dei diritti umani, tra cui esecuzioni extragiudiziali, lavori forzati e violenze sessuali, nei confronti della popolazione civile nelle aree di conflitto etnico,

C.

considerando che il regime birmano continua a praticare in modo diffuso e sistematico il reclutamento forzato di bambini soldato,

D.

considerando che, secondo quanto riferito, vi sarebbero in Birmania circa 2 177 prigionieri politici, tra cui 14 giornalisti, e oltre 230 monaci buddisti coinvolti nelle proteste del 2007 sarebbero ancora in carcere,

E.

considerando che nell'autunno 2010 è previsto che si svolgano in Birmania/Myanmar le prime elezioni parlamentari in due decenni,

F.

considerando che le elezioni saranno basate sulla Costituzione elaborata dall'esercito, la cui legittimità è stata ampiamente contestata; che tale nuova Costituzione prevede elezioni nel 2010 per giustificare cinque decenni di dittatura militare e assegna ai militari il 25 % dei seggi in parlamento,

G.

considerando che la nuova Costituzione interdice dai pubblici uffici Aung San Suu Kyi, leader della Lega nazionale per la democrazia (NLD) e Premio Nobel per la pace; che alcuni partiti di opposizione e gruppi appartenenti a minoranze etniche hanno dichiarato che boicotteranno le elezioni, mentre la NLD non ne accetterà i risultati in assenza di un dialogo preliminare sulla revisione costituzionale,

H.

considerando che il 28 gennaio 2010 il Sig. Ngwe Soe Lin è stato condannato a 13 anni di reclusione per aver lavorato per l'agenzia stampa estera «Voce democratica della Birmania» e che il 30 dicembre 2009 la Sig.a Hla Hla Win è stata condannata a 27 anni di carcere con accuse simili,

I.

considerando che l'inasprimento della repressione nei confronti del dissenso politico deve essere visto come un tentativo da parte della giunta birmana di assumere maggiore controllo sui media in vista delle elezioni nazionali previste quest'anno,

J.

considerando che l'11 agosto 2009 Daw Aung San Suu Kyi è stata condannata a tre anni di carcere, sentenza successivamente commutata dalle autorità birmane a diciotto mesi da scontare agli arresti domiciliari; che gli avvocati di Daw Aung San Suu Kyi hanno presentato appello presso la Corte suprema birmana contro questa sentenza; che questo processo ingiustificato e il verdetto contro Daw Aung San Suu Kyi sono stati largamente condannati dalla comunità internazionale,

K.

considerando che nel maggio 2009 gli attacchi compiuti dall'esercito birmano e dall'esercito democratico buddista kareno (DKBA) hanno costretto all'evacuazione migliaia di civili, obbligando circa 5 000 persone a fuggire in Thailandia; che vi è un grave rischio che, al loro ritorno, i profughi kareni siano vittime di gravi violazioni dei diritti umani, compreso il lavoro forzato e lo stupro da parte di soldati dell'esercito birmano,

L.

considerando che, secondo le stime, vi sono circa 500 000 sfollati interni nella Birmania orientale, rimangono ancora 140 000 profughi in nove campi lungo il confine tra la Thailandia e la Birmania e oltre 200.000 Rohingya vivono in campi profughi o sparsi nel Bangladesh sud-orientale; che milioni di migranti, profughi e richiedenti asilo birmani vivono in Thailandia, India, Bangladesh e Malesia e sono talvolta vittime di tratta,

M.

considerando che dal 2 gennaio 2010 ha avuto inizio un giro di vite senza precedenti da parte delle forze dell'ordine del Bangladesh nei confronti di profughi Rohingya non registrati che si erano stabiliti fuori dai due campi profughi ufficiali nel distretto di Cox's Bazar; che oltre 500 Rohingya sono stati arrestati da allora, alcuni dei quali sono stati respinti a forza oltre il confine birmano, mentre altri sono stati accusati di violazione della normativa in materia di immigrazione e detenuti,

N.

considerando che oltre 5 000 Rohingya insediatisi autonomamente nel Bangladesh sono già fuggiti dalle loro case e si sono ammassati nel campo improvvisato di Kutupalong, nel distretto di Ukhia, sperando di trovarvi sicurezza; che la popolazione di tale campo è aumentata, secondo le stime, sino a 30 000 persone, che non ricevono assistenza alimentare e cui è ora negato l'accesso ai mezzi di sostentamento, in quanto rischierebbero l'arresto se lasciassero il campo per trovare lavoro,

1.

condanna fermamente le violazioni sistematiche e continue dei diritti dell'uomo, delle libertà fondamentali e dei diritti democratici essenziali dei cittadini della Birmania/Myanmar;

2.

esprime grave preoccupazione per il recente processo, la condanna e la sentenza nei confronti di Daw Aung San Suu Kyi e chiede il suo rilascio immediato e incondizionato; chiede che le sia riconosciuto il diritto di partecipare alle imminenti elezioni;

3.

prende atto della decisione del governo della Birmania/Myanmar di organizzare elezioni e insiste sul fatto che, nelle condizioni attuali, tali elezioni non possono essere considerate libere e democratiche; critica, in particolare, il divieto imposto a Aung San Sui Kyi di presentare la propria candidatura;

4.

invita il governo della Birmania/Myanmar ad avviare immediatamente un dialogo autentico con la Lega Nazionale per la Democrazia e con tutti gli altri partiti di opposizione e gruppi etnici; in tale contesto, accoglie con favore gli sforzi di mediazione del Segretario generale delle Nazioni Unite e del suo relatore speciale sui diritti dell'uomo per la Birmania/Myanmar;

5.

esorta vivamente il governo della Birmania/Myanmar a prendere senza indugio le misure necessarie per garantire un processo elettorale libero, equo, trasparente e aperto conforme alle norme internazionali, adottando tra l'altro le necessarie leggi elettorali, consentendo la partecipazione di tutti gli elettori e di tutti i partiti politici al processo elettorale e accettando la presenza di osservatori internazionali;

6.

condanna le accuse arbitrarie dietro agli arresti di oppositori politici del regime birmano o di dissidenti e, in particolare, la continua repressione e le intimidazioni nei confronti di monaci buddisti; esorta le autorità birmane a desistere da ulteriori arresti per motivi politici, a liberare tutti i prigionieri di coscienza, tra cui i monaci, senza indugio e senza condizioni e rendendo loro il pieno beneficio dei diritti politici;

7.

condanna le restrizioni imposte alla libertà di riunione, di associazione, di movimento e di espressione in Birmania/Myanmar; esorta le autorità della Birmania/Myanmar a rimuovere tali restrizioni, comprese quelle imposte ai mezzi d'informazione liberi e indipendenti;

8.

esprime la propria preoccupazione circa le continue discriminazioni, violazioni dei diritti dell'uomo, violenze, lavoro minorile e forzato, sfollamenti e repressioni di vario tipo di cui sono vittime numerose minoranze etniche e religiose e invita il governo della Birmania/Myanmar ad attivarsi immediatamente per migliorare le loro rispettive situazioni;

9.

esprime grave preoccupazione per il continuo ricorso a pratiche quali detenzioni arbitrarie, sparizioni forzate, stupri e altre forme di violenza sessuale, tortura e trattamenti crudeli, disumani e degradanti; chiede con veemenza al governo della Birmania/Myanmar di garantire indagini complete, trasparenti, efficaci, imparziali e indipendenti su tutte le notizie di violazioni dei diritti dell'uomo e di consegnare alla giustizia i responsabili, al fine di porre fine all'impunità per i crimini in questione;

10.

esorta vivamente la giunta militare birmana a porre immediatamente fine al continuo reclutamento e impiego di bambini soldato, a intensificare le misure volte a garantire la protezione dei bambini dai conflitti armati e a proseguire la sua collaborazione con il Rappresentante speciale per i bambini e i conflitti armati del Segretario Generale delle Nazioni Unite;

11.

condanna fermamente la campagna di pulizia etnica lanciata dal governo della Birmania/Myanmar contro le minoranze, compresi quanti hanno cercato rifugio nella vicina Thailandia;

12.

invita il governo del Regno di Thailandia a continuare a fornire rifugio e protezione ai profughi Karen in fuga dalle persecuzioni in Birmania/Myanmar e a collaborare con l'Ufficio dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), con il Consorzio per la frontiera birmano-thailandese e con la comunità internazionale per trovare una soluzione alternativa che garantisca la sicurezza dei 3 000 rifugiati Karen;

13.

sollecita la Commissione europea, alla luce del conflitto in corso sul confine tra Thailandia e Birmania, a mantenere il sostegno per l'assistenza ai profughi dell'Ufficio umanitario dell'Unione europea (ECHO) in tale regione nel 2010;

14.

si compiace del fatto che il governo del Bangladesh abbia autorizzato una missione conoscitiva della sua delegazione per l'Asia del Sud per esaminare la situazione della popolazione Rohingya nei distretti di Cox's Bazar e di Bandarban la prossima settimana, ed esorta il governo del Bangladesh a riconoscere che i Rohingya non registrati sono persone apolidi richiedenti asilo, fuggiti dalle persecuzioni in Birmania/Myanmar e bisognosi di protezione internazionale e a fornire loro una protezione adeguata, l'accesso a mezzi di sussistenza e altri servizi di base;

15.

sollecita i governi di Cina, India e Russia a utilizzare nei confronti delle autorità della Birmania/Myanmar i mezzi di pressione economici e politici di cui dispongono per conseguire progressi sostanziali in tale paese e a cessare di fornire armi e altre risorse strategiche al regime birmano;

16.

invita il Consiglio a mantenere le misure restrittive mirate nei confronti del regime birmano fino a quando non vi sarà un progresso tangibile in materia di democratizzazione; invita il Consiglio nel contempo a valutare l'efficacia delle misure restrittive;

17.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione all'Alto rappresentante/Vice presidente della Commissione, Catherine Ashton, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, all'inviato speciale dell'Unione europea per la Birmania/Myanmar, al Consiglio di Stato per la pace e lo sviluppo di Myanmar, ai governi degli Stati membri dell'ASEAN e dell'ASEM, ai governi del Bangladesh e della Russia, al segretariato dell'ASEM, alla Commissione interparlamentare dell'ASEAN per Myanmar, a Daw Aung San Suu Kyi, alla Lega nazionale per la democrazia, al Segretario generale delle Nazioni Unite, all'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani nonché al relatore speciale delle Nazioni Unite per la situazione dei diritti umani in Birmania/Myanmar.